LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della...

81
Comune di Thiene LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio Teatro Comunale – Viale Bassani - Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein Conduce la prof.ssa Patrizia Ferronato, docente di storia e filosofia del Liceo F. Corradini. Iniziativa riservata agli studenti degli Istituti superiori e CFP di Thiene Venerdì 26 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein Conduce la prof.ssa Nicoletta Panozzo docente di lettere dell’I.C. di Thiene. Iniziativa riservata alle classi terze delle scuole secondarie di primo grado di Thiene, Fara Vic.no, Sarcedo e Zugliano Venerdì 26 Gennaio Auditorium Città di Thiene “Fonato” - Via Carlo del Prete – Thiene PAROLE CHE UNISCONO, PAROLE CHE DIVIDONO. A cura di Paola Valente, insegnante di scuola primaria, scrittrice e autrice di libri per ragazzi. Iniziativa riservata agli studenti delle classi V delle scuole primarie di Thiene Sabato 27 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein e del regista Dennis Dellai. Conduce il prof. Daniele Fioravanzo, docente di storia e filosofia del liceo F. Corradini Iniziativa riservata agli studenti degli Istituti superiori e CFP di Thiene Domenica 28 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene 16 GIOVANI DELLE BREGONZE DEPORTATI NEI LAGER TEDESCHI - il rastrellamento nazifascista del 26 agosto 1944. Testimonianza di Antonio Guglielmi, unico dei deportati ancora vivente. Conduce il prof. Ferdinando Offelli, letture della prof.ssa Valentina Maculan.

Transcript of LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della...

Page 1: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Comune di Thiene

LE PORTE DELLA MEMORIA 2018

Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo

Programma

Giovedì 25 Gennaio Teatro Comunale – Viale Bassani - Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein Conduce la prof.ssa Patrizia Ferronato, docente di storia e filosofia del Liceo F. Corradini. Iniziativa riservata agli studenti degli Istituti superiori e CFP di Thiene Venerdì 26 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein Conduce la prof.ssa Nicoletta Panozzo docente di lettere dell’I.C. di Thiene. Iniziativa riservata alle classi terze delle scuole secondarie di primo grado di Thiene, Fara Vic.no, Sarcedo e Zugliano Venerdì 26 Gennaio Auditorium Città di Thiene “Fonato” - Via Carlo del Prete – Thiene PAROLE CHE UNISCONO, PAROLE CHE DIVIDONO. A cura di Paola Valente, insegnante di scuola primaria, scrittrice e autrice di libri per ragazzi. Iniziativa riservata agli studenti delle classi V delle scuole primarie di Thiene Sabato 27 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene Proiezione del film OSCAR di Dennis Dellai, con la partecipazione di Rosa Marion Klein e del regista Dennis Dellai. Conduce il prof. Daniele Fioravanzo, docente di storia e filosofia del liceo F. Corradini Iniziativa riservata agli studenti degli Istituti superiori e CFP di Thiene Domenica 28 Gennaio Teatro Comunale - Viale Bassani – Thiene 16 GIOVANI DELLE BREGONZE DEPORTATI NEI LAGER TEDESCHI - il rastrellamento nazifascista del 26 agosto 1944. Testimonianza di Antonio Guglielmi, unico dei deportati ancora vivente. Conduce il prof. Ferdinando Offelli, letture della prof.ssa Valentina Maculan.

Page 2: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Momenti musicali col Coro dei Ragazzi delle Scuole Primarie e Secondarie S. Dorotea e Talin di Thiene diretto da Andrea Dal Bianco e da Sergio Gasparella con la partecipazione di Luciano Zanonato. Immagini delle Bregonze tratte dalla recente pubblicazione “Bregonze” a cura dei fotografi Giuseppe Stella e Valter e Luca Borgo. Iniziativa in collaborazione con l’Istituto scolastico S.ta Dorotea rivolta alla cittadinanza – ingresso libero Giovedì 8 febbraio Teatro Comunale - Viale Bassani - Thiene LA TRAGEDIA DEGLI ESULI GIULIANO-FIUMANO-DALMATI In collaborazione con l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. A cura della prof.ssa Adriana Ivanov, scrittrice e testimone. Conduce la prof.ssa Nicoletta Braga, docente di lettere dell'ITET A. Ceccato Iniziativa riservata agli studenti degli istituti superiori e CFP A seguire incontro per le classi terze delle scuole secondarie di primo grado di Thiene e Zanè. C’ERA UNA VOLTA AL DI LA’ DELL’ADRIATICO UN PEZZO D’ITALIA, ISTRIA, FIUME E DALMAZIA. CON LA GUERRA SONO VENUTE LE FOIBE E L’ESODO. Conduce la prof.ssa Nicoletta Panozzo, docente di lettere dell’I.C. di Thiene. Momenti musicali con il Gruppo Flauto e Coro della Scuola Media Ferrarin diretti da Fiorella Fragnito e Domenico Zamboni. Venerdì 9 febbraio, ore 15 Auditorium Città di Thiene “Fonato” - Via Carlo del Prete – Thiene IL PASSATO CHE NON PASSA. FASCISMO, COMUNISMO E QUESTIONE NAZIONALE IN EUROPA ORIENTALE NEL NOVECENTO. A cura del prof. Francesco Privitera, docente di storia delle relazioni internazionali - Università di Bologna. Conduce la prof.ssa Maria Luisa Nofrate, docente di storia e filosofia del liceo F. Corradini. Iniziativa in collaborazione con il liceo F. Corradini rivolta agli studenti di tutti gli istituti superiori e alla cittadinanza – ingresso libero Venerdì 9 febbraio, ore 20.30 Auditorium Città di Thiene “Fonato” - Via Carlo del Prete – Thiene QUALE SALVATORE: HITLER O CRISTO? Romano Guardini critico dell’ideologia A cura del prof. Giulio Osto, docente di Teologia, Facoltà Teologica – Padova. Conduce Luca Bortoli, giornalista de La Difesa del Popolo. Iniziativa per la cittadinanza – ingresso libero Teatro Comunale – viale F.Bassani 18/22 - Thiene (VI) Auditorium Fonato - Via Carlo Del Prete – Thiene (VI)

Page 3: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le leggi istitutive

Giorno della Memoria – 27 gennaio

legge n. 211 del 20 luglio 2000 "Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000 Art. 1 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Art. 2 1. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Page 4: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Giorno del Ricordo – 10 febbraio legge n. 92 del 30 marzo 2004

“Istituzione del “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2004 Art. 1 1. La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del Ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. 2. Nella giornata di cui al comma 1 sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all'estero. 3. Il “Giorno del Ricordo” di cui al comma 1 è considerato solennità civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260. Esso non determina riduzioni dell'orario di lavoro degli uffici pubblici né, qualora cada in giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado, ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54. 4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Art. 2 1. Sono riconosciuti il Museo della civiltà istriano-fiumano-dalmata, con sede a Trieste, e l'Archivio museo storico di Fiume, con sede a Roma. A tale fine, è concesso un finanziamento di 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2004 all'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata (IRCI), e di 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2004 alla Società di Studi fiumani. 2. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a 200 mila euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l' accantonamento relativo al medesimo Ministero. 3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Art. 3 1. Al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti e, in loro mancanza, ai congiunti fino al sesto grado di coloro che, dall' 8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle

Page 5: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

province dell'attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati, nonché ai soggetti di cui al comma 2, è concessa, a domanda e a titolo onorifico senza assegni, una apposita insegna metallica con relativo diploma nei limiti dell'autorizzazione di spese di cui all'articolo 7, comma 1. 2. Agli infoibati sono assimilati, a tutti gli effetti, gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati. Il riconoscimento può essere concesso anche ai congiunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 febbraio 1947, ed entro l'anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, escludendo quelli che sono morti in combattimento. 3. Sono esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati soppressi nei modi e nelle zone di cui ai commi 1 e 2 mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell'Italia. Art. 4 1. Le domande, su carta libera, dirette alla Presidenza del Consiglio dei ministri, devono, essere corredate da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la descrizione del fatto, della località, della data in cui si sa o si ritiene sia avvenuta la soppressione o la scomparsa del congiunto, allegando ogni documento possibile, eventuali testimonianze, nonché riferimenti a studi, pubblicazioni e memorie sui fatti. 2. Le domande devono essere presentate entro il termine di dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Dopo il completamento dei lavori della commissione di cui all'articolo 5, tutta la documentazione raccolta viene devoluta all'Archivio centrale dello Stato. Art. 5 1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è costituita una commissione di dieci membri, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o da persona da lui delegata, e composta dai capi servizio degli uffici storici degli stati maggiori dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, da due rappresentanti del comitato per le onoranze ai caduti delle foibe, da un esperto designato dall'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste, da un esperto designato dalla Federazione delle associazioni degli esuli dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia, nonché da un funzionario del Ministero dell'interno. La partecipazione ai lavori della commissione avviene a titolo gratuito. La commissione esclude dal riconoscimento i congiunti delle vittime perite ai sensi dell'articolo 3 per le quali sia accertato, con sentenza, il compimento di delitti efferati contro la persona. 2. La commissione, nell'esame delle domande, può avvalersi delle testimonianze, scritte e orali, dei superstiti e dell'opera e del parere consultivo di esperti e studiosi, anche segnalati dalle associazioni degli esuli istriani, giuliani e dalmati, o scelti anche tra autori di pubblicazioni scientifiche sull'argomento. Art. 6 1. L'insegna metallica e il diploma a firma del Presidente della Repubblica sono consegnati annualmente con cerimonia collettiva. 2. La Commissione di cui all'articolo 5 è insediata entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e procede immediatamente alla determinazione delle caratteristiche dell'insegna metallica in acciaio brunito e smalto, con la scritta «La Repubblica italiana ricorda», nonché del diploma. 3. Al personale di segreteria della commissione provvede la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Page 6: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Art. 7 1. Per l' attuazione dell'articolo 3, comma 1, è autorizzata la spesa di 172.508 euro per l'anno 2004. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 3. Dall'attuazione degli articoli 4, 5 e 6 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Page 7: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

  

Alcune recensioni del film Oscar di Dennis Dellai  Alessandra Dall'Igna VICENZA Grande emozione ed entusiasmo per la prima ufficiale del film “Oscar”, proiettato martedì sera al Ridotto del Comunale di Vicenza davanti ad una affollata platea di addetti ai lavori e rappresentanti delle istituzioni. Il nuovo film del regista e giornalista del Giornale di Vicenza Dennis Dellai ha saputo raccontare, attraverso una scrittura, una regia e una fotografia autentiche e non edulcorate per uso e consumo del grande pubblico, un pezzo di storia vicentina sconosciuta ai più, accendendo il vivido ricordo dei rastrellamenti, delle code per la razione di pane, dell'oscurità dei rifugi antiaerei, del cieco odio verso gli ebrei. Ma anche del coraggio e della generosità di uomini e donne qualunque, dimenticati dalla Storia. Un'opera corale nella quale ognuno dei personaggi possiede una propria personalità e soprattutto una dignità narrativa in grado di trascinare il pubblico dentro al cuore della storia, quella del musicista e jazzista ebreo Oscar Klein che al tempo della seconda guerra mondiale visse ad Arsiero con la sua famiglia per sfuggire alle deportazioni dei nazisti. E se in un primo momento lo sguardo degli spettatori inevitabilmente vaga per lo schermo alla ricerca di luoghi e volti familiari, l'attenzione viene poi catturata dalla trama che regala lacrime e risate, colpi di scena e profonde riflessioni, e dalla convincente interpretazione del cast, buona parte del quale composta da attori non professionisti. E questo è probabilmente l'aspetto più sorprendente e miracoloso di “Oscar”, ovvero che ci si trova di fronte ad un film in costume low budget che ha coinvolto 900 comparse, finanziato da una manciata di imprenditori coraggiosi, girato di domenica con telecamere poco più che amatoriali da una squadra di volontari che hanno dedicato sei anni della loro vita a questo progetto, curandone la post produzione e la colonna sonora originale. «Riguardando il film ho rivissuto una ad una tutte le riprese - afferma Dennis Dellai - e le difficoltà incontrate in questi sei anni di lavoro. Di certo non è un film perfetto, ma mi auguro sia riuscito a trasmettere un’emozione. Ringrazio di cuore chi ha creduto fino alla fine in questo progetto». L’immagine simbolo di questa serata, e del motivo profondo che ha spinto Dellai e la sua squadra a impegnarsi così duramente, è certamente l'abbraccio sul palcoscenico tra l'Oscar cinematografico - l'attore Leonardo Pompa - e la vera sorella Rosa Marion Klein. «Io sono figlia di Alessandro e Agnese, sorella di Oscar - dice visibilmente emozionata la signora Klein dopo la proiezione della pellicola - e a nome loro voglio dire grazie per questo capolavoro che ha saputo raccontare la nostra vita. La cosa più incredibile è che Dennis, pur non conoscendoli, ha saputo cogliere l'essenza della mia famiglia, e in particolare di Oscar». Tanti i camei di personaggi più o meno conosciuti del Vicentino, su tutti un gioviale giocatore di carte che apre il film: il sindaco di Thiene Giovanni Battista Casarotto.

Page 8: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

Ora la pellicola verrà proiettata al cinema Verdi di Breganze, all'interno della rassegna “Giornate di cinema 2016”, domenica 17 e lunedì 18 aprile.

“Oscar”, ovvero il coraggio di sognare di Stefano Messuri    

14.04.16 Summertime è  la  stagione  che  segna  l'inizio  di  questo  racconto:  note  immortali  spezzano  un silenzio  di  paura  e  salgono  altissime  a  svelare  una  veduta  aerea  di  perfetta  armonia,  come  la natura  senza  l'uomo, un  ‘suono' di colori; dalla  stessa altezza  il  rumore osceno dei bombardieri rompe  l'incantesimo, mitraglia  inutilmente una piazza vuota e costringe alla  fuga  l'ultimo uomo, che suona. Forme diverse della stessa materia umana creano il miracolo della musica e producono la follia di chi vuole zittirla. Oscar è questo: un pezzo di vita attraversato dalla forza dei sentimenti; vergogna di leggi razziali e solidarietà, tradimento e vendetta, amore e distacco, forza del sogno e libertà, musica. E necessità della memoria, unamemoria che può esprimersi tutta intera in una sola lacrima. Sono  temi noti,  li  abbiamo  già  incontrati  al  cinema,  sui  libri e nei  ricordi, e proprio per questo difficili da maneggiare: da un lato funzionali alla presa sul pubblico, dall'altro esposti al pericolo del già visto, alle lusinghe della retorica. Dennis Dellai ha corso questo rischio, ma ne esce vincente. Oscar emoziona  lasciando addosso un groviglio di sentimenti che non va più via; conduce  la sua vicenda particolare al significato universale che tutti (ri)conosciamo, con la forza della semplicità; l'esatto opposto del semplicismo, o della banalità. Raccontare  in modo  semplice  significa  conoscere  la materia  che  si modella,  liberarsi  da  scorie retoriche  e  ideologiche,  calpestare  la stessa terra  che  si  descrive,  respirare  la stessa aria di quelle persone, parlare la loro lingua, ascoltarne la voce. Ilfilm prende le mosse da una storia vera, ma non sarebbe bastato questo a renderlo “credibile”: lo diventa  in mano  ai  suoi  autori  perché  rispetta  il  principio  ineludibile  di  coerenza  interna  del racconto, mantiene il patto con lo spettatore, la prima regola da osservarsi per chiunque prenda in mano una penna o una macchina da presa. Per riuscirci serviva la collaudata alchimia del duo Dellai‐Turbian, la loro competenza nella scrittura e  nella  regia,  l'onestà  intellettuale  e  l'umiltà  di  chi  racconta  senza mettersi  in  cattedra,  di  chi mostra senza giudicare e senza appoggiarsi al facile puntello del senno del poi. La  scrittura  e  la  regia  di Oscar offrono  un  fedele  autoritratto  dei  suoi  autori,  che  firmano  una sceneggiatura  solida, antiretorica e priva di eccessi o  caricature;  convincente anche nelle  figure chiave  più  difficili,  nei  chiaroscuri  narrativamente  ‘pericolosi'  da  affrontare  in  una  prospettiva storica ancora pulsante. È molto efficace, ad esempio,  la descrizione di quei  funzionari  in buona fede abbandonati a se stessi da uno stato fantoccio, costretti dall'«alleato» all'osservanza di leggi inconcepibili, fino allora (in parte) mitigate dal buon senso popolare e dalla solidarietà tra simili; diventano quindi credibili  la rappresentazione del  loro sconcerto,  la certezza del rifiuto di ordini illegittimi e infami. Non manca  la scena  ‘dura', comunque calibrata  in funzione narrativa, perché sempre di tragedia stiamo parlando; il contrappunto delle sequenze di alleggerimento (la festa in piazza, i momenti di allegria, la ‘normalità') evidenzia per contrasto l'assurdità di una guerra incomprensibile alla gente, e la pericolosa china assolutoria nei confronti della violenza cui porta ogni conflitto, a prescindere 

Page 9: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

dalle appartenenze: “niente processo per  i  traditori”.  In questo Dellai conferma un equilibrio di stile già chiaro nel fortunato precedente di Terre Rosse. La sua regia (affiancata dall'immancabile aiuto Davide Viero) è sicura e naturale, mai debordante, precisa nelle sequenze corali, misurata e rispettosa nei ritratti intimi e nei dialoghi. Dellai controlla da professionista la luce e la macchina da presa, rivela di amare il cinema e i suoi maestri.  Non  sfugge  l'omaggio  a  Spielberg  e  all'indimenticabile  cappottino  rosso  di Schindler's List [anche Schindler si chiamava Osc(k)ar], qui tuttavia rievocato in funzione salvifica e risolutiva; la  colonna  sonora  attraversa  ogni  inquadratura,  una musica  che  diventa  (anche)  condivisione, segno di solidarietà che si materializza nel vinile ‘proibito' di Gershwin, simbolo e testimone di un sogno di libertà e della volontà di perseguirlo. Una bella fotografia accompagna e sostiene la linea narrativa, alternando con maestria toni e luci, il montaggio ‘scompare' abilmente nelle sequenze di azione. Il cast è  in stato di grazia. Leonardo Pompa e Sara Lazzaro offrono un'interpretazione  intensa ed equilibrata; Piergiorgio Piccoli padroneggia  la scena, Anna Zago è all'ennesima conferma, Davide Dolores,  Guido  Laurjni  e  Loris  Rampazzo  tra  i  ruoli  più  riusciti,  Carlo  Properzi  Curti  crea  un personaggio difficile da dimenticare. Nel cameo finale l'indiscutibile spessore di Mariano Rigillo. «Eravamo pieni di sogni, volevamo solo la libertà di poterli vivere» ‐ dice Oscar. Con grande impegno, forza e passione Dennis Dellai ha raggiunto il suo. 

In «Oscar», la storia scritta dalle persone, oltre l'ideologia Di Luca Bortoli www.difesapopolo.it Denis Dellai ha completato in sei anni il suo secondo film dedicato all’ultima guerra. Il cineasta amatoriale thienese racconta la vicenda del jazzista ebreo Oscar Klein che, con la sua famiglia, riesce a scampare alla deportazione ad Auschwitz degli internati che erano stati raccolti nel campo di lavoro di Tonezza del Cimone. La soddisfazione e la fatica di girare nei ritagli di tempo mettendo assieme tutti gli attori, tra cui 940 comparse, restando all’interno di un budget davvero ristretto. È l’inverno del ’43. Un gruppo di partigiani fa irruzione in osteria, all’orario di chiusura. La notte è già scesa sulla Valdastico e copre il rapimento dell’oste Giovanni, trombettista scalzato dalla banda del paese dall’ebreo Oscar Klein. È l’invidia cieca a fare di Giovanni la spia che denuncia all’occupante nazista la presenza della famiglia austriaca di origini giudaiche in paese ad Arsiero: una denuncia che paga con la morte, giustiziato dagli stessi partigiani.

È in questa scena che si concentra il messaggio più puro di Oscar, la seconda opera del cineasta amatoriale thienese Dennis Dellai, giornalista de Il Giornale di Vicenza che bissa il successo di Terre rosse con un lungometraggio in cui torna a raccontare gli anni bui della seconda guerra mondiale nell’Alto Vicentino.

Oscar, presentato il 5 aprile a Vicenza, tra domenica 17 e lunedì 18 ha ricevuto il tributo del numerosissimo pubblico che ha affollato per quattro proiezioni in due giorni il cinema Verdi di Breganze. «Anche questa volta – spiega il regista – abbiamo scelto di raccontare la storia dei singoli, degli individui, non quella delle ideologie. Emerge quindi la vicenda personale di chi, più che in base alla divisa, ha vissuto e agito a partire dalle relazioni e dalle proprie convinzioni personali».

Il bianco e il nero, con cui siamo abituati a dipingere la storia, nel film di Dellai assumono invece un tono più vero che ripercorre molte delle esperienze che fra il 1940 e il 1945 hanno vissuto i paesi e le contrade venete: su tutte quella del podestà di Oscar, costretto a ubbidire all’occupante eppure compiacente con l’ebreo, amico dei suoi figli.

Già perché il film descrive, romanzandola, la biografia del jazzista di successo Oscar Klein, che con la sua famiglia è scampato al rastrellamento del campo di lavoro di Tonezza (raccontato da Dellai) durante il quale 40 ebrei vennero deportati ad Auschwitz nel ’44 senza far più ritorno. Una narrazione suggerita da Giannico Tessari, anima de “Le porte della memoria” con cui Thiene ricorda ogni anno la

Page 10: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  Shoah e l’eccidio delle foibe, e apprezzata da Rosa Marion Klein, sorella di Oscar interpretata da Eleonora Fontana, che da anni porta la sua testimonianza nelle scuole della provincia.

La soddisfazione di Dellai è palpabile, ma il regista non nasconde nemmeno la fatica. «Abbiamo concluso un’odissea di sei anni – confessa – Girare nei ritagli di tempo, mettere insieme tutti gli attori, tra cui le 940 comparse (una comunità come l’ha definita Stefano Messuri, presidente del Cineforum di Breganze, ndr) è stato tutt’altro che facile. Arduo in particolare mantenere il filo della narrazione e fare i conti con l’evoluzione della tecnologia digitale: abbiamo sostituito quattro telecamere nel tempo, il che ha significato rendere omogeneo materiale molto differente a livello fotografico».

E poi non va dimenticato l’aspetto economico: lontano anni luce non solo dalle faraoniche produzioni hollywoodiane, Oscarè un prodotto da 50 mila euro finanziato da quattro imprenditori locali. «È per quest’atto di fiducia, oltre che per l’“armata Brancaleone” di folli che mi segue in queste avventure che non ho mollato durante la lavorazione».

Nei ricordi di Dellai, assistito da Davide Viero come aiuto regista e dallo sceneggiatore Giacomo Turbian, rimarrà la collaborazione con Mariano Rigillo, grande professionista che con umiltà si è calato in quello che è ben di più di un cammeo, e ha portato con sé sul set anche la moglie e la figlia.

Oscar è in sala al cinema Odeon di Vicenza domenica 24 (ore 20.30) e lunedì 25 aprile (ore 19.30). Alcune proiezioni sono in fase di programmazione anche fuori provincia.

Oscar: quando la musica ti può salvare 

Di Paolo Perlini Tanti dubbi e poche ma solide convinzioni, questo è il mio credo. E sono sempre più convinto che in qualsiasi attività artistica siano necessarie due qualità: una buona storia (o una buona musica, un soggetto da ritrarre) e passione, tanta. Tutto il resto è benvenuto ma non necessario. Ne riscontro la prova sempre più spesso ascoltando musicisti sconosciuti che suonano negli angoli delle strade o che si fanno conoscere attraverso il web oppure illustratori, disegnatori che, sempre attraverso la rete rendono pubblici i propri lavori. La stessa cosa succede nel cinema: se hai una buona storia, la voglia di raccontarla e un gruppo di amici che ti segue, puoi impiegare sei anni per produrre un film, spendere un budget ridicolo e realizzare un’opera che non ha nulla da invidiare ai colossal hollywoodiani. È questo il caso di "Oscar", secondo lungometraggio del regista Dennis Dellai che torna ad emozionarci dopo "Terre Rosse". Oscar Klein è un giovane musicista ebreo al confino ad Arsiero, un paese dell’Alto Vicentino. Il suo talento lo scopriamo nei primi minuti, quando una festa di paese viene interrotta dall’arrivo di due aerei militari. La sirena invita tutti a scendere nel rifugio, la piazza resta deserta, con gli strumenti a terra e gli spartiti che svolazzano. Lui passa di lì, vede la tromba, la tentazione è forte e inizia ad intonare Summertime, un pezzo che ci accompagna numerose volte nel film. Grazie alla musica conquista la simpatia di Vittorio e della sorella Emma, figli del podestà, ed entra a far pare della banda del paese diretta dal parroco don Franco. Dopo l’8 settembre le cose cambiano, arriva l’occupazione tedesca ed Oscar e la sua famiglia sono costretti a fuggire, grazie all’aiuto di Emma, il parroco e una rete di partigiani. Il regista ama definire il suo come un “cinema di comunità” perché in molti hanno partecipato a questo progetto, gratuitamente e con quello che potevano offrire: la comparsata, un aiuto sul set o nel trasporto dei materiali, la realizzazione delle scenografie, la fornitura di oggetti da collezione, divise e vestiti dell’epoca, nonché le armi. Un film low budget che ha coinvolto quasi mille comparse, girato nel tempo libero, ovvero la domenica perché non vivendo di cinema tutti hanno un altro lavoro che li impegna. Un film che narra una storia vera, con qualche licenza dovuta ad esigenze narrative e la cui realizzazione è un’altra storia a parte. “Cinque anni di riprese, un anno di post produzione. In tutto questo tempo abbiamo visto i figli crescere” ha detto il regista dopo la proiezione.

Page 11: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  Numerosi sono gli aneddoti che rendono questo film una storia nella storia, perché quando si hanno pochi soldi bisogna ingegnarsi: se ti serve un treno ferroviario per girare una delle scene più complesse e spettacolari, non puoi chiederlo a Trenitalia, il noleggio ti costerebbe quanto l’intero film. Però, se casualmente vieni a sapere che un prete della Bassa Veronese (per chi non lo sapesse, secondo il proverbio i veronesi sono tutti matti, a modo loro e in modalità diversa) tiene in giardino sei vagoni dismessi da Trenitalia diventa logico muoversi, andare a spiare oltre le siepi, consultare sacrestani e perpetue. E alla fine questo prete lo trovano ed è vero quanto si dice, nel giardino non tiene Biancaneve e i Sette Nani ma proprio i vagoni di un treno, che gentilmente mette a disposizione.

Curiose sono state anche le difficoltà per ottenere il visto della censura, giudizio più volte respinto non per la qualità o i contenuti del film ma perché non erano rispettate sciocchezze come la lunghezza dei titoli di coda, inevitabilmente lunghi dato il numero di partecipanti e comparse che avevano lavorato gratuitamente e la troupe intendeva ringraziare.

Un film in cui ci sono omaggi a registi illustri: la sagoma di Vittorio e la storia che gira intorno al disco di Summertime ricorda il trombettista amico del "Novecento" di Tornatore; la bimba con il cappotto rosso richiama "The Schindler List". Citazioni che il regista non nasconde, anzi, le trasforma in un omaggio ai grandi del cinema. Una storia che commuove, che ci fa capire come siamo tutti uguali e tutti diversi e basta poco per diventare traditori o eroi, nonostante gli sforzi di don Franco, che ai musicisti della banda diceva: “Qui siamo tutti uguali, la musica ci unisce”. Un desiderio che nel film si è infranto. Nella realtà invece, il trombettista ebreo Oscar Klein, diventato un jazzista di fama, suonerà insieme a Romano Mussolini, jazzista, figlio di colui che promulgò le leggi razziali. Infine un film che ti fa capire quanto una buona storia e tanta passione producano bellezza. Il resto e tutto trucco.       

