Le tecniche di laboratorio - alescatta.it · La quantità di aria aspirata viene regolata ruotando...

16
© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva L a conoscenza di alcune tecniche fondamenta- li di laboratorio è indispensabile per mettere a punto esperimenti di qualunque natura. Poiché ogni tecnica prevede l’uso di un apposito strumento, avremo cura volta per volta di spiegar- ne il funzionamento. Riscaldamento Come fonte di calore in laboratorio si può usare la fiamma diretta, il bagnoma- ria o semplicemente la piastra elettrica. La scelta dipende dalla temperatura desiderata, dalla velocità del riscaldamento e dalle misure di sicurezza. Becco Bunsen È un bruciatore di laboratorio che produce una fiamma a forma conica come è illustrato nella figura 1. Esso è alimentato a gas di città o a gas metano ed è provvisto di regolazione per l’aria e per il gas. Il gas entra nel bruciatore da un ugello posto alla base dell’ap- parecchio e l’erogazione è regolata da un rubinetto. Il flusso di gas provoca l’aspi- razione dell’aria attraverso una presa, a forma di manicotto forato, sistemata im- mediatamente sopra l’ugello di alimentazione e coassiale al tubo di miscelamento. canna del bruciatore miscela gas-aria ugello accesso dell'aria entrata del gas anello girevole con apertura 1500 1550 1550 500 300 °C zona ossidante riducente ossidante riducente ossidante 1 Schema di becco Bunsen semplice in ottone nichelato con regolatore d’aria e stabilizzatore di fiamma. A destra, le varie zone della fiamma. 5 Le tecniche di laboratorio 1

Transcript of Le tecniche di laboratorio - alescatta.it · La quantità di aria aspirata viene regolata ruotando...

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

La conoscenza di alcune tecniche fondamenta-li di laboratorio è indispensabile per metterea punto esperimenti di qualunque natura.

Poiché ogni tecnica prevede l’uso di un appositostrumento, avremo cura volta per volta di spiegar-ne il funzionamento.

RiscaldamentoCome fonte di calore in laboratorio si può usare la fiamma diretta, il bagnoma-ria o semplicemente la piastra elettrica.La scelta dipende dalla temperatura desiderata, dalla velocità del riscaldamentoe dalle misure di sicurezza.

Becco BunsenÈ un bruciatore di laboratorio che produce una fiamma a forma conica come èillustrato nella figura 1.Esso è alimentato a gas di città o a gas metano ed è provvisto di regolazione perl’aria e per il gas. Il gas entra nel bruciatore da un ugello posto alla base dell’ap-parecchio e l’erogazione è regolata da un rubinetto. Il flusso di gas provoca l’aspi-razione dell’aria attraverso una presa, a forma di manicotto forato, sistemata im-mediatamente sopra l’ugello di alimentazione e coassiale al tubo di miscelamento.

cannadel bruciatore

miscelagas-aria

ugello

accessodell'aria

entratadel gas

anello girevolecon apertura

1500

1550

1550

500

300

°C zona

ossidante

riducente

ossidante

riducente

ossidante

1 Schema di becco Bunsensemplice in ottone nichelatocon regolatore d’ariae stabilizzatore di fiamma. A destra, le varie zone della fiamma.

5 Le tecnichedi laboratorio

1

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

25 Le tecniche di laboratorio

La quantità di aria aspirata viene regolata ruotando il manicotto. Il becco Bun-sen consente di ottenere temperature molto elevate ma il controllo del riscalda-mento è solo approssimativo.Per evitare pericolosi surriscaldamenti locali, il recipiente di vetro o di porcellanava appoggiato su un diffusore (reticella metallica) sostenuto da un treppiede.

L’impiego a fiamma libera richiede attenzione e un certo addestramento ed è daevitare in presenza di sostanze infiammabili.

