Le minacce globali esigono una nuova solidarietà...to Santo. Una conoscenza priva d’amore non...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 119 (48.443) Città del Vaticano mercoledì 27 maggio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!\!$!/! la buona notizia Il Vangelo della Domenica di Pentecoste (Gv 20, 19-23) Evangelizzare con la leggerezza dello Spirito di CARLO DE MARCHI I l Vangelo di Giovanni racconta che «mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i disce- poli per timore dei Giudei, venne Gesù» (Gv 20, 19). I discepoli dopo la risurrezione del Signore sono colmi di inquietudine e incertezza, e qui c’è una certa somi- glianza con lo stato d’animo che stiamo vivendo un po’ tutti in questa fase della pandemia. La presenza di Gesù Eucaristia è tornata a essere tangibile, è possibile parteci- pare alla messa e confessarsi, però respiriamo insicurezza e siamo logorati da una certa ansia sottintesa, che si pro- trae da molte settimane e non accenna a finire. La Chiesa è nata in un clima tutt’altro che sereno e pa- cifico, e si è fondata su persone che non avevano un pro- gramma chiaro di quello che avrebbero dovuto fare, e neppure si sentivano tanto adeguate. L’ultima raccoman- dazione di Gesù era stata proprio un invito a non preten- dere di avere tutto sotto controllo: «Non spetta a voi co- noscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere». Ma la raccomandazione non sarebbe stata suffi- ciente senza la promessa che la completava: «Ma riceve- rete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi» (At 1, 7-8). Il racconto del Vangelo prosegue dicendo che Gesù «soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20, 22-23). Per prima cosa lo Spirito Santo rende gli apostoli capaci di perdonare, cioè di fare quello che solo Gesù ha insegnato a fare, dando l’esempio. In una lettera all’ami- co Tolkien, dopo un litigio, Lewis afferma che perdonare equivale a questo: «Se un uomo mi ha rubato qualcosa, io davanti a Dio affermo che gliel’ho regalato». Pur con le loro inadeguatezze, gli apostoli fin dall’inizio hanno fondato la loro azione sul perdono ricevuto da Gesù e donato tra di loro. La seconda conseguenza della venuta dello Spirito Santo è che gli apostoli superano la paura di uscire dalle porte chiuse delle loro incertezze. Nella Pentecoste conser- vata alla National Gallery di Londra, Giotto fotografa l’istante nel quale i Dodici ricevono la luce e il fuoco dello Spirito, che si vede nei loro sguardi che si risveglia- no, mentre la stanza dove sono rinchiusi sembra divenuta troppo piccola e le porte stanno per spalancarsi, come in- tuiscono i due passanti che stanno origliando. Il mondo non è un luogo rassicurante, non lo è stato per gli Apostoli e spesso non lo è per noi che usciamo per strada bardati con guanti e mascherine. Lo Spirito Santo però viene per renderci capaci di vincere le nostre paure e percorrere proprio le strade di questo nostro mondo del 2020, «fino ai confini della terra» (At 1, 8). Con il coraggio e la forza della comprensione, andando incontro agli altri fin lì dove ci hanno ferito, regalando loro il perdono anche se non se lo meritano, come Dio fa ogni giorno con ognuno di noi. La Chiesa e il mondo hanno bisogno, oggi come agli inizi, di apostoli che si aprono veramente agli altri, a tut- ti, per costruire insieme. Cristiani capaci di andare d’ac- cordo, perché non prendono troppo sul serio i propri punti di vista personali in tante materie opinabili. La dottrina è senz’altro fondamentale, come lo era agli inizi della Chiesa. «Dove però si danno delle lacerazioni, do- ve si alimenta amarezza, invidia, ostilità, lì non c’è Spiri- to Santo. Una conoscenza priva d’amore non viene da lui», insegna Ratzinger, che individua un segnale che forse non ci aspetteremmo per discernere la presenza del- lo Spirito: «Dove manca la gioia, dove l’umorismo muo- re, qui non c’è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù Cristo». La capacità di perdonare, coraggio, gioia unita a una certa sana leggerezza apostolica sono caratteristiche degli “evangelizzatori con Spirito” di cui parla Papa France- sco: «Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi, come pare a Lui». Giotto, «Pentecoste» (1320-1325) NOSTRE INFORMAZIONI Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Ve- scovo di Wagga Wagga (Austra- lia) Sua Eccellenza Monsignor Mark Stuart Edwards, O.M.I., trasferendolo dalla Sede titolare di Garba e dall’ufficio di Ausilia- re dell’Arcidiocesi di Melbourne. Il Santo Padre ha nominato Vescovo di San Felipe (Cile) il Reverendo Gonzalo Arturo Bravo Salazar, del clero della Diocesi di Valparaíso, finora Parroco della Parrocchia “El Salvador del Mun- do” a La Matriz - Valparaíso e Decano della Facoltà Ecclesiastica di Teologia della Pontificia Uni- versità Cattolica di Valparaíso. Nomine di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi Metropolitana di Santiago de Chile (Cile) il Reverendo Julio Esteban Larrondo Yáñez, del cle- ro della medesima Arcidiocesi, fi- nora Parroco della Parrocchia “Nuestra Señora de Lourdes” e Vicario Episcopale della zona sud di Santiago, assegnandogli la sede titolare Vescovile di Ma- garmel. Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Alba Iulia (Romania) il Reve- rendo László Kerekes, del clero della medesima Arcidiocesi, fino- ra Parroco della Parrocchia Beato Eusebio, in Târgu Secuiesc, asse- gnandogli il titolo vescovile di Tharros. Intervista al Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres Le minacce globali esigono una nuova solidarietà Profonda riconoscenza a Papa Francesco per il sostegno all’appello per un cessate il fuoco mondiale Tra sabato e domenica il rosario nei Giardini vaticani, la messa di Pentecoste e il Regina Caeli con i fedeli in piazza San Pietro Tre appuntamenti con il Pontefice CONTINUA A PAGINA 3 Il sostituto della Segreteria di Stato ad Assisi La spogliazione di Francesco modello di conversione JEAN-BAPTISTE SOUROU A PAGINA 8 Il «Tempo del creato» Per proteggere il pianeta e chi lo abita PAGINA 8 ALLINTERNO di ANDREA MONDA «L a pandemia deve essere un campanello di allarme. Le minacce globali mor- tali esigono una nuova unità e soli- darietà». Lo ha sottolineato il Segre- tario generale delle Nazioni Unite, António Guterres in questa intervista in esclusiva ai media vaticani. Lei ha recentemente lanciato un appello per la pace nel mondo colpito dalla pandemia. Un’iniziativa che ancora una volta si collega a quelle di Papa Francesco — da lei incontrato in Vati- cano alla fine dello scorso anno e insie- me al quale ha diffuso un videomessag- gio — che non smette di chiedere la ces- sazione di ogni guerra. Lei ha detto: la furia del virus illustra la follia della guerra. Perché secondo lei è così difficile far passare questo messaggio? Anzitutto vorrei ribadire la mia profonda riconoscenza a Papa Fran- cesco per il sostegno dato al mio ap- pello globale per il cessate il fuoco e al lavoro delle Nazioni Unite. Il suo impegno globale, la sua compassio- ne e i suoi inviti all’unità riafferma- no i valori centrali che guidano il nostro lavoro: ridurre la sofferenza umana e promuovere la dignità umana. Quando ho lanciato l’appel- lo per il cessate il fuoco, il mio mes- saggio alle parti coinvolte in conflitti in tutto il mondo è stato semplice: i combattimenti devono cessare di modo che possiamo concentrarci sul nostro nemico comune, il covid-19. Finora l’appello ha ricevuto l’appog- gio di 115 governi, di organizzazioni regionali, di più di 200 gruppi della società civile nonché di altri leader religiosi. Sedici gruppi armati si so- no impegnati a porre fine alla vio- lenza. Inoltre, milioni di persone hanno firmato una richiesta di soste- gno on-line. Ma la diffidenza conti- nua a essere grande, ed è difficile tradurre questi impegni in azioni che facciano la differenza nella vita di quanti subiscono gli effetti dei con- flitti. I miei rappresentanti e inviati speciali si stanno adoperando instan- cabilmente in tutto il mondo, con il mio coinvolgimento diretto laddove è necessario, per trasformare le in- tenzioni espresse in cessate il fuoco concreti. Continuo a esortare le parti in conflitto, e tutti coloro che posso- no influenzarle, a mettere al primo posto la salute e la sicurezza delle persone. Vorrei anche ricordare un altro appello che ho lanciato e che considero essenziale: un appello per la pace domestica. In tutto il mon- do, con il diffondersi della pandemia stiamo assistendo anche a un preoc- cupante aumento della violenza con- tro donne e ragazze. Ho chiesto ai governi, alla società civile e a tutti coloro che possono aiutare nel mon- do di mobilitarsi per proteggere me- glio le donne. Ho chiesto anche ai leader religiosi di tutte le fedi di condannare in modo inequivocabile ogni atto di violenza contro le don- ne e le ragazze e di sostenere i prin- cipi fondamentali dell’uguaglianza... Alcuni mesi fa, ben prima dell’esplosio- ne della pandemia, lei ha parlato della paura come la merce più facile da ven- dere. È una questione che ora, in que- ste settimane, rischia di essere ulterior- mente amplificata. Come contrastare se- condo lei, e soprattutto in questo diffici- le periodo, il sentimento di paura che si diffonde tra le persone? La pandemia del covid-19 non è soltanto un’emergenza sanitaria glo- bale. Nelle ultime settimane c’è sta- ta un’impennata delle teorie del complotto e dei sentimenti xenofo- bi. In alcuni casi sono stati presi di mira giornalisti, operatori sanitari o difensori dei diritti umani solo per aver fatto il loro lavoro. Sin dall’ini- zio di questa crisi ho esortato alla solidarietà tra società e tra Paesi. La nostra risposta deve basarsi sui dirit- ti umani e sulla dignità umana. Ho invitato anche le istituzioni educati- ve a concentrarsi sull’alfabetismo di- gitale, e ho esortato i media, spe- cialmente le società della comunica- zione sociale, a fare molto di più per segnalare ed eliminare contenuti razzisti, misogini o altrimenti dan- nosi, in linea con le leggi internazio- nali sui diritti umani. I leader reli- giosi hanno un ruolo cruciale da svolgere nel promuovere il rispetto reciproco nelle loro comunità e an- che al di fuori di esse. Si trovano in una posizione ottimale per sfidare messaggi inesatti e dannosi e per in- coraggiare tutte le comunità a pro- muovere la non violenza e a respin- gere la xenofobia, il razzismo e ogni forma di intolleranza. Ad alimentare la paura contribuiscono sicuramente le false notizie di cui lei ha recentemente denunciato una diffusione Il rosario nei Giardini vaticani, davanti alla Grot- ta di Lourdes, la messa nel giorno di Pentecoste nella basilica di San Pietro e la ripresa della pre- ghiera del Regina Caeli con i fedeli in piazza San Pietro: questi i tre appuntamenti fissati tra sabato pomeriggio e domenica mattina da Papa Francesco, che con il suo stile semplice e diretto di vicinanza vuole continuare a condividere le ansie e le speranze dell’umanità in questo tempo segnato dalla pandemia da covid-19. Alle 17.30 del 30 maggio il Pontefice presiederà la recita del rosario in diretta mondivisione con un pensiero particolare per coloro che sono mor- ti e per chi sta lottando in prima linea, eroica- mente, rischiando la vita per aiutare gli altri. Un grande “ponte di preghiera” unisce infatti la celebrazione mariana a conclusione del mese di maggio dedicato alla Madre di Dio, con lo straordinario momento di comunione vissuto il 27 marzo in piazza San Pietro. E anche con quella “inedita” Via Crucis, la sera del Venerdì santo, sempre in piazza San Pietro. E così, proprio per rappresentare l’umanità in- tera, le “decine” del rosario saranno recitate da persone toccate direttamente, e pesantemente, dal coronavirus. Ci saranno un medico e un’in- fermiera, a dare “voce” a tutto il personale impe- gnato nelle corsie degli ospedali; una persona guarita dal contagio e un’altra che, invece, ha perso un familiare; un sacerdote cappellano ospedaliero e una suora infermiera, a nome dei tantissimi religiosi che continuano a essere accan- to a chi sta soffrendo; un farmacista e una gior- nalista che hanno continuato a svolgere il loro sevizio sempre e comunque; un volontario della Protezione civile con la famiglia, a testimoniare il coraggio di chi ha scelto di dare una mano. E ci sarà anche una giovane famiglia che proprio in questi giorni ha avuto il dono di un figlio. La celebrazione — che avrà per tema «Assidui e concordi nella preghiera, insieme con Maria (Atti degli apostoli 1, 14)» — è stata promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e si svolgerà in collega- mento con alcuni santuari mariani di tutti i con- tinenti. L’indomani mattina, domenica 31 alle ore 10, il vescovo di Roma presiederà la messa della do- menica di Pentecoste, senza concorso di fedeli, presso la cappella del Santissimo Sacramento nella basilica vaticana. Poi a mezzogiorno si affaccerà dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico per il Regina Caeli. L’Africa day GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 PAGINA 6 Papa Francesco con il Segretario generale dell’Onu durante l’udienza del 20 dicembre 2019 OSPEDALE DA CAMPO

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 119 (48.443) Città del Vaticano mercoledì 27 maggio 2020

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izia Il Vangelo della Domenica di Pentecoste (Gv 20, 19-23)

Evangelizzare con la leggerezza dello Spirito

di CARLO DE MARCHI

I l Vangelo di Giovanni racconta che «mentre eranochiuse le porte del luogo dove si trovavano i disce-poli per timore dei Giudei, venne Gesù» (Gv 20, 19).

I discepoli dopo la risurrezione del Signore sono colmidi inquietudine e incertezza, e qui c’è una certa somi-glianza con lo stato d’animo che stiamo vivendo un po’tutti in questa fase della pandemia. La presenza di GesùEucaristia è tornata a essere tangibile, è possibile parteci-pare alla messa e confessarsi, però respiriamo insicurezzae siamo logorati da una certa ansia sottintesa, che si pro-trae da molte settimane e non accenna a finire.

La Chiesa è nata in un clima tutt’altro che sereno e pa-cifico, e si è fondata su persone che non avevano un pro-gramma chiaro di quello che avrebbero dovuto fare, eneppure si sentivano tanto adeguate. L’ultima raccoman-dazione di Gesù era stata proprio un invito a non preten-dere di avere tutto sotto controllo: «Non spetta a voi co-noscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suopotere». Ma la raccomandazione non sarebbe stata suffi-ciente senza la promessa che la completava: «Ma riceve-rete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi»(At 1, 7-8).

Il racconto del Vangelo prosegue dicendo che Gesù«soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloroa cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro acui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,22-23). Per prima cosa lo Spirito Santo rende gli apostolicapaci di perdonare, cioè di fare quello che solo Gesù hainsegnato a fare, dando l’esempio. In una lettera all’ami-co Tolkien, dopo un litigio, Lewis afferma che perdonareequivale a questo: «Se un uomo mi ha rubato qualcosa,io davanti a Dio affermo che gliel’ho regalato». Pur conle loro inadeguatezze, gli apostoli fin dall’inizio hanno

fondato la loro azione sul perdono ricevuto da Gesù edonato tra di loro.

La seconda conseguenza della venuta dello SpiritoSanto è che gli apostoli superano la paura di uscire dalleporte chiuse delle loro incertezze. Nella Pentecoste conser-vata alla National Gallery di Londra, Giotto fotografa

l’istante nel quale i Dodici ricevono la luce e il fuocodello Spirito, che si vede nei loro sguardi che si risveglia-no, mentre la stanza dove sono rinchiusi sembra divenutatroppo piccola e le porte stanno per spalancarsi, come in-tuiscono i due passanti che stanno origliando.

Il mondo non è un luogo rassicurante, non lo è statoper gli Apostoli e spesso non lo è per noi che usciamoper strada bardati con guanti e mascherine. Lo SpiritoSanto però viene per renderci capaci di vincere le nostrepaure e percorrere proprio le strade di questo nostromondo del 2020, «fino ai confini della terra» (At 1, 8).Con il coraggio e la forza della comprensione, andandoincontro agli altri fin lì dove ci hanno ferito, regalandoloro il perdono anche se non se lo meritano, come Dio faogni giorno con ognuno di noi.

La Chiesa e il mondo hanno bisogno, oggi come agliinizi, di apostoli che si aprono veramente agli altri, a tut-ti, per costruire insieme. Cristiani capaci di andare d’ac-cordo, perché non prendono troppo sul serio i propripunti di vista personali in tante materie opinabili. Ladottrina è senz’altro fondamentale, come lo era agli inizidella Chiesa. «Dove però si danno delle lacerazioni, do-ve si alimenta amarezza, invidia, ostilità, lì non c’è Spiri-to Santo. Una conoscenza priva d’amore non viene dalui», insegna Ratzinger, che individua un segnale cheforse non ci aspetteremmo per discernere la presenza del-lo Spirito: «Dove manca la gioia, dove l’umorismo muo-re, qui non c’è nemmeno lo Spirito Santo, lo Spirito diGesù Cristo».

La capacità di perdonare, coraggio, gioia unita a unacerta sana leggerezza apostolica sono caratteristiche degli“evangelizzatori con Spirito” di cui parla Papa France-sco: «Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamoche sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi, come pare aLui».Giotto, «Pentecoste» (1320-1325)

NOSTREINFORMAZIONI

Provviste di ChieseIl Santo Padre ha nominato Ve-scovo di Wagga Wagga (Austra-lia) Sua Eccellenza MonsignorMark Stuart Edwards, O.M.I.,trasferendolo dalla Sede titolaredi Garba e dall’ufficio di Ausilia-re dell’Arcidiocesi di Melbourne.

Il Santo Padre ha nominatoVescovo di San Felipe (Cile) ilReverendo Gonzalo Arturo BravoSalazar, del clero della Diocesi diValparaíso, finora Parroco dellaParrocchia “El Salvador del Mun-do” a La Matriz - Valparaíso eDecano della Facoltà Ecclesiasticadi Teologia della Pontificia Uni-versità Cattolica di Valparaíso.

Nominedi Vescovi Ausiliari

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’Arcidio cesiMetropolitana di Santiago deChile (Cile) il Reverendo JulioEsteban Larrondo Yáñez, del cle-ro della medesima Arcidiocesi, fi-nora Parroco della Parrocchia“Nuestra Señora de Lourdes” eVicario Episcopale della zonasud di Santiago, assegnandoglila sede titolare Vescovile di Ma-garmel.

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare dell’Arcidio cesidi Alba Iulia (Romania) il Reve-rendo László Kerekes, del clerodella medesima Arcidiocesi, fino-ra Parroco della Parrocchia BeatoEusebio, in Târgu Secuiesc, asse-gnandogli il titolo vescovile diT h a r ro s .

