LE PROFEZIE NELLA Scusate, avevamo in mente unaltra categoria di profezie… A cura di Yuri e...

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LE PROFEZIE NELLA Scusate, avevamo in mente un’altra categoria di profezie…

A cura di Yuri e Matteo

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Nella Divina Commedia di Dante uno dei temi rilevanti è quello delle profezie. Durante il suo viaggio nei tre regni ultraterreni al poeta verranno annunciati avvenimenti futuri da diversi personaggi.

Il percorso delle predizioni culmina nel XVII canto del Paradiso in cui l’avo di Dante,

Cacciaguida, annuncia chiaramente il destino al quale andrà incontro il poeta.

Caratteristica di ogni profezia è il carattere oscuro, tradizione risalente all’antichità, ovvero ai libri sibillini e ai

responsi degli oracoli, come quello di Delfi, e la conseguente necessità di una chiave interpretativa.

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Qual venne a Climenè, per accertarsidi ciò ch'avëa incontro a sé udito,quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;        3

tal era io, e tal era sentitoe da Beatrice e da la santa lampache pria per me avea mutato sito.        6

Per che mia donna «Manda fuor la vampadel tuo disio», mi disse, «sì ch'ella escasegnata bene de la interna stampa:        9

non perché nostra conoscenza crescaper tuo parlare, ma perché t'ausia dir la sete, sì che l'uom ti mesca».        12

«O cara piota mia che sì t'insusi,che, come veggion le terrene mentinon capere in trïangol due ottusi,        15

così vedi le cose contingentianzi che sieno in sé, mirando il puntoa cui tutti li tempi son presenti;        18

mentre ch'io era a Virgilio congiuntosu per lo monte che l'anime curae discendendo nel mondo defunto,        21

dette mi fuor di mia vita futuraparole gravi, avvegna ch'io mi sentaben tetragono ai colpi di ventura;        24

per che la voglia mia saria contentad'intender qual fortuna mi s'appressa:ché saetta previsa vien più lenta».        27

Così diss' io a quella luce stessache pria m'avea parlato; e come volleBeatrice, fu la mia voglia confessa.        30

Né per ambage, in che la gente follegià s'inviscava pria che fosse anciso'Agnel di Dio che le peccata tolle,        33

ma per chiare parole e con precisolatin rispuose quello amor paterno,chiuso e parvente del suo proprio riso:        36

«La contingenza, che fuor del quadernode la vostra matera non si stende,tutta è dipinta nel cospetto etterno;        39

necessità però quindi non prendese non come dal viso in che si specchianave che per torrente giù discende.        42

Da indi, sì come viene ad orecchiadolce armonia da organo, mi vienea vista il tempo che ti s'apparecchia.        45

Qual si partio Ipolito d'Ateneper la spietata e perfida noverca,tal di Fiorenza partir ti convene.        48

Questo si vuole e questo già si cerca,e tosto verrà fatto a chi ciò pensalà dove Cristo tutto dì si merca.        51

La colpa seguirà la parte offensain grido, come suol; ma la vendettafia testimonio al ver che la dispensa.        54

Tu lascerai ogne cosa dilettapiù caramente; e questo è quello straleche l'arco de lo essilio pria saetta.        57

Tu proverai sì come sa di salelo pane altrui, e come è duro callelo scendere e 'l salir per l'altrui scale.        60

E quel che più ti graverà le spalle,sarà la compagnia malvagia e scempiacon la qual tu cadrai in questa valle;        63

che tutta ingrata, tutta matta ed empiasi farà contr' a te; ma, poco appresso,ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.        66

Di sua bestialitate il suo processofarà la prova; sì ch'a te fia belloaverti fatta parte per te stesso.        69

Né per ambage, in che la gente follegià s'inviscava pria che fosse anciso'Agnel di Dio che le peccata tolle,        33

ma per chiare parole e con precisolatin rispuose quello amor paterno,chiuso e parvente del suo proprio riso:        36

Egli risponde chiaramente, al contrario del carattere oscuro delle precedenti profezie

Da indi mi vienea vista il tempo che ti s'apparecchia.        45

Poiché la luce di Dio si riflette negli occhi di Cacciaguida

XVII CANTO PARADISO

Dante abbandonerà ciò che più gli sta a cuore, sarà cioè esiliato

Avrà una compagnia malvagia, da cui si allontanerà

Tutto ciò causerà al poeta disagi e dolore

tal di Fiorenza partir ti convene.        48

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La corruzione che porterà al declino di Firenze e al conseguente esilio del poeta è

un tema trattato sin dal VI canto dell’Inferno

Nel VI canto di Inferno, Purgatorio e Paradiso infatti si tratta il tema politico:

Nel VI Inferno Ciacco denuncia la decadenza di Firenze

Nel VI Purgatorio Dante produce un’apostrofe contro l’Italia

Nel VI Paradiso a Giustiniano è affidata la cronaca sull’Impero

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Al tornar de la mente, che si chiusedinanzi a la pietà d'i due cognati,che di trestizia tutto mi confuse,        3

novi tormenti e novi tormentatimi veggio intorno, come ch'io mi movae ch'io mi volga, e come che io guati.        6

Io sono al terzo cerchio, de la piovaetterna, maladetta, fredda e greve;regola e qualità mai non l'è nova.        9

Grandine grossa, acqua tinta e neveper l'aere tenebroso si riversa;pute la terra che questo riceve.        12

Cerbero, fiera crudele e diversa,con tre gole caninamente latrasovra la gente che quivi è sommersa.        15

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,e 'l ventre largo, e unghiate le mani;graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.        18

Urlar li fa la pioggia come cani;de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;volgonsi spesso i miseri profani.        21

Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,le bocche aperse e mostrocci le sanne;non avea membro che tenesse fermo.        24

E 'l duca mio distese le sue spanne,prese la terra, e con piene le pugnala gittò dentro a le bramose canne.        27

Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,e si racqueta poi che 'l pasto morde,ché solo a divorarlo intende e pugna,        30

cotai si fecer quelle facce lordede lo demonio Cerbero, che 'ntronal'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.        33

Noi passavam su per l'ombre che adonala greve pioggia, e ponavam le piantesovra lor vanità che par persona.        36

Elle giacean per terra tutte quante,fuor d'una ch'a seder si levò, rattoch'ella ci vide passarsi davante.        39

"O tu che se' per questo 'nferno tratto",mi disse, "riconoscimi, se sai:tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto".        42

E io a lui: "L'angoscia che tu haiforse ti tira fuor de la mia mente,sì che non par ch'i' ti vedessi mai.        45

Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolenteloco se' messo, e hai sì fatta pena,che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente".        48

Ed elli a me: "La tua città, ch'è pienad'invidia sì che già trabocca il sacco,seco mi tenne in la vita serena.        51