Istruzioni per l’usoChiudere completamente i fori di accesso dell’aria;collegare il tubo di gomma al rubinetto del gas sul banco di lavoro aprendola valvola completamente;accendere il bruciatore: la fiamma di colore giallo dovrà essere larga;aprire lentamente i fori di accesso dell’aria: quanto più si aprono, tanto piùla fiamma diventa incolore;quando il foro d’ingresso dell’aria è sufficientemente aperto, la fiamma pre-senta due zone nettamente distinte (schema a destra nella figura 1); la zonainterna è di colore azzurro chiaro e a forma di cono. Il punto a temperatura più elevata è appena al di sopra della parte superioredi questa zona.

c

d

c

b

a

Può capitare che il gas bruci all’interno della canna alla base del becco Bunsen,invece che alla sommità. Quando ciò accade la canna diventa molto calda e bi-sogna interrompere l’accesso di gas per uno o due minuti e poi riaccendere se-condo il procedimento già descritto.Sono disponibili anche becchi Bunsen di sicurezza particolarmente indicati perun laboratorio didattico. Essi sono muniti di valvola di sicurezza che interrompel’erogazione del gas nel caso di accidentale spegnimento della fiamma.

StufaÈ un armadio metallico, con pareti e porte accuratamente coibentate, che puòessere termostatato elettricamente fino a 250-300 °C e talvolta è munito di timer.La stufa viene utilizzata per essiccare delle sostanze solide e per asciugare la ve-treria, ma non per condurvi reazioni.

BagnomariaÈ una vasca in cui viene termostatata dell’acqua nella quale si immerge il reci-piente da riscaldare.Il riscaldamento è efficace e veloce, però si possono raggiungere solo temperatu-re relativamente basse (ca. 80 °C); questo tipo di riscaldamento viene preferito aquello a fiamma diretta per evitare nocivi surriscaldamenti per contatto dellafiamma che, oltre a provocare spruzzi, possono anche determinare indesideratifenomeni di decomposizione.

Piastra riscaldante e agitanteÈ un agitatore magnetico il cui piatto di supporto èdotato di una resistenza elettrica. I comandi e leregolazioni delle due funzioni sono indipendenti.Pertanto, l’apparecchio è idoneo a riscaldare solorecipienti a fondo piatto (beute o bicchieri).

2 Becco Bunsen di sicurezza.

3 Piastra riscaldante e agitante.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

35 Le tecniche di laboratorio

Raffreddamento

Essiccamento

Per operare a temperature inferiori a quella dell’ambiente, si ricorre all’uso di unbagno refrigerante in cui immergere il recipiente contenente la miscela che sivuole raffreddare. La sorgente fredda più utilizzata in un laboratorio didattico èsenz’altro l’acqua corrente (15-20 °C) in quanto è più che sufficiente per la mag-gior parte delle necessità. Quando invece sia necessario raggiungere temperaturepiù basse, il bagno refrigerante viene realizzato con la miscela frigorifera piùappropriata.Nella tabella sono riportate, a titolo di esempio, le temperature corrispondenti adalcune tipiche composizioni. Il ghiaccio viene frantumato in piccoli pezzi. Al finedi ottenere una migliore trasmissione del calore lo si mescola con poca acqua for-mando una poltiglia. La miscela di ghiaccio e sale viene preparata mescolando

ghiaccio finemente suddiviso concirca 1/3 del suo peso di clorurosodico. Introducendo biossido dicarbonio solido (ghiaccio secco)in metanolo, acetone oppure altrisolventi adatti si possono raggiun-gere temperature molto basse.

Temperatura (in °C) Bagno refrigerante1 Bagni refrigeranti e relative temperature di raffreddamento

0 ghiaccio–20 ghiaccio e sale–78 acetone e ghiaccio secco

–100 etere e ghiaccio secco

È il procedimento che permette l’allontanamento del solvente residuo trattenutoda un solido dopo filtrazione o da un liquido dopo estrazione.Noi prenderemo in esame soltanto l’eliminazione dell’acqua perché questa è in-dubbiamente la situazione più frequente, sebbene alcune delle tecniche propostesiano applicabili ad altri solventi.

Essiccamento di solidiIl procedimento più semplice consiste nel facilitare la vaporizzazione dell’acquaoperando a temperatura elevata oppure a pressione ridotta.La scelta fra i due metodi è dettata dalla stabilità termica del composto, il qualedeve possedere una tensione di vapore molto bassa. In caso contrario si deve ri-correre all’impiego di sostanze che abbiano per l’acqua un’affinità elevatissima:gli essiccanti.