Intervista al Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres

Le minacce globaliesigono una nuova solidarietà

Profonda riconoscenza a Papa Francesco per il sostegno all’appello per un cessate il fuoco mondiale

Tra sabato e domenica il rosario nei Giardini vaticani, la messa di Pentecoste e il Regina Caeli con i fedeli in piazza San Pietro

Tre appuntamenti con il Pontefice

CO N T I N UA A PA G I N A 3

Il sostituto della Segreteria di Statoad Assisi

La spogliazionedi Francescomodello di conversione

JEAN-BAPTISTE SOUROU A PA G I N A 8

Il «Tempo del creato»

Per proteggereil pianeta e chi lo abita

PAGINA 8

ALL’INTERNO

di ANDREA MONDA

«L a pandemia deve essereun campanello di allarme.Le minacce globali mor-

tali esigono una nuova unità e soli-darietà». Lo ha sottolineato il Segre-tario generale delle Nazioni Unite,António Guterres in questa intervistain esclusiva ai media vaticani.

Lei ha recentemente lanciato un appelloper la pace nel mondo colpito dallapandemia. Un’iniziativa che ancora

una volta si collega a quelle di PapaFrancesco — da lei incontrato in Vati-cano alla fine dello scorso anno e insie-me al quale ha diffuso un videomessag-gio — che non smette di chiedere la ces-sazione di ogni guerra. Lei ha detto: lafuria del virus illustra la follia dellaguerra. Perché secondo lei è così difficilefar passare questo messaggio?

Anzitutto vorrei ribadire la miaprofonda riconoscenza a Papa Fran-cesco per il sostegno dato al mio ap-pello globale per il cessate il fuoco eal lavoro delle Nazioni Unite. Il suoimpegno globale, la sua compassio-ne e i suoi inviti all’unità riafferma-no i valori centrali che guidano ilnostro lavoro: ridurre la sofferenzaumana e promuovere la dignitàumana. Quando ho lanciato l’app el-lo per il cessate il fuoco, il mio mes-saggio alle parti coinvolte in conflittiin tutto il mondo è stato semplice: icombattimenti devono cessare dimodo che possiamo concentrarci sulnostro nemico comune, il covid-19.Finora l’appello ha ricevuto l’app og-

gio di 115 governi, di organizzazioniregionali, di più di 200 gruppi dellasocietà civile nonché di altri leaderreligiosi. Sedici gruppi armati si so-no impegnati a porre fine alla vio-lenza. Inoltre, milioni di personehanno firmato una richiesta di soste-gno on-line. Ma la diffidenza conti-nua a essere grande, ed è difficiletradurre questi impegni in azioni chefacciano la differenza nella vita diquanti subiscono gli effetti dei con-flitti. I miei rappresentanti e inviatispeciali si stanno adoperando instan-cabilmente in tutto il mondo, con ilmio coinvolgimento diretto laddoveè necessario, per trasformare le in-tenzioni espresse in cessate il fuococoncreti. Continuo a esortare le partiin conflitto, e tutti coloro che posso-no influenzarle, a mettere al primoposto la salute e la sicurezza dellepersone. Vorrei anche ricordare unaltro appello che ho lanciato e checonsidero essenziale: un appello perla pace domestica. In tutto il mon-do, con il diffondersi della pandemia

stiamo assistendo anche a un preoc-cupante aumento della violenza con-tro donne e ragazze. Ho chiesto aigoverni, alla società civile e a tutticoloro che possono aiutare nel mon-do di mobilitarsi per proteggere me-glio le donne. Ho chiesto anche aileader religiosi di tutte le fedi dicondannare in modo inequivocabileogni atto di violenza contro le don-ne e le ragazze e di sostenere i prin-cipi fondamentali dell’uguaglianza...

Alcuni mesi fa, ben prima dell’esplosio-ne della pandemia, lei ha parlato dellapaura come la merce più facile da ven-dere. È una questione che ora, in que-ste settimane, rischia di essere ulterior-mente amplificata. Come contrastare se-condo lei, e soprattutto in questo diffici-le periodo, il sentimento di paura che sidiffonde tra le persone?

La pandemia del covid-19 non èsoltanto un’emergenza sanitaria glo-bale. Nelle ultime settimane c’è sta-ta un’impennata delle teorie delcomplotto e dei sentimenti xenofo-

bi. In alcuni casi sono stati presi dimira giornalisti, operatori sanitari odifensori dei diritti umani solo peraver fatto il loro lavoro. Sin dall’ini-zio di questa crisi ho esortato allasolidarietà tra società e tra Paesi. Lanostra risposta deve basarsi sui dirit-

ti umani e sulla dignità umana. Hoinvitato anche le istituzioni educati-ve a concentrarsi sull’alfabetismo di-gitale, e ho esortato i media, spe-cialmente le società della comunica-zione sociale, a fare molto di piùper segnalare ed eliminare contenutirazzisti, misogini o altrimenti dan-nosi, in linea con le leggi internazio-nali sui diritti umani. I leader reli-giosi hanno un ruolo cruciale dasvolgere nel promuovere il rispettoreciproco nelle loro comunità e an-che al di fuori di esse. Si trovano inuna posizione ottimale per sfidaremessaggi inesatti e dannosi e per in-coraggiare tutte le comunità a pro-muovere la non violenza e a respin-gere la xenofobia, il razzismo e ogniforma di intolleranza.

Ad alimentare la paura contribuisconosicuramente le false notizie di cui lei harecentemente denunciato una diffusione

Il rosario nei Giardini vaticani, davanti alla Grot-ta di Lourdes, la messa nel giorno di Pentecostenella basilica di San Pietro e la ripresa della pre-ghiera del Regina Caeli con i fedeli in piazzaSan Pietro: questi i tre appuntamenti fissati trasabato pomeriggio e domenica mattina da PapaFrancesco, che con il suo stile semplice e direttodi vicinanza vuole continuare a condividere leansie e le speranze dell’umanità in questo temposegnato dalla pandemia da covid-19.

Alle 17.30 del 30 maggio il Pontefice presiederàla recita del rosario in diretta mondivisione conun pensiero particolare per coloro che sono mor-ti e per chi sta lottando in prima linea, eroica-mente, rischiando la vita per aiutare gli altri.

Un grande “ponte di preghiera” unisce infattila celebrazione mariana a conclusione del mesedi maggio dedicato alla Madre di Dio, con lo

straordinario momento di comunione vissuto il27 marzo in piazza San Pietro. E anche conquella “inedita” Via Crucis, la sera del Venerdìsanto, sempre in piazza San Pietro.

E così, proprio per rappresentare l’umanità in-tera, le “decine” del rosario saranno recitate dapersone toccate direttamente, e pesantemente,dal coronavirus. Ci saranno un medico e un’in-fermiera, a dare “vo ce” a tutto il personale impe-gnato nelle corsie degli ospedali; una personaguarita dal contagio e un’altra che, invece, haperso un familiare; un sacerdote cappellanoospedaliero e una suora infermiera, a nome deitantissimi religiosi che continuano a essere accan-to a chi sta soffrendo; un farmacista e una gior-nalista che hanno continuato a svolgere il lorosevizio sempre e comunque; un volontario dellaProtezione civile con la famiglia, a testimoniare il

coraggio di chi ha scelto di dare una mano. E cisarà anche una giovane famiglia che proprio inquesti giorni ha avuto il dono di un figlio.

La celebrazione — che avrà per tema «Assiduie concordi nella preghiera, insieme con Maria(Atti degli apostoli 1, 14)» — è stata promossa dalPontificio Consiglio per la promozione dellanuova evangelizzazione, e si svolgerà in collega-mento con alcuni santuari mariani di tutti i con-tinenti.

L’indomani mattina, domenica 31 alle ore 10, ilvescovo di Roma presiederà la messa della do-menica di Pentecoste, senza concorso di fedeli,presso la cappella del Santissimo Sacramentonella basilica vaticana.

Poi a mezzogiorno si affaccerà dalla finestradello studio privato del Palazzo apostolico per ilRegina Caeli.

L’Africa day

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

PAGINA 6

Papa Francesco con il Segretario generale dell’Onu durante l’udienza del 20 dicembre 2019

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Appello per investimenti nella salute pubblica

Milioni di medici scrivonoai leader mondiali

ROMA, 26. Una dichiarazione fir-mata da oltre 40 milioni di profes-sionisti della salute tra medici eoperatori sanitari — un numero cherappresenta collettivamente piùdella metà della forza lavoro sani-taria e medica mondiale, prove-nienti da 90 Paesi — per chiedere aileader dei Paesi del G20 una Heal-ty Recovery, «una vera guarigioneda questa crisi» dando priorità agliinvestimenti nella salute pubblica,ad acqua e aria pulite e a un climastabile nei pacchetti di stimolo eco-nomico attualmente in esame.

«Abbiamo visto in prima perso-na quanto possano essere fragili lecomunità quando salute, sicurezzaalimentare e libertà di lavoro sonointerrotte da una minaccia comu-ne» si legge nella lettera pubblicataoggi. «I livelli di questa tragedia incorso sono molti e amplificati dadisuguaglianze e dagli investimentiinsufficienti nei sistemi di sanitàpubblica. Abbiamo assistito a mor-te, malattie e angoscia mentale a li-velli mai visti da decenni. Questieffetti avrebbero potuto essere par-zialmente mitigati, o forse ancheprevenuti, da adeguati investimentiin preparazione alla pandemia, sa-nità pubblica e gestione ambienta-le» prosegue la lettera.

«Dobbiamo imparare da questierrori e tornare a essere più forti,più sani e più resistenti. Prima del-la pandemia, l’inquinamento atmo-sferico stava già indebolendo i no-stri corpi», sottolineano i medicichiedendo investimenti per ridurrel’inquinamento atmosferico e leemissioni climalteranti che danneg-giano la salute umana, per daremaggiore resilienza alle future pan-demie e creare posti di lavoro piùsostenibili. Secondo un rapporto diIrena (l’Agenzia internazionale perle energie rinnovabili), se i Paesifacessero investimenti adeguati nel-le energie rinnovabili entro il 2050,i posti di lavoro quadruplichereb-bero fino a 42 milioni. E questo inun momento in cui, secondo l’Ilo(Organizzazione internazionale dellavoro), la metà dei posti di lavoronel mondo sono a rischio.

I medici chiedono ai governi«che i vostri responsabili e consi-glieri medici e scientifici siano di-rettamente coinvolti nella concezio-ne di tutti i pacchetti per la ripresaeconomica». Agricoltura sostenibi-le, rinnovabili e mobilità a basseemissioni di carbonio sono, per ifirmatari, la chiave per riprendersidal covid-19 più forti, più sani epiù resistenti. «L’inquinamento datraffico, uso inefficiente dell’e n e rg i aresidenziale, centrali elettriche acarbone, inceneritori e agricolturaintensiva non solo causano ognianno sette milioni di morti prema-ture ma aumentano sia i rischi dipolmonite sia la loro gravità; cau-sano pneumopatie croniche ostrut-tive, carcinomi polmonari, malattiecardiache e ictus; determinanoinoltre esiti avversi in gravidanzacome scarso peso alla nascita easma».

Passi in avantinella ricercasulla sclerosi

multipla

ROMA, 26. In occasione dellaGiornata mondiale sulla sclerosimultipla, che si celebra il 30 mag-gio, la Pontificia Accademia perla vita e il suo presidente l’a rc i v e -scovo Vincenzo Paglia annuncia-no con l’Associazione Revertonlus la conclusione della speri-mentazione clinica di Fase I cheprevede il trapianto di cellule sta-minali cerebrali umane in quindi-ci pazienti affetti da sclerosi mul-tipla secondaria progressiva.

La sperimentazione, coordinatae finanziata dalla Fondazione Ca-sa sollievo della sofferenza e daRevert onlus con il patrociniodella Fondazione Cellule stamina-li di Terni è stata realizzata graziealla collaborazione fra centri di ri-cerca clinica coordinati dall’I rc c sCasa sollievo della sofferenza diSan Giovanni Rotondo, qualil’Azienda ospedaliera di Terni el’Ospedale cantonale di Lugano.

«La ricerca di Revert — hacommentato l’arcivescovo Paglia— è unica nel suo genere perchéscevra da qualunque problematicaetica e morale e questo ci rendeancora più fieri dei risultati otte-nuti e ci fa guardare al futuro conmaggiore ottimismo, sempre nelrispetto della vita. Il traguardoraggiunto, inoltre, dimostra chel’iniziativa non è stata estempora-nea, ma è riuscita ad avere conti-nuità negli anni, ampliandosi oraad altre malattie neurologiche ealla valutazione di auspicabili ef-fetti terapeutici standardizzabili. Imalati meritano di avere rispostee opzioni di cura ed è solo un la-voro serio e costante che può sod-disfare tutto ciò, con gratuità».

Nonostante le indicazioni dell’Oms sull’inefficacia e la pericolosità del farmaco antimalarico

Il Brasile continuerà a usare la clorochina

Operatori sanitari eseguono test nella regione di Marajoara, nello Stato di Para (Afp)

In calo morti e contagi negli Stati Unitima gli esperti invitano al rispetto del distanziamento

L’Ue verso un Recovery fundda cinquecento miliardi di euro

WASHINGTON, 26. Gli Stati Uniti,a conclusione del tradizionale lun-go fine settimana festivo denomi-nato Memorial Day, ieri sera, con21.403 infezioni in più rispetto adomenica e 505 nuovi decessi ri-conducibili al covid-19, hanno rag-giunto complessivamente la cifra di1.662.375 di casi positivi e 98.184vittime.

I dati relativi alle ultime 24 oreconfermano un buon trend discen-dente sulle morti, nonché una leg-gera diminuzione del numero dinuove persone infette. Nonostante

ciò hanno destato preoccupazionenel fine settimana le immagini dispiagge molto affollate dove, quasinaturalmente, è stata ripetutamenteviolata qualsiasi norma di distanzia-mento sociale. Ormai tutti e cin-quanta gli Stati americani hanno ab-bandonato le misure più restrittivedi lockdown e hanno iniziato unprocesso di graduale riapertura delleattività economiche, con l’autorizza-zione per riunioni di gruppi nonmolto numerosi e la riapertura dispiagge e parchi. Gli operatori sani-tari hanno sollevato l’allarme per il

rischio di generare nuovi focolai.«Ancora una volta ricordo a tuttiche il coronavirus non è ancora con-trollato. Spetta a ciascun individuoproteggere se stesso e la propria co-munità», ha affermato StephenHahn, direttore della Food andDrug Administration degli StatiUniti sui social media.

Il presidente Trump continua aesortare le autorità dei singoli Statiad avanzare nel processo di riapertu-ra. L’ultimo appello lo ha rivolto perchiedere che «le scuole vengano ria-perte il più presto possibile».

di GIULIO ALBANESE

L’idea di un’Africa quasi fosseuna sorta di “buco nero”nell’enciclopedia dei saperi è

assai diffusa. La riprova sta nel fattoche si parla spesso di questo conti-nente a sproposito. Tutto sembra av-volto negli occhi prevenuti dell’im-maginario occidentale, dentro la sot-tile polvere dell’Harmattan, il ventodel deserto, che avvolge tutto, ren-dendo la visione grigia, indistinta eagglutinata. È una sorta di miopia

Ma questo continente non è soloquesto: è molto, ma molto di più. Aparte le bellezze naturali, i tramontimozzafiato e le infinite ricchezze na-turali, è soprattutto un poliedricocontenitore di sapienze ancestrali,luogo di passioni, ricchezze culturalie artistiche, galassia di etnie fatte divolti con le loro storie da raccontare.Da qui l’esigenza di compiere unosforzo collettivo, prendendo lo spun-to dall’anniversario della fondazionedell’Organizzazione dell’Unità afri-cana (chiamata dal 2002 Unioneafricana) il 25 maggio 1963 ad AddisAbeba, in Etiopia.

A dispetto degli scettici pronti ascommettere sulla sua agonia e deri-va, di chi lo considera il “binariomorto della globalizzazione” o una“zavorra geopolitica”, l’Africa è statain grado di ottimizzare le situazioniestreme. A questo proposito è illu-minante La petite vendeuse de Soleilcapolavoro del regista senegaleseDjibril Diop Mambety. Nel descrive-re la giornata di Sili, una bambinaportatrice di handicap, egli è statocapace di mettere in evidenza la par-tecipazione collettiva, le relazioniumane complementari e non compe-titive, gli scambi di beni che non sa-crificano i retaggi culturali e spiri-tuali. Nel film la piccola protagoni-sta decide di andare per le stradedella capitale, Dakar, a vendere ilquotidiano locale «Soleil», nomesimbolico, questo, che indica nel so-le il ritorno della luce dopo il buiodella notte. La piccola resiste, af-fronta la polizia corrotta e la miseria,facendo leva sulla solidarietà e lacondivisione del ricavato tra i poveridel quartiere. Sili solo apparente-mente rappresenta la quintessenzadella debolezza e della rassegnazio-ne passiva, invece ha in sé tutta lagrinta e l’energia necessarie per nonpiegarsi fatalisticamente al destino,per combattere l’infelicità e per cer-care di migliorare la propria condi-zione umana. La sua riuscita divental’icona di un’Africa che non s’inter-roga più, che lavora e crea nel disor-dine dell’informale, nel pieno dellecontraddizioni di una modernità se-ducente, ma di fatto imposta. Perdirla con le parole del compiantoteologo camerunense Jean-Marc Ela,siamo di fronte ad “un’Africa cheb olle”, con straordinarie potenzialità,capace di riservare al mondo moltes o r p re s e .

Dobbiamo pertanto guardare aquesto continente andando al di là

dei soliti stereotipi, come se fosse lametafora drammatica della povertà.Impariamo piuttosto a distingueretra problemi economici e sociali e ildramma della povertà. L’Africa, perchi la conosce, non è povera ma im-poverita, non implora beneficenza ocarità pelosa, ma giustizia. Questa èla percezione di chi s’immerge nelprofondo del continente: nelle cultu-re, nei villaggi, nelle bidonville, in-contrando gente che s’inventa ilquotidiano: sono le Afriche — me-glio usare il plurale essendo un con-

tinente tre volte l’Europa — sommer-se, invisibili spesso non solo agli oc-chi degli stranieri, ma di certe élitelocali a volte troppo fagocitate neimeccanismi mimetizzati di una glo-balizzazione invasiva, fatta di specu-lazioni a non finire.

