Le storie infinite. Leggere il museoLe storie infinite. Leggere il museo Enrica Pagella Umberto...

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1 Città di Torino, ITER - I martedì dell’arte - febbraio - marzo 2013 Le storie infinite. Leggere il museo Enrica Pagella Umberto Magnoni, direttore di ITER, introduce l’incontro ponendo l’attenzione sulla particolare e specialissima relazione che esiste tra il museo e il suo territorio: il museo è un luogo dove la comu- nità si riconosce e si ritrova. I musei sono i custodi non solo della grande Storia ma anche della nostra memoria locale, culturale e territoriale. La relatrice Enrica Pagella, direttrice di Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica di Torino, si ricollega all’introduzione del direttore ponendo l’attenzione sulla vocazione di un museo in quan- to museo pubblico, pensato per i suoi visitatori anche nella scelta degli allestimenti. Anche un grande museo classico come Palazzo Madama si inter- roga su quali linguaggi e su quali strumenti sia meglio utilizzare per proporre le collezioni attra- verso strade che non siano solo squisitamente disciplinari. La fortuna ma anche la sfortuna di Palazzo Madama è di essere una struttura complessa, un edificio realizzato in epoche differenti che ha assunto nel corso dei se- coli funzioni diverse di cui porta ancora traccia (fig. 1): porta de- cumana nel I sec. d.C., castello nel medioevo, residenza princi- pesca con una grandiosa facciata barocca, sede di diverse istituzioni e oggetto di diversi restauri tra Ottocento e Novecento. Palazzo Madama è quindi una residenza prima di divenire Museo. Diventa sede espositiva solo nel 1934 ma la struttura a U, ben definita a priori, complica la possibi- lità di percorsi di visita lineari che non facciano ritornare i visitatori un po’ sui loro passi. La fortuna fig. 1

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Città di Torino, ITER - I martedì dell’arte - febbraio - marzo 2013

Le storie infinite. Leggere il museo

Enrica Pagella

Umberto Magnoni, direttore di ITER, introduce l’incontro ponendo l’attenzione sulla particolare e

specialissima relazione che esiste tra il museo e il suo territorio: il museo è un luogo dove la comu-

nità si riconosce e si ritrova. I musei sono i custodi non solo della grande Storia ma anche della

nostra memoria locale, culturale e territoriale.

La relatrice Enrica Pagella, direttrice di Palazzo Madama - Museo Civico d’Arte Antica di Torino,

si ricollega all’introduzione del direttore ponendo l’attenzione sulla vocazione di un museo in quan-

to museo pubblico, pensato per i suoi visitatori anche nella scelta degli allestimenti.

Anche un grande museo classico

come Palazzo Madama si inter-

roga su quali linguaggi e su quali

strumenti sia meglio utilizzare

per proporre le collezioni attra-

verso strade che non siano solo

squisitamente disciplinari. La

fortuna ma anche la sfortuna di

Palazzo Madama è di essere una

struttura complessa, un edificio

realizzato in epoche differenti

che ha assunto nel corso dei se-

coli funzioni diverse di cui porta

ancora traccia (fig. 1): porta de-

cumana nel I sec. d.C., castello

nel medioevo, residenza princi-

pesca con una grandiosa facciata barocca, sede di diverse istituzioni e oggetto di diversi restauri tra

Ottocento e Novecento. Palazzo Madama è quindi una residenza prima di divenire Museo.

Diventa sede espositiva solo nel 1934 ma la struttura a U, ben definita a priori, complica la possibi-

lità di percorsi di visita lineari che non facciano ritornare i visitatori un po’ sui loro passi. La fortuna

fig. 1

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di questa complessità è però la grande ricchezza di

storia e di disegni che questo edificio ci tramanda.

Nel 1934 sono confluite nel Palazzo le collezioni

del Museo Civico, aperto al pubblico nel 1863 nei

pressi della Mole Antonelliana (fig. 2): si tratta di

un patrimonio enorme che raccoglieva testimonian-

ze dal medioevo all’Età Moderna. Nel 1895 la

sezione di Arte Moderna, oggi nota come GAM, la-

sciò gli spazi di via Gaudenzio Ferrari, per

trasferirsi in un padiglione di corso Siccardi (oggi

corso Galileo Ferraris) costruito per un’esposizione

temporanea e destinato ad essere bombardato du-

rante le Seconda Guerra Mondiale; recentemente

dalle collezioni di Arte Antica ha preso avvio il

Museo d’Arte Orientale.

L’assenza di spazi neutri espositivi obbligò Vittorio Viale (1891-1977), grande direttore del museo,

a organizzare le collezioni in maniera compatibile con gli ambienti del palazzo (figg. 3-4): questo

tipo di contiguità è una delle caratteristiche del nostro museo, ma non si verifica sempre.

Nei percorsi di Palazzo Madama l’intreccio tra opera e sfondo va sempre controllato, curato e colto.

