LE FRONTIERE DELLA SCIENZA I virus -...

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LE FRONTIERE DELLA SCIENZA I virus In questo fascicolo sono raccolti alcuni articoli sui virus e le epidemie pubblicati sull’Aula di Scienze (aulascienze.scuola.zanichelli.it); nel sito si possono trovare anche altre notizie e contenuti multimediali su varie discipline scientifiche. Qui, in particolare, troverai: La vera storia delle pandemie influenzali; Ebola, sorvegliato speciale; Influenza aviaria, come e perché; Dall’animale all’uomo: i virus dell’influenza e i vaccini; Viaggio alla scoperta del Papillomavirus e del suo vaccino; Si potrà guarire dall’AIDS? Alla fine di ogni articolo ci sono alcune domande di comprensione e dei suggerimenti per fare delle ricerche in Rete, mentre nell’ultima pagina, una bibliografia e sitografia minima suggerisce ulteriori letture per approfondire i temi trattati. © A. Dowsett, HEALTH PROTECTION AGENCY/SCIENCE PHOTO LIBRARY/AGF

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LE FRONTIEREDELLA

SCIENZA

I virus

In questo fascicolo sono raccolti alcuni articoli sui virus e le epidemie pubblicati sull’Aula diScienze (aulascienze.scuola.zanichelli.it); nel sito si possono trovare anche altre notizie e contenutimultimediali su varie discipline scientifiche. Qui, in particolare, troverai:

■ La vera storia delle pandemie influenzali;■ Ebola, sorvegliato speciale;■ Influenza aviaria, come e perché;■ Dall’animale all’uomo: i virus dell’influenza e i vaccini;■ Viaggio alla scoperta del Papillomavirus e del suo vaccino;■ Si potrà guarire dall’AIDS?

Alla fine di ogni articolo ci sono alcune domande di comprensione e dei suggerimenti per fare dellericerche in Rete, mentre nell’ultima pagina, una bibliografia e sitografia minima suggerisce ulterioriletture per approfondire i temi trattati.

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La vera storia delle pandemie influenzalidi EUGENIO MELOTTI

C’è una caratteristica che rende i virus in-fluenzali (figura A) particolarmente insi-diosi: è il cosiddetto «salto di specie», cioèla capacità di mutare rapidamente adattan-dosi a nuovi ospiti. Non a caso, negli ultimianni, gli allarmi dell’Organizzazione Mon-diale della Sanità (OMS) per scongiurareepidemie su scala globale, o pandemie, ri-guardavano proprio il virus dell’influenza.Nel 2003 si temette per l’epidemia di pe-ste aviaria provocata da alcuni sottotipidi un Orthomyxovirus di tipo A, princi-palmente H5N1, trasmesso per la primavolta a esseri umani nel 1997. Sebbenefinora abbia ucciso solo poche centinaiadi persone (a fronte di decine di milionidi uccelli), questo virus resta un sorve-gliato speciale come possibile responsa-bile di una futura pandemia.

Nel 2009 fu la volta dell’influenza suina,che riuscì a passare dai maiali all’uomo.Il virus H1N1 che ne è responsabile hacolpito migliaia di persone in tutto ilmondo e ogni tanto riappare con nuovifocolai, tanto che negli Stati Uniti si stavalutando l’ipotesi della vaccinazione dimassa.Visto l’altissimo impatto socio-sanitario,i virus influenzali sono oggetto di nume-rose ricerche, per conoscerne le caratteri-stiche e mitigarne gli effetti. Uno studiopubblicato su Nature a inizio 2014 ne haricostruito l’albero evolutivo. Oltre achiarire le parentele e i tempi di evolu-zione nelle diverse specie ospiti, i risulta-ti mettono in discussione credenze con-venzionali e svelano l’origine di alcunestoriche pandemie.

Come si può mappare un virusletale?

L’idea dell’albero genealogico è venuta aMichael Worobey, professore di ecologiae biologia evolutiva presso l’Universitàdell’Arizona, esaminando i fogli su cuierano stampati molti alberi evolutivi divirus influenzali tipici di diversi organi-smi. Trovandosi tra le mani il righellodella figlia, ha cominciato a misurare lalunghezza dei diversi rami e si è accortoche questi crescevano a ritmi diversinell’uomo rispetto ad animali come ca-valli o uccelli.Da qui l’intuizione di sviluppare, insiemea Andrew Rambaut dell’Università diEdimburgo, un software in grado di rego-lare l’orologio evolutivo a seconda dellaspecie ospite dei virus. Il team ha analiz-zato con questo approccio di nuova con-cezione più di 80 000 sequenze di geni(che rappresentano la diversità totale delvirus influenzale di tipo A). Il virus è sud-diviso in 17 sottotipi cosiddetti “HA”, daH1 a H17, e 10 sottotipi “NA”, da N1 a N10(e ogni anno ne vengono scoperti di nuo-vi). Questi si combinano in vario modo,per esempio H5N2 o H7N9, mostrando lapiù alta diversità negli uccelli.Utilizzando il nuovo albero genealogi-co del virus influenzale come mappa, èstato possibile mostrare quali specie sisono spostate su quali ospiti, e in qualemomento. Si è scoperto così che buonaparte dei geni dell’influenza aviarianon è così antica come si pensava. Ver-so la metà del diciannovesimo secolo,il virus ha subito un cambiamento ra-dicale, e la nuova variante ha rimpiaz-zato in tempi estremamente rapidigran parte della precedente diversitàgenetica.Secondo Worobey, quel repentino cam-biamento è in relazione con gli eventi

Figura A Struttura generaledi un virus influenzale.

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storici della fine secolo. Nel 1870, tutto ilNord America fu spazzato da una terribileepidemia di influenza equina (figura B).Molti cavalli si ammalarono e probabil-mente il 5% morì, causando ingenti dan-ni economici. Metà della città di Boston,per esempio, bruciò perché non c’eranocavalli per tirare i carri dei pompieri, e lacavalleria dell’esercito dovette combat-tere gli Apaches a piedi perché tutti i ca-valli erano malati.Le analisi genetiche rivelano che il virusequino è il parente più stretto di quelloaviario, e le cronache dell’epoca riferisco-no di ripetute morie di polli e altri uccellidomestici, oltre che di cavalli. È quindiplausibile una stretta relazione tra le duespecie di virus, anche se al momento nonè possibile stabilire se il salto sia avvenutodagli uccelli ai cavalli o viceversa.Per quanto riguarda gli esseri umani, la ri-cerca fa luce su un mistero di lunga data:l’origine della pandemia influenzale del1918, la cosiddetta Spagnola (figura C),che nel mondo causò quasi 50 milioni dimorti, più della peste del 1300 e dellaGrande Guerra. Alla luce del nuovo stu-dio, è stato possibile stabilire che il viruspandemico passò dagli uccelli agli uma-

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ni intorno al 1918, quasi certamente inNord America.I risultati sfidano anche la diffusa con-vinzione che il principale serbatoio delvirus dell’influenza sia rappresentato da-gli uccelli selvatici, da dove salterebbeagli uccelli domestici e ad altre specie,compresa quella umana. Invece, la diver-

sità in tutto il pool genico del virus avia-rio nei volatili domestici e selvatici sug-gerisce che i primi focolai comparveronegli uccelli domestici. In altre parole,gli animali che alleviamo per la carne ele uova starebbero plasmando la diversi-tà genetica dei virus influenzali che sitrovano in natura.

Rispondi e ricercaa. Quali sono state, nell’ultimo

secolo, le epidemie influenzali piùnote?

b. Perché la Spagnola vieneconsiderata una delle peggiorimalattie che abbiano colpitol’umanità su scala globale?

c. Ricerca in Rete le cronache del 1918e riassumi in una presentazionele descrizioni fatte della malattia,i consigli di igiene pubblica eprivata, i resoconti sanitari e lecuriosità intorno al virus dellaSpagnola.