 

 

 

Page 12: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

La memoria non basta di Paola Valente

Il ricordo di ciò che ha informato la vita degli esseri umani è scritto nei documenti della storia, insieme alle varie interpretazioni. E’ la memoria oggettiva, fatta di date, di cifre e di avvenimenti. C’è anche un ricordo più profondo, il ricordo del cuore, inciso nella carne di chi è stato protagonista e spesso vittima della storia. E’ un ricordo che si tramanda di generazione in generazione e che non finisce mai di bruciare, iscritto nelle cellule corporee come una mappa del dolore. Chi non ha vissuto la shoah è un testimone che non sa, ma immagina e la sua sofferenza è appunto immaginativa: si mette in qualche modo nei panni di chi ha perso la vita, la dignità, la famiglia, il senso di appartenenza all’umana congerie e si batte perché ciò non succeda mai più. I testimoni diretti del massacro operato dai nazifascisti sono quasi scomparsi. Restano coloro che hanno raccolto i loro racconti, guardato le foto, letto i documenti, coloro che desiderano sapere e comprendere come la divisione delle persone in gruppi abbia potuto determinare la sopraffazione dei più deboli. C’è anche un altro tipo di testimone indiretto. E’ colui che nega la shoah, che la minimizza, che giustifica i torturatori perché, in qualche modo, le vittime se la sono andata a cercare, perché è convinto che esistano razze inferiori che premono ai confini nazionali per minare il suo benessere faticosamente costruito, perché i torturatori “hanno anche fatto molte cose buone”. Commemorare il martirio degli ebrei, dei rom, degli omosessuali, delle persone che non appoggiavano il nazifascismo non è sufficiente per ricostruire un rapporto sano con tutta l’umanità. Mentre da un lato si deprecano i fatti accaduti quando in Europa imperversavano i totalitarismi, dall’altro si erigono muri per difendere ciò che è chiamato “identità nazionale”, senza rendersi conto che tale divisione crea il rischio che tali fatti si ripetano. Mettere un’etichetta a un essere umano definendolo in base al sesso, alla religione, all’etnia di appartenenza, alle idee espresse significa che quell’essere umano non è considerato per ciò che sente e ciò che fa, ma per ciò che il pregiudizio gli attribuisce. Sei un migrante? Ebbene, sei automaticamente uno scansafatiche che ha attraversato il mare con il telefonino in tasca per approfittare della nostra accoglienza. Sei un rom? Automaticamente sei un ladro. Sei un omosessuale? Automaticamente sei un pervertito. Sei una donna? Automaticamente sei una proprietà del maschio. Sei un musulmano? Automaticamente sei un terrorista. E così via. Il pregiudizio impedisce qualsiasi dialogo ed è il muro più alto e invalicabile che esista. “Non sono razzista, ma …” era un tempo il refrain di chi viveva di pregiudizi. Ora il razzista si vanta di esserlo perché ha trovato una valvola di scarico alla propria infelicità. Quando si alimenta dentro di sé l’odio contro qualcuno, si crea un mostro sempre più affamato, che invade la mente con tentacoli innumerevoli. Quando gli odiatori si riuniscono in gruppi, danno forma all’odio, trasformandolo in ideologie e in politica, ideologie e politica che la gente semplice accetta appunto perché sono idee

Page 13: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

semplici, efficaci, divisive. E’ molto più semplice e efficace attribuire pregi e difetti a una categoria che conoscere gli uomini a uno a uno. I morti nei campi di sterminio avevano una propria, meravigliosa unicità che non ci è più dato di conoscere. Il nazismo si preoccupò, prima di uccidere, di cancellare l’unicità dei prigionieri: ne cancellarono prima il nome, sostituito da un numero; quindi uniformarono i corpi rasando i capelli, vestendoli tutti uguali, affamandoli, sfruttandoli, infine bruciandoli tutti insieme, che si mescolassero in un ammasso indistinto di cenere. Era il loro modo, crudele e inumano, di ribadire come quelle persone appartenessero a un’unica categoria da distruggere senza pietà. Non importava se i bambini subivano la stessa fine: erano pur sempre ebrei, sarebbero cresciuti, avrebbero propagato la loro “razza”. L’idea di razza come connotazione di inferiorità non risparmia neppure i bambini, gli innocenti. La memoria non basta e non bastano neppure le innumerevoli, per fortuna, testimonianze storiche. Prova ne sia, fra l’altro, il rigurgito fascista e nazionalista che pervade il nostro Paese. Non si difende la propria identità culturale senza sapere che tale identità è un insieme di prestiti da tantissime altre culture. Non esiste una cultura omologata e chiusa in se stessa e, se esistesse, sarebbe destinata ben presto a perire, soffocando se stessa in idee e norme rigide e obsolete. Bisogna perciò partire dai più giovani, lasciarli liberi di esplorare il mondo senza inculcare in loro idee pregiudiziali, rispondere alle loro domande non con teorie ma con i fatti. Non è raccomandando di rispettare gli altri che noi insegniamo ai più giovani il rispetto. Le prediche sono assolutamente inefficaci. E’ l’esempio che conta: i nostri figli rispetteranno gli altri nelle misura in cui li rispettiamo noi. Rispetteranno l’ambiente perché vedono che noi lo rispettiamo. Leggeranno e si informeranno in proporzione a quanto lo facciamo noi. Combatteranno contro le disuguaglianze e le prepotenze se anche noi lo faremo. Per gli adulti, questa si chiama responsabilità.

Page 14: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

Il 26 agosto 1944 un grande rastrellamento nazifascista ha colpito le colline delle Bregonze e 16 giovani sono stati deportati e costretti al

lavoro coatto.

Mi capita sempre più spesso di riconoscere che senza l’istituzione del Giorno della Memoria, il 27 gennaio di ogni anno, istituito con legge dello Stato nel 2000, molte storie e molte vicende della Seconda Guerra Mondiale sarebbero andate perse per sempre. Il pericolo che un momento di riflessione e di fare memoria possa diventare rituale e diventare una celebrazione retorica è sempre presente, ma pensiamo alle numerosissime iniziative e ricerche che ogni anno vengono proposte e fatte conoscere in ogni angolo d’Italia, sulla spinta dell’appuntamento del 27 gennaio. Ultima della serie il rastrellamento delle Bregonze del 26 agosto 1944 che ha significato la deportazione e il lavoro coatto per almeno 16 giovani dei Comuni di Carrè, Zugliano e Lugo di Vicenza. Qualcosa di questo rastrellamento si sapeva, qualche ricerca era stata fatta, ma per avere la consapevolezza delle dimensioni e della durezza di quel rastrellamento bisognava avere davanti i nomi e i volti delle vittime, dei giovani catturati e deportati. Otto mesi di lavori forzati hanno segnato questi giovani per sempre, nel fisico e nel morale. Sono tornati distrutti e non hanno raccontato nulla o quasi o forse non hanno trovato chi stesse ad ascoltarli. Il disastro della guerra era stato così grande, con famiglie che avevano avuto i figli a combattere e a morire in mezzo mondo e chi era tornato vivo non faceva notizia perché alla fin fine era stato fortunato. Antonio Gugliemi è l’ultimo di loro ancora fra noi e anche lui ha raccontato poco; fortunatamente, all’età di 90 anni, ben portati, ha deciso che la sua storia e quella dei suoi compagni doveva essere conosciuta. La ricerca ha voluto comprendere tutti i giovani che quel sabato 26 agosto sono stati catturati e deportati, uno era padre di un bambino di pochi mesi, altri avevano 17 o 18 anni, altri ancora erano soldati che con l’8 settembre avevano deciso che non volevano più saperne di fare la guerra, avevano già sofferto abbastanza. E’ stato possibile, grazie ad Antonio Guglielmi e ai famigliari dei compagni di sventura ricostruire qualcosa della loro prigionia, poco per la verità, per il motivo che ho detto e anche perché la maggior parte di loro è deceduta, ancora giovani, da molti anni, fra gli anni ‘70 e ’90. Però almeno un quadro di questa dura e disumana vicenda ora è stato disegnato. Non è l’unico caso di deportazioni dimenticate o rimosse. A fine febbraio 1945, ben 10 Thienesi, quasi tutti della Conca sono stati catturati nelle loro case, deportati nel lager di Bolzano e costretti a lavorare per i Tedeschi. Anche di questo rastrellamento è rimasto nella memoria molto poco. E si potrebbe continuare. Per chi non ha vissuto la guerra, ormai non c’è più nessun testimone, viene da pensare che la nostra zona, abbia sì patito, scontri, deportazioni, morti ed esecuzioni, ma non nella misura reale; c’è l’idea che siamo stati risparmiati da sorti peggiori che toccarono ad altre zone del Paese. Per molti giovani addirittura la Guerra da noi non è mai esistita!

Page 15: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

Non è così, ricerca dopo ricerca emerge che la nostra terra ha sofferto e ha pagato un tributo di sangue molto grande; è bene saperlo e soprattutto ricordarlo.

Giannico Tessari

Page 16: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

10 FEBBRAIO: DEDICATO AD EGEA

Guardare indietro per guardare avanti non è un paradosso, ma la lezione di vita che la storia vorrebbe insegnare ad ognuno di noi, per trarre l’insegnamento da imitare, per spazzar via l’errore e l’orrore da non ripetere. E le commemorazioni, le date simbolo, gli anniversari mirano ad individuare una pagina del passato che bussi alla porta della nostra conoscenza, della nostra coscienza, della nostra umanità, sollecitando il sapere, la consapevolezza, la riflessione. E’ quanto auspica la data del 10 Febbraio, che dal 2004 coincide con il Giorno del Ricordo, istituzionalizzato con voto quasi unanime del Parlamento, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’ esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata…sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado…

I giovani, sì, non solo quelli attuali, ma anche quelli ormai adulti e maturi che per sessant’anni, fino appunto al fatidico 2004, non hanno trovato cenno nei loro testi scolastici della tragedia delle foibe e dell’esodo, per una congiura del silenzio - come la definì l’ allora presidente Napolitano - che non perdonava agli esuli il fatto di esser fuggiti al 90% in quasi 350.000 dalle loro terre, ormai jugoslave e sottoposte al regime comunista del maresciallo Tito, come se fossero tutti fascisti. Privati dei diritti fondamentali, perseguitati in quanto italiani, unici tra i connazionali ad aver sperimentato sulla loro pelle non solo il nazifascismo come il resto della nazione, ma anche il comunismo reale, pagarono il prezzo della sciagurata guerra cui Mussolini ci aveva condotto anche con la perdita del suolo natale, un territorio che equivale quasi ad una regione come le Marche. Pagarono agli errori del fascismo il prezzo in assoluto più alto di tutto il conflitto, proprio loro accusati di essere fascisti in fuga. Erano in fuga da un altro totalitarismo, frutto dell’ espansionismo nazional- comunista di Tito, pur avendo compiuto dopo il fatidico 8 settembre 1943 scelte sofferte e diversificate come tutti gli altri connazionali: non solo repubblichini di Salò per difendere il confine orientale dalle mire dei partigiani di Tito, ma anche combattenti tra le fila della Resistenza, forze regolari a fianco degli anglo- americani nel risalire la penisola, internati IMI nei campi di prigionia germanici per essersi rifiutati di collaborare coi tedeschi…

Page 17: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

Non era certo una fascista in fuga la “bambina con la valigia”, immagine simbolo del Giorno del Ricordo, Egea Haffner, nata a Pola, Italia nel 1941. Nel 1947, con la firma del Trattato di Pace siglato a Parigi il 10 febbraio, che cadeva come una mannaia sulle popolazioni dell’Adriatico orientale, assegnandole alla Jugoslavia, l’ esodo da Pola toccò il picco e circa 30000 su 32000 polesani fuggirono. Egea fu costretta a fuggire già nel 1946, poco dopo che suo padre era stato prelevato dai titini di notte e non era più tornato a casa, probabilmente infoibato come avvenuto ad altre migliaia di italiani già dopo l’ armistizio dell’8 settembre 1943 e dopo il 25 aprile 1945, dunque ad armi ferme! Partendo con la mamma, le fu scattata la famosa fotografia, oggi manifesto ufficiale del Giorno del Ricordo. Una zia le fece i boccoli e le confezionò un vestitino di seta, le misero in mano un ombrellino e la valigia con su scritto “esule giuliana n. 30001”, un numero allusivo: gli abitanti di Pola in fuga erano 30000, dicevamo, più uno… la piccola Egea. Vive a Rovereto la signora Egea Haffner e ha 76 anni. E quel musetto corrucciato, quel corpicino costretto a portare sulle spalle una tragedia più grande di lei ci ricordano di ricordare. Il 10 febbraio è stato istituito a questo scopo, per Egea e per tutti quei bambini defraudati della loro infanzia, per tutti quegli italiani defraudati delle loro terre, e spesso della vita.

Adriana Ivanov Danieli esule a un anno da Zara

Page 18: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

Il Passato che non passa. Fascismo, comunismo e questione nazionale nell’Europa Orientale del Novecento 

 La  “crisi  dei migranti”  ha  reso  evidenti  le  contraddizioni  del  processo  d’integrazione  europea, inceppatosi  fra  derive  sovraniste  e  mancata  costruzione  di  una  dimensione  sovranazionale europea. Nuovi “muri” e confini sembrano dividere  l’Europa e gli altri, o  forse gli stessi europei, alla ricerca di risposte sul proprio presente, che affondano le radici nel passato e nella necessità di costruire una memoria condivisa della Storia europea. Partendo dalla riflessione sulle esperienze del confine giuliano e altoatesino, s’intende ragionare, con uno sguardo più complessivo, ai temi contemporanei dell’allargamento  a Est e  alla  ridefinizione dello  spazio europeo dopo  la Guerra Fredda. L’Europa orientale, in particolare, sembra essere ancora “prigioniera” del proprio passato, dominato  dalla  “questione  nazionale”,  percepita  in  chiave  etnica  e  politicamente  assertiva. Fascismo e comunismo  trovano, quindi, ancora proseliti  fra molti cittadini dell’Europa orientale, nella convinzione di poter difendere più efficacemente la sovranità nazionale, altrimenti percepita come messa a rischio dalla democrazia e dal mercato, in un mondo sempre più globalizzato.      Breve Bibliografia di base  Balibar, E., Crisi e Fine dell’Europa? Bollati Boringhieri, Torino, 2016 Chabod , F., Storia dell’Idea d’Europa, Ed. Laterza, Bari , 1961, 1995. Giddens, A., Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, il Mulino, Bologna, 2000. Meyer , M., L’anno che cambiò il mondo. La storia non detta della caduta del Muro di Berlino, il Saggiatore, 2009.  Ceccotti F., Pizzamei B., Storia del confine orientale italiano 1797‐2007 Cartografia, documento, immagini, demografia, Irsml Fvg, Trieste 2008; De Castro,  D., La questione di Trieste. L’azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, 2 voll. Lint, Trieste, 1980; Di Michele A., L’italianizzazione imperfetta. L’amministrazione pubblica dell’Alto Adige tra Italia liberale e fascismo, Alessandria 2003. Galeazzi M., Roma‐Belgrado, gli anni della guerra fredda, Longo, Ravenna, 1995; Karlsen, P., Frontiera Rossa. Il PCI, il confine orientale e il contesto internazionale 1941‐1955, Libreria Editrice Goriziana, 2010. Marcantoni M., Postal, G., Sudtirol. Storia di una guerra rimossa (1956‐1967), Roma, 2014. VARSORI  A., ROMERO F., Nazione, interdipendenza, integrazione. Le relazioni internazionali dell’Italia (1917‐1989), Roma 2006. Vidali, V., Ritorno alla città senza pace. Il 1948 a Trieste, Vangelista, Milano 1982      

Page 19: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

L’arco di tempo, tra  il Congresso di Vienna del 1815 e  la Conferenza di Pace di Parigi del 1919, rappresenta la parabola discendente degli Imperi sovranazionali europei. Con l’avvento delle “primavere  dei  popoli”  del  1848  vennero  a  disegnarsi  differenti  progetti  nazionali,  spesso contrapposti  tra  loro nella propria definizione  territoriale, dando  avvio  alle diverse  vicende dei risorgimenti europei. Sebbene nell’accezione mazziniana,  il “risveglio dei popoli” avrebbe dovuto seguire  un  progetto  condiviso  di  autodeterminazione  dai  grandi  imperi  sovranazionali,  in particolare da quello asburgico, all’epoca  indicato come  la “prigione dei popoli”, assumendo un respiro  europeo  e  federalista,  prevalse  ‐  invece  –  nei  circuiti  irredentistici  europei  la  visione herderiana  del  “blut  und  boden”  (il  sangue  e  la  terra).  Tale  visione  divenne,  quindi,  elemento distintivo  e  preponderante  dei  nazionalismi  europei  nella  costruzione  dei  rispettivi  modelli identitari. La Nazione, perciò, divenne una comunità immaginata di sangue, lingua, cultura e fede, fisicamente  distribuita  su  di  un  territorio  riconosciuto  come  proprio  da  una  specifica reinterpretazione della Storia.    E’ all’interno di quest’ambiente culturale, che  tanto caratterizza  il corso dell’Ottocento e del  Novecento  (fino  alle  sue  propaggini  nel  XXI  sec,  nella  difficile  dialettica  fra  processo d’integrazione  europea  e  sovranità  degli  Stati/Nazione),  che  si  dipanano  le  vicende,  prima,  del Risorgimento Italiano e, poi, di quello Jugoslavo e si viene a sviluppare  la controversa “questione giuliana”.  

Il Risorgimento italiano, però, ha una valenza ben più ampia, rispetto al semplice contesto nazionale, sia per  le  implicazioni geopolitiche che ne conseguirono, sia soprattutto per  la valenza simbolica  che esercitò  sulle popolazioni dell’Europa orientale, quale modello di  riferimento per comportamenti emulativi nella definizione dei rispettivi “risorgimenti” (di solito, nelle storiografie dell’Europa orientale il termine risorgimento è sostituito da quello di rinascita/rinascimento).    La Terza guerra del Risorgimento del 1866, portò all’ingresso del Veneto nella compagine unitaria italiana e, di lì a poco nel 1870, la presa di Roma, futura capitale del Regno d’Italia terminò il ciclo risorgimentale avviato nel 1848. Tuttavia,  la Terza guerra del Risorgimento, rappresentò  il tornante  da  cui  scaturì,  in  un  rapporto  causa‐effetto  (oramai  ampiamente  riconosciuto  dalla storiografia  contemporanea  europea),  quella  serie  di  eventi  storici  che  condussero  alla  Prima Guerra Mondiale  (e conseguentemente alla Seconda).    Inoltre, sebbene poco raccontata, poiché pagina meno nobile (per  le sconfitte militari subite), rispetto alle due precedenti,  la Terza guerra del  Risorgimento  fu  quella  che  determinò  l’avvio  della  fase  risorgimentale  jugoslava  (e  più  in generale delle popolazioni dell’Impero alla ricerca d’una propria sovranità: polacchi, cecoslovacchi, romeni), quale reazione ai nuovi equilibri nazionali all’interno dell’Impero asburgico.  

L’Impero  asburgico,  infatti,  aveva  nella  comunità  italiana,  la  terza  delle  nazionalità  più ricche nella propria struttura politico‐economica imperiale. Allo stesso tempo, la comunità italiana rappresentava  un  elemento  di mediazione  fra  le  parti  austriaca  e  ungherese  dell’Impero,  cui  il drammatico ridimensionamento per  la perdita del Lombardo‐Veneto aveva  imposto, dopo  lunghi rinvii, la necessità dell’Ausgleich nel 1867 e la trasformazione dell’Impero nella Duplice Monarchia austro‐ungarica. Contemporaneamente,  tali  sconvolgimenti  geopolitici  innescarono  una  serie  di rivolte nell’Impero ottomano, volte alla costruzione di Stati nazionali sull’esempio di quello italiano (in Romania, in Bulgaria e in Serbia). La Serbia (assieme a Romania e Bulgaria), con il Congresso di Berlino nel 1878, ottenne – di fatto – la propria indipendenza, predisponendosi a svolgere un ruolo di tipo “piemontese” nel processo risorgimentale jugoslavo. 

Pertanto,  il  Risorgimento  italiano  ha  una  valenza  ben  più  ampia,  rispetto  al  semplice ambito nazionale,  sia per  le  implicazioni  geopolitiche  che  seguirono  al processo  di unificazione italiano,  sia  ‐  soprattutto  ‐  per  la  valenza  simbolica  che  questo  esercitò  sulle  popolazioni dell’Europa orientale, quale modello di riferimento nella costruzione dei rispettivi stati nazionali. Anche  all’interno  dell’Impero  asburgico,  infatti,  Polacchi,  Ungheresi,  Romeni,  guardavano  con 

Page 20: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  ammirazione ai successi italiani e tentavano di approfittare delle crescenti difficoltà per la corona austriaca  nel  preservare  l’integrità  dell’Impero  a  fronte  del  progredire  delle molte  aspirazioni nazionali. L’applicazione del principio del divide et impera nei confronti delle differenti popolazioni dell’Impero da parte degli Asburgo, si riverberava però sugli imperi vicini, russo e ottomano, dove abitavano molti degli stessi gruppi nazionali presenti sotto la corona asburgica e che si trovavano, spesso,  in condizioni più svantaggiate. Tutto ciò, finiva per  ingenerare un circolo vizioso,  in cui  la chimera  dell’autodeterminazione  si  irrobustiva  sempre  di  più  di  miti  nazionalisti  che  si sovrapponevano territorialmente, riproponendo quelle stesse dinamiche che stavano mettendo in crisi  i  grandi  imperi  sovranazionali.  Se  la  Polonia  sognava  la  ricostruzione  dell’immenso  regno medievale  che  si estendeva dal Mar Baltico al Mar Nero,  l’Ungheria auspicava  la  rinascita della Grande Ungheria di Mattia Corvino. La Romania, invece, immaginava uno stato, Romania Mare (La Grande  Romania)  che  si  estendeva  dalla  Bessarabia  ai  Balcani  lungo  tutto  l’asse  del  Danubio, scontrandosi  inevitabilmente con  i sogni ungheresi e bulgari,  laddove  la Bulgaria, ad esempio, si sarebbe  dovuta  estendere  sui  territori  (dal Mar  Nero  all’Egeo)  dell’antico  Regno  spazzato  via dall’invasione  turca  del  XIV  secolo.  Paradossalmente,  ciascun  progetto  statale  nazionale  delle popolazioni  europee  orientali,  suggeriva  una  dimensione  sovranazionale,  tipica  degli  stati medievali e di cui  i grandi  imperi, asburgico, zarista e ottomano erano eredi diretti. Così agendo, quindi,  veniva  a  ripresentarsi  la  stessa dinamica  che  stava dilaniando  le  strutture  imperiali  che governavano  l’Europa orientale fra  il XIX e XX sec.  Il successo  italiano non faceva che accrescere tali spinte nazionaliste e  le ambiguità di  fondo dei rispettivi progetti statali, anche perché  l’Italia stessa stava mostrando, oramai, “il lato oscuro” del proprio progetto risorgimentale. 

Sul  finire  del  XIX  sec.,  a  mano  a  mano  che  l’Italia  unita  accresceva  il  proprio  ruolo internazionale  nel  “Concerto”  europeo  e  partecipava  attivamente  alle  logiche  “imperialiste” caratteristiche dell’epoca, la politica estera italiana prendeva sempre più una postura nazionalista, specie nella regione adriatica. 

L’atteggiamento  italiano,  a  sua  volta,  provocava  come  reazione  da  parte  asburgica l’esasperazione delle proprie politiche balcaniche, nel tentativo di impedire il progetto nazionalista italiano della trasformazione dell’Adriatico in un “Mare Nostrum”. 

Tuttavia, l’azione verso Sud nel tentativo di raggiungere le sponde albanesi, approfittando della fase di decadenza dell’Impero ottomano, portava Vienna in rotta di collisione con Belgrado, oramai alla guida di un progetto politico  “piemontese” per  la  costruzione di uno  Stato unitario slavo‐meridionale.  

L’annessione austriaca della Bosnia Erzegovina nel 1908  (intesa  come ostacolo definitivo alle spinte espansioniste serba e italiana nella regione adriatica) fu, quindi,  prodromo delle guerre balcaniche  del  1912‐13  e  della  Prima  guerra mondiale  scoppiata  l’anno  successivo.  Le  guerre balcaniche  furono  interpretate  dai  protagonisti  (Serbia,  Romania  e  Bulgaria),  come  guerre risorgimentali sul modello  italiano, che avrebbero dovuto condurre alla definizione dei  rispettivi stati  nazionali  in  forma  compiuta.  Tuttavia,  la  sovrapposizione  territoriale  di  questi  progetti nazionali  rendeva  pressoché  impossibile  la  loro  completa  realizzazione  e  innescava  reciproche frustrazioni, foriere di nuovi conflitti, oltreché un nazionalismo sempre più esasperato. 

Allo  stesso  tempo,  il  nazionalismo  liberale  italiano,  anch’esso  sempre  più  aggressivo, intimoriva gli slavo meridionali, Sloveni e Croati, spingendoli verso  l’alleanza politica con  i Serbi, poi consacrata a Corfù nel 1917, nell’accordo per  la costruzione del Regno SHS (dei Serbi, Croati, Sloveni, di Jugoslavia a partire dal 1929).  

 L’ingresso  dell’Italia  nella  Prima  Guerra  Mondiale  nel  1915,  con  la  prospettiva  di concludere  il Risorgimento  con  l’unione di Trento e Trieste,  fu definitivamente modificata dalla pretesa del nazionalismo liberale italiano, giustificata da esigenze militari, di “occupare” l’Adriatico con una linea di continuità costiera che giungesse fino a Valona. Così gli Slavi, che ancora nel 1848 

Page 21: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  erano considerati “alleati” contro  l’”austriaco” e  le cui  rivolte nel 1870  in Bosnia e Serbia erano state  sostenute  anche  da  volontari  garibaldini,  divengono  ora  i  nuovi  nemici,  ostacolo  alla diffusione della “civiltà italica” nell’Adriatico, contrapposta alla barbarie slava.  

Viceversa, il progetto jugoslavo prevede la costruzione di uno Stato unitario da Salonicco a Klagenfurt,  passando  per  Trieste,  affinché  la  Jugoslavia  possa  efficacemente  difendersi  dalla politica di potenza  italiana nel bacino  adriatico  (e  affermare  la  Jugoslavia  stessa  come potenza regionale in competizione con la Bulgaria). Entrambi i Risorgimenti sono oramai condizionati dalle logiche geopolitiche del XX secolo e, nel caso  italiano, anche dalla comparsa di un  fenomeno di accresciuto  razzismo nei  confronti degli  Slavi,  accentuato dall’ostilità  liberale  verso  l’esperienza rivoluzionaria  russa  del  1918  e  dall’instaurazione  del  regime  comunista  in  Russia.  “Slavo‐comunisti”  diviene  l’epiteto  più  comune  nella  pubblicistica  nazionalista  italiana  per  indicare  le popolazioni  slave,  a  significare  la  loro  attitudine  selvaggia  e  anarchica,  contraria  all’ordine costituito, simbolo di civiltà. Tale risentimento fu marcato ulteriormente dalla decisione bolscevica di pubblicare nel 1917, il testo del Patto di Londra, che il governo italiano, all’insaputa dello stesso Parlamento, aveva segretamente firmato con la Triplice Intesa nel 1915. Il Patto (o Memorandum) di Londra prevedeva  l’accoglimento delle richieste  italiane per  l’espansione a Est del confine con l’inclusione,  sostanzialmente,  di  tutta  la  Venezia Giulia,  la  Carnia,  l’Istria  (ossia  tutto  il  litorale austriaco e  il  suo entroterra) e una porzione  importante della Dalmazia e delle  isole antistanti. Prevedeva anche la cessione di Valona e dei territori albanesi limitrofi e, di fatto, un protettorato italiano  su buona parte dell’Albania  stessa.  Infine,  il  Trentino e parte dell’Alto Adige  sarebbero divenuti  anch’essi  italiani.  Fiume,  sebbene  a  maggioranza  italiana,  non  venne  inclusa  nel Memorandum, sia perché  formalmente sotto  l’amministrazione ungherese, sia perché, all’epoca della firma del Patto non era stata presa in considerazione l’ipotesi della disgregazione dell’Impero asburgico e, quindi, la città istriana avrebbe dovuto garantire un porto alla Duplice monarchia, già privata di quello di Trieste.  

La pubblicazione degli accordi segreti generò costernazione nell’opinione pubblica europea e  americana,  già  sconvolte  dalla  tragicità  del primo  conflitto mondiale. Gli  Stati Uniti,  che  non avevano  firmato  Il  patto  di  Londra,  dichiararono  subito  di  non  volerlo  riconoscere.  Anzi,  il Presidente Wilson,  nel  tentativo  di  dare  ordine  ai  processi  di  autodeterminazione  che  stavano coinvolgendo vaste popolazioni dell’Europa orientale, anche con  il sostegno bolscevico,  lanciò  la propria proposta dei “XIV punti”, fulcro delle successive trattative di pace, con i quali riconobbe la legittimità alla nascita dello Stato unitario jugoslavo, della Cecoslovacchia e della Polonia. Tuttavia, la nascita di questi nuovi stati non rappresentò una fonte di stabilizzazione della geografia politica europea, al contrario fu foriera di nuovi conflitti. La Polonia, nel tentativo di realizzare  il proprio obiettivo nazionale si ritrovò, fra il 1918 e il 1924, subito coinvolta in una sequenza di conflitti per il controllo dell’Ucraina orientale, nella guerra polacco‐ucraina e in uno scontro con la Lituania, e quindi con la Russia bolscevica, che si risolsero in reciproci massacri di popolazione nel tentativo di “pulire etnicamente”  le zone contese. Allo stesso modo, romeni e ucraini si combattevano per  il controllo della Moldavia e della Bessarabia.  

L’Ungheria,  sconfitta,  era  stata  “punita”  con  il  Trattato  del  Trianon  (1919)  che  l’aveva ridimensionata  ai  confini  attuali,  generando  però  un  forte  revanchismo  nel  paese.  Da  quel momento,  la  massima  aspirazione  della  classe  dirigente  magiara  fu  quella  di  riportare  le popolazioni ungheresi  rimaste all’esterno dei nuovi confini,  in Slovacchia, Romania,  Jugoslavia e Ucraina, in un'unica compagine magiara.  

La  scomparsa  di  quattro  Imperi  (asburgico,  ottomano,  tedesco  e  zarista)  sconvolse  la geografia dell’Europa, quindi, ma cambiò radicalmente anche gli scenari della politica italiana. 

L’incapacità  della  classe  dirigente  liberale  italiana  di  accettare  il  cambiamento  politico imposto dall’ingresso degli Stati Uniti sulla scena europea e la proposta americana della cosiddetta 

Page 22: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  “Linea Wilson” per  il confine orientale, che rappresentava comunque un buon compromesso  fra quanto  auspicato  a  Londra  e  la  realtà  della  situazione  scaturita  con  la  fine  della  guerra,  portò Roma a un isolamento politico internazionale che favorì, esso stesso, l’ascesa del fascismo, quale momento  di  riscatto  dell’orgoglio  nazionale  ferito.  Il  nazionalismo  italiano,  frustrato  dalla cosiddetta “vittoria mutilata”, si lanciò nell’occupazione di Fiume nel 1919, guidata da D’Annunzio, accelerando la crisi del sistema politico italiano. 

Tuttavia,  la  nascita  dello  Stato  jugoslavo  era  oramai  realtà  e,  sebbene  avesse  dato compimento  all’aspirazione  unitaria  degli  slavo‐meridionali,  allo  stesso  tempo  non  aveva realizzato  l’attesa dell’inclusione di tutti gli Sloveni e Croati all’interno del Regno SHS, essendone rimasti nuclei consistenti negli stati  limitrofi,  Italia e Austria. Presto, assorbita dalle necessità del consolidamento  interno  di  uno  Stato,  altrettanto  composito  quanto  quello  italiano,  Belgrado abbandonò  le proprie velleità espansionistiche verso  la Venezia Giulia e  la Carinzia. Ciò permise, quindi, a Italiani e Jugoslavi di giungere a un accordo, con il Trattato di Rapallo del 1920, che cercò di  ricomporre  i  rapporti  fra  i due Paesi.  Il nuovo confine non comprendeva Fiume, che  sarebbe rimasta  città  libera  fino  al  1924,  quando  con  il  Trattato  di  Roma, Mussolini  ‐  oramai  capo  del governo ‐ ottenne dagli Jugoslavi l’inclusione della città e dei suoi dintorni nello Stato italiano.  