Ecco perché la vera sfida sta pro-prio nel ricucire lo strappo tra le vit-time della marginalità sociale edeconomica e coloro che fungono daagenti locali di interessi “extra afri-cani”. Per dirla sempre con le paroledi Touadi può essere utile ricorrereall’acuta saggezza della filosofia dia-logica d’origine ebraica dove “l’Al-t ro ” — in questo caso l’Africa o Afri-che che dir si voglia — è nello stessotempo epifania e mistero. «L’Africacome epifania — egli scrive — è quel-la che cogliamo con lo sguardo disempre, un continente con le suepiaghe e i suoi drammi, ma anchecon le sue bellezze diversificate chesi offrono allo sguardo rapito delviaggiatore». E in questo contestoTouadi suggerisce di «lasciarsi at-trarre dal mistero del continente chechiede di essere avvicinato con ri-spetto e forte empatia; che non vuo-le essere giudicato ma compreso; chenon vuole essere adulato ma nem-meno deriso, che non chiede, mavuole condividere», camminando afianco degli altri.

dell’anima che contamina qualsivo-glia osservatore collocato al di fuoridei confini geografici del continenteafricano.

L’Occidente, inutile nasconderse-lo, non è affatto estraneo a questopregiudizio con uno strascico di po-lemiche a non finire in riferimento,ad esempio, al grande tema dellamobilità umana, da meridione versosettentrione. Ecco perché allora ènecessario «mettere le cose nero subianco», proprio come recitaun’espressione ricorrente nel nostrotradizionale discettare che forse po-trebbe aiutare a ristabilire il giustoequilibro culturale con l’Africa, al-meno dal punto di vista lessicale.

Come rileva l’intellettuale congo-lese Jean Leonard Touadi, si trattadel solo caso, nella lingua italiana,dove il termine “n e ro ” assume unavalenza positiva. D’altronde l’Africaè sempre associata a mali più o me-no oscuri, dalle guerre dimenticate,quelle che non fanno notizia, alle ca-restie infinite per non parlare delleinnumerevoli pandemie a cui si è as-sociata recentemente, ultima in ordi-ne temporale, quella del covid-19.

BRASÍLIA, 26. Il ministero della Sa-lute brasiliano ha annunciato lune-dì che manterrà la sua raccomanda-zione di utilizzare l’idrossicloro chi-na nei pazienti che hanno contrattoil nuovo coronavirus, nonostante ladecisione dell’O rganizzazionemondiale della sanità (Oms) di so-spendere temporaneamente gli stu-di clinici con quel farmaco per mo-tivi di sicurezza, anche a seguitodella pubblicazione di uno studiosulla rivista medica «The Lancet»che considera l’uso della clorochinainefficace e persino controprodu-cente.

«Rimaniamo molto calmi e sere-ni e non ci saranno modifiche»nella raccomandazione, ha afferma-to ieri Mayra Pinheiro, segretariaper la gestione del lavoro e l’educa-zione alla salute in una conferenzastampa a Brasília. Sotto la pressio-ne del presidente Jair Bolsonaro, lascorsa settimana il ministero dellaSalute ha deciso di ampliare le rac-comandazioni del farmaco antima-larico anche nei casi lievi di covid-19. La decisione ha scatenatoun’ondata di critiche da parte dellacomunità scientifica brasiliana.

Il Brasile si conferma il Paesepiù colpito dal coronavirus inAmerica Latina con oltre 800 de-cessi legati al nuovo coronavirusnelle ultime 24 ore, portando il nu-mero totale a 23.473. Mentre i casipositivi, con circa 12.000 nuovi in-fetti nell’ultimo giorno, stanno per

raggiungere la soglia delle 375.000unità.

Intanto ieri in Cile il presidenteSebastián Piñera, ha rivolto un ap-pello a tutte le parti politiche delPaese a unirsi per trovare un accor-do trasversale per combattere lapandemia di coronavirus e soluzio-

ni per promuovere un piano diprotezione sociale, dell’o ccupazio-ne e di riattivazione economica nelPaese. Secondo la Johns HopkinsUniversity in Cile il numero deicontagi ha raggiunto le 74.000 uni-tà e complessivamente i decessi ri-conducibili al covid-19 sono 761.

BRUXELLES, 26. La Commissioneeuropea sta lavorando agli ultimidettagli della proposta del suo Re-covery fund di aiuto ai Paesi in crisida covid-19, che presenterà mercole-dì al Parlamento Ue.

Si tratta di cinquecento miliardidi euro, la maggior parte in sovven-zioni a fondo perduto ai Paesi piùcolpiti, e un bilancio pluriennale damille miliardi che continuerà ad as-sicurare gli sconti di cui godono al-cuni Paesi, tra cui i cosiddetti “f ru -gali”.

Contro questo progetto si sonoperò schierati i 4 Paesi “f ru g a l i ”;Austria, Paesi Bassi, Danimarca eSvezia. La partita, quindi, è ancoratutta da giocare.

La proposta della CommissioneUe contiene quasi tutte le richiestearrivate in queste settimane sia dalfronte del Nord che da quello delSud, incastrate in un delicato equi-librio che dovrà reggere fino al ver-tice europeo del 18 giugno.

In una nota, Borrell ha fatto sa-pere che questa proposta «è neces-saria più che mai».

Page 3: Le minacce globali esigono una nuova solidarietà...to Santo. Una conoscenza priva d’amore non viene da lui», insegna Ratzinger, che individua un segnale che forse non ci aspetteremmo

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 27 maggio 2020 pagina 3

Attacco di artiglieria israeliano al confine con la Siria

Te n s i o n esul Golan

Soccorsi in mare:Bruxelles chiedela cooperazione

degli Stati membri

BRUXELLES, 26. La Commissio-ne europea interviene in meritoal mancato soccorso nel Medi-terraneo e ai respingimenti versola Libia. La ricerca e il salvatag-gio in mare «sono obblighi pre-visti dal diritto internazionale,quindi ci aspettiamo che gli Sta-ti membri continuino a collabo-rare gli uni con gli altri, lavo-rando con Frontex in uno spiri-to di solidarietà, soprattutto neldifficile contesto attuale». Èquanto afferma il portavoce del-la Commissione europea, Chri-stian Wigand, a proposito dellasituazione dei migranti a Malta.

Le autorità maltesi sono accu-sate di aver dirottato illegalmen-te, nei giorni intorno a Pasqua,imbarcazioni di migranti da LaValletta sia verso l’Italia sia ri-spedendole in Libia. La Com-missione si è detta «pronta acoordinare gli sforzi per ricollo-care le persone salvate», rimar-cando la necessità di assicurarela continuazione delle attività disoccorso e di trovare soluzionisugli sbarchi.

Intanto, ieri all’alba, la Guar-dia costiera libica ha riportato aTripoli 315 rifugiati e migrantidopo averli intercettati e soccor-si a bordo di diverse imbarca-zioni. Lo rende noto su Twitterl’Unhcr in Libia, precisando chepurtroppo due persone hannoperso la vita e i loro corpi sonostati recuperati. Nelle ore prece-denti, la Guardia costiera tunisi-na ha sventato altre due tentatepartenze verso le coste italiane.

Contrastitra Cina

e Stati Unitisu Hong Kong

L’Euro cameracontesta

le violazioniin Polonia

ST R A S B U R G O, 26. L’Euro camerasi è detta «preoccupata» delleviolazioni in Polonia dello statodi diritto. Gli attacchi alla de-mocrazia e ai diritti fondamen-tali in Polonia devono essere af-frontati con urgenza, affermanoin una nota la maggioranza de-gli eurodeputati facenti partedella Commissione per le liber-tà. Durante un dibattito è statopresentato un progetto di rela-zione interlocutoria sulla propo-sta della Commissione europeadel dicembre 2017, che riguardal’indipendenza della magistratu-ra in Polonia. Il presidentedell’Associazione europea deigiudici, José Igreja Matos, e unrappresentante dell’asso ciazionedei giudici polacca Iustitia,Joanna Hetnarowicz-Sikora,hanno espresso le loro preoccu-pazioni legate principalmenteall’indipendenza giudiziaria e al-lo stato di diritto, ma anche ri-guardo alla democrazia e alleelezioni, nonché i diritti fonda-mentali (in particolare quellidelle minoranze). Poco prima, ilpresidente polacco, AndrzejDuda, ha nominato MałgorzataManowska a capo della Cortesuprema, un giudice molto vici-na al governo, sollevando nuoveaccuse di attacco all’indip enden-za della magistratura.

In Venezuelala procura attacca

l’opp osizioneCARACAS, 26. La procura generalevenezuelana ha chiesto ieri al Tri-bunale supremo di giustizia (Tjs)di stabilire se il partito Voluntadpopular (Vp), guidato da Leopol-do López e principale forza di op-posizione, sia una organizzazionecriminale con finalità terroristiche,e quindi dissolverlo. «Non ci sonoprecedenti nella storia del Paese diun’organizzazione politica che, acausa della sua incapacità di otte-nere il potere attraverso il metododemocratico del voto, viri verso laviolenza terroristica nazionale etransnazionale», ha dichiarato ilprocuratore generale, Tarek Wil-liam Saab. Nella formazione politi-ca, in passato ha militato anchel’attuale presidente dell’Assembleanazionale e leader dell’opp osizione,Juan Guaidó.

HONG KONG, 26. Si inasprisce ilcontenzioso tra Pechino e Wa-shington dopo la nuova legge cine-se sulla sicurezza ad Hong Kong,in discussione all’Assemblea nazio-nale del popolo. La Cina ha fattosapere di essere pronta a «necessa-rie contromisure» se gli Stati Unitidovessero confermare le sanzionieconomiche annunciate ieri.

Nel ribadire la risolutezza nel-l’approvare la legge e risponderealle possibili sanzioni rese note dalconsigliere per la Sicurezza nazio-nale della Casa Bianca, RobertO’Brien, il portavoce del ministerodegli Esteri, Zhao Lijian, ha espres-so «ferma opposizione» alle criti-che statunitensi sull’agenda delParlamento su Hong Kong. «Nonesiste un Paese che consentirebbeattività che mettano in pericolo lasicurezza nazionale sul suo territo-rio», ha detto Zhao. «Gli Usa — haaggiunto — hanno decine di leggiper proteggere la propria sicurezzanazionale, ma vogliono interferire».

La proposta al vaglio dell’As-semblea nazionale del popolo, ilramo legislativo del Parlamento ci-nese, prevede un’agenzia a HongKong contro «le spinte separatisteper sovvertire il potere centrale, leattività terroristiche e le forze stra-niere di interferenza». O’Brien haparlato di un «grande errore», ipo-tizzando le sanzioni economiche.

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’affare, ma:

quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

DA M A S C O, 26. Tensione al confinetra Israele e Siria nella zona conte-sa delle alture del Golan. Ieri è sta-to segnalato un attacco di artiglie-ria, avvenuto poche ore dopo la vi-sita nella zona di Qunaytra, capo-luogo siriano del Golan, del mini-stro della difesa di Damasco, AliAyub.

Secondo fonti locali, l’obiettivodegli attacchi erano alcuni non me-glio precisati “gruppi militari ira-niani”. Il ministro Ayub, come hariferito l’agenzia governativa siriana

Sana, si è recato in visita alle trup-pe siriane di stanza nella zona diQunaytra in occasione del primogiorno ieri della festa del Fitr, chesegna la fine del mese islamico diRamadan. Fonti locali affermanoche il bombardamento di artiglieriaè avvenuto vicino alla cittadina diHader, molto vicina a Qunaytra.Non si hanno notizie di vittime.

Intanto, sempre ieri, per la pri-ma volta dallo scoppio della guerrain Siria nel 2011, un esponente delgoverno turco — il ministro degliinterni turco Suleyman Soylu — siè recato in territorio siriano senzaprendere accordi col governo diD amasco.

È accaduto nella località sirianafrontaliera di al Rai, a nord diAleppo, in una zona sotto direttocontrollo dei militari turchi e dellemilizie siriane cooptate dalle forzeturche. I media siriani delle oppo-sizioni anti-Damasco hanno datoampio risalto alla visita del mini-stro, che era accompagnato daisuoi due vice e da altri esponentidell’apparato militare turco.

Da quando la Turchia ha di fattostabilito il diretto controllo di am-pie porzioni della Siria nord-occi-dentale, si susseguono in questazona della Siria visite di esponentimilitari turchi e di rappresentantidelle amministrazioni regionali del-la Turchia meridionale.

sempre maggiore. Come combattere ladisinformazione senza rischiare, in no-me di questa battaglia, di offuscare li-bertà e diritti fondamentali?

La gente nel mondo vuole sapereche cosa fare e dove rivolgersi peravere consiglio. Invece è costretta agestire una epidemia di disinforma-zione che, se va male, può metterein pericolo delle vite. Rendo onoreai giornalisti e a coloro che control-lano le informazioni nella montagnadi storie e post fuorvianti pubblicatinei social media. A sostegno di taleimpegno, ho lanciato una iniziativadelle Nazioni Unite di risposta allecomunicazioni chiamata Verified,volta a dare alla gente informazioniaccurate e basate sui fatti, incorag-giando al tempo stesso soluzioni esolidarietà mentre passiamo dallacrisi alla ripresa. Anche i leader reli-giosi hanno un ruolo da svolgere,utilizzando le loro reti e le loro ca-pacità di comunicazione per sostene-re i governi nel promuovere le misu-

con i governi per mobilitare finanzia-menti, aiutare i ministeri della salutea essere preparati e sostenere le misu-re economiche e sociali, dalla sicu-rezza alimentare e l’istruzione da ca-sa al trasferimento di contanti e mol-

re la fiducia nei confronti delle istitu-zioni internazionali? E come ciò puòa v v e n i re ?

La collaborazione e il contributodi tutti gli Stati — compresi quelli

di serie B? Si rischia comunque che lapandemia allarghi nel mondo il divariotra ricchi e poveri. Come evitare chequesto accada?

La pandemia sta portando alla lu-ce disuguaglianze ovunque. Disu-guaglianze economiche, disparitànell’accesso ai servizi sanitari e tantoaltro ancora. Il numero delle perso-ne povere potrebbe crescere di 500milioni — il primo aumento int re n t ’anni. Non possiamo permettereche ciò accada ed è per questo checontinuo a chiedere un pacchetto diaiuti globale per un ammontare pariad almeno il dieci per centodell’economia globale. I Paesi piùsviluppati possono farlo con risorseproprie, e alcuni hanno già iniziato amettere in atto simili misure. Ma iPaesi in via di sviluppo hanno biso-gno di un sostegno consistente e ur-gente. Il Fondo monetario interna-zionale ha già approvato finanzia-menti di emergenza per un primogruppo di Paesi in via di sviluppo.La Banca mondiale ha comunicatoche, con risorse nuove e già esistenti,

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Intervista al Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres

Le minacce globaliesigono una nuova solidarietà

Profonda riconoscenza a Papa Francesco per il sostegno all’appello per un cessate il fuoco mondiale

to altro ancora. Le nostre operazionidi pace continuano a svolgere i loroimportanti mandati di protezione e asostenere i processi di pace e politici.Le reti di distribuzione delle NazioniUnite sono state messe a disposizio-ne dei Paesi in via di sviluppo, conmilioni di kit per il test, respiratori emascherine chirurgiche che sono or-mai arrivate in più di cento Paesi.Abbiamo organizzato voli solidaliper portare più forniture e operatoriin decine di Paesi dell’Africa,dell’Asia e dell’America Latina. E sindall’inizio, ho mobilitato le compe-tenze di cui dispone la famiglia delleNazioni Unite per fornire una seriedi relazioni e ragguagli sulle poli-tiche al fine di offrire analisi e consi-

più potenti — sono essenziali nonsolo per combattere il covid-19, maanche per affrontare le sfide dellapace e della sicurezza che si presen-tano. Sono anche essenziali per aiu-tare a creare le condizioni per unaripresa efficace nel mondo sviluppa-to e in quello in via di sviluppo. Ilvirus ha dimostrato la nostra fragili-tà globale. E questa fragilità non èlimitata ai nostri sistemi sanitari. Ri-guarda tutti gli ambiti del nostromondo e delle nostre istituzioni. Lafragilità degli sforzi globali coordi-nati è evidenziata dalla nostra man-cata risposta alla crisi climatica, dalrischio sempre crescente della proli-ferazione nucleare, dalla nostra inca-pacità di riunirci per regolamentaremeglio il web. La pandemia deve es-sere un campanello di allarme. Leminacce globali mortali esigono unanuova unità e solidarietà.

Lei ha pubblicamente plaudito all’ini-ziativa europea che mira allo sviluppodel vaccino contro il covid-19. Eppureproprio la scoperta del vaccino potrebbefar nascere in alcuni la tentazione diassumere una posizione dominanteall’interno della comunità internaziona-le. Come scongiurare questo pericolo? Ecome far sì che, prima ancora di arri-vare al vaccino, si sperimentino le cureche hanno mostrato di avere qualche ef-ficacia?

In un mondo interconnesso, nes-suno è al sicuro fino a quando nonlo sono tutti. È stata questa, in sinte-si, l’essenza del mio messaggio allancio del “ACT Accelerator”, ovverola collaborazione globale per velo-cizzare lo sviluppo, la produzione el’equo accesso a nuove diagnostiche,terapie e vaccini per il covid-19. Vavisto come un bene pubblico. Nonun vaccino o delle cure per un Paeseo una regione o una metà del mon-do — ma un vaccino e una cura chesono accessibili, sicuri, efficaci, facil-mente somministrabili e universal-mente disponibili per tutti, ovunque.Questo vaccino deve essere il vacci-no della gente.

Come si può far sì che nella lotta alvirus vi siano Paesi di serie A e Paesi

re di salute pubblica raccomandatedell’Organizzazione mondiale dellasanità — dal distanziamento fisico auna buona igiene — e per smentirefalse informazioni e voci.

Tra le informazioni infondate che quoti-dianamente raggiungono l’opinionepubblica figurano in questi giorni moltecritiche contro agenzie dell’Onu, comel’Organizzazione mondiale della sanità(Oms). Qual è il suo giudizio in pro-posito?