Queste sostanze, anch’esse dei solidi, possono essere:

1) forme anidrificate di sali il cui reticolo cristallino più stabile ha un numerodefinito di molecole d’acqua (acqua di cristallizzazione).Per esempio:

Na2SO4 –––––>Na2SO4 · 10H2O

CaCl2 –––––>CaCl2 · 6H2O

CaSO4 · 0,5H2O –––––>CaSO4 · 2H2O

2) sostanze che reagiscono con l’acqua con formazione di un nuovo composto piùstabile. È il caso dell’anidride fosforica (P4O10), che dà luogo ad acido fosforico;

3) setacci molecolari, una famiglia di silicati caratterizzati da canali reticolari didimensioni e forme tali da poter trattenere selettivamente le molecole d’ac-qua che vi penetrano.

4 Un tipo di essiccatore.

2

3

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

45 Le tecniche di laboratorio

L’eliminazione residua dell’acqua dai solidi, impiegando agenti essiccanti, vienecondotta in un recipiente apposito, l’essiccatore, un vaso provvisto di coperchio atenuta.

Sul fondo si stende uno strato di essiccante, mentre il composto, distribuito su unvetro da orologio, viene sistemato su un piano forato di porcellana.Nel recipiente chiuso, l’essiccante assorbe dapprima il vapor d’acqua presentenell’aria; a sua volta questa, diventata più secca, favorisce l’evaporazione dell’ac-qua ancora presente nel solido.

Essiccamento di liquidiI liquidi vengono essiccati lasciandoli in contatto con essiccanti finemente suddi-visi e agitando energicamente.Gli essiccanti vengono poi separati per filtrazione.

Istruzioni per l’usoL’essiccamento a pressione ridotta richiede l’impiego di una pompa mecca-nica; l’uso della pompa ad acqua manterrebbe infatti il campione in un am-biente saturo di umidità;l’efficienza dei vari essiccanti è diversa, quindi la scelta va fatta in funzio-ne della quantità, assoluta e relativa, di acqua da allontanare;usare un eccesso di essiccante e scartare quello esaurito che avrebbe un ef-fetto nullo o addirittura opposto a quello desiderato;una volta essiccata, la sostanza va usata subito oppure va conservata in es-siccatore; lasciata all’aria riassumerebbe infatti umidità.

d

c

b

a

Punto di fusioneSi definisce punto di fusione la temperatura alla quale una sostanza solida si trovain equilibrio con il suo liquido. Esso è uno dei punti fissi di ogni sostanza pura e ilsuo controllo costituisce un utile criterio per stabilire il suo grado di purezza.

La determinazione del punto di fusione è di semplice esecuzione pratica.

Il metodo più comunemente utilizzato consiste nello scaldare una piccolissimaquantità di sostanza, ben asciutta, posta in un tubo capillare, utilizzando un

sistema che consente di leggere la temperatura allaquale avviene la fusione.

Il riempimento del capillare avviene nel modoseguente: una piccola quantità di sostanza ben seccaviene posta su un vetrino o su un pezzetto di carta dafiltro e dopo essere stata polverizzata con l’aiuto diuna spatolina metallica viene raccolta in una sorta dimucchietto.

L’estremità aperta del capillare viene immersa nelcampione aiutandosi, se necessario, con la spatolina.

Il solido così introdotto nell’estremità viene fatto scen-dere nel capillare battendo l’estremità chiusa di que-st’ultimo sul bancone o facendolo scivolare lungo unacanna di vetro in maniera tale che, rimbalzando ripe-tutamente, si agevoli la discesa della sostanza sul fondo.

aperturadel capillare

sostanza

il compostoè forzatonel capillare

il capillareviene fattocadere lungoil tuboe lasciatorimbalzare

5 Preparazione del capillare per il punto di fusione.

4

55 Le tecniche di laboratorio

termometro

il tappo sezionatotiene il termometrosenza crearesovrapressione

pinzadi sostegno

anello di gomma(sopra il livellodell'olio)

capillare conil composto

becco Bunsen

l'olio caldoascende

l'olio freddodiscende

6 Bagno di Thiele.

7 Apparecchio elettrico per la determinazione del punto di fusione.

L’apparecchio più diffuso per la determinazione del punto di fusione prende ilnome di bagno di Thiele e consiste in un tubo di vetro riempito con olio di silicone,scaldato con un becco Bunsen.

Il capillare contenente la sostanza da esaminare viene posto, aderente al bulbodi un termometro, dentro il bagno d’olio.

Seguendo il progressivo riscaldamento della sostanza, si annota la temperaturaalla quale avviene la fusione del solido.

