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3 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE Trame del testo e dell’immaginario La comunicazione si basa sulla trasmissione di un messag- gio da una fonte, l’emittente, a un ricevente, il destinata- rio. Per trasmettere il messaggio ci si serve di un mezzo, e quando questo mezzo è fatto di segni, come il linguaggio delle parole, si chiama testo, che può essere orale o scritto. Comunicare attraverso un testo può avere diverse finalità, tra queste vi è quella di narrare una storia. In tal caso ab- biamo di fronte un testo narrativo, che esiste in virtù del fatto che si congiungono i due atti dello scrivere e del leg- gere, infatti qui l’emittente corrisponde allo scrittore (o autore), e il destinatario corrisponde al lettore. L’autore è legato al lettore da un patto narrativo, che fa sì che egli, mentre scrive, presupponga che un giorno ci sarà un lettore a condividere e partecipare con lui allo stesso im- maginario, cooperando in questo modo a costruire la narra- zione. Possiamo schematizzare questo “patto” così: Patto narrativo e cooperazione del lettore narrative Il lettore non è il destinatario passivo del messaggio dell’au- tore, ma si pone con lui in un rapporto dialettico, e il testo acquista un senso solo dall’incontro tra il “messaggio” dell’autore e la “ricezione” del lettore. Quest’ultimo co- opera attivamente alla costruzione del significato. PATTO NARRATIVO emittente testo (mezzo di comunicaz.) destinatario comunicazione testo narrativo autore lettore ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯→ ⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯→ ⎯→ ⎯→ Gustav Adolph Hennig (1797-1869), Fanciulla che legge, 1828, particolare. 4 sezione I Le tecniche

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3SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

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La comunicazione si basa sulla trasmissione di un messag-gio da una fonte, l’emittente, a un ricevente, il destinata-rio. Per trasmettere il messaggio ci si serve di un mezzo, equando questo mezzo è fatto di segni, come il linguaggiodelle parole, si chiama testo, che può essere orale o scritto.Comunicare attraverso un testo può avere diverse finalità,tra queste vi è quella di narrare una storia. In tal caso ab-biamo di fronte un testo narrativo, che esiste in virtù delfatto che si congiungono i due atti dello scrivere e del leg-gere, infatti qui l’emittente corrisponde allo scrittore (oautore), e il destinatario corrisponde al lettore.L’autore è legato al lettore da un patto narrativo, che fa sìche egli, mentre scrive, presupponga che un giorno ci saràun lettore a condividere e partecipare con lui allo stesso im-maginario, cooperando in questo modo a costruire la narra-zione. Possiamo schematizzare questo “patto” così:

Pattonarrativo ecooperazionedel lettore

narrative

Il lettore non è il destinatario passivo del messaggio dell’au-tore, ma si pone con lui in un rapporto dialettico, e il testoacquista un senso solo dall’incontro tra il “messaggio”dell’autore e la “ricezione” del lettore. Quest’ultimo co-opera attivamente alla costruzione del significato.

PATTONARRATIVO

emittente

testo (mezzo dicomunicaz.)

destinatario

comunicazione testo narrativo

autore

lettore

⎫⎬⎭

⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯→

⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯⎯→

⎯→

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Gustav Adolph Hennig(1797-1869), Fanciulla che

legge, 1828, particolare.4

sezione ILe tecniche

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4 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Questa è la storia di Danny, degliamici di Danny e della casa di Danny.È la storia di come queste tre cosediventarono una sola.A Pian della Tortilla, parlare della casadi Danny non significa parlare d’unacostruzione di legno incrostata di calcee stretta dai lacci d’un vecchio cesporampicante di rosa castigliana. No, quandouno parla della casa di Danny, parla diuomini che, costituiti in unità, largironofilantropia, e conobbero dolcezza, gioia e,infine, mistico dolore.Poiché la casa di Danny fu simile allaTavola Rotonda, e agli amici di Danny nonfurono dissimili dai Cavalieri di quella.E questa è la storia di come il gruppopervenne a formarsi, come fiorì e raggiunsepienezza di organismo vitale. Riguarda,questa storia, le avventure degli amici diDanny, e tratta del buono ch’essi fecero,e dei loro propositi, i loro pensieri, i lorosforzi. Spiega infine in qual modo iltalismano andò perduto e il gruppo si sciolse.

J. Steinbeck, da Pian della Tortilla,Bompiani, Milano 1993

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dei

Charley Toorop (1891-1955), Raduno di amici, 1932.

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5CAPITOLO UNOuna storia dei personaggi

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Una storiapersonaggi

Potrebbe essere la classica “foto di gruppo”, o “di fami-glia”, con uomini e donne, adulti, giovani e bambini. Ep-pure, malgrado l’evidente occasione conviviale sottoli-neata dai piatti e le bottiglie in primo piano, in questaaffollata riunione nessuno sorride. Sono tutti assorti, in-vestiti da una fonte di luce laterale che modella plastica-mente i volti, descritti con vigoroso e severo realismo.Guardano fisso verso di noi, che a nostra volta li stiamoguardando; solo la ragazza di profilo, a sinistra, e il gio-

vane che le sta accanto guardano, chissà perché, da un’al-tra parte. Alle cinque figure centrali, rigorosamentefrontali, fanno da contrappunto due “quinte” laterali difisionomie viste di scorcio, tranne, ancora, la giovanecon il naso aquilino, l’unica ad avere il volto in piena lucee senza chiaroscuro. Certo ognuno di loro ha un propriodestino, variamente intrecciato a quello degli altri, e l’e-nigmatico silenzio di questi personaggi apre alla nostrafantasia lo spazio per infinite, possibili storie.

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LA DIVISIONE IN SEQUENZECome si sviluppa una narrazione? A una prima osservazionedi un testo, anche semplice, possiamo accorgerci che esso ècostituito di una serie di unità minime, in sé concluse eautosufficienti, che, con un termine preso in prestito dallinguaggio cinematografico, chiameremo sequenze. La sto-ria prende corpo attraverso la combinazione di queste se-quenze, perciò esercitiamoci a riconoscerle e a individuarle.L’operazione non è semplice perché:1. le sequenze non hanno una lunghezza prefissata (da una

singola frase a una serie di periodi);2. c’è un margine di soggettività nella loro suddivisione.Qualche indicazione può comunque essere fornita.Le unità narrative minime hanno una autonomia conte-nutistica e sintattica.Ognuna di esse deve avere un senso compiuto, con un ini-zio e una fine ben individuabili (segnati dalla conclusione diun periodo e talvolta da artifici grafici, come il capoverso, laspaziatura…), ognuna si deve incentrare su un’unicaazione, e presentare un’unità interna relativa ai perso-naggi, al tempo, ai luoghi.

Quando dunque:cambiano i personaggi,cambiano il tempo e il luogo,si passa dall’azione alla riflessione, o da una descri-zione a un dialogo e così via,si avverte una rottura dell’unità interna del “pezzo”che stiamo leggendo,

possiamo stabilire che una sequenza è terminata e ne ècominciata un’altra.

La storiaSEQUENZEuna serie diinquadrature legatesenza interruzionedi unità, di tempo,di luogo e di azione.

la divisione in sequenzeti suggeriamo: Pirandello a p. 22;Maupassant a p. 42; Eva e l’origine del male a p. 183;Esiodo a p. 189; Apuleio a p. 201; Afanase’ev a p. 208;Esopo a p. 215; Petronio a p. 226; Novellino a p. 238;Boccaccio, Lisabetta... a p. 245, Chichibio a p. 253,Una risposta... a p. 258; Poe a p. 281; Harrison a p.293; Blixen a p. 306; Asimov a p. 318; Djebar a p. 343;Faulkner a p. 356; Fenoglio a p. 366; Serao a p. 409;Pirandello a p. 466; Lewis a p. 504; Manzoni, DonAbbondio... a p. 546; Verga a p. 581; Stendhal a p. 596;Pirandello, Vivere fuori delle “forme” a p. 628; Il nasodi Vitangelo Moscarda a p. 634; Vittorini a p. 648;Calvino a p. 680; e nel volume 200 pagine per leggere:Orwell a p. 52; Camilleri a p. 63; Deledda a p. 74;Hardy a p. 90; Pasolini a p. 100; Verga a p. 110;Kannan a p. 129; Conrad a p. 143; London a p. 153.

se vuoilavorare su...

Giotto (1267 ca.-1337),La strage degli innocenti,Padova, Cappella degli

Scrovegni, 1304-1306 ca.,particolare.

Nel campo delle artifigurative, possiamo trovare

un corrispettivo allasuddivisione in sequenze di

una narrazione nei grandi ciclidi opere pittoriche dedicati a

un tema specifico. Questociclo di Giotto, per esempio,

raccolto in un unico luogo,presenta a episodi, in sé

conclusi, una vicendacompleta (la storia di Cristo).

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CAPITOLO UNO 7

Facciamo un esempio, partendo da un testo molto sem-plice e breve, una delle più famose fiabe del narratore HansChristian Andersen, La principessa sul pisello.

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La principessa sul pisello

C’era una volta un principe che voleva sposare una principessa, ma dovevaessere una vera principessa. Girò così tutto il mondo in lungo e in largo pertrovarne una, ma dovunque c’era sempre un non so che di poco convincente;le principesse non mancavano davvero, ma se poi fossero principesse verenon riusciva mai a saperlo con sicurezza; c’era sempre qualcosa che lolasciava sospeso nel dubbio. Così tornò a casa sua, ma era molto triste, datoche gli sarebbe tanto piaciuto trovare una principessa vera.

Una notte c’era un tempo orribile: fulmini, tuoni, acqua a dirotto. In quelmentre bussarono alla porta della città, e il vecchio re andò ad aprire.Fuori dalle mura stava una principessa: Dio mio, come l’avevano ridotta lapioggia e il brutto tempo! L’acqua le colava giù dai capelli e dai vestiti,entrava nelle scarpe dalla punta e ne usciva dai tacchi; eppure lei dichiaròdi essere una vera principessa.

«Questo lo vedremo noi!» pensò la vecchia regina, ma non disse nulla;andò in camera, tolse tutto dal letto e mise sul fondo un pisello; prese poiventi materassi, li posò sul pisello, e sopra i materassi accumulò ancoraventi cuscinoni di piuma morbida.Quella notte la principessa doveva dormire lì sopra.

La mattina dopo le chiesero come aveva dormito.– Orribilmente! – si lagnò la fanciulla – non ho quasi chiuso occhio in tuttala notte! Dio solo sa cosa c’era nel letto! Ero coricata su qualcosa di duro esono tutta un livido blu e marrone. E stata una cosa terribile!

Capirono così che era una principessa vera, dato che aveva sentito il piselloattraverso venti materassi e venti cuscinoni di piuma.Chi altro avrebbe potuto avere la pelle così sensibile, se non una veraprincipessa?

Il principe la prese allora in sposa, finalmente persuaso che era una veraprincipessa, e il pisello andò a finire al museo, dove si può vederlo ancoraoggi, se nessuno lo ha portato via.

da Fiabe, Einaudi, Torino 2005

Come vedi, abbiamo suddiviso il breve testo in sei sequenze di lunghezza varia-bile, a ciascuna delle quali abbiamo dato un numero. Tutte iniziano con unnuovo capoverso, ma non si ha una sequenza diversa solo perché si va a capo,bensì quando cambia l’azione: così nella quinta sequenza il capoverso dopo“piuma” non introduce nessuna mutazione, mentre quello dopo la parola “prin-cipessa” è seguito da un fatto nuovo: il matrimonio.

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VediAppendice

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LA TITOLAZIONE DELLE SEQUENZEProviamo ora a fornire per ciascuna delle sequenze un breve titolo. Questa ope-razione ci servirà per verificare se abbiamo compiuto una sensata suddivisione insequenze: in linea di massima, ciò si verifica quando il “blocco” individuato puòagevolmente essere riassunto in una breve frase con un verbo, un soggetto (tal-volta collettivo) e pochi complementi.Se invece compaiono numerosi soggetti, se dobbiamo aggiungere nuovi comple-menti o cambia il verbo, vuol dire probabilmente che è cambiata l’azione, che siè verificato un mutamento di luoghi o di tempi e così via; sarà allora opportunointrodurre una diversa sequenza.La titolazione può essere fatta in due modi:1. con una proposizione esplicita comprendente un soggetto, un predicato ver-

bale e dei complementi,2. o in stile nominale, ovvero esprimendo l’azione o l’evento con un sostantivo

accompagnato dai necessari complementi.Nel primo caso avremo qualcosa che si avvicinerà molto a un “riassunto” deltesto (integrando i singoli titoli con gli opportuni legami logico-sintattici); nelsecondo si otterrà una sorta di “riepilogo per punti”.

Riprendiamo l’esempio precedente, provando a sintetiz-zare con una frase il contenuto di ogni sequenza.Avremo quanto segue:

8 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Un principe cercò vanamente in tutto il mondo una moglie che fosseuna vera principessa.

Una notte di tempesta si presentò alla porta della città una fanciullache si dichiarava una principessa.

La regina le preparò il letto con un pisello sotto numerosi materassi ecuscini per verificare se fosse una vera principessa.

Il mattino seguente la principessa si lamentò di aver dormito male pervia di qualcosa di duro nel letto.

Il principe e la regina ebbero così la prova che era una vera principessa.

Il principe sposò la principessa.

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Vana ricerca da parte di un principe di una principessa da sposare.

Comparsa di una principessa alla porta della città in una notte ditempesta.

Preparazione del letto per la principessa.

Lamentele della principessa per la notte insonne.

Convincimento del principe e della regina.

Nozze tra il principe e la principessa.

Proviamo ora a riscrivere il tutto in stile nominale.

la titolazione delle sequenzeti suggeriamo: Pirandello a p. 22;Maupassant a p. 42; Eva e l’origine del male a p. 183;Esiodo a p. 189; Apuleio a p. 201; Afanase’ev a p. 209;Petronio a p. 226; Novellino a p. 238; Boccaccio,Chichibio... a p. 253, Una risposta... a p. 258; Asimova p. 318; Djebar a p. 343; Faulkner a p. 356; Fenoglioa p. 366; Serao a p. 409; Pirandello a p. 466; Lewisa p. 504; Pirandello a p. 634; Vittorini a p. 648;Calvino a p. 680; e nel volume 200 pagine per leggere :Orwell a p. 52; Camilleri a p. 63; Deledda a p. 74;Hardy a p. 90; Pasolini a p. 100; Verga a p. 110;Kannan a p. 129; Conrad a p. 143; London a p. 153.

