Le Coste e il Mare della provincia di Salerno

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itinerari alla scoperta delle coste e del mare nel golfo di Salerno

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Il risanamento ambientale e la tutela delle risorse naturali e paesaggistichedevono essere intesi non come un vincolo, ma come una pre-condizione per rea-lizzare un nuovo modello di sviluppo. Attrae iniziative economiche (e visitatori)un territorio “sano”, non inquinato, con un’alta qualità di servizi e di infrastrut-ture, un elevato livello di vivibilità nei centri urbani e rurali.La “questione ambientale” diventa, quindi, un’azione di stimolo, che unisceanalisi e proposta, al fine di orientare le grandi trasformazioni necessarie alcomprensorio salernitano.Un capitolo particolarmente importante è quello relativo alla lotta all’erosionedelle coste. La nostra provincia con la sua vocazione turistica, sta attivandotutti i finanziamenti possibili per la difesa delle spiagge e degli arenili, ancheprevedendo piani pluriennali, definendo accuratamente le priorità e le emer-genze.Uno degli straordinari giacimenti di ricchezza ancora non del tutto valorizzati èrappresentato certamente dai fondali e dalle aree sottomarine che costituisco-no delle vere e proprie riserve ambientali di primissimo piano.Il lavoro da svolgere è enorme ed il reperimento delle risorse è un compito arduoe difficile soprattutto alla luce della situazione complessiva della finanza pub-blica. In base a queste motivazioni la collaborazione tra i vari livelli istituziona-li e le politiche di concertazione in merito ad interventi mirati possono contri-buire a ridurre il rischio di dispersione e di polverizzazione degli interventi.La Provincia ha già promosso iniziative di supporto tecnico ed operativo ed hainserito la salvaguardia dell’ambiente tra le proprie priorità programmatiche: lastrada intrapresa è quella giusta, occorre continuare a profondere il massimosforzo per cogliere quei risultati che consentiranno di stimolare positive ricadu-te sia dal punto di vista del miglioramento della qualità della vita che sotto ilprofilo del rilancio economico, soprattutto nel settore turistico.

Angelo VillaniPresidente della Provincia di Salerno

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Editore, direttore editoriale e artistico

Mariano Grieco

Coordinamento scientifico

Teobaldo Fortunato

Direttore responsabile

Dario Coviello

Relazioni esterne

Ersilia Ambrosino

Testi:

Teobaldo Fortunato

conPiero CalifanoGiovanna Fasanino

Foto:

Alfio Giannotti

e Archivio Altrastampa

Progetto grafico

Altrastampa

Copertina Panorama da RavelloFoto: Alfio Giannotti

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Le coste della provincia di SalernoIl mare incantato

La costiera amalfitana4

La costa cilentana30

Numero specialeLe coste e il mare

della Provincia di Salerno

• I COMUNINumeri telefoniciricavati dalla Guida MonaciAnnuariodella Regione Campania

• Agropoli0974.823094

• Amalfi089.8736211

• Ascea(Velia)0974.977008

• Atrani089.871185

• Battipaglia0828.677111

• Camerota(Marina di Camerotae Lentiscosa)0974.920211

• Capaccio(Paestum)0828.812111

• Casal Velino(Marina di Casal Velino)0974.908811

• Centola(Caprioli e Palinuro)0974.933006

• Cetara089.261068

• Conca dei Marini089.831301

• Furore089.874100

• Ispani(Capitello)0973.381201

• Maiori(Erchie)089.814211

• Minori089.851504

• Montecorice(Agnone)0974.964340

• Ogliastro Cilento(Ogliastro Marinae Casa del Conte)0974.833004

• Pisciotta(Marina di Pisciotta)0974.973035

• Pollica(Acciaroli e Pioppi)0974.901421

• Pontecagnano089.386311

• Positano089.8122511

• Praiano089.874557

• Ravello089.857122

• Salerno089.661111

• San Giovanni a Piro(Scario e Bosco))0974.983039

• San Mauro Cilento(Mezzatorre)0974.903161

• Santa Mariadi Castellabate

(Santa Mariae San Marco)0974.962311

• Santa Marina(Policastro Bussentino)0973.989005

• Sapri0973.605511

• Scala(Pontone)089.857115

• Vibonati(Villammare)0973.301413

• Vietri sul Mare(Raito)089.763811

• Provincia di Salerno089.614111

S o m m a r i OS o m m a r i O

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nella Rondinaia, li ha definiti arti-sti “ribelli”: Andrè Gide, Leonard eVirginia Woolf, Enrik Ibsen,Edward Morgan Forster, DavidHerbert Lawrence. Gore Vidal