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:per la dannosa colpa de la gola,come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.        54

E io anima trista non son sola,ché tutte queste a simil pena stannoper simil colpa". E più non fé parola.        57

Io li rispuosi: "Ciacco, il tuo affannomi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita;ma dimmi, se tu sai, a che verranno        60

li cittadin de la città partita;s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagioneper che l' ha tanta discordia assalita".        63

E quelli a me: "Dopo lunga tencioneverranno al sangue, e la parte selvaggiacaccerà l'altra con molta offensione.        66

Poi appresso convien che questa caggiainfra tre soli, e che l'altra sormonticon la forza di tal che testé piaggia.        69

Alte terrà lungo tempo le fronti,tenendo l'altra sotto gravi pesi,come che di ciò pianga o che n'aonti.        72

Giusti son due, e non vi sono intesi;superbia, invidia e avarizia sonole tre faville c' hanno i cuori accesi".        75

Qui puose fine al lagrimabil suono.E io a lui: "Ancor vo' che mi 'nsegnie che di più parlar mi facci dono.        78

Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni,Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Moscae li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni,        81

dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;ché gran disio mi stringe di saverese 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca".        84

E quelli: "Ei son tra l'anime più nere;diverse colpe giù li grava al fondo:se tanto scendi, là i potrai vedere.        87

Ma quando tu sarai nel dolce mondo,priegoti ch'a la mente altrui mi rechi:più non ti dico e più non ti rispondo".        90

Li diritti occhi torse allora in biechi;guardommi un poco e poi chinò la testa:cadde con essa a par de li altri ciechi.        93

E 'l duca disse a me: "Più non si destadi qua dal suon de l'angelica tromba,quando verrà la nimica podesta:        96

ciascun rivederà la trista tomba,ripiglierà sua carne e sua figura,udirà quel ch'in etterno rimbomba".        99

Sì trapassammo per sozza misturade l'ombre e de la pioggia, a passi lenti,toccando un poco la vita futura;        102

per ch'io dissi: "Maestro, esti tormenticrescerann'ei dopo la gran sentenza,o fier minori, o saran sì cocenti?".        105

Ed elli a me: "Ritorna a tua scïenza,che vuol, quanto la cosa è più perfetta,più senta il bene, e così la doglienza.        108

Tutto che questa gente maladettain vera perfezion già mai non vada,di là più che di qua essere aspetta".        111

Noi aggirammo a tondo quella strada,parlando più assai ch'i' non ridico;venimmo al punto dove si digrada:        114

quivi trovammo Pluto, il gran nemico.•

VI CANTO INFERNO

E quelli a me: "Dopo lunga tencioneverranno al sangue, e la parte selvaggiacaccerà l'altra con molta offensione.        66

Poi appresso convien che questa caggiainfra tre soli, e che l'altra sormonticon la forza di tal che testé piaggia.        69

Alte terrà lungo tempo le fronti,tenendo l'altra sotto gravi pesi,come che di ciò pianga o che n'aonti.        72

Giusti son due, e non vi sono intesi;superbia, invidia e avarizia sonole tre faville c' hanno i cuori accesi".        75

Ciacco risponde a Dante sul destino di Firenze

Ci sarà lo scontro fra guelfi bianchi e guelfi neri: prima vincerà la parte “selvaggia”, che in breve tempo verrà a sua volta sconfitta dalla parte avversaria

Le cause di questo conflitto sono la superbia, l’invidia e l’avarizia dei cittadini

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VI CANTO PURGATORIOQuando si parte il gioco de la zara,colui che perde si riman dolente,repetendo le volte, e tristo impara;        3

con l'altro se ne va tutta la gente;qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,e qual dallato li si reca a mente;        6

el non s'arresta, e questo e quello intende;a cui porge la man, più non fa pressa;e così da la calca si difende.        9

Tal era io in quella turba spessa,volgendo a loro, e qua e là, la faccia,e promettendo mi sciogliea da essa.        12

Quiv'era l'Aretin che da le bracciafiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,e l'altro ch'annegò correndo in caccia.        15

Quivi pregava con le mani sporteFederigo Novello, e quel da Pisache fé parer lo buon Marzucco forte.        18

Vidi conte Orso e l'anima divisadal corpo suo per astio e per inveggia,com'e' dicea, non per colpa commisa;        21

Pier da la Broccia dico; e qui proveggia,mentr'è di qua, la donna di Brabante,sì che però non sia di peggior greggia.        24

Come libero fui da tutte quantequell'ombre che pregar pur ch'altri prieghi,sì che s'avacci lor divenir sante,        27

io cominciai: "El par che tu mi nieghi,o luce mia, espresso in alcun testoche decreto del cielo orazion pieghi;        30

e questa gente prega pur di questo:sarebbe dunque loro speme vana,o non m'è 'l detto tuo ben manifesto?".        33

Ed elli a me: "La mia scrittura è piana;e la speranza di costor non falla,se ben si guarda con la mente sana;        36

ché cima di giudicio non s'avvallaperché foco d'amor compia in un puntociò che de' sodisfar chi qui s'astalla;        39

e là dov'io fermai cotesto punto,non s'ammendava, per pregar, difetto,perché 'l priego da Dio era disgiunto.        42

Veramente a così alto sospettonon ti fermar, se quella nol ti diceche lume fia tra 'l vero e lo 'ntelletto.        45

Non so se 'ntendi: io dico di Beatrice;tu la vedrai di sopra, in su la vettadi questo monte, ridere e felice".        48

E io: "Segnore, andiamo a maggior fretta,ché già non m'affatico come dianzi,e vedi omai che 'l poggio l'ombra getta".        51

"Noi anderem con questo giorno innanzi",rispuose, "quanto più potremo omai;ma 'l fatto è d'altra forma che non stanzi.        54

Prima che sie là sù, tornar vedraicolui che già si cuopre de la costa,sì che ' suoi raggi tu romper non fai.        57

Ma vedi là un'anima che, postasola soletta, inverso noi riguarda:quella ne 'nsegnerà la via più tosta".        60

Venimmo a lei: o anima lombarda,come ti stavi altera e disdegnosae nel mover de li occhi onesta e tarda!        63

Ella non ci dicëa alcuna cosa,ma lasciavane gir, solo sguardandoa guisa di leon quando si posa.        66

Pur Virgilio si trasse a lei, pregandoche ne mostrasse la miglior salita;e quella non rispuose al suo dimando,        69

ma di nostro paese e de la vitaci 'nchiese; e 'l dolce duca incominciava"Mantüa ...", e l'ombra, tutta in sé romita,        72

surse ver' lui del loco ove pria stava,dicendo: "O Mantoano, io son Sordellode la tua terra!"; e l'un l'altro abbracciava.        75

Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave sanza nocchiere in gran tempesta,non donna di provincie, ma bordello!        78

Quell'anima gentil fu così presta,sol per lo dolce suon de la sua terra,di fare al cittadin suo quivi festa;        81.

Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave sanza nocchiere in gran tempesta,non donna di provincie, ma bordello!        78

Dante comincia così la sua invettiva contro l’Italia, che poi continuerà contro il clero, l’imperatore e i cittadini di Firenze (e non la città)

In particolare l’imperatore, che dovrebbe occuparsi dell’Italia, resta invece in Germania, perciò Dante gli augura il castigo divino

O Alberto tedesco ch'abbandonicostei ch'è fatta indomita e selvaggia,e dovresti inforcar li suoi arcioni,        99

giusto giudicio da le stelle caggiasovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto,tal che 'l tuo successor temenza n'aggia!        102

E se licito m'è, o sommo Gioveche fosti in terra per noi crucifisso,son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?        120

O è preparazion che ne l'abissodel tuo consiglio fai per alcun benein tutto de l'accorger nostro scisso?        123

Ché le città d'Italia tutte pieneson di tiranni, e un Marcel diventaogne villan che parteggiando viene.        126

Appare evidente inoltre la corruzione del mondo: i contadini che invadono le città(ma che non è altro che l’ascesa della borghesia)

Dante si chiede quindi se addirittura Gesù abbia voltato le spalle al mondo: di sicuro invece il disegno celeste ha in mente un rimedio

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X CANTO INFERNOOra sen va per un secreto calle,tra 'l muro de la terra e li martìri,lo mio maestro, e io dopo le spalle.        3

"O virtù somma, che per li empi girimi volvi", cominciai, "com'a te piace,parlami, e sodisfammi a' miei disiri.        6

La gente che per li sepolcri giacepotrebbesi veder? già son levatitutt'i coperchi, e nessun guardia face".        9

E quelli a me: "Tutti saran serratiquando di Iosafàt qui tornerannocoi corpi che là sù hanno lasciati.        12

Suo cimitero da questa parte hannocon Epicuro tutti suoi seguaci,che l'anima col corpo morta fanno.        15

Però a la dimanda che mi faciquinc'entro satisfatto sarà tosto,e al disio ancor che tu mi taci".        18

E io: "Buon duca, non tegno ripostoa te mio cuor se non per dicer poco,e tu m' hai non pur mo a ciò disposto".        21

"O Tosco che per la città del focovivo ten vai così parlando onesto,piacciati di restare in questo loco.        24

La tua loquela ti fa manifestodi quella nobil patrïa natio,a la qual forse fui troppo molesto".        27

Subitamente questo suono uscìod'una de l'arche; però m'accostai,temendo, un poco più al duca mio.        30

Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai?Vedi là Farinata che s'è dritto:da la cintola in sù tutto 'l vedrai".        33

Io avea già il mio viso nel suo fitto;ed el s'ergea col petto e con la frontecom'avesse l'inferno a gran dispitto.        36

E l'animose man del duca e prontemi pinser tra le sepulture a lui,dicendo: "Le parole tue sien conte".        39

Com'io al piè de la sua tomba fui,guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,mi dimandò: "Chi fuor li maggior tui?".        42

Io ch'era d'ubidir disideroso,non gliel celai, ma tutto gliel'apersi;ond'ei levò le ciglia un poco in suso;        45

poi disse: "Fieramente furo avversia me e a miei primi e a mia parte,sì che per due fïate li dispersi".        48

"S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte",rispuos'io lui, "l'una e l'altra fïata;ma i vostri non appreser ben quell'arte".        51

Allor surse a la vista scoperchiataun'ombra, lungo questa, infino al mento:credo che s'era in ginocchie levata.        54

Dintorno mi guardò, come talentoavesse di veder s'altri era meco;e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,        57

piangendo disse: "Se per questo ciecocarcere vai per altezza d'ingegno,mio figlio ov'è? e perché non è teco?".        60

E io a lui: "Da me stesso non vegno:colui ch'attende là, per qui mi menaforse cui Guido vostro ebbe a disdegno".        63

Le sue parole e 'l modo de la penam'avean di costui già letto il nome;però fu la risposta così piena.        66

Di sùbito drizzato gridò: "Come?dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora?non fiere li occhi suoi lo dolce lume?".        69

Quando s'accorse d'alcuna dimorach'io facëa dinanzi a la risposta,supin ricadde e più non parve fora.        72

Ma quell'altro magnanimo, a cui postarestato m'era, non mutò aspetto,né mosse collo, né piegò sua costa;        75

e sé continüando al primo detto,"S'elli han quell'arte", disse, "male appresa,ciò mi tormenta più che questo letto.        78

Ma non cinquanta volte fia raccesala faccia de la donna che qui regge,che tu saprai quanto quell'arte pesa.        81

E se tu mai nel dolce mondo regge,dimmi: perché quel popolo è sì empioincontr'a' miei in ciascuna sua legge?".        84

Ond'io a lui: "Lo strazio e 'l grande scempioche fece l'Arbia colorata in rosso,tal orazion fa far nel nostro tempio".        87

"S'elli han quell'arte", disse, "male appresa,ciò mi tormenta più che questo letto.        78

Ma non cinquanta volte fia raccesala faccia de la donna che qui regge,che tu saprai quanto quell'arte pesa.        81

Farinata è il primo personaggio a predire l’esilio del poeta: entro quattro anni anche Dante conoscerà bene “quell’arte”(dell’esilio)

"Noi veggiam, come quei c' ha mala luce,le cose", disse, "che ne son lontano;cotanto ancor ne splende il sommo duce.        102

Quando s'appressano o son, tutto è vanonostro intelletto; e s'altri non ci apporta,nulla sapem di vostro stato umano.        105

Il ghibellino inoltre spiega come funziona il dono della profezia dei dannati: essi sono come presbiti, cioè conoscono solo gli avvenimenti futuri, e non quelli presenti

"La mente tua conservi quel ch'uditohai contra te", mi comandò quel saggio;"e ora attendi qui", e drizzò 'l dito:        129

"quando sarai dinanzi al dolce raggiodi quella il cui bell'occhio tutto vede,da lei saprai di tua vita il vïaggio".        132

Nella parte finale del canto Virgilio raccomanda al poeta di ricordarsi la profezia per la spiegazione di Beatrice

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XV CANTO INFERNO

Ora cen porta l'un de' duri margini;e 'l fummo del ruscel di sopra aduggia,sì che dal foco salva l'acqua e li argini.        3

Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,temendo 'l fiotto che 'nver' lor s'avventa,fanno lo schermo perché 'l mar si fuggia;        6

e quali Padoan lungo la Brenta,per difender lor ville e lor castelli,anzi che Carentana il caldo senta:        9

a tale imagine eran fatti quelli,tutto che né sì alti né sì grossi,qual che si fosse, lo maestro félli.        12