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I TIPI DI SEQUENZELe unità in cui possiamo dividere una storia non sono tutte della stessa natura e aseconda delle loro caratteristiche le sequenze assumono differenti denominazioni:

sono dette dinamiche quando, grazie a esse, si verifica un movimento nellastoria, cioè il racconto subisce degli sviluppi. Esse possono essere:– narrative quando forniscono informazioni su eventi o riportano azioni dei

personaggi; grazie a esse si verifica un movimento nella storia, o si hanno in-formazioni indispensabili per capire lo svolgimento della vicenda;

– dialogiche se la narrazione procede mediante le battute scambiate dai perso-naggi; anche questo tipo di sequenza fa sì che il racconto subisca degli sviluppi;

sono dette statiche quando l’azione resta ferma. Esse possono essere:– descrittive se descrivono un luogo, un oggetto, un personaggio; con esse l’a-

zione resta ferma;– riflessive se contengono giudizi, commenti, riflessioni; come le precedenti

sono statiche perché non determinano uno svolgimento nell’azione.È importante sottolineare che le sequenze che si incontrano più frequentementesono miste, presentano cioè insieme elementi diversi. In tal caso è fondamentaleinnanzitutto capire se fanno procedere l’azione o no (cioè se sono dinamiche ostatiche) e poi individuare quali elementi prevalgono (narrativi, dialogici, de-scrittivi, riflessivi).Nel nostro esempio che per la sua semplicità si affida prevalentemente allanarrazione di azioni (sequenze nn. 1, 2, 3, 5, 6) e talora al dialogo (la n. 4),qualche elemento descrittivo compare nella sequenza n. 2 e qualche elementoriflessivo nella n. 5.

dove troviamoqueste strutture?

Come vedremo, il dosaggio dei diversi tipi di sequenze di-pende dal genere di narrazione che si vuole produrre:

prevarranno quelle narrative e dialogiche nei racconti diazione, soprattutto in quelli incentrati sull’avventura o sullasuspense;se invece si mira all’analisi psicologica o alla delineazionedi ambienti, di epoche storiche e così via, si userà un mag-gior numero di sequenze descrittive e riflessive, o anche,ponendo in bocca ai personaggi opportuni commenti e ri-flessioni, dialogiche;la narrazione assumerà poi un colorito poetico introdu-cendo squarci di natura lirica.

Naturalmente, mentre nel primo caso il testo assumerà unritmo vivace e talora incalzante, nel secondo il racconto ri-sulterà più profondo, dettagliato o emotivamente coinvol-gente, ma meno movimentato e di lettura più impegnativa.

Piero della Francesca (1415 ca.-1492), Sogno di Costantino dal ciclo Storia della veraCroce, Arezzo, Chiesa di San Francesco, 1452-59, particolare.Un altro esempio significativo di ciclo narrativo diviso in sequenze.

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iola tipologia delle sequenzeti suggeriamo: Pirandello a p. 22;Maupassant a p. 42; Poe a p. 281; Harrison a p. 293;Asimov a p. 318; Cechov a p. 335; Faulkner a p. 356;Serao a p. 409; Lewis a p. 504; Manzoni, DonAbbondio... a p. 546; Vittorini a p. 648; Calvinoa p. 680; e nel volume 200 pagine per leggere : Arlta p. 43; Orwell a p. 52; Camilleri a p. 63; Deleddaa p. 74; Hardy a p. 90; Verga a p. 110; Kannan a p. 129;Conrad a p. 143.

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Facciamo un esempio, constatando l’intrecciarsi degli ele-menti descrittivi e riflessivi con le narrazioni e le parti dia-logate in un brano tratto dalla parte iniziale del romanzo Ildeserto dei tartari di Dino Buzzati, dove il protagonista, ilsottotenente Giovanni Drogo, si approssima alla FortezzaBastiani alla quale è stato destinato.

10 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Tutto il vallone era già zeppo di tenebre violette, solo le nudecreste erbose, a incredibile altezza, erano illuminate dal solequando Drogo si trovò improvvisamente davanti, nera egigantesca contro il purissimo cielo della sera, unacostruzione militaresca che sembrava antica e deserta.Giovanni si sentì battere il cuore poiché quella doveva essere laFortezza, ma tutto, dalle mura al paesaggio, trasparivaun’aria inospitale e sinistra.

Girò attorno senza trovare l’ingresso. Benché fosse già scuronessuna finestra era accesa, né si scorgevano lumi di scolte1

sul ciglio dei muraglioni. Solo un pipistrello c’era, cheoscillava contro una nube bianca. Finalmente Drogo provò achiamare: – Ohilà! – gridò – c’è nessuno?

Dall’ombra accumulata ai piedi delle mura sorse allora unuomo, un tipo di vagabondo e di povero, con una barba grigiae un piccolo sacco in mano. Nella penombra però non sidistingueva bene, solo il bianco dei suoi occhi dava riflessi.Drogo lo guardò con riconoscenza.

– Di chi cerchi, signore? – domandò.– La Fortezza cerco. E questa?– Non c’è più Fortezza qui – fece lo sconosciuto con voce bonaria. –E tutto chiuso, saranno dieci anni che non c’è nessuno.– E dov’è la Fortezza allora? – chiese Drogo, improvvisamente irritatocontro quell’uomo.– Che Fortezza? Forse quella? – e così dicendo lo sconosciutotendeva un braccio, ad indicare qualcosa.

In uno spiraglio delle vicine rupi, già ricoperte di buio, dietrouna caotica scalinata di creste, a una lontananza incalcolabile,immerso ancora nel rosso sole del tramonto, come uscito da unincantesimo, Giovanni Drogo vide allora un nudo colle e sul cigliodi esso una striscia regolare e geometrica, di uno specialecolore giallastro: il profilo della Fortezza.

Vedia p. 447

La prima sequenza è di carattereprevalentemente descrittivo. Infatti ècostituita per lo più di descrizioni(segnalate in neretto) e solo in minimaparte di inserti di natura narrativa, chefanno procedere l’azione.

Questa sequenza si può considerareprevalentemente narrativa, in quantol’effetto complessivo è quello di farprogredire dinamicamente la storia.È presente un inserto descrittivo.

Il terzo capoverso (in neretto) èprevalentemente di caratteredescrittivo. Le parti narrative fannoprocedere l’azione.

Questa è una sequenza dialogica, chefa progredire l’azione.

L’ultima sequenza, statica, è di tipoprevalentemente descrittivo(segnalata in neretto) con inserti dicarattere riflessivo (in corsivo) cheesprimono lo stato d’animo con cuiDrogo osserva il paesaggio(approfondiremo questo argomentoa p. 69) ed uno narrativo (segnalato intondo).

da Il deserto dei tartari, Mondadori, Milano 2001

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1. scolte: sentinelle.

La fortezza

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CAPITOLO UNO 11

I BLOCCHI NARRATIVISe è agevole suddividere in un numero limitato di sequenze una fiaba o una no-vella, la situazione si complica quando consideriamo nel complesso un romanzoo addirittura un poema epico. In questi casi è chiaro che una semplice suddivi-sione in sequenze non può fornire un quadro d’insieme del piano narrativo del-l’opera.Bisognerà allora considerare blocchi più ampi, che comprenderanno più se-quenze, di vario genere ma omogenee perché articolate agli snodi principalidella storia.

Facciamo un esempio, considerando stavolta non brevi esemplici testi, ma un’opera fondamentale della storia lette-raria, l’Eneide del poeta latino Virgilio vista nel suo insiemeper coglierne a grandi linee gli snodi tematici.

L’Eneide inizia con l’arrivo di Enea a Cartagine (libro I ) e col suo racconto della fine di Troia (libro II )e delle peripezie per mare (libro III ) fatto alla regina Didone; seguono l’amore di Enea e Didone e ilsuicidio di quest’ultima quando si vede abbandonata (libro IV ). Enea riprende la navigazionefermandosi a Drepano (libro V ), e a Cuma; qui consulta la Sibilla e scende nel regno dei morti (libroVI ). Giunti i Troiani nel Lazio, scoppia una guerra con i Latini (libro VII ); Enea si allea con Evandro(libro VIII ), mentre il condottiero nemico Turno re dei Rutuli assedia il campo troiano (libro IX ); Enea,tornato, si scontra con Turno che ha ucciso l’amico di Enea Pallante, ma lo insegue invano (libro X );dopo ulteriori scontri (libro XI ) nel duello finale Enea uccide Turno (libro XII ).

Via via si può allargare la portata di questi blocchi e indivi-duare snodi ancor più generali.1. la sosta di Enea a Cartagine (libri I-IV ); 2. il viaggio verso il Lazio (libri V-VI );3. le lotte con i popoli latini (libri VII-XII ).

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Michelangelo Buonarroti(1475-1564), Il Diluvio,Roma, Cappella Sistina,1508-1512, particolare.Un blocco narrativoentro la narrazione piùampia tratta dalla Genesi.

VediAppendice

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La sequenza cinematografica ha origine dalla scena, nella quale una determinata azione(una scena d’amore, una scena di guerra ecc.) possiede un’unità di tempo e di spazioidentica a quella di una scena teatrale. Se in fase di montaggio la scena è inframmezzata dauno o più “tagli”, indicatori di altrettante ellissi temporali, si preferisce parlare disequenza. I tre tipi principali di sequenza cinematografica sono: la sequenzaordinaria, la sequenza a episodi e la sequenza alternata.1. La sequenza ordinaria è basata sulla semplice successione cronologica deglieventi, e le ellissi temporali generate da eventuali “tagli” non hanno un vero e propriovalore narrativo. In questo caso, la sequenza è costituita da una serie di inquadrature chedanno allo spettatore la sensazione di seguire un episodio in sé compiuto come, peresempio, “la sequenza di un omicidio”, “la sequenza di un inseguimento” ecc. 2. Nella sequenza a episodi i “tagli” hanno una importanza narrativa maggiore rispettoalla sequenza ordinaria. In questo caso, lo spettatore percepisce le diverseinquadrature come altrettanti “riassunti” delle varie fasi di un’azione prolungata neltempo: per esempio, per dare l’idea della rapida carriera di uno sportivo, si alternanorapidamente sullo schermo le immagini delle sue vittorie insieme ai titoli dei giornali cheriportano la notizia.

Le sequenze cinematografiche

12 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Un esempio di“sequenza a episodi” dal

film di Orson WellesQuarto potere, 1941,

dove una serie dicolazioni evidenzia il

progressivodeterioramento dei

rapporti tra dueconiugi: nella prima

sequenza,si sorridono

affettuosamente, nellaseconda, tempo dopo,

ciascuno è immersonella lettura del proprio

giornale, indifferenteall’altro.

3. La sequenza alternata è quella del classico “inseguimento”, dove le immagini degliinseguitori si alternano a quelle degli inseguiti.Riassumendo, potremmo dire che la sequenza ordinaria e la sequenza a episodipresuppongono una più o meno marcata presenza dell’ellisse temporale (i “tagli”del montaggio), documentando lo svolgersi di un’azione nel tempo e nello spazio in mododiscontinuo. Al contrario, la scena e il piano-sequenza documentano unadeterminata successione temporale in modo continuo.Per piano-sequenza si intende un’inquadratura che coincide con la durata di un’interasequenza. In altre parole, anziché segmentare un’azione in più inquadrature attraverso ilmontaggio, si preferisce riprenderla in una sola inquadratura prolungata, che può esserefissa o mobile.

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CAPITOLO UNO 13

FABULA E INTRECCIOL’operazione che abbiamo appreso a fare con la titolazione delle sequenze si ri-vela molto utile per procedere a un’altra operazione essenziale alla comprensionedei meccanismi narrativi: la ricostruzione dell’intreccio.

L’intreccio è la successione degli eventi di un racconto nell’ordine in cui civengono presentati nel testo.Come si può ottenere? Semplicemente collegando i titoli delle sequenzeche avremo individuato senza alterarne l’ordine.La fabula, o trama, è invece la storiaricostruita secondo una connes-sione logico-temporale. Si ottieneriordinando le sequenze secondoun criterio cronologico e dei rap-porti di causa-effetto. Come si capi-sce, la fabula è un’astrazione, perchéleggendo un racconto ci troviamosempre di fronte a degli intrecci.

Osservando il modo in cui l’autore in-terviene sulla fabula, ovvero la sfasa-tura tra questa e l’intreccio, possiamocominciare a percepire il grado di ela-borazione di un testo.

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INTRECCIOtermine che allude almodo in cui siannodano e combinanoi fili che costituisconoun tessuto.

FABULAtermine latino chesignifica “racconto”,da cui “favola”e “fiaba”.

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610), Il martirio di san Matteo,1600-1601, Roma, chiesa di San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli, particolare.

Un ulteriore esempio del perdurante successo della tecnica narrativa a episodi.

dove troviamoqueste strutture?

Nei testi più semplici, come fiabe, favole, leggende,normalmente si ha una coincidenza tra fabula e intreccio.Nelle opere più elaborate, gli effetti di suspense, di sorpre-sa, di “spiazzamento” del lettore (ad esempio la letteraturagialla o fantascientifica), modificano più o meno la fabu-la, con la rievocazione di fatti del passato e l’anticipazionedi eventi futuri.L’intreccio può ribaltare totalmente l’ordine degli avve-nimenti, partendo dalla fine per ricostruire gradualmentele vicende anteriori (è il caso tipico dei racconti e deiromanzi polizieschi), o solo parzialmente, iniziando inmedias res (nel bel mezzo dei fatti) rievocando quindi even-ti passati e proseguendo poi fino alla fine senza modificaresostanzialmente la successione dei fatti (l’Eneide di Virgilioè costruita in questo modo).L’ordine appare poi del tutto casuale in alcuni romanzi,soprattutto del primo Novecento, in cui la narrazione segueil filo della memoria del protagonista (ciò avviene, ad esem-pio, nell’opera di Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto).

fabula e intreccioti suggeriamo: Pirandello a p. 23;Maupassant a p. 43; Asimov a p. 318; Fenoglioa p. 366; Manzoni, Don Abbondio... a p. 546; e nelvolume 200 pagine per leggere : Deledda a p. 74;Hardy a p. 90; Verga a p. 111.

se vuoilavorare su...

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Facciamo un esempio: una sintesi degli snodi principali diun’opera che è alle origini della letteratura occidentale, l’Odis-sea di Omero, ti aiuterà a capire meglio quanto abbiamo detto.L’intreccio si può dividere come proponiamo qui di seguito.

Intreccio

14 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

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Il figlio Telemaco cerca Ulisse che si trova da anni presso la ninfa Calipso a Ogigia (libri I-IV ).

Per volontà degli dei Ulisse lascia Calipso (libro V ).

L’eroe fa naufragio nell’isola dei Feaci (libro VI ).

Accolto dal re Alcinoo, partecipa a un banchetto e comincia a narrare (libro VII ).

Dopo la guerra di Troia, peregrinazioni di Ulisse (libri VIII-XI ) (inizio flash-back – vedi a p. 54).

Ulisse si ferma presso Calipso (libro XII ) (fine flash-back).

L’eroe termina il racconto e con l’aiuto dei Feaci torna a Itaca (libri XIII-XIV ).

Ulisse incontra Eumeo che non lo riconosce e il figlio Telemaco con cui prepara la vendettacontro i Proci (libri XV-XVI ).

Tornato in incognito alla reggia, stermina i Proci e si rivela alla moglie Penelope (libri XVII-XXIII ).

Lasciata la città, si reca presso il padre Laerte e lo riconduce alla reggia; quindi pacifica Itaca(libro XXIV ).

Proviamo allora a ricostruire la fabula.