giunse nel 1948, in compagnia diTennessee Williams e si innamoròsubito di questo angolo di paradi-so. È delle cronache rosa anteguerra, il racconto del brevissimo,

ma intenso e fugace incontro tra ilcompositore Leopold Stokowsky ela superba Greta Garbo, a VillaCimbrone. Cosa dire di John eJacky Kennedy, fotografati nei

“...Assai presso a Salerno è unacosta sopra il mare riguardante, laquale gli abitanti chiamano lacosta d’Amalfi, piena di piccolecittà, di giardini e di fontane ed’uomini ricchi e procaccianti inatto di mercantantia si come alcu-ni altri. Tralle quali cittadine v’èuna chiamata Ravello...”. Siamo nelXIV secolo ed il signore che descri-ve in maniera così arguta è messerBoccaccio: uno dei primi turistid’élite della Divina Costa o piutto-sto una fiction letteraria mutuatada altri autori? Francamente nonci sentiamo di liquidare in modoirriverente cotanto ingegno... cisarebbe bisogno di incomodarecritici e biografi per capire se unodei padri della letteratura nostra-na, ospite “poco gradito” al castel-lo di Nocera, intorno agli anniSessanta del Trecento abbia com-piuto un’escursione anche a casaRufolo. (Vale la pena ricordare chel’accenno a Ravello è contenuto

nella Novella IV della Giornata IIdel Decameron). Ed a seguire, dieccellenti presenze a Ravello comead Amalfi, fino ai nostri giorni vene sono state tante, personaggi

stregati dagli scorci infiniti e pienidi colore, dalla malìa dei panora-mi. Molti, Gore Vidal, l’irriverentescrittore americano che ha abitatofino a pochi mesi fa a Ravello,

In alto:Giovanni

Boccaccio.A destra:

panoramadi Ravello.

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Il mare incantatoLe coste della provincia di Salerno

testo: Teobaldo Fortunatocon Piero Califano

e Giovanna Fasanino

foto: Alfio Giannottie archivio Altrastampa

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cratiche da sempre dominano lascena: Villa Rufolo sottolineatadalle inconfondibili due torri instile arabo-normanno, dal minutochiostro arabescato, e la Torre diKlingsor erta sul lussureggiantegiardino.Qui, Richard Wagner intravide nel-

l’ultima decade del maggio 1880,dopo una lunga cavalcata daAmalfi su fino a Ravello, il giardi-no di Klingsor. A Villa Rufolo,abbandonata dal XVIII secolo, siera stabilito nel 1851, FrancisNevile Reid con la moglie SophieCaroline Gibson Carmichael, dopo

primi anni Sessanta del Nove-cento, nel salotto cittadino, difronte al Duomo? Questa peròforse è storia di un tempo ancoratroppo vicino per essere compresaappieno. Cerchiamo dunque diripartire da dove ci eravamo pro-posti per il nostro soggiorno

vacanziero rilassante e quantomeno culturale. Potremmo chia-marli appunti di viaggio? Ravellopaga il tributo della sua fama allafausta posizione naturale ed allamesse enorme di opere d’arte chehanno fatto del gioiello incastona-to alla sommità dei monti,

Patrimonio dell’Umanità. Ovunque,si incontrano colonne, epigrafi,cornici, architravi, memorie mar-moree di spoglio. Il paese si erge a360 metri sul livello del mare suun massiccio tra la Valle delDragone e la Valle del fiumeReginna Minor. Due dimore aristo-

In questa pagina.Panorama dal belvedere

di Villa Rufolo.Pagina seguente.

In alto:Teodoro Duclère, Ravello.

Al centro:la piazza del Duomo.