Mentre piangiamo le vite perse acausa del virus, ci angoscia il fattoche ce ne saranno molte altre, spe-cialmente nei luoghi meno capaci difar fronte a una pandemia. G u a rd a reindietro a come la pandemia si è svi-luppata e alla risposta internazionalesarà essenziale. Ma in questo mo-mento l’Organizzazione mondialedella sanità e l’intero sistema delleNazioni Unite stanno facendo unacorsa contro il tempo per salvare vi-te. Mi preoccupa in modo particola-re la mancanza di un’adeguata soli-darietà con i Paesi in via di sviluppo— sia nel fornire loro il necessarioper rispondere alla pandemia del co-vid-19 sia per far fronte al drammati-co impatto economico e sociale suipiù poveri nel mondo. L’O rganizza-zione mondiale della sanità e l’i n t e rosistema delle Nazioni Unite sono in-teramente mobilitati per salvare vite,prevenire la carestia, attenuare il do-lore e pianificare la ripresa. Abbiamodefinito un piano di risposta umani-taria globale per 7,6 miliardi di dol-lari americani per le popolazioni piùvulnerabili, tra cui i rifugiati e le per-sone internamente dislocate. Finora idonatori hanno offerto quasi un mi-liardo di dollari e io proseguo nelmio impegno per assicurare che que-sto piano venga finanziato per inte-ro. I nostri team nei diversi Paesistanno lavorando in coordinamento

nei prossimi 15 mesi può fornire fi-nanziamenti per 160 miliardi di dol-lari americani. Il G20 ha appoggiatola sospensione del pagamento deidebiti per i Paesi più poveri. Ap-prezzo pienamente queste misure,che possono tutelare persone, postidi lavoro e recare vantaggi in terminidi sviluppo. Ma anche questo nonsarà sufficiente e sarà importanteprendere in considerazione misureaggiuntive, tra cui la riduzione deldebito, per evitare crisi finanziarieed economiche prolungate.

C’è chi sostiene che dopo la pandemiail mondo non sarà più lo stesso. Qualepotrebbe essere il futuro delle NazioniUnite nel mondo di domani?

La ripresa dalla pandemia offreopportunità per condurre il mondosu un cammino più sicuro, sano, so-stenibile e inclusivo. Le disugua-glianze e i divari nella protezione so-ciale che sono emersi in modo cosìdoloroso dovranno essere affrontati.Avremo anche l’opportunità di met-tere in primo piano le donne el’uguaglianza di genere per aiutare acostruire una resilienza a shock futu-ri. La ripresa deve andare anche dipari passo con l’azione per il clima.Ho chiesto ai governi di assicurareche i fondi per rivitalizzare l’econo-mia siano utilizzati per investire nelfuturo, non nel passato... I soldi deicontribuenti dovrebbero essere uti-lizzati per accelerare la decarboniz-zazione di tutti gli aspetti della no-stra economia e privilegiare la crea-zione di lavori verdi. È questo il mo-mento per imporre una tassa sul car-bone e far pagare chi inquina per ilsuo inquinamento. Le istituzioni fi-nanziarie e gli investitori devono te-nere pienamente conto dei rischi cli-matici. Il nostro modello continuanoa essere gli obiettivi di sviluppo so-stenibile e l’Accordo di Parigi suicambiamenti climatici. Questo è iltempo di essere determinati. Deter-minati a sconfiggere il covid-19 e auscire dalla crisi costruendo un mon-do migliore per tutti.

La pandemia del covid-19non è soltanto

un’emergenza sanitariaglobale. Nelle ultime

settimane c’è stataun’impennata delle teorie

del complottoe dei sentimenti xenofobi.In alcuni casi sono statipresi di mira giornalisti,

operatori sanitari o difensoridei diritti umani solo

per aver fatto il loro lavoro

La ripresa deve andareanche di pari passo

con l’azione per il clima.Ho chiesto ai governi

di assicurare che i fondiper rivitalizzare l’economiasiano utilizzati per investire

nel futuro,non nel passato...

Non un vaccino o delle cureper un Paese o una regione o una metà del mondo

ma un vaccino e una cura che sono accessibili, sicuri,efficaci, facilmente somministrabili e universalmente

disponibili per tutti, ovunque. Questo vaccinodeve essere il vaccino della gente

gli per una risposta efficace e coordi-nata da parte della comunità interna-zionale (https://www.un.org/en/c o ro n a v i ru s / u n - s e c re t a r y - g e n e r a l )

Viviamo in un tempo in cui si moltipli-cano gli attacchi al multilateralismo.C’è bisogno, a suo giudizio, di rafforza-

La gente nel mondo vuolesapere che cosa fare

e dove rivolgersi per avereconsiglio. Invece è costretta

a gestire una epidemiadi disinformazione che,se va male, può mettere

in pericolo delle vite

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 27 maggio 2020

terario che si caratterizzò per la vi-brante tensione nella sperimentazio-ne formale, e che investì in pari gra-do sia la prosa che la poesia. Se-guendo la scia dei modernisti inglesicome Eliot e Pound, i poeti aderential movimento contrapposero il lin-guaggio quotidiano a quello raziona-le e freddo del neocapitalismo, arri-vando a un uso dello stile che fu de-finito «linguaggio parodistico». E laparodia — da non intendere comesfacciata irriverenza — può essere as-

fascista, e Manganelli, futuro parti-giano, come sottolinea la figlia, «fa-scista certamente non era». Inizial-mente il suo interesse per le rivisteletterarie aveva una valenza pura-mente economica. «Il Manganellidel primo dopoguerra — evidenziaLietta — era poverissimo, dovettevendere i mobili di casa per soprav-vivere». Una volta egli annotò: «Al-la mia finestra, dove si è rotto un ve-tro, ho messo un cartone. Ci si vedemeno, ma almeno non entra il fred-

rativo della recensione. In questocontesto la penna si libra e la prosadiventa, senza gratuite smancerie,poesia. Significativo, in merito, èquanto scrive riguardo ad As s a s s i n i onella Cattedrale di Thomas StearnsEliot. «È veramente una cattedralequesto “dramma sacro”, che si puntae si aderge sui cori come su colonneed archi: che ha pause di ombre e diluci nei brevi contrasti drammatici,in quei dialoghi svolti sub specie ae-ternitatis tra la santità e la malignità,provvista o sprovvista di ragione. Èinsieme la gotica verticalità delle gu-glie, e la massiccia saldezza dei muria dare tanto moto e tanta gravità aquesta tragedia».

Autore di opere — H i l a ro t ra g o e d i a(1964), Nuovo commento (1969), Scon-clusione (1976), Am o re (1981) — cheoscillano tra il racconto-visione e iltrattato, Manganelli elaborò una sor-ta di manifesto nella Letteratura comemenzogna (1967), in cui afferma — te-si suggestiva e intrigante — che ilcompito della letteratura è quello ditrasformare la realtà in menzogna, inscandalo e in mistificazione. Unarealtà che viene risolta in un purogioco di forme, attraverso le quali lascrittura si configura come contesta-zione. Può sembrare un atto irrive-rente verso il fruitore di tale lettera-tura nonché un oltraggio alla lettera-tura stessa. Ma così non è. Nel valu-tare, nel corso dell’opera, i testi diDickens, Dumas, Nabokov, l’a u t o re ,a suo modo e per vie traverse, cele-bra l’alto valore della letteratura edella sua missione. La letteratura,pur in una veste cinica, è una medi-cina che cura il dolore dell’uomo,cospargendo balsamo sulle sue pia-ghe, ed è un tarlo che fruga inces-santemente nei suoi affanni per poilenirli, in conformità a quella dimen-sione catartica che è propria di ognieccelsa forma d’arte.

Il 28 maggio di trent’anni fa moriva Giorgio Manganelli

Il libroe la muraglia cinese

Hisashi Okawa, «Centuria»(pubblicata su Lectamanent)

L’arte della recensione in «Concupiscenza libraria»

Apripista in stile gotico

«Come il latino ci salva la vita» di Silvia Stucchi

Se vuoi essere contemporaneo leggi i classici

«Scrivere — diceva — significa metterein movimento forze oscure che sonoin rapporto con i lemuri e i mostriScrivere è un lavoro nelle cavernee non si sa cosa ne vien fuori»

di GABRIELE NICOLÒ

Sentenziava Luigi Pirandel-lo che «la vita o la si scri-ve o la si vive». Si sarebbetentati di collocare GiorgioManganelli nella prima ca-

tegoria: scrittore, critico letterario,traduttore, giornalista. Insomma,una versatilità di competenze e diinteressi cui, ben si comprende, èsotteso un magma torrenziale di in-chiostro. Ma si farebbe torto alla suafigura di intellettuale impegnato se,al contempo, non gli si riconoscesseil merito di essere evaso dal chiusodella pagina scritta per favorire undialogo dinamico e costruttivo conl’esterno. Con tutto il dovuto rispet-to per Pirandello, dunque, GiorgioManganelli (di cui il 28 maggio ri-corrono i trent’anni dalla scomparsa)la vita l’ha scritta e l’ha anche vissu-ta: vissuta sempre, ovviamente, attra-verso il filtro illuminante di una cul-tura eccelsa, messa al servizio di unpensiero aperto e stimolante, nonchéallergico ad ogni accademismo dimaniera.

Manganelli — a testimonianza diun’esistenza condotta al lume di unsapere assetato di sempre nuove con-quiste e di sempre nuovi orizzonti —è stato uno dei massimi teorici dellaneoavanguardia, un movimento let-

sunta a cifra stilistica di Manganelli,il quale riesce nella magia di esserechiaro e diretto anche quando utiliz-za provocatoriamente il linguaggiopiegandolo a volute e a contorci-menti che, di primo acchito, sembra-no disorientare e sgomentare il letto-re .

«Scrivere — diceva — significamettere in movimento forze oscure,che sono in rapporto col mondo deilemuri e dei mostri, con gli gnomi.È un lavoro nelle caverne, scrivere, èuna penombra mentale. Non si sacosa ne vien fuori».

Certo è che dopo un primo assag-gio della prosa di Manganelli, che

tore indefesso e topo dibiblioteca»: così lo defi-nisce la figlia Lietta nelbellissimo libro Non spa-rate sul recensore (Milano,Nino Aragno Editore,2018). Sin da giovanissi-mo, scrive Lietta, comin-ciò a leggere «mattamen-te», a frequentate biblio-teche, «cosa che nonsmise mai di fare in tuttala sua vita, anche quandofu in grado finalmente dicomprarsi tutti i libri chevoleva e i suoi diciotto-mila volumi che lo sog-guardavano dalle sue nu-merose librerie». Ma nonsi limitava a leggere: stu-diava, segnava, commen-tava, criticava. Nacquerocosì le micro-recensioni, imini-commenti, i quader-ni critici. Per lui scrivereera come respirare: nonpoteva farne a meno. Epur di scrivere, pubblicòun racconto, nel 1942,anche su «Il Piccone»,giornale di orientamento

do». Poi gradualmente ebbe l’a m o reper la letteratura e — dichiara la fi-glia — «per quel feticcio che semprel’avrebbe accompagnato e difesocontro le brutture della vita: il libro,la sua “muraglia cinese”».

Nel recensire, non aveva certo ti-more di andare contro corrente. Aproposito di Dottor Jekyll e MisterHyde, opera giudicata «intoccabile»dalla critica, Manganelli rilevava chein questo libro «il tentativo di ricer-care un ritmo essenziale nell’avvicen-darsi e intrecciarsi di elementi moralie psicologici non ha dato quellacontinuità di splendidi risultati con-seguiti in altre opere, attraverso la

Giorgio Manganelli

un’estetica precisa, una concezioneletteraria convinta, che non cono-sce tentennamenti nel corso deglianni ma semmai conferme, modali-tà diverse di esprimersi. Nella vi-sione manganelliana la recensione ègesto pienamente letterario e pro-prio questo rende i suoi articoli ri-componibili in una sequenza at-traente, con qualche colpo di scenae l’attesa per il cosa succede adessoche caratterizza l’incontro con unascrittura coinvolgente.

Chi cerca con cura, trova persinola riflessione teologica, che nellostile dell’autore è ultimativa. «Ilcreatore, per non creare eternamen-te se stesso, deve creare qualcosache sia imperfetto, e che contem-poraneamente gli somigli, cioè siatale da poter conoscere la propriaimperfezione connaturata». Passag-gio degno di un biblista accorto,che indirizza la contemplazione dipiù di un mistero e che, in mododiscreto, dichiara la necessità dellaRedenzione. Il volume è massiccio,supera le quattrocento pagine ditesto molto denso, e nella sua moleconferma un’impressione esteticaaltrimenti sfuggente. Non è scrittu-ra barocca quella di Manganelli,anche se forse si compiace di sem-brarlo. Il suo orizzonte è medievale

infatti una raccolta di re-censioni, sfuggite alla lo-ro linearità cronologica ecostrette in ambiti tema-tici per l’o ccasionedall’attenta e amorevolecura di Salvatore SilvanoNigro, senza che il dan-no sia grave. Manganellimatura presto uno stilefermo attraverso il qualerendere manifesta

Concepisce la recensionecome un gesto pienamente letterarioe proprio per questo rende gli articoliricomponibili in una sequenzaattraente arricchita da colpi di scena

di SERGIO VALZANIA

Chiusi a casa, ConcupiscenzaL i b ra r i a di Giorgio Manga-nelli, appena uscito per

Adelphi (pagine 454, euro 24), èquello che ci vuole. Per molte ra-gioni. Innanzitutto è una letturapiacevolissima. Avendo frequentatodi recente il suo stile verrebbe daaggiungere una lista di aggettiviper qualificarla, ma il recensore delrecensore ha l’obbligo di non la-sciarsi condizionare dallo stile delrecensito. Concupiscenza libraria è

e proprio la compiutezza architet-tonica tende a farcelo accostare piùal gotico che al romanico. Prestan-do attenzione al testo riconosciamocon facilità le sequenze allitterantidei fregi gotici e nelle parole inu-suali scorgiamo i visi deformi chesi affacciano ghignanti e sguaiatidai tralci della vegetazione scolpitanella pietra. Gotica è anche la pre-tesa, o sarebbe meglio dire la con-sapevolezza di una comprensionedel mondo di necessità non fram-mentaria ma complessiva, olistica,dalla natura alchemica e nello stes-

compiutamente il mondo, nell’abi-lità di ricondurre qualsiasi espe-rienza letteraria a una misura, a unriconoscimento. Per lasciarsela su-bito sfuggire.

Infine, o soprattutto, c’è la capa-cità di incuriosire. Grande scrittoredi viaggi, purché esotici e lontani,Manganelli ha il talento di invo-gliare alla lettura, di suscitare cu-riosità letterarie, di fare l’apripistain territori che consideriamo di-menticati solo perché l’industriaeditoriale non è stata determinata amantenerne in vita la proposta.Cultore della lettura attento, cosìmetodico da rifiutare ogni sistema-tizzazione affidata a una logica ele-mentare, Manganelli riesce a farconvivere nella sua interpretazionele avanguardie del Gruppo ’63, se-gnate dallo sperimentalismo e dalrifiuto stilistico, con la frequenta-zione di classici di ogni apparte-nenza e a nuovi autori di qualsiasiderivazione, purché saldamente le-gati all’evento della scrittura, consi-derato nella sua qualità magica,quasi automatismo, senza dimenti-care il lungo apprendistato necessa-rio allo stregone per divenire tale.Perciò, prigionieri domestici, mo-naci coatti, ci lasciamo consigliare.Anche di rileggere l’Iliade nella tra-duzione di Vincenzo Monti, perscoprire che «è senza dubbio qual-cosa di straordinario, uno dei gran-di libri della nostra letteratura».

di SI LV I A GUIDI

In copertina c’è un’opera di Léo Caillard,della serie Hipsters in Stone, ovvero hip-ster ante litteram fissati nella pietra:

Apollo con gli occhiali da sole che si sta fa-cendo un selfie, ma anche Venere in magliet-ta che si riposa dopo un allenamento, cur-vando le bianche braccia e mostrando il suoleggendario, enigmatico sorriso. Leggendo il(bellissimo) libro di Silvia Stucchi Come illatino ci salva la vita (Milano, Edizioni Ares,2020, pagine 312, euro 14,80; disponibile an-che in e-book) viene in mente il titolo di unfilm di Wim Wenders, Faraway so close; cosìlontano e così vicino, quel mondo che intanti abbiamo imparato a conoscere sui ban-chi di scuola, filtrato dalle griglie di unagrammatica apparentemente ostile, un mon-do fatto di brani da tradurre e versi da scan-dire secondo complicate regole metriche du-rante l’interrogazione alla lavagna. Un mon-

do che abbiamo imparato ad amare da subi-to, nonostante la fatica dello studio — il lati-no, a volte, era difficile anche per i latini,chiosa l’autrice, smontando tanta facile reto-rica didattica e offrendo un’ampia, confor-tante casistica di antichi studenti riluttanti —oppure abbiamo imparato ad odiare definiti-vamente, se le storie che ci venivano incon-tro sotto forma di compiti a casa restavanoassurdi, inutili enigmi da decifrare. Così lon-tano e così vicino, questo idioma duro, gut-turale e sbrigativo che per secoli è stato lalingua franca dell’Europa. Si dice che stu-diare latino sviluppi la logica, oltre che lamemoria. Tutto vero. Non solo; dato che,come dice il neuroscienziato Semir Zeki, ilcervello non distingue tra cultura umanisticae scientifica, i classici aiutano ad allargare losguardo e ad esplorare sentieri mai battuti intutte le branche del conoscere, scienza e tec-nica comprese. Come ha scritto qualche tem-po fa — in una lettera che è diventata virale

— anche il fisico Guido Tonelli, tra gli sco-pritori del Bosone di Higgs. Ma — e qui laprovocazione diventa affilata — se il latinoserve solo per allenare la mente, perché nonfare le parole crociate? In realtà, chiosa l’au-trice, è interessante il contenuto, oltre che ilcontenente. Nel suo libro, Silvia Stucchi ciaccompagna a scoprire i protagonisti di unacommedia umana ricchissima, infinitamentevaria, aliena e familiare al tempo stesso: pa-lazzinari, opinionisti, politici falliti (anchequello di Cicerone, in fondo, è stato un falli-mento politico, benché illustre) neo-ricchi incerca di visibilità, scrittori snob che disprez-zano lo sport (come Plinio il giovane) vedo-vi inconsolabili (sorprendenti le pagine dedi-cate alle epigrafi funerarie). E studenti insof-ferenti della disciplina; tra cui, inaspettata-mente, troviamo anche due vip come Orazioe Agostino, il futuro vescovo di Ippona. In-somma, visto da vicino il latino «non è unoscoglio, ma un’ancora di salvezza».

può lasciare un po’ basiti, si cogliela profondità di un’analisi semprelucida, capace di ghermire l’essenzadell’oggetto posto sotto la lente d’in-grandimento, strumento principaledel suo laboratorio letterario. «Let-

consueta ricerca dellamagica possibilità deglioggetti di tradursi in rit-mo verbale e rappresen-tativo».