Figura B La morte dei cavalli dovuta allainfluenza equina causò danni economicirilevanti negli Stati Uniti.

Figura C Un’immagine direpertorio del 1918 che ritrae isoccorsi ai malati di influenzanegli Stati Uniti.

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Ebola, sorvegliato specialedi EUGENIO MELOTTI

Il virus ebola, originario dell’Africaequatoriale, dall’inizio del 2014 è sotto iriflettori dei media di tutto il mondo peril timore di una possibile pandemia(un’epidemia su scala globale), dopo chesono stati accertati casi anche negli StatiUniti, in Spagna e in Germania. Anche leistituzioni sono in allerta e a metà otto-bre si è svolta a Bruxelles una riunionestraordinaria dei ministri della salute eu-ropei. Obiettivo dell’incontro, fare ilpunto sull’epidemia che sta imperver-sando nei Paesi dell’Africa centro-occi-dentale, coordinare aiuti sanitari e au-mentare i controlli agli aeroporti inter-nazionali, per evitare che passeggeri in-fetti possano diffondere l’epidemia. Trac-ciamo allora l’identikit del virus ebola,che per decenni è rimasto quasi scono-sciuto e poco studiato, cercando di capi-re come mai, oggi, fa così tanta paura.

Di che virus si tratta?Il virus ebola appartiene alla famiglia deiFilovirus, chiamati così per l’aspetto fili-forme delle particelle virali osservate almicroscopio (figura A). A oggi sono notialmeno 5 generi di ebola, quattro africa-ni (Zaire, Sudan, Bundiburgo e Tai o Costad’Avorio) e uno asiatico (Reston). Solo iprimi tre sono letali per l’uomo e lo Zaireebolavirus (in acronimo ZEBOV), respon-sabile dell’attuale epidemia in Africa oc-cidentale, è quello più pericoloso. Gliumani tuttavia sono solo ospiti occasio-nali. Il virus ebola colpisce infatti soprat-tutto le popolazioni di gorilla di pianurae scimpanzé dell’Africa centrale, ma puòinfettare anche altri mammiferi come leantilopi e tre specie di pipistrelli. Questiultimi non manifestano i sintomi e sonoquindi ritenuti possibili serbatoi, anchese una riserva virale certa non è ancorastata identificata.

Come si trasmette dagli animaliall’uomo e quali sono i sintomi?La trasmissione all’uomo avviene at-traverso il contatto con la carne di anima-li infetti (il cosiddetto bushmeat) o gliescrementi dei pipistrelli. I sintomi com-paiono da pochi giorni a tre settimanedopo il contagio e consistono in febbrealta, forte emicrania, intensi dolori mu-scolari, nausea, diarrea e vomito.Il nostro corpo reagisce al virus con unaviolenta risposta infiammatoria e il rila-scio di grandi quantità di citochine. Èproprio l’accumulo di queste molecoleproteiche, più che i danni cellulari delvirus, a causare la distruzione dei vasisanguigni. Ne derivano emorragie inter-ne ed esterne (si parla infatti di «febbreemorragica») e gravi danni agli organi,

fino alla cosiddetta sindrome da disfun-zione multiorgano. La mortalità variadal 40% al 90% dei casi a seconda del ti-po di ebola.

Come avviene il contagio dapersona a persona?La trasmissione tra esseri umani avvie-ne esclusivamente in seguito al contat-to con fluidi corporei come sangue, sa-liva e sperma di persone infette chemanifestano già i sintomi della malat-tia. Il virus sopravvive alcune ore all’e-sterno del corpo, e fino a tre mesi nellosperma di chi è guarito. I rituali di pu-lizia dei cadaveri, molto diffusi e radi-cati nei Paesi africani colpiti, rappre-sentano occasioni ideali per la diffusio-ne del virus.Allo stato attuale, l’unica variante del vi-rus ebola a trasmissione aerea è il Reston,che però colpisce solo le scimmie. La ma-scherina e gli occhiali che indossa il per-sonale sanitario nelle zone colpite impe-discono a goccioline in sospensione (peresempio, la saliva in uno starnuto) di en-trare in contatto con le mucose degli oc-chi (altamente permeabili al virus), delnaso e della bocca. Gli esperti affermanoche le possibilità che il virus muti attac-cando le vie respiratorie dell’uomo e di-venti trasmissibile per via aerea sono al-tamente improbabili.

Esiste una cura o un vaccino?Al momento non esistono cure o vaccini,se non in fase sperimentale. L’unico mo-do per evitare il diffondersi dell’epide-mia è isolare le persone malate e adotta-re precauzioni (come indossare specialitute ed evitare ogni contatto con i fluidi

Figura A Un'immagine al microscopio otticodi Ebolavirus.

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corporei infetti). A due operatori sanitaristatunitensi che avevano contratto il vi-rus in Africa è stato somministrato unfarmaco sperimentale che si chiamaZmapp, a base di anticorpi monoclonaliprodotti dalle cavie. Sono in fase di stu-dio anche diversi vaccini, ma servonomolti mesi e grandi investimenti econo-mici per le necessarie sperimentazioni ela produzione su vasta scala.

Perché ebola fa così paura?A causa della sua elevata mortalità, il virusha causato in passato relativamente pochevittime. I tre ceppi Zaire, Sudan e Bundi-bungo sono stati responsabili negli ultimi25 anni di focolai epidemici in Africa (fi-gura B), concentrati soprattutto nelle zonerurali di Costa d’Avorio, Repubblica De-mocratica del Congo, Guinea e Sudan. Levittime accertate dal 1976 – anno in cui ilvirus fu identificato la prima volta in Con-go – a oggi sono poche migliaia, a confer-ma della sua bassa trasmissibilità rispettoad altri virus: la normale influenza stagio-nale, in confronto, causa oltre 500000 mor-ti ogni anno nel mondo, di cui 40000 inEuropa e 8000 solo in Italia.Perché allora l’ultima epidemia di ZEBOVsta destando così tante preoccupazioni?Tra le diverse varianti, questa è la più leta-le, ma paradossalmente è proprio una ridu-zione della sua mortalità la chiave dellasua diffusione. In un piccolo villaggio iso-lato dell’Africa rurale, in cui le condizioniigienico-sanitarie sono precarie e non ven-

gono adottate precauzioni, il virus può uc-cidere in pochi giorni la maggior parte del-le persone, ma poi muore con loro. Se inve-ce i malati, com’è successo, fanno in tempoa spostarsi in una grande città (la capitaledella Guinea, Conakry, conta oltre un mi-lione di abitanti) e a venire in contatto conmolta altra gente, allora i rischi di una pan-demia si fanno più concreti. Le misure dicontenimento che hanno funzionato inpassato, come isolare le persone infette erintracciare i loro contatti, si sono rivelateinsufficienti, e il virus è uscito dall’Africa.

C’è il pericolo di una pandemia?Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizza-zione Mondiale della Sanità (OMS), dall’i-nizio ufficiale dell’epidemia in Guinea (22marzo 2014) al 5 ottobre scorso sono stateinfettate 8034 persone e ne sono morte3879, ma i numeri sono in rapida crescita. IPaesi maggiormente interessati in questoperiodo sono Guinea, Liberia, Sierra Leone,Nigeria e Senegal. Nelle capitali dei primitre, i più colpiti, il virus è in forte espansio-ne. Secondo il Centers for Disease Controland Prevention (CDC) di Atlanta, l’ente na-zionale americano che si occupa di salutepubblica e che raccoglie alcuni tra i miglio-ri virologi del mondo, senza adeguate mi-sure di contenimento entro gennaio 2015in Africa occidentale il virus potrebbe arri-vare a infettare fino a 1,4 milioni di perso-ne. Al di fuori dei confini africani nellostesso periodo si sono registrate una vitti-ma negli Stati Uniti, una in Germania (per-

sone provenienti entrambe dalla Liberia)ed è stata a lungo in osservazione un’infer-miera spagnola ricoverata a Madrid.ll sito web dei CDC di Atlanta è una vera epropria miniera di informazioni sul virusebola. Nel sito web dell’OMS, invece, sipossono trovare le mappe sempre aggior-nate della diffusione del virus nei Paesidell’Africa occidentale colpiti dalla recenteepidemia di ebola.