In basso:la torre di Villa Rufolo.

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Intorno alle origini di Ravello, visono ancora molti dubbi se siasorto come piccolo centro, intornoal VI secolo d.C. allorquando pro-fughi dell’Ager Nucerinus cercaro-no riparo contro le frequentiincursioni barbariche o piuttosto,aveva rappresentato dall’epocaimperiale una testa di ponte versole villae maritimae impiantatelungo la costa. L’epoca di maggio-re espansione coincise con lanascita della Repubblica d’Amalfi,intorno all’anno 810 d.C. ed i con-

tatti più frequenti con il mondoarabo e quello bizantino. Le gentes di antico lignaggio e dilunga memoria, tra cui vannoannoverati i d’Afflitto, i Muscet-tola, i Frezza, i de Marra, i Rufolo,grazie a floridi commerci, diederoun apporto economico immensoallo sviluppo della città.Della raggiunta potenza dei Rufoloè traccia nei versi di EustacchioVenosino: “En Rufola Navis, EnEnrici Fama Ravelli”. Una anticatradizione, peraltro non conferma-

ta dalle fonti, vuole che il toponi-mo derivi da Rebellum, ribelle, inricordo dell’antica ostilità alla piùpotente Amalfi.La città fu dotata anche di unafortificazione costituita da treordini di mura difensive e numero-se torrette. Alle soglie dell’evomoderno, fu travolta da eventisismici, invasioni, pestilenze edemigrazione, concause che se nedecretarono la lenta decadenza, lehanno permesso però di continua-re ad esercitare quel fascino irresi-

averla rilevata dai marchesiCamera d’Afflitto. Nevile era l’ere-de di una tradizione tutta europea,quella del Grand Tour che dalSettecento in poi fino a metàOttocento, aveva visto attraversa-re i centri italiani di maggioreinteresse, Venezia, Firenze, Roma,Napoli, Pompei, Paestum, la Sicilia,non solo dai rampolli delle nobilicasate francesi, inglesi e tedeschema anche da una folta schiera diintellettuali da Winckelmann aChateaubriand.L’altra punta di diamante è VillaCimbrone, a strapiombo sulla col-lina sottostante da cui lo sguardosi perde ad oriente, dove l’aurora,in ogni stagione, illumina l’ansasegnata dal Golfo di Salerno.Ferdinand Gregorovius, a proposi-to del Belvedere del Cimbrone,annotò: “Nel contemplare quegliorti di Armida, fra le rose e leortensie, quel mare magico... nasceil desiderio di poter volare”. Nellesue stanze Ernest William Beckett,stabilì un cenacolo letterario a cuifecero capo tutti gli intellettualidel gruppo di Bloomsbury. Ma leevidenze architettoniche a Ravellorivestono tutte notevole interesse:in primis, il Duomo dalle bronzeeporte del 1179, firmate daBarisano da Trani, regalate allaCattedrale dal nobile di Ravello

Sergio Muscettola. La navata cen-trale è dominata dal pulpito inmosaico, opera magistrale diBartolomeo da Foggia, datato al1272, dono dell’aristocratico Ni-cola Rufolo alla consorte Sighel-gaita Della Marra.Da visitare sono inoltre, la Chiesadi San Giovanni del Toro con unbel pulpito anch’esso in mosaicodell’XI secolo di Alfano da Termoli,la Chiesa di Santa Maria a Gradilloche da qualche tempo ospitaeventi d’arte, mentre anticamente

era il luogo ove si riunivano isignori ravellesi. Sede oggi invece,della sala convegni del CentroUniversitario Europeo per i BeniCulturali è la Chiesa della Santis-sima Annunziata, eretta da reLadislao quale omaggio ai fedeliFusco, connotata dalle due piccolecupole gemelle. Interessante èanche il convento francescano delXIII secolo al cui interno è custodi-ta una ricchissima biblioteca; ilchiostro romanico risuona dimusica nelle notti d’estate.

In alto, a sinistra:il giardino di

Villa Cimbrone.A destra:

panorama dalbelvedere di

Villa Cimbrone.