È necessario che il riscaldamento avvenga all’ini-zio piuttosto rapidamente e poi, quando manca-no ancora 15 °C circa alla fusione, a una velo-cità di circa due gradi al minuto fino a fusionecompleta.

Si lascia raffreddare il bagno, si sostituisce ilcapillare e si ripete la determinazione per alme-no altre due volte, controllando la concordanzadei valori ottenuti.

Se la sostanza è pura l’intervallo di fusione dovràessere di non oltre 1-2 °C. La presenza di piccolequantità di impurezze infatti provoca di solito unaumento notevole di tale intervallo, in quanto lafusione inizia a un valore di temperatura piùbasso rispetto a quello previsto per la sostanzapura.

Oltre all’apparecchio già descritto, esistono incommercio strumenti più comodi e precisi, doveil riscaldamento viene effettuato elettricamente euna lente di ingrandimento, o addirittura unmicroscopio, permettono di osservare meglio ilprocesso di fusione.

termometro

capillare

finestradi osservazione

sorgenteluminosa

manopoladi controllo

interruttoreon-off

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

65 Le tecniche di laboratorio

FiltrazioneLa filtrazione è l’operazione che consente di separare una fase solida (precipitato)da una fase liquida (filtrato) in un sistema eterogeneo, mediante percolazione at-traverso un diaframma poroso (filtro) permeabile soltanto al liquido.Il materiale poroso è di solito la carta da filtro, disponibile in commercio in di-versi tipi che differiscono per le dimensioni dei pori.Nei casi in cui la carta può dar luogo a interazioni con le sostanze da trattare, siricorre a diaframmi di vetro poroso.Vi sono due metodi di filtrazione: filtrazione per gravità e filtrazione per aspirazione.

Filtrazione per gravitàÈ il tipo più semplice di filtrazione, che richiede una comune attrezzatura di labo-ratorio del tipo mostrato in figura. Se le particelle sono sufficientemente granulosela filtrazione non presenta difficoltà. Se le particelle sono molto fini, può accadere

che non vengano trattenute per interodai pori della carta da filtro e la soluzio-ne passa torbida.In tal caso è opportuno filtrare la solu-zione attraverso lo stesso filtro, i cui porisono stati ulteriormente rimpicciolitidalle stesse particelle.Se il filtrato continua a essere torbidononostante la doppia filtrazione, si ricor-re all’uso di aggreganti che vanno intro-dotti nella miscela prima della filtrazio-ne. Essi possono essere costituiti da pez-zetti di carta da filtro o da carbone ani-male in polvere.In questo caso, ovviamente, non è possi-bile recuperare il precipitato.

Filtrazione per aspirazioneQuesta tecnica viene utilizzata quando interessa raccogliere un precipitato cri-stallino separandolo dalla sua soluzione.

Invece dell’imbuto di vetro si utilizza l’imbuto di Büchner, che è un imbuto di por-cellana a fondo piatto forato sul quale viene posto un dischetto di carta da filtro.

Le dimensioni dell’imbuto devono essere rapportate alla quantità di precipitatoda raccogliere, il quale, in ogni caso, deve coprire interamente la superficie fil-trante dello stesso.

imbutoa gambo

corto

cono di cartada filtro

miscelada filtrare

soluzione privadi impurezze insolubili

sostegno

anellodi sostegno

beuta pulita

8 Un semplice schema di filtrazione per gravità.

9 Foto e disegno dell’imbuto di Büchner.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

5

75 Le tecniche di laboratorio

Per piccole quantità da filtrare, in alternativa all’imbuto di Büchner si può usarel’imbuto di Hirsch, che per le sue dimensioni verrà collegato a una provetta davuoto, come mostrato in figura 11a. L’apparecchiatura usata per produrre l’aspi-razione richiesta per questo tipo di filtrazione può essere una semplice pompa adacqua come quella schematizzata in figura 11b.

beuta davuoto pulita

tappo forato

cristalli

carta da filtro

piatto forato

pinza

sostegno

tuboda vuoto

tubidi gomma

ariaaspirata

dal sistema

direzionedell'acqua

aria +acqua

alla pompada vuoto

a) b)

10 Schema di filtrazione per aspirazione.

11 Imbuto di Hirsch con provettada vuoto (a) e pompa da vuotoad acqua (b).

CentrifugazioneLa centrifugazione permette di separare una fase solida immiscibile da una faseliquida o due liquidi immiscibili di densità diversa sfruttando la forza centrifuga.