Quali misure sono state adottatea livello internazionale?Il 17 settembre 2014, il presidente USA Ba-rack Obama ha deciso l’invio di 3000 solda-ti di supporto medico in Africa occidenta-le. Il giorno successivo, il Consiglio di Sicu-rezza delle Nazioni Unite ha tenuto una ri-unione di emergenza per discutere la situa-zione in Africa occidentale e coordinareuna risposta internazionale. È stata creatala Mission for Ebola Emergency Response, cheha cinque priorità: fermare l’epidemia,trattare le persone infette, garantire i servi-zi essenziali, preservare la stabilità e preve-nire ulteriori focolai. La riunione straordi-naria dei ministri europei che si è svolta il16 ottobre a Bruxelles punta a prevenire ladiffusione del virus nei Paesi dell’UnioneEuropea, grazie all’invio di aiuti sanitari e acontrolli più efficaci negli scali aeropor-tuali collegati ai Paesi africani colpiti. Inun mondo globalizzato, anche le epidemievanno combattute a livello internazionale.

Rispondi e ricercaa. Quali sono le caratteristiche del

virus ebola e che cosa lo distingueda altri tipi di virus?

b. Che cosa si intende con il termine«pandemia» ed esiste davveroquesto rischio con il virus ebola?

c. Quali sono i Paesi maggiormentecolpiti e quali iniziative sono statemesse in campo per contrastarel’avanzata del virus?

d. Attraverso una ricerca in Rete,confronta gli articoli di alcunigiornali e riviste su questo tema eprepara una presentazione.©

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Figura B L’epidemia di ebola ha scatenatopreoccupazione a livello internazionale,ma finora i più colpiti sono soprattutto iPaesi dell’Africa occidentale.

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Influenza aviaria, come e perchédi ANGELA SIMONE

il virus responsabile della morte improvvi-sa dei polli contagiati, per capire quali stra-tegie di profilassi e prevenzione adottareeventualmente nei confronti dell’uomo. Ilnome del «colpevole» è H7N7.

Come è stato classificato H7N7?H7N7 fa parte della grande famiglia Or-thomyxoviridae dei virus influenzali, carat-terizzati da un genoma a RNA. La molte-plicità di questa famiglia di virus ha ri-chiesto una classificazione in tipi e sotto-tipi. Ci sono infatti 3 tipi di virus dell’in-fluenza: A, B e C. I virus A (i più diffusi),vengono poi ulteriormente suddivisi insottotipi, a seconda delle differenti glico-proteine di superficie, neuraminidasi (N)ed emoagglutinina (H), che si trovanosull’involucro proteico chiamato capsideche racchiude e protegge il genoma vira-le. Esistono vari tipi di neuraminidasi e diemoagglutinina, e questi si possono com-binare in forma assortita: H7N7 è quindiun virus del tipo A, sottotipo neuroamini-dasi 7 e emoagglutinina 7. I suoi ospiti na-turali sono gli uccelli acquatici selvatici,come le anatre, da cui il virus può passare

Di solito sentiamo parlare di influenzain tardo autunno e in inverno, quandoalle nostre latitudini una parte della po-polazione si ritrova a convivere forzata-mente con febbre alta, dolori muscolari,tosse e gran produzione di muco. Invecea partire nell’estate 2013 un’altra in-fluenza ha fatto capolino tra le notizieitaliane: l’influenza aviaria.Sei focolai in altrettanti allevamenti(cinque industriali e uno domestico) inEmilia-Romagna, tra le province di Bolo-gna e Ferrara, si sono sviluppati tra galli-ne ovaiole e polli, probabilmente a causadi un primo contagio avvenuto attraver-so un’anatra selvatica migratoria infetta(figura A). Non è la prima volta che acca-de, come ci ricorda la serie di epidemieche dal 1996 ha colpito diversi Paesi delmondo, Italia compresa.Ai primi segnali, le autorità sanitarie na-zionali hanno subito messo in atto le nor-mali procedure di monitoraggio e sorve-glianza veterinaria specifiche per l’influen-za aviaria per evitare il diffondersi del vi-rus ad altri allevamenti, con l’abbattimen-to dei capi infetti, e anche dei polli nellezone contigue al contagio, per precauzio-ne. Ovviamente è stato anche identificato

a infettare gli uccelli di allevamento, co-me è successo in Emilia-Romagna.Mentre H7N7 in questo caso si è rivelatoaltamente patogeno per i polli, proprioperché ha velocemente provocato la mor-te degli animali contagiati, la salutedell’uomo non è messa in pericolo. Perora i casi di contagio umano segnalati so-no solo 3 e, in tutti i contagiati, l’unicamanifestazione è stata una congiuntivitefacilmente curabile. Il contagio è avvenu-to perché le persone sono addetti all’alle-vamento entrati in contatto con secrezio-ni o deiezioni degli animali infetti ricchedi virus: gli animali infetti eliminano leparticelle virali attraverso le feci perché ilvirus nei polli si moltiplica nell’intestino.

Quanto è pericoloso per l’uomo?I virus influenzali vengono classificati adalta o bassa patogenicità sulla base dei sinto-mi più o meno gravi che vengono riscon-trati negli individui, sia animali sia uomi-ni, infetti. Come spiega Giovanni Maga,virologo e responsabile della Sezione Enzi-mologia del DNA e Virologia Molecolaredell’Istituto di Genetica Molecolare delCNR di Pavia, «spesso di uno stesso virusesistono varietà sia a bassa sia ad alta pato-genicità. Per questo, ogni focolaio di in-fluenza aviaria viene trattato con la massi-ma attenzione e tempestività, indipenden-temente dal fatto che il virus abbia o menoin precedenza infettato l’uomo, perché aoggi non siamo ancora in grado di preve-dere in anticipo se un virus aviario sarà abassa o alta patogenicità per l’uomo solo

Figura A Sono state probabilmente delle anatre selvatiche,giunte seguendo le rotte migratorie, a infettare il pollame negliallevamenti dell’Emilia-Romagna.

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sulla base dell’analisi molecolare. Normal-mente H7N7 è considerato a bassa patoge-nicità per gli uccelli, ma a partire dal 2003sono state riportate epidemie di ceppi abassa e ad alta patogenicità in diverse na-zioni. Per quanto riguarda il rischio perl’uomo, H7N7 viene considerato a bassapatogenicità sulla base dei dati dell’unicoepisodio significativo noto di infezioneumana, avvenuto nel 2003 in Olanda. Inquell’occasione, in concomitanza conun’epidemia di questo virus nei polli, tra lemigliaia di individui potenzialmente espo-sti al virus sono state infettate solo 89 per-sone. E di queste, 78 avevano sviluppatouna congiuntivite senza conseguenze».A volte può capitare che un virus esordi-sca con caratteristiche a bassa patogeni-cità e poi, durante l’epidemia, acquisiscaun carattere più aggressivo. Quindi il fat-tore tempo è fondamentale per limitareil contagio e lasciare meno tempo possi-bile al virus di riassortirsi. Infatti, una ca-ratteristica peculiare di tutti i virus in-fluenzali è la loro capacità di modificareil proprio genoma nel tempo, acquisen-do nuove caratteristiche, e di adattarsieventualmente anche ad altri ospiti, in-fettandoli. H7N7, poiché è in grado di in-fettare sporadicamente i mammiferi, vie-ne considerato un “sorvegliato speciale”proprio per il rischio che teoricamentepossa diventare più patogeno. «Ma reali-sticamente», continua Giovanni Maga,

«grazie alla sorveglianza e all’elimina-zione dei capi infetti, difficilmente oggisi può immaginare che un’epidemia diH7N7 possa proseguire per un temposufficiente per generare virus ricombi-nanti più patogeni. Tuttavia con il virusdell’influenza è necessario non abbassa-re mai la guardia».