Già eravam da la selva rimossitanto, ch'i' non avrei visto dov'era,perch'io in dietro rivolto mi fossi,        15

quando incontrammo d'anime una schierache venian lungo l'argine, e ciascunaci riguardava come suol da sera        18

guardare uno altro sotto nuova luna;e sì ver' noi aguzzavan le cigliacome 'l vecchio sartor fa ne la cruna.        21

Così adocchiato da cotal famiglia,fui conosciuto da un, che mi preseper lo lembo e gridò: "Qual maraviglia!".        24

E io, quando 'l suo braccio a me distese,ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,sì che 'l viso abbrusciato non difese        27

la conoscenza süa al mio 'ntelletto;e chinando la mano a la sua faccia,rispuosi: "Siete voi qui, ser Brunetto?".        30

E quelli: "O figliuol mio, non ti dispiacciase Brunetto Latino un poco tecoritorna 'n dietro e lascia andar la traccia".        33

I' dissi lui: "Quanto posso, ven preco;e se volete che con voi m'asseggia,faròl, se piace a costui che vo seco".        36

"O figliuol", disse, "qual di questa greggias'arresta punto, giace poi cent'annisanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia.        39

Però va oltre: i' ti verrò a' panni;e poi rigiugnerò la mia masnada,che va piangendo i suoi etterni danni".        42

Io non osava scender de la stradaper andar par di lui; ma 'l capo chinotenea com'uom che reverente vada.        45

El cominciò: "Qual fortuna o destinoanzi l'ultimo dì qua giù ti mena?e chi è questi che mostra 'l cammino?".        48

"Là sù di sopra, in la vita serena",rispuos'io lui, "mi smarri' in una valle,avanti che l'età mia fosse piena.        51

Pur ier mattina le volsi le spalle:questi m'apparve, tornand'ïo in quella,e reducemi a ca per questo calle".        54

Ed elli a me: "Se tu segui tua stella,non puoi fallire a glorïoso porto,se ben m'accorsi ne la vita bella;        57

e s'io non fossi sì per tempo morto,veggendo il cielo a te così benigno,dato t'avrei a l'opera conforto.        60

Ma quello ingrato popolo malignoche discese di Fiesole ab antico,e tiene ancor del monte e del macigno,        63

ti si farà, per tuo ben far, nimico;ed è ragion, ché tra li lazzi sorbisi disconvien fruttare al dolce fico.        66

Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;gent'è avara, invidiosa e superba:dai lor costumi fa che tu ti forbi.        69

La tua fortuna tanto onor ti serba,che l'una parte e l'altra avranno famedi te; ma lungi fia dal becco l'erba.        72

Faccian le bestie fiesolane stramedi lor medesme, e non tocchin la pianta,s'alcuna surge ancora in lor letame,        75

in cui riviva la sementa santadi que' Roman che vi rimaser quandofu fatto il nido di malizia tanta".        78

"Se fosse tutto pieno il mio dimando",rispuos'io lui, "voi non sareste ancorade l'umana natura posto in bando;        81

ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,la cara e buona imagine paternadi voi quando nel mondo ad ora ad ora        84

m'insegnavate come l'uom s'etterna:e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivoconvien che ne la mia lingua si scerna.        87

Ciò che narrate di mio corso scrivo,e serbolo a chiosar con altro testoa donna che saprà, s'a lei arrivo.        90

Tanto vogl'io che vi sia manifesto,pur che mia coscïenza non mi garra,ch'a la Fortuna, come vuol, son presto.        93

Non è nuova a li orecchi miei tal arra:però giri Fortuna la sua rotacome le piace, e 'l villan la sua marra".        96

Lo mio maestro allora in su la gotadestra si volse in dietro e riguardommi;poi disse: "Bene ascolta chi la nota".        99

Né per tanto di men parlando vommicon ser Brunetto, e dimando chi sonoli suoi compagni più noti e più sommi.        102

Ed elli a me: "Saper d'alcuno è buono;de li altri fia laudabile tacerci,ché 'l tempo saria corto a tanto suono.        105

In somma sappi che tutti fur chercie litterati grandi e di gran fama,d'un peccato medesmo al mondo lerci.        108

Priscian sen va con quella turba grama,e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,s'avessi avuto di tal tigna brama,        111

colui potei che dal servo de' servifu trasmutato d'Arno in Bacchiglione,dove lasciò li mal protesi nervi.        114

Di più direi; ma 'l venire e 'l sermonepiù lungo esser non può, però ch'i' veggiolà surger nuovo fummo del sabbione.        117

Gente vien con la quale esser non deggio.Sieti raccomandato il mio Tesoro,nel qual io vivo ancora, e più non cheggio".        120

Poi si rivolse, e parve di coloroche corrono a Verona il drappo verdeper la campagna; e parve di costoro        123

quelli che vince, non colui che perde.

Ma quello ingrato popolo malignoche discese di Fiesole ab antico,e tiene ancor del monte e del macigno,        63

ti si farà, per tuo ben far, nimico;

Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;gent'è avara, invidiosa e superba:dai lor costumi fa che tu ti forbi.        69

La tua fortuna tanto onor ti serba,che l'una parte e l'altra avranno famedi te; ma lungi fia dal becco l'erba.        72

Al vecchio maestro Brunetto Latini è affidata la seconda profezia sull’esilio

I Fiorentini, caratterizzati ancora una volta dall’avarizia, dall’invidia e dalla superbia, saranno “nemici” di Dante, ma né i Bianchi né i Neri riusciranno a toccarlo

Ciò che narrate di mio corso scrivo,e serbolo a chiosar con altro testoa donna che saprà, s'a lei arrivo.        90

Non è nuova a li orecchi miei tal arra:

Il poeta riconosce la seconda profezia, ma per un chiarimento è consapevole di dover aspettare Beatrice

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Nei canti X e XV dell’Inferno si è detto che Dante deve aspettare Beatrice per

conoscere il suo destino, ma di fatto è Cacciaguida ad esporglielo

Qual venne a Climenè, per accertarsidi ciò ch'avëa incontro a sé udito,quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;        3

tal era io, e tal era sentitoe da Beatrice e da la santa lampache pria per me avea mutato sito.        6

Per che mia donna «Manda fuor la vampadel tuo disio», mi disse, «sì ch'ella escasegnata bene de la interna stampa:        9

non perché nostra conoscenza crescaper tuo parlare, ma perché t'ausia dir la sete, sì che l'uom ti mesca».        12