L’apparecchio utilizzato in questo caso è la centrifuga, dove i campioni da tratta-re, posti in speciali provette, vengono sottoposti a velocità di rotazione di circa4000-5000 giri al minuto.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

6

85 Le tecniche di laboratorio

Per azione della forza centrifuga le particelle più pesanti vengono spinte verso ilfondo della provetta permettendo, in tal modo, la separazione della fase liquida(surnatante) dal solido (precipitato).

surnatante

precipitato

imbutoa gambo

lungo

cono di cartada filtro

soluzione bollentecontenente

le impurezzeinsolubili

soluzione privadi impurezzeinsolubili

capsula afondo piatto

sostegno

12 Schema di una centrifuga.

Il surnatante può essere allontanato prelevandolo con una pipetta, mentre il preci-pitato viene lavato per aggiunta di porzioni di solvente che verrà rimosso per ulte-riore centrifugazione.

CristallizzazioneLa cristallizzazione è una tecnica utilizzata per la purificazione delle sostanzesolide. Essa consiste nello sciogliere a caldo il composto impuro, filtrare le impu-rezze insolubili e lasciare raffreddare fino a quando dalla soluzione satura preci-pita il composto sotto forma di cristalli.Le impurezze non cristallizzano in quanto la loro concentrazione è talmentebassa da non raggiungere la condizione di saturazione.Per una corretta cristallizzazione è importante scegliere l’opportuno solvente chedeve avere la proprietà di sciogliere il composto a caldo e non a freddo e di solu-bilizzare a freddo le impurezze.

13 Purificazione di una sostanza per mezzo della cristallizzazione.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

7

95 Le tecniche di laboratorio

La scelta del solvente da utilizzare viene effettuata di solito per via empiricasfruttando il vecchio principio che “il simile scioglie il suo simile”, il che significache una sostanza si scioglie quando è chimicamente affine al solvente. In ognicaso, il solvente non deve mai interagire chimicamente con il soluto.Quando non si trova il solvente ottimale si può ricorrere anche a miscele di sol-venti la cui composizione viene determinata per tentativi fino a trovare quellache risulta più adatta alla cristallizzazione.Il procedimento operativo di tale metodica è riportato nella scheda di labora-torio Purificazione per cristallizzazione.

EstrazioneIl processo di estrazione permette di trasferire un composto da una fase liquidanella quale si trova sospeso o disciolto a un’altra fase liquida. Mediante talemetodica, pertanto, è possibile separare vari componenti di una miscela dicomposti organici da una soluzione acquosa o da una sospensione con unopportuno solvente organico che abbia la proprietà di essere immiscibile conl’acqua.I solventi più comunemente utilizzati sono: l’etere etilico, l’etere di petrolio,l’esano, l’acetato di etile ecc. che hanno tutti una densità minore di quelladell’acqua, oppure il cloroformio e il tetracloruro di carbonio che sono più densidell’acqua.La scelta del solvente è dettata non solo da esigenze di solubilità, ma soprattuttodalla facilità con cui può essere rimosso dal soluto e dall’inerzia chimica chepresenta nei confronti del composto da estrarre.Il principio su cui si basa l’estrazione è la legge di ripartizione di Nerst, secondo cui:

in condizioni di equilibrio il rapporto tra le concentrazioni di un solutodistribuito fra due fasi liquide immiscibili tra loro è costante quando la temperatura è mantenuta costante.

Tale rapporto rappresenta il coefficiente di ripartizione o di distribuzione, il cuivalore K è indipendente dai volumi di solvente usati, dipende dalla temperaturaed è legato alla solubilità del soluto nella coppia di liquidi utilizzati.Il coefficiente K è espresso dalla relazione:

K =

dove:CA = concentrazione del soluto nel solvente meno denso (fase superiore);CB = concentrazione del soluto nel solvente più denso (fase inferiore).