Sebbene sembrasse finalmente risolta la “questione del confine orientale”, per il fascismo ciò rappresentava solo una soluzione temporanea. 

Il revisionismo fascista attirò l’attenzione delle classi dirigenti europee‐orientali fortemente orientate  dai  rispettivi  nazionalismi  in  una  rivalità  senza  fine.  L’esempio  italiano,  di  nuovo, rappresentava un modello di riferimento, per le politiche revisioniste ungheresi, romene, bulgare, polacche  o,  all’interno  di  stati  plurinazionali,  croate  (per  la  Jugoslavia)  o  slovacche  (per  la Cecoslovacchia), alimentando  la nascita di partiti di  ispirazione fascista che rivendicavano un uso assertivo della politica estera,  fino  all’uso della  forza, per  il  raggiungimento dei propri obiettivi nazionali.  Pertanto,  seguendo  il  filo  degli  eventi  internazionali  e  la  progressiva  instabilità  in Europa, causata dal rafforzamento del fascismo e dall’ascesa del nazismo in Germania, tutti i paesi europei‐orientali,  ad  eccezione  della  Cecoslovacchia,  scivolarono  definitivamente  verso  regimi autoritari  di  ispirazione  fascista  a  partire  dagli  anni  Trenta.  La  partizione  della  Cecoslovacchia, ottenuta con il Trattato di Monaco del 1938, rappresentò l’evento chiave per “rimettere mano ai confini”. Con  la mediazione di Germania e  Italia, grazie agli arbitrati di Vienna del 1939 e 1940, l’Ungheria  ottenne  la  restituzione  di  una  parte  dei  territori  perduti  nel  1919,  a  scapito  della Slovacchia  (ora  indipendente) e della Romania (che sarebbe stata compensata con  l’acquisizione della Bessarabia e della Dobrugia a scapito dell’URSS nel 1941). Anche la Polonia (che l’anno dopo sarebbe  stata  partita  fra Germania  e URSS)  approfittò  del momento,  occupando  il  distretto  di Teschen  in  Cecoslovacchia.  La  Bulgaria,  invece,  ottenne,  grazie  alle  pressioni  italiane,  che  la Romania cedesse parte dei territori meridionali a ridosso del Danubio. L’Italia aveva dato  il buon esempio  e,  in  particolare,  la  “politica  adriatica”  e  l’acquisizione  dell’Albania  nel  1939  avevano preparato  il  terreno  per  la  successiva  spartizione  dei  Balcani,  riprendendo  le  fila  delle  guerre balcaniche del 1912‐1913.  

Nel corso degli anni Venti del XX sec., il fascismo italiano rivendicò in maniera sempre più aggressiva e decisa gli obiettivi nazionalistici del “Mare nostrum” adriatico, con politiche via via più minacciose verso  la Jugoslavia, accentuatesi dopo  l’inclusione nel 1929 dell’Albania nella sfera di influenza italiana. Il fascismo trovò, così, un valido alleato nel movimento ustascia del nazionalista croato Ante Pavelic,  che  auspicava  lo  smembramento della  Jugoslavia e  la nascita di uno  Stato indipendente  croato.  L’ambiguo  rapporto  fra  fascismo  e  ustascismo  si  basava  sul  presupposto, italiano,  che  in  cambio del  sostegno alla  causa ustascia, al momento della nascita della Croazia indipendente, questa  avrebbe  rinunciato  alla Dalmazia  a  favore dell’Italia. Al  contrario, quando nell’aprile  del  1941,  l’invasione  nazifascista  della  Jugoslavia,  pose  fine  alla  prima  esperienza 

Page 23: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  unitaria,  procedendo  allo  smembramento  dei  territori  jugoslavi,  la  Croazia  indipendente  (che comprendeva anche la Bosnia) accettò solo su pressioni hitleriane la cessione della costa dalmata all’Italia, generando una profonda frustrazione e un acceso risentimento verso gli Italiani da parte croata.  

Con  l’annessione  di  metà  della  Slovenia  e  della  Dalmazia,  l’occupazione  italiana  del Montenegro e  il precedente  ingresso dell’Albania nell’Impero (1939), si veniva così a realizzare  il sogno  del  nazionalismo  italiano  del  “Mare  Nostrum”,  quale  luogo  della  rinata  “civiltà  italica”, propagandata  dal  fascismo  come  ricostruzione  delle  vestigia  dell’Impero  romano.  Ben  presto, però,  a  partire  dall’estate  del  1941,  il movimento  partigiano  titino  rese molto  precarie  queste conquiste, rendendo l’occupazione italiana sempre più spietata e aggressiva. La dissoluzione della Jugoslavia  vide  la  partecipazione  di Ungheria,  Romania  e  Bulgaria.  Poiché  alleati  delle  potenze nazifasciste poterono occupare quei territori contesi dalla Prima guerra mondiale e rivendicare  i propri progetti nazionalisti. L’Ungheria ottenne la Vojvodina (prima serba), la Bulgaria buona parte della Macedonia,  la  Romania  territori  di  confine  a  scapito  della  Serbia.  Infine,  l’Albania,  quale parte dell’Impero  italiano  annesse  il Kosovo e  la Macedonia  albanese,  realizzando per  la prima volta  l’unione di tutte  le popolazioni albanesi (comprese quelle nella Grecia sconfitta e occupata nel  1941).  L’invasione  dell’Unione  sovietica,  nell’estate,  del  1941,  avrebbe  dovuto  concludere l’epoca  delle  revisioni  territoriali  e  la  realizzazioni  dei  progetti  nazionali  di Ungheria,  Romania, Bulgaria, ma anche di Slovacchia e Lituania che poterono annettersi territori persi dalla Polonia e poi  dall’URSS.  D’altronde,  sebbene,  l’Unione  sovietica  proclamasse  l’internazionalismo rivoluzionario, di  fatto a partire dagli anni Venti, a mano a mano  che  il potere di Stalin andava consolidandosi, si era orientata verso una politica di ricostruzione territoriale dell’Impero zarista, attraverso  il  ricupero  delle  regioni  perse  nel  frangente  della  rivoluzione,  in  seguito all’autodeterminazione dei popoli proclamata da  Lenin.  Sicché,  la  ripresa dei paesi Baltici, della Carelia  finlandese, della Polonia orientale  (dove  si  trovavano  importanti minoranze bielorusse e ucraine), della Bessarabia (con minoranze ucraine) furono l’oggetto della “parte segreta” del Patto Molotov‐Ribbentrop del 1939, che rappresentò l’apice di questa politica staliniana, a cui seguirono l’occupazione  della  Bessarabia  e  la  guerra  con  la  Finlandia  nell’inverno  1941.  La  successiva “liberazione” dei paesi baltici a seguito dell’invasione  tedesca,  ripagò  l’adesione  ideologica delle tre repubbliche al nazifascismo con la restituzione dei territori contesi con la Polonia, la Bielorussia e  l’Ucraina.  L’alleanza militare  con  la  Finlandia  permise  a  quest’ultima  di  riprendersi  i  territori perduti a causa dell’occupazione sovietica.  

Tutta l’Europa orientale si trovava ora nel ciclone della Seconda Guerra Mondiale, ciascun paese vi era stato coinvolto trascinato dalla propria “questione nazionale”, attraverso l’adesione di molti  al  fascismo,  quale  risolutore  di  tale  questione,  nell’illusione  di  aver  portato  a  termine, ciascuno  il  proprio  “risorgimento”,  così  come  aveva  fatto  l’Italia  nei  decenni  precedenti.  Per queste  ragioni,  il  secondo  conflitto  mondiale  in  Europa  orientale  fu  estremamente  violento, condensando  gli  aspetti  della  lotta  al  nazifascismo,  con  le  differenti  logiche  nazionaliste confliggenti  fra  loro,  avendo  spesso  come  capro  espiatorio  comune  le  popolazioni  ebraiche aggredite da un feroce antisemitismo. L’obiettivo era  la “pulizia etnica” dei territori acquisiti, per ottenere popolazioni omogenee, appartenenti per lo più al proprio gruppo nazionale. 

 Anche  il  teatro  di  guerra  jugoslavo  fu,  per  questo,  uno  dei  più  violenti  della  II Guerra Mondiale. Alla durezza dell’occupazione nazifascista si aggiunse un feroce conflitto interetnico che coinvolse  milizie  serbe  leali  alla  monarchia  (cetnici)  e  croate  (ustascia),  ma  anche  slovene  e musulmane,  in  lotta fra  loro e contemporaneamente nemiche dei partigiani titini. In questa  lotta di tutti contro tutti, che coinvolse  in maniera tragica ed estesa  le popolazioni civili, si giunse all’8 Settembre  e  alla  resa  italiana.  Nel  caos  politico  generale  che  ne  seguì,  a  causa  del  collasso istituzionale dello Stato dovuto anche alla  fuga del Re,  le  truppe  italiane di stanza nei Balcani si 

Page 24: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  trovarono in balia degli eventi. Una parte, disarmata dai Tedeschi, fu deportata nei campi di lavoro in Germania, una parte fu trucidata sul posto (Corfù, Dodecaneso), quando tentò eventuali forme di resistenza. Ben due divisioni  italiane, però, passarono con  i Titini, sulla base del voto espresso da  truppa e ufficiali, venendo a  costituire  la  “Divisione Garibaldi”,  che  riprese  simbolicamente  i valori  garibaldini  del  Risorgimento  ottocentesco  e  fu  partecipe  della  ricostruzione  democratica dell’Italia.  

Grazie  all’Armistizio,  i  partigiani  poterono  utilizzare  i  depositi  militari  italiani  per equipaggiarsi e organizzarsi in un vero e proprio esercito.  A Novembre del 1943, a Jaice, il gruppo dirigente titino aveva posto, intanto, le basi politiche del progetto di ricostruzione della Jugoslavia in senso federale e, al tempo stesso, in continuità con l’ideale jugoslavista dell’inclusione di tutte le  comunità  slavo‐meridionali  in  un  unico  Stato:  Venezia  Giulia,  Carinzia,  Macedonia  egea sarebbero dovuti entrare a  far parte di questa “Grande  Jugoslavia”.  Il progetto di Tito era però ancora più ambizioso, l’unione dei movimenti partigiani comunisti, jugoslavo, bulgaro, albanese e greco  (quest’ultimo  contrapposto  ai monarchici  ellenici  in  una  guerra  civile  dal  1944  al  1949), avrebbe dovuto realizzare una Confederazione balcanica, capace di superare  le dispute nazionali che dividevano i Balcani dal 1912. 

L’Italia,  invece,  oramai  dilaniata  dalla  guerra  civile,  con  il  Nord  occupato  dai  Nazisti  a protezione  della  Repubblica  di  Salò  e  il  Sud  liberato  e  cobelligerante  con  gli  Alleati,  perse  il controllo dei territori della Venezia Giulia che furono annessi al Terzo Reich. La situazione locale si deteriorò ulteriormente in una lotta senza quartiere fra milizie al servizio dei nazifascisti (italiane, slovene, croate e serbe) e  i partigiani titini (sloveni, croati, serbi, montenegrini, albanesi), a cui si unirono partigiani  italiani di  varia estrazione politica.  L’evoluzione della  guerra, definitivamente sfavorevole alle forze nazifasciste, portò i partigiani titini, tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, a conquistare  le  regioni  settentrionali  della  Jugoslavia,  mentre  Russi,  Americani  e  Inglesi convergevano verso l’Europa centrale.  

Se  la  linea di demarcazione fra  i teatri operativi alleati era stata ben definita per  l’Europa centrale  e  la  Germania,  non  era  però  stato  previsto  il  successo  dell’esercito  partigiano  titino, oramai  proclamatosi  Esercito  Jugoslavo,  capace  di  precedere  l’arrivo  delle  armate  alleate  e incunearsi  nelle  rispettive  zone  di  occupazione.  Il  1°  maggio  del  1945,  le  truppe  jugoslave entrarono a Trieste nel tentativo di imporre la statualità jugoslava sulla città e i territori limitrofi. Allo stesso modo, i partigiani titini cercarono di prendere il controllo della Carniola e della Carinzia austriache,  anticipando  l’arrivo  degli  anglo‐americani.  Questi  ultimi,  però,  divisi  rispetto all’atteggiamento nei confronti dell’Italia, pur cobelligerante, rimasero inizialmente incerti rispetto alla  definizione  del  confine  orientale.  Mentre  Washington  cercava  di  non  indebolire eccessivamente  l’Italia  sul  piano  politico,  pensando  già  agli  assetti  del  dopoguerra,  e  rimaneva disponibile  a  negoziare  un  confine  orientale  sulla  falsariga  della  Linea  Wilson,  diversamente Londra  (e  poi  Parigi)  manifestavano  un  atteggiamento  punitivo  verso  gli  Italiani.  Roma, consapevole della propria debolezza politica, si fece, allora, essa stessa, promotrice del progetto americano della “Linea Wilson”, che all’epoca aveva tanto disdegnato. Alla fine prevalse di nuovo la realtà sul campo. La “Linea Morgan”, che divideva le truppe inglesi da quelle jugoslave, ritiratesi ai primi di Giugno da Trieste, divenne  il punto di  riferimento dell’orientamento  franco‐inglese a favore della suddivisione del territorio triestino nelle zone A (italiana) e B (jugoslava). Di fatto, era stato sancito il nuovo confine orientale italiano, poi ratificato con gli Accordi di Osimo del 1975. 

L’occupazione  jugoslava  dei  territori  italiani  fu  violenta  e  vendicativa.  Unendo  alle precedenti  tensioni  etno‐nazionali  fra  Italiani  e  Slavi,  il  furore  rivoluzionario  delle milizie  titine, migliaia  d’Italiani  (ma  anche  Sloveni  e  Croati)  furono  trucidati  e  infoibati,  perché  ritenuti collaborazionisti e collusi con  il nazifascismo, oppure perché ritenuti un ostacolo alla rivoluzione comunista e al futuro disegno territoriale titino. 

Page 25: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

La debolezza politica  italiana nell’immediato dopoguerra,  le divisioni  interne  fra  le  forze politiche  democratiche,  l’avvento  della  “Guerra  Fredda”,  resero  difficile,  se  non  impossibile, negoziare  una  soluzione  ragionevole  per  il  contesto  istro‐veneto  e,  nel  caos  di  quegli  anni,  le comunità italiane si avviarono all’abbandono delle terre contese. L’esodo degli Italiani, fra il 1945 e il 1956, fu parte di un più vasto processo di omogeneizzazione dei territori di confine dell’Europa orientale, nel tentativo di prevenire future forme di autodeterminazione che potessero generare eventuali perdite territoriali e nuove tensioni. Gli “esodati”, come furono definiti i profughi istriani, non  trovarono accoglienza  facile  in un’Italia  fortemente provata dalla guerra. L’uso  strumentale della  ricollocazione dei profughi  in aree “difficili”, come  il Trentino‐Alto Adige,  spopolatosi delle comunità  italiane  nel  corso  del  conflitto,  ricordava  le  politiche  nazionaliste  interbelliche  di italianizzazione  dell’Istria  e  della  parte  slovena  acquisita  dall’Italia.  Allo  stesso  modo,  gli insediamenti  di  profughi  nelle  “provincie  rosse”,  deciso  dal  governo  centrale  democristiano, dovevano  rappresentare  un  elemento  di  disturbo  per  il  PCI,  nel  contesto  del  duro  confronto ideologico che caratterizzò gli anni del primo dopoguerra.  

In Europa orientale,  la sconfitta nazifascista e  l’avanzata dell’Armata Rossa  fino nel cuore della Germania,  ripristinò  lo  status  quo  ante,  confermato  dalla  Conferenza  di  Parigi. Gli Alleati ripristinarono  quasi  tutti  i  confini  prebellici,  ad  eccezione  dei  territori  acquisiti  dall’Unione sovietica con  il Patto Molotov‐Ribbertrop, che  le furono confermati, provocando  lo spostamento ad  Occidente  dell’intera  Polonia,  a  scapito  di  precedenti  regione  tedesche,  cedute  a  titolo  di compensazione  dalla  Germania  stessa.  Sebbene,  come  anticipato,  massicci  spostamenti  di popolazioni  caratterizzarono  il dopoguerra, nel  tentativo da parte degli Alleati di omogenizzare quanto più possibile sul piano etnico‐nazionale gli stati europeo orientali, ciò nonostante, molte questioni  nazionali  rimasero  aperte,  nascoste  sotto  la  retorica  dell’internazionalismo  e  della fratellanza promosse dall’URSS nei paesi satelliti. In verità, il livello di cooperazione fra i paesi del blocco sovietico rimase molto basso e manifestò lungo tutto l’arco della Guerra Fredda tensioni di vario genere come fra Romeni e Ungheresi, Romeni e Bulgari ad esempio. 

Nel frattempo,  la rottura nel Cominform fra  la Tito e Stalin, nel 1948, rimescolava ancora una volta le carte e rompeva gli schemi della Guerra Fredda. La Jugoslavia socialista si avviava così, dagli  anni Cinquanta  del  XX  sec.,  verso  un  progressivo  percorso  di  avvicinamento  all’Occidente che, nel tempo, avrebbe favorito la ripresa di relazioni stabili fra Italia e Jugoslavia.  

La  restituzione  di  Trieste  all’Italia  nel  1954  rappresentò  il  primo  passo  verso  la normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi. 

Con il Trattato di Osimo, Italia e Jugoslavia ricostruirono una convivenza che durò fino alla fine  dell’esperienza  della  Federazione  socialista,  quando  nel  1991  questa  entrò  in  un  violento processo di dissoluzione durato un lungo decennio. Pur con difficoltà, gli Stati successori, sloveno e  croato,  assieme  all’Italia,  hanno  saputo  costruire  rapporti  positivi  che  hanno  contribuito all’ingresso di questi due Paesi nell’UE (2004 Slovenia; 2013 Croazia).  Gradualmente, il confine ha perso  il  suo  significato  divisivo  e,  grazie  agli  Accordi  di  Schengen,  finalmente  l’intera  regione giuliana e  l’Istria hanno  ritrovato  la  loro unitarietà. All’interno di questo nuovo  ambito politico democratico  comune  e  condiviso  si  è  avviato  il  progetto  della  costruzione  dell’Euroregione adriatico‐ionica  che  dal  2013  riunisce  tutti  i  paesi  rivieraschi  dell’Adriatico  in  un  importante strumento di cooperazione e integrazione.  

Anche  per  i  paesi  dell’Europa  orientale,  l’allargamento  a  Est  dell’UE  ha  rappresentato l’occasione di risolvere  le dispute nazionali che tanto a  lungo hanno travagliato questa parte del Continente.  All’interno  dell’UE,  senza  più  barriere,  grazie  alla  libera  circolazione  e  nel  pieno rispetto  delle minoranze,  i  nuovi  stati membri  hanno  avviato  percorsi  di  cooperazione  prima impensabili. Tuttavia, la crisi finanziaria del 2007 e l’annosa questione dei migranti, che giungono in  Europa  da  varie  parti  del mondo,  hanno  risvegliato,  in  diversi  settori  delle  società  dell’Est 

Page 26: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  Europa, nostalgie per una sovranità (mitizzata), mai completamente goduta o realizzata. Partiti di chiara  ispirazione  revanscista  (e con  richiami espliciti alle esperienze  fasciste  interbelliche)  sono diventati nuovi protagonisti della scena politica in molti stati dell’Europa orientale. L’UE affaticata da più di un decennio di scontro fra dimensione sovranista (fortemente presente anche nei paesi membri  occidentali)  e  dimensione  federalista  appare  impacciata  e  in  ritardo  nel  rispondere  a questi  fenomeni politici,  che  si  autoalimentano nell’inerzia  comunitaria. Ciò  che è mancato nel progetto dell’UE, è  stato,  innanzitutto, “la costruzione degli Europei”  (per parafrasare  il celebre motto  di  d’Azeglio),  ossia  l’acquisizione  di  un  senso  di  cittadinanza  comune.  Il  primo  passo  in questa direzione è proprio  la ricostruzione di una memoria condivisa degli  (e dagli) Europei, che permetta  loro  di  superare  le  proprie  divisioni  per  riconoscersi  nell’ordito  comune  che  li caratterizza comunque, pur riconoscendosi nelle rispettive differenze.     Breve bibliografia di riferimento al testo 

Elena Aga Rossi, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Il Mulino 2006;  

Elena Aga Rossi, Maria Teresa Giusti, Una guerra a parte: i militari italiani nei Balcani, 1940‐1945, Il Mulino, 2011; 

Corrado Belci, Quel confine mancato. La Linea Wilson (1919‐1945), Morcelliana , 1996; 

J.W. Borejsza, Il fascismo e l’Europa Orientale. Dalla propaganda all’aggressione, Roma – Bari 1981; 

Massimo Bucarelli, La “questione jugoslava” nella politica estera dell’Italia repubblicana (1945‐1999), Aracne, 2008; 

Marina Cattaruzza (ed), Nazionalismi di frontiera. Identità contrapposte sull’Adriatico nord‐orientale 1850‐1950, Soveria Mannelli,  2003; 

Cristiana Colummi, Liliana Ferrari, Gianna Nassisi, Germano Trani, Storia di un esodo. Istria 1945‐1956, IRSMLFVG, 1980; 

Costantino Di Sante, Nei campi di Tito. Soldati, deportati e prigionieri di guerra italiani in Jugoslavia (1941‐1952), Ombre Corte, 2007; 

Francois Fejto, Requiem per un Impero defunto. La dissoluzione del mondo austro‐ungarico, Mondadori, 1990; 

Filippo Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe nella seconda guerra mondiale, Laterza, 2014; 

Emilio Gentile, La Grande Italia. Il mito della nazione nel XX secolo, Laterza, 2011; 

Milovan Gilas, La guerra rivoluzionaria jugoslava. 1941‐1945. Ricordi e riflessioni, LEG, 2011; 

Eric Gobetti, Alleati del nemico. L'occupazione italiana della Jugoslavia (1941‐1943), Laterza, 2013; 

Eric Gobetti, L'occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia (1941‐1943), Carocci, 2007; 

Michael Jones, Dopo Hitler. Gli ultimi 10 drammatici giorni della seconda guerra mondiale in Europa, Newton Compton, 2015; 

Walter Laqeur, Fascismi. Passato, presente, futuro, Tropea, 2008; 

James Lucas, Gli ultimi giorni del Reich, Hobby&Work italiana editrice, 1998; 

Fitzroy MacLean, Passaggi a Oriente, Neri Pozza, 2002; 

Mauro Manzin, Spine di confine. Beni abbandonati e contenzioso tra Italia e Slovenia 1991‐1997, Lint, 1997; 

Jovan Marjanović, La guerra popolare di liberazione e la rivoluzione popolare in Jugoslavia : 1941‐1945, edizioni Avanti, 1961; 

Enrico Miletto, Con il mare negli occhi. Storia, luoghi e memorie dell’esodo istriano a Torino,  FrancoAngeli, 2005; 

Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935‐1943. Dall'impero d'Etiopia alla disfatta, Torino, Einaudi, 2005; 

Page 27: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018   Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell'Italia fascista in Europa 

(1940‐1943), Torino, Bollati Boringhieri, 2003; 

Guido Rumici, Fratelli d’Istria. 1945‐2000, Italiani divisi, Mursia, 2001; 

Teodoro Sala, Il fascismo italiano e gli Slavi del sud, Trieste, IRSML, 2008; 

Sandi Volk, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale, Kappa Vu, 2004; 

Marek Waldenber, Le questioni nazionali nell’Europa Centro‐Orientale, il Saggiatore, 1994; 

Hugh Seton Watson, Le democrazie impossibili. L’Europa orientale tra le due guerre  mondiali, Rubettino Editore, 1992. 

  

Page 28: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

VENERDI’ 9 FEBBRAIO 2018, ORE 20.30, AUDITORIUM CITTA’ DI THIENE “FONATO”, VIA CARLO DEL PRETE. Quale salvatore: Hitler o Cristo? Guardini critico dell’ideologia. Nel 50° della morte di Romano Guardini (1968-2018) Conduce il prof. Giulio Osto, docente di teologia, Facoltà Teologica – Padova Introduce il giornalista Luca Bortoli

Quale salvatore: Hitler o Cristo? Guardini critico dell’ideologia

Nel 50° della morte di Romano Guardini (1968-2018)

«La Verità vale; il Potere costringe. Alla verità manca il potere immediato, tanto

più quanto più essa è nobile. Quanto la verità appartiene al grado più alto, tanto più debole diventa il suo diretto potere costrittivo, tanto più lo spirito deve maggiormente aprirsi a essa nella libertà»

Romano Guardini Celebriamo nel 2018 il 50° anniversario della morte di Romano Guardini. Il filosofo e

teologo italo-tedesco nasce a Verona nel 1885, ma si trasferisce con la famiglia già l’anno successivo a Magonza, in Germania. Viene invitato nel 1923 a insegnare all’Università di Berlino, in una cattedra istituita appositamente per lui. Nel 1939 il regime nazionalsocialista sopprime la cattedra di Guardini ed egli interrompe ogni intervento pubblico. Dal 1943 al 1945 Guardini vive, insieme all’amico parroco Josef Weiger, nel paesino di Mooshausen, fino a quando nel 1945 gli viene assegnata una cattedra all’Università di Tubinga sulla quale insegnerà fino al 1948, per poi passare all’Università di Monaco di Baviera fino al 1962, dove poi muore nel 1968.

Perché nel 1939 il regime sopprime la cattedra di Guardini? Cosa c’è di tanto pericoloso nella docenza di questo sacerdote cattolico in una università di tradizione luterana? Come mai Guardini è tra i primi posti nelle liste delle persone pericolose e controllate dalla polizia di stato?

Guardini aveva semplicemente pubblicato nel 1935 un piccolo libretto intitolato Il Salvatore e, nel 1937, un libro sulla figura di Cristo: Il Signore. Osservazioni sulla persona e sulla vita di Gesù Cristo. In Guardini è totalmente assente qualsiasi riferimento esplicito alla situazione storico-politica dell’epoca, eppure le lezioni del professore di origini venete sono affollatissime. Il pensiero e la testimonianza di Guardini costituiscono una delle più fulgide espressioni di una critica e resistenza intelligenti e profonde alle vicissitudini di un potere che arriverà ad annientare l’umano. I giovani della Rosa Bianca, che si opposero al regime nazionalsocialista, leggevano Guardini e, infatti, egli parlò ben due volte a Monaco per commemorare la resistenza eroica di quel gruppo di studenti.

All’interno de Le porte della memoria 2018 un momento per conoscere una figura importante di educatore delle coscienze perché anche oggi possiamo essere persone responsabili della nostra libertà.

Page 29: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

1

La Shoah in Italia, dalle leggi razziali alla deportazione

80 anni fa nell’Italia fascista entrarono in vigore le leggi razziali antiebraiche. Ringraziamo la prof.ssa Raffaella Corrà, docente di storia e filosofia, di questo contributo per ricordare quell’avvenimento che segnò in modo drammatico e terribile la nostra storia nazionale. La Shoah fu, al di là delle specifiche, incommensurabili responsabilità, il prodotto di un’Europa che aveva perso se stessa. Una delle condizioni che resero possibile l’opera dei suoi realizzatori fu la precedente crescita del pregiudizio e dell’avversione contro gli ebrei. Questo ampliamento dell’antisemitismo e del numero dei suoi sostenitori aveva recato in sé anche una certa progressione della banalizzazione dell’ostilità antiebraica e dell’indifferenza pubblica verso le sue vittime. (Sarfatti, La Shoah in Italia p.31) Quanto più privi il perseguitato dei suoi diritti, tanto più ti puoi permettere di colpirlo e degradarlo ulteriormente. La persecuzione delle vite costituisce una conclusione non necessaria, frutto però di un processo graduale, portato avanti fino all’esito finale della dichiarazione contenuta nel manifesto programmatico della R.S.I: Gli ebrei sono da considerarsi stranieri, in questa guerra sono nemici. Nel 1938, anno in cui l’Italia fascista vara le leggi razziali, gli ebrei italiani erano 46.656. Il 70 per cento delle famiglie ebraiche aveva un capofamiglia commerciante, impiegato, professionista. La composizione sociale risulta quindi generalmente superiore alla media italiana (70 per cento di operai o contadini), anche se, in realtà, soprattutto a Roma, c’era soprattutto commercio ambulante. Un elemento distintivo degli ebrei italiani era invece il livello di scolarizzazione, più alto della media italiana; il 5 per cento era costituito da insegnanti. Un terzo di tutti i matrimoni di ebrei del ’35-37, alla vigilia del divieto, era di matrimoni misti. Gli ebrei italiani avevano ottenuto la parità sul piano dei diritti civili e politici nel 1861, al momento dell’unificazione. Questa avvenuta assimilazione è sottolineata più volte da P. Levi: Questo villaggio , o città, o regione, o nazione è il mio, ci sono nato, ci dormono i miei avi. Ne parlo la lingua, ne ho adottato i costumi e la cultura. A questa cultura ho forse anche contribuito. Ne ho pagato i tributi, ne ho osservato le leggi. Ho combattuto le sue battaglie, senza curarmi se fossero giuste o ingiuste; ho messo a rischio la mia vita per i suoi confini, alcuni miei amici o parenti giacciono nei cimiteri di guerra; io stesso, in ossequio alla retorica corrente, mi sono dichiarato disposto a morire per la patria. Non la voglio né la posso lasciare. (Primo Levi, I sommersi e i salvati) Gli ebrei partecipavano più degli altri alla vita politica; all’inizio degli anni ’20 aderivano un po’ a tutti i partiti. Nel 1938, 6900 ebrei erano iscritti al Partito Nazionale Fascista.