Fabula

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Dopo la guerra di Troia, peregrinazioni di Ulisse(libri VIII-XI ).

Ulisse si ferma presso Calipso (libro XII ).

Il figlio Telemaco cerca Ulisse che si trova da anni pressoCalipso a Ogigia (libri I-IV ).

Per volontà degli dei Ulisse lascia Calipso (libro V ).

L’eroe fa naufragio nell’isola dei Feaci (libro VI ).

Accolto dal re Alcinoo, partecipa ad un banchetto ecomincia a narrare (libro VII ).

L’eroe termina il racconto e con l’aiuto dei Feaci tornaa Itaca (libri XIII-XIV ).

Ulisse incontra Eumeo che non lo riconosce e il figlioTelemaco con cui prepara la vendetta contro i Proci(libri XV-XVI ).

Tornato in incognito alla reggia, stermina i Proci e sirivela alla moglie Penelope (libri XVII-XXIII ).

Lasciata la città, si reca presso il padre Laerte e loriconduce alla reggia; quindi pacifica Itaca (libro XXIV ).

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Michelangelo Merisidetto il Caravaggio

(1571-1610), La vocazionedi san Matteo, 1599-1600,

Roma, chiesa di SanLuigi dei Francesi,

Cappella Contarelli,particolare.

VediAppendice

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CAPITOLO UNO 15

LO SCHEMA DELLA NARRAZIONEUna volta che abbiamo ricostruito la fabula di un testo narrativo, possiamo ren-derci conto che, al di là degli argomenti o delle particolari scelte narrative e sti-listiche, molti testi presentano uno schema costante, che costituisce una sorta dibase su cui costruire, variando all’infinito gli elementi a disposizione, l’intrecciodella narrazione.Lo schema si può così sintetizzare:a. Situazione iniziale: consiste nell’equilibrio di partenza. In questa parte del

racconto quasi sempre troviamo l’ambientazione della storia e la presentazionedei personaggi. Talvolta può essere preceduta da una narrazione degli ante-fatti.

b. Perturbazione o complicazione: è un fatto che provoca una rottura dell’e-quilibrio iniziale, quasi sempre un evento negativo che sconvolge il tranquilloscorrere della vita del/dei protagonista/i.

c. Trasformazione o mutamento: è in genere la parte più consistente della nar-razione, perché include tutti i possibili sviluppi derivanti dalla rottura del-l’equilibrio, che possono migliorare o peggiorare la condizione del protago-nista. Il momento culminante nello svolgersi degli eventi si chiama con parolatedesca Spannung (= tensione).

d. Scioglimento o risoluzione: un nuovo evento, quasi sempre di segno op-posto a quello del punto b, interrompe la serie delle trasformazioni, for-nendo i presupposti per l’ultima fase.

e. Situazione finale: gli eventi si riassestano in base a un nuovo equilibrio, sucui si chiude la narrazione.

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ioQuesta struttura-tipo, evidente nei generi narrativi di vasto consumo, è sottesaanche alla maggior parte delle opere narrative di maggiore impegno, anche senon va interpretata in modo eccessivamente rigido.

Facciamo un esempio: qual è lo schema narrativo della fabula dell’Odissea?

a. Situazione iniziale: finita la guerra di Troia, Ulisse si accinge a tornare a Itaca.

b. Perturbazione o complicazione: sosta di Ulisse presso i Ciclopi, accecamento di Polifemo e suainvocazione della vendetta del padre Poseidone.

c. Trasformazione o mutamento: avventure di Ulisse. Spannung: il naufragio che lo vede unicosuperstite, dopo il quale trova ricovero presso i Feaci.

d. Scioglimento o risoluzione: tornato in patria, Ulisse affronta i Proci e li stermina.

e. Situazione finale: Ulisse si ricongiunge alla moglie e, domata un’insurrezione interna, regna suItaca pacificata.

lo schema narrativoti suggeriamo: Pirandello a p. 23; Maupassant a p. 43;Apuleio a p. 201; Boccaccio, Lisabetta... a p. 245, Chichibio a p. 254; Poe a p. 281;Harrison a p. 293; Blixen a p. 306; Faulkner a p. 356; Joyce a p. 387; Maupassanta p. 443; Buzzati a p. 456; Doyle a p. 479; Scott a p. 527; e nel volume 200 pagine perleggere : Dumas a p. 16; Dickens a p. 31; Camilleri a p. 63; Hardy a p. 90; Conrada p. 143; London a p. 153; Bierce a p. 173.

se vuoi lavorare su...

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16 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

La titolazioneIl titolo è la prima cosa che ci cattura di un racconto o di un romanzo: per certiversi “condensa” tutta la narrazione in una formula che stimola l’immaginazione.Alcuni titoli sono drammatici, altri sono allusivi, altri ancora riassuntivi, altrievocativi. L’importante è che attirino il lettore e che, in qualche modo, espri-mano il senso della storia.

Vari tipi di incipitL’inizio (o incipit) di un racconto o di un romanzo è deci-sivo per catturare l’attenzione del lettore. Italo Calvino hascritto che: «Fino al momento precedente a quello in cui comin-ciamo a scrivere, abbiamo a nostra disposizione il mondo: [...] ilmondo come potenzialità implicita. [...] Ogni volta l’inizio è questo momento di distaccodalla molteplicità dei possibili» (Lezioni americane).Insomma, lo scrittore deve isolare dalla molteplicità delle storie un inizio cheserve ad aprire un mondo.Iniziando una narrazione possiamo:

far riferimento al tempo storico;oppure descrivere l’ambientazione;oppure presentare un personaggio o una situazione;oppure far presagire che qualcosa sta per accadere;infine iniziare in medias res, cioè quando l’azione è già avviata.

Ecco due esempi: il primo, tratto da Le tigri di Mompracemdi Emilio Salgari, è il tipico incipit narrativo.Il secondo, tratto da Cent’anni di solitudine di Gabriel GarcíaMárquez, fa iniziare il racconto nel cuore dell’azione.

La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem,isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a pochecentinaia di miglia dalle coste occidentali del Borneo.

da Le tigri di Mompracem, Einaudi, Torino 1969

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbericordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a riconoscere il ghiaccio.Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di unfiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi comeuova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome e, per citarle,bisognava indicarle col dito.

da Cent’anni di solitudine, Mondadori, Milano 1982

Vedia p. 673

VediAppendice

VediAppendice

Alessandro Manzoni curò personalmente l’impaginazione tipograficadell’edizione 1840 dei Promessi Sposi, illustrata da Francesco Gonin. Questoè un particolare della prima tavola, quella d’apertura, che si può considerareil vero e proprio incipit figurativo del romanzo: i personaggi principali sonoinseriti in un organismo plastico il cui stile rievoca quello delle severearchitetture del Seicento, epoca in cui è ambientata la vicenda.

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CAPITOLO UNO 17

Vari tipi di finaleIl finale, come l’incipit, è un “momento forte” di ogni storia, nel quale si devesciogliere la tensione accumulata durante la narrazione. Un buon finale è impor-tante, perché viceversa il lettore rischia la delusione. Teniamo conto del fatto cheesistono vari tipi di finale.Oltre al finale “tradizionale”, in cui l’equilibrio si riassesta, e che magari con-tiene un insegnamento morale o un lieto fine, ci sono finali che modificano laprospettiva della storia o la rilanciano. L’equilibrio, infatti, può non ricom-porsi affatto o ricomporsi solo parzialmente: in questo caso avremo:

il finale a sorpresa, quando nelle ultime righe assistiamo a un colpo di scena,cioè un avvenimento imprevisto che cambia il corso dell’azione;oppure un finale aperto, quando ci troviamo di fronte a una situazione di in-certezza.

Facciamo alcuni esempi delle varie tipologie. Ecco un finale che ribalta la sto-ria, costringendoci a rileggerla con una prospettiva diversa. Scopriamo infattiche il malinconico astronauta protagonista del raccontoSentinella di Fredric Brown non è un umano, come ave-vamo creduto fino a quel momento, ma un alieno:

Stava all’erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondostraniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di lorostrisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, chetutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, colpassare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose,con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante, e senza squame.

da L’ora di fantascienza, Einaudi, Torino 1994

Ecco invece un finale aperto, tratto dal racconto di RaymondCarver Ancora una cosa:

Lui appoggiò la valigia per terra e la busta di plastica sulla valigia.Raddrizzò le spalle e si piazzò davanti a loro.Rae e Maxine fecero un passo indietro.«Attenta, mamma», disse Rae.«Non mi fa paura», disse Maxine.Lui infilò sotto il braccio la busta di plastica e raccolse la valigia.Disse: «Soltanto una cosa voglio ancora dire».Ma poi non riuscì a pensare cosa mai potesse essere.

da Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore, Garzanti, Milano 1987

Infine, un esempio di finale che fa intuire che non “è finitalì” e che è tipico dei cicli di romanzi. Ecco il finale di PèreGoriot di Balzac che ci fa intuire come il personaggio diRastignac, che ha appena seppellito Goriot, sarà il protago-nista di un romanzo successivo:

Rimasto solo, mosse qualche passo verso la sommità del cimitero e vide Parigi tortuosamenteadagiata lungo le due rive della Senna, dove cominciava a brillare qualche luce. [...] Gettò suquell’arnia ronzante uno sguardo che pareva volesse succhiarne il miele in anticipo, e pronunciòqueste solenni parole: «A noi due, ora!». E, come primo atto della sfida che egli lanciava alla società,Rastignac si recò a pranzo dalla signora di Nucingen.

da Père Goriot, Mondadori, Milano 2000

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Il treno ha fischiato

Farneticava.1 Principio di febbre cerebrale, avevano detto i medici; e lo ripete-vano tutti i compagni d’ufficio, che ritornavano a due, a tre, dall’ospizio,2 ov’e-rano stati a visitarlo. Pareva provassero un gusto particolare a darne l’annunziocoi termini scientifici, appresi or ora dai medici, a qualche collega ritardatarioche incontravano per via:

– Frenesia, frenesia.– Encefalite.– Infiammazione della membrana.– Febbre cerebrale.E volevan sembrare afflitti; ma erano in fondo così contenti, anche per quel

dovere compiuto; nella pienezza della salute, usciti da quel triste ospizio al gajoazzurro della mattinata invernale.

– Morrà? Impazzirà?– Mah!– Morire, pare di no...– Ma che dice? che dice?– Sempre la stessa cosa. Farnetica...– Povero Belluca!E a nessuno passava per il capo che, date le specialissime condizioni in cui quel-

l’infelice viveva da tant’anni, il suo caso poteva anche essere naturalissimo; e chetutto ciò che Belluca diceva e che pareva a tutti delirio, sintomo della frenesia, po-teva essere anche la spiegazione più semplice di quel suo naturalissimo caso.

Veramente, il fatto che Belluca, la sera avanti, s’era fieramente ribellato al suocapoufficio, e che poi, all’aspra riprensione3 di questo, per poco non gli si erascagliato addosso, dava un serio argomento alla supposizione che si trattassed’una vera e propria alienazione mentale.4

Perché uomo più mansueto e sottomesso, più metodico e paziente di Bellucanon si sarebbe potuto immaginare.

Circoscritto5... sì, che l’aveva definito così? Uno dei suoi compagni d’ufficio.Circoscritto, povero Belluca, entro i limiti angustissimi della sua arida mansionedi computista,6 senz’altra memoria che non fosse di partite aperte, di partitesemplici o doppie o di storno, e di defalchi e prelevamenti e impostazioni; note,libri-mastri, partitarii, stracciafogli7 e via dicendo. Casellario ambulante; o piut-

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.....................................................Dialogica

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1. Farneticava: delirava.2. ospizio: ospedalepsichiatrico.3. riprensione: rimprovero.4. alienazione mentale:pazzia.5. Circoscritto: limitato.6. computista: ragioniere.7. note ... straccia-fogli:strumenti ed operazioni dellavoro di contabile.

LAVORIAMO INSIEMETi proponiamo ora un primo testo per mettere alla prova leconoscenze finora acquisite. Si tratta della novella di LuigiPirandello Il treno ha fischiato: un modesto impiegato,Belluca, che ha sempre condotto il suo lavoro con regolaritàe sottomissione, si è improvvisamente ribellato al capo-uffi-cio, tanto da far pensare a una malattia mentale. In realtà,una spiegazione c’è, come leggeremo nel testo.

18 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Vedia p. 462

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tosto, vecchio somaro, che tirava zitto zitto, sempre d’un passo, sempre per lastessa strada la carretta, con tanto di paraocchi.

Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senzapietà, così per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po’,a fargli almeno almeno drizzare un po’ le orecchie abbattute, se non a dar segnoche volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S’era prese le fru-state ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare,come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo8 com’erada anni e anni alle continue e solenni bastonature della sorte.

Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come ef-fetto d’una improvvisa alienazione mentale.

Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio avevail diritto di fargliela, il capoufficio. Già s’era presentato, la mattina, con un’ariainsolita, nuova; e – cosa veramente enorme, paragonabile, che so? al crollo diuna montagna – era venuto con più di mezz’ora di ritardo.

Pareva che il viso, tutt’a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchigli fossero tutto a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d’improvvisoall’intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt’a un tratto gli si fos-sero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.

Così ilare,9 d’una ilarità vaga e piena di stordimento, s’era presentato all’uffi-cio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.

La sera, il capo-ufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte:– E come mai? Che hai combinato tutt’oggi?Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza,10

aprendo le mani.– Che significa? – aveva allora esclamato il capoufficio, accostandoglisi e

prendendolo per una spalla e scrollandolo. – Ohé, Belluca!– Niente, – aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza

e d’imbecillità su le labbra.– Il treno, signor Cavaliere.– Il treno? Che treno?– Ha fischiato.– Ma che diavolo dici?– Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare.– Il treno?– Sissignore. E se sapesse dove sono arrivato! In Siberia ... oppure oppure ...

nelle foreste del Congo ... Si fa in un attimo signor Cavaliere!Gli altri impiegati, alle grida del capo-ufficio imbestialito, erano entrati nella

stanza e, sentendo parlare così Belluca, giù risate da pazzi. Allora il capo-ufficio– che quella sera doveva essere di malumore – urtato da quelle risate, era mon-tato su tutte le furie e aveva malmenato la mansueta vittima di tanti suoi scherzicrudeli.

Se non che, questa volta, la vittima, con stupore e quasi con terrore di tutti,s’era ribellata, aveva inveito, gridando sempre quella stramberia11 del trenoche aveva fischiato, e che, perdio, ora non più, ora ch’egli aveva sentito fi-schiare il treno, non poteva più, non voleva più esser trattato a quel modo.

Lo avevano a viva forza preso, imbracato12 e trascinato all’ospizio dei matti.

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8. avvezzo: abituato.9. ilare: allegro.10. impudenza: sfacciatag-gine.11. stramberia: stravaganza.12. imbracato: legato.