CACB

etere

H2O + soluto

fase A

fase B

H2O + soluto

etere

14 Ripartizione di un soluto tra due fasi liquide immiscibilitra loro.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

8

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

105 Le tecniche di laboratorio

Distillazione

L’apparecchiatura utilizzata per l’estrazione è l’imbutoseparatore che, come si vede nella figura, è un semplicecontenitore di vetro che consente il contatto diretto tra ledue fasi non miscibili e quindi il passaggio della sostanzada una fase all’altra e la successiva stratificazione delle duefasi nonché la finale separazione in due diversi contenitori.Affinché si abbia un’estrazione completa è necessariotrattare ripetutamente la soluzione acquosa con aliquote disolvente puro che verranno riunite e sottoposte adistillazione fino a ottenere la sostanza estratta.Quest’ultima necessita di una ulteriore purificazione, chepuò essere effettuata per cristallizzazione se si tratta disostanza solida o distillazione se si tratta di sostanza liquida.

fase acquosacon sostanzada estrarre

estraente

15 Imbuto separatore.

termometro

condensatore

entrataacqua

uscitaacqua

pallonedi distillazione

pallonedi raccolta

mezzodi riscaldamento

bagnoa ghiaccio

La distillazione è una delle principali tecniche di purificazione molto usata inlaboratorio per separare composti liquidi attraverso un processo di evaporazionee condensazione.La fase liquida viene portata all’ebollizione per riscaldamento e trasformata invapore, il quale a sua volta, passando attraverso un refrigerante, viene condensa-to e raccolto come distillato.Esistono diverse tecniche di distillazione le cui caratteristiche variano a secondadei composti da separare. Esse verranno descritte di seguito.

Distillazione a pressione ordinariaÈ detta anche distillazione semplice e viene utilizzata per separare liquidi, con puntidi ebollizione al di sotto di 150 °C, da impurezze non volatili oppure da un altroliquido che abbia un punto di ebollizione che differisce almeno di 25 °C dal primo.L’apparecchiatura utilizzata è quella riportata in figura 16.

16 Apparato di distillazionesemplice.

9

115 Le tecniche di laboratorio

Come si vede, la caldaia di distillazione è costituita da un pallone che si riempieper metà circa del suo volume: volumi eccessivamente maggiori, infatti, tratter-rebbero una quantità di miscela di partenza eccessiva, mentre volumi minoripotrebbero provocare indesiderati riflussi del liquido in ebollizione.L’ebollizione deve risultare regolare e non tumultuosa e tale da consentire unadistillazione lenta e costante; a tal fine risulta molto utile aggiungere alla miscelain caldaia cocci di porcellana o di pomice che, grazie alla loro porosità, rendonoregolare e continua l’ebollizione.Come fonte di calore bisogna evitare il becco Bunsen nel caso in cui sia in pre-senza di sostanze infiammabili; esistono comunque mantelli elettrici riscaldantidi forma e volume adeguati a quelli della caldaia.

Per quanto riguarda l’esecuzione della tecnica di distillazione semplice si riman-da alla scheda di laboratorio Distillazione.

Distillazione frazionataÈ utilizzata per separare miscele di due o più componenti liquidi con temperatu-re di ebollizione che differiscono tra loro meno di 25 °C.L’apparecchiatura utilizzata è rappresentata in figura 17 e differisce da quelladescritta per la distillazione semplice per la presenza di una colonna di rettifica.

Essa serve per ottenere che i due processi di evaporazione e di condensazioneavvengano ripetutamente al suo interno in maniera da consentire una miglioreseparazione di liquidi i cui punti di ebollizione sono talmente vicini da non poteressere separati attraverso un unico processo di evaporazione-condensazione.

Due sono i tipi di colonne di rettifica di solito adoperate in laboratorio: la colonnadi Vigreux e la colonna a riempimento.

termometro

condensatore

raccordodi Claisen

porcellino

colonna diVigreux

colonna ariempimento

pallonedi distillazione

mezzodi riscaldamento

entrataacqua

uscitaacqua

17 Apparato per la distillazione frazionata.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

125 Le tecniche di laboratorio

La colonna di Vigreux è un semplice tubo di vetro che presenta numerose rien-tranze puntate verso il basso sulle quali avvengono gli scambi tra la fase liquida ela fase di vapore.

La colonna a riempimento, invece, è un tubo di vetro riempito con palline oanelli di vetro che hanno la funzione di aumentare enormemente la superficie dicontatto tra il vapore e il liquido con il vantaggio di accrescere l’efficacia del fra-zionamento.