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Santa Caterina, Campidoglio,Minuta e Pontone. Il paesaggio èprofuso della grande aura di spiri-tualità che aleggia intorno: unapasseggiata a Punta d’Aglio, aSanta Maria dei Monti, alla Torredello Ziro ed alla Riserva NaturaleIntegrata di Valle delle Ferriere, incui è possibile ammirare rare felcitropicali, rigenera l’animo, soprat-tutto nelle assolate giornate esti-ve. Nel più antico paese di tutta lacosta d’Amalfi meritano una visitaaccurata i suoi monumenti: ilDuomo dal pavimento di maiolichee dai soffitti dipinti o, a Minuta, glistupendi affreschi nella Chiesadell’Annunziata. Si segnala l’Iti-nerario Alfonsiano tutto contenu-to nel perimetro di via Torricella,con una visita alla Cappella delleApparizioni e la Grotta dell’Ovo,oppure l’Itinerario Benedettino,composto da sei monasteri, untempo solidi e fiorenti. Si parte dalConvento di Campoleone, prose-guendo per l’Abbazia dei SantiBenedetto e Scolastica aTavernata tra Pontone e Pogerola,quella dei Santi Giuliano e Marcia-no sulla sommità del monteCerbelliano, Santa Maria deAquabona, Sant’Elena, verso ilquartiere amalfitano di Pianellofino a Santa Maria de Fontanella aPriegi nella vallata del Dragone.

Paginaprecedente.In alto: panoramadi Scala.Sotto: panoramadalla Torre delloZiro a Pontone.In questa pagina.In alto:panoramadi Scala.In basso:internodel Duomodi Scala.

stibile che ne fa ancora una dellemete più esclusive del jet setinternazionale per la sua posizioneappartata e la salubrità dell’aria.In posizione leggermente più altae riparata è Scala, dalle originiantiche; nell’anno 1073 fu rasa alsuolo da Roberto il Guiscardo ed inseguito depredata dai Pisani dopola battaglia del 1137. Fu possedi-mento di nobili famiglie napoleta-ne sotto il dominio degli Angioiniprima e degli Spagnoli dopo, finoall’Unità d’Italia. Numerose sonole chiese; tra le tante ricordiamo ilDuomo di San Lorenzo che si sta-glia sulla piazza principale; laChiesa e il Campanile di SanGiovanni Battista a Campidoglio,la diruta Basilica di Sant’Eustac-chio. Nel 1731, fu fondato l’ordinemonastico delle Suore delSantissimo Redentore, voluto daMadre Maria Celeste Crostarosa egrazie alla collaborazione diSant’Alfonso Maria de’ Liguori chefondò la Congregazione dei PadriMissionari. Il convento delle suoredai colori rosso e azzurro, tuttora èsede di noviziato. Scala ha datoanche i natali a Gerardo de Saxoche nel secolo XI fondò gliOspedalieri, oggi Sovrano OrdineMilitare dei Cavalieri di Malta. Ilterritorio è diviso come un tempoin sei borghi: Centro, San Pietro,

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denzia un piccolo campanile a velache sovrasta l’orologio sulla fac-ciata ed una porta in bronzo data-ta al 1087, donata da un mercan-te; inoltre un pluteo di marmo, delXII secolo, decorato con una rile-vata scena allegorico celebrativacon due pavoni ai lati di un simbo-lico albero.In via Arte della Lana, poco lonta-no dalla piazza, si erge ilMonastero francescano di SantaRosalia e l’omonima chiesa. Al suointerno è possibile ammirare unprezioso organo del XVIII secolo eun’anonima tela con l’effige diSanta Rosalia. Nel tessuto urbanosi incontrano ancora la Chiesa diSanta Maria del Bando, situata abreve distanza dalla Torre delloZiro. Databile al XII, domina tuttoil centro cittadino. Attigua allaChiesa di San Salvatore de Birectoè quella di Santa Maria Immaco-lata. Interessanti sono altresì laCappella di Santa Gertrude del1687 e la Chiesa del Carmine incui si conserva un presepe seicen-tesco, allestito durante le festivitànatalizie. Caratteristica è la Chiesadi San Michele Fuori le Mura delXII secolo.Atrani grazie alla sua strutturaurbanistica che trova il naturale