«O cara piota mia che sì t'insusi,che, come veggion le terrene mentinon capere in trïangol due ottusi,        15

così vedi le cose contingentianzi che sieno in sé, mirando il puntoa cui tutti li tempi son presenti;        18

mentre ch'io era a Virgilio congiuntosu per lo monte che l'anime curae discendendo nel mondo defunto,        21

dette mi fuor di mia vita futuraparole gravi, avvegna ch'io mi sentaben tetragono ai colpi di ventura;        24

per che la voglia mia saria contentad'intender qual fortuna mi s'appressa:ché saetta previsa vien più lenta».        27

Così diss' io a quella luce stessache pria m'avea parlato; e come volleBeatrice, fu la mia voglia confessa.        30

Né per ambage, in che la gente follegià s'inviscava pria che fosse anciso'Agnel di Dio che le peccata tolle,        33

ma per chiare parole e con precisolatin rispuose quello amor paterno,chiuso e parvente del suo proprio riso:        36

«La contingenza, che fuor del quadernode la vostra matera non si stende,tutta è dipinta nel cospetto etterno;        39

necessità però quindi non prendese non come dal viso in che si specchianave che per torrente giù discende.        42

Da indi, sì come viene ad orecchiadolce armonia da organo, mi vienea vista il tempo che ti s'apparecchia.        45

Qual si partio Ipolito d'Ateneper la spietata e perfida noverca,tal di Fiorenza partir ti convene.        48

Questo si vuole e questo già si cerca,e tosto verrà fatto a chi ciò pensalà dove Cristo tutto dì si merca.        51

La colpa seguirà la parte offensain grido, come suol; ma la vendettafia testimonio al ver che la dispensa.        54

Tu lascerai ogne cosa dilettapiù caramente; e questo è quello straleche l'arco de lo essilio pria saetta.        57

Tu proverai sì come sa di salelo pane altrui, e come è duro callelo scendere e 'l salir per l'altrui scale.        60

E quel che più ti graverà le spalle,sarà la compagnia malvagia e scempiacon la qual tu cadrai in questa valle;        63

che tutta ingrata, tutta matta ed empiasi farà contr' a te; ma, poco appresso,ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.        66

Di sua bestialitate il suo processofarà la prova; sì ch'a te fia belloaverti fatta parte per te stesso.        69

XVII CANTO PARADISO

Ci sono possibili interpretazioni:

Virgilio presume tutto ciò poiché sa che consegnerà Dante a Beatrice, che comunque ben conosce il suo destino

La cultura teologica, simboleggiata da Beatrice, è l’unica che può spiegare ciò a cui la ragione umana non arriva

E’ Beatrice che, intuendo il desiderio del poeta, lo spinge ad iniziare il dialogo sulle profezie

Infatti

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XXIII CANTO PURGATORIOMentre che li occhi per la fronda verdeficcava ïo sì come far suolechi dietro a li uccellin sua vita perde,        3

lo più che padre mi dicea: "Figliuole,vienne oramai, ché 'l tempo che n'è impostopiù utilmente compartir si vuole".        6

Io volsi 'l viso, e 'l passo non men tosto,appresso i savi, che parlavan sìe,che l'andar mi facean di nullo costo.        9

Ed ecco piangere e cantar s'udìe'Labïa mëa, Domine' per modotal, che diletto e doglia parturìe.        12

"O dolce padre, che è quel ch'i' odo?",comincia' io; ed elli: "Ombre che vannoforse di lor dover solvendo il nodo".        15

Sì come i peregrin pensosi fanno,giugnendo per cammin gente non nota,che si volgono ad essa e non restanno,        18

così di retro a noi, più tosto mota,venendo e trapassando ci ammiravad'anime turba tacita e devota.        21

Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,palida ne la faccia, e tanto scemache da l'ossa la pelle s'informava.        24

Non credo che così a buccia stremaErisittone fosse fatto secco,per digiunar, quando più n'ebbe tema.        27

Io dicea fra me stesso pensando: 'Eccola gente che perdé Ierusalemme,quando Maria nel figlio diè di becco!'.        30

Parean l'occhiaie anella sanza gemme:chi nel viso de li uomini legge 'omo'ben avria quivi conosciuta l'emme.        33

Chi crederebbe che l'odor d'un pomosì governasse, generando brama,e quel d'un'acqua, non sappiendo como?        36

Già era in ammirar che sì li affama,per la cagione ancor non manifestadi lor magrezza e di lor trista squama,        39

ed ecco del profondo de la testavolse a me li occhi un'ombra e guardò fiso;poi gridò forte: "Qual grazia m'è questa?".        42

Mai non l'avrei riconosciuto al viso;ma ne la voce sua mi fu paleseciò che l'aspetto in sé avea conquiso.        45

Questa favilla tutta mi raccesemia conoscenza a la cangiata labbia,e ravvisai la faccia di Forese.        48

"Deh, non contendere a l'asciutta scabbiache mi scolora", pregava, "la pelle,né a difetto di carne ch'io abbia;        51

ma dimmi il ver di te, dì chi son quelledue anime che là ti fanno scorta;non rimaner che tu non mi favelle!".        54

"La faccia tua, ch'io lagrimai già morta,mi dà di pianger mo non minor doglia",rispuos'io lui, "veggendola sì torta.        57

Però mi dì, per Dio, che sì vi sfoglia;non mi far dir mentr'io mi maraviglio,ché mal può dir chi è pien d'altra voglia".        60

Ed elli a me: "De l'etterno consigliocade vertù ne l'acqua e ne la piantarimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio.        63

Tutta esta gente che piangendo cantaper seguitar la gola oltra misura,in fame e 'n sete qui si rifà santa.        66

Di bere e di mangiar n'accende cural'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzoche si distende su per sua verdura.        69

E non pur una volta, questo spazzogirando, si rinfresca nostra pena:io dico pena, e dovria dir sollazzo,        72

ché quella voglia a li alberi ci menache menò Cristo lieto a dire 'Elì',quando ne liberò con la sua vena".        75

E io a lui: "Forese, da quel dìnel qual mutasti mondo a miglior vita,cinqu' anni non son vòlti infino a qui.        78

Se prima fu la possa in te finitadi peccar più, che sovvenisse l'oradel buon dolor ch'a Dio ne rimarita,        81

come se' tu qua sù venuto ancora?Io ti credea trovar là giù di sotto,dove tempo per tempo si ristora".        84

Ond'elli a me: "Sì tosto m' ha condottoa ber lo dolce assenzo d'i martìrila Nella mia con suo pianger dirotto.        87

Con suoi prieghi devoti e con sospiritratto m' ha de la costa ove s'aspetta,e liberato m' ha de li altri giri.        90

Tanto è a Dio più cara e più dilettala vedovella mia, che molto amai,quanto in bene operare è più soletta;        93

ché la Barbagia di Sardigna assaine le femmine sue più è pudicache la Barbagia dov'io la lasciai.        96