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.....................................................Narrativa

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20 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Seguitava ancora, qua, a parlare di quel treno. Ne imitava il fischio. Oh, un fischioassai lamentoso, come lontano, nella notte; accorato. E, subito dopo, soggiungeva:

– Si parte, si parte... Signori, per dove? per dove?E guardava tutti con occhi che non erano più i suoi. Quegli occhi, di solito

cupi, senza lustro,13 aggrottati, ora gli ridevano lucidissimi, come quelli d’unbambino o d’un uomo felice; e frasi senza costrutto14 gli uscivano dalle labbra.Cose inaudite; espressioni poetiche, immaginose, bislacche,15 che tanto più stu-pivano, in quanto non si poteva in alcun modo spiegare come, per qual prodigio,fiorissero in bocca a lui, cioè a uno che finora non s’era mai occupato d’altro chedi cifre e registri e cataloghi, rimanendo come cieco e sordo alla vita: macchi-netta di computisteria. Ora parlava di azzurre fronti di montagne nevose, levateal cielo; parlava di visicidi cetacei che, voluminosi, sul fondo dei mari, con lacoda facevan la virgola. Cose, ripeto, inaudite.

Chi venne a riferirmi [i fatti] insieme con la notizia dell’improvvisa aliena-zione mentale rimase però sconcertato, non notando in me, non che meraviglia,ma neppur una lieve sorpresa.

Difatti io accolsi in silenzio la notizia.E il mio silenzio era pieno di dolore. Tentennai il capo, con gli angoli della

bocca contratti in giù, amaramente, e dissi:– Belluca, signori, non è impazzito. State sicuri che non è impazzito. Qualche

cosa dev’essergli accaduta; ma naturalissima. Nessuno se la può spiegare, perchénessuno sa bene come quest’uomo ha vissuto finora. Io che lo so, son sicuro che mispiegherò tutto naturalissimamente, appena lo avrò veduto e avrò parlato con lui.

Cammin facendo verso l’ospizio ove il poverino era stato ricoverato, seguitaia riflettere per conto mio:

«A un uomo che viva come Belluca finora ha vissuto, cioè una vita “impossi-bile”, la cosa più ovvia, l’incidente più comune, un qualunque lievissimo in-ciampo impreveduto, che so io, d’un ciottolo per via, possono produrre effettistraordinarii, di cui nessuno si può dar la spiegazione, se non pensa appunto chela vita di quell’uomo è “impossibile”. Bisogna condurre la spiegazione là, riattac-candola a quelle condizioni di vita impossibili, ed essa apparirà allora semplice echiara. Chi veda soltanto una coda, facendo astrazione dal mostro a cui essa ap-partiene, potrà stimarla per sé stessa mostruosa. Bisognerà riattaccarla al mostro;e allora non sembrerà più tale; ma quale dev’essere, appartenendo a quel mostro».

«Una coda naturalissima».Non avevo veduto mai un uomo vivere come Belluca.Ero suo vicino di casa, e non io soltanto, ma tutti gli altri inquilini della casa si

domandavano come mai quell’uomo potesse resistere in quelle condizioni di vita.Aveva con sé tre cieche, la moglie, la suocera e la sorella della suocera: queste

due, vecchissime, per cataratta;16 l’altra, la moglie, senza cataratta, cieca fissa;palpebre murate.

Tutt’e tre volevano esser servite. Strillavano dalla mattina alla sera perchénessuno le serviva. Le due figliuole vedove, raccolte in casa dopo la morte deimariti, l’una con quattro, l’altra con tre figliuoli, non avevano mai né tempo névoglia da badare ad esse; se mai, porgevano qualche aiuto alla madre soltanto.

Con lo scarso provento del suo impieguccio di computista poteva Bellucadar da mangiare a tutte quelle bocche? Si procurava altro lavoro per la sera, in

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13. senza lustro: privi diluminosità.14. senza costrutto:insensate.15. bislacche: strambe,bizzarre.16. cataratta: malattiadegli occhi.

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.....................................................Riflessiva

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casa: carte da ricopiare. E ricopiava tra gli strilli indiavolati di quelle cinquedonne e di quei sette ragazzi finché essi, tutt’e dodici, non trovavan posto neitre soli letti della casa. Letti ampii, matrimoniali; ma tre.

Zuffe furibonde, inseguimenti, mobili rovesciati, stoviglie rotte, pianti, urli,tonfi, perché qualcuno dei ragazzi, al bujo, scappava e andava a cacciarsi tra levecchie cieche, che dormivano in un letto a parte, e che ogni sera litigavano an-ch’esse tra loro, perché nessuna delle tre voleva stare in mezzo e si ribellavaquando veniva la sua volta.

Alla fine, si faceva silenzio, e Belluca seguitava a ricopiare fino a tarda notte,finché la penna non gli cadeva di mano e gli occhi non gli si chiudevano da sé.

Andava allora a buttarsi, spesso vestito, su un divanaccio sgangherato, esubito sprofondava in un sonno di piombo, da cui ogni mattina si levava a sten-to, più intontito che mai.

Ebbene, signori: a Belluca, in queste condizioni, era accaduto un fatto natu-ralissimo. Quando andai a trovarlo all’ospizio, me lo raccontò lui stesso, per filoe per segno. Era, sì, ancora esaltato un po’, ma naturalissimamente, per ciò che gliera accaduto. Rideva dei medici e degli infermieri e di tutti i suoi colleghi, che locredevano impazzito.

– Magari! – diceva. – Magari!Signori, Belluca, s’era dimenticato da tanti e tanti anni – ma proprio dimen-

ticato – che il mondo esisteva.Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto

il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come unabestia bendata, aggiogata alla stanga di una nòria17 o d’un molino, sissignori, s’eradimenticato da anni e anni – ma proprio dimenticato – che il mondo esisteva.

Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse perl’eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d’addormentarsi su-bito. E, d’improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lon-tano, fischiare un treno.

Gli era parso che gli orecchi, dopo tant’anni, chi sa come, d’improvviso gli sifossero sturati. Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d’untratto la miseria di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro sco-perchiato s’era ritrovato a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che glisi spalancava enorme tutt’intorno.

S’era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso,ed era corso col pensiero dietro a quel treno che s’allontanava nella notte.

C’era, ah! c’era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti,c’era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava...

Firenze, Bologna, Torino, Venezia... tante città, in cui egli da giovine erastato e che ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapevala vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E segui-tava, quella vita; aveva sempre seguitato, mentr’egli qua, come una bestia ben-data, girava la stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s’erachiuso per lui, nel tormento della sua casa, nell’arida, ispida angustia18 della suacomputisteria... Ma ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spi-rito. L’attimo, che scorreva per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come unbrivido elettrico per tutto il mondo, e lui con l’immaginazione d’improvviso ri-

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145

150

155

160

165

170

17. noria: macchina persollevare l’acqua.18. ispida angustia:squallida limitatezza.

.....................................................Narrativa

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svegliata poteva, ecco, poteva seguirlo per città note e ignote, lande,19 montagne,foreste, mari... Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C’erano,mentr’egli qua viveva questa vita «impossibile», tanti e tanti milioni d’uominisparsi su tutta la terra, che vivevano diversamente.

Ora, nel medesimo attimo ch’egli qua soffriva, c’erano le montagne solita-rie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre fronti... Sì, sì, le vedeva, levedeva, le vedeva così... c’erano gli oceani... le foreste... E, dunque, lui – orache il mondo gli era rientrato nello spirito – poteva in qualche modo conso-larsi! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento per prendere con l’immagina-zione una boccata d’aria nel mondo.

Gli bastava!Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S’era ubriacato. Tutto il

mondo, dentro d’un tratto: un cataclisma. A poco a poco si sarebbe ricomposto.Era ancora ebro20 della troppa troppa aria, lo sentiva.

Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capoufficio,e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto il capoufficio ormainon doveva pretender troppo da lui, come per il passato: doveva concedergli chedi tanto in tanto, tra una partita e l’altra da registrare, egli facesse una capatina,sì, in Siberia... oppure oppure... nelle foreste del Congo:

– Si fa in un attimo, signor Cavaliere mio. Ora che il treno ha fischiato...Il treno ha fischiato, in L’uomo solo, Mondadori, Milano 1992

22 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

La divisione in sequenze; la titolazione delle sequenze;i tipi di sequenze

Ti proponiamo una divisione della novella in dieci sequenze. Fornisci perognuna di esse, già indicata con i relativi righi, un titolo, sia con una breveproposizione, sia in stile nominale.

1

Sequenze

Proposizione esplicita Stile nominale

Titolazione

1 1-5 .................................................................................. ......................................................................................

2 6-18 .................................................................................. ......................................................................................

3 19-44 .................................................................................. ......................................................................................

4 45-54 .................................................................................. ......................................................................................

5 55-70 .................................................................................. ......................................................................................

6 71-93 .................................................................................. ......................................................................................

7 94-103 .................................................................................. ......................................................................................

8 104-140 .................................................................................. ......................................................................................

9 141-185 .................................................................................. ......................................................................................

10 186-194 .................................................................................. ......................................................................................

19. lande: vaste pianure.20. ebro: ubriaco.

175

180

185

190

n. Righi

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23CAPITOLO UNOuna storia dei personaggi

Tram

e del

tes

to e

del

l’im

mag

inar

io

n. Intreccio n. Fabula

1 .................................................................................. .................... ....................................................................................

2 .................................................................................. .................... ....................................................................................

3 .................................................................................. .................... ....................................................................................

4 .................................................................................. .................... ....................................................................................

5 .................................................................................. .................... ....................................................................................

6 .................................................................................. .................... ....................................................................................

7 .................................................................................. .................... ....................................................................................

8 .................................................................................. .................... ....................................................................................

9 .................................................................................. .................... ....................................................................................

10 .................................................................................. .................... ....................................................................................

Indica sul testo a fianco di ogni sequenza, la tipologia prevalente.

Fabula e intreccioOttenuto l’intreccio del testo, trascrivi i titoli in stile nominale nella parte si-nistra della tabella (Intreccio) e prova quindi a ricostruire la fabula nella partedestra, spostando opportunamente le sequenze e i numeri corrispondenti.

3

2

Lo schema della narrazioneRiconosci in questo testo, indicando le sequenze corrispondenti.1. Una situazione iniziale: sequenze ............................................................................................................................

2. Una perturbazione: sequenze ........................................................................................................................................

3. Uno sviluppo degli eventi, con una Spannung: sequenze ......................................................

4. Uno scioglimento: sequenze ..........................................................................................................................................

5. Una situazione finale: sequenze ................................................................................................................................

4

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L’AUTORE E I PERSONAGGIDopo aver visto come possiamo analizzare la “storia” narrataci da un testo, vienenaturale soffermarci sugli attori che in questa storia agiscono, cioè i personaggi.Non è possibile infatti una storia senza personaggi, di norma umani, ma ancheanimali, come nelle favole, e talvolta perfino cose, come in alcuni racconti di fan-tascienza. Non bisogna però dimenticare che il personaggio, a cui spesso nellenostre letture tendiamo ad attribuire una sorta di esistenza reale e autonoma, èun costrutto testuale, di cui ci è dato sapere solo quello che l’autore ha vo-luto che conoscessimo. È quindi su questi dati (la sua presentazione, caratte-rizzazione e tipologia, nonché il rapporto con gli altri personaggi e con glieventi) che si fonderà l’analisi che si può compierne e che ora illustreremo.

PRESENTAZIONE DEI PERSONAGGIOsserviamo innanzitutto in che modo il personaggio si presenta al lettore. Lapresentazione può esser fatta:

in modo diretto, cioè fornendo subito informazioni sul suo aspetto, il suocomportamento, il suo carattere e così via;in modo indiretto, lasciando cioè che sia il lettore a ricostruire questi dati os-servandone le azioni, le parole e i pensieri, i rapporti con gli altri personaggi.

24 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

I personaggiPERSONAGGItermine che deriva dallatino “persona”, cioèla maschera indossatadagli attori teatrali.

dove troviamoqueste strutture?

La presentazione diretta, molto frequente in testi sem-plici come le fiabe, le favole, la narrativa popolare, èpropria anche di grandi romanzi del XIX secolo.Invece la presentazione indiretta è adottata talvolta inopere che, non rendendo subito esplicite le chiavi interpre-tative del testo, tengono desta l’attenzione del lettore, nestimolano la curiosità, ne sollecitano la cooperazione.

la presentazione e lacaratterizzazione dei personaggiti suggeriamo: Puskin a p. 36; Maupassant a p. 43; Eva el’origine del male a p. 183; Esiodo a p. 190; Petronio a p. 227;Boccaccio, Lisabetta... a p. 246, Chichibio a p. 254, Unarisposta... a p. 259; King a p. 273; Harrison a p. 293; Blixen a p.307; Asimov a p. 318; Campanile a p. 326; Cechov a p. 335;Djebar a p. 344; Faulkner a p. 356; Fenoglio a p. 366; Iyengar ap. 375; Joyce a p. 387; Sayers a p. 401; Serao a p. 410; Benni ap. 424; Hasek a p. 431; Maupassant a p. 443; Buzzati a p. 456;Pirandello a p. 467; Kafka a p. 474; Doyle a p. 479; Defoe a p.496; Lewis a p. 505; Chateaubriand a p. 518; Scott a p. 527;Manzoni, Don Abbondio... a p. 548; Verga a p. 581; Dostoevskija p. 590; Stendhal a p. 596; Proust a p. 612; Svevo a p. 621;Calvino a p. 680; e nel volume 200 pagine per leggere : Dumasa p. 16; Dickens a p. 31; Arlt a p. 43; Orwell a p. 52; Camilleria p. 64; Deledda a p. 75; Hardy a p. 91; Verga a p. 111;Hemingway a p. 122; Kannan a p. 130; Conrad a p. 144;London a p. 153; Cortazar a p. 163; Bierce a p. 173.

se vuoilavorare su...

William Blake(1757-1827), Pietà,

1795 ca., particolare.In Blake, la posizione

antirazionalistica assumeaspetti ancor più radicalirispetto a Füssli. La lotta

tra immaginazionee ragione simboleggia

per lui quella tra il benee il male, dalla quale

scaturiscono i simbolimisteriosi e ambigui

delle sue visioni.

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La presentazione direttaLa presentazione diretta può essere fatta da vari soggetti:1. può presentare il personaggio il narratore, cioè la voce che narra la storia e

che non è un personaggio della storia;2. può presentarlo un altro personaggio;3. il personaggio può presentarsi da sé.Talora queste tre modalità si combinano, dando luogo a una presentazionemista. La presentazione è in genere legata alla caratterizzazione (vedi a p. 27),come si evince dagli esempi seguenti.

1. Personaggio presentato dal narratore: come esempioleggiamo un’ampia e dettagliata descrizione del padre dellaprotagonista, che compare in uno dei maggiori romanzi delfrancese Honoré de Balzac, Eugénie Grandet.