Fuori dal centro cittadino, unbosco di poderosi castagni invitagli amanti dell’equitazione e del-l’escursionismo montano. AndréGide, giunto a Ravello, dopo un’e-scursione a Scala, scrisse: “Ravellomi ha impressionato, così la costa,ma alla fine del mio soggiorno hovisitato un piccolo paese che chia-mano Scala, che può non piacertidal nome, ma non si può appellarlodiversamente. È un escalier quasimetafisico, che ti porta in alto e timantiene sospeso in una contem-plazione infinita”. Poco rimanedella cinta muraria medievale,delle grandi porte d’accesso alla

civitas e delle torri ora poco piùche ruderi, ghiottonerie architet-toniche per gli intellettuali d’ol-tralpe: intorno agli inizi del secoloVentesimo, il danese Karl Wunstolfriadattò per i suoi compatrioti, lerovine della Chiesa di San Cataldoin una casa degli “artisti”.Ritornati a Ravello, imbocchiamouna stradina oltremodo ripida.Sinuosa e verosimilmente anticacongiunge Ravello ad Atrani scalomarittimo già frequentato dagliEtruschi e dai Greci d’Occidente.Rimase quasi del tutto disabitatofino a quando divenne parte inte-grante della Repubblica Amal-

fitana. Ritenuta città “gemellad’Amalfi”, nella sua chiesa i duchifurono investiti e sepolti.I Normanni la occuparono intornoall’XI secolo, ad essi seguirono gliSvevi, gli Angiò e gli Spagnoli.Determinante fu l’ascesa al trononapoletano dei Borbone cheimpiantarono lungo la vallata delDragone, cartiere, pastifici e filan-de dando un rinnovato impulsoall’economia del minuscolo paese.Atrani preserva una conformazio-ne simile ad un borgo medievale,circondato dai resti delle mura.Entro il nucleo centrale sono sortela Chiesa di Santa Maria Mad-dalena, quelle di San Salvatore,San Michele, del Carmine, SantaRosalia, Santa Maria del Bando.La Collegiata di Santa MariaMaddalena fu edificata nell’anno1274 su quel che rimaneva di unatorre medievale. Artefici furono gliabitanti del posto che innalzaronol’edificio sacro per essere scampa-ti ai pirati saraceni. Oggi, presentanotevoli interventi di restauro.Nella Chiesa di San Salvatore deBirecto per secoli sono stati inve-stiti i Dogi, con l’imposizione delberretto dogale, da cui deriva l’in-titolazione. Eretta nel X secolo, tragli elementi più importanti evi-

In questa pagina.Veduta dall’alto

di Atrani.Pagina seguente.

In alto:panorama di

Atrani.In basso:

la cosiddettaCasa di

Masaniello.

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nel tessuto urbano (tanti sono irocchi di colonne e le epigrafi),della città che dà il nome all’inte-ra costa, bisogna ricordare che fula prima Repubblica Marinarad’Italia. Sfaldato l’impero romano,è stata tra i primi centri ad averintessuto nuovamente rapporticommerciali fra l’Europa occiden-tale e le coste orientali delMediterraneo. Furono in tal modoripresi quei traffici intensi che permillenni avevano fatto affluire neimaggiori porti italici dell’impero,spezie, aromi, sapori esotici e pro-dotti nuovi: il caffè ad esempio ela carta. Coniò una propria mone-ta: il tarì. Diede i natali all’inven-tore della bussola, Flavio Gioia.Furono in città, codificate taluneleggi marittime, contenute nellaTabula de Amalfa, utilissime, alungo, per gli uomini di mare. Nel1112, a Gerusalemme, gli Amal-fitani edificarono un famoso ospe-dale in cui fra’ Gerardo Sasso daScala fondò l’ordine militare e reli-gioso dei Cavalieri di San Giovan-ni, successivamente di Cipro, poi di

corollario nella spiaggia - unasorta di proscenio su un’idealecavea di teatro romano, tagliato indue dal lungo ponte della strada -rimane impressa nella memoria