O dolce frate, che vuo' tu ch'io dica?Tempo futuro m'è già nel cospetto,cui non sarà quest'ora molto antica,        99

nel qual sarà in pergamo interdettoa le sfacciate donne fiorentinel'andar mostrando con le poppe il petto.        102

Quai barbare fuor mai, quai saracine,cui bisognasse, per farle ir coperte,o spiritali o altre discipline?        105

Ma se le svergognate fosser certedi quel che 'l ciel veloce loro ammanna,già per urlare avrian le bocche aperte;        108

ché, se l'antiveder qui non m'inganna,prima fien triste che le guance impelicolui che mo si consola con nanna.        111

Tempo futuro m'è già nel cospetto,cui non sarà quest'ora molto antica,        99

nel qual sarà in pergamo interdettoa le sfacciate donne fiorentinel'andar mostrando con le poppe il petto.        102

Quai barbare fuor mai, quai saracine,cui bisognasse, per farle ir coperte,o spiritali o altre discipline?        105

Ma se le svergognate fosser certedi quel che 'l ciel veloce loro ammanna,già per urlare avrian le bocche aperte;        108

ché, se l'antiveder qui non m'inganna,prima fien triste che le guance impelicolui che mo si consola con nanna.        111

La profezia dell’amico Forese verte sulle pene che subirà la sfacciata società fiorentina, e nel particolare si parla delle donne spudorate

La “Barbagia” va in giro col petto scoperto, ma ben presto arriverà il castigo divino, annunciato con il tipico stile apocalittico: la vendetta celeste che si abbatte sui colpevoli, il dubbio sulle proprie doti profetiche, l’indicazione temporale non precisa ma sufficientemente chiara

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Quasi tutte le profezie hanno come tema la politica e l’esilio, e sono post eventum, cioè sono già state vissute dal Dante auctor: egli ha quindi una visione abbastanza pessimistica del mondo.

Fa eccezione la profezia contenuta nel I canto dell’Inferno: in essa c’è la speranza del poeta della venuta di un salvatore, il “veltro”.

Anche il sogno profetico del XXVII canto del Purgatorio rappresenta un’eccezione, perché esso prefigura il passaggio di Dante dal Purgatorio al Paradiso.

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I Canto infernoNel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscura,ché la diritta via era smarrita.        3

Ahi quanto a dir qual era è cosa duraesta selva selvaggia e aspra e forteche nel pensier rinova la paura!        6

Tant'è amara che poco è più morte;ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte.        9

Io non so ben ridir com'i' v'intrai,tant'era pien di sonno a quel puntoche la verace via abbandonai.        12

Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,là dove terminava quella valleche m'avea di paura il cor compunto,  15

guardai in alto e vidi le sue spallevestite già de' raggi del pianetache mena dritto altrui per ogne calle.        18

Allor fu la paura un poco queta,che nel lago del cor m'era duratala notte ch'i' passai con tanta pieta.        21

E come quei che con lena affannata,uscito fuor del pelago a la riva,si volge a l'acqua perigliosa e guata,        24

così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,si volse a retro a rimirar lo passoche non lasciò già mai persona viva.        27

Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,ripresi via per la piaggia diserta,sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.        30

Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,una lonza leggera e presta molto,che di pel macolato era coverta;        33

e non mi si partia dinanzi al volto,anzi 'mpediva tanto il mio cammino,ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.        36

Temp'era dal principio del mattino,e 'l sol montava 'n sù con quelle stellech'eran con lui quando l'amor divino        39

mosse di prima quelle cose belle;sì ch'a bene sperar m'era cagionedi quella fiera a la gaetta pelle        42

l'ora del tempo e la dolce stagione;ma non sì che paura non mi dessela vista che m'apparve d'un leone.        45

Questi parea che contra me venissecon la test'alta e con rabbiosa fame,sì che parea che l'aere ne tremesse.        48

Ed una lupa, che di tutte bramesembiava carca ne la sua magrezza,e molte genti fé già viver grame,        51

questa mi porse tanto di gravezzacon la paura ch'uscia di sua vista,ch'io perdei la speranza de l'altezza.        54

E qual è quei che volontieri acquista,e giugne 'l tempo che perder lo face,che 'n tutti suoi pensier piange e s'attrista;        57

tal mi fece la bestia sanza pace,che, venendomi 'ncontro, a poco a pocomi ripigneva là dove 'l sol tace.        60

Mentre ch'i' rovinava in basso loco,dinanzi a li occhi mi si fu offertochi per lungo silenzio parea fioco.        63

Quando vidi costui nel gran diserto,"Miserere di me", gridai a lui,"qual che tu sii, od ombra od omo certo!".        66

Rispuosemi: "Non omo, omo già fui,e li parenti miei furon lombardi,mantoani per patrïa ambedui.        69

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,e vissi a Roma sotto 'l buono Augustonel tempo de li dèi falsi e bugiardi.        72

Poeta fui, e cantai di quel giustofigliuol d'Anchise che venne di Troia,poi che 'l superbo Ilïón fu combusto.        75

Ma tu perché ritorni a tanta noia?perché non sali il dilettoso montech'è principio e cagion di tutta gioia?".        78

"Or se' tu quel Virgilio e quella fonteche spandi di parlar sì largo fiume?",rispuos'io lui con vergognosa fronte.        81

"O de li altri poeti onore e lume,vagliami 'l lungo studio e 'l grande amoreche m' ha fatto cercar lo tuo volume.        84

Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore,tu se' solo colui da cu' io tolsilo bello stilo che m' ha fatto onore.        87

Vedi la bestia per cu' io mi volsi;aiutami da lei, famoso saggio,ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi".        90

"A te convien tenere altro vïaggio",rispuose, poi che lagrimar mi vide,"se vuo' campar d'esto loco selvaggio;        93

ché questa bestia, per la qual tu gride,non lascia altrui passar per la sua via,ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;        96

e ha natura sì malvagia e ria,che mai non empie la bramosa voglia,e dopo 'l pasto ha più fame che pria.        99

Molti son li animali a cui s'ammoglia,e più saranno ancora, infin che 'l veltroverrà, che la farà morir con doglia.        102

Questi non ciberà terra né peltro,ma sapïenza, amore e virtute,e sua nazion sarà tra feltro e feltro.        105

Di quella umile Italia fia saluteper cui morì la vergine Cammilla,Eurialo e Turno e Niso di ferute.        108

Questi la caccerà per ogne villa,fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno,là onde 'nvidia prima dipartilla.        111

Ond'io per lo tuo me' penso e discernoche tu mi segui, e io sarò tua guida,e trarrotti di qui per loco etterno;        114

ove udirai le disperate strida,vedrai li antichi spiriti dolenti,ch'a la seconda morte ciascun grida;        117

e vederai color che son contentinel foco, perché speran di venirequando che sia a le beate genti.        120