Si può essere contagiaticonsumando uova e carnedi pollo?A parte il personale degli allevamenti ecoloro che collaborano all’abbattimentodei capi, che sono quindi a stretto contat-to con gli animali, il pericolo di contagioper i consumatori di carne e uova nonesiste. A oggi non esistono evidenze diinfezioni da virus influenzale aviariocontratte attraverso l’ingestione di carnio uova (figura B). E spiega ancora Maga:«Questo perché il virus dell’influenza haaffinità soprattutto per le cellule superfi-ciali delle nostre vie respiratorie, soprat-tutto superiori. L’ingestione è una via diinfezione molto meno efficace per l’in-fluenza, sia a causa dell’assenza di cellu-le suscettibili al virus nella bocca, siaperché l’azione degli enzimi digestivi,già presenti nella saliva, e dei succhi ga-strici blocca la proliferazione del virus.Inoltre, nel caso delle uova, il virus è pre-

sente principalmente all’esterno, sottoforma di feci secche, quindi il problemaingestione non si pone. Poi, per precau-zione, le autorità impongono anche ladistruzione delle uova perché potrebbe-ro contribuire alla diffusione della ma-lattia all’interno dell’allevamento». Inogni caso, ci rassicura in conclusioneMaga, possiamo stare tranquilli perchéin Europa «grazie alle severe norme vi-genti, la probabilità dell’immissione sulmercato di carni o uova provenienti daanimali infetti è nulla».

Rispondi e ricercaa. Che cosa indicano le lettere H e N

nella sigla che identifica il virusdell’aviaria?

b. Come è avvenuto il contagio e qualisono stati i risultati in terminidi malati e di morti in Italia e nelmondo?

c. Perché, nei giorni del piccodell’influenza aviaria, ingerire uovanon comportava pericoli, mentrecamminare in un allevamentopoteva essere pericoloso?

d. Attraverso una ricerca in Reteverifica quante volte nella storiarecente si è diffuso il timore perun’influenza aviaria e compara idati in un grafico.

Figura B Comeevidenziato anche dalMinistero della Saluteitaliano, la trasmissionedel virus non avviene pervia alimentare e dunque ilconsumo di carne o uovaè sicuro.

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Dall’animale all’uomo: i virus dell’influenza e i vaccinidi GIULIA BIANCONI e ANGELA SIMONE

Ogni anno, a partire da metà ottobre finoa fine dicembre, in Italia si svolge la cam-pagna vaccinale per l’influenza stagiona-le. La finestra di tempo è indicata dal Mi-nistero della Salute in base alla nostra si-tuazione climatica e l’andamento mo-strato dalla passate epidemie influenzalinel nostro Paese. Per fare chiarezza sultema influenza abbiamo interpellatoGiovanni Cattoli, veterinario e direttoredella Struttura Complessa SCS5 Ricercae Innovazione dell’Istituto Zooprofilatti-co Sperimentale delle Venezie.

Perché l’influenza è unamalattia da non sottovalutare?L’influenza è un’infezione di tipo viraleche colpisce soprattutto naso, gola ebronchi, e meno spesso i polmoni (figu-ra A). L’infezione dura generalmenteuna settimana ed è caratterizzata da im-provvisi picchi di febbre alta, dolori mu-scolari, mal di testa, tosse, mal di gola enaso che cola. Nella maggior parte deicasi la guarigione avviene spontanea-mente dopo alcuni giorni, senza l’inter-vento del medico o senza assumere far-maci specifici, con le sole accortezze dirimanere al caldo e al riposo (spesso for-zato a causa della febbre alta) e di reinte-grare i liquidi persi.L’influenza può però causare conseguen-ze anche gravi, nelle cosiddette “catego-rie a rischio”, quali sono quelle indicatedal Ministero della Salute e dall’Organiz-zazione Mondiale della Sanità (OMS), co-me neonati, bambini, adulti sopra i 65anni, e individui soggetti a malattie col-legate all’apparato respiratorio. Proprioper la sua capacità di diffondersi rapida-mente e per le conseguenze che potrebbecausare a una grossa fetta di popolazio-ne, l’influenza è una malattia fortementemonitorata.

Quale virus si nasconde dietroall’influenza?Il virus che si cela dietro i sintomi dell’in-fluenza è un virus a RNA, della famigliaOrthomyxoviridae. Esistono tre tipi di vi-rus dell’influenza: A, B e C. I virus A, piùcomuni e diffusi, sono poi ulteriormentesuddivisi in sottotipi, a seconda delle dif-ferenti glicoproteine di superficie (neu-raminidasi ed emoagglutinina), che sitrovano sull’involucro proteico (o capsi-de) che racchiude e protegge il genomavirale; esistono vari tipi di glicoproteineN e H che si possono combinare in formaassortita. Per esempio, il virus dell’in-fluenza aviaria di cui si è sentito parlarenel 2005 è un virus H5N1, mentre il vi-rus dell’influenza suina (o messicana) dicui abbiamo letto nel 2009 è un virusH1N1.

Parliamo di virus “aviario” o “suino” an-che in casi di contagio umano perché seb-bene ogni virus abbia una specie animalein cui si moltiplica e prospera, i virus in-fluenzali sono flessibili, e magari disponi-bili ad adattarsi ad altri ospiti occasionali.Eppure, secondo recenti ricerche, in ori-gine tutti i virus influenzali che cono-sciamo oggi erano di derivazione aviaria.«I virus dell’influenza trovano i loro serba-toi naturali negli uccelli, soprattutto in al-cuni uccelli acquatici selvatici, come peresempio le anatre (con le loro numerosis-sime specie). Da questo serbatoio naturalei virus possono occasionalmente incon-trare e infettare altre specie e, nel tempo,adattarsi ai nuovi ospiti. I virus della in-fluenza stagionale tipica dell’uomo, cosìcome quelli dell’influenza dei maiali o deicavalli, altro non sono che virus i cui genisi sono originati da lontani progenitori vi-rali che circolavano negli uccelli. Con il

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Figura A L’influenza è unamalattia molto comune nelperiodo invernale, che nellepersone giovani e in salute puòessere superata facilmente, mava monitorata con attenzionenelle cosiddette «categorie arischio».

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tempo si sono evoluti e “specializzati”, di-venendo capaci di infettare e trasmettersiin questi nuovi ospiti adattandosi al pun-to tale che ora circolano esclusivamente oquasi in queste specie (da qui il termine,per esempio, di influenza umana “stagio-nale” o suina “classica”). Questo è quelloche è avvenuto in passato e che vediamooggi», ci spiega Giovanni Cattoli.Questa sequenza temporale, virus avia-rio che si trasmette ad altre specie, conse-guente specializzazione nella specie at-taccata e continue mutazioni successive,è un processo in continuo divenire, per-ché il virus influenzale, è proprio il casodi dirlo, possiede uno scaltro dinami-smo. Per fortuna il passaggio da un spe-cie all’altra non è poi così semplice.