La persecuzione dei diritti (1938-1943)

Alla fine del ’37, solo in Germania era in vigore una legislazione antisemita. Nel ’38 – ‘39 venne varata in forme e gravità diverse in Romania, Ungheria, Italia, Slovacchia, poi Austria e alla fine Boemia, Polonia. Quando la guerra determinò la progressiva chiusura delle frontiere, l’Europa antisemita si ritrovò piena di ebrei che non voleva. Fu una delle premesse dello sterminio. In Italia, a lungo è prevalsa la tesi giustificazionista dell’allineamento alla Germania nazista, dopo l’asse Roma-Berlino del ’38. Michele Sarfatti smentisce questa tesi:

Ai fabbricanti di consolazioni aventi nazionalità non tedesca, piace affermare che la Germania nazista impose agli altri Stati l’adozione di legislazioni antiebraiche. In realtà sappiamo che tali

Page 30: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

2

imposizioni non ebbero luogo. Da un lato nessun documento le attesta. Dall’altro, qualora fossero esistite, le deboli Ungheria, Romania e Slovacchia avrebbero dovuto adottare sin dal 1938-39 il criterio classificatorio biologico, cosa che invece fecero nelle rielaborazioni legislative successive alla guerra. E qualora esse fossero esistite, l’Italia non avrebbe emanato nel settembre-novembre 1938 norme talora più gravi di quelle che in quel preciso momento vigevano in Germania (tali furono tra l’altro, le espulsioni generalizzate degli studenti dalle scuole pubbliche e degli stranieri dal paese e l’introduzione dei primi limiti legislativi al diritto di proprietà.

(M.Sarfatti, La Shoah in Italia, Einaudi p.37) Vediamo alcune date 14-15 gennaio 1938: il Ministero dell’Interno dispone il censimento della religione professata dai propri dipendenti. Estate 1938: l’Ufficio Demografico del Ministero dell’Interno divenne Direzione generale della Demografia e della Razza (pratiche di accertamento su battesimi sospetti, pratiche di arianizzazione). 14 luglio: pubblicazione del documento Il fascismo e i problemi della razza, talora noto come Manifesto degli scienziati razzisti. L’antisemitismo biologico costituisce una precisa novità.

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi….

2. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose.

3. La popolazione dell’ Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana.

4. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. 22 agosto: censimento speciale nazionale degli ebrei, a impostazione razzista. 1-2 settembre: Il Consiglio dei Ministri approva un primo gruppo di provvedimenti legislativi antiebraici. Essi dispongono tra l’altro l’espulsione degli ebrei dalla scuola: Art. 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado [...] non potranno essere ammesse persone di razza ebraica [...] Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica. Art. 3. A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; [...] Gli insegnanti espulsi dall’insegnamento secondario furono 177. Furono create 23 scuole elementari ebraiche. Gli ebrei si organizzarono con scuole private: Il mio maestro era Formiggini, di mestiere commerciante di vini e che era stato pregato di espletare le funzioni di maestro nella scuola ebraica perché sul mercato di Bologna si trovavano pochi maestri ebrei. (Giancarlo Sacerdoti, memorie di un ebreo bolognese) 6 ottobre: Il Gran Consiglio del fascismo approva la dichiarazione sulla razza.: Art. 9. L'appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione [...]. Art. 12. Gli appartenenti alla razza ebraica non possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana. I trasgressori sono puniti con l'ammenda da lire mille a lire cinquemila. Art. 13. Non possono avere alle proprie dipendenze persone appartenenti alla razza ebraica: a) le Amministrazioni civili e militari dello Stato;

Page 31: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

3

7-10 novembre: viene approvato un secondo gruppo di leggi antiebraiche. Esse tra l’altro contengono la definizione giuridica di “appartenente alla razza ebraica” e dispongono il divieto di matrimonio tra italiani ariani e camiti e semiti, di limitazione del diritto di proprietà ecc. Art. 1. Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito. Il matrimonio celebrato in contrasto con tale divieto è nullo. Art. 10. I cittadini italiani di razza ebraica non possono: a) prestare servizio militare in pace e in guerra; [...] c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione [...]e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone [...]; d) essere proprietari di terreni che, in complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; e) essere proprietari di fabbricati urbani che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila [...]. 1938-1942: viene decisa l’espulsione totale degli ebrei dall’esercito, dallo spettacolo, dal mondo culturale, dalle libere professioni, la progressiva limitazione delle attività commerciali, degli impieghi presso ditte private, delle iscrizioni nelle liste di collocamento al lavoro ecc. 9 febbraio 1940: Mussolini comunica ufficialmente all’unione delle comunità israelitiche italiane che tutti gli ebrei italiani dovranno lasciare l’Italia entro pochi anni. Giugno 1940: internamento degli ebrei italiani considerati maggiormente pericolosi. Maggio ’42: Precettazione al lavoro obbligatorio degli ebrei. 9 aprile ’42: E’vietato utilizzare in qualsiasi modo per la produzione di film, soggetti, sceneggiature, opere letterarie, drammatiche, musicali, scientifiche, artistiche e qualsiasi altro contributo, di cui siano autori appartenenti alla razza ebraica, nonché impiegare e utilizzare comunque nella detta produzione, o in operazione di doppiaggio o di postsincronizzazione, personale artistico, tecnico, amministrativo ed esecutivo appartenente alla razza ebraica.

Nel momento, dunque, in cui il fascismo varò una legislazione antiebraica, l’Italia non era seconda a nessun altro Paese per meticolosità e severità delle misure imposte agli ebrei.

La persecuzione delle vite (1943-1945)

Ci sono 45 giorni tra la caduta del fascismo (25 luglio) e la diffusione della notizia dell’armistizio (8 settembre ’43). Sconcerta il mantenimento in vigore di tutte le leggi antiebraiche. Dopo l’armistizio, l’Italia venne divisa in due parti e a nord della linea del fronte nacque la Repubblica di Salò (RSI). In questa area ebbe subito inizio la persecuzione delle vite, che durò fino all’estate ’44 nelle regioni centrali e fino all’aprile ’45 in quelle settentrionali. Furono colpite circa 43000 persone di razza ebraica. Di essi 8000 erano stranieri o apolidi e 35000 italiani. Nella maggior parte del territorio, gli arresti vennero effettuati da tedeschi e italiani, nelle due zone Operationszone (Prealpi e Litorale adriatico) solo dai tedeschi. Il 16 ottobre 1943, venne “svuotato” di tutti gli ebrei il ghetto di Roma: La grande razzia nel vecchio Ghetto di Roma cominciò attorno alle 5,30 del 16 ottobre1943. Oltre cento tedeschi armati di mitra circondarono il quartiere ebraico. Contemporaneamente altri duecento militari si distribuirono nelle 26 zone operative in cui il Comando tedesco aveva diviso la città alla ricerca di altre vittime. Quando il gigantesco rastrellamento si concluse erano stati catturati 1022 ebrei romani. Due giorni dopo in 18 vagoni piombati furono tutti trasferiti ad Auschwitz. Solo 15 di loro sono tornati alla fine del conflitto: 14 uomini e una donna. Tutti gli altri sono morti in gran parte appena

Page 32: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

4

arrivati, nelle camere a gas. Nessuno degli oltre duecento bambini è sopravvissuto.» (F. Cohen, 16 ottobre 1943. La grande razzia degli ebrei di Roma) L’unica donna sopravvissuta è Settimia Spizzichino:

Fummo ammassati davanti a S. Angelo in Pescheria: I camion grigi arrivavano, i tedeschi caricavano a spintoni o col calcio del fucile uomini, donne, bambini ... e anche vecchi e malati, e ripartivano. Quando toccò a noi mi accorsi che il camion imboccava il Lungotevere in direzione di Regina Coeli... Ma il camion andò avanti fino al Collegio Militare. Ci portarono in una grande aula: restammo lì per molte ore. Che cosa mi passava per la testa in quei momenti non riesco a ricordarlo con precisione; che cosa pensassero i miei compagni di sventura emergeva dalle loro confuse domande, spiegazioni, preghiere. Ci avrebbero portato a lavorare? E dove? Ci avrebbero internato in un campo di concentramento? "Campo di concentramento" allora non aveva il significato terribile che ha oggi. Era un posto dove ti portavano ad aspettare la fine della guerra; dove probabilmente avremmo sofferto freddo e fame, ma niente ci preparava a quello che sarebbe stato il Lager". (Settimia Spizzichino da "Gli anni rubati") Il 14 novembre 1943 fu emanato il manifesto programmatico del Partito Fascista Repubblicano: Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica. Il 30 novembre 1943 viene emesso il seguente proclama, firmato dal ministro dell’interno della R.S.I. Buffarini:

A tutti i capi delle Province Libere

Nr. 5. Comunicasi, per la immediata esecuzione, la seguente ordinanza di Polizia [...]:

1. Tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano, e comunque residenti nel territorio nazionale debbono essere inviati in appositi campi di concentramento. Tutti i loro beni, mobili ed immobili, debbono essere sottoposti ad immediato sequestro [...]. 2. Tutti coloro che, nati da matrimonio misto, ebbero, in applicazione delle leggi razziali italiane vigenti, il riconoscimento di appartenenza alla razza ariana, debbono essere sottoposti a speciale vigilanza dagli organi di polizia. Siano per intanto concentrati gli ebrei in campi di concentramento provinciali in attesa di essere riuniti in campi di concentramento speciali appositamente attrezzati.

Il Corriere della Sera pubblicò il testo del proclama con questo commento (non firmato): Essendo stati gli ebrei dichiarati nemici dell’Italia, ovvie erano le conseguenze della decisione. Non solo essi non dovevano più essere lasciati liberi di circolare nel nostro paese e quindi di nuocere con ogni mezzo alla causa nazionale, ma si doveva procedere altresì alla confisca dei loro beni…essi andranno a confortare il disagio dei sinistrati dai bombardamenti aerei. E’alla Tribù d’Israele che risale la maggior responsabilità di questa guerra. Impossessatasi delle leve di comando dell’economia mondiale, essa ha premeditato l’aggressione e il soffocamento dei popoli proletari, scatenando un conflitto universale il cui scopo è quello di dissanguare l’Europa e dischiudere le porte del potere assoluto alla razza eletta… Ma non solo questo beneficio ritrarrà l’Italia che si riorganizza per il combattimento dai provvedimenti ora adottati. Mentre si procederà alle retate e all’isolamento di questi irriducibili nostri nemici c’è da prevedere una diminuzione non indifferente dello spionaggio e degli atti terroristici. I fili di molte congiure e tradimenti si spezzeranno come per incanto. Il livore e l’oro

Page 33: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

5

ebraico avranno cessato di nuocere. E sarà tanto di guadagnato per la patria e per le sue fortune. (Corriere della Sera 1 dicembre 1943) Bibliografia: Michele Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Einaudi Le leggi razziali spiegate agli italiani di oggi. Einaudi La Shoah in Italia. Einaudi Lucio Collotti, La persecuzione degli ebrei in Italia. Laterza

Page 34: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

6  

“Ho compiuto i 18 anni nel lager”. Antonio Guglielmi, uno dei sette deportati di Grumolo Pedemonte

Intervista del 20 giugno 2017 Sono stato preso nel rastrellamento del 26 agosto del 19441, alle cinque di mattina, ero a letto. I rastrellatori erano Tedeschi e Fascisti. A Grumolo io fui il primo ad essere catturato, abitavo allora poco lontano dalla latteria, lungo la strada che portava alla Ca’ Vecia; fui portato a piedi alla latteria dove aspettava un camion. Si proseguì verso la Ca’ Vecia e lungo la strada furono raccolti altri giovani. Ci hanno radunati alla Ca’ Vecia, dove sono arrivati altri camion pieni di prigionieri. Poi mi hanno portato in prigione a Thiene per due giorni e poi a Vicenza a San Biagio, 8-10 giorni, quindi a Peschiera del Garda e lì hanno fatto lo smistamento, durato uno, due giorni e ci hanno caricato in carri bestiame e inviato in Germania. A Vicenza ho potuto incontrare brevemente i miei genitori. Di Grumolo siamo stati catturati in 7, ora solo io sono ancora vivo, sono tutti morti; poi ce n’erano da Lugo e da Carrè, tutti morti anche loro.

- Il sig. Antonio va a prendere un libro in un’altra stanza, vuol far vedere che il rastrellamento è citato e anche la deportazione di sette giovani di Grumolo. Si tratta del libro Grumolo Pedemonte, Storia di una comunità civile e religiosa2. Osserva la mancanza dei nominativi dei sette deportati. Ricordo i compagni di Grumolo Pedemonte partiti con me, Brazzale Aggeo “Angelo”, Sella Aldo, Binotto Battista, Crosara Pietro, Bortoli “Pierini” Francesco, Turle Giuseppe; due della mia classe Crosara e Turle, e gli altri più vecchi. Alcuni avevano fatto il militare e si erano sbandati dopo l’8 settembre3. Di Centrale era Dal Santo Giacometto “Talian”, di Lugo erano Pasin Giovanni, Strozzo Venuto, un Grazian e Dal Bianco “Il Moretto”, di Carrè Cornolò Placido e Calgaro Gildo

conosciuto come “Il Duce”che abitava in via Rua.

Ricordo che alla Ca’ Vecia i Tedeschi avevano piazzato una mitragliatrice con la quale hanno sparato anche verso Zugliano; poi si è inceppata e allora hanno chiamato uno dei prigionieri, Aldo Sella, per sbloccarla. Lui, inesperto, si è bruciato le mani per il calore e i Tedeschi si sono messi a ridere4. Siamo entrati nel Reich per il Brennero e a Innsbruck è stato fatto lo smistamento; mi hanno mandato in un campo di concentramento, un po’ particolare perché era stato ricavato all’interno di una cartiera, il Lager Papierfabrich a Bruck an der Mur in Stiria. Alla cartiera siamo arrivati di sera e ricordo che ci hanno dato da mangiare pannocchie di granoturco, bianco, cotto nell’acqua, in bidoni usati per contenere benzina, petrolio. Dopo ci hanno mandati a dormire, siamo rimasti lì per pochi giorni. Da quel campo andavamo a lavorare poco lontano. A piedi raggiungevamo la stazione ferroviaria di Bruck an der Mur e poi in treno fino a Hafendorf (vicino a Kapfenberg) distante 5 Km e sempre a piedi raggiungevamo la fabbrica Gebr. Böhler & Co.

Antonio Guglielmi all'età di 22 anni

Page 35: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

7  

In settembre ero ancora nel lager Papierfabrich e poi ci hanno trasferiti, vicino alla fabbrica, nel lager Ramsauer Plateau. La fabbrica5 era molto grande, formata da tanti capannoni, dicevano che fosse una ditta americana requisita dai Tedeschi.

Si lavorava 12 ore al giorno dal lunedì al sabato, una settimana 12 ore di giorno e una settimana 12 ore di notte. Il campo era delimitato da reticolati e dietro al campo di concentramento c’era la contraerea; ogni tanto gli Alleati venivano a bombardare ma noi siamo stati fortunati, non abbiamo mai avuto danni. Dormivamo su letti a castello con le tavole messe sul lato corto, con pagliericcio di paglia, prima di noi c’erano prigionieri francesi che avevano lasciato i pagliericci disfatti e ridotti in

polvere. Mi hanno dato un paio di sgalmare (Schuh), una tuta grigia, pantaloni e giacca. Alle suole delle

sgalmare avevo applicato delle lamette di ferro per farle durare di più. Eravamo stati presi d’estate per cui non avevamo vestiti pesanti; la tuta che ci era stata fornita era di sacco, materiale leggero che non proteggeva dal freddo. Per andare al lavoro, sopra alla giacca, mettevamo sulle spalle l’unica coperta che avevamo, tenuta ferma da un chiodo. Penso che dal lager alla fabbrica la distanza fosse di circa 2 Km che facevamo due volte al giorno, passando per la stazione ferroviaria di Hafendorf.

Il nuovo lavoro consisteva nel costruire parti dei carri armati, i famosi Tigre. Noi facevamo le fiancate, unendo le varie parti con delle grosse saldature, noi facevamo lo scheletro. Io ero addetto al controllo delle saldature, dovevo eliminare la scoria e controllare la qualità delle saldature. Facendo luce con una lampadina e usando il gesso e un martello, dovevo segnare col gesso se c’erano problemi. Interveniva poi un capo e uno passava con la mola elettrica per togliere la saldatura mal riuscita e si doveva rifarla. Noi facevamo lo scheletro e la torretta. Quando le fiancate corazzate erano pronte c’era una gru che camminava da una campata all’altra, le agganciava e le caricava sul treno che entrava fin dentro la fabbrica. Questi elementi venivano portati a Graz per il completamento dei carri armati, con cingoli, motore e altro.

Sa quante volte ho pianto per il male agli occhi, lavorando dentro al carro armato per battere via la scoria protetto da maschera, che a poco serviva, a fianco di un altro che saldava quasi a contatto con me usando l’acido e gli occhi mi bruciavano e lacrimavano? Quanto male mi facevano e allora mi dicevano per calmare il dolore di mettere sugli occhi le bucce di patate, ma dove andavo a prendere le bucce? Se ne avessimo avute, le avremmo mangiate!

Carta d'identità per lavoratori rilasciata a Antonio Guglielmi il 3 ottobre 1944.

Page 36: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

8  

Faceva molto freddo e per riscaldarmi, quando non ero controllato, applicavo l’elettrodo del saldatore alle lamiere fino a farlo diventare rosso e in questo modo mi riscaldavo un po’. Come conseguenza l’elettrodo finiva in briciole; ma nessuno mi controllava.

Quando c’erano gli allarmi aerei, tutti andavano nel rifugio mentre io con altri pochi e il capo rimanevamo in fabbrica, protetti in un piccolo riparo, dotati di maschera ed elmetto, pronti ad intervenire in caso di bombardamento. Quando il turno era di notte capitava spesso che passavo delle ore nel rifugio dentro la fabbrica. Vicino alla fabbrica si trovava una montagna all’interno della quale era stato ricavato un rifugio dove andavano operai e Tedeschi in caso di allarme. I bombardamenti alleati ci hanno sempre risparmiati, eppure la fabbrica era molto grande; hanno interessato le città di Graz, Linz e altre. Ricordo un avvenimento che mi fece molta impressione. Le fiancate e le torrette venivano stampate a caldo da presse enormi. Ricordo che un Russo che lavorava con me si è sistemato sopra una lamiera appena trattata per riscaldarsi, ma con l’allarme veniva staccata la corrente elettrica e la pressa è venuta giù …schiacciandolo. Una volta alla fine del lavoro, siamo tornati al campo e mi ero appena disteso sulla branda quando c’è stato un allarme aereo; siamo andati al rifugio dove siamo rimasti dalla sera alle sei alla mattina alle sei, in tempo per andare al lavoro. Un mese prima che la guerra finisse mi hanno portato a scavare fossi anticarro, verso Vienna, per cercare di rallentare i Russi che si stavano avvicinando. Ci assegnavano dei tratti da fare e finito il tratto potevamo tornare al campo di concentramento, a piedi. Non avevamo più alcuna energia e voglia di lavorare perché ci mancavano le forze. Mangiavamo pochissimo; il pane era in filoni e ad ognuno di noi davano una fettina (con le mani cerca di dare l’idea della quantità di pane che riceveva, misure da fetta biscottata), un piccolo mestolo di acqua e rape, rare volte c’erano anche delle carote, ma più spesso solo rape. Alla sera al lager ancora minestra di rape. Al lager prendevo il rancio con una bella ciotola di terracotta. Ricordo che nella fabbrica il pavimento era ricoperto da un tavolato di legno, ormai mal ridotto, per cui i tedeschi hanno deciso di eliminarlo e di sostituirlo. La tavole da sostituire venivano tagliate in pezzi abbastanza lunghi. Senza essere visto sono riuscito a nascondere sotto la giacca alcuni pezzi, nascosti anche dalla coperta che mi mettevo sulle spalle e li ho portati nella baracca dove avevamo una stufa che funzionava con carbone coke, però per noi introvabile. Se mi avessero scoperto a rubare i pezzi di legno avrei avuto dei bei problemi!

I lavori per i fossi anticarro venivano fatti di notte e al mattino, eravamo in aprile, tempo adatto per piantare le patate, le loro Kartoffeln, stavamo tornando al campo e siamo passati vicino a campi dove da poco erano state piantate le patate. Noi abbiamo cercato di prenderne, ma i Tedeschi si sono accorti e si sono fatti minacciosi e abbiamo lasciato perdere….

Noi non abbiamo mai visto i Russi, ma un contatto c’è stato. Si è trattato di un mitragliamento fatto dai Russi diretto verso la fabbrica; una pallottola ha colpito l’orologio Nella fabbrica c’era l’orologio e una pallottola ha colpito un orologio da parete. Otto, dieci anni dopo la fine della guerra ho fatto una viaggio con la moglie, una figlia, che poi è mancata, e suo marito e ho visitato anche la zona della fabbrica. Volevo visitare

Page 37: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

9  

l’interno della fabbrica, ma non mi hanno lasciato entrare, ma da fuori ha visto l’orologio ancora con l’ammaccatura della pallottola.

Prima che finisse la guerra i Tedeschi ci hanno radunati e caricati su carri bestiame e portati verso il Tarvisio. Ci hanno portati al confine, prima ancora che arrivassero gli Americani, perché temevano che ci rivoltassimo contro di loro.

Dal Tarvisio abbiamo fatto il viaggio fino a casa tutto a piedi. Avevamo i piedi fasciati da stracci perché non avevamo più scarpe. Delle donne lungo la strada ci hanno chiesto da dove venivamo e ci hanno offerto da bere e da mangiare. Siamo arrivati a Padova e poi Vicenza. Potevamo tagliare la strada, evitando Padova, ma avevamo paura di incontrare gli Americani e di essere portati a Udine per il periodo di quarantena. In effetti gli Americani li abbiamo visti a Pontebba, vicino al Tarvisio, diretti in Austria. Arrivati a Vicenza, con me c’erano, Cornolò Placido di Carrè e un Manzardo chiamato Ganassa, alto, magro, di Lugo, morti anche loro, abbiamo incontrato uno con un biroccio. Nonostante l’incitamento di una donna a nostro favore affinché costui ci desse un passaggio, lui tirò dritto. Arrivati a Thiene abbiamo incontrato Mattio Ciappacan (Matteo Contro una figura mitica della Thiene di allora, il 1° Maggio portava sempre un garofano rosso sul bavero della giacca, fedele al suo credo politico n.d.r.), che ci ha accolti con calore e che ha chiamato un’ambulanza per portarci fino a casa, tutti e tre. Sono arrivato a casa a sera e la voce del mio ritorno si è sparsa subito.

Ho evitato di entrare in casa perché ero pieno di pidocchi e sono andato nell’orto a cambiarmi. I pidocchi li chiamavamo “la croce uncinata”. Era il 12 maggio 1945.

Del gruppo catturato il 26 agosto, siamo stati i primi a tornare e poi sono tornati anche gli altri. Fortunatamente tutti vivi.

Ricordo che Battista Binotto è tornato dopo qualche giorno e subito qualcuno è venuto ad avvertirmi del suo arrivo, incredulo, perché Battista indossava bellissimi stivali neri.

Lettera inviata alla famiglia tramite la Croce Rossa Internazionale. Manca la data, ma la residenza di Antonio Bruck an der Mur, colloca questa lettera nel primo periodo dell'internamento, quando il lager era Papierfabrich, presso una cartiera. Si noti l’eliminazione del nome del lager mediante ritaglio della carta. Antonio attribuisce questo alla censura. Il retro della lettera era destinato alla risposta da parte della famiglia. In questo caso non è stato usato.

Page 38: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

10  

L’apparenza era questa. Ma in realtà il povero Battista aveva fatto la strada a piedi nudi e aveva piedi e gambe nere per il fango e lo sporco! A pochi giorni dalla liberazione Battista era stato spostato in un altro luogo, non so dove e non so il motivo per cui non siamo tornati assieme. Tornando ai miei compagni di sventura, Angelo Brazzale e Aldo Sella, dopo un breve periodo passato assieme a me, durante il quale venivano mandati a lavorare in fonderia sempre della Böhler a Sankt Marein im Mürztal, un centro non molto lontano da dove mi trovavo (n.d.r. la distanza tra i due centri è di 13 Km percorsi in treno), sono stati spostati in un lager nelle vicinanze della fonderia. Ricordo che Grazian un giorno è tornato dal lavoro nella fonderia ed è andato in infermeria perché un getto di materiale fuso lo aveva colpito al piede. Battista Binotto era nel mio stesso campo e ha lavorato nello stesso capannone dove lavoravo io, ma in un’altra campata, e usava una macchina a carburo che ritagliava le lamiere. Pietro Crosara e Giuseppe Turle sono stati divisi dal nostro gruppo e inviati a lavorare in Germania. Un compagno, non ricordo il paese, ha avuto un grave infortunio e ha perso una gamba. Per questo fatto è stato rimpatriato. Con me, nello stesso campo c’era anche Giacometto Dal Santo di Centrale, classe 1925, che dopo il ritorno ha fatto il collocatore. Nella fabbrica faceva il mio stesso lavoro e ci alternavamo nel controllo delle saldature. Lui mi è sempre stato grato perché l’ho aiutato, nel viaggio di ritorno, quando non riusciva a reggersi in piedi per la debolezza. Il carro bestiame che ci trasportava verso l’Italia, scoperto, era stracolmo e Giacometto non aveva trovato un posto per sedersi, allora gli ho ceduto il mio posto. Arrivato al Tarvisio è stato ricoverato in ospedale per cui è tornato qualche tempo dopo.

- Il signor Antonio mostra documenti e corrispondenza della prigionia, soddisfatto per averli conservati per tutti questi anni e commentando che non tutti hanno conservato questi cimeli! Fa notare il timbro della censura e delle parti ritagliate perché non risultasse il lager dove era rinchiuso.

Ho ricevuto delle lettere da casa e in alcune venivo informato che sarebbero arrivati dei pacchi con vestiario e cibo. In una - che mostra - si annuncia l’arrivo di vestiario pesante e tabacco. Il tabacco avrebbe fatto comodo per scambiarlo con cibo. Ma non è mai arrivato nulla! I pacchi e le lettere venivano spediti da Bolzano per mezzo di uno di Grumolo che lavorava a Bolzano, Piero Comberlato “Pierin dea Nea”, pensando che la posta sarebbe arrivata prima. Non mi risulta che qualcuno dei miei compagni di sventura siano mai arrivati pacchi.

- Gli è capitato di chiedersi come faceva a farsi la barba in Germania, perché ricordava di non avere avuto né rasoio né altro, ma poi, pensandoci bene, ha trovato la risposta: non aveva bisogno di tagliarla, perché non era ancora cresciuta! Antonio Guglielmi compì i 18 anni, il 4 novembre 1944, da lavoratore coatto!

                                                            1 Si tratta del rastrellamento che aveva come obiettivo la distruzione di un reparto garibaldino segnalato nella zona di Marola, proveniente dalla Val Leogra e diretto sull’Altopiano di Asiago. Nello scontro persero la vita due partigiani. Con l’occasione i nazifascisti vollero colpire le forze partigiane che sulle Bregonze si stavano rafforzando.

Page 39: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

11  

                                                                                                                                                                                                     Vedi Ferdinando Offelli, 70° Anniversario della Battaglia di Marola (1944-2014), a cura dello SPI CGIL, del Comune di Chiuppano e dell’ANPI. Vedi inoltre sito Centro studi Anapoli - Montecchio Precalcino 2  Nazareno Leonardi e Giovanni Thiella “Grumolo Pedemonte, Storia di una comunità civile e religiosa”, Tip. Sumanin Conselve, dicembre 1984, pag.156. Vengono riportate alcune parti della relazione che il parroco don Gasparo Zonta ha inviato al vescovo di Padova alla fine della guerra, il 27 settembre 1945. Questa la breve citazione: “...nel rastrellamento del 26 agosto 1944, furono deportati in Germania 7 parrocchiani e fu bruciata una stalla con fienile per avervi trovato vecchie armi nascoste...”. 3 Nell’agosto 1944 ci fu un bando per l’arruolamento dei nati nel primo semestre 1926. Il secondo semestre 1926 in realtà non venne mai chiamato alle armi dalla RSI. Guglielmi Antonio, Crosara Pietro, Turle Giuseppe sono tutti del secondo semestre 1926 per cui non erano renitenti alla leva. Tuttavia i Tedeschi avevano un gran bisogno di mano d’opera per cui tutte le occasioni erano buone per inviare in Germania giovani necessari al loro sforzo bellico. Antonio Guglielmi al suo ritorno si è avvalso della dispensa del servizio militare essendogli stata riconosciuta la deportazione ai fini dell’assolvimento del servizio militare. 4 Il fatto è ricordato anche da Fulvio Calgaro “Risso” classe 1936 che nell’incontro del 6 novembre 2017 ha aggiunto: ”il poveretto ha appoggiato le mani bruciate sulla porta della chiesa di Marola implorando la Madonna di aiutarlo”. 5 Vedi testimonianza di Lorenzo Rubechi, IMI di Città di Castello http://www.lanazione.it/umbria/cronaca/2014/01/27/1016881-lavoravo_fonderia_scheletro_morte_fame_ecco_come_sono_salvato.shtml

Page 40: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

12  

Sabato 26 agosto 1944 prima dell’alba le colline delle Bregonze furono investite da un grande rastrellamento nazifascista e sedici giovani

furono deportati

Di questo rastrellamento1 gli storici accennano quando scrivono dello scontro di Marola di Chiuppano fra un reparto partigiano Garibaldino in transito verso l’altopiano di Asiago e soverchianti forze nazifasciste che portò all’uccisione di due eroici partigiani, Nello Tarquini “Pascià” e Francesco Urbani “Lupo”.