Consulente editorialedelle più importanti caseeditrici italiane, da Mon-dadori a Einaudi, daAdelphi a Garzanti e aFeltrinelli, Manganellitorreggia nel registro nar-

so tempo sfuggente, perduta neldualismo tutto o niente che nonpuò che risolversi nel secondo ter-mine. Questo elemento tragico,questa percezione del limite nasco-sta dietro un’apparenza di allegriaquasi buffonesca, che non disdegnail riso, conferma il riconoscimentodel gotico, nel suo splendore e nel-la sua asprezza duecenteschi, nellapretesa inattingibile ma sempre rin-novata di conoscere e descrivere

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 27 maggio 2020 pagina 5

La fede di fronte alle fratture dell’esistenza

Credenti in equilibrio precario

Riduciamo il senso della vitaal «farci operatori del bene»Siamo disponibili a raccontare noi stessicome autori di buone scelte etichema rischiamo di smarrirela consapevolezza della nostra identità

Il ragazzo autistico che insegna la serenità

Diversamente felici

Auguste Rodin, «Il pensatore» (Musée Rodin, Parigi, 1880 - 1902)

Federico De Rosa

di ROBERTO ROSANO

Il volume Credenti in bilico. La fede di frontealle fratture dell’esistenza (Torino, Claudia-na, 2020, pagine 128, euro 13,50) andavastampato in unico incarto con l’ultimaanalisi pubblicata dal sociologo Franco

Garelli (Gente di poca fede. Il sentimento religiosonell’Italia incerta di Dio, Il Mulino, 2020). I duesaggi paiono concepiti in un’unica soluzione, co-me gli androgini raccontati da Aristofane nel Sim-posio di Platone. Lo studio di Garelli ritrae unnuovo soggetto religioso, comodo a sperare, manon a credere, ancora aggrappato a un malfermosentimento religioso, eppure ondivago nelle valu-tazioni morali, «fluido» nella dottrina come nellapratica. A loro volta, Alberto Corsani e SabinaBaral, entrambi provenienti dal mondo protestan-te, hanno tessuto abilmente un’analisi a più voci,spesso affidata al genere brillante dell’intervista,che, se da una parte scompone la coesione orga-nica del testo, dall’altra fornisce un quadro moltostimolante di influenze e suggestioni. Del resto,non credo che gli autori intendessero costruireuno scritto a tesi, sul genere a rg u m e n t a t i o -demon-

lus stantis vel cadentis ecclesiae, l’articolo per ilquale la Chiesa si regge oppure cade. L’azione so-ciale delle Chiese è spesso considerata seria ed af-fidabile, ma chi ha curato questa raccolta, prove-nendo a maggior ragione proprio dal mondo pro-testante, si chiede se questa azione «possa basta-re». Del resto, anche il Pontefice, in perfetta sin-tonia con questo sentire squisitamente, ma nonesclusivamente luterano, in un libro-intervista diGianni Valente ribadì che la Chiesa «non è unaong», anche se, a volte, deve agire come un«ospedale da campo».

«Incontriamo il nostro prossimo e siamo pienidi slancio», si domandano Baral e Corsani, «mapuò bastare la necessità dell’altro, così incomben-te, così stringente, a definire la nostra identità?Abbiamo forse rinunciato a confessare la nostrafede, a dire chiaramente chi siamo e ciò in cuicrediamo?». Forse «non siamo più capaci di farciafferrare dallo spirito di Dio», proseguono, «ama-ti da Lui, cogliamo bene l’invito a farci servi deglialtri, però non siamo disposti a sottometterci allanarrazione che Cristo fa di noi e che sola dà unsenso alla nostra esistenza». Riduciamo il sensodella nostra vita al fare, al «farci operatori del be-ne»; siamo disponibili a raccontare noi stessi co-me autori di buone scelte etiche, ma rischiamo dismarrire la consapevolezza della nostra identità.

Balbettiamo quando si tratta di spiegare al no-stro prossimo o al nostro vicino di casa in che co-sa consista la nostra fede. L’opinione pubblica, delresto, valuta più apprezzabile il buon risultato diun’azione sociale rispetto alla bontà dei presuppo-sti teologici che muovono il credente allo spiritodi servizio. L’idea di Baral e Corsani (che tuttaviachi scrive non condivide a pieno) è che tanto leChiese quanto i credenti siano sempre più in gra-do di leggere i bisogni immediati dei loro contem-poranei (e ce ne sono tanti), «ma sono incerti difronte ai bisogni spirituali di questi ultimi». Sichiedono se il problema sia risolvibile in terminidi linguaggio, cercando cioè di individuare codicipiù rispondenti ai tempi di oggi, o se invece vi siaun problema più rilevante a monte. Baral e Corsa-ni paiono optare per la seconda ipotesi.

È lecito, proseguono, aspettarsi che le scienzenon riconoscano alcuna cittadinanza a ciò chenon si vede e non è dimostrabile, ma i credentidovrebbero approfittarne per ristabilire uno«sguardo verticale» e ribadire quanto diceva Pao-lo in Romani 1, 16: «Io non mi vergogno del Van-gelo». Invece, assistiamo «a una certa esitazione

nel testimoniare la propria fede» e su Dio sta ca-lando, a loro dire, un preoccupante silenzio.

Ma sentiamo nostalgia di Dio? Avvertiamoquella che Karl Barth definiva: Sehnsucht nachdem ganz Anderen, vale a dire «la nostalgia del to-talmente altro»? Sentiamo ancora quel tormento-so rimpianto, così descritto da Agostino d’Ipp o-na: «Hai fatto il nostro cuore per te ed esso è in-quieto finché non riposa in te»? Gli autori sonoconvinti che Dio non si rassegni al nostro silenzioe che anzi voglia che «ci facciamo vivi». La po-stura comune delle nostre vite, però, sembra im-pedirlo: abbiamo perso di vista il senso della ri-correnza, la consuetudine all’ascolto, alla concen-

s t ra t i o , ma trascinare una serie di pareri autorevoli(che va da Recalcati a Genre, passando per BrunoForte, Peyrot, Levi Della Torre e tanti altri) sullostesso argomento, per guardare in faccia un temache, come un tetraedro, ha più vertici e più spigo-li: l’equilibrio precario di un «credere» che sem-bra ridotto a un attivismo senza principi. Gli au-tori ritengono che oggi il credente, costrettocom’è ad un faticoso sforzo di bilanciamento suun inadeguato baricentro di fede, sia obbligato arestare «sulle punte», in un funambolico dondo-lamento a strapiombo sull’incertezza. Non dimen-tichiamo che la Sola fide era per Lutero la causaed il principio materiale della sua Riforma, articu-

trazione, al raccoglimento; è ravvisabile in questaperdita di metodo la sempre più comoda reniten-za a Dio? La domanda sta lì, senza risposta, comedeve essere in un testo che non ha l’arroganza diconfezionare belle sentenze su un tema così am-pio e complesso.

Eppure, Bruno Forte, una delle voci di questosaggio, pare non disperare di questa sospensionenella relazione tra Dio e l’Uomo, facendo affida-mento sulla struttura originaria della creatura edel suo centro spirituale, il cuore. Di questo cuoreForte parla in termini incantevoli: il cuore come«collaboratore di Dio», come parte del corpo «as-setato di senso». Come a dire: non temete, l’uo-mo può esiliare Dio dalla sua vita, ma il suo cuo-re non gli darà pace; sempre, gli ricorderà dovevolgersi per ritrovarlo. È fatto per questo, conbuona pace della sua arroganza.

L’opinione pubblicavaluta più apprezzabileil buon risultato di un’azione socialerispetto alla bontà dei presupposti teologiciche muovono il credenteallo spirito di servizio

di RA F FA E L L A ESPOSITO

Federico è un ragazzo romanodi 26 anni e diverso tempo faha fatto un sogno che lo haportato a ridefinire le suecoordinate verso un destino

che si sta rivelando sempre più stupefa-cente. Ma la sua storia inizia da moltolontano, in anni in cui la solitudine, l’in-sensatezza, il dolore e un forte senso difrustrazione governavano gran parte dellesue giornate. Da bambino, infatti, glivenne diagnosticata una forma severa diautismo che lo condannava a una sortadi “lockdown esistenziale”, ma che so-

oggi ha appena dato alle stampe il suoterzo libro, tiene conferenze, scrive su ri-viste (su internet è facile trovarlo). Fede-rico ha visto un destino possibile e cosìha trasformato la sua diversità da puntodi disfatta in vocazione di vita, senzafuggire da essa e da se stesso.

Il tuo motto di vita ormai noto è «diversa-mente abile e diversamente felice». L’essenzadel tuo messaggio irradia il fascino dellacontentezza che si coglie esserne l’a p p ro d o .D’altra parte questo stesso fascino crea innoi anche un senso di destabilizzazione: comepuò una persona autistica affermare di esserefelice? C’è forse un segreto per la felicità chetu puoi insegnarci visto che noi neurotipicitalvolta sembriamo esserne sguarniti?

Perché una persona autistica dovrebbeessere infelice? Perché la sua mente nonfunziona come la vostra? Ecco il ferocerazzismo insito nel concetto di normalità,un razzismo ancora più pericoloso inquanto inconsapevole. Con i propri com-portamenti di sottile esclusione si costrui-scono campi di sterminio esistenziale peri non normali. Escludere non è omicidio

lo specchio. Molti vorrebbero fuggire daipropri limiti, lavare via i propri errori,cancellare i propri traumi. Questo è ilmodo migliore per averli sempre più ad-dosso tutta la vita. Loro implorano inclu-sione e tu li fuggi? Imploreranno più for-te. Tu accoglili e quando si saranno pla-cati potrai serenamente valutare cosa sipuò fare per loro.

Nonostante la tua giovane età le persone tiriconoscono una non comune saggezza “sulleprofondità dell’umano” che tu scandagli inlungo e largo nei numerosi momenti medita-tivi durante le tue “passeggiate autistiche”,silenziosissime. La tua convinzione è che tut-ti abbiano un drammatico bisogno di silen-zio, sia individuale che relazionale. Eppurea molti il silenzio desta quasi imbarazzo ecosì si rischia di «riempire il mondo dichiacchiere», come affermi. Puoi aiutarci acapire meglio?

Il silenzio è il più potente strumentodi conoscenza dell’universo. Non parlosolo di un silenzio esterno che pure servema soprattutto di un silenzio interioreche è prosciugare il flusso dei propri

pensieri ed emozioni. Questo farsi morticonsente di sperimentare che a morire èsolo un io superficiale, quello che senzaposa rimesta il nulla. Questa morte faspazio e rende possibile l’emergere di unio più profondo, vero, essenziale che nonha bisogno di moto perpetuo per esiste-re. Consiglio vivamente anche il silenziorelazionale. Fare qualcosa insieme, anchesolo una passeggiata, senza parlare, guar-darsi, pensare ma con il cuore concentra-to sul cuore dell’altro. Vedrete che abissoche diventa la relazione.

Racconti spesso del tuo dialogo con Dio, chetu lo immagini a guardare il mondo propriocome fai tu, con il sistema autistico. Puòsembrare un’affermazione singolare e nonesattamente intuitiva. Puoi spiegarci cosaintendi?

Io non ho pretese su Dio come credolui non ne abbia su di me. Semplicemen-te quando sono al culmine del mio silen-zio interiore, nella quiete del nulla di me,mi sovviene di essere al cospetto di Dio.Stiamo insieme così senza dire nulla.Non credo ce ne sia bisogno. Parlare misembra una sconfitta. Se si è in sintoniavera non ce n’è nessun bisogno.

Che progetti hai per il tuo prossimo futuro?

Oh mamma mia, nessuno! I progettisono molto pericolosi. Generano aspet-tative che marciscono in pretese. Io misveglio ogni mattina consapevole cheavrò bisogno di un po’ di dono di meesattamente come di un po’ di acqua edi cibo. Il dono di sé è un bisogno pri-mario. Mi interrogo su ieri per fare me-glio domani. Ho anche dei programmise qualcuno me li chiede e vedo che so-no per il bene. Ma chi è felice ha pro-getti? Secondo me no perché sta benecosì. Sarei folle a sfidare il cielo con unatorre di Babele che sotto sotto è idolatriadel proprio io. Io sono felice anche solodi fare colazione. Mi basta e questo ba-stare è meraviglioso. Non c’è limite aquanto si può perseguire la propria es-senzialità dentro di sé e facendolo la vitadiventa sempre più bella.

Bisogna superare ogni paurae ogni pretesa verso la vitaCosì si diventa capaci di vedereche l’esistenzaè meravigliosa di suoanche se alcuni eventi desideratinon si realizzano

prattutto non lasciava speranze di mi-glioramento. Eppure il grande desideriodi «sfuggire all’incomprensione e strap-pare ogni giorno frammenti di significa-to» (come racconta nel suo libro di esor-dio Quello che non ho mai detto scritto asoli 20 anni) lo ha portato a cercare di ir-rompere nell’indecifrabilità del mondodei “n e u ro t i p i c i ”, fatto di regole e moda-lità difficili da integrare con il suo siste-ma cognitivo: un mondo che era chiaronon si sarebbe mai accorto di lui se nonfosse stato lui stesso a fare il primo pas-so. E di passi Federico ne ha fatti davve-ro tanti.

Negli anni e con grandi sforzi, nono-stante ancora oggi non sappia parlare, hatrovato il modo per comunicare e raccon-tare il mondo dell’autismo dal di dentrocon un essenziale e nitido senso di reali-smo, infrangendo le barriere del pregiu-dizio e dell’invisibilità. «Sono i sogni chefanno la storia» afferma con decisione e

Nel nostro tempo questa arroganza sembra de-stinata a farsi sempre più strada, approfittandodella crescente confusione tra libertà e autodeter-minazione. Baral e Corsani insistono molto suquesto punto: essere liberi significa innanzitutto«accettare di essere liberati», «farsi liberare», enon accanirsi in un’illusione di autosufficienza,che solitamente non sopravvive alla prima sconfit-ta. Per questo più che una «teologia pop», pro-spettano un ritorno alla teologia della croce, auna «teologia del flop», intesa non in senso clas-sicamente «doloristico», ma come un ritornoall’umiltà dell’impotenza, trampolino della fede,che «servirebbe anche a patire, in minor misura,le delusioni».

Al tema del dolore la poetessa Vivian Lamar-que sa fornire tratti leggeri e sapienti in un can-tuccio del libro. Nell’autorevole cantoria della rac-colta rientra anche Massimo Recalcati. La sua tesisi sposa perfettamente con quanto detto finora: lasocietà sta espellendo da sé ogni accento di dram-maticità, così «in tutti i modi cerchiamo di soffo-care l’espressione del dolore». Il drammatico nonè, infatti, soltanto pianto e stridore di denti, mainnesco di rapporti, senso da dare alle azioni quo-tidiane, introspezione e verifica di sé, e tutto que-sto impegna in un corpo a corpo sfibrante e toni-ficante con la realtà, che oggi tendiamo a sostitui-re con l’indifferenza. Indifferenza da cui spiccano,in peggio, solo i fanatici del dogmatismo e del re-lativismo, due barricate da cui Levi Della Torre,in uno splendido capitolo (che rimane il più go-dibile e stimolante del libro), ci mette in guardiaà part égale. «Il primo (...) considera un solo lato,quello del soggetto (...), per cui la realtà è l’inter-pretazione»; così, «l’oggetto è assorbito e si dile-gua nell’interpretazione; lo stesso accade per ildogmatismo, il quale, imponendo all’oggettoun’unica e ortodossa interpretazione, finisce perfarli coincidere e per sostituire l’i n t e r p re t a z i o n eall’oggetto».

Funziona anche qui il vecchio adagio colombia-no: spesso, a buscar el levante, si trova il ponente.Relativismo e dogmatismo sono vicini di casa, an-che se non lo sanno, ma sono entrambi, questo èsicuro, molto, ma molto lontani da Dio.

Giorgio de Chirico, «Melanconia» (1912)

esistenziale dell’altro? Per quan-to riguarda la felicità, il discorsoè molto semplice. Bisogna supe-rare dentro di sé ogni paura eogni pretesa verso la vita. De-porre la propria tirannia verso lapropria vita. Ciò apre l’occhio erende capaci di vedere che l’esi-stenza vita è meravigliosa di suo,anche se alcuni eventi desideratinon si realizzano.

C’è un passaggio nel tuo primo li-bro in cui descrivi l’autismo comeun “t ra u m a ” permanente e scriviche: «Ogni limite che riduce la no-stra capacità di gestire la realtà ciallontana dalla vita e divienequindi un terrore di morte». Pensiche ci sia il modo di “r i a v v i c i n a rs ialla vita” e di convivere con il ter-rore e l’incapacità di accettare e ge-stire il limite, che non riguarda so-lo le persone autistiche ma specifical’essere nel mondo di ogni persona?

Il mio limite non va fuggitoma amato. Il tuo limite sei tu al-

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 27 maggio 2020

OSPEDALE DA CAMPO«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi

è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità.

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia...

Curare le ferite, curare le ferite... E bisogna cominciare dal basso»

Tutto a DioIl gesuita Jean de Brébeuf nel Canada del XVII secolo sconvolto da un’epidemia

In una lettera si preparava all’estremo sacrificio

Verso il martirio

Il martirio di Jean de Brébeuf in un’antica stampa

di DO N AT E L L A CO A L O VA

Fra le tante missioni coraggiosa-mente aperte dai gesuiti findagli inizi della loro storia,

quella del Canada fu tra le più diffi-cili e faticose, per la durezza del cli-ma e delle condizioni di vita, per lalingua incomprensibile degli autoc-toni, per il momento storico segnatodalla spietata “guerra dei castori” frairochesi e uroni e da terribili pesti-lenze. Davanti a una situazione cosìardua, il grande apostolo di questegenti, san Jean de Brébeuf (1593-1649), scriveva nel 1635: «Gesù Cri-sto è la nostra vera grandezza, luisolo e la croce si deve cercare cor-rendo dietro a questi popoli». E inuna lettera inviata al padre generale

regno di Elisabetta. L’esempio diquesti parenti non lasciò indifferenteil giovane Jean, che decise di viverecon radicalità il suo credo. Entratonel noviziato dei gesuiti di Rouen,nella sua umiltà avrebbe voluto di-ventare fratello coadiutore ma i su-periori gli chiesero di proseguire glistudi. Così nel 1622 fu ordinato sa-cerdote a Pontoise. Subito domandòcon vive istanze di essere inviato co-me missionario nella Nuova Francia.Vide realizzato questo ardente desi-derio nell’estate del 1625, quandoraggiunse Québec, dopo un avven-turoso viaggio attraverso l’o ceanodurato più di due mesi. Ponendosi aservizio prima degli algonchini e poidegli uroni volle, come san Paolo,farsi tutto a tutti, condividendo sen-

necessità univa un rigoroso impegnoascetico, con l’uso quotidiano delladisciplina e quello frequente del cili-cio. Intanto studiava con amore i co-stumi degli uroni, arrivando anche aimparare la loro difficilissima lingua.Scrisse la grammatica e un diziona-rio di parole uroni. Inoltre tradussenella lingua degli autoctoni il cate-chismo di padre Ledesma. Ma i con-trasti fra Inghilterra e Francia co-strinsero i superiori a richiamarlo inpatria nel 1629.