Il signor Grandet

Egli non andava mai da nessuno, non voleva né ricevere né offrir pranzi; non faceva mai rumore, esembrava economizzare tutto, perfino il moto. Non disturbava mai gli altri, per un costante rispettodella proprietà. Comunque, nonostante la dolcezza della sua voce, nonostante il suo contegnocircospetto, il linguaggio e le abitudini del bottaio1 trasparivano, specie quand’era in casa, dove sidominava meno che in qualsiasi altro luogo.Fisicamente, Grandet era un uomo alto cinque piedi,2 tarchiato, quadrato, con polpacci di dodicipollici di circonferenza, rotule nodose e spalle larghe; il viso era rotondo, cotto dal sole, butterato dalvaiolo; il mento diritto, le sue labbra non offrivano nessuna sinuosità,3 e i suoi denti erano bianchi; gliocchi avevano l’espressione calma e ardente che il popolo attribuisce al basilisco;4 la fronte, piena dirughe trasversali, non mancava di protuberanze significative; i capelli, giallastri e brizzolati, eranobianco e oro, diceva qualche giovane, che non conosceva la gravità di una facezia detta sul signorGrandet. Il naso, grosso in punta, sosteneva una verruca venata che il popolo, non senza ragione,diceva piena di malizia.Quel viso annunziava una scaltrezza pericolosa, una probità5 senza calore, l’egoismo di un uomoabituato a concentrare i propri sentimenti nel godimento dell’avarizia e sulla sola creatura che fosserealmente qualcosa per lui, sua figlia Eugénie, sua unica erede. Atteggiamento, modo di fare,andatura, tutto in lui, del resto, attestava quella fiducia in se stesso data dall’abitudine d’essersempre riuscito nelle proprie imprese. Per cui, sebbene di costumi facili e deboli in apparenza, ilsignor Grandet aveva un’indole di bronzo.Sempre vestito allo stesso modo, chi lo vedeva oggi, lo vedeva tale e quale era sempre stato dal 1791 inpoi. Le scarpe robuste erano allacciate con stringhe di cuoio; in ogni stagione portava calze di lana felpate,un paio di calzoni corti di grosso panno marrone con fibbie d’argento, un panciotto di velluto a righealternate giallo e pulce,6 abbottonato ad angolo retto, una larga marsina7 a lunghe falde, una cravattanera e un cappello da quacquero.8 I guanti, resistenti quanto quelli dei gendarmi, gli duravano venti mesie, per serbarli puliti, li poneva sulla tesa9 del cappello sempre allo stesso posto, con gesto metodico.

da Eugénie Grandet, Rizzoli, Milano 2003

25CAPITOLO UNOuna storia dei personaggi

Tram

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tes

to e

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l’im

mag

inar

io

Il comportamento

L’aspetto fisico

Lacaratterizzazione

psicologicae morale

1. bottaio: colui che fabbrica le botti.2. piede: unità di misura di lunghezza che corrisponde a 30,48 cm.3. sinuosità: curve.4. basilisco: grosso rettile sauro, cioè con quattro arti, con creste laminarisul capo e sul dorso.5. probità: integrità morale e onestà di coscienza.

6. pulce: colore tra il marrone e il rossiccio.7. marsina: frac, cioè abito da cerimonia maschile con giacca corta davantifino alla vita e prolungata dietro in due falde lunghe e sottili.8. quacquero: persona con moralismo intransigente.9. tesa: parte sporgente del cappello attaccata alla cupola.

L’abbigliamento

VediAppendice

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2. Personaggio presentato da un altro personaggio: fac-ciamo un esempio, tratto dal romanzo di Umberto Eco,Il nome della rosa in cui la descrizione del protagonista, Gu-glielmo di Baskerville, è fatta da un altro personaggio, Adsoda Melk (che è anche il narratore della storia).

Frate Guglielmo

Era dunque l’apparenza fisica di frate Guglielmo tale da attirare l’attenzione dell’osservatore piùdistratto. La sua statura superava quella di un uomo normale ed era tanto magro che sembrava piùalto. Aveva gli occhi acuti e penetranti; il naso affilato e un po’ adunco conferiva al suo voltol’espressione di uno che vigili, salvo nei momenti di torpore di cui dirò.Anche il mento denunciava in lui una salda volontà, pur se il viso allungato e coperto di efelidi – comesovente vidi di coloro nati tra Hibernia e Northumbria1 – poteva talora esprimere incertezza e perplessità.Mi accorsi col tempo che quella che pareva insicurezza era invece solo curiosità, ma all’inizio poco sapevodi questa virtù, che credevo piuttosto una passione dell’animo concupiscibile,2 ritenendo che l’animorazionale non se ne dovesse nutrire, pascendosi solo del vero, di cui (pensavo) si sa già sin dall’inizio.

da Il nome della rosa, Bompiani, Milano 2000

26 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

L’aspetto fisico

Lacaratterizzazione

psicologica

1. Hibernia e Northumbria: regioni a Nord dell’Inghilterra. 2. concupiscibile: con desiderio bramoso, peccaminoso.

3. Personaggio che si presenta da sé: l’ultimo esempioriguarda il protagonista del romanzo di Robert LouisStevenson Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde.

Il dottor Jekyll

Sono nato nell’anno 18... destinato a una cospicua fortuna e inoltre dotato di eccellenti qualitànaturali, incline per indole all’operosità, portato ad amare fra i miei simili i saggi e i buoni; e dunque,come si poteva supporre, provvisto di tutte le garanzie di un avvenire degno d’onore e di distinzione.In realtà il peggiore fra i miei difetti era una certa allegria sfrenata, un’allegria che ha fatto la felicitàdi molti, ma che io trovavo difficile da conciliare col mio imperioso desiderio di andare a testa alta, edi ostentare in pubblico un contegno di gravità superiore all’ordinario. Ne risultò di conseguenza chenascosi le mie dissolutezze e quando giunsi all’età della riflessione e cominciai a guardarmi intorno efeci il bilancio dei miei progressi e della mia posizione nel mondo, io ero già implicato in un sistemadi vita fatto di doppiezza. Molti uomini si sarebbero magari sentiti esaltati da quelle sregolatezze dicui mi rendevo colpevole, ma dall’altezza che mi ero imposto di raggiungere io le consideravo e lenascondevo con un senso quasi morboso di vergogna. Fu dunque l’elevatezza delle mie aspirazioni,piuttosto che una particolare degradazione1 dovuta ai miei errori, a fare di me quello che ero e cheseparò in me, con un fossato più profondo di quello che sussiste nella maggioranza degli uomini, leragioni del bene e del male che distinguono e compongono la doppia natura umana. Nel mio caso, eroindotto a riflettere profondamente e persistentemente su questa dura legge della vita che sta alla radicedella religione e che è una delle principali fonti dell’angoscia.

da Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, Rizzoli, Milano 2003

Dati anagrafici esocio-economici

Lacaratterizzazione

psicologicaIl comportamento

Considerazionimorali

1. degradazione: bassezza, meschinità.

VediAppendice

VediAppendice

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La presentazione indirettaIl personaggio viene spesso presentato anche in modo indiretto: il lettore devecogliere le informazioni dall’accumulo di indizi disseminati nel testo. La figuradel personaggio si ricava dalle azioni che egli compie, dai suoi atteggiamenti, daidiscorsi che egli pronuncia.

Nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, ad esempio, ilpersonaggio di don Rodrigo non viene presentato diretta-mente né dal punto di vista fisico né psicologico, ma per-sino la sua abitazione parla di lui.

Il palazzotto di don RodrigoLe rade e piccole finestre che davan sulla strada, chiuse da imposte sconnesse e consunte dagli anni, eranperò difese da grosse inferriate, e quelle del pian terreno tant’alte che appena vi sarebbe arrivato unuomo sulle spalle d’un altro. Regnava quivi un gran silenzio; e un passeggiero avrebbe potuto crederefosse una casa abbandonata, se quattro creature, due vive e due morte, collocate in simmetria, di fuori,non avesser dato un indizio d’abitanti.1 Due grand’avoltoi, con l’ali spalancate, e co’ teschi penzoloni,l’uno spennacchiato e mezzo roso dal tempo, l’altro ancor saldo e pennuto, erano inchiodati, ciascunosur un battente del portone; e due bravi,2 sdraiati, ciascuno sur una delle panche poste a destra e asinistra, facevan la guardia, aspettando d’esser chiamati a goder gli avanzi della tavola del signore.

da I Promessi Sposi, SEI, Torino 2006

Possiamo dunque concludere che il personaggio di don Rodrigo, benché nonpresentato, è ben caratterizzato da varie componenti che concorrono a deli-nearne il carattere.

LA CARATTERIZZAZIONEA questo punto dovrebbe essere chiara la differenza tra presentazione e caratteriz-zazione del personaggio. La presentazione diretta si colloca in genere in un solpunto. Spesso attraverso la presentazione diretta fatta mediante una descrizione civiene fornita una prima caratterizzazione del personaggio, anch’essa diretta.

Negli esempi precedenti, compaiono vari aspetti, talora isolati, più spesso con-giunti, di caratterizzazione:

dettagliato e composito il quadro del signor Grandet: molteplici gli aspetti fi-sici, ma frammezzati a notazioni socio-economiche, psicologiche e morali;prevalentemente fisica la descrizione di Guglielmo di Baskerville, anche se, a benvedere, vi si intrecciano numerose osservazioni di carattere psicologico e culturale;la presentazione del dottor Jekyll prende le mosse da dati anagrafici e socio-economici, ma si estende ben presto a fattori morali e ideologici.

È però naturale che i personaggi (salvo quelli che fanno da semplici comparse)continueranno dopo la presentazione a rivelarsi in modo indiretto: perciò lacaratterizzazione di un personaggio non si può collocare in un sol punto, ma vadefinita nel corso dell’intera narrazione. Dunque la presentazione indiretta,come abbiamo visto, fa emergere di per sé la caratterizzazione del personaggio.La caratterizzazione può essere fatta sotto diversi aspetti: anagrafico, fisico, mo-rale e psicologico, ma spesso anche socio-economico, culturale, ideologico. Essaè funzionale a definire la tipologia dei personaggi.

27CAPITOLO UNOuna storia dei personaggi

Tram

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io

Vedia p. 531

1. un indizio d’abitanti: un segno di vita.2. bravi: dal latino pravus = malvagio, la parola bravo, nel Seicento,

indicava il delinquente che si poneva al servizio di uomini per costituireuna sorta di esercito privato.

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Cornelis Troost(1696-1750), Lezione anatomica

del Dr Willem Röell, 1728,particolare.

È difficile immaginare qualeprofessione possano svolgere

questi austeri signori intricorno e parrucca, sempre

che non si tratti di aristocraticisfaccendati. Invece sono dei

chirurghi intenti a tenere unalezione di anatomia.

Quadri di questo tipo, ove gliesponenti di una certaprofessione chiedono

all’artista di essere celebratinell’esercizio delle lorofunzioni, erano molto

frequenti nel Sei e Settecento.

TIPOLOGIA DEI PERSONAGGILa caratterizzazione del personaggio serve a definirne la personalità e, a secondadella profondità e complessità con cui è condotta, individua due tipologie dipersonaggi:1. i tipi detti anche “personaggi piatti” sono statici perché restano immutati

nel corso di tutta la narrazione;2. i caratteri detti anche “personaggi a tutto tondo” sono dinamici perché si

modificano con gli eventi e appaiono alla fine dell’opera dotati di caratteri di-versi da quelli iniziali.

I personaggi piattiI personaggi piatti sono stereotipati e prevedibili, di loro viene messo in rilievoun solo carattere distintivo, che si evidenzia immancabilmente ogni volta checompaiono sulla scena. Essi non hanno una spiccata individualità, ma quasi sem-pre rappresentano un’intera categoria di persone.

28 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

dove troviamoqueste strutture?

Un esempio di personaggio stereotipato è l’austero mag-giordomo di alcuni racconti gialli.Nei casi estremi parliamo di “maschere” o di “macchiette”:infatti si trovano più di frequente nelle opere comiche, cheaffidano alla ripetitività la capacità di far ridere, oppure intesti semplici e brevi come le fiabe, dove l’interesse non èincentrato sulla psicologia dei personaggi.Nei testi più ampi come i romanzi possiamo ritrovarli inpersonaggi del tutto marginali, ma non mancano figure diprotagonisti sostanzialmente “piatte”.

la tipologia dei personaggiti suggeriamo: Puskin a p. 37; Maupassanta p. 43; Harrison a p. 294; Campanile a p. 326; Cechova p. 335; Faulkner a p. 356; Joyce a p. 387; Serao a p. 401; Benni a p. 424; Hasek a p. 431; Kafka a p. 474;Doyle a p. 479; e nel volume 200 pagine per leggere :Deledda a p. 75; Hemingway a p. 122; Kannan a p. 130;Conrad a p. 144. Troverai cenni sulla tipologiadei personaggi negli Strumenti di lettura di: Lemille e una notte a p. 230, Novellino a p. 237; Buzzatia p. 455; e nel volume 200 pagine per leggere : Verga ap. 109; Bierce a p. 174.

se vuoilavorare su...

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Facciamo un esempio tratto dai Promessi Sposi di AlessandroManzoni. Tra i personaggi minori, Azzeccagarbugli è uncaso di “tipo” ai limiti della maschera, che rappresenta inmodo emblematico e con risvolti di comicità l’uomo di unacerta levatura sociale asservito alla logica del potere. Eccoun esempio tratto dal capitolo III.

Il dottor AzzeccagarbugliMentre il dottore mandava fuori tutte queste parole, Renzo lo stava guardando con un’attenzioneestatica, come un materialone1 sta sulla piazza guardando al giocator di bussolotti,2 che, dopo essersicacciata in bocca stoppa e stoppa e stoppa, ne cava nastro e nastro e nastro, che non finisce mai.Quand’ebbe però capito bene cosa il dottore volesse dire, e quale equivoco avesse preso, gli troncò ilnastro in bocca, dicendo: «oh! signor dottore, come l’ha intesa? l’è proprio tutta al rovescio. Io nonho minacciato nessuno; io non fo di queste cose, io: e domandi pure a tutto il mio comune, chesentirà che non ho mai avuto che fare con la giustizia. La bricconeria l’hanno fatta a me; e vengo dalei per sapere come ho da fare per ottener giustizia; e son ben contento d’aver visto quella grida.3»«Diavolo!» esclamò il dottore, spalancando gli occhi. «Che pasticci mi fate? Tant’è; siete tutti così:

possibile che non sappiate dirle chiare le cose?»«Ma mi scusi; lei non m’ha dato tempo: ora leracconterò la cosa, com’è. Sappia dunque ch’iodovevo sposare oggi,» e qui la voce di Renzo sicommosse, «dovevo sposare oggi una giovine,alla quale discorrevo,4 fin da quest’estate; eoggi, come le dico, era il giorno stabilito colsignor curato, e s’era disposto ogni cosa. Eccoche il signor curato comincia a cavar fuori certescuse... basta, per non tediarla,5 io l’ho fattoparlar chiaro, com’era giusto; e lui m’haconfessato che gli era stato proibito, pena lavita, di far questo matrimonio. Quel prepotentedi don Rodrigo...»«Eh via!» interruppe subito il dottore,aggrottando le ciglia, aggrinzando6 il naso rosso,e storcendo la bocca, «eh via! Che mi venite arompere il capo con queste fandonie?7 Fate diquesti discorsi tra voi altri, che non sapetemisurar le parole; e non venite a farli con ungalantuomo che sa quanto valgono. Andate,

andate; non sapete quel che vi dite: io non m’impiccio con ragazzi; non voglio sentir discorsi diquesta sorte, discorsi in aria.»«Le giuro...»«Andate, vi dico: che volete ch’io faccia de’ vostri giuramenti? Io non c’entro: me ne lavo le mani.» Ese le andava stropicciando, come se le lavasse davvero. «Imparate a parlare: non si viene asorprender così un galantuomo.»«Ma senta, ma senta,» ripeteva indarno8 Renzo: il dottore, sempre gridando, lo spingeva con le maniverso l’uscio; e, quando ve l’ebbe cacciato, aprì, chiamò la serva, e le disse: «restituite subito aquest’uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente.»

da I Promessi Sposi, SEI, Torino 2006

Vedia p. 531

1. materialone: zotico.2. giocator di bussolotti: prestigiatore.3. grida: bando pubblico.4. alla quale discorrevo: con la quale ero fidanzato.