Ogni ultima domenica di Agosto, da moltissimi anni, viene organizzata dal Comune di Chiuppano una commemorazione per ricordare i due partigiani e i Caduti della Brigata Mameli.

E’ merito del signor Antonio Guglielmi (vedi testimonianza precedente), vittima lui stesso, ancora diciassettenne, del rastrellamento in questione, se l’attenzione è stata ampliata e prende in esame la sorte dei molti giovani catturati dai nazifascisti e deportati. Grazie alla sua lucida memoria, sono emersi i nomi di una quindicina di compagni di sventura, otto del Comune di Zugliano, sei solo di Grumolo, uno di Centrale, uno di Zugliano, cinque del Comune di Lugo di Vicenza delle contrà Cerchiarolla, S.ta Maria, Creari, Graziani, Molan e Rosa, tutte sul lato nord est delle Bregonze e due di Carrè.

Un aiuto è venuto da una ricerca curata da Maurizio Duso2 di Lugo di Vicenza, che porta la data del tre maggio 2013, dal titolo “Il rastrellamento del 26 agosto 1944 nel versante nord-est delle Bregonze fino a Marola”. I protagonisti che furono catturati e deportati erano già allora scomparsi, ma con la sua ricerca Maurizio Duso ha raccolto le testimonianze di parenti e figli dei deportati sui fatti di quel giorno.

Il rastrellamento interessò l’intera zona delle colline delle Bregonze e per i nazifascisti fu possibile organizzarlo in breve tempo perché era già pronto un rastrellamento che sarebbe stato ancora più grande, denominato dai Tedeschi “Operazione Hannover”, che doveva estendersi a tutta la Pedemontana e che si sarebbe concluso con la famosa Battaglia di Granezza del 6 settembre 1944. Così non fu un problema per i nazifascisti impiegare parte delle forze disponibili per colpire la formazione partigiana Garibaldina di cui abbiamo accennato e con l’occasione dare la caccia a fiancheggiatori dei partigiani, a militari sbandati dopo l’8 settembre, a renitenti alla leva, compresi giovani che non avevano ancora l’età per la leva essendo nati nel 2° semestre 1926 come Crosara Pietro nato il 10 luglio, Giuseppe Turle il 12 luglio e Antonio Guglielmi, il più giovane, il 4 novembre, non ancora diciottenne, tutti di Grumolo Pedemonte. Per i Nazifascisti tutto andava bene pur di spargere il terrore fra la popolazione e di avere braccia da impiegare nelle loro fabbriche di guerra.

I nazifascisti setacciarono ogni angolo delle Bregonze, controllarono ogni casa; salirono sulle colline da più direttrici, da Centrale, Grumolo Pedemonte, dall’Astico verso le frazioni di Lugo di Vicenza. Sapevano dove andare a cercare perché alcune testimonianze sostengono che una volta circondate le case e le contrade, facevano i nomi delle persone che cercavano.

Page 41: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

13  

Il rastrellamento iniziò da prima dell’alba e durò tutta la mattinata; sorprese quasi tutti nel sonno, pochi a quell’ora erano nei campi a lavorare come Placido Cornolò di Carrè, residente in via Prà Converto, con la casa che guardava sull’Igna, che secondo il figlio Massimiliano si trovava da qualche parte a “fare il fieno”. Antonio Guglielmi di Grumolo Pedemonte, per la giovane età, pensava di non aver nulla da temere; ricorda perfettamente cosa accadde. Venne catturato che si trovava ancora a letto e portato alla latteria, a poca distanza da casa, dove attendeva un camion. I rastrellatori avevano iniziato la loro azione partendo dalla latteria che allora si trovava poco dietro il bar Mariolo e salirono su per le vie Corone, via Monte Cucco, via Tugurio. Via via che i giovani venivo presi salivano sul camion e alla fine si sono ritrovati alla Ca’ Vecchia, dove furono portati altri rastrellati. Gli ultimi catturati del gruppo di Grumolo, nella corte di Pio Simonato, furono Francesco Bortoli classe 1922, militare sbandato dopo l’8 settembre e Pietro Criosara; il primo vi abitava con la famiglia e il secondo vi si trovava per il lavoro come bracciante. Gli altri, Binotto Battista, classe 1923, Brazzale Ageo e Sella Aldo, entrambi della classe 1920, erano militari sbandati dopo l’8 settembre.

Fulvio Calgaro, chiamato Risso per i capelli, intervistato dal prof. Ferdinando Offelli3, ricorda che il segnale per l’avvio del rastrellamento avvenne con il lancio di un razzo da villa Rospigliosi. Anche lui, che aveva allora 8 anni, fu catturato col padre e caricato su un camion rosso. Lui ricorda che sul camion che li portò in contrà Marolla c’erano 56 persone, provenienti dai dintorni e un buon gruppo della contrada Sangoanin di Lugo di Vicenza. I nazifascisti sostennero successivamente di aver ucciso 11 ribelli e di aver arrestato 65 sospetti senza riportare perdite (vedi nota n. 1 Atlante delle stragi nazifasciste). Sempre Fulvio Calgaro ricorda che gli uomini catturati furono portati prima a Thiene e poi a Vicenza. Suo papà fu portato 2 giorni a Thiene e 3 a Vicenza e poi fu liberato. Non tutti furono però deportati in Germania e molti, dopo alcuni giorni, tornarono a casa. Fra costoro Bortolo Lino Strozzo, di Sangoanin, Mario Dal Santo, classe 1927, per la giovane età.

Le testimonianze riportate nella ricerca di Maurizio Duso riferiscono molti particolari di quanto accadde sul versante Nord-Est, in Comune di Lugo di Vicenza. Nonostante l’orario, circa le 4 del mattino, alcuni colsero quello che stava accadendo e diedero l’allarme facendo sì che molti riuscissero a nascondersi. Non tutti: Dal Bianco Federico “Moretto Sarcerola” classe 1914, Pasin Giovanni 1915, Strozzo Benvenuto classe 1919, Grazian Olinto classe 1920, Manzardo Giuseppe, classe 1922 conosciuto come “Ganassa”, tutti militari sbandati dopo l’8 settembre, e molti altri furono catturati. Risulta da queste testimonianze che i rastrellati di questa zona delle Bregonze furono fatti scendere a piedi fino al ponte sull’Astico (Ponte degli Alpini) dove furono fatti salire su un camion (o un furgone) coperto da un telone che non permetteva di vedere chi c’era nel cassone. Da lì furono portati nella fabbrica di Marini a Zugliano (poi Cascami seta) dove c’era un distaccamento tedesco e poi a Vicenza. Anche Binotto Battista di Grumolo Pedemonte fu catturato a Lugo, in via Rosa, dove si era nascosto in casa della sorella Maria. Una conferma di quanto sostenuto da Fulvio Calgaro che a Marola fossero presenti fra i catturati anche abitanti di Lugo, è venuta dal sig. Nicola Duso, zio di Maurizio Duso, in

Page 42: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

14  

quanto in quell’occasione fu catturato anche suo padre Giovanni che si trovava in visita ai parenti e con lui un certo Rigon, che essendo dipendenti della Cartiera Burgo avevano i documenti in regola e pertanto dopo essere stati condotti nelle carceri di Thiene, sono stati rilasciati. Uno zio del sig. Nicola del 1905, Daniele Marolla, fu invece portato a Vicenza, ma dopo un paio di giorni è ritornato. Molti dei rastrellati che furono trattenuti a Vicenza furono portati a lavorare alla Böhler a Kapfenberg in Stiria, centro situato a 62 Km a nord di Graz: Antonio Guglielmi, Battista Binotto, Giacomo Dal Santo nello stabilimento di Hafendorf/ Kapfenberg, Ageo Brazzale, Aldo Sella, Gildo Calgaro, Olinto Grazian, Venuto Strozzo, Giuseppe Manzardo, Federico Dal Bianco dopo un certo tempo sono stati trasferiti a lavorare nella nuova fonderia a St. Marein. Francesco Bortoli e Pietro Crosara , sono stati separati dal gruppo già a Innsbruck e inviati in lager in Germania che poi saranno specificati. Con loro due doveva esserci anche Ignazio Carollo. Giovanni Pasin da Bruck fu successivamente spostato in una zona della Cecoslovacchia annessa al Reich, mentre di Giuseppe Turle non siamo riusciti ad avere notizie sul luogo di deportazione; sicuramente non si trovava in Stiria. Gli stabilimenti di Böhler a Kapfenberg4 e zona circostante sono stati tra i più importanti siti di produzione di carri armati del Terzo Reich. Poco dopo l'annessione dell’Austria al Terzo Reich, Böhler ricevette un grande prestito per ampliare di molto lo stabilimento. Così le acciaierie furono estese e fu costruita una nuova fonderia. A Kapfenberg-Deuchendorf sono state avviate ulteriori produzioni come il complesso per le pistole, un laminatoio e il nuovo gruppo di montaggio dei mezzi blindati. Le produzioni furono ampliate in modo tale che alla fine della guerra Böhler impiegava 23.000 persone5. Per proteggere la fabbrica dai bombardieri alleati, era stata avviata la costruzione di una

galleria che avrebbe dovuto ospitare la fabbrica. Nell'ambito dell'espansione dello stabilimento Böhler a Kapfenberg, dovevano essere costruite nuove acciaierie e un altro laminatoio. A causa della mancanza di spazio a Kapfenberg, è stato deciso di costruire queste nuove opere a Sankt Marein. Dal 1943, tuttavia, solo una parte delle acciaierie è stata costruita. Il laminatoio non è stato completato. Purtroppo l’unico testimone vivente è il sig. Guglielmi, ma con le informazioni da lui avute è stato possibile cercare documentazione presso l’Archivio di Stato e rintracciare mogli, figli e parenti per ricostruire, per quanto possibile, quanto accadde a ciascuno dei deportati. Molte notizie provengono dai fascicoli personali dei Ruoli Militari conservati in Archivio di Stato di Vicenza e altre dai famigliari che hanno conservato documenti e ricordi.

Riportiamo un breve ricordo per ciascuno, procedendo in ordine alfabetico e mettendo in evidenza i dati sul servizio militare che per molti era iniziato nel 1940, chi combattendo

Il ministro degli armamenti delReich Albert Speer inaugurò lanuova acciaieria a St. Marain il 3 luglio del 1944. La scrittasignifica “Buona Fortuna” ed è iltradizionale saluto dei minatoritedeschi, con il loro simbolo, ilmartello e il piccone.

Page 43: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

15  

sul fronte francese, chi su quello Balcanico, chi in Sicilia per opporsi allo sbarco degli Alleati.

BINOTTO BATTISTA, classe 1923, via San Biagio, Grumolo Pedemonte di Zugliano, bracciante. Ha partecipato alle operazioni di guerra in provincia di Gorizia dal 18/11/1942 col 23° Settore G.A.F. mobilitato. E’ stato preso a Lugo di Vicenza, dove si era nascosto in casa della sorella Maria che abitava in via Rosa.

Nella cartolina postale, a lato, dice di trovarsi assieme a Aldo Sella, Carlon (Antonio Guglielmi) e Brazzale e di lavorare in uno stabilimento 12 ore al giorno e, per non preoccupare i famigliari, “di godere ottime condizioni di salute”. Prigioniero fino

all’8 maggio 1945 e poi trattenuto dalle forze alleate fino al 12 maggio 1945. Gli è stata riconosciuta la Croce al Merito di Guerra per l’internamento. E’ deceduto nel 2010, all’età di 87 anni. BORTOLI FRANCESCO “Pierini” classe 1922, Via Tugurio 6, Grumolo Pedemonte di Zugliano, agricoltore. Il 30 gennaio 1942 fu inserito nel 227° Rgt. Fanteria P.M. 105; col grado di caporale, dal 1° agosto all’8 settembre 1943 fu impegnato nello scacchiere del Mediterraneo per la difesa costiera. Difficile ricostruire con precisione la sua prigionia. In una cartolina postale del 10.11.1944 spedita dal Gemeinschftslager Hegebreite Bernburg (Sassonia Anhalt, Saade) informa di trovarsi con Ignazio e Crosara. Quasi sicuramente si tratta di Ignazio Carollo “Gredo” e Crosara è Pietro.

Cartolina postale inviata al cugino Schiesaro Antonio, via San Biagio, Grumolo Pedemonte, dal lager Papierfabrich, Bruck an der Mur, Germania

Page 44: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

16  

Naturalmente scrive: “Salute ottima …qui la vita è ottima, si lavora 8 ore al giorno e poi si è liberi…”. Siamo al 10 novembre e Bernburg si trova nella Germania centrale a metà strada fra Magdeburgo e Halle ed è naturale che Francesco chiedesse di mandagli un pacco “ e se potete mandarlo mi occorrerebbe un pacco di vestiario perché qui fa freddo”. Di Bortoli Francesco si trovano altri due documenti in Archivio di Stato compilati al suo rientro dalla prigionia. In quello rilasciato nel centro di alloggio di Como in data 21 agosto 1945 viene indicato come luogo di prigionia “Halter”. Non esistendo un centro con questo nome, potrebbe trattarsi di Haltern am See in Renania Settentrionale, con inizio del lavoro in data 30 settembre 1944. Crosara Pietro che nella precedente cartolina figurava presente nel lager di Bernburg, in una dichiarazione, che verrà ripresa poi, indica come luogo di prigionia

“Bocquom” che potrebbe essere Bochum a trenta Km da Haltern. In quel luogo dice di essere rimasto fino al 26 febbraio 1945. Quindi il lager di Bernburg potrebbe essere stato un lager di smistamento per poi i due (con loro c’era ancora Carollo Ignazio?) essere spostati in Renania. Resta il fatto che, nei ricordi dei parenti, Bortoli Francesco e Pietro Crosara hanno fatto almeno una parte della prigionia assieme e li unisce un fatto che riporteremo quando parleremo di Pietro Crosara. Francesco Bortoli è stato liberato l’8 maggio 1945 e poi trattenuto dalle forze alleate fino al 21 agosto 1945, data del suo rientro passando per il Centro Alloggio di Como. Gli sono state riconosciute due Croci al Merito di Guerra, una per le vicende belliche e una per la deportazione nel Reich. E’ deceduto nel 1969, all’età di 47 anni.

Page 45: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

17  

BRAZZALE AGGEO (nel ruolo matricolare AGEO), classe 1920, via Corone 5, Grumolo Pedemonte di Zugliano, contadino. Arruolato in data 5 gennaio 1941 nel 14° reggimento Cavalleggeri Alessandria. Il 6 aprile 1941 si trovava in territorio in stato di guerra e l’8 settembre ha trovato il suo reggimento in Dalmazia. Deve avere avuto la passione per la bicicletta, tanto che nel suo ruolo matricolare alla voce cognizioni extra professionali risulta ciclista. Deportato a St. Marein im Mutztale lager Bohler Steiermarck (Stiria) – Germania. Liberato dagli Alleati il 23 maggio 1945. Al ritorno la sua salute era irrimediabilmente compromessa e fu tutto un dentro e fuori dall’ospedale di Thiene. E’ deceduto il 10 dicembre 1947 ad appena 27 anni. Il santino ad un mese dalla morte è stato fornito dal

nipote, figlio della sorella Maria, sig. Francesco Dalle Carbonare nell’incontro del 6 settembre 2017. Il sig. Francesco Dalle Carbonare ricorda, in modo particolare, la perdita della salute che costrinse lo zio a vivere praticamente, il poco tempo che gli restava presso il reparto sanatorio dell’ ospedale di Thiene. Al sabato tornava a casa per ritornare in ospedale il lunedì. In famiglia si raccontava che lo zio fosse stato deportato a Mauthausen dove era addetto alla pulizia dei forni crematori. A

seguito della ricerca è emerso che Ageo ha lavorato nella fonderia della Bohler. Sempre il nipote ricorda che lo zio, nero di capelli, è tornato con i capelli ramati per il lavoro nella fonderia.

Alcuni giovanotti di Grumolo Pedemonte prima della guerra e fra loro due,con i nomi sottolineati, che saranno deportati a seguito del rastrellamentodel 26 agosto 1944. Da sinistra: Bortoli Francesco, Lucchini Angelico, SellaAdelchi, Stupiggia Ampelio, sconosciuto quello con la fisarmonica, inginocchio a sinistra Guglielmi Beniamino, fratello di Antonio e vicino BrazzaleAgeo (foto fornita da Francesco Dalle Carbonare).

Santino ad un mese dalla morte, conservato dal nipote Dalle Carbonare Francesco.

Page 46: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

18

Gli sono state riconosciute due Croci al Merito di Guerra per i fatti bellici 1943-’45.

CALGARO GILDO, “Il Duce”, classe 1920, nato a Posina, Carrè, via Rua n. 3, agricoltore.

Chiamato alle armi l’11 febbraio 1940 e incorporato nella 14.ma Compagnia Sanità.

Dal 24 aprile 1942 all’8 settembre 1943 impegnato in operazioni di guerra in Balcania con

la 2a Sezione Sanità; imbarcato a Fiume raggiunse

Ragusa l’1 maggio 1942. All’8 settembre si trovava nella

39.ma Compagnia Sanità.

Prigioniero nel campo Stahlwerk Marein, denominato

120 e liberato dai Russi il 25 aprile 1945, è rientrato il 20

maggio, via Tarvisio.

In un incontro con la figlia Adriana e il cugino Fulvio

Calgaro, avvenuto il 31 dicembre 2017, sono emersi

alcuni fatti di quanto Gildo raccontava. Andando per

ordine fu denominato “Il Duce”, perché quando tornò

dall’Albania portava un copricapo avuto da Galeazzo

Ciano, genero di Mussolini. Dall’Albania è tornato col

cap. Giovan Battista Polga di Lugo di Vicenza che poi

diventerà un esponente repubblichino di primo piano,

comandante del reparto di Polizia ausiliaria in forza alla

Questura di Vicenza. Era noto per aver diretto molte

operazioni di rastrellamento contro i “ribelli”. Quando Gildo fu catturato, il 26 agosto, era

presente anche il Polga. Fra i due ci fu uno scambio drammatico: Gildo gli ricordò di

avergli salvato più volte la vita in Albania e ora lui ricambiava in questo modo. Polga gli

rispose: “Ti avevo detto di venire con me!” Al che Gildo ribattè: ”Piuttosto di venire con te

preferisco che tu mi spari!”. Mancano notizie sul luogo di deportazione, mentre risulta che

fosse con Dal Santo Giacomo, Cornolò Placido, Binotto Battista, Sella Aldo, quindi si

trovava a Bruck an der Mur. Lavorava a costruire e riparare linee ferroviarie e tale era la

fame, che le radici dell’erba che trovavano scavando per posizionare i binari, venivano

conservate per poi cucinarle in un barattolo di latta. Maggiori sono i dettagli sul ritorno,

avvenuto secondo Fulvio il 27 giugno 1945 (nel ruolo matricolare risulterebbe il 20

maggio). E’ arrivato ad Asiago portato dagli Americani e poi è tornato a piedi da solo in

condizioni fisiche che si possono immaginare: pesava 43 Kg. A Cesuna una donna gli

dette un paio di ciabatte perché le sgalmare che portava erano a pezzi. Arrivato a casa ,

c’è il ricordo che si è seduto sul pozzo per liberarsi dai vestiti infestati di pidocchi e ha

bevuto una tazza di latte che però ha rimesso subito. Il dott. Pilla di Carré gli consigliò di

mangiare 30 gr. al giorno di pasta, non di più, perché lo stomaco si era ristretto. Ha chiesto

notizie di “Talian”, se era tornato, perché quando l’aveva visto l’ultima volta, sembrava

morto. Negli anni successivi è tornato a Cesuna per ringraziare la donna che gli aveva

dato le ciabatte, ma non è riuscito a incontrarla. Anche lui ha dovuto essere ricoverato in

un sanatorio a Verona. E’ morto all’età di 59 anni.

Page 47: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

19  

CAROLLO IGNAZIO “Gredi”, classe 1925, Zugliano, Via Monti 2, oggi via Grumialti, contadino. Non ha fatto il sevizio militare, lasciato in congedo. Al momento della cattura si trovava in casa, in canottiera, per il gran caldo di quel giorno e in quel modo è stato portato via. A riferire qualche piccolo ricordo è la signora Italia Simonato classe 1937, vedova di Ermenegildo Carollo del 1931, 14° di 15 fratelli Carollo, 11 maschi e 4 femmine e figlia di Pio Simonato. Quest’ultimo fu esponente partigiano della zona, nella cui casa fu costituita la Brigata Mameli e in cui trovava spesso rifugio il suo comandante “Riccardo”, Roberto Vedovello. Con Ignazio sono stati catturati anche due fratelli, Bortolo, mutilato nella guerra di Grecia, e Berto, reduce di Russia; un altro fratello Bruno del 1923 era già in Germania come internato militare. La signora ricorda il camion pieno di giovani, fra cui c’era anche Bepi Guglielmon, e le madri che si davano da fare per far giungere cibo e vestiario ai figli. Quando iniziò il rastrellamento, il padre Pio si trovava poco lontano dalla casa, diretto con un figlio da Tullio Paterno con un carro pieno di trifoglio “matto”, da ricavare semenza, quando incontrò due Tedeschi con una moto carrozzella. I Tedeschi lo fermarono, ordinarono di staccare il cavallo e di far scendere il figlio dal carro e mitragliarono il carro, pensando che il trifoglio nascondesse qualcuno. Bortolo Carollo fu liberato a Verona e poté tornare a casa e dopo alcuni giorni anche Berto tornò. Ignazio invece fu deportato in un lager con Pietro Crosara e Francesco Bortoli. La signora Italia ricorda vagamente che in quel lager successe qualcosa di importante quando i due Pietro Crosara e Bortoli Francesco furono sorpresi a raccogliere bucce di patata. Forse Pietro fu messo in prigione. L’accaduto è stato riportato quando si parla di Pietro Crosara. Nel ruolo matricolare risulta rientrato dalla Germania il 12 giugno del 1945. Riconosciuto partigiano della Brigata Mameli per attività dal 1.3.44 all’1.5.45. Poco dopo il suo ritorno Ignazio è emigrato in Belgio a lavorare in miniera e dopo pochi anni è emigrato in Australia, raggiungendo il fratello Berto, dove è deceduto nel 1984 a Fairy Meadows, all’età di 59 anni (testimonianza della signora Italia Simonato del 25 novembre 2017). CORNOLO’ PLACIDO, classe 1923, Carrè via Prà Comberto 5, contadino. Nel suo fascicolo militare si trova che è stato deportato in Germania dal 26 agosto 1944 al 15 maggio ‘45 in quanto civile renitente alla leva. Fu dopo la guerra esonerato dal servizio militare in quanto reduce dalla prigionia. Deceduto nel 1984 a 61 anni. Il figlio Massimiliano dice che il padre non raccontò mai della prigionia. Ricorda che fu catturato mentre di buon mattino faceva il fieno; fu portato alla Ca’Vecchia e poi al lavoro in Austria. CROSARA PIETRO classe 1926, Grumolo Pedemonte di Zugliano, Via Monte Cucco 2 , contadino. Finita la guerra, fu dispensato dal prestare il servizio di leva e fu posto in congedo illimitato provvisorio in applicazione della legge che dispensava dalla leva coloro che erano stati deportati nel Reich. E’ stato riconosciuto partigiano della Brigata Mameli dall’1 maggio 1944 all’1 maggio 1945.

Page 48: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

20  

Le notizie raccolte provengono dal figlio Franco, incontrato in data 12 settembre 2017. La notte che precedette il rastrellamento, il padre aveva dormito da Pio Simonato e alla mattina fu sorpreso dai Tedeschi che lo catturarono. Con lui c’era anche Francesco Bortoli; i due avevano dormito nel fienile. I genitori di Pietro chiesero subito l’intervento delle autorità fasciste per la liberazione del figlio, ma ebbero come risposta che non potevano fare nulla e che Pietro non avrebbe dovuto frequentare la casa di Pio Simonato, sospettato di essere partigiano. In una dichiarazione del 29 aprile 1964 Pietro Crosara sostenne di essere stato catturato perché appartenente a formazioni

partigiane e, dopo tre giorni passati nel carcere mandamentale di Thiene, di essere stato portato in Germania presso il campo di concentramento di Bochumom (dovrebbe essere Bochum), ove è rimasto fino al 26 febbraio 1945, data in cui è stato trasferito nel campo di Mauthausen da dove è stato rimpatriato in data 17/9/45 a cura del Comando inglese. Il figlio ricorda un fatto che gli fu riferito da Francesco Bortoli, compagno di prigionia del padre. Una sera i due avevano raccolto delle bucce di patate trovate per terra; furono subito scoperti e per Bortoli fu decisa l’impiccagione. Pietro fu lesto a tagliare la corda che stava per strozzare l’amico, con un falcetto ruggine che aveva con sé. A rendere possibile il salvataggio in extremis dell’amico fu la grossa

Page 49: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

21  

sciarpa che Bortoli aveva al collo per ripararsi dal freddo e che impedì alla corda di ucciderlo. Il figlio di Francesco aggiunge che i Tedeschi, non contenti, infierirono poi sul padre fino a lasciarlo quasi morto. Di questo fatto Pietro non fece mai parola con il figlio e fu Francesco Bortoli a raccontarglielo. Franco ricorda di avere sempre visto il Bortoli con un foulard al collo. Forse l’uso del foulard era collegato ai segni lasciati dalla corda che stava per ucciderlo? Purtroppo non sapremo mai cosa effettivamente successe in quell’occasione che deve essere stata drammatica. Fu questo il motivo per cui Crosara fu inviato a Mauthausen in data 26 febbraio 1945, come lui dichiara davanti al segretario comunale di Zugliano in data 29 aprile 1964? Sono state chieste informazioni in merito all’archivio di Mauthausen, ma non è stata confermata la presenza di Crosara in questo campo. Considerata l’incompletezza degli archivi di Mauthausen, la mancata conferma non significa che ciò non sia accaduto. Sempre nello stesso documento Pietro Crosara fissa il rientro al 17 settembre 1945, a cura del comando inglese. E’ deceduto nel 1976, all’età di 50 anni. DAL BIANCO FEDERICO “Moretto Sarciarola”, classe 1914, via Cerchiarolla di Lugo di Vicenza. Il 15 giugno 1940 combattente sulle Alpi Occidentali, contro la Francia, col 232° Reggimento Fanteria Avellino. Dal 16 giugno 1941 all’ 8 settembre 1943 nei Balcani col 26° settore G.a.F. raggruppamento Croazia. Deportato a Bruck an der Mur, ha iniziato a lavorare il 10 settembre 1944. E’ rientrato dalla Germania il 25 maggio 1945 dal Tarvisio. Gli è stata riconosciuta la Croce al Merito di Guerra per l’internamento. E’ deceduto nel 1990, all’età di 76 anni. DAL SANTO GIACOMO “ Giacometto Talian”, classe 1925, via San Rocco, Centrale di Zugliano, studente di V ginnasio. Soldato di leva in congedo illimitato provvisorio. Le notizie sono state fornite dalla signora Fiore Dal Santo, classe 1934, sorella di Giacomo, in un incontro lunedì 6 novembre a Centrale. La famiglia abitava in via San Rocco, dopo il castello Rospigliosi. La signora aveva quattro fratelli, Andrea era militare ed è stato catturato a Fiume e internato in un lager dai Tedeschi e per molti mesi la famiglia non ha avuto sue notizie, Giacomo, Mario, classe 1927 e Florindo del 1930. Alle sei del mattino compaiono nel cortile due tedeschi che chiedono se c’erano partigiani in zona. Poi arrivarono altri Tedeschi e prendono i due fratelli che erano a letto. La madre aveva messo da parte 50 uova che i Tedeschi hanno mangiato sotto forma di una grande frittata. Mario è stato poi liberato a Vicenza per la giovane età. Giacomo è stato portato a Marola dove è stato costretto a trasportare delle armi per i tedeschi durante lo scontro con il gruppo di partigiani Garibaldini. Mario invece era rimasto sul camion. Ricorda ancora esattamente l’indirizzo del lager di Giacomo, Papierfabrich Bruck an der Mur 12 A Germania. Il fratello ha patito tanto la fame e si è adattato a cercare chiocciole (cornioli) nelle concimaie e mangiarle dopo aver tolto il guscio. La signora Fiore ricorda che il postino, proveniente, a piedi, dall’ufficio di Grumolo, distribuiva la posta alla scuola elementare e quando lei capiva che la lettera

Page 50: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

22  

proveniva dal fratello Giacomo, durante la ricreazione, riusciva di corsa a portarla a casa (dopo il Castello Rospigliosi) per poi ritornare in tempo a scuola. Giacomo sulla strada di casa, indebolito e malato, è stato ricoverato in un ospedale a Tarvisio; quando è tornato a casa pesava 36 Kg ed era irriconoscibile, tanto che la madre nel vederlo si è sentita male. A portarlo fino alla porta di casa sono stati i fratelli Baggio, camionisti, che lo avevano raccolto stremato, lungo la strada. Da casa erano partiti vari pacchi di vestiario perché Giacomo faceva sapere di avere freddo, ma nessuno è arrivato. Allora un’amica di famiglia attraverso un militare tedesco è riuscita a fargli arrivare dei pacchi. Dopo il ritorno, Placido Cornolò e anche Battista Binotto lo andavano a trovare portando un po’ di zucchero, uno dei pochi alimenti che riusciva a mangiare. Per il periodo dal 1 luglio 1944 al 1 maggio 1945 gli fu riconosciuta la qualifica di partigiano combattente nel Btg. Martiri della

Libertà, div. Garemi. La figlia Maria Gianna conserva la Croce al Merito di Guerra e una lettera inviata al padre in data 30/11/1944 dai famigliari. E’ scritta a più mani dai genitori e dal fratello Mario. Leggendola si può cogliere il clima di paura che ha caratterizzato quegli anni, per questo e per altro riportiamo ampi stralci della lettera. Inizia il fratello Mario: “…Qui la va bene però sempre con paura dei bombardamenti. Io continuo a lavorare sotto l’O.T. e mi trovo bene come spero ti troverai tu. Io mio trovo a fare coraggio essendo solo io qui a casa col babbo che ha paura, anche la mamma pure. Indo (Florindo n.d.r.) aiuta qualche cosa in casa. Adesso stiamo facendo legna nel bosco e ogni tanto, uno due giorni la settimana, rimango a casa per i lavori qua. Domenica 26, ti abbiamo spedito un pacco da vestire non avendo avuto la possibilità di mandarti da mangiare, ma sta certo che la prima volta che capita un’altra occasione, ti faremo avere da mangiare., quello che possiamo. Certi momenti vedendomi qui solo mi viene malinconia pensando le serate passate assieme l’inverno scorso. Io non go più gusto di andare da nessuna parte perché anca alla sera, più lontano che vado, è da Comparin. Alla festa si va al cinema con paura o altrimenti vado da Aldo Caoduro (il mugnaio n.d.r.) e si apre la radio ascoltando la musica, ma come ripeto senza gusto, spero che ritornerai presto. Distinti saluti da Aldo e dalla Maria del Ponte, Comparin e vicini tutti. Poi i genitori. …Caro figlio Giacometto, ora non posso fare a meno di scriverti poche righe per esprimerti la mia passione, prima di tutto ti faccio sapere che questa è la terza lettera che ti spediamo in più ti abbiamo spedito un piccolo pacco di solo 2 chili e di più non abbiamo potuto Questo pacco contiene 2 fanele, 1 camicia, 1 paio di mutande, 2 paia di calsoti di lana, 1 pulover, tre fassoleti nuovi, speriamo che ti basteranno, sperando di vedersi presto a mangiare le noci, se potrò ti spedirò un altro pacco e ho già preparato il pane e tutto. Caro figlio nelle tue care lettere, su ognuna ci hai chiesto l’indirizzo di Andrea, ora te lo spedisco ma ho paura che l’avrà cambiato come per Bortolo Casalin.