Che cosa accade nel passaggiodall’animale all’uomo?«Anche ai nostri giorni può accadere chevirus influenzali “classicamente” aviari,cioè che circolano di solito negli uccelli,incontrino nuovi ospiti, per esempiospecie di uccelli domestici (polli, tacchi-ni, anatre domestiche) e da questi ultimio direttamente da uccelli selvatici passi-no anche a specie ospiti evolutivamentepiù lontane, quali mammiferi (suini, ca-ni, cavalli, uomo). L’incontro tra un vi-rus aviario e un nuovo ospite può peròavere esiti differenti: nella maggior partedei casi si ritiene che, nel nuovo ospite, ilvirus non sia per nulla adatto a replicaree quindi non causi nessuna infezione, oriesca a farlo in maniera molto limitata,causando infezione lieve e senza malat-tia evidente. In altri casi, il virus riesce adadattarsi in un tempo più o meno breve,si replica nel nuovo ospite e può causareanche malattia più o meno grave, a se-conda di quanto si replica e in quali orga-ni, ma non riesce però a trasmettersi tra inuovi ospiti. In ultimo, il virus può riu-scire ad adattarsi al nuovo ospite al pun-to tale che non solo replica bene, ma rie-sce anche a trasmettersi tra questi nuoviospiti, causando una malattia infettiva econtagiosa lieve o grave», continua Gio-vanni Cattoli.

Quali fattori rendono piùmovimentata la vita virale?Diversi fattori rendono la vita del virus in-fluenzale più o meno caratterizzata datraslochi da una specie all’altra. In primoluogo bisogna vedere quanto il virus siaveloce nel presentare mutazioni geneti-che tali da farlo replicare all’interno di or-ganismi animali differenti. Come puntua-lizza Giovanni Cattoli, «in generale, sipuò dire che la capacità di adattamentodel virus dipende dalla capacità del suocodice genetico di mutare velocementedurante la replicazione, dando origine aprogenie di virus mutanti tali da favorirela loro replicazione in un nuovo ospite».Un secondo fattore, da non sottovaluta-re, è il tempo a disposizione del virus percircolare liberamente e indisturbato inuna determinata area, cosa che accadenelle zone chiamate endemiche. «Ovvia-mente, più si lasciano occasioni e tempoal virus degli uccelli di incontrare nuovespecie, maggiori saranno le probabilitàche questo virus prima o poi riesca adadattarsi selezionando e favorendo leprogenie più adatte. Per questo è moltoimportante la sorveglianza negli animalie nell’uomo: prima ci si accorge dell’in-contro tra un virus e una nuova specie (odella co-circolazione di virus differenti),prima li si combatte e circoscrive, limi-tando le occasioni di nuovi incontri e ilrischio di adattamento», ci ricorda Catto-li, che proprio di questo si occupa nelsuo lavoro insieme ai colleghi dell’Istitu-to Zooprofilattico.

Perché il maiale è stato unafonte di epidemia virale?Dall’altra parte della barricata, nellabattaglia contro il virus influenzale,non tutti gli ospiti hanno la stessa ca-pacità di resistenza, e il maiale in parti-colare sembra essere più sfortunato daquesto punto di vista (figura B). Tuttoinizia con l’aggancio del virus alla su-perficie delle cellule respiratorie, per-ché, racconta Cattoli: «il virus per en-trare nelle cellule di un ospite e repli-carsi (dando cioè inizio a un’infezione)deve essere ovviamente in grado di ri-conoscere le cellule giuste. Le cellulenormalmente espongono sulla loro su-perficie numerose proteine che servo-no a diverse funzioni fisiologiche. Al-cune di queste proteine vengono usatedai virus per riconoscere le cellule giu-ste da infettare, attaccarsi ad esse e ini-ziare il ciclo replicativo (queste sostan-ze sono dette recettori cellulari per il vi-rus). Ogni virus adattato a una certaspecie ha imparato a riconoscere unospecifico recettore cellulare. Così i vi-rus influenzali aviari riconoscono re-cettori specifici presenti, per esempio,nell’apparato respiratorio degli uccelli;i virus influenzali umani invece, recet-tori specifici per l’apparato respiratoriodell’uomo.Nell’apparato respiratorio del maiale so-no presenti cellule che portano sulla lo-ro superficie recettori tipici degli uccelli,ma anche recettori tipici dell’uomo. Neconsegue che nell’apparato respiratorio

Figura B Il passaggio all’uomodell’influenza H1N1 è statamediata dal maiale, ma lafonte dell’infezione sarebberogli uccelli, che avrebberocontagiato i suini presentinegli allevamenti.

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del maiale, sia un virus influenzaledell’uomo sia un virus influenzale deipolli hanno probabilità più elevate chein altri ospiti di replicare nella stessa cel-lula (se l’infezione avviene nello stessoperiodo di tempo utile). È facile ora im-maginare che due virus diversi che repli-cano il loro materiale genetico nella stes-sa cellula e nello stesso tempo possanoanche generare progenie che portanomateriale genetico “misto” (i cosiddettivirus riassortanti, cioè particelle viraliche portano sia geni del virus aviario, siageni del virus umano). Alcuni di questivirus riassortanti possono avere caratte-ristiche nuove, per esempio il loro nuo-vo genoma può renderli capaci di infet-tare ospiti differenti o renderli più pato-geni o in grado di trasmettersi più velo-cemente perché in grado di sfuggire allarisposta immunitaria dell’ospite, crean-do così i presupposti per la generazionedi un virus pandemico».In un certo senso il maiale è più permis-sivo riguardo ai virus influenzali e ac-cetta la replicazione a livello respirato-rio di diversi ceppi virali, non solo quel-lo dell’influenza suina “classica”, maanche quelli aviari e umani. Ecco per-ché lo potremmo definire un sorveglia-to speciale dal punto di vista epidemio-logico. Non è comunque il caso di cam-biare le nostre abitudini alimentari per-ché, ci spiega Cattoli: «Non vi è eviden-za che il virus dell’influenza si trasmet-ta per via alimentare, con cibo lavoratoo cotto in modo appropriato. Si trattainfatti di un’infezione che avviene tipi-camente per contatto tra il virus e lemucose delle prime vie aeree o le muco-se oculari».

Come mai il vaccino influenzaleva rifatto ogni anno?La ricorrenza annuale di virus influenza-li potrebbe farci pensare che basti vacci-narsi una volta sola per rimanere protet-ti a lungo. Purtroppo però non è così, in-fatti l’immunità conseguente alla vacci-nazione dura solo 6-8 mesi, troppo pocoquindi per proteggere per due stagioni

consecutive (figura C). Per questo, anchese il virus è lo stesso (come accade nellamaggioranza delle stagioni influenzali),è necessario ri-vaccinarsi.La buona notizia però è che si può arriva-re “preparati” all’ondata stagionale. Que-sto perché le stagioni, e quindi l’inverno,cadono in periodi diversi nell’emisferoaustrale rispetto a quello boreale, avendocosì l’opportunità di conoscere in antici-po i ceppi virali circolanti. Infatti, i virusche causano l’epidemia a Sud dell’Equato-re (dove è inverno quando da noi è estate)saranno con buona probabilità quelli checolpiranno l’emisfero settentrionale nelnostro periodo invernale.L’identificazione dei virus influenzali cir-colanti è operata da una rete di laboratori-sentinella in tutto il mondo (Global In-fluenza Surveillance and Response System). Idati raccolti vengono poi inviati all’OMSche pubblica le raccomandazioni riguar-do alla composizione dei vaccini. Solita-mente, la composizione vaccinale per lastagione influenzale nell’emisfero Nord èstabilita dall’OMS nel mese di febbraio,mentre quella per l’emisfero Sud nel me-se di settembre. L’OMS provvede anche afornire ai produttori di vaccini i ceppi vi-rali di riferimento, così da garantire un’i-dentica composizione antigenica per tuttii vaccini prodotti da ditte diverse.In questo modo c’è tutto il tempo per pro-

cedere alla preparazione del nuovo vacci-no, poiché la stagione influenzale alle no-stre latitudini raggiunge la massima in-tensità tra dicembre e febbraio dell’annodopo, ci sono quindi circa 7-8 mesi per es-sere pronti alla nuova campagna di vacci-nazione. E in questo lasso di tempo è mol-to improbabile che una variante compaia,perché è necessario un certo numero di“generazioni” perché una variante si sta-bilisca all’interno della popolazione vira-le in misura tale da avere un impatto si-gnificativo sull’andamento dell’epidemia.