Molti son li animali a cui s'ammoglia,e più saranno ancora, infin che 'l veltroverrà, che la farà morir con doglia.        102

Questi non ciberà terra né peltro,ma sapïenza, amore e virtute,e sua nazion sarà tra feltro e feltro.        105

Di quella umile Italia fia saluteper cui morì la vergine Cammilla,Eurialo e Turno e Niso di ferute.        108

Questi la caccerà per ogne villa,fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno,là onde 'nvidia prima dipartilla.        111

La società del XIV secolo è corrotta e macchiata dal peccato: le tre fiere, in particolare la lupa, cioè l’avidità, hanno la meglio su Dante, rappresentante l’umanità intera

Per risolvere questa grave situazione verrà un “veltro”, un salvatore, che sconfiggerà la lupa

L’espressione “tra feltro e feltro” allude probabilmente alle umili origini del salvatore, o alla sua provenienza dal Nord Italia (tra Feltre e Montefeltro)

Ipotesi sul veltro:

Papa Benedetto XI o un francescano Arrigo VII

Cangrande o addirittura Dante stesso

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XXVII CANTO PURGATORIOSì come quando i primi raggi vibralà dove il suo fattor lo sangue sparse,cadendo Ibero sotto l'alta Libra,        3

e l'onde in Gange da nona rïarse,sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva,come l'angel di Dio lieto ci apparse.        6

Fuor de la fiamma stava in su la riva,e cantava 'Beati mundo corde!'in voce assai più che la nostra viva.        9

Poscia "Più non si va, se pria non morde,anime sante, il foco: intrate in esso,e al cantar di là non siate sorde",        12

ci disse come noi li fummo presso;per ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi,qual è colui che ne la fossa è messo.        15

In su le man commesse mi protesi,guardando il foco e imaginando forteumani corpi già veduti accesi.        18

Volsersi verso me le buone scorte;e Virgilio mi disse: "Figliuol mio,qui può esser tormento, ma non morte.        21

Ricorditi, ricorditi! E se iosovresso Gerïon ti guidai salvo,che farò ora presso più a Dio?        24

Credi per certo che se dentro a l'alvodi questa fiamma stessi ben mille anni,non ti potrebbe far d'un capel calvo.        27

E se tu forse credi ch'io t'inganni,fatti ver' lei, e fatti far credenzacon le tue mani al lembo d'i tuoi panni.        30

Pon giù omai, pon giù ogne temenza;volgiti in qua e vieni: entra sicuro!".E io pur fermo e contra coscïenza.        33

Quando mi vide star pur fermo e duro,turbato un poco disse: "Or vedi, figlio:tra Bëatrice e te è questo muro".        36

Come al nome di Tisbe aperse il ciglioPiramo in su la morte, e riguardolla,allor che 'l gelso diventò vermiglio;        39

così, la mia durezza fatta solla,mi volsi al savio duca, udendo il nomeche ne la mente sempre mi rampolla.        42

Ond'ei crollò la fronte e disse: "Come!volenci star di qua?"; indi sorrisecome al fanciul si fa ch'è vinto al pome.        45

Poi dentro al foco innanzi mi si mise,pregando Stazio che venisse retro,che pria per lunga strada ci divise.        48

Sì com' fui dentro, in un bogliente vetrogittato mi sarei per rinfrescarmi,tant'era ivi lo 'ncendio sanza metro.        51

Lo dolce padre mio, per confortarmi,pur di Beatrice ragionando andava,dicendo: "Li occhi suoi già veder parmi".        54

Guidavaci una voce che cantavadi là; e noi, attenti pur a lei,venimmo fuor là ove si montava.        57

'Venite, benedicti Patris mei',sonò dentro a un lume che lì era,tal che mi vinse e guardar nol potei.        60

"Lo sol sen va", soggiunse, "e vien la sera;non v'arrestate, ma studiate il passo,mentre che l'occidente non si annera".        63

Dritta salia la via per entro 'l sassoverso tal parte ch'io toglieva i raggidinanzi a me del sol ch'era già basso.        66

E di pochi scaglion levammo i saggi,che 'l sol corcar, per l'ombra che si spense,sentimmo dietro e io e li miei saggi.        69

E pria che 'n tutte le sue parti immensefosse orizzonte fatto d'uno aspetto,e notte avesse tutte sue dispense,        72

ciascun di noi d'un grado fece letto;ché la natura del monte ci affransela possa del salir più e 'l diletto.        75

Quali si stanno ruminando mansele capre, state rapide e protervesovra le cime avante che sien pranse,        78

tacite a l'ombra, mentre che 'l sol ferve,guardate dal pastor, che 'n su la vergapoggiato s'è e lor di posa serve;        81

e quale il mandrïan che fori alberga,lungo il pecuglio suo queto pernotta,guardando perché fiera non lo sperga;        84

tali eravamo tutti e tre allotta,io come capra, ed ei come pastori,fasciati quinci e quindi d'alta grotta.        87

Poco parer potea lì del di fori;ma, per quel poco, vedea io le stelledi lor solere e più chiare e maggiori.        90

Sì ruminando e sì mirando in quelle,mi prese il sonno; il sonno che sovente,anzi che 'l fatto sia, sa le novelle.        93

Ne l'ora, credo, che de l'orïenteprima raggiò nel monte Citerea,che di foco d'amor par sempre ardente,        96

giovane e bella in sogno mi pareadonna vedere andar per una landacogliendo fiori; e cantando dicea:        99

"Sappia qualunque il mio nome dimandach'i' mi son Lia, e vo movendo intornole belle mani a farmi una ghirlanda.        102

Per piacermi a lo specchio, qui m'addorno;ma mia suora Rachel mai non si smagadal suo miraglio, e siede tutto giorno.        105

Ell'è d'i suoi belli occhi veder vagacom'io de l'addornarmi con le mani;lei lo vedere, e me l'ovrare appaga".        108

E già per li splendori antelucani,che tanto a' pellegrin surgon più grati,quanto, tornando, albergan men lontani,        111

le tenebre fuggian da tutti lati,e 'l sonno mio con esse; ond'io leva' mi,veggendo i gran maestri già levati.        114

"Quel dolce pome che per tanti ramicercando va la cura de' mortali,oggi porrà in pace le tue fami".        117

Virgilio inverso me queste cotaliparole usò; e mai non furo strenneche fosser di piacere a queste iguali.        120

Tanto voler sopra voler mi vennede l'esser sù, ch'ad ogne passo poial volo mi sentia crescer le penne.        123

Come la scala tutta sotto noifu corsa e fummo in su 'l grado superno,in me ficcò Virgilio li occhi suoi,        126

e disse: "Il temporal foco e l'etternoveduto hai, figlio; e se' venuto in partedov'io per me più oltre non discerno.        129