5. tediarla: annoiarla.6. aggrizzando: arricciando.7. fandonie: menzogne, bugie.8. indarno: inutilmente.

29CAPITOLO UNOuna storia dei personaggi

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30 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

1. aver la mano ... altri: essere temuto e rispettato da chi era abituato adesserlo dagli altri.2. aver che dire: litigare.3. d’attraversarli: di provocarli.4. tirarli: costringerli.5. alla più parte: alla maggioranza.6. ardire ... costanza: coraggio e determinazione.

7. gli ... sinistra: in segno di sottomissione.8. Nel fatto: in realtà.9. faccendiere: chi risolve intrighi per gli altri.10. tanto ausiliario: aiutante.11. assunto: impegno, dovere.12. dar luogo: ritirarsi.

I personaggi a tutto tondoI caratteri sono psicologicamente complessi e delineati in modo completo,ricchi di sfumature e capaci di sorprendere il lettore, perché non corrispondonoa nessuna categoria standardizzata e si mostrano in grado di evolversi col mutaredegli eventi.

Facciamo un altro esempio dai Promessi Sposi di Manzoni:dinamico e a tutto tondo è sicuramente l’Innominato, dallapersonalità complessa e ricca di sfaccettature, la cui evolu-zione è testimoniata dal fatto che, da antagonista, diventaalla fine il più valido protettore dei due protagonisti.

L’InnominatoFare ciò ch’era vietato dalle leggi, o impedito da una forza qualunque; esser arbitro, padrone negliaffari altrui, senz’altro interesse che il gusto di comandare; esser temuto da tutti, aver la mano dacoloro ch’eran soliti averla dagli altri;1 tali erano state in ogni tempo le passioni principali di costui.Fino dall’adolescenza, allo spettacolo e al rumore di tante prepotenze, di tante gare, alla vista di tantitiranni, provava un misto sentimento di sdegno e d’invidia impaziente. Giovine, e vivendo in città,non tralasciava occasione, anzi n’andava in cerca, d’aver che dire2 co’ più famosi di quellaprofessione, d’attraversarli,3 per provarsi con loro, e farli stare a dovere, o tirarli4 a cercare la suaamicizia. Superiore di ricchezze e di seguito alla più parte,5 e forse a tutti d’ardire e di costanza,6 neridusse molti a ritirarsi da ogni rivalità, molti ne conciò male, molti n’ebbe amici; non già amici del

pari, ma, come soltanto potevan piacere a lui, amici subordinati, che siriconoscessero suoi inferiori, che gli stessero alla sinistra.7 Nel fatto8

però, veniva anche lui a essere il faccendiere,9 lo strumento di tutticoloro: essi non mancavano di richiedere ne’ loro impegni l’opera d’untanto ausiliario;10 per lui, tirarsene indietro sarebbe stato decadere

dalla sua riputazione, mancare al suo assunto.11 Di maniera che, perconto suo, e per conto d’altri, tante ne fece che, non

bastando né il nome, né il parentado, né gli amici,né la sua audacia a sostenerlo contro i bandipubblici, e contro tante animosità potenti,dovette dar luogo,12 e uscir dallo stato. [...]Tutti i tiranni, per un bel tratto di paeseall’intorno, avevan dovuto, chi in un’occasione echi in un’altra, scegliere tra l’amicizia el’inimicizia di quel tiranno straordinario. Ma aiprimi che avevano voluto provar di resistergli, lagli era andata così male, che nessuno si sentivapiù di mettersi a quella prova.

da I Promessi Sposi, SEI, Torino 2006

Vedia p. 531

Francesco Gonin(1808-1889),L’Innominato,

illustrazione per I Promessi Sposi di

Alessandro Manzoni(edizione del 1840).

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IL SISTEMA DEI PERSONAGGIFondamentale è l’analisi dei reciproci rapporti tra i personaggi di un rac-conto e dei ruoli specifici (o funzioni) che vi svolgono: è quello che si definisceil sistema dei personaggi.

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PROTAGONISTAdal greco prótos,“primo” e agonistés,“lottatore”.

ANTAGONISTAdal greco antí, “contro” e agonistés,“lottatore”.

I rapporti tra i personaggiLa prima e più ovvia distinzione è quella tra personaggi principali e secondari:

i personaggi principali hanno un rilievo importante nella storia e tengono ilcampo in tutto il corso della narrazione. Tra questi si colloca in primo piano ilprotagonista, motore delle vicende, anche quando è costretto a subirle; spessoè anche il portavoce privilegiato del messaggio dell’autore.Se altri personaggi assumono un rilievo analogo parleremo di comprimari;i personaggi secondari compaiono più sporadicamente e partecipano solomarginalmente allo sviluppo degli eventi. Tra i personaggi secondari, quelli checompaiono occasionalmente, talvolta solo per caratterizzare un ambiente, unasituazione, un’atmosfera, saranno meglio definiti comparse.

Il ruolo dei personaggiUna distinzione più profonda riguarda l’individuazione dei ruoli che i perso-naggi svolgono nella vicenda:

così, accanto alla figura del protagonista (o eroe, o anche soggetto), si pone in opposizione l’antagonista, che è colui che ostacola l’azione del primo;tra i due vi è l’oggetto del desiderio, che, oltre a essere una persona, può es-sere anche una cosa o addirittura un concetto astratto (per esempio la gloria);coloro che collaborano con il protagonista o con l’antagonista prendono ilnome di aiutanti;gli aiutanti dell’antagonista sono chiamati anche oppositori.

Ad esempio se Renzo nei Promessi Sposi è il protagonista, sicuramente il suoantagonista è don Rodrigo, che gli impedisce di celebrare le nozze con Lucia.Quest’ultima, desiderata dall’uno e dall’altro, ricopre il ruolo fondamentalenell’economia del racconto, di oggetto del desiderio: aiutante di Renzo è fraCristoforo; oppositori sono il Conte Attilio e i bravi (aiutanti di don Rodrigo,l’antagonista).

Alcuni narratologi hanno individuato un’altra figura: il destinatore, cioè il per-sonaggio che propone qualcosa come oggetto del desiderio, subordinando il suoraggiungimento al superamento di alcune prove.

il sistema dei personaggiti suggeriamo: Puskin a p. 37; Maupassant a p. 43; Apuleioa p. 202; Afanase’ev a p. 208; King a p. 273; Harrison a p. 293; Blixen a p. 307; Joycea p. 387; Serao a p. 410; Benni a p. 424; Buzzati a p. 457; Doyle a p. 479; Vergaa p. 581; e nel volume 200 pagine per leggere : Dumas a p. 16; Orwell a p. 53; Camilleria p. 64; Conrad a p. 144. Troverai cenni sul sistema dei personaggi negliStrumenti di lettura di: Novellino a p. 237.

se vuoi lavorare su...

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Facciamo un esempio applicando quanto detto alla fia-ba La regina delle api dei fratelli Grimm, Ludwig Karl eWilhelm Karl, studiosi del folklore tedesco.

Grullo e i suoi fratelli

32 SEZIONE I - LE TECNICHE NARRATIVE

Antagonisti Una volta due principi andarono in cerca di avventure e si diedero a una vita sfrenata e dissoluta,così che non tornaron più a casa. Il minore, che era chiamato il Grullo, andò in cerca dei suoi fratelli;e quando finalmente li trovò, essi lo presero in giro, perché, sciocco com’era, voleva farsi strada nelmondo, mentre loro due non ne venivano a capo, pur essendo molto più accorti. Proseguirono tutti etre insieme e giunsero a un formicaio. I due maggiori volevano sconvolgerlo, per veder le formichinecorrer qua e là spaventate e portar via le uova; ma il Grullo disse: – Lasciate in pace quelle bestie,non sopporto che le disturbiate –. Proseguirono e giunsero a un lago, dove nuotavano tante tanteanitre. I due fratelli volevano prenderne un paio e farle arrosto, ma il Grullo non glielo permise edisse: – Lasciate in pace quelle bestie, non sopporto che le uccidiate –. Finalmente giunsero a unalveare, dove c’era tanto miele, che colava sul tronco. I due volevano accendere un fuoco sottol’albero, e soffocare le api per poter prendere il miele. Ma il Grullo tornò a dissuaderli, dicendo: –Lasciate in pace quelle bestie, non sopporto che le bruciate –. Finalmente arrivarono a un castello:nelle scuderie non c’eran che cavalli di pietra e non si vedeva anima viva; attraversarono tutte le sale,finché, proprio in fondo, giunsero a una porta con tre serrature; ma in mezzo alla porta c’era unospioncino, da cui si poteva vedere nella stanza. E videro un omino grigio, seduto a un tavolo. Lochiamarono una, due volte, ma egli non udì; lo chiamarono per la terza volta, egli si alzò, aprì, vennefuori senza dir parola; ma li condusse a una tavola riccamente apparecchiata; e quando ebberomangiato e bevuto, diede a ciascuno una camera da letto. Il mattino dopo l’omino grigio andò dalmaggiore, lo chiamò con un cenno e lo guidò a una lapide, dov’eran scritte le tre imprese cheavrebbero liberato il castello.E questa era la prima: nel bosco, sotto il muschio, c’eran le perle della principessa, mille di numero, esi dovevan cercare; e se al tramonto ne mancava una sola, colui che le aveva cercate impietriva. Ilmaggiore andò e cercò tutto il giorno, ma al tramonto ne aveva trovate soltanto cento; e com’erascritto accadde: egli impietrì. Il giorno dopo tentò l’avventura il secondo fratello; non fu più fortunatodel maggiore, trovò soltanto duecento perle e impietrì. Alla fine toccò al Grullo, che si mise a cercarenel muschio; ma era così difficile trovar le perle e ci voleva tanto tempo! Allora si mise a sedere suuna pietra e pianse. E mentre se ne stava lì, il re delle formiche, che una volta egli aveva salvato,arriva con cinquemila formiche; e non passò molto tempo che le bestioline avevan trovato tutte leperle e le avevano riunite in un mucchio. La seconda impresa era di ripescar dal lago la chiave cheapriva la camera da letto della principessa. Quando il Grullo giunse al lago, le anitre, che una voltaegli aveva salvato, accorsero a nuoto, si tuffarono e ripescarono la chiave dal fondo. Ma la terzaimpresa era la più difficile: delle tre principesse dormienti, bisognava sceglier la più giovane e la piùsoave. Ma si assomigliavano come gocce d’acqua; e nulla le distingueva se non che, primad’addormentarsi, avevano mangiato dolci differenti: la maggiore un pezzo di zucchero, la seconda unpo’ di sciroppo, la minore un cucchiaio di miele.Ed ecco, arrivò la regina delle api con le api che il Grullo aveva protetto dal fuoco, e assaggiò la boccadi tutt’e tre; infine si fermò su quella che aveva mangiato il miele, e così il principe riconobbe lagiusta. Allora l’incanto si ruppe, ogni cosa fu sciolta dal sonno e chi era di pietra riacquistò la suafigura. Il Grullo sposò la più giovane e la più soave e morto il padre di lei, divenne re; e i suoi duefratelli si presero le altre due principesse.

da La regina delle api, Edilibri, Milano 2003

Protagonista

Il destinatore

1° aiutante

2° aiutante

Oggetto deldesiderio

3° aiutante

VediAppendice

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Anche nel cinema, come avviene in un romanzo, in un racconto o in un’opera teatrale, visono personaggi protagonisti, co-protagonisti, comprimari, secondari, comparse. Dato ilcarattere dell’opera cinematografica, possono esservi:1. film “corali”, cioè privi di singoli personaggi di rilievo, dove sono le masse a svolgere ilruolo, per così dire, di “personaggi collettivi” (per esempio, il celeberrimo film di Sergej M.Ejzen‰tejn La corazzata Potemkin, 1925);2. film in cui gli attori creano un personaggio, che può anche ritrovarsi in filmsuccessivi. Il modello più illustre è senz’altro il personaggio di Charlot creato da CharlieChaplin, ma anche in tempi più vicini a noi, larga fortuna hanno incontrato, per esempio,personaggi come Indiana Jones, creato da Harrison Ford in una lunga serie di film, o,ancora più recentemente, quello di Harry Potter, il cui giovane protagonista, DanielRadcliffe, film dopo film è letteralmente “cresciuto” insieme al suo personaggio.Queste distinzioni non sono mai categoriche e dipendono soprattutto dal regista,il quale può far diventare personaggio anche una semplice figurazione: nellaPassione di Giovanna d’Arco (1928) di Carl Theodor Dreyer, per esempio, le figure deigiudici sono così vivide, pur nelle loro brevi apparizioni, che si potrebbe definirlepersonaggi in tutta l’estensione del termine. Il regista può non soltanto far diventare unanimale il “personaggio” protagonista di un film, come nelle pellicole dedicate al caneLassie, ma può trasformarlo nel personaggio-chiave di tutta una vicenda, il punto divista da cui osservare la realtà della vita, come l’asino Balthazar nel capolavoro di RobertBresson Au hasard Balthazar (1966).

I personaggi nel cinema

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La storia del personaggio del Vagabondo (Charlie nei paesi dilingua inglese, Charlot in Francia e in Italia) creato dal grandeattore e regista inglese Charles Spencer Chaplin (1889-1977),

ha inizio del 1913 con una serie di brevi “comiche”,per maturare poi attraverso capolavori assoluti quali, tra gli altri,

Il monello, 1921; La febbre dell’oro, 1925; Il circo, 1928; Luci dellacittà, 1931; Tempi moderni, 1936; Il grande dittatore, 1940,

e concludersi con Luci della ribalta, 1952.A destra: Charlie Chaplin nel film Luci della città, 1931.

In alto: Charlie Chaplin in Tempi moderni, 1936.

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Il colpo di pistola

oi sapete – continuò Silvio, – che ho prestato servizio nel reggimento***degli ussari.1 Il mio carattere vi è noto: sono abituato a primeggiare, ma dagiovane questa era la mia passione. Ai nostri tempi la turbolenza2 era dimoda: io ero il più litigioso ufficiale dell’esercito. Ci vantavamo della no-

stra ubriachezza. I duelli del nostro reggimento erano all’ordine del giorno; atutti avevo preso parte o come testimonio, o come protagonista. I camerati3 miadoravano, e i colonnelli che venivano cambiati ogni momento, mi considera-vano un male inevitabile.