Rispondi e ricercaa. Che differenze esistono tra

l’influenza stagionale e altri tipidi influenza, come “l’aviaria” e la“suina”?

b. Perché è necessario sottoporsi ognianno alla campagna di vaccinazionecontro l’influenza?

c. Come avviene il salto del virus traspecie diverse?

d. Oltre al pollame e ai suini, qualialtri animali hanno trasmesso viruspericolosi per la salute umana?Fai una ricerca in Rete ed esponi irisultati attraverso uno slidehowfotografico.

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Figura C Ogni anno bisogna rifareil vaccino anti-influenzale, perchél’immunità non dura a lungo.

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Viaggio alla scoperta del Papillomavirus e del suo vaccinodi GIULIA BIANCONI

Da qualche anno in Italia è stato intro-dotto un nuovo vaccino gratuito, nonobbligatorio, somministrato alle ragaz-ze intorno ai dodici anni di età. Si trattadel vaccino contro il Papillomavirus, re-sponsabile del tumore al collo dell’ute-ro. Ne abbiamo parlato con BernardinaStefanon, che è stata pioniera, insiemeai colleghi dell’Istituto Nazionale Tu-mori di Milano, nel far conoscere con isuoi lavori scientifici la relazione traquesto virus e il tumore alla cervice. Og-gi Stefanon si occupa di consulenza perla LILT (Lega Italiana per la Lotta con-tro i Tumori).

Qual è la storia delPapillomavirus?Lo Human Papilloma Virus (o HPV) è unvirus a DNA con un piccolo diametro (50micron) e un genoma di 8000 coppie dibasi. Il capside virale, cioè l’involucroproteico che protegge il genoma, è com-posto da 72 unità proteiche organizzatein struttura icosaedrica (figura A). Gra-zie alla biologia molecolare oggi sonostati individuati più di 120 HPV, chiama-ti sottotipi e contrassegnati con dei nu-meri (HPV 6, 11, 16, 18, ecc). Di questi,una quarantina interessano il basso trat-to genitale femminile e l’apparato ano-genitale maschile.Nonostante oggi si conoscano nello speci-fico molte caratteristiche morfologiche diquesto virus, esso è rimasto pressochésconosciuto fino agli anni Settanta, comedice anche Bernardina Stefanon: «I Papil-lomavirus sono rimasti estranei agli studidi oncogenesi virale per diverse decadi,perché non sono coltivabili e si replicanosolo in cellule differenziate. Eppure il Pa-pillomavirus è ben noto alla letteraturaantica, greca e romana: le lesioni che cau-savano erano già state osservate allora in

soggetti con abitudini sessuali promiscue(come ci raccontano gli scritti di Celsusdel I secolo d.C.). Fino agli anni Settanta sipensava che tutte le verruche o i condilomifossero causati da uno stesso virus, e chele differenti manifestazioni fossero legatea diversa espressione virale nei diversi or-gani. La non coltivabilità del virus è statasuperata a metà anni Settanta con l’av-vento della biologia molecolare, che ci haportato a conoscenza della sua eteroge-neità».La conoscenza delle caratteristiche diquesto virus, come sempre avviene in ri-cerca, è avvenuta per piccoli passi, comecontinua a raccontarci Stefanon: «La sco-perta e descrizione delle lesioni da HPVnelle cellule dell’epitelio che riveste lacervice uterina sono dovute al lavoro di

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Meisels e Fortin. A partire a questo studio,Gabriella Della Torre e altri colleghidell’Istituto Nazionale Tumori di Milanohanno identificato particelle virali intra-nucleari nelle cellule epiteliali della cervi-ce, con la microscopia elettronica, morfo-logicamente identiche ai Papillomavirus.Con Giuseppe De Palo nel 1982, ho invecepubblicato la classificazione delle lesionida HPV della cervice uterina. Altri nostristudi successivi hanno avuto come argo-mento le lesioni da HPV del pene».La maggior parte dei Papillomavirus cau-sano malattie non gravi sia a livello di pel-le sia di mucose: si stima che il 75% dellapopolazione entri in contatto con uno diquesti virus almeno una volta nella vita.Sono soprattutto alcuni, dei 120 isolati,quelli responsabili del tumore alla cervice.

Figura A Unaricostruzione incomputer graficadel virus a DNA delpapilloma umano.

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Come vengono trasmessi iPapillomavirus?Ci spiega Stefanon: «L’infezione da HPV èconsiderata una malattia sessualmentetrasmessa (o MST) per contatto, la più co-mune negli USA con 6,2 milioni di nuovicasi all’anno, seconda per costi sanitaridopo l’HIV. Il Papillomavirus è considera-to uno dei più importanti agenti cancero-geni che siano mai stati identificati dallaIARC (l’Agenzia Internazionale con sedea Lione che studia gli Agenti e le SostanzeCancerogene). Come tutte le MST, l’infe-zione da HPV ha maggiore incidenza tra i20 e i 40 anni di età e la sua prevalenza èparticolarmente alta nelle donne di 20-24anni sessualmente attive, poi diminuisce.La fonte principale dell’infezione è ap-punto il rapporto sessuale, ma è ammessauna trasmissione, anche se più rara,nell’ambito familiare e ospedaliero attra-verso indumenti, asciugamani, serviziigienici, così come avviene per le verru-che. Un’altra via di contagio è il parto. IlPapillomavirus può essere trasmesso allanascita, attraverso secrezioni vaginali in-fette: alle mucose oro-faringee, alla larin-ge e ai genitali del neonato. Il Papilloma-virus non può però oltrepassare la barrie-ra della placenta durante la gravidanza,dal momento che non entra nel circolosanguigno.Infine, un’ulteriore via di trasmissione èrappresentata dall’autoinoculo, ovvero daltrasporto del virus nello stesso soggettoda una parte all’altra del corpo. In questocaso l’infezione si estende localmentegrazie a microtraumi o strofinamenti(per questo motivo da un condiloma nepossono insorgere altri vicini)».

Una volta che il virus entra nelnostro organismo cosa succede?Stefanon prosegue: «Il virus penetra nel-la cute e nelle mucose attraverso piccolelesioni dei tessuti. Quindi, infezioni dibatteri, funghi, altri microrganismi o mi-crotraumi che danneggiano e distruggo-no gli strati epiteliali superficiali favori-

scono la penetrazione del virus nelle cel-lule dello strato più profondo, chiamatobasale, dell’epitelio. Qui i virioni perdo-no il loro involucro proteico e il genomaraggiunge il nucleo della cellula dove sistabilisce mantenendo una sua indipen-denza rispetto al DNA cellulare.A questo punto può succedere che l’infe-zione finisca a causa delle difese immu-nitarie dell’organismo o che il virus per-sista nella cellula. In questo ultimo casoil virus rimane nell’epitelio, non va nelcircolo sanguigno, non danneggia la cel-lula e entra nella fase di latenza, eluden-do la sorveglianza del sistema immuni-tario. Di conseguenza non troviamo an-ticorpi circolanti, se non tardivamente epochi. In questa fase non si hanno sinto-mi. L’infezione latente è evidenziabilesolo con le tecniche di biologia moleco-lare tramite appositi esami.Non è noto per quanto possa persisterela latenza: secondo alcuni autori puòpersistere anche molto a lungo (anni).Inoltre non sappiamo quanti casi di infe-zione latente progrediscano alla infezio-ne subclinica o clinica. Un dato certo èche la persistenza a lungo di uno stessoHPV ad alto rischio in un soggetto sia lacondizione necessaria per la trasforma-zione tumorale.Quando il virus passa dalla forma latentealla fase replicativa attiva esso si molti-plica durante la differenziazione dellecellule epiteliali, passando dallo stratobasale a quello superficiale del tessuto.Si possono avere due tipi di lesioni pro-duttive e di infezione:

● infezione visibile a occhio nudo a li-vello dell’apparato ano-genitale;

● infezione visibile solo con strumenti aingrandimento e reagenti (colposcopia)per chi esamina il tessuto, visibile almicroscopio ottico in cellule preleva-te, fissate e colorate (Pap test), o in tes-suto bioptico (esame istologico)

L’infezione da Papillomavirus ha comun-que la caratteristica di presentare pochisintomi: anche le forme cliniche che col-piscono i genitali esterni generalmentesono asintomatiche, ovvero possono so-

vra-infettarsi con germi opportunisti ecausare prurito o bruciore, ma si manife-stano attraverso la comparsa progressivadi piccole escrescenze carnose non dolen-ti. Le forme piatte, subcliniche, sono evi-denziabili in occasione di un Pap test o diuna colposcopia, sono asintomatiche enon determinano alcuna manifestazionevisibile a occhio nudo o palpabile.In sintesi, l’infezione latente può rima-nere tale, può progredire ad infezionesubclinica o clinica e queste regredire inpresenza di una buona risposta immuni-taria. Infine, sotto l’influenza di cofatto-ri, l’infezione può subire una trasforma-zione in senso neoplastico.»