Nel 1953, a qualche anno dalla liberazione, scrive nel retro “..mira questa faccia incadaverita…”

Page 51: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

23  

Sappi che sono due mesi ed mezzo che non riceviamo posta e a lui non so come la sia …..segue. Gli fu riconosciuta la Croce al Merito di Guerra per attività partigiana. E’ deceduto nel 1995, a 70 anni. GRAZIAN OLINTO, classe 1920, via Graziani, Lugo di Vicenza, contadino. Erano in tre fratelli tutti sotto le armi. Il maggiore, Bortolo, classe 1915, è deceduto il 19/9/1941 per malattia contratta in servizio in Grecia. Col grado di sergente, dal 10 giugno al 15 luglio 1940, si trovava sul fronte delle Alpi Occidentali col Battaglione Duca degli Abruzzi, compagnia comando ad Aosta, comandante il maggiore Cremasi. Il 20 marzo fu trasferito al 9° Alpini battaglione reclute, Compagnia Comando sino al giorno 21 gennaio 1942. Poi in congedo. Fu richiamato il 4 giugno 1943 al 9° Alpini, Btg Vicenza, compagnia d’istruzione a Gorizia. Dopo l’armistizio si nascose a casa, arrivò il 26 agosto e fu catturato e portato in prigione

a San Biagio, il giorno 9 settembre arrivò nel campo di concentramento 12 A in Stiria. Il 10 Novembre (cartolina postale a lato) scrive alla moglie Angelina, la rassicura di trovarsi bene e di essere con tutti i compaesani. Chiede notizie del bambino Gianlino, di pochi mesi. E’ rientrato l’ 8 maggio 1945 dal Tarvisio. Il figlio Gianlino ricorda che il padre è fuggito dal lager appena ha visto che la

sorveglianza è diminuita. Al suo rientro pesava 40 Kg. Quando è tornato, a Lugo era in corso la dura punizione per i Fascisti locali che furono picchiati, mentre alle donne accusate di aver frequentato Fascisti e Tedeschi furono tagliati i capelli. Fu invitato a partecipare per vendicarsi per quanto aveva patito, ma preferì rimanere a casa, in famiglia. Il figlio conferma quanto raccontato da Antonio Guglielmi in merito al ferimento del padre alla caviglia da un getto di materiale fuso e riferisce che spesso ha avuto dei

Page 52: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

24  

disturbi e arrossamenti nel punto della ferita. Una settimana dopo il ritorno dalla prigionia, il 14 maggio è nato il secondo figlio Mario, quindi la signora ha vissuto tutta la gravidanza con il marito lontano e temendo che gli potesse capitare il peggio. Riconosciuto partigiano della Brigata Mameli dal giugno 1944 al maggio 1945. E’ deceduto nel 1979, all’età di 59 anni. MANZARDO GIUSEPPE, classe 1922, via Molan 1, Lugo di Vicenza, contadino. Chiamato alle armi nell’11° Regg. Genio il 21 settembre 1942. Inquadrato nella 3a compagnia marconisti a Udine. All’8 settembre era a Udine. Deportato a Bruck an der Mur, ha iniziato il lavoro il 20.9.1944; fu liberato l’8 maggio 1945 e trattenuto dalle forze Alleate per qualche giorno. Rientrò in Patria il 12 maggio 1945. Scrive a casa il 4 marzo 1945, pochi giorni dopo la partenza per il rientro di Venuto Strozzo, annunciando che lui “vi spiegherà della nostra situazione”, lamentando che l’ultima cartolina gli è pervenuta il 24 novembre e augurandosi che altre siano in arrivo. Sotto l’atto di notorietà che i deportati erano tenuti a fare nel proprio Comune per dichiarare la propria situazione di militari dopo l’8 settembre. Il testo che veniva loro richiesto di

sottoscrivere era uguale per tutti: “…non ha mai collaborato con forze nazi fasciste, né fu iscritto col P.F.R. né di aver prestato servizio del

lavoro presso la O.T. o enti similari militarizzati…”. Osservare che i testimoni sono tutti compagni di deportazione: Dal Bianco, Pasin, Strozzo e Grazian. Ha avuto il riconoscimento della Croce al Merito di Guerra per l’internamento in Germania. E’ deceduto nel 1991, a 69 anni.

PASIN GIOVANNI, classe 1919, via Creari 3, Lugo di Vicenza, contadino. Il 10 febbraio 1941 prestava servizio militare nel 5° Regg. Artiglieria d’Armata, il 15 maggio 1942 fu trasferito al 1° Regg. Artiglieria di Corpo d’Armata, 2a Btr. 161° gruppo semovente

Page 53: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

25  

da 90/53 per poi essere inviato il 15 ottobre 1942 in Sicilia, territorio dichiarato in stato di guerra. Il suo reparto combatté contro gli Alleati sbarcati nell’isola da luglio fino all’agosto 1943. Nel foglio matricolare è riportata la nota “sa sciare”. Deportato in Germania, località dove lavorava Bruck an der Mur e iniziò il lavoro il 20.9.1944. Dal documento in possesso del figlio Maurizio risulta che il padre, dopo il lavoro coatto a Bruck, come da lui dichiarato in un documento conservato in Archivio di Stato, fu condotto a Tetschen Bodenbach, attuale Dĕčin nella Repubblica Ceca, a quel tempo annessa al Reich assieme ai Sudeti.

Rimpatriato il 25 maggio 1945. Fu riconosciuto invalido di Guerra per postumi pleurite con decadimento organico. Gli fu concessa la Croce al Merito di Guerra per il periodo bellico. Segue testimonianza del figlio Pasin Maurizio raccolta da Maurizio Duso e riportata nel fascicolo già citato. “Lavorava in una fonderia 10/12 ore dall’alba al tramonto, gli erano concessi 10 minuti di pausa per i bisogni fisiologici e qualche sigaretta. Mangiava poco e per avere qualcosa in più prima e dopo dell’orario di lavoro aiutava i contadini che abitavano nella zona con piccoli lavori. Da questi lavori ricavava una patata o un pezzo di pane che lo aiutavano a sopravvivere. Ad un certo punto notò che la sorveglianza era diminuita e con sei compagni della zona decise di scappare. Hanno sempre camminato di notte per sfuggire ai controlli e quando hanno capito che la guerra era finita sono saliti su un treno e si sono ritrovati a Milano. E’ tornato a casa il 25 maggio 1945 pelle e ossa. In prigionia si è ammalato ma ha dovuto tacere perché altrimenti sarebbe stato fucilato”. Pasin Giovanni è deceduto nel 1972, all’età di 53 anni.

Dati del lavoratore: luogo di nascita è stato riportato “Sarog –Vindenza”, calore degli occhi blu, colore dei capelli biondo, segniparticolari cicatrice sul dito medio destro

Passaporto temporaneo perlavoratori stranieri, rilasciato il26 gennaio 1945 dall’ autoritàdel distretto di TetschenBodenbach. Conservato dalfiglio Maurizio.

Page 54: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

26

SELLA ALDO, classe 1920, via Corone 4, Grumolo Pedemonte di Zugliano, falegname.

Fu chiamato alle armi il 7 gennaio 1941 nel 14° Regg. Autieri fino al 9 novembre 1942, poi

passò al 1° Regg. Autieri, 262°

Autoreparto Pesante P.M. 206, schierato

sul fronte occidentale fino all’8

settembre 1943. Prigioniero dei Tedeschi

fino all’8 maggio poi rimase a servizio

degli Alleati fino al 22 maggio. Ha

lavorato dal 1 settembre 1944 a BrucK

and der Mur. Quando fu liberato si

trovava a Marein im Murztzal 12 A.

Rientrato dal Tarvisio il 22 maggio 1945.

E’ deceduto nel 2002, all’età di 82 anni.

Gli fu riconosciuta la Croce al Merito di

guerra per l’internamento.

Nella cartolina, sotto si è aggiunto con

un saluto alla famiglia Marchiorato

Augusto. Grazie alle indicazioni di

Antonio Guglielmi e poi alla conferma

di Pierluigi Dossi che ha fornito le notizie

che seguono, è stato accertato che si

tratta di MARCHIORATO DOMENICO

AUGUSTO, classe 1918, di Montecchio

Precalcino, via Capodisotto, contadino.

Marchiorato fu chiamato alle armi nel

marzo 1940, presso il 5° Regg. Artiglieria

d'Armata, 10° Raggruppamento, in

Verona; partecipa alle operazioni di

guerra contro la Francia.

In seguito agli eventi dell’8 settembre '43, “sbandato” da Verona riesce a rientrare a casa.

“Renitente” alla chiamata alle

armi della “Repubblica di Salò”,

malgrado fosse riuscito a sfuggire

ai nazifascisti anche durante il

grande rastrellamento di

Montecchio Precalcino del 12

agosto 1944, dopo l'arresto del

padre, è costretto a costituirsi.

Deportato in Germania (n. 2099)

nel Lager 12/A della fabbrica di

acciai inox Gebr. Böhler.

Rimpatriato il 22 maggio 1945, è

ricoverato presso l'Ospedale

Militare di Verona; per i postumi

Page 55: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

27

della deportazione morirà di Tbc a Montecchio Precalcino il 31 maggio 1948.

STROZZO BENVENUTO, classe 1919, via Santa Maria, Lugo di

Vicenza, contadino .

Chiamato alle armi nel 32° Artiglieria div. Isonzo il 10 marzo 1940.

Il 6 aprile 1941 con il suo reparto era alla frontiera Italo Jugoslava,

l’8 settembre si trovava a Novo Mesto (Slovenia) con il 6°

Artiglieria div. Isonzo, 1° Gruppo, II Batteria.

E’ stato deportato nel lager Papierfabrich 12.a a Bruck an der

Mur e costretto a lavorare per Gebr. Boher Co. A-G. Da quel

lager ha inviato una cartolina postale in famiglia in data

7.12.1944, il lavoro era nella fonderia di St. Marein.

Fu ricoverato per 40

giorni in un ospedale

tedesco e dopo fu rimpatriato, via Tarvisio,

perché ammalato, in data 10 marzo 1945

assieme ad altri lavoratori coatti non più abili

al lavoro. Gli furono riconosciute due Croci al

Merito di Guerra una per le operazioni belliche

e una per l’internamento.

I RACCONTI DI PRIGIONIA DI MIO ZIO VENUTO,

Bruno Strozzo 24/11/2017 (una parte del

racconto è stata ripresa dalla ricerca di Maurizio Duso).

Cerco di buttar giù alcune cose che ho sentito raccontare direttamente da mio zio

Venuto riguardanti la sua cattura, la prigionia ed il ritorno.

*La cattura è avvenuta nella sua camera da letto dove è stato sorpreso durante il

rastrellamento e non aveva nessuna via di fuga perché la casa dove abitava aveva tutte

le uscite in un solo lato che naturalmente era già presidiato dai tedeschi. E' stato

catturato assieme al fratello Bortolo (Lino).

Normalmente dormivano fuori casa, nei ricoveri che si erano attrezzati nei boschi

circostanti: la sera prima tutto sembrava tranquillo per cui hanno deciso di rifocillarsi un

po' in famiglia. Tutto il resto è più o meno noto...

*I due fratelli sono stati portati al ponte della “Gaiofa” dove c’era un camion, furono

caricati e portati da Marini a Zugliano dove alcuni ricevettero le prime percosse, in

particolare fu molto picchiato il “Moretto Sarcerola” perché su di lui avevano dei sospetti.

Portati a Vicenza hanno avuto mezza anguria ed un cucchiaio, dicendo: “Magnè che

sta meza anguria ve servirà per la minestra stasera” come scodella. Hanno passato la

giornata immersi nel terrore, con botte e urla. La sera hanno ricevuto la minestra, una

brodaglia, e chi aveva conservato la scorza di anguria ha mangiato e chi l’aveva buttata

via ha digiunato! Il giorno successivo Lino fu liberato in quanto era in regola con i

documenti che accertavano che lavorava per la TODT, mentre Venuto, sbandato, fu

deportato.

Page 56: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

28

Lino andò alla stazione per

salutare il fratello Venuto e si

videro attraverso il finestrino

del treno, Venuto si sporse

per salutare il fratello, passò

un addetto che gli chiuse lo

sportellino in faccia, che

quasi gli rompeva il naso.

*Della prigionia mi

raccontava delle condizioni

estreme del lavoro in

fonderia a causa delle

vampate di calore delle

colate e senza protezioni per

cui talvolta non aveva la

necessità di farsi la barba perché si bruciacchiava ed al contrario, dopo il lavoro, per il

freddo si riparava con dei sacchi di carta

adattati come delle canottiere con i

buchi per le braccia.

*Una sera al rientro dal lavoro, non so

come, è riuscito a procurarsi alcune

patate ma sono stati messi in fila per

l'appello ed una perquisizione. Si è sentito

spacciato pensando che qualcuno

l'avesse scoperto e stessero inscenando il

tutto per punirlo esemplarmente. Cercò di

passare queste patate a uno che stava

nella fila dietro, ma questi non le prese per

cui caddero a terra. La perquisizione ad

personam si avvicinava sempre più verso

di lui e si sentiva ormai spacciato, ma la fortuna questa volta l'ha aiutato e forse per la

complicità del buio i perquisitori non si sono accorti di niente.

*Intanto per le tribolazioni e la “dieta” il suo fisico dava evidenti segni di cedimento e non

sosteneva più i ritmi del lavoro, per cui andava sostituito. Si è reso conto che

succedevano spesso strani e gravissimi incidenti nel lavoro, probabilmente creati di

proposito ed anche a lui due o tre volte è capitato di salvare la pelle per pura fortuna. Di

questo se ne lamentava con il suo Kapò (che mi diceva fosse una buona persona) che

sembra l'abbia aiutato per il rientro a casa.

*Per il rientro in Italia hanno organizzato un trasporto su due camion con prigionieri

gravemente malati e quindi inutili.

All'entrata in territorio italiano, per i camion tedeschi c'era il pericolo di qualche

rappresaglia da parte di partigiani per cui di notte viaggiavano con cautela a fari spenti.

Nei pressi di Pontebba è stata data la possibilità a chi lo volesse (e fosse in grado di farlo)

Permesso per uscire dal lager di St. Lorenzen e andare a

lavorare nella ditta Bohler.

Page 57: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

29

di procedere a piedi per conto proprio. Il senso di libertà e la paura di essere bersaglio

vagante su questi camion ha fatto sì che un bel gruppetto accettasse l'offerta.

Non poteva esserci scelta migliore, dopo pochi chilometri a causa di un ponte che non

c'era più perché era stato fatto saltare e complice il buio, i due camion con i disgraziati

che c'erano sopra sono finiti di sotto e risultò che non si fosse salvato nessuno.

*Il gruppetto proseguì a piedi per tutto il giorno ed a sera si fermarono in un paesino della

Carnia dove furono ospitati nella canonica in uno stanzone dove c'era un grosso

secchiaio in pietra.

Erano tutti malridotti e febbricitanti e la tosse faceva da padrona. Venuto che era allo

stremo delle forze, per pietà del parroco venne privilegiato potendo così dormire sul

secchiaio anziché per terra.

Nonostante la stanchezza era difficile prender sonno e ad un certo punto Venuto si

accorse che uno di loro ad ogni colpo di tosse sputava sangue! Questo lo spaventò e

rabbrividì al pensiero di trovarsi in mezzo a dei tubercolosi. Non ci pensò due volte,

raccolse le forze che gli restavano e se ne andò da solo senza dir nulla.

*S'incamminò e prese la direzione di casa. Mi raccontò qualche aneddoto che però non

focalizzo bene: ad esempio si imbatté in un camion di tedeschi (lui aveva i documenti in

regola) che lo avrebbero ospitato fino al mattino seguente per accompagnarlo poi con

un loro trasporto fino a Vicenza.

A sentir parlare tedesco aveva i brividi, non si fidava più di nessuno, ringraziò e continuò

da solo.

*Dopo qualche giorno e con un po' di fortuna arrivò a Breganze dove abitava un suo zio.

Questi prese il cavallo con un carretto e lo portò fino a casa.

*Si presentò così davanti a sua madre che rimase incredula di fronte a questo straccione

malridotto (aveva 25 anni e pesava 36 chili) e si abbracciarono piangendo.

Era tornato un figlio, un altro era partito prima di lui per la Russia ed era disperso tra la

neve durante la ritirata: la madre lo ha aspettato invano fino alla fine dei suoi giorni

sperando in un altro miracolo.

Sempre Bruno Strozzo, riferisce di aver sentito che i Tedeschi nel salire dall’Astico verso la

collina erano guidati da un Fascista locale che con gesti delle braccia dava indicazioni,

per poi mimetizzarsi nelle retrovie. Finita la guerra alcuni sono andati a cercarlo per

punirlo, ma si sono limitati a qualche manata, visto che aveva dei figli.

Mio papà Bortolo, detto Lino, era partigiano, capo squadra nella brigata Mameli. Fu

catturato con lo zio Venuto, ma dopo una notte passata a Vicenza è stato liberato in

quanto in regola con i documenti che accertavano il suo lavoro alla TODT.

Lo zio Venuto non si è più ripreso completamente anzi a fine anni 70 ha trascorso un paio

d'anni a Galliera Veneta con la TBC. E’ morto nel 1991, a 72 anni.

Page 58: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

30

TURLE GIUSEPPE “Moro Turle”, classe1926 , via Maso 2,

Grumolo Pedemonte di Zugliano, falegname.

La sua cattura avvenne in coincidenza con l’incendio da

parte dei Tedeschi del fabbricato rurale in loc. Valisana di

Grumolo Pedemonte di Zugliano, condotto dalla famiglia

Tonello e di proprietà di Rossi Silvio di Francesco di Thiene,

vicino a dove abitava, a seguito del ritrovamento di

vecchie armi6. Giuseppe era sfuggito al rastrellamento del

mattino, ma nel pomeriggio volle andare a vedere

l’edificio bruciato e in quel momento venne catturato.

E’ stato l’unico dei

giovani catturati che

non erano ancora in

età di leva, a fare il militare dopo la liberazione, a

partire dal 5 settembre 1947 al centro addestramento

di Arezzo. Il 28 ottobre 1947 giunto al Btg. Colleg. Div.

Mantova /Centro di Mov. Dep. 11° Genio). Il 24

agosto 1948 ricollocato in congedo illimitato. Autista.

La norma prevedeva che la deportazione valeva agli

effetti del servizio militare.

Riconosciuta la qualifica di partigiano dall’1 Agosto

1944 all’1 maggio 1945 con la Brigata Martiri della

Libertà Div. Garemi.

Gli è stata riconosciuta la Croce al Merito di Guerra in

seguito ad attività partigiana.

E’ deceduto nel 1979, all’età di 53 anni.

TORNARONO TUTTI A CASA, MA… Tornarono tutti a casa, ma la salute di molti di loro era irrimediabilmente persa.

Ageo Brazzale morirà a 27 anni nel 1947 e Marchiorato Augusto morirà a 30 anni nel 1948,

entrambi per una malattia contratta in prigionia, Strozzo Venuto non si riprese più

completamente, Pasin Giovanni fu riconosciuto invalido di guerra e gravi problemi di

salute li ebbero tutti o quasi. Molti sono deceduti quando avevano poco più di 50 anni.

Dopo anni di guerra, in una guerra che non finiva mai, molti di loro dovettero subire

anche la durissima prova di otto mesi di lavoro coatto, schiavi dei Nazisti, con umiliazioni e

maltrattamenti spesso crudeli e certamente disumani.

Pochi di loro hanno parlato e raccontato, alcuni di loro proprio non hanno parlato ed è

per questo che di qualcuno in queste pagine si è scritto poco.

Con questa ricerca pensiamo di aver reso loro, dopo 74 anni, con troppo ritardo, un

doveroso omaggio e un po’di giustizia, almeno morale per tutto quello che hanno patito

e che, non raccontando, hanno voluto risparmiare ai loro famigliari.

Ora non possiamo dire non sapevamo!

Page 59: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

31

Un grazie di cuore a tutti i familiari dei deportati per averci accolti nelle loro case ed

averci fornito tutte le informazioni in loro possesso. Grazie a Ornella Dalla Costa che ha

facilitato i contatti con le famiglie di Grumolo Pedemonte e ha collaborato a tutta la

ricerca con consigli e suggerimenti, a Dino Maculan per i contatti con le famiglie di

Centrale e Maurizio Duso e Bruno Strozzo con quelle di Lugo di Vicenza. Infine un grande

grazie ad Antonio Guglielmi perchè senza la sua testimonianza e disponibilità questa

ricostruzione non sarebbe stata possibile e forse tutto sarebbe finito nell’oblio. A questo

punto va detto che è stato il Sindaco Sandro Maculan a incoraggiare il signor Antonio

Gugliemi a raccontare quello che gli era successo durante la guerra, ancora

diciassettenne, e da lì è nato il resto. Un grazie anche a Giovanni Rosa che dalla

Germania e a Mauro Dei Rossi dall’Austria hanno aiutato la ricerca.

1 Atlante stragi nazifasciste http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=3932. Scheda

compilata da Pierluigi Dossi

Bortolo Enzo Segalla, LE ORME DEI PADRI, viaggio nella storia da Marola a Chiuppano, Carrè e

Caltrano, Grafiche Simonato, Fara Vicentino, novembre 2014, pgg 265-280

Ferdinando Offelli, 70° anniversario della Battaglia di Marola (1944 – 2014), SPI CGIL, VICENZA, ANPI

THIENE, AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI CHIUPPANO, Grafiche Simonato, Fara Vic.no, aprile 2015 2 Maurizio Duso, Il rastrellamento del 26 agosto 1944 nel versante nord-est delle Bregonze fino a

Marola, 3 maggio 2013, Biblioteca Civica di Lugo di Vicenza 3 Ferdinando Offelli, 70° anniversario della Battaglia di Marola (1944 – 2014),pgg. 29-35 4 Dai siti www.geheimprojekte.at/firma_boehler_kapfenberg.html

e https://www.geocaching.com/geocache/GC5WC0F_bohler-werk-xii?guid=c73bc321-f099-42ff-

9671-14104eb11f79 5 http://www.dpcamps.org/ZA_Eng.pdf

Liste der Unternehmen, die im Nationalsozialismus von der Zwangsarbeit profitiert haben. Lista delle

aziende che durante il nazionalsocialismo hanno approfittato del lavoro coatto.

Si trova che nel comprensorio di Bruck an der Mur, sede del comando, c’erano 22.609 lavoratori 6 Nazzareno Leonardi – Giovanni Thiella, Grumolo Pedemonte - Storia di una comunità civile e

religiosa, Tip. Suman in Conselve, dicembre 1984, pag 156.

Page 60: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da
Page 61: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

32  

Una storia poco conosciuta quella della presenza di un piccolo gruppo di ebrei provenienti dai territori della Jugoslavia occupata, per

quasi due anni in “internamento libero” a Caltrano, durante la Seconda Guerra Mondiale

Il 22 novembre 1941-XX° la Questura di Vicenza comunicò che al Comune di Caltrano erano stati destinati 10 ebrei profughi della ex Jugoslavia, provenienti dalla Dalmazia, per l’internamento civile detto anche libero. La comunicazione fu inviata per conoscenza alla stazione dei RR.CC. di Caltrano e al comando Tenenza di Schio. Così iniziò la permanenza di un piccolo gruppo di ebrei a Caltrano che si concluderà subito dopo l’8 settembre 1943. I Caltranesi, ma anche gli abitanti di altri paesi del Vicentino, li chiamavano “Croati” per la zona di provenienza. Una analoga ricerca è stata inserita nel fascicolo “Le Porte della Memoria 2016” e dedicata agli ebrei stranieri internati nel Comune di Arsiero, ma in quel caso, oltre che i documenti conservati in Archivio di Stato di Vicenza nella busta “Questura di Vicenza, ebrei internati civili”, erano stati di grande aiuto le testimonianze di Rosa Marion Klein e di Walter Landmann, a quel tempo giovanissimi, ad Arsiero con le loro famiglie e tuttora viventi. Nel caso di Caltrano possiamo contare solo sui documenti dell’Archivio di Stato, essendo andato, fra l’altro, distrutto da un incendio l’archivio comunale. Chi fosse interessato, può trovare il fascicolo delle porte della Memoria 2016 nelle biblioteche civiche dei Comuni contermini. Analogamente alla ricerca del 2016, tutti i nomi sono stati tolti per un senso di rispetto, visto che parliamo di tanti aspetti che rientrano nella sfera privata degli internati e anche dei Caltranesi, e anche perché uno degli scopi della ricerca è di cercare di conoscere le condizioni di vita a cui erano costretti dalle leggi razziali gli ebrei, italiani o stranieri che fossero. Un altro scopo di questo lavoro è sapere come si sono salvati e da chi sono stati aiutati. A distanza di tanti anni sarebbe giusto rendere omaggio e onore a chi ha rischiato la vita per aiutare persone che dopo la persecuzione erano destinate all’annientamento. La Questura dette disposizioni su come condurre la pratica: “Come in tutti gli altri casi sarà da stendere al loro arrivo un verbale senza però rilasciarne copia agli interessati ed inoltre si chiede di comunicare le prescrizioni a cui dovranno attenersi. Infine si comunica che per l’alloggio sarà versata una indennità di 50 L al mese a nucleo famigliare e Lire 8 al giorno come sussidio giornaliero per il capofamiglia”. Gli internati ricevevano un sussidio dal Governo Normalmente le famiglie dovevano arrangiarsi a trovare un alloggio, chi affittando stanze in case private e chi rivolgendosi a piccole pensioni. Lo Stato italiano versava loro, nel caso fossero riconosciuti indigenti, i seguenti importi: 50 Lire al mese per l’alloggio, 8 Lire giornaliere al capofamiglia per vitto e un supplemento di sussidio di 4 Lire giornaliere per la moglie e di 3 Lire per ogni figlio. Nel luglio 1943 questi importi furono rivisti in aumento, 9 lire per il vitto, 5 per il coniuge e 4 per ogni figlio.

Page 62: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

33  

Questi sussidi permettevano appena di sopravvivere e gli internati dovevano provvedere con mezzi propri se li avevano o con il ricavato di piccoli lavori che però erano osteggiati soprattutto se potevano privare i locali di occasioni di lavoro, in particolare nelle attività agricole. Il 26 novembre venne steso un verbale in cui il Podestà Zuccato dichiarava di prendere in consegna dagli agenti di P.S. i dieci ebrei. E’ del 12 dicembre 1941 una scheda predisposta dagli uffici comunali contente i dati dei nuovi arrivati con le indennità spettanti e la precisazione che si trattava di persone senza mezzi di sostentamento:

- Darvas Aladar nato il 12/4/1893 , impiegato, per vitto 8 Lire, per alloggio 50 Lire con la moglie Schulzer Stefania nata il 26/12/1897, casalinga, Lire 4 per vitto

- Darvas Paolo (fratello di Aladar) nato il 14/4/1896, impiegato, 8 Lire + 50 Lire per l’abitazione

- Hertmann Paolo nato il 16/8/1915, laureato (avvocato), 8 L+ 50 L e Schaecher Alice 20/7/1909, maestra di musica (professoressa di pianoforte) 4 L

- Papo Naham 17/9/1894 artigiano, 8 L per il vitto + 50 per l’alloggio, con la moglie Attias Blanka 2/2/1898 casalinga, 4 L e la figlia Papo Rossella 9/10/1925, studente 3 Lire

- Jungwirth Lavoslav 26/9/1898, commerciante 8 L + 50 L - Jungwirth Giacomo (fratello del precedente), 8/4/1902, commerciante, 8 L + 50 L

Sei nuclei famigliari, provenienti tutti dalla Jugoslavia, a cui nel corso dei mesi se ne aggiungeranno altri:

- Volmuth Vladimiro nato l’8/3/1891, coniugato con Schulzer Elsa (sorella di Stefania) 12/3/1896

- Herilinger Vladislav nato il 14/8/1906, impiegato, proveniente da Canove e poi trasferito a San Nazario

- Katz Israel, 1/11/1917, professore agronomo, proveniente da Canove il 4 marzo 1943

- I gemelli Papo Puba e Alberto, nati 6/7/1921 (figli di Naham e Blanka)

Il primo problema era la loro sistemazione, tutti adulti tranne una giovane signorina di 16 anni. Da una comunicazione del Comune (lettera del 5/12/1941- XX°) inviata alla Questura sappiamo che per collocamento degli ebrei internati in questo Comune quest’Ufficio in mancanza di ambienti idonei, muniti di mobilia, strettamente indispensabile, ha provveduto collocando gli stessi presso un’osteria del luogo. Tale sistemazione è ritenuta opportuna anche in considerazione della difficoltà di approvvigionare tale convivenza della legna indispensabile nella corrente stagione invernale. Dato l’elevato costo dei generi alimentari di prima necessità, il prezzo della pensione è stato di L 15,20 al giorno e per persona. Si è trovata la soluzione con il versamento delle indennità previste e per la differenza provvederanno gli interessati.