dei turisti per l’aspetto bizzarro epittoresco. La Fontana Moresca,eseguita nel 1927 da Luigi déBartolomeis, fa da sfondo allapiazza, chiusa quasi del tutto sui

lati. Nel 1923 giunse sulla DivinaCosta Mauritius Cornelius Escher:realizzò quelli che l’artista stessodefinì “esercizi pratici”, ossia i 110disegni dedicati ai paesaggicostieri in cui però fu certamente“il villaggio” (Atrani) ad affasci-narlo maggiormente per la magiadelle intricate viuzze che ispiraro-no, nel 1931, l’opera “Atrani, Costad’Amalfi” e “Metamorphosi” nel1939. Se per superficie è forse ilpiù piccolo comune d’Italia, hatuttavia accanto alle opere d’arteanche scenari naturalistici interes-santi quali le grotte, tra cui quelladefinita di Masaniello, dove,secondo racconti leggendari, paresi sia rifugiato dopo la rivolta cheda lui prese il nome. Varcato iltunnel che da tempo ha sostituitol’antica strada, si giunge adAmalfi, forse avamposto maritti-mo romano di Nuceria Alfaterna,situata oltre il massiccio dei montiLattari. Se negli ultimi decenni laricerca archeologica sta tentandodi ricostruire la storia della cultu-ra materiale d’età antica, presente

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Vedutedi Amalfi.

Pagina successiva.In alto:la Valle

dei Mulini in unacartolinad’epoca.

Al centro:Giacinto Gigante,

Cattedraledi Amalfi.In basso:

Amalfi in unacartolinad’epoca.

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Oltre il protiro impreziosito damonofore e trifore, il portale dibronzo, databile intorno al 1066,fuso a Costantinopoli, fu donatoda Pantaleone Comite. Il campani-le in stile romanico risale al 1276ed ha la caratteristica di essererivestito completamente di maioli-che. Suggestivo è il Chiostro delParadiso (1266), attiguo al Duomo.Evidenzia caratteristiche stilisti-che arabeggianti; ha una riccadecorazione di archi intrecciatiimpostati su esili colonne binate.All’interno del piccolo chiostrohanno trovato posto reperti lapideiromani e medievali. Autenticogioiello architettonico è infine lacripta, edificata nel XIII secolo perospitare le reliquie del santopatrono, Andrea, venute dalle terred’Oriente in seguito alla QuartaCrociata. Addentrandoci nellaValle dei Mulini, un tempo opero-so quartiere, si incontrano le vec-chie cartiere, di cui qualcuna èancora attiva delle 16 documenta-te alla fine del Settecento.Interessante è il Museo della Cartaa mano di Amalfi, ubicato inun’antica cartiera e costituito dauna ricca biblioteca dotata di oltretremila volumi specialistici.Verosimilmente furono gli Amal-fitani i primi in Europa a fabbrica-

re la carta, grazie ai frequenti edintensi contatti commerciali con ilmondo arabo da cui mutuarono letecniche di fabbricazione median-te la macerazione dei vegetali.Lasciata alle spalle Amalfi, seguia-mo le anse tortuose della stradache ci conduce a Conca deiMarini.Come altri paesi della costiera, leorigini di Conca dei Marini risalgo-no all’epoca romana. La cittàdivenne famosa per l’attività mer-cantile che la fece prosperare permolti secoli anche sotto il dominiodegli Svevi e degli Angioini.La sua storia è strettamente lega-ta a quella di Amalfi, con la qualecondivise i momenti di gloria,durante l’epoca splendente dellaRepubblica, ma anche i periodi dideclino, sottomissione e malat-tia. Oggi Conca dei Marini è unmeraviglioso borgo marinaro che,grazie alle caratteristiche case daitetti bianchi e dal mare color sme-raldo, si sta man mano trasfor-mando in una richiestissima metaturistica.Conca è anche un luogo esclusivo,ove in epoche non lontane si sonoconcentrate le ville dei maggiorivip della scena internazionale: leresidenze esclusive degli Agnelli,dei Moet et Chandon, di Carlo