Un altro elemento fondamentale perché ci sia museo, oltre alla sede espositiva e alle collezioni, è il

pubblico, in linea con le indicazioni dell’ICOM (International Council of Museums) secondo cui “la

fruibilità del patrimonio è una condizione necessaria perché si possa parlare di Museo”. Diventa

imprescindibile studiare le caratteristiche dei visitatori del museo.

Dall’apertura del museo è stato studiato un campione di pubblico di circa 5.000 persone da cui sono

stati ricavati alcuni dati e indicazioni interessanti per pensare a un museo diverso, un museo più

comprensibile sia nella comunicazione testuale (didascalie, schede di approfondimento, segnaleti-

ca), sia nei suoi allestimenti (figg. 5-6).

fig. 2

fig. 3 fig. 4

fig. 5 fig. 6

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Ma come si costruisce un museo?

Due sono le linee di lavoro: l’ordinamento e l’allestimento. L’allestimento non è altro che il collo-

care l’oggetto in rapporto allo spazio (situarlo dentro o fuori una vetrina, scegliere la luce, l’altezza,

il supporto…); l’ordinamento stabilisce invece in quale punto dello spazio va collocato l’oggetto,

prima di cosa e dopo di cosa. L’ordinamento si realizza in base alla catena di valori che gli oggetti

rappresentano all’interno di un discorso complessivo; per utilizzare un’immagine tratta da altri am-

biti disciplinari, è come una frase, un fraseggio musicale, in cui gli oggetti sono articolati dentro un

ritmo che deve avere degli snodi, dei crescendo, delle pause, e che deve arrivare a una naturale con-

clusione.

Il museo si scrive avendo un’immagine visiva: il museo è quindi un luogo di visione.

La nostra relatrice ci racconta nel dettaglio qual è stata la visione che ha portato a definire gli alle-

stimenti del Palazzo Madama illustrandoci con alcune slides le problematiche e i vincoli

dell’edificio storico. L’idea guida del percorso cronologico si riflette sull’organizzazione delle ope-

re collocate su quattro piani lungo un asse verticale dal basso (più antico) verso l’alto (più

moderno). L’accesso al museo avviene però al piano terreno e il pubblico appena entrato in museo

si ritrova così a metà del percorso, nel periodo tra Gotico e Rinascimento: se desidera seguire

l’ordine cronologico deve scendere e raggiungere il medioevo… Conclusione: non è sempre facile

per il pubblico orientarsi in un museo con una struttura storica vincolante.

Come si può dunque leggere il museo?

Si può iniziare scendendo al piano del Fossato e seguire la narrazione cronologica del museo, po-

nendo attenzione alla differenti modalità di rappresentazione della realtà contemporanea alle opere

presentate. La lettura per tappe a tema è un’altra modalità per attraversare il museo: si può scegliere

un tema come ad esempio la raffigurazione della Madonna con il Bambino, il paesaggio, la figura

dei santi o il ritratto e seguirne la sua trasformazione nel tempo e nel percorso del museo.

La scelta delle didascalie che accompagnano le opere è anch’esso il frutto di un’attenta riflessione

sulla quale ci si interroga però continuamente. L’idea d’apprendimento non è solo logica di parole

scritte, di opuscoli e didascalie ma desiderio di attraversare le emozioni, le percezioni, di suscitare

fig. 7

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meraviglia nel pubblico, di connettersi con il mondo dell’immaginario, una modalità che rende

l’esperienza indimenticabile, unica.

Un’altra via per leggere il museo è cogliere il carattere di unicità che si sviluppa nei tre diversi piani

della Torre Tesori dove abbiamo collocato opere speciali per il museo: Antonello da Messina e il

Libro d’Ore di Jean de Berry (Piano Terra, fig. 7); il tesoro tardo-romano di Desana e alcuni oggetti

mesoamericani (Piano Fossato, fig. 8); una selezione di oggetti provenienti dalla Camera delle Me-

raviglie dei duchi di Savoia (Primo Piano). Sono tutti oggetti che richiedono infatti uno spazio

dedicato dove si può sprigionare la loro bellezza e la loro unicità. Uno spazio che offre un ambiente

più consono alla contemplazione della bellezza.

La cultura visiva, ci ricorda la nostra relatrice, caratterizza il museo: gli oggetti si possono solo ve-

dere, non si possono toccare, non si possono portare a casa o posare in qualsiasi luogo. L’unico

modo per appropriarsi di un oggetto è quello di vederlo. E’ quindi importante educare lo sguardo di

chi guarda. Quando si incomincia a vedere è una gioia grandissima, una gioia alla quale difficil-

mente ci si sottrae. Ma come si può arrivare a vedere?

Si può partire ad esempio dalla conoscenza delle materie (il vetro, il legno, i materiali preziosi), dal-

le qualità proprie di ciascuna materia (trasparenza, leggerezza, eleganza) o dal riconoscimento delle

materie meno note (corallo, osso, avorio, madreperla, pietre dure colorate). La complessità materi-

ca, polimaterica è tipica di molte opere d’arte anche contemporanee, e il suo riconoscimento non è

così scontato.