Mi godevo quieto (o inquieto) la mia gloria, quando entrò nel nostro reggi-mento un giovane di ricca e illustre casata (non voglio farne il nome). In vita, mianon avevo incontrato mai un così brillante uomo protetto dalla fortuna! Imma-ginatevi la giovinezza, l’intelligenza, la bellezza, l’allegria più folle, il coraggiopiù spensierato, un nome altisonante, il denaro ch’egli non contava mai e non gliveniva mai meno, e capirete quale impressione egli dovesse produrre fra noi! Ilmio primato vacillò. Lusingato dalla mia gloria, egli aveva cercato la mia amici-zia; ma io l’accolsi freddamente, ed egli si allontanò da me senza alcun ramma-rico. Lo odiai. I suoi successi al reggimento e nella società femminile mi porta-vano a una vera e propria disperazione.

Cominciai a cercar motivo di litigar con lui: ai miei epigrammi4 egli rispon-deva con epigrammi che mi parevano sempre più inaspettati e mordaci5 dei miei,e che senza dubbio erano incomparabilmente6 più allegri; lui scherzava, ed iom’adiravo. Finalmente, al ballo di un proprietario polacco, vedendolo oggettodell’attenzione di tutte le signore, e specialmente della stessa padrona di casa cheaveva una relazione con me, io gli dissi all’orecchio una volgare villania. Egli siinfiammò e mi diede uno schiaffo. Ci slanciammo sulle sciabole; le signore sven-nero, fummo separati, e quella notte andammo a batterci.

Fu all’alba. Io stavo al posto convenuto7 coi miei tre padrini.8 Con un’ine-splicabile9 impazienza aspettavo il mio avversario. Il sole primaverile sorse; e ilcaldo già si faceva sentire. Lo scorsi da lontano.

Veniva a piedi, con la giubba issata sulla sciabola, in compagnia di un padrino.Gli andammo incontro. I padrini misurarono per noi dodici passi. Io dovevo ti-

LAVORIAMO INSIEMEEsercitati ora su quanto hai appreso relativamente ai perso-naggi leggendo un racconto dello scrittore russo AleksandrPuskin. Nella prima parte l’ussaro Silvio racconta l’episodio,avvenuto durante la sua gioventù, di un duello interrotto. Ilracconto viene poi ripreso dal suo avversario, un conte, che asua volta narra la conclusione del duello, avvenuta anni dopo.

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1. ussari: reparti dicavalleria leggera.2. turbolenza:comportamento rissoso.3. camerati: compagnidella vita militare.4. epigrammi:componimenti brevi espesso pungenti; qui:battute satiriche.5. mordaci: taglienti.6. incomparabilmente:senza possibilità diconfronto.7. convenuto: stabilito dicomune accordo.8. padrini: coloro cheassistono l’uno o l’altro deiduellanti.9. inesplicabile:incomprensibile.

Il protagonistapresentase stesso...

... e il suoantagonista

VediAppendice

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rare per primo; ma l’agitazione datami dall’ira era in me così forte che, non fi-dandomi della fermezza della mano, gli cedetti il primo colpo per avere il tempodi calmarmi; il mio avversario non acconsentì. Stabilimmo di tirare a sorte; ilprimo numero toccò a lui, eterno beniamino della fortuna.

Egli prese la mira e mi forò il berretto. Era il mio turno. La sua vita era fi-nalmente nelle mie mani: io lo guardavo avido, sforzandomi di cogliere almenoun’ombra d’inquietudine. Egli stava sotto il tiro della pistola, scegliendo dal ber-retto le amarene mature e sputando i noccioli che volavano fino a me. La sua in-differenza mi esasperò. “A che pro” pensai, “privarlo della vita, quando egli nonl’apprezza affatto?”. Un pensiero malvagio mi balenò alla mente. Abbassai la pi-stola. “A quanto pare” gli dissi, “avete altro per la testa che la morte; vi degnatedi far colazione: non vorrei disturbarvi”. “Non mi disturbate affatto” replicò.“Sparate pure; del resto, fate come vi piace.

Il colpo rimane riservato a voi, sono sempre ai vostri ordini”. Mi rivolsi aimiei padrini, dicendo che quel giorno non avevo l’intenzione di sparare, e ilduello finì appunto così…

Alcuni anni dopo, in un luogo diverso, i due duellanti si incontrano di nuovo. Questa volta èl’avversario a raccontare.

– Cinque anni fa mi sono sposato. Il primo mese, the honey-moon,10 lo pas-sai qui. A questa casa devo i più bei momenti della vita e uno dei ricordi piùpenosi. Una volta di sera eravamo usciti a cavallo; il cavallo di mia mogliechissà perché si adombrò:11 ella si spaventò, mi diede la briglia e andò a casa apiedi. Io la precedetti. Nel cortile scorsi una vettura da viaggio; mi riferironoche nel mio studio c’era un uomo che non aveva voluto dire il suo nome, maaveva detto semplicemente di aver con me un affare.

Entrai in questa stanza e scorsi nel buio un uomo, impolverato e con labarba non rasa; egli stava qui, presso il camino. Mi avvicinai a lui, cercando diravvisare12 i suoi lineamenti. “Non mi hai riconosciuto, conte?” diss’egli convoce tremante. “Silvio!” gridai e, confesso, sentii rizzarmisi a un tratto i ca-pelli. “Precisamente” riprese, “il colpo tocca a me, sono venuto a scaricare lamia pistola; sei pronto?”. La pistola gli sporgeva da una tasca laterale. Misuraiventi passi e mi fermai là nell’angolo, pregandolo di sparare al più presto,prima che tornasse mia moglie. Egli indugiava: chiese un lume.

Furono portate le candele. Chiusi la porta, ordinai che nessuno entrasse, elo pregai di nuovo di sparare. Egli estrasse la pistola e prese la mira... Io con-tavo i secondi... pensavo a lei... Passò un minuto orribile! Silvio abbassò lamano. “Mi duole” disse “che la pistola non sia carica di noccioli di amarene…la pallottola è pesante. Mi sembra sempre che il nostro non sia un duello, maun omicidio: non sono avvezzo13 a mirare contro un inerme.14 Cominciamoda capo: gettiamo la sorte, chi debba tirare per primo”.

La testa mi girava... Mi pare di non aver acconsentito... Ma alla fine cari-cammo un’altra pistola, avvolgemmo due biglietti; egli li mise nel berretto, dame forato un giorno, io estrassi di nuovo il primo numero. “Tu, conte, sei dia-bolicamente fortunato” diss’egli con un sorriso che non dimenticherò mai.Non capisco che cosa avessi, e com’egli avesse potuto indurmi a farlo... ma

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10. the honey-moon:(inglese) la luna di miele.11. si adombrò: scartòimprovvisamente.12. ravvisare: riconoscere.13. avvezzo: abituato.14. un inerme: unapersona disarmata.

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tirai e colpii questo quadro –. (Il conte indicò col dito il quadro forato; il suoviso ardeva come il fuoco. La contessa era più pallida del suo fazzoletto; io nonpotei trattenermi da un’esclamazione).

– Io tirai [...] grazie a Dio, diedi un fallo;15 allora Silvio... (in quel momentoera davvero orribile) Silvio cominciò a puntare contro di me.

A un tratto la porta si aprì. Masa16 entrò con uno strillo, mi si gettò al collo.La sua presenza mi restituì tutto il mio coraggio. “Cara” le dissi, “non vedi,forse, che scherziamo? Come ti sei spaventata! Va’ a bere un bicchiere d’acqua etorna qui: ti presento un vecchio amico e camerata”. Masa stentava ancora a cre-dere. “Ditemi, mio marito dice la verità” diss’ella, rivolgendosi al minacciosoSilvio: “È vero che tutti e due scherzavate?”. “Lui scherza sempre, contessa” lerispose Silvio. “Una volta mi ha dato scherzando uno schiaffo, scherzando mi haforato con una pallottola, ecco, questo berretto, scherzando ha fatto ora cileccacontro di me; adesso anche a me è venuta la voglia di scherzare un poco...”. Conqueste parole voleva prendermi di mira… in presenza di lei! Masa si gettò ai suoipiedi. “Alzati, Masa, è una vergogna!” gridai fuori di me. “E voi, signore, lasmetterete di farvi giuoco di una povera donna? Tirerete o no?”. “Non sparerò”rispose Silvio. “Sono soddisfatto: ho visto il tuo turbamento, la tua timidezza; tiho costretto a tirare contro di me, e questo mi basta. Mi ricorderai. Ti affidoalla tua coscienza”. Già stava per andarsene, ma si fermò sulla soglia, si volse aguardare il quadro da me forato, vi tirò contro, quasi senza prendere la mira, escomparve. Mia moglie giaceva svenuta; la servitù non osò fermarlo e lo guar-dava terrorizzata; egli uscì sulla scalinata, chiamò il cocchiere e partì prima chefossi riuscito a tornare in me –.

Il conte tacque. In tal modo appresi la fine del racconto, il cui principio miaveva un tempo tanto impressionato. Col suo eroe non mi sono più incontrato.Si dice che Silvio [...] sia stato ucciso in battaglia.

da Il colpo di pistola, in I racconti di Belkin, Rizzoli, Milano 1993

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15. diedi un fallo: feci unerrore.16. Masa: è la moglie delconte.

Presentazione e caratterizzazione dei personaggiNella prima parte del racconto agiscono Silvio e il suo avversario. La pre-sentazione di entrambi è fatta da Silvio.

Soffermiamoci sul personaggio di Silvio.1. La presentazione è: diretta indiretta

Infatti: ..........................................................................................................................................................................................................

2. La caratterizzazione è: diretta indiretta sia diretta sia indirettaInfatti: ..........................................................................................................................................................................................................

3. Si dice qualcosa del suo aspetto fisico? Sì NoSe sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

4. Descrive il suo carattere? Sì NoSe sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

5. Sono forniti elementi relativi alla sua condizione sociale? Sì NoSe sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

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Ecco un nuovopersonaggio

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6. Compaiono altri elementi utili alla caratterizzazione (aspetti culturali,ideologici e così via)? Sì NoSe sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

Esaminiamo ora l’avversario di Silvio.7. La presentazione è: diretta indiretta

Infatti: ......................................................................................................................................................................................................

8. La caratterizzazione è: diretta indiretta sia diretta che indirettaInfatti: ......................................................................................................................................................................................................

9. Si dice qualcosa del suo aspetto fisico? Sì NoSe sì, che cosa? ............................................................................................................................................................................

10. Quali elementi del carattere emergono?11. Conosciamo qualcosa della sua condizione sociale ed economica?

Nella seconda parte del brano è l’avversario di Silvio a presentarsi e a pre-sentare Silvio.

Esaminiamo il personaggio di Silvio.1. La presentazione è: diretta indiretta

Infatti: ..........................................................................................................................................................................................................

2. Che cosa si dice del suo aspetto fisico? ........................................................................................................

3. Apprendiamo qualcosa di nuovo sul suo carattere? Sì NoSe sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

Soffermiamoci ora sul conte.4. Apprendiamo qualcosa di nuovo sul suo carattere? Sì No

Se sì, che cosa? ................................................................................................................................................................................

Tipologia dei personaggi

Esaminiamo ora i personaggi secondo la loro tipologia.

1. Definiresti Silvio:un personaggio statico un personaggio dinamico

Motiva la tua risposta ................................................................................................................................................................

2. Definiresti il conte:un personaggio piatto un personaggio a tutto tondo

Motiva la tua risposta ................................................................................................................................................................

Il sistema dei personaggi

Consideriamo ora i personaggi di secondo piano.1. Quali elementi (fisici, caratteriali, comportamentali ecc.) emergono dalla

descrizione della Contessa Masa?2. Sullo sfondo ci sono delle comparse. Quali?

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Due amici

arigi era bloccata, affamata e agonizzante. Gli uccelli diventavano radi suitetti e le fogne erano spopolate. Si mangiava qualsiasi cosa.Un limpido mattino di gennaio, mentre passeggiava triste sul boulevardéxtérieur1 con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni della divisa e la

pancia vuota, Monsieur Morissot, orologiaio di professione e casalingo per lecircostanze, si fermò di botto davanti a un collega nel quale riconobbe un amico.Era Monsieur Sauvage, una conoscenza di pesca.

Ogni domenica prima della guerra,2 Morissot partiva all’alba, con una canna dibambù in mano e una scatola di zinco sulla schiena. Prendeva la ferrovia di Ar-genteuil,3 scendeva a Colombes,4 poi a piedi raggiungeva l’isola Marante.5 Appenaarrivato in quell’angolo dei suoi sogni, si metteva a pescare; pescava fino a notte.

Ogni domenica, incontrava un ometto grassoccio e gioviale, Monsieur Sau-vage, merciaio in rue6 Notre-Dame-de-Lorette, altro fanatico pescatore. Spessopassavano una mezza giornata fianco a fianco, con la lenza in mano e i piedi pen-zoloni sull’acqua; era sorta così una reciproca simpatia.

Certi giorni non parlavano. A volte chiacchieravano, ma si capivano magnifica-mente senza parole, perché avevano gusti simili e provavano sensazioni identiche.

Di primavera, la mattina verso le dieci, quando il sole ringiovanito faceva gal-leggiare sul fiume tranquillo quella nebbia sottile che scorre insieme all’acqua, e,rovesciava sulla schiena dei due accaniti pescatori quel bel caldo della stagionenovella, a volte Morissot diceva al suo vicino: – Eh, che dolcezza! – e MonsieurSauvage rispondeva: – Non conosco niente di meglio –. E a loro questo bastavaper capirsi e stimarsi.

In autunno, verso la fine del giorno, quando il cielo, insanguinato dal sole altramonto, imporporava tutto il fiume, infiammava l’orizzonte, rendeva rossicome fuoco i due amici e dorava gli alberi già rossi, frementi di un brivido in-vernale, Monsieur Sauvage guardava sorridendo Morissot e diceva: – Che spet-tacolo! – E Morissot rispondeva, senza abbandonare con gli occhi il sughero: –È meglio del boulevard, eh?

Appena si riconobbero, si strinsero energicamente la mano, commossi di ri-trovarsi in circostanze tanto diverse. Monsieur Sauvage, con un sospiro, mor-morò: – Quante cose sono successe! – Morissot, molto cupo, gemette: – E chetempo! Oggi è la prima bella giornata dell’anno.

VERIFICA FINALEIl testo che ti proponiamo è un racconto dello scrittore Guy deMaupassant. In un bel mattino dell’inverno del 1870, men-tre Parigi è assediata dai Prussiani, due amici, che avevano l’abi-tudine di pescare insieme prima della guerra, s’incontrano e de-cidono di trascorrere quel giorno insieme dedicandosi alla loroattività preferita; ma, mentre pescano e discorrono serenamente,un evento inaspettato imprime una svolta tragica alla vicenda.