Oltre alle due tecniche già descritte esistono altre tecniche che, per gli scopididattici di questo testo, descriveremo soltanto in termini generali.

Distillazione a pressione ridottaÈ utilizzata per separare liquidi con punti di ebollizione superiori ai 150 °C. Lapressione ridotta in questo caso abbassa la temperatura di ebollizione consenten-do anche la separazione di sostanze altobollenti che, in quelle condizioni di tem-peratura, potrebbero subire alterazioni.

Distillazione in corrente di vaporeViene usata per la purificazione di composti liquidi immiscibili con l’acqua chepresentano temperature di ebollizione intorno ai 100 °C.Generalmente, la distillazione in corrente di vapore viene usata per compostitermolabili o per liquidi che presentano temperature di ebollizione particolar-mente elevate.

Cromatografia

pigmentida separare

gesso

solvente

18 Esperienza di Tswett.

La cromatografia è una particolare tecnica di separazione così chiamata inquanto per la prima volta è stata utilizzata per separare i pigmenti coloratiestratti dalle foglie.

Tale tecnica è stata messa a punto dal botanico russo M. Tswett, il quale utilizzòuna colonna di vetro contenente gesso finemente suddiviso con un rubinetto sulfondo. Egli versò in cima alla colonna l’estratto concentrato dei pigmenti da sepa-rare lasciandoli adsorbire sulla polvere di gesso, che costituisce la fase stazionaria.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

10

135 Le tecniche di laboratorio

Ciascun componente in tal modo si sarebbe legato al gesso più o meno tenace-mente a seconda della sua costituzione chimica.

Per riottenere i vari componenti Tswett fece passare attraverso la colonna eteredi petrolio, che costituisce la fase mobile.Poiché, come si è detto, i vari componenti vengono adsorbiti in modo differentesulla fase stazionaria, ognuno di essi, per effetto della eluizione, migrava convelocità diversa verso l’uscita della colonna con conseguente separazione daglialtri.L’effetto che si poteva osservare era la formazione di bande separate di diversicolori, da cui il nome cromatografia.

Tale termine è utilizzato anche per la separazione di sostanze non colorate e ingenerale si riferisce a tutte le tecniche che permettono la separazione di misceledi composti sfruttando la differente velocità di migrazione dei componenti lungouna fase stazionaria, sotto l’azione di una fase mobile.

La fase stazionaria può trovarsi all’interno di una colonna o distesa su unasuperficie e trattiene i vari componenti da separare per adsorbimento nel caso diun solido o per solubilità se si tratta di un liquido.

La fase mobile può essere un liquido oppure un gas che passando attraverso lafase stazionaria trascina, dopo averli sciolti, i componenti della miscela. Si verificacioè un trasferimento dei soluti dalla fase stazionaria a quella mobile e viceversa;la velocità di spostamento dipenderà dalla differenza di affinità per le due fasi.

Esistono vari tipi di cromatografia che differiscono per la natura della fase stazio-naria e della fase mobile: di solito vengono distinti in cromatografia di adsorbimento,cromatografia di ripartizione, cromatografia a scambio ionico, cromatografia a filtrazione di gel.

Per gli scopi didattici di questo testo limiteremo la trattazione soltanto alla cro-matografia di adsorbimento.

Cromatografia di adsorbimentoPer questo tipo di tecnica la fase stazionaria è costituita da un solido che, a causadelle interazioni attrattive con la sostanza, presenta un’elevata capacità adsorbente.

L’adsorbimento deve essere reversibile e non deve provocare alterazioni sullesostanze da separare.

La forza dell’adsorbimento sulla fase stazionaria dipende, oltre che dall’affinitàdi quest’ultima con le sostanze da separare, anche dalla granulometria del solido

adsorbente e dalla sua area superficiale.

Gli adsorbenti sono normalmente divisi in polari enon polari; la polarità è, infatti, il parametro piùimportante da cui dipende l’entità dell’adsorbi-mento.

Tra gli adsorbenti polari solidi ricordiamo l’allumi-na e la silice; come adsorbente non polare normal-mente si usa il carbone finemente suddiviso. Lemolecole polari saranno trattenute maggiormentedai substrati polari e il tempo di eluizione saràtanto più lungo quanto maggiore è la polarità.

lanadi vetro

settoporoso

adsorbente

colonna

19 Colonna per cromatografia.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

145 Le tecniche di laboratorio

Pertanto, si può empiricamente determinare un ordine approssimativo disequenza di uscita che dipende esclusivamente dalla polarità dei componentidella miscela:

idrocarburi saturi < idrocarburi insaturi < eteri < esteri < aldeidi e chetoni <ammine < alcoli < acidi.