Il museo è anche pozzo di linguaggio: i bambini sono putti, gli svolazzi si trasformano in draghi e

creature fantastiche e così via. Bisogna sforzarsi di dirlo e di farlo dire ai ragazzi.

Un’altra strada di lettura del museo è l’iconografia. Se si riesce a dare al pubblico la capacità di de-

codificare alcuni elementi presenti nelle opere e di permetterne il riconoscimento, la sensazione di

piacere che si procura è grandissima. Ogni santo, ad esempio, ha il suo elemento caratterizzante che

ricompare nelle differenti opere: una sega, una clava, una chiave… Si offre un kit di elementi, una

grammatica di segni che aiutano il pubblico ad ampliare i propri strumenti di lettura del museo e a

orientarsi.

Infine ci sono tre buone regole da applicare nell’avvicinarsi al museo.

1. Bisogna partire da qualcosa che si conosce, da un’esperienza personale.

2. Bisogna mettere in gioco se stessi. Ognuno di noi come educatore deve partire da se stesso,

se una cosa piace a me facilmente piacerà anche a qualcun altro. So come trasmettere

l’esperienza del piacere, perché anch’io l’ho attraversata.

3. Il presente viene prima del passato. Proviamo a partire da oggi.

fig. 8

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Come raccontare una storia al Museo?

La nostra relatrice ci racconta alcune storie sperimentali che accompagnano opere, oggetti o spazi

in mostra al museo, contestualizzandole nelle storie del loro tempo e rendendoli viventi e parlanti. I

dettagli emergono e catturano lo sguardo e l’interesse del nostro pubblico. Ecco alcune di queste

storie sperimentali:

- La lingua del museo: la storia della parola ‘Gabinetto’ e i ‘Cabinet’ presenti a Palazzo Madama o

la storia di un tessuto particolare, il ‘Damasco’

- Essere stranieri nel V secolo d.C. Il tesoro di Desana: è un tesoro composto di oggetti di piccole

dimensioni e rarissimi: cucchiai, gioielli, tre anelli nuziali di cui uno in oro massiccio che risale al V

secolo circa e che reca incisi due nomi:

Stefanus e Valatruda (fig. 9).

Quello dell’uomo è un nome latino,

mentre quello della sposa è germanico,

probabilmente goto (Waltrud).

Quest’oggetto è la testimonianza di un

matrimonio misto tra barbari e latini.

All’epoca questi matrimoni erano tanto

vietati quanto diffusi: questo oggetto

racconta una storia di una famiglia e di

interesse molto particolare. L’anello nu-

ziale diventa un simbolo visivo che aiuta

a ricordare in maniera semplice ma effi-

cace un pezzo della nostra storia.

- Essere uomini del Rinascimento: il ritratto di Antonello da Messina (fig. 10), tesoro di Palazzo

Madama, è indicativo del suo tempo. Gli abiti sono eleganti ma fondamentalmente essenziali, lo

sfondo nero parla del tentativo di astrazione del pittore,

senza distrazione alcuna: la sfida è il cappello nero che si

staglia sul nero dello fondo…

E così, dettaglio dopo dettaglio, continua la seducente nar-

razione della nostra relatrice.

- Sfidare la Cina nel Cinquecento:

a partire dal vaso Medici la nostra

relatrice ci accompagna alla scoper-

ta della storia di questo rarissimo ed

interessante oggetto. Il vaso Medici

(fig. 11) fu il primo tentativo euro-

peo di produrre porcellana e non

solo più maiolica come fino allora

si faceva, cercando di sfidare la

produzione di porcellana cinese.

- Le radici del futuro: nelle sale che si aprono sul fossato e sul Giardino Medievale, sono conservati

due piatti molto particolari che fanno parte di quella sezione del museo chiamata Depositi Aperti. I

piatti ci raccontano un’interessante storia di evoluzione del design grazie a un’intuizione e a

un’interpretazione di Roberto Sambonet (1924-1995) che nel 1973 ideò il piatto Blue Contempora-

ry, una rilettura in chiave moderna del tradizionale servizio danese “Blue fluted”, o meglio, come

fig. 9

fig. 10 fig. 11

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scrisse egli stesso, una traduzione, “in una sintesi astratta partendo dai decori della Compagnia delle

Indie a fiori di ciliegio, di origine settecentesca” (figg. 12-13).

Un museo non è mai fermo, è una

realtà dinamica anche se tutto ci

sembra immobile.

Diventa importante riuscire a

mantenere l’anima che caratteriz-

za ogni museo nel suo proporsi al

mondo, nel suo relazionarsi agli

altri in un andamento e in un

equilibrio sempre dinamico.

Numerose le domande di approfondimento e le manifestazioni di interesse per i contenuti appassio-

nati dell’intervento della relatrice. Nasce spontaneo il desiderio di confrontarsi ancora sugli

argomenti trattati e di pensare a forme di collaborazione tra il mondo del museo e il mondo

dell’educazione, costruendo conversazioni operative che agevolino l’incontro tra la disciplina e la

sua comunicazione al mondo.

restituzione a cura di Manuela Ravecca, redazione di ITER

fig. 12 fig. 13