A Rouen, in un clima denso dipreghiera, col cuore colmo di amoreper Dio e per la sua missione oltre-oceano, si preparò a pronunciare de-finitivamente gli ultimi voti, il 30gennaio 1630. Durante gli esercizispirituali in preparazione a questoevento, scrisse: «Ho sentito un vivodesiderio di soffrire qualche cosa perGesù Cristo». In un’offerta di fedel-tà a Dio vergata l’anno successivo,ribadiva: «Signore Gesù, firmo que-sta promessa col mio proprio san-gue, disposto a sacrificarlo tutto, vo-lentieri, come volentieri ti sacrificoquesta goccia».

Ritornato finalmente in Canadanel 1633, ribadì la sua appassionatavolontà di sacrificare tutto a Dio,anche la vita, pronunciando in dataimprecisata, fra il 1637 e il 1639, ilvoto di non rifiutare mai la graziadel martirio. «Non vedo nulla di piùfrequente nei suoi scritti — rilevò pa-dre Paul Ragueneau, anch’egli mis-sionario fra gli uroni — che i senti-menti che egli aveva di morire per lagloria di Gesù Cristo […] desideriche gli continuavano per otto o diecigiorni di seguito». Nella NuovaFrancia lo attendeva davvero il mar-tirio. Dapprima fu un martirio mora-le, collegato al diffondersi di unaterribile pestilenza fra la popolazio-ne urone, proprio fra le tribù che pa-dre de Brébeuf amava tanto, fra co-loro a cui, appena tornato dallaFrancia, aveva detto: «Noi vogliamovenire nel vostro paese per viverecon voi e per morirvi. Voi sarete inostri fratelli; d’ora innanzi noi fare-mo parte della vostra nazione». Gliuroni inizialmente furono felici del

ritorno di padre de Brébeuf e lo ac-colsero come un parente. Ma nel1636 scoppiò una malattia epidemicasconosciuta. I primi ad ammalarsifurono i gesuiti. Nella piccola comu-nità di religiosi, rimasero tutti conta-giati, tranne Jean de Brébeuf, che siprodigò in mille modi per curarecon erbe e salassi i confratelli. Losciamano venne a offrire i suoi servi-gi: assicurava di avere il potere di ri-sanare i missionari con delle saune econ l’invocazione degli spiriti. Padrede Brébeuf rispose che riponeva soloin Gesù ogni speranza. Lo sciamanose ne andò via, con l’animo pieno dirisentimento.

I gesuiti guarirono, ma l’epidemiaprese a colpire la popolazione. Imissionari si dedicarono a curare imalati con grande dedizione, battez-zando i moribondi che accettavanodi ricevere il sacramento. Ci furono115 battesimi nel 1636, più di 300 nel1637. Gli autoctoni appendevano da-vanti alle abitazioni maschere tribalidalle fattezze orrende per impauriree allontanare il morbo; gli sciamanifacevano danze propiziatrici. La bel-la stagione sembrò portare un po’ disollievo, ma col ritornare del freddol’epidemia scoppiò più violenta chemai. Il propagarsi del male era favo-rito dalle usanze degli uroni. Essi vi-vevano nelle “lunghe case”, costruitecon pali conficcati nel terreno e rico-perti da corteccia di acero; ogni abi-tazione accoglieva quattro o cinquefamiglie. D’estate gli uroni riposava-no all’aperto, sotto gli alberi, mad’inverno dormivano gli uni vicinoagli altri, stesi su pelli poste per ter-ra, in un ambiente ristretto: questoincrementava il contagio. Nel 1637 lemorti crebbero in modo impressio-nante. Gli stregoni presero a incol-pare i “veste nera” della terribile epi-demia. La gente impaurita non vollepiù avere contatti con i missionari.Alcuni nel vederli fuggivano, altri liinsultavano, minacciando di uccider-li. Padre de Brébeuf, invitato aun’adunanza dei capi, fu di fattomesso sotto processo e accusato diessere un untore che diffondeva ilmorbo con stoffe misteriose. Egli ri-spose senza paura: invitò gli uroni aentrare nella sua povera capanna,prendere ogni stoffa e a gettarla nellago, se così gradivano. Disse di nonconoscere l’origine della malattia;però conosceva il Signore ed era ve-nuto fra gli uroni per diffondere lasua Parola, non per dedicarsi alcommercio delle pelli, con la famedi guadagno di chi faceva il c o u re u rdes bois. Colpiti dal coraggio delmissionario, gli uroni cessarono diaccusarlo. In adunanze successive,però, gli sciamani ebbero il soprav-vento e padre de Brébeuf venne con-dannato a morte. Quando lo seppe,scrisse una lettera d’addio al suo su-periore a Québec, poi continuò sere-namente il suo apostolato. Proprioper la fermezza e l’amore ardentedei missionari, pian piano le perse-cuzioni e le diffidenze cessarono.

All’inizio dell’epidemia gli uronierano 30.000, alla fine solo 12.000.Nel 1641 si erano convertite al cri-stianesimo sessanta persone. Per essede Brébeuf e la comunità dei gesuiticostruirono un villaggio molto similealle re d u c c i o n e s del Paraguay. La vitasi avviava su basi serene, quandogiunse per lui la grazia del martirio,tanto a lungo invocata. Il 16 marzo1649 morì fra torture atroci per ma-no degli irochesi, i tradizionali nemi-ci degli uroni, in un assalto avvenu-to durante la “guerra dei castori”.Dalle lettere di madre Maria dell’In-carnazione Guyart Martin, canoniz-zata nel 2014 da Papa Francesco, co-nosciamo i particolari raccapricciantidel supplizio. Con padre de Brébeufmorì anche un giovane gesuita, sanGabriel Lalemant (1610-1649), af-frontando con pari coraggio gli stes-si tormenti. Entrambi avrebbero po-tuto salvarsi con la fuga, ma preferi-rono lasciarsi catturare per incorag-giare con le loro parole e il loroesempio gli uroni fatti prigionieri.Fra i pochi sopravvissuti vennerotramandate le parole del canto nata-lizio che padre de Brébeuf avevacomposto per loro: si chiama H u ro nc a ro l e ancora oggi viene cantato da-gli amerindi del Canada; un innodolcissimo, come l’amore di Cristoche divampò con tanta forza nelcuore di san Jean de Brébeuf.

Di seguito una traduzione della lettera d’addio inviata dasan Jean de Brébeuf, il 28 ottobre 1637, al suo superiore aQuébec.

Reverendissimo Padre, PA X CHRISTI. Noi siamoforse sul punto di spargere il nostro sangue e disacrificare le nostre vite nel servizio del nostro

buon Maestro, Gesù Cristo. Sembra che la Sua bontàstia per accettare questo sacrificio da me, in espiazionedei miei grandi e innumerevoli peccati e per coronared’ora in poi i servizi passati e i grandi, ardenti desideridi tutti i nostri Padri che sono qui. Ciò che mi fa pen-sare che questo non avverrà è da un lato l’eccesso dellamia passata malvagità che mi rende del tutto indegnodi un così meraviglioso favore e, d’altro lato, il non po-ter pensare che la Sua bontà permetta che siano messia morte i suoi operai, perché, per grazia Sua, ci sonogià delle anime buone che ricevono ardentemente il se-me del Vangelo, nonostante le calunnie e le persecuzio-ni di tutti gli uomini contro di noi. Ma tuttavia io te-mo che la Divina Giustizia, vedendo la testarda persi-stenza della maggior parte degli abitanti nelle loro fol-lie, permetta molto giustamente che venga tolta la vitadel corpo a noi che con tutto il cuore desideriamo eprocuriamo la vita delle loro anime.

Qualunque cosa avvenga, io le assicuro che tutti iPadri aspettano l’esito di tale questione con una gran-de calma e serenità di spirito. E per me posso dire aVostra Reverenza con tutta sincerità che non ho maiavuto finora la minima paura della morte. Ma noi sia-mo tutti addolorati perché queste persone, con la loromalizia, chiudono la porta al Vangelo e alla grazia.Qualunque decisione si prenda e qualunque trattamen-to ci si faccia, noi cercheremo con la grazia del Signoredi sopportarlo pazientemente per il Suo servizio. È unsingolare favore che la Sua bontà ci fa concederci disopportare qualcosa per amor Suo. È proprio ora chenoi sentiamo di appartenere veramente alla Compa-gnia. Che Lui sia sempre benedetto per averci scelti fratanti altri migliori di noi e poi destinati a questo Paese,per aiutarlo a portare la Sua Croce!

In tutte le cose, sia fatta la Sua Santa Volontà. SeLui vuole che in quest’ora moriamo, oh, fortunata que-st’ora per noi! Se vuole serbarci per altre opere, sia be-nedetto. Se Lei saprà che Dio ha coronato le nostre in-significanti fatiche, o piuttosto i nostri desideri, Lo be-

nedica. È solo per Lui che noi desideriamo vivere emorire ed è Lui che ce ne dà la grazia.

Del resto, se qualcuno sopravvive, ho dato gli ordiniper tutto ciò che deve fare. Ho pensato che i nostri Pa-dri e domestici risparmiati si ritirino presso coloro chestimeranno essere i loro migliori amici; ho dato ordineche si porti alla capanna di Pietro, il nostro primo cri-stiano, tutto ciò che riguarda la cappella e soprattuttodi essere particolarmente attenti a mettere il nostro di-zionario e tutto ciò che abbiamo sulla lingua urone inun posto ben sicuro. Per me, se Dio mi fa la grazia diandare in Paradiso, pregherò Dio per il nostro popoloe per i poveri Uroni, e non dimenticherò Vostra Reve-renza. Infine noi supplichiamo Vostra Reverenza e tuttii nostri Padri di non dimenticarci nei loro Santi Sacrifi-ci e nelle loro preghiere, perché in vita e dopo la morteDio ci usi misericordia.

Siamo tutti, per la vita e per l’eternità, gli umilissimie affezionatissimi servi di Vostra Reverenza in nostroS i g n o re .

Jean de BrébeufF. Joseph Le Mercier

Pierre ChastellainCharles GarnierPaul Ragueneau

28 ottobre 1637

Ho lasciato nella residenza di San Giuseppe i PadriPierre Pijart e Isaac Jogues nelle medesime disposizio-ni di animo.

l’anno successivo, nel manifestargli ildesiderio di poter ricevere l’aiuto dialtri missionari, sottolineava che essipiù di tutto avrebbero dovuto posse-dere «una dolcezza inalterabile euna pazienza a tutta prova. Non ècon la forza né con l’autorità chepossiamo sperare di vincere per ilSignore questi cuori».

Nato il 25 marzo 1593 nel castelloavito di Condé-sur-Vire, Jean era ilfiglio primogenito di Marie le Dra-gon e di Gilles II de Brébeuf, unafamiglia normanna di antica nobiltàche nel suo albero genealogico con-tava alcuni confessori della fede nel-le persecuzioni avvenute sotto Enri-co VIII d’Inghilterra e poi durante il

za sconti la dura esistenza di questepopolazioni, in ogni aspetto: i pove-ri pasti, il riposo sulla nuda terra osu una vecchia pelle piena di pulci,le faticose battute di caccia, i rischio-si viaggi su canoe che dovevano es-sere portate a spalla in prossimitàdelle rapide. Le belle maniere impa-rate da bambino nel castello paternosembravano diventare inutili; qui bi-sognava saper fronteggiare l’a s p re z z adel quotidiano. E padre Jean piegòle spalle sotto carichi pesanti, colbreviario legato al collo, i piedi san-guinanti, le vesti strappate nelle lun-ghe marce attraverso le impenetrabiliforeste del Canada. A queste fatichee ai frequenti digiuni causati dalla

Il Centro Padre Nostro a Palermo e l’attenzione ai detenuti

Porta apertaalla rinascita

di SI LV I A CAMISASCA

Mai come negli ultimi duemesi abbiamo sentito fortel’esigenza di “restare a ca-

sa”: nella situazione di emergenza,dovuta alla pandemia che ha cosìduramente colpito le nostre comu-nità, l’invito, la disposizione, l’im-pegno a “restare a casa” puntano,inevitabilmente, i riflettori su pia-ghe e contraddizioni sociali, già no-te, palesemente stridenti con la ne-cessità di dover stare nelle proprieabitazioni. Vale per i senzatetto,che un’abitazione non l’hanno. Valeper tanti detenuti, costretti, a causadel sovraffollamento carcerario, acondividere spazi in condizioni ailimiti della sopravvivenza. Contrad-dizioni queste che la pandemia hafatto riesplodere in tutto il mondo,riportando alla luce un’altra emer-genza, da tempo inevasa, legata aquale casa possano fare ritorno letante persone detenute con penanon superiore ai diciotto mesi,quando, oltre a non disporre di undomicilio effettivo, vivono gravi si-tuazioni di indigenza economica,socio-familiare e culturale.

I dati forniti dal ministero dellaGiustizia, aggiornati allo scorsomarzo, parlano di una popolazionecarceraria di 61.230 persone, di cui19.889 stranieri, 2.072 donne, quasiun terzo in attesa di giudizio. Afronte di tali numeri e in considera-zione di una capienza regolamenta-re pari a 50.931 posti, emerge l’am-piezza del fenomeno, non soloquantitativamente, ma in quanto in-dicativo del degrado “ambientale”di tante realtà “di frontiera” coin-volte. In una delle realtà più espo-ste — il quartiere di Brancaccio aPalermo — opera da ventisette anniil Centro Padre Nostro, fondato dalbeato Giuseppe Puglisi, la cui mis-sione ruota proprio attorno al mon-do penitenziario, con particolare at-tenzione ai temi del compimentodella pena e del recupero e reinseri-mento sociale dei soggetti che han-no commesso dei reati e scontato ladetenzione. Qui prendersi cura efarsi carico di chi ha un trascorsoparticolarmente difficile è il compi-to ereditato direttamente da padrePuglisi, il cui messaggio è stato la-sciato scritto nella lettera ai detenu-ti del carcere Ucciardone di Paler-mo, assunto come linea program-matica tesa a indirizzarne l’op eratodel centro.

«Abbiamo voluto esprimere lanostra esperienza trentennale nel re-cupero dei detenuti, oltre che con-cretamente nell’azione quotidiana,da un punto di vista normativo,presentando al ministero della Giu-stizia il decreto legge “Certezza delrecup ero”, teso ad accendere i riflet-tori sul fondamentale aspetto delrecupero degli ex detenuti, spessotaciuto rispetto al tema della certez-za della pena, che è l’accezione piùcomune in relazione alla questionedelle carceri», sottolinea MaurizioArtale, responsabile del Centro Pa-dre Nostro. Tali dimensioni trovanoaccoglienza in veri e propri spazi incui si coniuga evangelizzazione, so-stegno e promozione della persona.Su questi presupposti da oltre dueanni si regge l’opera della Casa delfigliol prodigo, contrassegnata dalsimbolo del Giubileo della miseri-cordia e dislocata al piano terra delcentro, riservato al servizio di acco-glienza e alle attività dei detenutisenza dimora, che già possono usu-fruire dei permessi premio. «Pur es-sendo uno spazio limitato, destina-to al più all’ospitalità di due dete-nuti, intendiamo rispondere metafo-ricamente alla parabola del figliolprodigo di ritorno alla casa del Pa-dre, trasmettendo, con un piccologesto, il nostro spirito di vicinanzae condivisione», racconta Artale.

Ispirandosi a questa esperienza,proprio sull’immagine del dipintodi Rembrandt raffigurante il ritornodel figliol prodigo alla casa delleorigini, il Centro di accoglienza Pa-dre Nostro, insieme all’arcidio cesidi Palermo apre, oggi, in questadifficile fase, le porte della secondaCasa del figliol prodigo: un immo-bile di proprietà della stessa dioce-si, nel cuore di un’altra periferia

esistenziale della città di Palermo.Qui, il centro e la diocesi, insiemealla Fondazione Giovanni Paolo IIe al Circolo Acli padre Pino Pugli-si, accoglieranno dieci persone sen-za fissa dimora in misura alternati-va. Un progetto, già pianificatonell’ottica della missione, ma chetrova pieno compimento sotto laspinta della straordinarietà deglieventi: «In questo momento, con-tribuire a ridurre il numero di per-sone ristrette in carcere rappresentaun atto di cura e salvaguardia delladignità dell’essere umano», sottoli-nea Artale. In seguito alle esigenzedovute all’emergenza sanitaria, isenza dimora ai quali il centro,sempre a fianco della diocesi, dellaFondazione Giovanni Paolo II e delCircolo Acli padre Pino Puglisi, of-friranno ospitalità, saranno indivi-duati dall’Ufficio interdistrettualedi esecuzione penale esterna per laSicilia, e, a costoro, verrà garantitonon soltanto un alloggio ma ancheun Progetto di inclusione sociale.«La Casa del figliol prodigo 2 nonè solo una struttura abitativa, unbene immobile che funge come al-loggio: vogliamo piuttosto crearel’occasione per un cammino di rina-scita», racconta il direttore, descri-vendo come è stato organizzato ilpercorso di recupero: «Per costruirecon gli ospiti un vero e proprioprogetto di vita, abbiamo elaboratospecifici programmi educativi diconcerto con assistenti sociali, psi-cologi, educatori, tutor, mediatoriculturali, consulenti legali, nonchéin stretta sinergia con il personaledegli istituti penitenziari e degliUffici di esecuzione penale ester-na». In tale ambito sono previstemolteplici attività, pensate in fun-zione della specifica situazione delsingolo individuo: azioni di accom-pagnamento per la presentazione efruizione delle misure a sostegnodel reddito, come di accompagna-mento educativo e sociale alla vitaautonoma durante la residenzialità.

Gli ospiti sono pienamente coin-volti nella scelta dei servizi di cuiusufruire, siano essi inerenti a edu-cazione, istruzione e formazioneprofessionale, siano essi volti all’in-serimento o al reinserimento nelmercato del lavoro, compatibilmen-te con le disposizioni governativedovute all’emergenza sanitaria e so-ciale data dall’epidemia di codiv-19.La strategia d’intervento poggia sulsostegno di una fitta rete che, neglianni, il centro, e gli enti che colla-borano a questo progetto, hannotessuto e consolidato formalmente(attraverso accordi, convenzioni,protocolli), a livello locale e nazio-nale: ciò nella consapevolezza chenon sia possibile una vera presa incarico dei soggetti in esecuzione pe-nale se non attraverso un’integra-zione tra istituzioni, soggetti privatie le migliori risorse della comunità.