Normalmente l’adsorbente viene posto in una colonna di vetro rastremata versoil basso in modo tale da favorire la raccolta dell’eluato. Al fondo della colonnaviene posto un setto poroso o della lana di vetro che ha lo scopo di trattenere lafase stazionaria. La colonna termina con un rubinetto che serve per interrompe-re l’uscita dell’eluato tutte le volte che inizia a uscire una nuova frazione.

I solventi comunemente usati come fase mobile sono riportati in tabella.

L’andamento di una cromatografia su colonna di un’ipotetica miscela di compo-nenti A, B e C può essere rappresentato dallo schema in figura 20, dove è benevidenziato lo stadio iniziale dell’analisi (a) in cui la miscela è posta all’iniziodella colonna, gli stadi intermedi (b) e (c) nei quali i componenti, migrando convelocità diverse, si separano in bande ben distinte e la fase finale (d) in cui siosserva la separazione completa e l’uscita del primo componente.

A+B+C

a)

eluente

b)

A

c)

B

C

A

d)

B

C

AB

C

20 Esempio di separazione di una miscela A+B+C per cromatografia su colonna.

Temperatura (in °C) Bagno refrigerante2 Solventi in ordine di polarità crescente

1 esano, eteri di petrolio2 eptano3 cicloesano4 tetracloruro di carbonio5 benzene6 toluene7 cloroformio8 etere dietilico

9 acetato di etile10 piridina11 acetone12 propanolo13 etanolo14 metanolo15 acqua16 miscela di acidi o basi

con acqua, alcoli o piridina

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

155 Le tecniche di laboratorio

Una particolare versione della cromatografia di adsorbimento è la cromatografia sustrato sottile, TLC (Thin Layer Chromatography), dove, al pari di quella su carta,il processo di separazione avviene su una superficie piana su cui i componentiseparati vengono esaminati.

La fase stazionaria è costituita da un sottile strato di materiale finemente suddi-viso su una lastra di supporto di vetro, plastica o metallo mentre la fase mobile simuove attraverso la fase stazionaria per capillarità. Gli adsorbenti più usati sonoil gel di silice, l’allumina, i silicati e il carbone attivo.

La fase mobile viene scelta in funzione delle sostanze da separare. La miscela daesaminare viene sciolta in un solvente e con l’ausilio di un capillare viene carica-ta in un punto della piastra distante almeno un centimetro dal bordo inferiore.

Dopo l’evaporazione del solvente, la piastra viene sviluppata all’interno di unavaschetta cromatografica costituita da un recipiente di vetro dotato di un coper-chio a tenuta.

Il solvente che in colonna eluiva per gravità, dall’alto verso il basso, in questocaso migrerà per capillarità dal basso verso l’alto, consentendo, con lo stessoprincipio visto per la cromatografia su colonna, la migrazione differenziata deivari componenti della miscela.

3

A B

miscela

sostanze caricate su unapiastrina cromatograficatramite un sottile capillaredi vetro

miscelamiscela

sostanze campionisciolte in un solvente

A B

A B

1 2

21 Caricamento di sostanze su lastracromatografica.

22 Vaschetta cromatografica.

© 2010 RCS Libri S.p.A. - Tramontana - Salvatore Passannanti - Carmelo Sbriziolo, Chimica interattiva

165 Le tecniche di laboratorio

Nel caso della cromatografia su strato sottile il movimento di ciascuna sostanzarispetto al fronte del solvente è una proprietà caratteristica della sostanza e vienedefinito come:

Rf = distanza percorsa dalla sostanzadistanza percorsa dal solvente

Per quanto riguarda l’esecuzione di questa tecnica sperimentale si rimanda allascheda di laboratorio Cromatografia su strato sottile.

RfB =

A B miscela

fronte del solvente

c

ab

RfA =ac

bc

A B miscela A B miscela

fronte del solvente

23 Lastra TLC su cui sono statecaricate le sostanze A, B e unamiscela di A+B, con relativosviluppo cromatografico.

24 Sistema per misurare l’Rf.