Qual è il rapporto fra virus ecancro alla cervice uterina?Nel nostro percorso alla scoperta del Pa-pillomavirus, Bernardina Stefanon ciracconta che «il Papillomavirus umanoad alto rischio è definito “causa necessa-ria, ma non sufficiente” del cervico-carci-noma. Ma sono importanti i cofattori,ovvero:

1) La persistenza dello stesso HPV ad altorischio per molti anni.

2) La risposta immunitaria dell’ospitegioca un ruolo fondamentale nella di-fesa contro l’infezione da HPV, infattiin casi di deficit di immunità cellulo-mediata si accentua l’espressione del-la infezione da HPV (per esempio, instato di gravidanza, in soggetti HIVsieropositivi o con AIDS, in pazientitrapiantati che ricevono terapia im-munosoppressiva).

3) Un cofattore importante è il fumodella sigaretta, in particolare alcunesostanze come le nitrosammine e altriagenti cancerogeni derivati dal ta-bacco.

4) Altro cofattore pare essere l’uso pro-lungato del contraccettivo orale, cheaumenta di 4 volte il rischio di inci-denza di cancro nelle donne portatricidi HPV ad alto rischio».

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Come funziona il vaccino controil Papillomavirus?L’Italia ha introdotto la vaccinazionegratuita nel 2006 per tutte le ragazze neldodicesimo anno di età (figura B), età incui si presuppone che le ragazze non ab-biano ancora avuto il primo rapportosessuale completo. Il vaccino viene som-ministrato in tre dosi entro sei mesi. Co-me riporta il sito dell’Istituto Superioredi Sanità: «il carcinoma della cerviceuterina è il secondo più frequente tipodi tumore femminile, con circa 500 000nuovi casi all’anno e 250 000 decessi nelmondo, ed è il primo tumore riconosciu-to dall’OMS come totalmente riconduci-bile a un’infezione. In Italia si verificanoogni anno circa 3500 nuovi casi di carci-noma della cervice uterina e 1500 deces-si». Per chi non si occupa di epidemiolo-gia è difficile capire se questi numeri sia-no significativi, e infatti una delle di-scussioni più frequenti su questo pianodi vaccinazione riguarda l’ingente spesapubblica rispetto ai numeri della malat-tia: il costo annuale per lo Stato italianoper la vaccinazione contro l’HPV è sti-mato intorno agli 80 milioni di euro.«Questi numeri sono coerenti con quellidei Paesi industrializzati, nei quali l’inci-denza e la mortalità si sono notevolmen-

te ridotte dagli anni Sessanta agli anniOttanta grazie al Pap test. Proposto negliStati Uniti da George Papanicolau nel1943, introdotto successivamente inmolti Paesi come test di screening, il Paptest ha ridotto notevolmente l’incidenzae mortalità per carcinoma della cerviceuterina. Il Pap test consiste in una raccol-ta attraverso un semplice scraping (grat-tamento) di cellule della cervice striscia-te e fissate su un vetrino, quindi coloratee studiate al microscopio ottico. È un testfacile da eseguire, non invasivo, poco co-stoso, ripetibile nel tempo.Il Pap test attua una prevenzione secon-daria poiché rileva la presenza di lesio-ni precancerose che possono evolvere acarcinomi invasivi. In via sperimentale,alcune regioni italiane stanno valutan-do metodi alternativi e propongonoanalisi diverse dal Pap test. Ricordiamoche nei Paesi Sudamericani, dove nonesistono tali programmi, la prima causadi morte in donne giovani è ancora ilcervico-carcinoma. Lo sviluppo di unvaccino efficace contro gli HPV ad altorischio invece dovrebbe costituire unaprevenzione primaria, ossia rimuovere(evitando il contagio in questo caso) lacausa di questo tumore. Un vaccino po-livalente profilattico contro HPV onco-geni in donne giovani prima dell’iniziodell’attività sessuale potrebbe rappre-

sentare il futuro. Pertanto il cancro cer-vicale potrà non solo essere una malat-tia prevedibile, prevenibile e curabile,ma, grazie al vaccino, potrebbe essereuna malattia annullabile».Continua Bernardina Stefanon: «Dal mo-mento che il periodo tra l’infezione e l’e-ventuale sviluppo di un tumore è moltolungo, si hanno dubbi circa la effettivacopertura anticorpale dopo la vaccina-zione, a distanza di molti anni. Dal 2006sono stati approvati due vaccini profilat-tici, formati con porzioni di due virus adalto rischio (HPV 16 e 18), che sappiamoessere responsabili del 70% dei casi dicarcinoma cervicale. Per ora i dati sem-brano incoraggianti, ma non sappiamoancora se sarà un vaccino perenne o avràbisogno di richiami, perché questo lo sa-premo dopo almeno 10 anni di studi.Comunque lo screening va continuato,poiché la vaccinazione non copre controaltri sottotipi ad alto rischio: questi sot-totipi potrebbero ottenere un vantaggioevolutivo e diventare prevalenti e domi-nanti. Inoltre, per debellare la malattiasarebbe ideale vaccinare anche gli adole-scenti maschi; questo è un carico sullaspesa pubblica che non possiamo per-metterci, quindi per ora si è scelto di con-centrare le risorse sulle ragazze.»Pur avendo iniziato più tardi, Gran Bre-tagna e Portogallo hanno già raggiuntola soglia dell’80% di copertura del vacci-no, mentre l’Italia non si avvicina ancoraall’obiettivo prefissato di proteggere il95% delle ragazze.

Rispondi e ricercaa. Quali sono i cofattori che

predispongono alla comparsa deltumore alla cervice causato da HPV?

b. A che età vengono vaccinate leragazze in Italia? Che caratteristicheha il vaccino?

c. Fai una ricerca, aiutandoti con laRete, per confrontare i dati dellavaccinazione in Italia e in atri Paesi,poi costruisci un grafico che mostrile percentuali di ragazze vaccinatenegli ultimi anni.©

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Figura B In Italia la vaccinazionecontro HPV è gratuita per le ragazzedi 12 anni.

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Si potrà guarire dall’AIDS?di LISA VOZZA

Una delle domande più difficili riguardo alvirus dell’immunodeficienza umana (HIV)è se sarà mai possibile liberare completa-mente tutte le cellule di una persona siero-positiva dal virus. Dato che le cellule infettepossono essere milioni, per anni l’impresaè sembrata al di là di ogni capacità umana.Infatti, il virus si è fatto “la sua casetta” inmilioni di cellule del sistema immunita-rio di un organismo infetto (figura A). Eha depositato ciò che ha di più prezioso, ilsuo materiale genetico, all’interno di ciòche noi abbiamo di più prezioso, il nostroDNA, che è custodito nel nucleo.Via via che il virus si riproduce infettasempre nuove cellule, penetrando in sem-pre più nuclei e depositando sempre piùcopie del suo materiale genetico. Così, perottenere la guarigione completa, andreb-be estirpato dal nucleo di ogni cellula:una missione che sembra impossibile.