Non si tratta, dunque, solo diuna risposta all’emergenza del mo-mento, e neppure solo dell’ospitali-tà garantita a dieci persone senzafissa dimora in regime di detenzio-ne domiciliare: «Vogliamo dare unabuona notizia di misericordia, cheracconta la parabola di una portache si apre alla vita, alla rinascita,per ricordare a tutti noi che il Pa-dre ama ogni suo figlio e ognunoha il proprio unico posto alla suamensa», conclude Artale.

†I Superiori e gli Officiali della Con-gregazione per le Chiese Orientali so-no vicini al Signor Mario Coderoni eai Familiari, per la morte della madre

Signora

MARIA LUISAche affidano al Signore Risorto eall’intercessione di Santa Rita, con fer-vida preghiera di suffragio, invocandoper lei il riposo eterno e il dono dellaconsolazione che nasce dalla fede pertutti coloro che piangono la sua scom-parsa.

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L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 27 maggio 2020 pagina 7

La denuncia della fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre

In Pakistan cristiani discriminatianche nell’emergenza sanitaria

LAHORE, 26. «C’è bisogno di cam-biare il nostro stile di vita e il no-stro approccio con l’ambiente. Ed ènecessario mobilitare le comunità,dotarle delle conoscenze e dellecompetenze necessarie per affronta-re il cambiamento climatico»: èquanto ha detto il direttore dellaCaritas Pakistan, Amjad Gulzar, inoccasione del lancio del progetto«Pianta un albero, pianta una spe-ranza», avviato nell’ottica dell’enci-clica di Papa Francesco Laudato si’.

«Il Pakistan — riporta il sito webdella Caritas Internationalis — è ilquinto Paese al mondo più colpitodai cambiamenti climatici. La na-zione contribuisce con meno dell’1per cento ai gas serra del pianeta,responsabili del riscaldamento glo-bale; eppure i suoi oltre duecentomilioni di abitanti sono tra le vitti-me più vulnerabili delle crescenticonseguenze del cambiamento cli-matico». Infatti, monsoni devastan-ti, temperature elevate, siccità einondazioni «portano a una ridu-zione progressiva della produttivitàagricola, mentre le zone costieresono minacciate da progetti di in-nalzamento del livello del mare edi aumento dei cicloni». Non solo.Secondo alcuni studi, Lahore e Ka-rachi sono tra le dieci città più in-quinate al mondo in termini diqualità dell’aria. Circa 21 milioni dipersone in tutto il territorio (il 10per cento della popolazione nazio-nale) non hanno accesso all’acquapotabile. Dati del Pakistan Councilof Research in Water Resourcesprevedono che entro il 2025 nelPaese scarseggeranno le fonti idri-che.

Per questa ragione, la Caritas lo-cale ha mobilitato scuole, ordini re-ligiosi e associazioni nel suo pro-getto: oltre un milione gli alberipiantati in 36 distretti del Paese,

grazie all’iniziativa avviata nel 2016e conclusasi a novembre 2019 de-nominata «One Million Tree Plan-tation Campaign». In quell’o cca-sione ad interrare il primo albero, èstato il cardinale Joseph Coutts, ar-civescovo di Karachi e presidentedella Caritas pachistana, che quat-tro anni fa ha piantato «un umileulivo a Lahore, gettando così le ba-si della speranza per le generazionifuture». Tutte e sette le diocesi delPaese (Karachi, Hyderabad, Mul-tan, Faisalabad, Lahore, Islama-bad-Rawalpindi e Quetta) lavoranoper proteggere l’ambiente, in colla-borazione con gli uffici governativinei rispettivi territori.

«Gli alberi sono di vitale impor-tanza per il nostro ecosistema — silegge ancora sul sito di Caritas In-terationalis — forniscono ossigeno,immagazzinano carbonio, aiutano aconservare il suolo e l’acqua, pre-vengono la desertificazione e i di-sastri naturali come le frane. Il rim-boschimento è uno strumento dimitigazione vitale per combattere ilcambiamento climatico».

Il successo del progetto è statotalmente grande, che la Caritas lo-cale ha deciso di rilanciarlo per unnuovo ciclo, dal 2020 al 2023.«L’iniziativa ha creato un impulsopositivo, non possiamo perderlo —spiega ancora il direttore Gulzar —ci ha dato la possibilità di promuo-vere uno stile di vita “v e rd e ”. Equesti piccoli passi avranno ungrande impatto sulla nostra casacomune» perché ciò che è statopiantato nei giorni scorsi «andrà anostro vantaggio domani». Nonsolo: questo programma ecologicoè importante anche «per la promo-zione del dialogo interreligioso —conclude Gulzar — perché aiuta adavvicinare le diverse comunità».

A Lahore un progetto sulla scia della «Laudato si’»

Pianta un alberopianta una speranza

Caritas Filippine rilancia l’impegno a favore del rispetto dell’ambiente

Comunità più verdidi CHARLES DE PECHPEYROU

Una guida da distribuire allecomunità locali con l’obietti-vo di promuovere «azioni

concrete» sotto il profilo «ecologi-co», un programma della durata diun anno chiamato «iniziative verdi»per garantire fra l’altro la sicurezzaalimentare nelle comunità una voltaconclusa l’emergenza coronavirus:sono alcune delle iniziative avviatein questi giorni dalla Caritas Filippi-ne, in occasione del quinto anniver-sario dell’enciclica Laudato si’ di Pa-pa Francesco sulla cura della casacomune. Per il responsabile dell’or-ganizzazione, monsignor José ColinM. Bagaforo, vescovo di Kidapa-wan, queste riflessioni promosse dal-la Chiesa non sono solo un’evo ca-zione del documento pontificio, maservono anche ad «articolarne i ri-sultati e le sfide». D’altronde, prose-gue il presule, sembra ormai acquisi-to che la diffusione delle malattie in-fettive, come l’attuale pandemia dicovid-19, sia «legata in modo strettoalla distruzione dell’habitat nei no-stri ecosistemi».

Nel presentare la nuova guida, ilvescovo di Kidapawan spiega che ilvolume ha come scopo quello diaiutare i lettori a esaminare la di-mensione personale, di leadership ecomunitaria «testimoniando l’imp or-tanza delle nostre preoccupazioni intema ambientale». Don Edwin Gari-guez, segretario esecutivo di CaritasFilippine, aggiunge che la pubblica-zione aiuterà «a guardare a noi stes-si» e valutare «se stiamo contribuen-do o meno» alla soluzione del pro-blema. Il libretto, prosegue, è unpromemoria per le comunità delle«piccole cose che possiamo fare»per salvare l’ambiente e promuovere«attività che favoriscano la consape-volezza ecologica».

Nell’introduzione della nuova gui-da, intitolata «Rendere le nostre co-munità più verdi», la Caritas Filippi-ne — chiamata anche Servizio nazio-nale per l’azione sociale (Nassa) —ribadisce che «l’enciclica Laudato si’incoraggia le singole persone, le co-munità e le istituzioni a parteciparealla conversione ecologica. Per com-battere la crisi ecologica globale chestiamo vivendo, è necessario lasciarcitrasformare, dare un contributo rile-vante come comunità, come Chiesa,come organizzazione, in modo taleche tutti possano offrire soluzioni».«Le nostre comunità dovrebberoprendere parte a un’azione globaleper proteggere il pianeta — si leggeancora — la risposta alla sfida pre-sentata da Papa Francesco inizia conpiccole azioni efficaci che trasforma-no ognuno di noi, ma riguarda an-che azioni sostenibili su vasta scalache incidono sull’umanità intera».In concreto, le “azioni ecologiche”proposte consistono nell’evitare l’usodi plastica e carta, ridurre il consu-mo di acqua, favorire la raccolta dif-ferenziata, cucinare solo ciò che puòessere ragionevolmente consumato ecombattere efficacemente lo sprecoalimentare, avere cura per gli altriesseri viventi, utilizzare i mezzi pub-blici o praticare il covetturaggio,piantare alberi, spegnere la lucequando non è necessaria e riciclare ilpiù possibile. «Con queste “azioniecologiche” — assicura l’o rg a n i z z a -zione caritativa — potremo diventare“eco-comunità”, “eco-parro cchie”, o“eco-scuole” e adottare un “eco-mi-n i s t e ro ” nelle nostre organizzazioni,comunità o congregazioni». «Faccia-mo in modo che tutte queste “azioniv e rd i ” diventino parte della nostravita quotidiana e si diffondano nellenostre comunità», auspica la Caritas,ricordando che Papa Francesco «haimmaginato un mondo pulito, nonun mondo di “sp orcizia” ma un

mondo ecologicamente vivibile e so-stenibile».

La seconda iniziativa di rilievodella Caritas in ambito ecologico, siè detto, è la campagna «iniziativeverdi», che anch’essa «intende inten-sificare le azioni a favore dell’am-biente in vista di proteggere la no-stra casa comune attraverso la parte-cipazione delle diverse diocesi, par-rocchie, comunità e partner online».

«Ispirata dallo spirito e dai princi-pi dell’enciclica del Papa e della let-tera pastorale della Conferenza deivescovi delle Filippine sulla conver-sione ecologica e l’emergenza clima-

tica» del 2019, la Caritas si impegna«a concentrare le azioni della cam-pagna ambientale per il 2020 pro-muovendo tre settori nei quali daanni si prodiga con slancio in colla-borazione con l’insieme delle altreistituzioni cattoliche».

Il primo settore riguarda la sicu-rezza alimentare. In ogni diocesi delPaese i cattolici sono invitati a crearee dedicarsi alla cura degli orti nelleparrocchie, nelle comunità e in ognifamiglia privilegiando la tecnologiabiologica integrata dell’agricoltura.Questo «per garantire che il ciboprodotto in casa contenga valori nu-tritivi». Inizialmente la parrocchiapuò semplicemente predisporre unorto alimentare come fonte d’ispira-zione per le comunità. Questa ini-

ziativa di agricoltura comunitariapuò essere realizzata in collaborazio-ne con alcune agenzie governativeche forniscono servizi agricoli, comesemi di ortaggi, strumenti e assisten-za tecnica. La Caritas Filippine assi-cura che «contribuirà grazie ai pro-getti già esistenti in corso di attua-zione alla promozione dell’agricoltu-ra biologica nelle diocesi». Per ga-rantire il monitoraggio e la condivi-sione creativa dei migliori esempi direalizzazione sulla piattaforma deisocial media, verrà creata una paginaFacebook dedicata.

In secondo luogo, in previsionedell’intensificazione delle pressioniper l’approvazione del disegno dilegge sulla tutela dell’ambiente pre-sentato al Senato e alla Camera deirappresentanti, le diocesi, attraversoi rispettivi centri di azione sociale,sono incoraggiate a sollecitare que-sto sostegno inviando una lettera inquesto senso ai loro rappresentanti esenatori distrettuali affinché votino afavore dell’approvazione di questoprogetto di legge nelle Filippine eper far sì che la delibera intervengarapidamente. Le comunità possonoanche fare pressioni sulle ordinanzee le politiche locali a sostegno dellacura dell’ambiente e per garantirnel’attuazione. Sono previsti il monito-raggio e la condivisione creativa del-le migliori attuazioni sui social me-dia.

L’ultimo aspetto riguarda infinegli investimenti verso le energie puli-te e rinnovabili. Ispirandosi anchealla lettera pastorale dei vescovi fi-lippini, dal titolo «Un appello ur-gente per la conversione ecologica —Speranza di fronte all’emergenza cli-matica», in cui suggerivano che «lerisorse finanziarie delle istituzionicattoliche non dovessero più servirea finanziare industrie inquinanti co-me le centrali elettriche a carbone, lesocietà minerarie e altre industrie di-struttive ed estrattive», la Caritas ri-badisce quanto «è necessario inco-raggiare la cessione di tali titoli». Lanuova campagna invita quindi lediocesi e le istituzioni cattoliche a«sostenere gli sforzi per affidare l’in-sieme dei loro fondi alle istituzioniche investono in energia pulita e rin-novabile».

Nomine episcopali

PER LA CURA DELLA CASA COMUNE

ISLAMABAD, 26. «È inaccettabileche cittadini del Pakistan, a causadella propria confessione religiosa,non ricevano aiuti essenziali per lasopravvivenza in tempi di pande-mia»: è quanto dichiara a «L’O s-servatore Romano» il direttore dellasezione italiana della fondazione didiritto pontificio, Aiuto alla Chiesache soffre (Acs), Alessandro Monte-duro, in merito alla notizia diffusadalla Commissione nazionale per lagiustizia e la pace del Pakistan, do-ve spesso i cristiani e le altre mino-ranze religiose non usufruiscono diaiuti, di beni alimentari e di primanecessità e sono tra quanti stannosoffrendo di più a causa dell’emer-genza coronavirus. Secondo il re-sponsabile di Acs Italia, «il Paki-stan deve liberarsi dall’influenza deigruppi estremisti e porre fine allasistematica oppressione delle mino-ranze religiose anzitutto perché èdoveroso. Lo deve fare nell’i n t e re s s edell’intero Paese».

I cristiani e le altre minoranze re-ligiose del Pakistan sono le catego-rie più disagiate. Prima della pan-demia molti vivevano di salari gior-nalieri e di lavori saltuari e, in se-guito al blocco delle attività, nonhanno più il necessario per vivere.«Questa grande nazione, con due-cento milioni di abitanti — spiegaAlessandro Monteduro — deve in-fatti fare ancora i conti con proble-mi strutturali, fra i quali gli insuffi-cienti investimenti in istruzione, as-sistenza sanitaria e igiene pubblica,non solo in tempi di covid-19. Lastoria dimostra la straordinaria crea-tività delle comunità cristiane inquesti settori, per cui è poco lungi-mirante, se non addirittura autole-sionistico, privarsi del loro preziosocontributo in una fase storica cosìdelicata».

Nei giorni scorsi, Cecil ShaneChaudhry, direttore esecutivo dellaCommissione nazionale per la giu-stizia e la pace, ente cattolico per idiritti umani, ha riferito ad Acs diorganizzazioni religiose e moscheeche escludono i cristiani nella di-stribuzione di cibo e kit d’e m e rg e n -za. Per questa ragione, Chaudhryha invitato il governo pachistano afornire mascherine, guanti e altri di-

spositivi di protezione ad operatorisanitari e lavoratori domestici, moltidei quali sono cristiani, e ha lancia-to l’allarme di un probabile piccodi casi di covid-19 proprio fra cri-stiani e altre minoranze che svolgo-no i lavori più a rischio nel Paeseasiatico. «Il covid-19 non conosceconfini: tutti sono a rischio, indi-pendentemente dalla loro religione— afferma il direttore esecutivo del-la Commissione nazionale per lagiustizia e la pace — quindi comepuò essere giusto negare cibo e altriaiuti d’emergenza ai cristiani e allealtre minoranze, specialmente quan-do sono tra quelli che soffrono dipiù». Nel Paese gli aiuti continua-no ad essere spesso negati ai nonmusulmani.

Secondo gli ultimi rapporti dellaJohn Hopkins University, i casiconfermati di coronavirus sono ol-tre cinquantunomila, e i morti sonooltre un migliaio, anche se, secondoChaudhry, molti casi non sarebberostati segnalati. Anche per la man-canza di tamponi. L’attivista catto-lico chiede al governo di Islambaddi analizzare meglio i dati per indi-

rizzare gli aiuti ai più vulnerabili esostiene che al momento non si co-noscono iniziative per far fronte aibisogni delle minoranze religiosenel Paese.

Anche secondo un altro attivistacattolico pachistano, Anjum JamesPaul, presidente della Pakistan Mi-norities Teachers’ Association, quel-lo che si sta registrando nel Paese«è una pratica scandalosa e allar-mante, che va fermata sul nascere.Ci sono alcune persone — ha sotto-lineato — che stanno sfruttando ilblocco dovuto al covid-19 e la di-sperazione creatasi in tante personeindigenti, per indurre una conver-sione religiosa all’islam, operandoun ricatto: se vuoi il cibo, diventamusulmano». Si tratta di un ricattobello e buono che molte organizza-zioni cattoliche stanno cercando diimpedire. Anche Aiuto alla Chiesache soffre è scesa in campo dandovita, nei giorni scorsi, ad un pro-gramma di aiuti di cinque milionidi euro per sostenere, nell’e m e rg e n -za coronavirus, il lavoro delle Chie-se locali in tutto il mondo. (f ra n c e -sco ricupero)

Le nomine di oggi riguardano laChiesa in Australia, in Cile e in Ro-mania.

Mark Stuart Edwardsvescovo di Wagga Wagga

(Australia)

Nato a Balikpapan, nell’a rc i d i o -cesi di Samarinda in Indonesia, il14 giugno 1959, si è trasferito nel1962 in Australia. Dopo aver fre-quentato la Saint Leonard’s Prima-ry School a Glen Waverley e il Ma-zenod College di Mulgrave, ha ot-tenuto il baccellierato in scienzepresso la Monash University diMelbourne. Nel 1980 è entrato nelnoviziato dei missionari oblati diMaria Immacolata (Omi) e hacompiuto gli studi ecclesiastici alCatholic Theological College diMelbourne e al Melbourne Collegeof Divinity. È stato ordinato sacer-dote nel 1986 a Melbourne. Dopol’ordinazione sacerdotale ha prose-guito la sua formazione presso laMonash University di Melbourne,conseguendo il dottorato in filoso-fia e il baccellierato in lettere e ineducazione. Nella sua congregazio-ne religiosa ha ricoperto gli incari-chi di professore al Mazenod Colle-ge di Mulgrave (1986-1989); vice-rettore dello Iona College di Bri-sbane (1990-1997); maestro degliaspiranti (1998-2004) e poi dei no-vizi (2004-2007) al Saint Mary’s Se-minary di Mulgrave; professore alCatholic Theological College diMelbourne (2005-2010); responsabi-le degli scolastici al Saint Mary’sSeminary di Mulgrave (2007-2010);rettore dello Iona College di Lin-dum, Brisbane (2010-2014). Neglianni 2001, 2004, 2007 e 2011 è statoeletto consigliere della provincia au-straliana dei missionari oblati. No-minato ausiliare dell’arcidiocesi diMelbourne e al contempo vescovotitolare di Garba il 7 novembre2014, ha ricevuto l’ordinazione il 17

dicembre successivo. Nella Confe-renza episcopale dell’Australia èmembro del comitato per l’educa-zione cattolica.