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1. boulevard éxtérieur:espressione francese chesignifica viale esterno.2. guerra: è la guerra tra laFrancia e la Prussia che fudichiarata durante ilSecondo Impero (1852-70)dalla Francia.3. la ferrovia di Argenteuil:la linea ferroviaria indirezione di Argenteuil,comune dell’Ile-de-France,a nord di Parigi.4. Colombes: città situata anord-ovest di Parigi, sullaparte centrale dellapenisola formata dallaSenna.5. isola Marante: partedella città di Colombes.6. rue: termine franceseche significa via.

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Infatti il cielo era azzurro e molto luminoso.Si misero a camminare uno accanto all’altro, persi in tristi fantasticherie. Mo-

rissot riprese: – E la pesca? Che bel ricordo, eh?Monsieur Sauvage chiese: – Quando ci torneremo?Entrarono in un caffeuccio e bevvero insieme un assenzio;7 poi ricomincia-

rono a passeggiare su e giù per i marciapiedi.A un tratto Morissot si fermò: – Un altro, eh? – Monsieur Sauvage era d’ac-

cordo: – A vostra disposizione –. E entrarono in un’altra mescita.8

Quando uscirono erano molto intontiti, turbati come chi è a digiuno con la pan-cia piena d’alcool. L’aria era tiepida. Una brezza carezzevole stuzzicava loro il viso.

Monsieur Sauvage, che con quell’aria tiepida stava sbronzandosi completa-mente, si fermò: – Se ci andassimo?

– Dove?– A pesca!– Ma dove?– Ma alla nostra isola. Gli avamposti9 francesi sono vicino a Colombes. Co-

nosco il colonnello Dumoulin; ci lasceranno passare facilmente.Morissot fremette di desiderio: – D’accordo. Ci sto –. E si separarono per an-

dare a prendere gli arnesi. Un’ora dopo camminavano vicini sulla strada maestra. Poi raggiunsero la

villa occupata dal colonnello; questi sorrise della richiesta e acconsentì al lorocapriccio. Si rimisero in marcia, muniti di un lasciapassare.10

Presto superarono gli avamposti, attraversando Colombes abbandonata, e sitrovarono al limite dei piccoli vigneti che scendono verso la Senna. Erano circale undici.

Di fronte, il villaggio di Argenteuil sembrava morto. Le alture di Orgemonte di Sannois dominavano tutto il paese. La grande pianura che arriva a Nan-terre11 era vuota, tutta vuota, con i suoi ciliegi nudi e le sue terre grigie.

Indicando le cime Monsieur Sauvage mormorò: – Lassù ci sono i prussiani! El’inquietudine paralizzava i due amici davanti a quel paese deserto.

– I prussiani! – Non ne avevano mai visti, ma sentivano da mesi che erano lì,intorno a Parigi, a rovinare la Francia, a saccheggiare, a massacrare, ad affamare,invisibili e onnipotenti. E una specie di terrore superstizioso si univa all’odio cheprovavano per quel popolo sconosciuto e vittorioso.

Morissot balbettò: – E se ne incontrassimo qualcuno?Monsieur Sauvage, con l’ironia parigina che si ridestava malgrado tutto, ri-

spose:– Gli offriremmo una frittura di pesce.Ma esitavano ad avventurarsi nella campagna, intimiditi dal silenzio assoluto.Alla fine Monsieur Sauvage si decise: – Andiamo, in cammino! ma con cau-

tela –. E scesero in un vigneto, piegati in due, strisciando, approfittando dei ce-spugli per nascondersi, lo sguardo inquieto, l’orecchio teso.

Per raggiungere la riva del fiume rimaneva da attraversare una striscia di terranuda. Si misero a correre e, non appena ebbero raggiunto la sponda si rannic-chiarono tra le canne secche.

Morissot mise la guancia a terra per sentire se qualcuno camminava neiparaggi. Non udì nulla. Erano proprio soli, tutti soli.

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7. assenzio: tipico liquorefrancese a fortegradazione.8. mescita: spaccio dibevande.9. avamposto: nucleomilitare che precede glialtri allo scopo diintercettare il nemico.10. lasciapassare:permesso scritto chepermette di passareliberamente.11. Argenteuil ...Orgemont ... Sannois ...Nanterre: località neidintorni di Colombes.

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Si rassicurarono e si misero a pescare.Di fronte a loro, l’isola Marante abbandonata li nascondeva all’altra sponda.

La piccola costruzione del ristorante era chiusa, pareva in abbandono da anni.Monsieur Sauvage prese il primo ghiozzo.12 Morissot prese il secondo e ogni

minuto alzavano la lenza con un pesce d’argento che guizzava all’estremità delfilo: una vera pesca miracolosa.

Con delicatezza essi infilavano i pesci in una sacca di rete a maglie molto stretteimmersa nell’acqua ai loro piedi. E una gioia deliziosa li invadeva, la gioia cheprende quando si ritrova un piacere prediletto di cui si è privi da molto tempo.

Il buon sole gli rovesciava tra le spalle il suo tepore; essi non ascoltavanopiù nulla, non pensavano a nulla, ignoravano il resto del mondo, pescavano.

Ma ad un tratto un rumore sordo che pareva venir da sotto terra fece tre-mare il terreno. Il cannone si rimetteva a tuonare.

Morissot voltò la testa e, al di là della sponda, scorse giù in fondo, sulla sini-stra, la grande sagoma di Mont-Valérien, che aveva sulla fronte come un pen-nacchio bianco, una nuvola di polvere che aveva appena finito di sputare.

E subito un secondo getto di fumo partì dalla cima della fortezza; e dopoqualche istante una nuova detonazione rumoreggiò.

Poi altre ne seguirono, e a ogni momento la montagna gettava il suo alito dimorte, soffiava i suoi vapori lattei che si innalzavano lenti nel cielo calmo, for-mando sulla sua cima una nuvola.

Monsieur Sauvage alzò le spalle: – Eccoli che ricominciano, – disse.Morissot che guardava con ansia affondare in continuazione la piuma del suo

sughero,13 fu d’un tratto preso da un’ira di uomo pacifico verso quegli arrabbiatiche, combattevano così, e brontolò: – Ammazzarsi così! Si può essere più stupidi?

Monsieur Sauvage riprese: – Peggio delle bestie.E Morissot, che aveva preso un’alborella,14 affermò: – E dire che sarà sempre

così finché ci saranno dei governi.Monsieur Sauvage lo interruppe: – La Repubblica15 non avrebbe dichiarato la

guerra...Morissot lo fermò: – Con i re si ha la guerra all’esterno; con la Repubblica si

ha la guerra all’interno.E si misero tranquillamente a discutere sbrogliando i grandi problemi politici

con la loro sana mentalità di uomini pacifici e limitati, trovandosi d’accordo suun punto, e cioè che l’uomo non sarebbe mai stato libero. E il Mont-Valérientuonava senza tregua demolendo a colpi di cannone case francesi, cancellandovite, schiacciando esseri, mettendo fine a tanti sogni, a tante gioie attese, a tantefelicità sperate, aprendo in cuori di mogli, in cuori di figlie, in cuori di madri,laggiù, in altri paesi, sofferenze che non avrebbero avuto fine.

– È la vita, – affermò Monsieur Sauvage.– Dite piuttosto che è la morte, – riprese ridendo Morissot.Ma trasalirono spaventati, perché avevano sentito dei passi dietro di sé; e gi-

rando gli occhi scorsero, dritti alle loro spalle, quattro uomini, quattro uominialti armati e barbuti, vestiti come domestici in livrea e con berretti a visierapiatti, che li prendevano di mira con i fucili.

Le lenze sfuggirono loro dalle mani e cominciarono ad allontanarsi trasci-nate dalla corrente.

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12. ghiozzo: piccolo pescedi mare e d’acqua dolce.13. piuma del suo sughero:metodo di pesca cheutilizza una piuma (esca)attaccata a un pezzo disughero (galleggiante).14. alborella: altropesciolino d’acqua dolce.15. la Repubblica: laSeconda Repubblica (1848-52), a cui seguì il SecondoImpero.

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In pochi secondi furono presi, legati, trascinati, gettati in una barca e tra-ghettati sull’isola.

E dietro la casa che avevano creduto abbandonata, scorsero una ventina disoldati tedeschi.

Una specie di gigante villoso,16 che fumava, dondolandosi su una sedia, unagran pipa di porcellana, chiese loro in ottimo francese: – Be’, signori, avete fattobuona pesca?

Allora un soldato depose ai piedi dell’ufficiale la rete piena di pesci che avevaavuto cura di portare. Il prussiano sorrise: – Eh, eh, vedo che non andava male.Ma devo dirvi qualcos’altro. Ascoltatemi e non vi turbate.

– Secondo me, siete due spie mandate qui per sorvegliarmi. Io vi prendo e vifucilo. Facevate finta di pescare per nascondere meglio i vostri progetti. Sietecaduti nelle mie mani, peggio per voi; è la guerra.

– Ma siccome siete usciti dagli avamposti, avete certo una parola d’ordine perrientrare. Datemi la parola d’ordine e vi faccio grazia.

I due amici, lividi, l’uno accanto all’altro, con le mani agitate da un leggerotremito nervoso, tacevano.

L’ufficiale riprese: – Nessuno lo saprà mai, rientrerete tranquillamente. Il se-greto scomparirà con voi. Se rifiutate, è la morte, e subito. Scegliete.

I due rimanevano immobili senza aprir bocca.Il prussiano, sempre calmo, riprese tendendo la mano verso il fiume: – Pen-

sate che tra cinque minuti sarete in fondo a quest’acqua. Tra cinque minuti!Avrete pure una famiglia!

Il Mont-Valérien continuava a tuonare.I due pescatori restavano dritti e silenziosi. Il tedesco impartì degli ordini

nella sua lingua. Poi spostò la sedia per non trovarsi troppo vicino ai prigio-nieri; e dodici uomini vennero a schierarsi a venti passi, impugnando i fucili.

L’ufficiale riprese: – Vi do un minuto, neanche due secondi di più.Poi all’improvviso si alzò, si avvicinò ai due francesi, prese per il braccio Mo-

rissot, lo trascinò un po’ più in là e gli disse a bassa voce: – Presto, questa parolad’ordine? Il vostro amico non ne saprà niente, sembrerà che io mi sia commosso.

Morissot non rispose.Allora il prussiano trascinò Monsieur Sauvage e gli fece la stessa domanda.Monsieur Sauvage non rispose.Si ritrovarono uno a fianco dell’altro.E l’ufficiale cominciò a impartire gli ordini. I soldati alzarono le armi.Allora lo sguardo di Morissot cadde per caso sulla rete piena di ghiozzi, che

era rimasta nell’erba a qualche passo da lui.Un raggio di sole faceva brillare il mucchietto di pesci che ancora si muove-

vano. E un cedimento lo colse. Malgrado ogni sforzo, gli occhi gli si riempironodi lacrime.

Balbettò: – Addio, Monsieur Sauvage.Monsieur Sauvage rispose: – Addio, Monsieur Morissot.Si strinsero la mano percorsi dalla testa ai piedi da un tremito che non riusci-

vano a vincere.L’ufficiale gridò: – Fuoco!I dodici colpi fecero un unico fragore.

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16. villoso: peloso.

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Monsieur Sauvage cadde dritto, bocconi. Morissot, più alto di lui, oscillò,girò su se stesso e si abbatté di traverso sul suo amico, col viso rivolto al cielo,mentre fiotti di sangue gli uscivano dal giubbotto forato sul petto.

Il tedesco impartì degli altri ordini.Gli uomini si dispersero, poi tornarono con delle corde e dei sassi che attac-

carono ai piedi dei due morti; e li trasportarono sulla riva. Il Mont-Valérien nonla smetteva di tuonare e adesso era sovrastato da una montagna di fumo.

Due soldati presero Morissot dalla testa e dalle gambe; altri due afferra-rono nello stesso modo Monsieur Sauvage. I corpi, dondolati per un attimocon forza, furono lanciati lontano, descrissero una curva, poi si immersero,verticalmente, nel fiume, perché le pietre li tiravano giù per i piedi.

L’acqua schizzò, ribollì, fremette, poi sì calmò, mentre piccolissime onde ar-rivavano fino alle rive.

Un po’ di sangue galleggiava.L’ufficiale, sempre sereno, disse a mezza voce: – Adesso tocca ai pesci.17

Poi tornò verso la casa.E a un tratto scorse la rete dei ghiozzi tra l’erba. La raccolse, l’esaminò, sor-

rise, gridò: – Wilhelm! Accorse un soldato col grembiule bianco. E il prussiano, gettandogli la pesca

dei due fucilati, ordinò: – Friggimi subito queste bestiole finché sono ancoravive. Sarà delizioso.

Poi si rimise a fumare la pipa.Due amici, in Racconti e novelle, Einaudi, Torino 1968

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19517. tocca ai pesci:s’intende, cibarsi degliuomini.

La divisione in sequenze e la titolazione delle sequenzeProva a suddividere il testo in sequenze, tenendo presente che il passaggiodall’una all’altra può essere segnalato da una marca temporale o dal muta-mento di tipologia della sequenza. Attribuisci a ogni sequenza un titolo instile nominale.

I tipi di sequenzePer ognuna delle sequenze individuate, annota sul quaderno la tipologia,indicando l’aspetto prevalente.

Quale tipo di sequenze è più numeroso?

Fabula e intreccioTrasforma i titoli dati in una proposizione esplicita e, creando gli oppor-tuni collegamenti, ricostruisci l’intreccio della novella.

Riordina e trascrivi le proposizioni esplicite secondo un criterio cronolo-gico: avrai così la fabula del racconto.

In questa novella fabula e intreccio coincidono? Sì No

In caso di non coincidenza, qual è l’ordine delle sequenze nell’intreccio?7

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Lo schema della narrazioneOsservando la fabula, puoi riconoscere:1. Un antefatto. Sì No Se sì, quale?2. Una situazione iniziale. Sì No Se sì, quale?3. Una perturbazione. Sì No Se sì, quale?4. Una trasformazione o sviluppo degli eventi. Sì No Se sì, quale?5. Una Spannung. Sì No Se sì, quale?6. Uno scioglimento. Sì No Se sì, quale?7. Una situazione finale. Sì No Se sì, quale?

Indica gli elementi trovati con un titolo e il riferimento ai relativi righi.

Presentazione e caratterizzazione dei personaggiDa chi sono presentati i due personaggi protagonisti della vicenda?

Quale tipo di caratterizzazione trovi?

Quali elementi mette in luce la caratterizzazione?

Rappresentano dei valori? Sì No Se sì, quale?

Tipologia dei personaggi

La delineazione del carattere dei due protagonisti ti sembra semplice o ar-ticolata?

Li definiresti perciò: tipi caratteri

Noti qualche evoluzione del corso della vicenda?

Sono quindi: statici dinamici

Il sistema dei personaggi

Quali sono i personaggi principali della vicenda?

Ci sono personaggi secondari? Quali?

Ci sono comparse? Se sì, di chi si tratta?

Chi svolge il ruolo di aiutante dei due protagonisti?

Chi è l’antagonista?21

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