Dante si addormenta ed ha una visione onirica: sogna due donne

Lia, moglie di Giacobbe, simbolo della vita attiva = ragione

Rachele, sorella di Lia, simbolo della vita contemplativa = fede

Solo grazie all’unione di fede e ragione potrà raggiungere il Paradiso

Da notare la precisa collocazione temporale del sogno: all’alba, inoltre quando Dante si trova vicino all’Eden, e quindi al Paradiso

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Nella seconda parte del XVII canto del Paradiso si chiude il percorso sulle profezie: per il poeta ci sarà una consolazione

Sarà ospitato dalle personalità squisite dei Della Scala

A Dante viene data l’investitura di poeta-profeta

Il Dante auctor si fonde col Dante agens: l’intero viaggio è una visione profetica che il poeta dovrà raccontare sulla Terra per salvare l’umanità, come gli apostoli hanno diffuso la buona novella

L’investitura gli viene data da Cacciaguida: il suo avo, un martire, un crociato, un santo

Il ponte fra l’esilio e le profezie è proprio Cangrande

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XVII CANTO PARADISO

Lo primo tuo refugio e 'l primo ostellosarà la cortesia del gran Lombardoche 'n su la scala porta il santo uccello;        72

ch'in te avrà sì benigno riguardo,che del fare e del chieder, tra voi due,fia primo quel che tra li altri è più tardo.        75

Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,nascendo, sì da questa stella forte,che notabili fier l'opere sue.        78

Non se ne son le genti ancora accorteper la novella età, ché pur nove annison queste rote intorno di lui torte;        81

ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,parran faville de la sua virtutein non curar d'argento né d'affanni.        84

Le sue magnificenze conosciutesaranno ancora, sì che ' suoi nemicinon ne potran tener le lingue mute.        87

A lui t'aspetta e a' suoi benefici;per lui fia trasmutata molta gente,cambiando condizion ricchi e mendici;        90

e portera'ne scritto ne la mentedi lui, e nol dirai»; e disse coseincredibili a quei che fier presente.        93

Poi giunse: «Figlio, queste son le chiosedi quel che ti fu detto; ecco le 'nsidieche dietro a pochi giri son nascose.        96

Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,poscia che s'infutura la tua vitavie più là che 'l punir di lor perfidie».        99

Poi che, tacendo, si mostrò spedital'anima santa di metter la tramain quella tela ch'io le porsi ordita,        102

io cominciai, come colui che brama,dubitando, consiglio da personache vede e vuol dirittamente e ama:        105

«Ben veggio, padre mio, sì come spronalo tempo verso me, per colpo darmital, ch'è più grave a chi più s'abbandona;        108

per che di provedenza è buon ch'io m'armi,sì che, se loco m'è tolto più caro,io non perdessi li altri per miei carmi.        111

Giù per lo mondo sanza fine amaro,e per lo monte del cui bel cacumeli occhi de la mia donna mi levaro,        114

e poscia per lo ciel, di lume in lume,ho io appreso quel che s'io ridico,a molti fia sapor di forte agrume;        117

e s'io al vero son timido amico,temo di perder viver tra coloroche questo tempo chiameranno antico».        120

La luce in che rideva il mio tesoroch'io trovai lì, si fé prima corusca,quale a raggio di sole specchio d'oro;        123

indi rispuose: «Coscïenza fuscao de la propria o de l'altrui vergognapur sentirà la tua parola brusca.        126

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,tutta tua visïon fa manifesta;e lascia pur grattar dov' è la rogna.        129

Ché se la voce tua sarà molestanel primo gusto, vital nodrimentolascerà poi, quando sarà digesta.        132

Questo tuo grido farà come vento,che le più alte cime più percuote;e ciò non fa d'onor poco argomento.        135

Però ti son mostrate in queste rote,nel monte e ne la valle dolorosapur l'anime che son di fama note,        138

che l'animo di quel ch'ode, non posané ferma fede per essempro ch'aiala sua radice incognita e ascosa,        141

né per altro argomento che non paia».

Dopo il dolore provato per l’esilio, Dante troverà disponibilità e accoglienza presso i Della Scala, in particolare Cangrande

A lui t'aspetta e a' suoi benefici;per lui fia trasmutata molta gente,cambiando condizion ricchi e mendici;        90

e portera'ne scritto ne la mentedi lui, e nol dirai»; e disse coseincredibili a quei che fier presente.        93

Poi giunse: «Figlio, queste son le chiosedi quel che ti fu detto; ecco le 'nsidieche dietro a pochi giri son nascose.        96

Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,poscia che s'infutura la tua vitavie più là che 'l punir di lor perfidie».        99

Finite le profezie, Cacciaguida non vuole che il poeta serbi rancore: la malvagità sarà infatti punita

indi rispuose: «Coscïenza fuscao de la propria o de l'altrui vergognapur sentirà la tua parola brusca.        126

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,tutta tua visïon fa manifesta;e lascia pur grattar dov' è la rogna.        129

Ché se la voce tua sarà molestanel primo gusto, vital nodrimentolascerà poi, quando sarà digesta.        132

Questo tuo grido farà come vento,che le più alte cime più percuote;e ciò non fa d'onor poco argomento.        135

Nel congedo finale Cacciaguida affida a Dante la missione profetica: il poeta-profeta racconterà ciò che ha visto nel suo viaggio ultraterreno per rendere consapevole l’umanità delle pene e delle beatitudini divine: così facendo la riporterà sulla retta via. L’onore che ne riceverà sarà grande

L’espressione: “e portera'ne scritto ne la mente di lui, e nol dirai “ segue la tradizione del genere apocalittico-profetico, infatti c’è sia la rivelazione sia l’ordine di non rivelarla, ma è anche indice di una profezia ante eventum: in particolare le seguenti “cose incredibili” rispecchiano le speranze di Dante

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Canti Personaggi-Profeti

Temi

Paradiso XVII Parte 1, Inferno VI,

Purgatorio VI

Purgatorio XXIII

Cacciaguida,

Ciacco,

Dante

Forese Donati

La corruzione del mondo(da Firenze, all’Italia, all’Impero)

Paradiso XVII Parte 1,

Inferno X,

Inferno XV

Cacciaguida,

Farinata degli Uberti,

Brunetto Latini

L’esilio di Dante

Inferno I,

Purgatorio XXVII,

Paradiso XVII Parte 2

Virgilio,

Sogno,

Cacciaguida

Speranza di salvezza, Fede e Ragione,

L’investitura poeta-profeta di Dante e la sua missione

che causa

esperienze necessaria per

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Presentazione sviluppata da:

Yuri Gabriel Sneider

Matteo Vommaro

IIIF

E per concludere…