Gonzalo ArturoBravo Salazar, vescovo

di San Felipe (Cile)

Nato a Valparaíso il 30 dicembre1962, prima di entrare in seminarioha ottenuto presso la locale Univer-sità tecnica Federico Santa María lalicenza in “Ciencias Básicas de laIngeniería” e il titolo di ingegnerecivile. Ha compiuto gli studi filoso-fici e teologici presso il seminariomaggiore San Rafael di Valparaísoe ha conseguito il baccalaureato inteologia presso la Pontificia univer-sità cattolica della stessa città, e lalicenza e il dottorato in teologia bi-blica presso la Pontificia universitàGregoriana a Roma. Ordinato sa-cerdote il 12 ottobre 1997, è stato vi-cario parrocchiale di Nuestra Seño-ra de los Dolores a Viña del Mar,amministratore della parrocchia Je-sús Buen Pastor a Valparaíso, pro-fessore nella locale Pontificia uni-versità cattolica, vicario diocesanoper gli affari economici. Dal 2008 èparroco di El Salvador del Mundoa La Matriz e dal 2019 decano dellaFacoltà ecclesiastica di teologia del-la Pontificia università cattolica diVa l p a r a í s o .

Julio EstebanLarrondo Yáñez, ausiliare

di Santiago de Chile (Cile)

Nato a Santiago del Cile il 23agosto 1959, ha compiuto gli studifilosofici e teologici presso il semi-nario maggiore dell’arcidiocesi dellacapitale. Ha ricevuto l’o rd i n a z i o n esacerdotale il 12 dicembre 1992, ed èstato vicario parrocchiale di SanGabriel, decano del decanato “O bi-spo Enrique Alvear”, parroco di

San Gabriel, formatore del Pontifi-cio seminario maggiore di Santiago,parroco di Jesús de Nazareth, deca-no del decanato “Alberto Hurta-do”, membro dell’équipe della vica-ria per il clero, parroco di San LuisBertrán e, dal 2020, di Nuestra Se-ñora de Lourdes e Vicario episcopa-le della zona sud di Santiago.

László Kerekesausiliare di Alba Iulia

(Romania)

Nato il 23 luglio 1968 a Ghelinţa(Gelence), nell’arcidiocesi di AlbaIulia, dal 1984 al 1986 ha studiatopresso la Scuola dei cantori (semi-nario minore arcidiocesano). Tra il1986 e il 1987 ha compiuto il servi-zio militare e dal 1987 al 1990 ha se-guito gli studi presso l’Istituto teo-logico romano cattolico di Alba Iu-lia; dal 1990 al 1992 ha continuatola formazione presso l’Accademiateologica e il seminario centrale diBudapest in Ungheria. Ordinatosacerdote il 16 maggio 1993 nellasua parrocchia di origine a Ghelinţadall’allora ausiliare di Alba Iulia,monsignor Jakubinyi, nel 1994 haottenuto la licenza in diritto cano-nico, e poi, nel 2004, dopo quattroanni di studi, il dottorato all’Uni-versità cattolica Saint Paul a Otta-wa in Canada, collaborando con-temporaneamente con la parrocchiadi Sant’Ignazio di Antiochia per ifedeli di lingua ungherese. Dal 1994al 2000 ha compiuto alcune man-sioni pastorali come prefetto di di-sciplina, essendo al contempo pro-fessore di diritto canonico e di reto-rica (omiletica) presso il seminariomaggiore di Alba Iulia e anche uffi-ciale presso il tribunale ecclesiasticoper il matrimonio. Dal 2004 è par-roco della parrocchia Beato Euse-bio di Târgu Secuiesc. Inoltre èmembro del consiglio presbiterale edel tribunale ecclesiastico di AlbaIulia.

Page 8: Le minacce globali esigono una nuova solidarietà...to Santo. Una conoscenza priva d’amore non viene da lui», insegna Ratzinger, che individua un segnale che forse non ci aspetteremmo

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 27 maggio 2020

Il «Tempo del creato» si celebra tra settembre e ottobre prossimi

Cristiani uniti per proteggere il pianetae chi lo abita

Il sostituto della Segreteria di Stato ad Assisi nel terzo anniversario dell’istituzione del santuario

La spogliazione di Francescomodello di conversione

Sant’Agostino di Canterbury

L’apostolo dell’Inghilterra

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Procura Generale dell’Oratorio di San Filippo Neri

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di JEAN-BAPTISTE SOUROU

«C on la mia visita vorreiportarvi in questo tempotravagliato la benedizio-

ne e l’incoraggiamento del Papa, conl’augurio di “pace e bene” tipico delSerafico padre Francesco». Con que-

corso di vita orizzontale, legato allerealtà terrene, per iniziare quello ver-ticale, proteso alle realtà celesti».

«Qui — ha proseguito — si è spo-gliato di ciò che passa per abbraccia-re quello che resta», ha affermato ilsostituto, aggiungendo che il santua-rio «ci ricorda che non si può fareposto pienamente al Signore senzaspogliarsi di qualcosa: occorre to-gliere i nostri abiti interiori vecchiper rivestirci della sua novità».

«Questo tempo — ha detto monsi-gnor Peña Parra in conclusione — ciha spogliato di tante certezze, pri-vando molti di beni anche essenziali.E ciò è sicuramente un male. Tutta-via, le situazioni inferte dalla vitapossono avere un ruolo nel cammi-no. Ci ricordano che la vita non vasprecata, inseguendo cose che ora cisono e domani svaniscono. Ci ricor-dano che, per quanto ci affanniamo,la vita, cui non possiamo aggiungereun solo istante, non è nelle nostremani».

Nel saluto iniziale, l’a rc i v e s c o v oSorrentino aveva evidenziato come ilsantuario della Spogliazione, «ulti-ma perla di Assisi», sia «in qualchemodo la più originaria. Qui — hachiarito — otto secoli fa Francesco si-gillò il suo cammino di conversione.L’icona della spogliazione porta in-sieme due cardini della sua spiritua-lità: la radicalità evangelica e l’eccle-sialità». Monsignor Sorrentino hainoltre ricordato che il santuario èoggi impreziosito dalla tomba delvenerabile Carlo Acutis — di cui è incorso la causa di beatificazione —«testimone di santità giovanilenell’epoca digitale», e ha rivolto unpensiero speciale a Papa Francescoricordando il quinto anniversariodell’enciclica Laudato si’ sulla curadella casa comune.

nato in terra. Ecco il senso del suoandare in Cielo. Non è per lui, è pernoi. È un andare lontano da noi perassicurarci che potremo stare sempreinsieme a lui».

Rifacendosi poi all’insegnamentodi Papa Francesco, l’arcivescovo Pe-ña Parra ha sottolineato che con l'A-

«Mentre il mondo vive una profon-da incertezza e sofferenza nel mez-zo di un’emergenza globale, siamochiamati a riconoscere che per avereuna risposta veramente sana biso-gna capire che “tutto è connesso” ericostruire i legami che abbiamospezzato». Con un forte richiamoalla drammatica attualità del coro-navirus che sta colpendo uomini edonne a ogni latitudine del pianeta,il Dicastero per il servizio dello svi-luppo umano integrale (Dssui) invi-ta tutti i cattolici a partecipare atti-vamente alla prossima edizione del«Tempo del creato»: la celebrazioneecumenica annuale di preghiera eazione che, dal 1° settembre al 4 ot-tobre, coinvolge cristiani di ogniconfessione per proteggere il piane-ta e chi lo abita.

In particolare in questo 2020l’iniziativa si inserisce nell’ambitodell’Anno speciale Laudato si’, aper-tosi — sempre su impulso del dica-stero — domenica 24 maggio, nelquinquennale dell’enciclica di PapaFrancesco sulla cura della casa co-mune. È stato il segretario del dica-stero, monsignor Bruno-Marie Duf-fé, con una lettera indirizzata a tuttii cattolici proprio il 24 e diffusa suimedia lunedì 25, a spiegarne moti-vazioni e obiettivi. Il prelato hapreso spunto dalle parole pronun-

ciate dal Pontefice nell’udienza ge-nerale del 22 aprile, in occasionedella cinquantesima Giornata mon-diale della terra, in cui esortava auna comune consapevolezza eun’operosità condivisa: «come latragica pandemia» di covid-19 «cista dimostrando, soltanto insieme efacendoci carico dei più fragili pos-siamo vincere le sfide globali». Ec-co allora l’esortazione del segretariodel Dssui a unirsi alla celebrazionesignificativamente compresa tra laGiornata mondiale di preghiera perla cura del creato (1° settembre) e lafesta di san Francesco d’Assisi (4o t t o b re ) .

È tempo — scrive monsignorDuffé ricordando quanto PapaFrancesco disse in occasione dellascorsa edizione — di «intraprendereazioni profetiche», di fare «sceltecoraggiose», di «orientare il pianetaverso la vita anziché incontro allamorte». Un messaggio questo, ag-giunge il prelato, che richiede di«occuparci di ciò che sta mettendoa dura prova i più vulnerabili tranoi». Anche perché, osserva, «cirendiamo conto che dobbiamo cre-scere sempre più in solidarietà eprenderci cura gli uni degli altri infraternità».

Il «Tempo del creato» prevede,come lo scorso anno, appuntamenti

a livello globale, con il coinvolgi-mento preferenziale dei giovani.Ma fondamentale risulterà la rete diiniziative diffuse che si distribuiran-no sul piano locale e saranno con-divise, anche tramite il web, in unasorta di unico abbraccio amorevoleverso il pianeta Terra e l’uomo chelo abita. Per questo monsignorDuffé fa riferimento all’esortazioneapostolica Querida Amazonia per in-coraggiare «il popolo di Dio ad ac-celerare i suoi passi verso nuovicammini per la Chiesa e perun’ecologia integrale, pianificandoattività per il “Tempo del creato”».E propone anche dei suggerimentipratici: queste attività «potrebberoincludere — spiega — una messaspeciale, o un pellegrinaggio a pie-di, pratiche di sostenibilità o inizia-tive di mobilitazione per risponderetanto al grido della terra quanto algrido dei poveri».

Infine, attingendo alla Laudatosi’, il segretario del Dssui si rivolgedirettamente ai pastori, ai vescovi ealle istituzioni ecclesiali affinchéaiutino «i fedeli a essere consapevo-li che vivere la vocazione di esserecustodi dell’opera di Dio è parteessenziale di un’esistenza virtuosa,non costituisce qualcosa di opzio-nale e nemmeno un aspetto secon-dario dell’esperienza cristiana».

scensione «Gesù ha prenotato unposto per noi. Ha preso su di sé lanostra umanità per portarla oltre lamorte, in un posto nuovo, in Cielo,perché lì dove è lui, fossimo anchenoi. È la certezza che ci consola: c’èun posto riservato per ciascuno...Ognuno di noi può dire: c’è un po-sto per me. Non viviamo senza metae senza destinazione. Siamo attesi,siamo preziosi. Dio è innamorato dinoi, siamo suoi figli. E per noi, hapreparato il posto più bello e piùdegno: il Paradiso».

Sempre citando le parole del Pon-tefice, il presule celebrante ha invita-to i fedeli a non dimenticare che «ladimora che ci attende è il Paradiso»,perché «qua siamo di passaggio.Siamo fatti per il Cielo, per la vitaeterna, per vivere per sempre. Persempre: è qualcosa che ora non riu-sciamo neppure a immaginare, ma èancora più bello pensare che questo“per sempre” sarà tutto nella gioia,nella comunione piena con Dio, congli altri, senza più lacrime, senzarancori, senza divisioni».

Il sostituto ha indicato nella spo-gliazione del Poverello di Assisi — ilgesto compiuto ottocento anni orso-no da Francesco davanti a suo padrePietro di Bernardone e al vescovoGuido — un esempio luminoso percamminare verso il Cielo, per andareverso l’alto. Perché in quel momento«Francesco ha interrotto il suo per-

ste parole l’arcivescovo Edgard PeñaParra, sostituto della Segreteria diStato, ha espresso la vicinanza e ilsostegno spirituale del Pontefice allacomunità di Assisi durante la solen-ne concelebrazione eucaristica pre-sieduta domenica 24 maggio, in oc-casione del terzo anniversariodell’istituzione del santuario dellaSpogliazione presso la chiesa di San-ta Maria Maggiore.

Insieme con il presule hanno con-celebrato l’arcivescovo DomenicoSorrentino, vescovo di Assisi - Noce-ra Umbra - Gualdo Tadino, e unadecina di sacerdoti, tra i quali il vi-cario generale della diocesi, donJean-Claude Hazoumé, il provincialedei Frati minori cappuccini dell’Um-bria, padre Matteo Siro, e i custodidelle basiliche di San Francesco e diSanta Maria degli Angeli, i padriMauro Gambetti e Giuseppe Renda.Tra i partecipanti, numerose autoritàcivili e militari della città umbra edella provincia di Perugia.

Nella sua omelia il sostituto ha ri-cordato che la solennità dell’Ascen-sione «non consiste tanto nella par-tenza del Signore da questa terra,ma nel suo arrivo in Cielo. Il motivodella nostra gioia — ha spiegato — ri-siede nel fatto che i Cieli egli li haraggiunti per noi. Gesù, oggi, infattiporta in Cielo, cioè in Dio, nell’eter-nità, la nostra umanità, che avevafatto propria e che non ha abbando-

Proveniva da Roma l’“ap ostolodell’Inghilterra” e lo è diventato suomalgrado. Si chiamava Agostino edera priore del monastero benedettinoromano dedicato a Sant’Andrea, fon-dato da Gregorio Magno nella suacasa paterna sul Celio. Nel 596 PapaGregorio pensò ad Agostino per rie-vangelizzare la Britannia, dove il cri-stianesimo portato dai missionaricelti era stato soppiantato dall’idola-tria e dai culti pagani dei nuovi con-quistatori sassoni, angli, juti e frisoninel V secolo.

Agostino e Gregorio si conosceva-no da tempo e si erano formati in-sieme alla vita monastica. San Gre-gorio scelse trentanove monaci daaffiancare ad Agostino e fornì lorolettere di presentazione per abati evescovi franchi sul cui territorio do-vevano passare. Agostino partì conla benedizione del Papa, giunto perònell’isola di Lérins davanti alla costafrancese di Cannes, si spaventò deiracconti che si facevano riguardo al-la crudeltà dei sassoni.

Terrorizzato, rientrò a Roma echiese al Papa di essere sollevato

dall’incarico, ma Gregorio non cam-biò idea e lo riconfermò a capo dellamissione. Nel 597 Agostino arrivòsull’isola inglese di Thanet, accoltodal re del Kent, Etelberto, e dallasua sposa Berta, della stirpe dei Me-rovingi. La regina, figlia del cristia-no Cariberto I, re di Parigi, svolseun ruolo fondamentale nella diffu-sione del cristianesimo in Inghilterrae nel successo della missione di Ago-stino. Infatti, quando andò in sposaa Etelberto, aveva portato con sé uncappellano, il vescovo di Senlis, Liu-dhard. Grazie alla tolleranza del re,la piccola comunità cristiana avevaavuto il permesso di costruire a Can-terbury, l’antica Durovernum, unachiesa dedicata a san Martino diTours, patrono dei Merovingi.

La chiesa bretone accolse con ge-nerosità i missionari inviati da Romae la loro opera fu così efficace chenella solennità di Pentecoste del 597il re ricevette il battesimo. Il Natalesuccessivo ben 10 mila persone furo-no pubblicamente battezzate. Grego-rio Magno espresse la sua gioia per isuccessi in alcune lettere a Berta e al

patriarca Eulogio di Alessandria. In-caricò Virgilio, vescovo di Arles, diconferire l’ordinazione episcopale adAgostino, che fissò la sua cattedranella chiesa di San Pietro in Canter-bury. Nel 601 il Papa gli inviò il pal-lio arcivescovile e un ordinamentodella nuova comunità cristiana, in-sieme a molte reliquie, codici e sup-pellettili liturgiche. Gregorio Magnoordinò anche l’erezione di dodici se-di episcopali suffraganee di Canter-bury nei territori evangelizzati daimonaci.

Agostino ricevette l’o rd i n a z i o n eepiscopale ad Arles o forse ad Au-tun. Era diventato arcivescovo me-tropolita e primate d’Inghilterra.Stabilì la sede a Canterbury, capitaledel regno del Kent, e non a Londra,come aveva suggerito Gregorio, ederesse solo due delle dodici sedi suf-fraganee: Londra e Rochester.

Nel 604 Agostino consacrò duesuoi compagni della prima ora, Mel-lito vescovo di Londra e Giusto ve-scovo di Rochester. Nella sua operaevangelizzatrice, d’accordo con Gre-gorio Magno, cercò di salvare quan-

te più tradizioni pagane possibili,cristianizzandole. Si impegnò anchemoltissimo per fondere l’elementocelta o britanno con l’anglosassone.Nonostante le differenze si riduces-sero a cose secondarie, come il ritodel battesimo, il ciclo pasquale e laforma della tonsura, egli non riuscìnel suo intento. Troppo il risenti-mento dei bretoni verso i nuovi con-quistatori per potersi riunire inun’unica Chiesa.

Si creò così una situazione in Bri-tannia molto particolare: gli ex inva-sori germanici erano ormai cristianidi rito romano, mentre i celti rima-nevano fedeli alle loro tradizioni cri-stiane precedenti la missione di Ago-stino. Solo dopo il sinodo di Wi-thby del 664 la Chiesa celtica avreb-be rinunziato alle sue tradizioni.

Agostino morì il 26 maggio del604, lo stesso anno della morte delsuo amico san Gregorio Magno.Aveva dato vita alla Chiesa anglosas-sone, alla quale aveva impresso lacaratteristica monastica della regolab enedettina, conservata fino a Enri-co VIII. (nicola gori)

«Era tale il suo desiderio di preghiera e l’imp or-tanza che ad essa riconosceva, che volle chiamarela congregazione da lui istituita congregazionedell’Oratorio». Si apre così il sito della Procuragenerale dell’Oratorio di San Filippo Neri, laConfederazione che riunisce l’insieme delle attuali88 Congregazioni erette in 19 nazioni di quattrocontinenti.

Il sito, inaugurato nell’ottobre 2001, registraogni anno visite da ogni angolo del mondo. Nelloscorso anno sono state 90.000 da parte di 25.000utenti. Una geografia di ben 120 Paesi. Oltre l’ot-tanta per cento dei visitatori proviene da Italia,Stati Uniti d’America, Gran Bretagna e Spagna. Aseguire, Messico, Polonia, Francia e Brasile. Ma

anche da nazioni nei quali non vi sono Case ora-toriane, come Corea del Sud, Giappone o Qatar.

Il portale che contribuisce alla diffusione dellaconoscenza di san Filippo Neri, di cui la Chiesa famemoria il 26 maggio, attrae fra le pagine dedica-te alla biografia del fondatore e ai santi, beati, ve-nerabili e servi di Dio appartenenti alle congrega-zioni dell’Oratorio o alla famiglia Oratoriana.

Un sito che cerca di costituire «non solo unmezzo per comunicare all’esterno» ma anche «unelemento di coordinamento interno e di riferimen-to per le vite delle singole congregazioni confede-rate».

www.oratoriosanfilipp o.org