Page 63: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

34  

Le restrizioni imposte: 12 regole da rispettare e tante altre Non è stato possibile esaminare l’elenco delle restrizioni che gli internati dovevano rispettare e che era stato loro comunicato e da loro sottoscritto all’arrivo a Caltrano. Un documento analogo è disponibile per gli ebrei internati ad Arsiero, che si riporta, per cui si pensa che quello di Caltrano fosse uguale, con l’unica modifica, naturalmente, riguardante il perimetro concesso per i loro spostamenti all’interno del territorio comunale. Fu con una circolare dell’aprile 1941 che le prescrizioni destinate agli internati ebrei furono comunicate ai Comuni. Riportiamo il documento sottoscritto da una coppia di internati in data 14 ottobre 1941, il giorno stesso del loro arrivo ad Arsiero,

1) Divieto di tenere presso di loro passaporti o documenti equipollenti e documenti sanitari.

2) Divieto di possedere denaro a meno che non si tratti di piccole somme non eccedenti le cento Lire. Le somme eccedenti dovranno essere depositate presso banche ed uffici postali, su libretti nominativi che saranno dal Podestà custoditi. Qualora gli internati abbiano necessità di effettuare prelevamenti, dovranno chiedere di volta in volta l’autorizzazione al Podestà, autorizzazione che sarà concessa se la richiesta apparirà giustificata per una somma non superiore a quella consentita. Prelevamenti di somme maggiori dovranno essere autorizzate dal Ministero.

3) Divieto di detenere gioielli di valore rilevante e titoli. Tanto i gioielli che i titoli dovranno essere depositati, a spese dell’interessato, in cassette di sicurezza presso la banca più vicina, dove l’internato sarà fatto accompagnare per tale operazione. La chiave della cassetta sarà tenuta dall’interessato, mentre il libretto di riconoscimento sarà conservato dal Podestà.

4) Divieto di detenere armi e strumenti atti ad offendere. 5) Divieto di occuparsi di politica. 6) Agli internati è consentito soltanto la lettura di giornali italiani; per la lettura di libri e

giornali in lingua straniera deve essere chiesta l’autorizzazione al Ministero. 7) La corrispondenza e i pacchi di qualsiasi genere, sia in arrivo che in partenza,

devono essere sempre revisionati, prima della consegna e della spedizione, dal Podestà o suo incaricato.

8) Divieto di tenere apparecchi radio. 9) La visita dei famigliari agli internati e del pari la convivenza con gli internati dei

famigliari, devono essere autorizzate dal Ministero, al quale devono essere inoltrate le relative istanze per tramite della Questura.

10) Agli internati è inoltre fatto obbligo. a) Di circolare solo entro il seguente perimetro:

[segue indicazione del perimetro] b) Di non allontanarsi da detto perimetro. [ segue indicazione del perimetro]

Il permesso di allontanarsi dall’abitato sarà concesso solo previa autorizzazione del Ministero dell’Interno;

c) Di non uscire dall’abitazione prima dell’alba e dopo un’ora dal tramonto.

Page 64: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

35  

11) Gli internati potranno consumare i pasti in esercizi o presso famiglie private del luogo, dietro autorizzazione del Podestà.

12) Gli internati hanno l’obbligo di serbare buona condotta non dar luogo a sospetti e mantenere contegno disciplinato. I trasgressori saranno puniti a termine di Legge o trasferiti in colonie insulari. Fatto, letto e sottoscritto. (firma dell’internato) IL PODESTA’ Firma non leggibile IL SEGRETARIO Firmato E. Luca

Incontri con i parenti e altre richieste per uscire dal Comune Erano considerati dei nemici in casa per cui ogni loro spostamento era controllato. Molte le richieste di poter uscire dal Comune. Per quelle legate alla salute, che sono la maggioranza, vedremo in un punto successivo. Per gli internati civili era proibito spostarsi liberamente fuori dal Comune e dovevano, per qualsiasi motivo, chiedere l’autorizzazione. Cinque internati chiedono alla Questura un permesso permanente per recarsi ogni 15 giorni o nella vicina cittadina di Thiene (10 minuti in treno) oppure a Rocchette (25 minuti a piedi) per fare acquisti per la casa e per la cucina perché il paese è piccolo e non trovano quello che serve a loro, compreso il necessario per l’igiene, bagno e taglio capelli. La Questura nega l’autorizzazione. Più richieste per recarsi a trovare parenti in vari centri della provincia: a Enego, a Posina, a Sossano, a Sandrigo; qualche richiesta viene accolta, ad altre la Questura nega l’autorizzazione rispondendo che se il motivo è quello di parlare di affari di famiglia, c’è la possibilità di scriversi. E’ evidente che la corrispondenza è soggetta a censura e quindi è comprensibile che gli internati preferivano vedersi a quattr’occhi. Delle volte per aggirare l’ostacolo si chiede di visitare il parente perché ammalato. A proposito di corrispondenza va ricordato che gli internati avevano l’obbligo di spedire la posta consegnandola al Comune e avevano il recapito presso il Comune stesso. C’è una richiesta di potersi recare per 8 giorni a Enego ospite del cugino. La Questura nega l’autorizzazione. Autorizzazione negata ad un internato trasferito da Canove per recarsi per due giorni in Altopiano per prendere indumenti lasciati là e fare visita ad un parente ammalato. Due internati chiedono di andare a Sossano a far visita ai cugini. Sono 23 mesi che non si vedono. La visita viene autorizzata. Il Podestà di Sossano comunica che i due non si sono mai presentati per vidimare l’autorizzazione. Risulta poi che i due hanno rinviato il viaggio. Infine in una nota i Carabinieri di Caltrano comunicano che i due sono rientrati da Sossano con due giorni di ritardo.

Page 65: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

36  

Un internato viene visto con un altro internato alla stazione ferroviaria di Cogollo del Cengio, diretto sull’Altopiano. A vederli è i segretario comunale del Comune di Roana che provvede ad informare il Prefetto e i carabinieri di Asiago. Viene accertato che i due sono rimasti qualche giorno in Altopiano. Così li descrivono i carabinieri di Asiago: Si ritiene opportuno ricordare che i predetti ebrei sono dei pessimi soggetti e (omissis) per poter con più agio fregare i cristiani ha rinnegato la propria fede e ha abbracciato la religione cattolica…. Vengono chiesti severi provvedimenti verso i due. Passano pochi giorni e il Prefetto scrive al Ministero degli Interni, Direzione Generale della Pubblica Sicurezza per segnalare che gli ebrei stranieri indicati in oggetto, (uno dei due era stato visto alla stazione di Cogollo del Cengio) continuano, nonostante siano stati richiamati più volte, a non attenersi alle prescrizioni loro imposte. Che cosa avevano fatto? Si erano allontanati dalle 5 del mattino fino alle 21 (siamo in giugno) di ben 12 Km da Caltrano per fare legna per conto terzi, nonostante l’ordine contrario ricevuto dal Comandante della Stazione dei Carabinieri. Elementi indisciplinati e prepotenti mantengono anche un contegno poco riguardoso verso le autorità preposte alla loro vigilanza. Anche perché serva da esempio per gli altri internati e per poterli meglio controllare, si propone che gli stessi siano internati in un campo di concentramento e si resta in attesa delle determinazioni di cotesto Ministero. La richiesta di trasferimento non ha seguito.

Le norme che vietavano la libera circolazione agli internati avevano riflessi molto pesanti sulle poche possibilità di lavoro che erano loro concesse, perché in alcuni casi il lavoro avrebbe richiesto di uscire dal Comune. Agli internati era reso praticamente impossibile ogni tipo di lavoro Era volontà del Regime mantenere gli internati in stato di bisogno in modo che fossero più gestibili e sottomessi; nel corso della guerra però, con molti uomini alle armi, venivano buoni anche loro per alcuni lavori, a condizione che il lavoro non creasse occasioni di incontro con i locali e che il loro impiego non privasse del lavoro i residenti. Anche gli imprenditori fecero pressione sul regime affinché li rendesse disponibili al lavoro, anche perché molti di loro erano particolarmente qualificati sul piano professionale. In un caso è il podestà Zuccato (documento a sinistra) a rivolgersi alla Questura per proporre

Documento conservato in Archivio di Stato di Vicenza eripreso dal sito “Dal Rifugio all’inganno”. Dal documentosono stati tolti i nominativi dei tre internati proposti per illavoro

Page 66: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

37  

l’utilizzo di alcuni internati ebrei, difettando della mano d’opera necessaria, per la raccolta delle ramaglie nei boschi comunali per costituire un deposito a favore degli abitanti da utilizzare nel periodo invernale. Dovendo pernottare nei boschi, il controllo potrebbe essere affidato ai Militi forestali del Comune di Cesuna o alle guardie boschive del Comune di Caltrano. La Questura nega l’autorizzazione non ritenendo opportuno il pernottamento nei boschi , trattandosi di persone indisciplinate e che mal sopportano le prescrizioni loro imposte. Siamo ad aprile 1943 e un internato chiede di potersi recare in un bosco appartenente al Comune per un lavoro che consiste nel trapianto di pini nella malga Lovarezza alle dipendenze della Milizia Nazionale Forestale, località distante 20 Km per via montagna. Data la distanza l’occupazione richiede il pernottamento sul posto. I Carabinieri richiesti di un parere, tenendo conto dei precedenti di condotta e delle condizioni economiche dell’interessato, danno parere favorevole. Un internato, laureato, rivolge un’istanza al Questore affinché gli sia concesso: 1) poter esercitare un lavoro manuale (rilegatura di libri); 2) Volergli concedere due permessi settimanali per necessità di lavoro entro un limite di cinque chilometri; 3) Un permesso mensile per recarsi nella città per l’acquisto di materiale occorrente al suddetto lavoro, essendo i negozi di questo paese sprovvisti di materiale per rilegatura. Rivolge questa domanda perchè egli e la moglie vivono col solo sussidio propostogli dallo Stato. “Mi propongo di non abusare della clemenza concessami. Sperando nel buon esito della domanda porgo doverosi ossequi”. Più sottomesso di così! La Questura, attraverso il Podestà, comunica all’interessato che la domanda non può essere accolta. Dopo circa sei mesi, in data 5/X/1942, l’internato ripresenta la domanda, perché forse ha saputo che il Regime sta cambiando la politica sul lavoro degli internati, allargando un po’ le maglie dei divieti; oltre a ribadire di trovarsi in ristrettezze economiche fa presente che la moglie è malata e bisognevole di cure. Inoltre gioca una carta che può aiutarlo: fa presente che nell’arco di 5 Km non c’è nessuno che rilega libri per cui non porterebbe via il lavoro a nessuno! I Carabinieri di Caltrano, nel trasmettere l’istanza dell’internato alla Questura, allegano un loro rapporto con parere negativo: Nel trasmettere l’unita istanza, dell’interessato in oggetto, tendente ad ottenere l’autorizzazione per assentarsi dalla residenza due volte alla settimana per recarsi nei Comuni viciniori per lavoro (rilegatura di libri) si comunica che nelle immediate vicinanze di Caltrano ci sono stabilimenti ausiliari, quali il lanificio Rossi di Piovene-Rocchette e il cotonificio Rossi di Chiuppano ed altre opere di importanza militare. Sì dà quindi parere contrario alla concessione di questo permesso. Maresciallo d’alloggio a piedi Comandante la Stazione Corrias Salvatore Passano pochi giorni e il Questore decide che la richiesta di uscire dal Comune due volte alla settimana non può essere accolta e pertanto nega l’autorizzazione.

Page 67: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

38  

Problemi di salute, visite e ricoveri ospedalieri, l’unico modo per uscire da Caltrano Nei fascicoli conservati in Archivio di Stato di Vicenza buona parte dei documenti riguardano le richieste di visite mediche specialistiche e in qualche caso di cure ospedaliere. L’iter era il seguente: l’interessato inviava alla Questura, tramite il Comune, la richiesta che doveva avere allegata la certificazione dell’Ufficiale Sanitario che confermava la necessità della visita o cura o ricovero. La Questura chiedeva alla stazione dei Carabinieri di Caltrano di confermare la necessità della visita e se la visita potesse essere eseguita in loco. A seguito della risposta dei Carabinieri, quasi sempre positiva per la necessità della visita e negativa sulla presenza in loco di uno specialista, la Questura molto spesso autorizzava. Gli internati erano autorizzati quindi a recarsi o a Schio o a Vicenza o a Thiene. L’autorizzazione conteneva delle prescrizioni, sempre le stesse, che le spese di viaggio e della visita specialista o della cura fossero a carico del richiedente e che la visita fosse fatta nell’arco di un solo giorno. Poi l’internato doveva seguire una precisa procedura. All’arrivo nel centro dove avere le cure doveva presentare l’autorizzazione alla stazione dei Carabinieri i quali riportavano l’ora alla voce “visto arrivare” e poi l’ora di partenza per il rientro. L’autorizzazione con queste registrazioni doveva poi essere consegnata in Comune. Una procedura di questo tipo aveva lo scopo di scoraggiare le richieste. Qualche storico ritiene che Ufficiali Sanitari e Carabinieri, compiacenti, chiudessero un occhio e così gli internati avevano la possibilità di uscire dai piccoli centri in cui erano reclusi, per stabilire contatti che poi si potevano trasformare in occasioni per avere informazioni, lavoro o scambio di merci o oggetti per attenuare le dure condizioni di vita a cui erano costretti. Chiesto un parere su questo argomento, l’ing. Walter Landmann esclude che la sua famiglia sia ricorsa a questo metodo per uscire da Arsiero. La maggioranza delle richieste erano per cure dentarie. C’è una richiesta di visita dentistica a Thiene per un giorno, per otturazione di un dente, e viene chiesto Thiene perché le spese di viaggio e del dentista sono minori rispetto che andare a Schio o a Vicenza. Viene richiesta una riparazione ai denti a spese dello Stato. Risposta: le protesi dentarie non sono a carico dello Stato, solo le cure dentarie semplici. C’è un caso in cui, al rifiuto dell’Autorizzazione da parte della Questura, il richiedente torna alla carica dopo 15 giorni con una nuova richiesta, lamentando che la precedente richiesta era stata negata senza un motivo. In alcuni casi la Questura dirottava le richieste a specialisti di Vicenza e di Schio, non autorizzando la sede di Thiene. La ragione emerge in un documento in data 14/VII/1943 (n. 8416 di prot. Segreto) del Comando Supremo, Servizio Informazioni Militare Centro C.S. di Verona, che dà parere contrario a recarsi a Thiene perché trattasi di località militarmente importante. Non bisogna dimenticare che gli internati ebrei erano considerati nemici dello Stato, possibili spie, e pertanto da tenere lontano da obiettivi militari. Non è l’unico caso questo dell’intervento del Comando Supremo di Verona per escludere Thiene dall’essere raggiunta da internati. Ci soffermiamo su un altro caso non solo perché dopo un mese la risposta sarà negativa, ma anche perché appare chiara la confusione presente ai vari livelli decisionali. Domanda del 25 giugno 1943 per una visita medica a Vicenza. Il 3 luglio i Carabinieri confermano che l’internata è affetta da una certa

Page 68: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

39  

malattia, ma che per la cura può rivolgersi a Thiene; la Questura interpella in merito Verona che conferma che Thiene è località militarmente importante e quindi propone che la visita avvenga a Vicenza. La Questura prende atto e invita i Carabinieri di Caltrano a proporre all’internata una sede diversa da Thiene. il 31 luglio, è passato più di un mese, i Carabinieri rispondono testualmente alla Questura: a seguito del foglio pari numero del 3 andante (si riferiscono alla loro comunicazione con cui hanno suggerito Thiene) di questo comando, si esprime parere contrario che l’ebreo in oggetto si rechi in altre città diverse non essendo necessaria e urgentemente abbisognevole la cura medica che richiede. Il 2 Agosto la Questura nega l’autorizzazione della visita a Vicenza e così si chiude la pratica iniziata il 25 giugno! In una richiesta per cure dentarie a Thiene, da effettuarsi in più appuntamenti, il richiedente fa presente che il viaggio a Thiene costa L 3,60 mentre quello per andare a Vicenza costa, oltre a L 18 per il viaggio, L 60, dovendo restarci tutto il giorno. Anche in questo caso la Questura nega l’autorizzazione. Un internato lamenta un’orticaria con forte prurito e forti disturbi alla digestione, tanto da richiedere bagni medicati presso l’ospedale. C’è qualche richiesta anche di visita oculistica generica e anche per problemi di cataratta. Una richiesta comprende cinque visite dall’oculista, una alla settimana per 5 settimane. Il Questore autorizza. In un caso la rigida procedura per l’autorizzazione non viene applicata per motivi d’urgenza. E’ l’Ufficiale Sanitario, dott. Selmo Girolamo, che richiede un ricovero ospedaliero urgente per evitare contagi (sospetta dermatosi scabbiosa). Il Comune dispone l’immediato ricovero, senza aspettare l’autorizzazione della Questura. Viene informata la stazione Carabinieri di Thiene per l’opportuna vigilanza sul paziente. Il ricovero dura 5 giorni. Una signora chiede di poter andare a Thiene per farsi confezionare una ventriera su misura, soffrendo di abbassamento di stomaco e di disturbi intestinali. Il Questore non autorizza, invitando la medesima a chiedere l’autorizzazione per Schio o per Vicenza, per il motivo detto prima. L’interessata inoltra quindi una nuova domanda per acquistare la ventriera a Vicenza; i carabinieri confermano la necessità e la Questura autorizza. Il Medico Condotto prescrive una radioscopia per un internato a spese dello Stato. La prefettura chiede al Ministero dell’Interno l’autorizzazione per la spesa. Tramite la Questura il Ministero dell’Interno dispone una visita del medico provinciale per verificare la necessità dell’esame radioscopico. Il Medico provinciale conferma l’esame. Il Ministero autorizza la visita specialistica precisando che “agli internati in genere deve essere usato lo stesso trattamento fatto per gli indigenti italiani per quanto riguarda visite da parte di medici specialisti, concessione di specialità medicinali, etc.” La visita radioscopica viene fatta all’ospedale di Thiene. La storia prosegue perché l’interessata lamenta che dopo due mesi non ha ancora avuto l’esito dell’esame e chiede una visita dal Primario Formenton. Visita concessa. Dopo altri tre mesi viene chiesta un’altra visita dal Primario. I Carabinieri danno parere contrario, perché per il Primario non c’è la necessità di cure e la Questura nega la visita.

Page 69: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

40  

Ricomposizione dei nuclei familiari Dai 10 internati presenti al 26 novembre del 1941 arriviamo ai 15 dell’ 8 settembre 1943. L’incremento è dovuto quasi del tutto alla ricomposizione dei nuclei familiari o parentali. In un caso si è trattato di un trasferimento da Canove per punizione e in un altro, sempre da Canove e dopo qualche tempo l’internato è stato trasferito a San Nazario. Vediamo il caso del trasferimento per punizione di cui dai documenti consultati non si coglie il motivo. L’ internato a Canove chiede alla Questura di Vicenza il trasferimento di un cugino che si trovava nel lager di Ferramonti di Tarsia (Cosenza), portando come motivo che il cugino per motivi di salute preferisce il clima di montagna e deve evitare un clima troppo caldo, inoltre la convivenza avrebbe avuto effetti positivi oltre che dal punto di vista del morale e della collaborazione fra i due, anche per l’aspetto materiale. La Questura risponde negativamente alla richiesta. L’internato viene dopo poco tempo trasferito a Caltrano, per ragioni di opportunità che in documenti successivi prendono la sostanza di una punizione. Il 4 marzo 1943-XXI l’internato arriva a Caltrano e a quanto pare darà del filo da torcere alle autorità fasciste. E veniamo ora ai ricongiungimenti familiari. A dicembre 1941, un giovane di vent’anni, internato a Canove di Roana, viene a sapere che genitori e sorella si trovavano a Caltrano e chiede di far loro visita; sono sette mesi che non si vedono. Nei giorni successivi il padre chiede che il figlio venga riunito alla famiglia (quando si ricongiunga alla famiglia il fratello gemello non è dato sapere), spiegando che la famiglia si è divisa perché il figlio è dovuto partire con un trasporto il quale è partito da Spalato 4 giorni prima di noi, non sapendo che noi partissimo. Passano venti giorni e il figlio è autorizzato a raggiungere la famiglia, accompagnato dai Carabinieri, e prende alloggio all’albergo Leon D’Oro, dove nel frattempo si era trasferita la famiglia. A lui era stato riconosciuto un sussidio giornaliero di 3 L. Un’altra famiglia aveva trovato alloggio presso una signora che abitava in via Roma. Siamo ai primi giorni del 1942, anno XX e una signora internata col marito chiede alla Questura che la sorella internata a Santa Maria Del Taro, in provincia di Parma, Albergo Alpino, possa essere trasferita a Caltrano col marito, per poterla assistere in quanto sofferente di una malattia cronica. Il Ministero dell’Interno chiede il parere del Comune sul trasferimento; il parere è favorevole in quanto i coniugi richiedenti hanno dato prova di disciplina ed obbedienza agli ordini e prescrizioni impartite. La Prefettura dà il nulla osta al trasferimento. I due nuovi arrivati si trovavano in Italia dal dicembre 1941 provenienti da Spalato, col 5° scaglione di ebrei dalmati. Ai primi di maggio interviene la Questura affinché ai nuovi arrivati siano comunicate le prescrizioni stabilite per gli internati. Un internato in data 3 maggio 1942, chiede al Ministero degli Interni che i suoi famigliari presenti nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia vengano trasferiti a Caltrano. Il Comune dà parere favorevole, ma la Prefettura dà parere contrario in considerazione del numero elevato di internati nella provincia e in special modo nel Comune di Caltrano, questo anche agli effetti della vigilanza. Il Ministero non consente il ricongiungimento. Viene ripresentata domanda dopo più di due mesi e la risposta del Ministero rimane negativa.

Page 70: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

41  

Altra richiesta bocciata quella di un internato che chiede che un cugino internato a Posina possa trasferirsi a Caltrano: Qui a Caltrano ci sono 11 internati e non sarebbe difficile trovare alloggio anche per lui. Di fronte a queste richieste di trasferimento di famigliari e di parenti, viene da pensare che le condizioni di vita degli internati a Caltrano, nonostante tutte le limitazioni, fossero migliori che altrove.

La loro fuga da Caltrano e Il sequestro dei loro beni Precisamente dalla denuncia che gli Ebrei avevano lasciato il paese fatta dal Podestà in data sabato 11 settembre 1943, si può desumere che la fuga da Caltrano fu repentina e non ci fu la possibilità di portare con sé i beni che ogni famiglia aveva. Inoltre in caso di spostamento con mezzi pubblici, treno o pullman, una valigia avrebbe subito attirato l’attenzione delle forze di Polizia Fasciste e Tedesche a caccia degli ebrei in fuga. Quindi si prendeva solo il più necessario. I beni rimasti furono soggetti, per le leggi razziali, al sequestro, come risulta dalla seguente Ordinanza di Polizia in data 30 Novembre 1943:

Il punto 1) prevede la creazione di campi di concentramento provinciali e per la nostra Provincia fu individuata come sede a Tonezza del Cimone l’ex colonia Umberto I°. Il 23 dicembre vi furono portati 45 internati di cui 8 erano in internamento ad Arsiero e dopo poco più di un mese, il 30 gennaio, partirono per Auschwitz in 42 (i tre Landmann in quanto famiglia mista non partirono), fatti salire sul trasporto n. 6, partito da Milano, dal binario 21. Nessuno di loro tornò e molti finirono subito nelle camere a gas. Nessuno degli internati a Caltrano fu portato a Tonezza, tutti riuscirono a fuggire. Sempre in relazione al punto 1) veniamo al problema dei beni che gli ebrei stranieri lasciarono con la loro fuga dopo l’occupazione tedesca. La denuncia presentata da due internati a Caltrano sulla scomparsa di parte dei loro beni ci offre l’occasione per accennarne. Ne parla Paolo Tagini nel suo libro “Le poche cose. Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza 1941-1945” in un capitolo, pgg. 167-174 dove fa presente che le entrate incamerate dalla RSI a seguito del sequestro dei beni lasciati furono molto

Page 71: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

42  

modeste, per cui propende che i proventi di tali beni semmai andarono a rimpinguare le tasche di diversi profittatori locali. E veniamo alla denuncia. Due internati a Caltrano, finita la guerra sono tornati per riavere i loro effetti e oggetti lasciati in loco, affidati ai proprietari dell’abitazione dove avevano vissuto. Avendone recuperati solo una parte, in data 25/VII/1945 hanno presentato una denuncia alla Questura: (nei testi i nominativi sono stati sostituiti da dei puntini)

Il sottoscritto….. lasciò presso la padrona di casa ….. quasi interamente i propri indumenti e oggetti vari per la cucina. La padrona mi assicurò di custodire gelosamente quanto affidatale. Alla liberazione si recò per ritirare il materiale ma quasi metà di quanto consegnatale era sparito. Lei ha consegnato al Commissario Prefettizio una parte. Ora vorrei si facessero indagini per cercare di recuperare almeno una parte di quanto perduto, oppure ottenere un indennizzo per il danno subito.

Il Questore incaricò i Carabinieri per le indagini. Si riportano alcune parti, le più significative, del rapporto, in data 7 settembre 1945, del Brigadiere Comandante della Stazione Carabinieri di Caltrano Francesco Pantaloni; …Per timore che al sopraggiungere dei Tedeschi esso (l’internato n.d.r.) avrebbe subito rappresaglie o peggio, siccome non di razza ariana, fuggì lasciando quasi tutto il corredo suo e della consorte e altra roba nella stanza che abitavano, senza però darla in consegna a nessuno, previo controllo, custodita in 4 valigie. Quando venne l’ordine al Comune di Caltrano di requisire tutti gli oggetti di proprietà degli ebrei, (la proprietaria n.d.r.) ebbe cura di denunciare parte della roba lasciatavi dal ….. nascondendo quella che credette migliore. Poco dopo la roba denunciata, che si presume sia quella elencata nell’allegato di ritorno, per ordine dell’allora commissario prefettizio, Mancini Romolo nato a Monte Pagano (Pescara) il 2/9/1890, giustiziato verso la fine di aprile c.a. dai partigiani, fece ritirare la roba denunciata e lasciata in deposito presso … e pare che la distribuisse agli sfollati… . Poiché non vi fu una consegna regolare da parte del ….. alla …. e che questa ultima non solo non sapeva cosa esso lasciò nelle valigie, perché della cosa si interessò la figlia deceduta, quando fu fatto la denuncia, ma ebbe cura di non denunciare tutta la roba, che poi la non denunciata fu restituita al legittimo proprietario, affrontando il rischio di rappresaglie da parte delle brigate nere, a parere di questo comando la ….. non dovrebbe rispondere circa la roba mancante al ….. .Unico responsabile sarebbe il Mancini, che fu giustiziato dai partigiani ed ebbe la casa saccheggiata e la famiglia è ritornata al paese di origine. A sostegno delle richieste del sig. ….. si attivò anche la comunità israelitica di Milano con una lettera del 26 agosto 1945, dell’ufficio legale inviata alla Questura. Nella lettera, dopo aver riportato il motivo della denuncia, si fa presente …….Naturalmente secondo le nuove disposizioni tutte le ……..(non è leggibile n.d.r.) a carico dei perseguitati razziali sono state revocate. Ciononostante il sig. ….. non è ancora entrato in possesso degli oggetti di cui alla nota allegata. Vi saremo molto grati se codesto Spett.le Ufficio vorrà interessarsi perché il sig…… entri in possesso dei suoi effetti o quantomeno del valore

Page 72: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

43  

corrispondente, essendo egli venuto a conoscenza che il Commissario repubblichino ….. del Comune di Caltrano aveva distribuito detti oggetti alla popolazione…. Venne prodotto un elenco degli oggetti perduti in numero di 37 e uno per i generi alimentari: 50 Kg di patate, 1 Kg di zucchero, 3 Kg di marmellata, 1 Kg di riso, 6 Kg di farina bianca e 100 Kg di legna. Non è dato sapere come si sia conclusa la vicenda. E’ questo un aspetto della persecuzione degli ebrei, quello della spogliazione dei loro averi, che non è stato sufficientemente approfondito dagli storici e che non ha coinvolto solo il Regime e le sue organizzazioni. Dopo la guerra a Caltrano arrivarono comunicazioni che provavano che molti degli internati si erano salvati. Solo di alcuni mancano informazioni. Il Podestà di Caltrano sabato 11 settembre, ore 11.50, informò con un telegramma la Questura che Gli ebrei internati in questo Comune hanno abbandonato la residenza per ignota destinazione. Di loro più alcuna notizia fino a luglio quando cominciarono a giungere da Bari richieste di informazioni al Comune. E’ giunta una decina di lettere dall’Ente di Assistenza del Comune di Bari, tutte uguali, di questo tenore: “Se l’internato politico di nazionalità Jugoslava abbia goduto del sussidio governativo da e fino a quando e in quale misura giornaliera. L’internato ha dichiarato di essere stato internato a Caltrano per motivi politici, così risulta dalla sua dichiarazione al momento di richiedere l’ammissione al beneficio del sussidio governativo presso questo ente”. La risposta del Comune, a firma Angonese per conto del Sindaco, fu la seguente: …si conferma che dal 26/11/1941 al 10/09/1943 lo stesso si trovava a Caltrano e che ha percepito dal 26/11/1941 al 30/6/1943 L 8 di retta giornaliera e L 50 mensile per indennità di alloggio. Poi dal 1/7/1943 al 10/9/1943 L 9 giornaliere e L 50 per indennità di alloggio. In data 4 luglio 1946 scrive anche la Questura di Milano a quelle di Bari, Vicenza e Roma sul conto di una internata. La signora (omissis) munita di dichiarazione di soggiorno rilasciata a Bari il 27 giugno 1944, proveniente da Roma, si è qui trasferita nel nord per recuperare degli indumenti che aveva depositati a Caltrano ove è stata a suo dire internata dal 1/5/1942 al 10/9/43. Si prega di fornire sul suo conto le rituali informazioni. La (omissis) è stata qui censita. La questura di Vicenza rispose che durante la sua permanenza mantenne regolare condotta. Il 17/9/1945 il Ministero dell’Interno scrive alle Prefetture di Vicenza, di Roma e di Bari allegando la richiesta di un internato residente a Roma, tesa ad ottenere gli arretrati del sussidio a partire dall’8 settembre 1943. Il Ministero chiede se corrisponde al vero quanto dichiarato e se gli spetti quanto chiede. Nella sua richiesta l’interessato sostiene di essere stato internato dall’ottobre 1941 al settembre 1943 a Caltrano da dove è scappato l’8 settembre 1943. Di non aver pertanto ricevuto il sussidio dall’8 settembre 1943. Chiede il versamento degli arretrati. Dopo l’armistizio ha passato la linea del fronte e ha raggiunto Bari; si è trasferito a Taranto dove è stato occupato presso la base navale inglese per un anno da dove è qui giunto (a Roma n.d.r.) il 20 settembre 1945.