Forse bisogna provare aragionare in un altro modo?Per esempio, se anziché cercare di estir-pare il virus, tentassimo di eliminare la

porta d’ingresso che il virus usa per en-trare in ogni cellula?Per entrare nelle cellule tutti i virus anima-li usano come porta d’ingresso un recettorepresente sulla superficie. L’HIV ne usa ad-dirittura due: una proteina chiamata CD4 euna seconda proteina che si chiama CCR5.Mentre senza CD4 si vive male, di CCR5possiamo fare a meno. Lo dimostrano i po-chissimi fortunati che, avendo una muta-zione in entrambi i geni ccr5, non solo sonosani, ma sono anche immuni all’AIDS: alcu-ne persone che sono omozigoti per questamutazione non si sono infatti mai infettatecon l’HIV nonostante le ripetute esposizio-ni al virus. Questo è perché nel loro corpol’HIV non ha mai trovato il recettore cui at-taccarsi per entrare nelle cellule e infettarle.

Qual è l’importanza delrecettore CCR5?La storia di uno dei pochissimi pazientimai guariti dall’HIV conferma l’impor-tanza di questa proteina: si tratta di Ti-mothy Ray Brown, anche noto come “ilpaziente di Berlino” dato che la sua cura

è avvenuta nella capitale tedesca. Ti-mothy, oltre ad avere l’AIDS, si era am-malato di leucemia e una delle terapiecontro il suo tumore del sangue era il tra-pianto di midollo osseo (il tessuto molleche si trova all’interno delle ossa, dove siformano tutte le cellule del sangue).«Proviamo a prendere i proverbiali duepiccioni con una fava» è stata l’idea deimedici. Già che dobbiamo fare questotrapianto, perché non provare a sostitui-re le cellule del midollo di Timothy concellule del sangue che siano anche resi-stenti all’HIV?Così la scelta del donatore di midollo ècaduta su uno di quegli individui resi-stenti all’HIV a causa della mutazioneomozigote nel gene ccr5. Il trapianto diTimothy è avvenuto nel 2008: da allora èguarito da entrambe le malattie e control’HIV non prende più farmaci antiretro-virali.Che cosa può essere successo nell’orga-nismo del paziente di Berlino? Le celluletrapiantate, che non avevano il recettoreCCR5 e quindi erano resistenti all’infe-zione da HIV, essendo più forti e sanepossono avere preso il sopravvento: pos-sono essersi riprodotte con più vigore ri-spetto alle cellule infette di Timothy,che erano probabilmente ancora presen-ti in organi diversi dal midollo, come ilinfonodi o la milza, ma anche più inde-bolite. Invece nel midollo, che era statocompletamente irradiato prima del tra-pianto e quindi era stato per così dire ste-rilizzato, verosimilmente non c’eranopiù cellule infette.Questi risultati hanno acceso la speranzache altri pazienti possano guariredall’AIDS se nelle loro cellule si eliminail recettore CCR5. Il trapianto di midolloè però una procedura complicata e costo-sa, e inoltre i donatori compatibili cheabbiano anche la mutazione omozigotedi ccr5 sono estremamente rari. Occorre-va quindi cercare un’altra strada.

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Figura A Rappresentazione di HIVnel torrente sanguigno.

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15© Zanichelli editore 2014

Altre letture per approfondireOcchio ai virus, Maga G., Zanichelli, Bologna, 2012I virus non aspettano, Capua I., Marsilio, 2012Virus e batteri, La Placa M., Il Mulino, Bologna, 2011Epidemie, Rezza G., Carocci, Roma, 2010I dardi di Apollo, Pigoli G., UTET, Novara, 2009I vaccini nell’era globale, Rappuoli R. - Vozza L., Zanichelli, Bologna, 2009Il quarto cavaliere, Nikiforuk A., Mondadori, Milano, 2008Contagio, Pulcinelli C. - Girardi E. - Greco P., Editori Riuniti, 2003Il nemico invisibile, Crawford D., Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002Epidemia. Storia della grande influenza del 1918 e della ricerca di un virus mortale, Gina Kolata, Mondadori, Milano, 2000

Alcuni siti d'informazione scientificawww.epicentro.iss.it, il portale a cura del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salutelescienze.it, l’edizione italiana di Scientific Americancdc.gov, il sito dei Centers for Disease Control and Prevention del governo USAnature.com/news, la sezione di notizie giornaliere della rivista scientifica internazionale Nature

Ma esiste un’altra soluzione?Immaginate un minuscolo chirurgo ge-netico che entra nelle cellule, penetranel nucleo, taglia a pezzi il gene ccr5 e lorende inservibile. Questo chirurgo, capa-ce di rendere le cellule del sistema im-munitario resistenti all’HIV, esiste ed èuna proteina artificiale chiamata nucle-asi zinc finger.La proteina artificiale è costruita unendoun enzima che può tagliare il DNA (ov-vero la nucleasi) con una proteina chepuò legare in modo specifico il DNA (ilcosiddetto zinc finger). Nel nostro caso lanucleasi zinc finger è stata progettataper tagliare specificamente il gene ccr5 enessun altro gene.Questa soluzione ha funzionato benissi-mo in laboratorio e almeno in parte neipazienti: i globuli bianchi rimossi dai pa-zienti sono stati trattati con una nucleasizinc finger per ccr5, che è riuscita a rag-giungere il nucleo tramite l’infezionecon un altro virus, un adenovirus, peral-tro inattivato. Dopo il trattamento i glo-buli bianchi sono diventati resistentiall’infezione da HIV e dopo la reinfusio-ne nei pazienti la quantità di virus pre-

sente si è ridotta ma non è scomparsa.Il risultato incoraggiante è ancora lonta-no da permettere di guarire i pazienti,dato che dentro di loro restano ancoramolte cellule “non operate” che possonoessere ancora infettate dall’HIV. L’usopoi di un adenovirus seppure inattivatocome veicolo per penetrare nella cellulae raggiungere il nucleo pone altri rischiche vanno considerati.Ma è un’importantissima prova di princi-pio che fa sperare e lascia andare la fanta-sia. Forse in un futuro non troppo lonta-no saremo capaci di impacchettare in unfarmaco “strumenti” come le zinc fingernucleasi, o le versioni più moderne diquesto preciso bisturi molecolare. Magariun farmaco sarà anche capace di portareil nostro minuscolo chirurgo genetico nelnucleo di tutti i globuli bianchi, per esem-pio tramite un nanoveicolo progettato danoi (e non un virus modificato che puòsempre essere un rischio). Lì quel far-maco potrà distruggere entrambe le co-pie del gene ccr5 di ogni cellula dell’or-ganismo, senza che le cellule debbanoessere prima estratte, manipolate al difuori del corpo e poi reinfuse. E farmacianaloghi potrebbero curare tante altremalattie, come il cancro, che dipendono

da lesioni genetiche delle cellule.Carl June è colui che ha inventato nelsuo laboratorio, all’Università dellaPennsylvania, questo approccio poten-tissimo e lo ha provato per la prima voltanei pazienti. Sta anche provando altri in-gegnosi strumenti molecolari: delle spe-cie di anticorpi artificiali che cercano diinsegnare al sistema immunitario comedistruggere le cellule tumorali.

Rispondi e ricercaa. Che cos'è e come funziona il

recettore CCR5?b. Che cos’è la nucleasi zinc

finger?c. Aiutandoti con una ricerca in

Rete, cerca notizie sui farmaciantiretrovirali e raccontala loro storia con unabreve presentazione in PowerPoint(o altri programmi analoghi).

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BIOLOGIA*2014 FRONTIERE SCIENZA TRI

ISBN 978-88-08-73685-7

9 788808 7368577 8 9 0 1 2 3 4 (02L)