Page 73: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

44  

E’ del 24/8/1945 la richiesta di informazioni della Questura di Taranto su un internato, prima a Canove, poi a Caltrano ed infine trasferito a San Nazario e arrivato a Taranto nel dicembre del 1943. Si chiedono particolarmente notizie riguardo alla sua posizione politica. Da San Nazario si risponde che l’internato mantenne buona condotta morale e politica senza dar luogo a rimarchi di sorta. In San Nazario non manifestò alcun sentimento politico. Di coloro che si sono avute notizie alla fine della guerra, tutti raggiunsero il Sud Italia e in particolare la Puglia che dopo l’Armistizio dell’ 8 settembre divenne la meta salvifica per moltissimi ebrei provenienti, oltre che dal Nord Italia, dai Balcani e dalle isole greche. Anche Olga Bleier, cognata di Luigi Meneghello, da Malo raggiunse la Puglia. Nel fascicolo Le Porte della Memoria del 2012, abbiamo dedicato grande spazio alla drammatica storia della famiglia Bleier, a noi cara, perché due componenti della famiglia, le sorelle Olga e Katia, vissero a Thiene, la prima sposata con Eugenio Varnai e la seconda con Luigi Meneghello, noto scrittore e cittadino onorario di Thiene. In quell’occasione furono riferiti alcuni particolari della fuga dei coniugi Varnai da Malo dove si trovavano internati, accenni che ora possiamo confermare e integrare avendo avuto nel gennaio 2012 un contatto con il sig. Gaetano Grotto, figlio di Igino, nella cui casa di Malo erano ospitati i Varnai. Questo quanto riportato allora nel fascicolo in base al racconto di alcuni parenti Meneghello, sulla fuga dei Varnai: …Partirono su un camioncino sgangherato con il cassone coperto da un telone, diretti verso sud. Erano terrorizzati di essere fermati da qualcuno e di essere scoperti; la loro parlata tradiva le origini non italiane. I Varnai portarono con loro solo una scatola da scarpe dove erano conservati i beni per loro più preziosi… le foto di famiglia! Ad Ancona salirono su una barca e arrivarono a Bari lasciandosi dietro le spalle le linee su cui si fronteggiavano Tedeschi e Alleati. Attraverso vari passaggi siamo arrivati al sig. Gaetano Grotto. Per gli amanti dello scrittore Luigi Meneghello il sig. Gaetano in Libera Nos a Malo è “Pendola”. L’autore lo battezzò con questo nome perché aveva una capigliatura bionda e riccia, curata dalla sorella, di nome Caterina, per cui aveva più testa che spalle, da qui il nome di Pendola. Il suo racconto conferma nella sostanza come avvenne la fuga e aggiunge dei particolari se vogliamo curiosi, ma anche drammatici: Ad aiutare i Varnai a fuggire fu mio fratello Francesco, del 1919, che salì sul camion con i Varnai, non so chi guidasse il camion, per raggiungere una stazione ferroviaria a Firenze. Il fratello era diacono nel seminario di Vicenza, prossimo al sacerdozio. Fece il viaggio

Padre Francesco Grotto, Missionario Comboniano nato a Malo 1919 – 2009. Ha operato anche a Thiene, presso l’Istituto Missioni Africane di via Dante.

Page 74: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018  

45  

vestito da prete e arrivati alla stazione fu lui a portare la valigia camminando qualche passo più indietro dei Varnai, per non far capire di essere assieme a loro. In quei tempi chi aveva una valigia poteva essere sospettato di tentare la fuga. Il piano prevedeva che i Varnai, privi di borse o valigie, salissero sul treno e appena sistemati, lui avrebbe passato loro la valigia attraverso il finestrino. Accadde che la valigia gli scivolò, cadde a terra, si aprì …e il treno partì per Ancona. Ecco il motivo per cui i Varnai si ritrovarono solo con la scatola delle foto di famiglia! Francesco Grotto venne poi ordinato sacerdote nel 1944, sei anni dopo passò con i Missionari Comboniani e svolse la sua missione in Africa per 50 anni, 40 dei quali in Togo.

Questa ricerca sull’internamento libero delle famiglie ebree a Caltrano, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, meriterebbe un approfondimento ed un ampliamento, anche per capire come si svolse la loro fuga da Caltrano verso il Sud Italia e da chi furono aiutati. E’ sperabile che ci siano persone che hanno ricordi o documenti che possano arricchire la conoscenza di un fatto che deve trovare un giusto spazio nella storia di Caltrano.

Per approfondimenti sull’internamento degli ebrei dal 1941 al 1945 in Provincia di Vicenza è utile consultare il sito http://www.dalrifugioallinganno.it/ curato dai prof.ri Antonio Spinelli e Claudio Daniele e il libro di Paolo Tagini Le Poche cose, Istrevi, Cierre gruppo editoriale, ottobre 2006.

prof. Antonio Spinelli e Claudio Daniele, prof. Antonio Daniel

Page 75: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

Alessandro Vischio 

“Ricordi di Iugoslavia” 

 La marcia di Alfeo Dal Maso verso la prigionia 

 

Anche  quest’anno  le  giornate  della Memoria  e  del  Ricordo  offrono  l’occasione  per 

presentare  all’attenzione  dei  lettori  nuove  testimonianze  su  quanto  i  nostri  concittadini 

hanno  vissuto  ormai poco più di  settant’anni  fa. Le pagine  che  seguono  riportano  vari 

estratti  dalle  memorie  di  Alfeo  Dal  Maso,  soldato  della  celebre  divisione  “Acqui”  e 

sopravvissuto  all’eccidio di Cefalonia. Qui, però,  non  leggeremo di  quanto  successo  ad 

Alfeo  nel  settembre  del  1943,  che  è  già  stato  esposto  altrove1, ma    di  ciò  che  visse  al 

termine del conflitto. 

Lo  ritroviamo,  infatti, nel maggio del  1945, nei pressi di Lubiana, oggi  capitale della 

Slovenia, sulla via del ritorno a casa. Ormai, dopotutto, la guerra è finita. 

 

“Quando nel maggio de 45 [sic] la Germania capitolò io ero sui monti fra Celie 

e  Lubiana  in marcia  verso  l’Italia. Arrivai  a  Lubiana  e  la  oltrepassai  sicuro  di 

tornare  [a  c]asa ma  avevo  fatto  i  conti  senza  l’oste. Dovetti  tornare  a  Lubiana 

dove trovai altre migliaia di  italiani e di  lì a Celie2 e poi a Zagabria a Bielovar3 

oltrepassare il Drava e il Danubio finché dopo un mese di cammino ci fermarono 

a Novi Vrbas4 nella Backa5.” 

 

1  Chi  scrive  è  venuto  a  conoscenza  del  documento  grazie  al  prof.  Giannico  Tessari.  Si  tratta  di  un 

manoscritto di diciassette pagine, a sua volta una trascrizione del diario originale eseguita negli anni ‘60 

dal figlio dell’Autore,  il Sig. Gianfranco Dal Maso. Il memoriale è suddiviso  in tre capitoli,  il primo dei 

quali  tratta dell’eccidio di Cefalonia, mentre  il  secondo  ed  il  terzo  riguardano  il periodo  trascorso da 

Alfeo come prigioniero dei partigiani di Tito in Jugoslavia, al termine del conflitto. Tutti i passi riportati 

in questo articolo appartengono al  terzo capitolo,  intitolato Ricordi di  Iugoslavia. Per  la  testimonianza di 

Alfeo Dal Maso  su quanto avvenuto a Cefalonia  si  rimanda ai  seguenti due articoli: Vischio, “I vivi vi 

chiameranno dispersi”, L’eccidio di Cefalonia nelle memorie di un thienese, prima parte, pp. 39‐49; Id., “I vivi vi 

chiameranno dispersi”, L’eccidio di Cefalonia nelle memorie di un thienese, seconda parte, pp. 35‐42.  

2  Celje, località della Slovenia orientale. 

3  Bjelovar, centro della Croazia settentrionale, a poco meno di 100 km ad est di Zagabria. 

4  Non  è  stato  possibile  individuare  l’esatta  posizione  di  questa  località,  ma  sembra  ragionevolmente 

collocabile nei pressi della cittadina serba di Vrbas, nella Serbia settentrionale. 

5  Dal Maso, Diario, p.  [XI]. Le prime dieci pagine del manoscritto  sono  numerate  con  cifre  romane. Le 

ultime  sette  sono  prive  di  numerazione,  che  in  questa  sede  viene  aggiunta  nelle  citazioni  in  nota  tra 

parentesi quadre. Nella trascrizione del testo del manoscritto si è tenuta la massima fedeltà all’originale, 

mantenendo anche eventuali errori di ortografia e parti barrate ma ancora parzialmente leggibili (in ogni 

caso,  debitamente  segnalate).  Dove  necessario  per  la  comprensione  del  testo  sono  stati  aggiunti,  tra 

parentesi  quadre,  lettere  e  segni  d’interpunzione  assenti  nell’originale,  o  comunque  non  chiaramente 

riconoscibili. Si è, infine, utilizzato il corsivo per segnalare le parti di discorso diretto. 

Page 76: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

Alfeo, come molti altri militari  italiani, si  trova ora ad essere prigioniero delle milizie 

jugoslave di Tito6 e, come si è appena visto, non gli si prospetta più il ritorno in Italia, ma 

una  lunga marcia che avrebbe portato  lui e molti altri verso  la prigionia  in un campo di 

concentramento. Nel  proprio memoriale, Alfeo  indica  le  varie  tappe  del  suo  cammino, 

percorso in attesa che una fantomatica commissione italiana disponesse tempi e modi del 

ritorno in patria suo e degli altri militari prigionieri. 

 

“Un mese di martirio di fame di terrore e per molti di morte. Alcuni fatti che 

successero in mia presenza cercherò di spiegarli come meglio posso. A Lubiana ci 

dissero7  che  per  tornare  in  Italia  dovevamo  prima  presentarci  ad  una 

commissione italiana venuta lì apposta per inquadrarci perché non era giusto che 

si rimpatriasse così sbandati come s’éra [sic]. E la commissione dissero è a Celie. 

Partimmo  fiduciosi  e  in  tre giorni  i  100 km  che  ci dividevano da Celie  furono 

superati. Per  il mangiare arrangiarsi  e per  il dormire  c’erano  i prati. A Celie  ci 

dissero che la commissione era a Zagabria. Altri 240 km. E mangiare? Arrangiarsi 

che poi  avrebbe pensato  la  commissione. E dormire?  sperare  nel  sonno. Dopo 

una  settimana  anche  Zagabria  era  raggiunta.  Ci  Ci  rinchiusero  in  un  grande 

edificio con tante guardie attorno appassionate al tiro col mitra e al canto. 

“Attendemmo  la  commissione per due giorni. La  sera del  secondo giorno  ci 

fecero uscire, ci misero per quattro ci dettero un pane per ogni fila (duecento gr. a 

testa) e con  la scorta di guardie a cavallo ci  fecero partire. Per dove? Mistero. E 

qui  cominciò  la  prima  parte  della  nostra  odissea  quella  che  noi  battezzammo 

come  la «MARCIA‐DELL[A] GIOVINEZZA8». Fame sete e spogliazione botte e 

qualche pallottola nel  cervello di  chi non  si  adattava  furono  i nostri  compagni 

fino a Bielovar. Non ricordo di preciso quanti giorni camminammo ma ricordo di 

un colonnello medico che  in tre chilometri da completamente vestito si trovò  in 

mutande. Cominciò  a  dare  gli  stivaloni  e  poi  la  giacca  e  via  via  la  bustina  la 

camicia l’orologio. Lì provò a protestare e ricevè quattro scudisciate. 

“E chi ci spogliava non era  la commissione ma gente che aspettava  lungo  la 

strada  il  passaggio  della  colonna  di  prigionieri.  E  le  guardie  cantavano  e 

6  Le  circostanze della  cattura di Alfeo da parte dei  titini  sono  ignote. È possibile  che, dopo  essere  stato 

catturato  a Cefalonia,  abbia  trascorso  la prigionia  in   uno dei  campi di  lavoro  che  i  tedeschi  avevano 

allestito in Jugoslavia, e che qui sia poi caduto nelle mani dei partigiani comunisti al termine del conflitto.  

7  L’Autore,  lo  si  è  già detto  sopra,  fa parte di una  colonna di militari  italiani  e  tedeschi prigionieri dei 

partigiani comunisti di Tito, così come indicato in Dal Maso, Diario, p. VI: “Da 12 giorni si camminava e 

niente ci era stato dato dai partigiani titini […].” Non è possibile avere un’idea chiara della consistenza 

numerica  della  colonna,  che  l’Autore  del Diario  stima,  in  un  primo momento,  tra  i  sei  ed  i  settemila 

uomini. Dal Maso, Diario, p. VI: “La  lunga colonna  incominciò  la marcia. Sei o settemila uomini, cogli 

occhi sbarrati per la fame e la paura ripresero a camminare scortati dalle guardie a cavallo […].” Nel terzo 

capitolo – p.  [XIII] –, come   si vedrà nelle prossime pagine, Alfeo  indica  in circa quattromila  il numero 

degli  italiani  componenti  la  colonna,  mentre  dei  tedeschi  viene  registrata  solo  la  presenza,  non  la 

consistenza numerica. Per quanto  riguarda  il  complesso  contesto dei movimenti  interni alla  resistenza 

jugoslava, nonché ai  loro rapporto con  i militari  italiani  (anche dopo  l’Armistizio), si rimanda a quanto 

detto in Vischio, Memorie di un marinaio, Dalla fuga dal Lager al ritorno a casa, pp. 48‐53, ed alle relative note 

e bibliografia.  

8  In stampatello maiuscolo nel testo. 

Page 77: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

sparavano allegre9.” 

Come si è visto, la marcia si rivela essere un vero e proprio inferno per i militari italiani, 

sottoposti alle angherie delle guardie e tormentati dall’ostilità della gente locale. A questo 

punto Alfeo  racconta  di  un  episodio  che,  data  la  sua  crudezza,  si  è  impresso  in modo 

particolare nel suo ricordo di quei giorni. 

 

“Al terzo giorno mi pare successe qualcosa di extra10. È facile immaginarsi la 

nostra  fame  e  conseguente  debolezza[.]  Bene,  si  camminava  sotto  un  sole 

tremendo  da  diverse  ore  quando  un  partigiano  ci  sorpassò  in  bicicletta 

guardandoci con aria da dominatore. Un po’ più avanti di me un  italiano  toccò 

col braccio  il manubrio della bicicletta si che  il partigiano  fu costretto a mettere 

piede a terra e a fermarsi: Disse: Ti xe taliano? Sì rispose sorpreso l’altro e subito 

fummo attorno a  lui  in massa per sentir qualche novità: Va ben tosi presto semo a 

casa disse lui e intanto con grande calma levò dalla fondina la pistola, levò dalla 

canna  il  tappo di cotone e sorridendo  la puntò alla  fronte di quello che  l’aveva 

urtato che lo guardò incredulo e sparò. Scappammo. 

“Un cappellano in divisa militare si levò la croce rossa che portava sul cuore: 

Perché non sia profanata disse e aggiunse: maledette genti. Altra gente che sfinita si 

lasciava  cadere  a  terra  era  finita  a  colpi  di  mitra.  Nessuno  poteva  fermarsi. 

Davanti avevamo una  lenta agonia di dietro una morte  sicura. Fino a quando? 

Mistero11.” 

 

La  situazione  diviene  sempre  più  difficile,  fino  a  che  nella  disperazione  generale  si 

riaffaccia la speranza di poter ritornare presto a casa.  

 

“Giungemmo  a  Bielovar.  Un  Commissario  politico  partigiano  che  parlava 

italiano ci disse che gli Italiani andavano mandati a casa e che loro si tenevano i 

tedeschi12.  La  croce  rossa  riapparve  sul  petto  del  cappellano:  E  mangiare? 

Domani  avrete  da mangiare.  Il  cappellano  seguì  il Commissario  e  ritornò  con  la 

convinzione che tutto il male fosse finito. L’indomani ci misero per quattro e ad 

ogni  quattro  diedero  un  pane  e  la marcia  ricominciò  come  prima;  peggio  di 

prima.  La  croce  del  cappellano  scomparve. Camminammo  ancora  per  qualche 

giorno. Giunti che  fummo ad Osiek ci  fermammo un paio di giorni. Lì mangiai 

rane crude che  trovai  in una pozzanghera. Venne uno e disse di dividerci e gli 

9  Dal Maso, Diario, pp [XI]‐[XII]. 

10 L’episodio descritto  in questo passo precede,  secondo quanto  racconta  il  terzo  capitolo del memoriale, 

l’arrivo  della  colonna  dei  prigionieri  a  Bjelovar.  Tuttavia  nel  secondo  capitolo  del  Diario,  intitolato 

Episodio, Un  giorno  di marcia  e  dedicato  al  racconto,  in  particolare,  di  questo  tragico  frangente, Alfeo 

sembra  collocare  il  fatto  nel  tragitto  tra  Bjelovar  ed Osijek. Dal Maso, Diario,  p.  VI:  “Da  Lubiana  ci 

avevano condotti in giù: Celie, Zagabria, Bielovar e ora?”. Esistono anche altre parziali incongruenze tra il 

contenuto del secondo e quello del terzo capitolo, e ciò si deve certamente al fatto che il memoriale è stato 

redatto, in ogni caso, ad anni di distanza dai fatti narrati. 

11 Dal Maso, Diario, pp. [XII]‐[XIII].   

12 Questo è l’unico accenno alla presenza di militari tedeschi tra i prigionieri. 

Page 78: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

italiani si divisero in due categorie. Nella prima categoria c’erano tutti gli ufficiali 

più  soldati,  oltre  forse  duemila  circa  in  tutto.  Nell’altra  e,  c’ero  anch’io,  solo 

qualche sergente e soldati, altri duemila circa. Quando venne un grosso ufficiale 

partigiano  il  colonnello  medico  spogliato  che  comandava  la  prima  categoria 

disse: Noi siamo prigionieri, quelli sono fascisti. Ricevette dall’ufficiale partigiano un 

calcio  in uno stinco sicché scappò  fra  i suoi saltando come uno stambecco. Con 

quattro urli  la prima  categoria  ricevé  l’ordine di partire  e partì  con  la  scorta  a 

cavallo verso  il Sud. Pensavo  fra me alla  fraternità degli  italiani.  Il giorno dopo 

col  solito  pane  in  quattro  si  [p]artì  anche  noi  e  verso  il Nord.  Il  cuore mi  si 

apperse [sic] [a]lla speranza perché Nord voleva dire Italia13.” 

 

Speranza presto delusa. Poco dopo  la partenza,  infatti,  la  colonna  attraversa  il  fiume 

Drava e si dirige sempre più ad est, in direzione del Danubio, che supera tre giorni dopo, 

inoltrandosi  quindi  nella  regione  della  Backa14.  E  quest’ultima  parte  di  quel  tragitto 

infernale si sarebbe presto rivelata essere la peggiore. 

 

“Davanti  a  noi  c’era  un’immensa  pianura  pochissime  piante  una  strada  di 

campagna e ogni 8‐10 km un paese. Fuori di ogni paese le guardie ci fermarono 

poi una partiva al galoppo e quando  tornava  si partiva anche noi. Capimmo  il 

valore di quella manovra quando entrammo nei paesi. Tutta la gente era in attesa 

di noi con sassi e bastoni e cominciava la sinfonia. Le guardie entravano in scena 

con  i cavalli e giù botte. Chi cadeva  in quel caos era morto. E cadere era  facile 

perché  tutti correvano  tutti volevano stare  in mezzo alla strada. Passammo così 

una decina di paesi. Ormai solo l’istinto ci faceva desiderare di vivere. Io ero alla 

fine. Un giorno  invece che al mattino si partì al pomeriggio. Quel giorno avevo 

perduto molto diverso sangue dal naso: non capivo più. Si partì ma le forze non 

c’erano. Rimasi in fondo alla colonna per un po’ poi mi staccai non potevo seguire 

gli altri. Pensavo senza paura alla mia fine quando ricevetti attraverso la schiena 

13 Dal Maso, Diario, p. [XIII]. 

14   Corrispondente all’area dell’odierna Serbia settentrionale compresa tra il Danubio ed il Tibisco. 

Ricostruzione approssimativa del tracciato della marcia compiuta da Alfeo Dal Maso. Il percorso segnato è da intendersi come puramente indicativo.

Page 79: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

una tremenda scudisciata. Chissà come fui in mezzo agli altri e fino alle porte di 

un paese ci rimasi. Qui  la solita sosta  la solita partenza e una debolezza ancora 

più grande. Mi presi  indietro solo: presi una  legnata su un braccio e come Dio 

volle fui fuori dal paese dove vidi con sorpresa che fermarono tutti in un grande 

recinto. Come fui dentro mi distesi a terra e aspettai15.” 

  La  marcia  è  ora  terminata  e  per  Alfeo  e  quanti  sono  con  lui  inizia  la  difficile 

permanenza  in  un  campo  di  concentramento. Nelle  ultime  pagine  del  suo memoriale, 

riportate  di  seguito, Alfeo  descrive  la  vita  che  conduce,  per  circa  cinque mesi,  a Novi 

Vrbas. 

 

“Non lo sapevamo ma quello era il posto dove, dovevamo arrivare. Dopo circa 

700 km di cammino Novi Vibas [sic] era raggiunta. La marcia della giovinezza era 

finita. Incominciava un’altra terribile esperienza: 5 mesi nelle mani del «boia[».] Il 

quale  boia  era un  sergente  che  comandava  il  campo di  concentramento. Dopo 

averci  divisi  a  gruppi  rimanemmo  in  circa  500  in  quel  paese,  gli  altri  in  altri 

luoghi della Backa. Il lavoro era obbligatorio. Si usciva  al mattino alle 5 si andava 

per  diversi  km  finché  arrivati  sul  posto  si  doveva  estirpare  l’erba  dalle 

barbabietole. Erano incolte coperte d’erba. Ci inginocchiavano uno per fila e via. 

Bisognava levare tutta l’erba, sfoltire le barbabietole senza alzare mai la testa. E il 

sole  ci  arrostiva.  Mangiare?  Una  gavetta  di  granturco  portato  pestato  cotto 

nell’acqua senza sale. Al  tramonto si  tornava [a]l campo. Si entrava ognuno alla 

volta  e ognuno  aveva  [l]a  sua  snerbata  sulla  schiena. Ci  si buttava  sfiniti  sulla 

[p]aglia uno addosso all’altro per dormire ma tra i pidocchi tra la dissenteria ben 

pochi chiudevano occhio. 

“[In?] più un paio di  volte  alla notte  il  boia  veniva  a  [d]arci  la  sveglia  e  la 

ginnastica. Ginnastica notturna e chi non  la eseguiva bene  riceveva  le botte. Al 

mattino  [i]dem. Ora  io mi ammalai: mi portarono all’infer[m]eria dove c’era un 

dottore  italiano  il quale aveva  in dotazione un quaderno e una matita e [b]asta. 

Colla matita scriveva  i nomi degli ammalati: [og]ni mattina faceva  l’appello: chi 

non rispondeva era morto; dopo un po’ sepolto. Si beveva solo: niente mangiare. 

Dopo 20 giorni cominciarono a darci un po’ di pane ma del sale ancora niente. 

Per circa tre mesi me ne stetti così. Intanto le notizie dei sani lavoratori arrivarono 

e non erano liete. 

“Lavoro botte dissenteria per tutti le eccessioni [sic] erano in peggio16.” 

 

Qui  termina  il memoriale  di Alfeo Dal Maso  e,  di  conseguenza,  anche  questo  breve 

articolo. Suo scopo, come già detto all’inizio, era presentare ai  lettori  la  testimonianza di 

Alfeo  Dal  Maso  sulla  propria  prigionia  in  Jugoslavia  alla  fine  della  Seconda  Guerra 

Mondiale,  e  l’ha  fatto  soprattutto  lasciando  la  parola  al  testo,  considerando  che  nulla 

avrebbe  potuto  rendere  meglio  la  crudezza  di  fatti  che  hanno  certamente  segnato 

quest’uomo,  sopravvissuto  al  conflitto  e mancato  nel  1999.  In  ciò,  tuttavia,  non  vuole 

15 Dal Maso, Diario, pp. [XIV]‐[XV]. 

16 Dal Maso, Diario, pp. [XV]‐[XIV]. 

Page 80: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

prestarsi  ad  una  sterile  commemorazione  emotiva  di  avvenimenti  tanto  tragici  quanto 

ormai lontani nel tempo, ma invitare a guardare alle tracce delle vicende passate come ad 

utili  spunti di  riflessione  ed  approfondimento per  comprendere meglio gli  sviluppi del 

presente. 

 

 

FONTI E BIBLIOGRAFIA 

 

DAL MASO Alfeo, Diario, manoscritto inedito. 

 

VISCHIO Alessandro, “I vivi vi chiameranno dispersi”, L’eccidio di Cefalonia nelle memorie di 

un thienese, prima parte, “Archivio, Rivista sulla storia di Thiene”, n. 19, anno IX (2016), pp. 

39‐49. 

ID., “I vivi vi chiameranno dispersi”, L’eccidio di Cefalonia nelle memorie di un thienese, seconda 

parte, “Archivio, Rivista sulla storia di Thiene”, n. 20, anno X (2016), pp. 35‐42. 

ID., Memorie di un marinaio, Dalla  fuga dal Lager al ritorno a casa, “Le Porte della Memoria 

2014”, (2014), pp. 43‐64.

Al lettore potrebbe essere utile sapere che i numeri del semestrale “Archivio, Rivista sulla storia 

di  Thiene”  e  della  pubblicazione  annuale  “Le  Porte  della  Memoria”  citati  in  questa  breve 

bibliografia  sono  reperibili  presso  varie  biblioteche  della  provincia  di  Vicenza.  Per  maggiori 

informazioni  in merito  si  invita  a  consultare  il  catalogo  della  Rete  delle  Biblioteche Vicentine, 

rintracciabile al seguente indirizzo: http://biblioinrete.comperio.it/.  

 

REFERENZE ICONOGRAFICHE (tutti i siti internet sono stati visitati per l’ultima volta in data 

10/01/2018) 

Ricostruzione  approssimativa  del  tracciato  della marcia  compiuta  da Alfeo Dal Maso,  “Google 

Maps”, https://www.google.it/maps/@41.29085,12.71216,6z?hl=it. 

 

Page 81: LE PORTE DELLA MEMORIA 2018 - comune.thiene.vi.it · Iniziative per commemorare il Giorno della Memoria e il Giorno del Ricordo Programma Giovedì 25 Gennaio ... nazisti in modo da

Le Porte della Memoria 2018

La stesura dei vari testi è stata curata o coordinata da Giannico Tessari per conto dell’Associazione Amici della Resistenza. Si ringraziano quanti hanno collaborato per la realizzazione della dispensa, a qualsiasi titolo. Un ringraziamento particolare va al sig. Antonio Guglielmi, che con la sua storia di lavoratore coatto ha reso possibile questo nuovo fascicolo che cerca di mantenere vivo il ricordo di quanti hanno vissuto la terribile esperienza dei lager della Germania nazista. Un grazie anche ai famigliari dei suoi compagni di prigionia per l’aiuto offerto nel ricostruire la deportazione dei 16 giovani delle Bregonze, aiutati in questi contatti da Ornella Dalla Costa, Dino Maculan, Maurizio Duso e Bruno Strozzo. Grazie alla prof.ssa Raffaella Corrà, che continua ad offrire la sua collaborazione, anche ora che ha lasciato la scuola per la pensione e al dott. Alessandro Vischio, nostro giovane e valido storico. Per la ricerca di informazioni ricorriamo spesso a Giovanni Rosa e a Mauro Dei Rossi, cari amici e buoni conoscitori del mondo germanico, sempre disponibili ad avviare nuovi contati. Ricordiamo per la preziosa collaborazione Nicoletta Panozzo per l’accurato lavoro di correzione dei testi. E’ possibile utilizzare quanto contenuto nella dispensa, per attività non a fine di lucro, a condizione di riportare la provenienza e citando “Dispensa realizzata per le Porte della Memoria 2018 dall’Associazione Amici della Resistenza di Thiene”. Thiene, 27 gennaio 2018