Ponti e Sofia Loren, dei Ruffo e deiD’Urso, ospiti dei quali furono arti-sti, scrittori, registi di grido chesono venuti a bagnarsi in questomare cristallino, tra cui JaquelinKennedy o la Principessa d’Olan-da. Famosa non solo per il paesag-gio caratteristico, Conca deiMarini ha molti beni architettoni-ci. Il Convento di Santa Rosa è unabellissima struttura risalente al1539, donata dall’allora Arcives-covo di Amalfi al Comune di Concadei Marmi che a sua volta, nel1679, donò la costruzione a SuorMaria Pandolfo fondatrice di unConvento di Domenicane chiama-te di Santa Rosa. Fu nelle cucine diquesto convento che nacque lafamosa sfogliatella Santa Rosarinomata in tutto il mondo. Chiusoal pubblico, conserva comunque lasua imponenza. L’annessa chiesinadi Santa Maria de lo Grado (XIsecolo) è ormai bisognevole direstauri. La Chiesa di Sant’Antonioda Padova, dal campanile maioli-cato, fu restaurata nel 1909.Nell’interno caratterizzato daabsidi piatte e una volta a crocie-ra, si possono ammirare un’acqua-santiera in marmo e pavimenti inmaiolica. Nella zona di Penne,invece, è situata la Chiesa di SanMichele Arcangelo. La Chiesa di

Rodi ed infine di Malta nell’anno1530.I Normanni le strapparono l’indi-pendenza ed in seguito gliAngioini seguiti dagli Aragonesi nesvilirono la potenza dei commerci,recuperata nel Ventesimo secoloquando è divenuta un rinomatocentro balneare. Ad Amalfi non sirespira unicamente la storia e l’ar-te. Il clima mite favorisce un turi-smo che nella stagione fredda hapochissime se non rade battuted’arresto, grazie anche all’incom-parabile bellezza dei suoi monu-menti, quali il Duomo. Edificatonel IX secolo, al tempo in cui laRepubblica Marinara si affermavaquale grande emporio commercia-le, subì un rifacimento nel 1203,assumendo quelle linee stilistichearabo-normanne, portate dainuovi signori. Un ulteriore resty-ling lo ebbe verso il 1570. In segui-to ad un crollo avvenuto a metàdel XIX secolo, fu ricostruito dinuovo e, nel 1891 la scenograficascalinata fu risistemata comeanche la facciata impreziosita daesili lamine auree. Quest’ultima ècoronata dallo splendido mosaicocon Cristo in trono tra gliEvangelisti. L’opera fu realizzatadal veneziano Salviati su cartoneapprontato da Domenico Morelli.

In alto:Amalfi,

il Chiostro delParadiso.

In basso: Amalfi, la scala

che porta aiCappuccini.

Paginasuccessiva.

Il Capo di Concadei Marini.

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San Pancrazio, poco lontano dallastatale, è immersa nel verde di unuliveto, immortalato da una poesiadel poeta salernitano AlfonsoGatto. L’edificio sacro è costituitoda tre navate e altrettante sono leabsidi e le porte d’ingresso. Lenavate laterali presentano unavolta a crociera e tre cappelle connumerosi ex voto dei marinai riap-prodati indenni dalle tempeste. Direcente è stata restaurata la fac-ciata del campanile in seguito alcrollo di quella originale. Dal bel-vedere si può ammirare un pano-rama unico sulla costa e sul mare.Infine sulla penisoletta della mari-na, Capo di Conca, è la TorreCostiera, detta Torre Bianca, volu-ta dal marchese di Villafranca ededificata dal viceré di Napoli donPedro de Toledo, intorno al 1563per far fronte alle incursionimusulmane. È destinata ad ospita-re il costituendo Museo del Mare edell’Arte Marinara. In epoche pas-sate, tuttavia, fu adibita a cimite-ro ed ospitava, addossate unaall’altra, le salme dei Conchesi. Apoca distanza dal paese è possibi-le visitare la Grotta dello Sme-raldo. Fu scoperta per caso dalmarinaio Luigi Buonocore nel

1934 ed è raggiungibile sia dalmare che dalla terra. L’interno pre-senta una caratteristica quasiunica: racchiude in sé sia gli ele-menti di una grotta carsica chequelli di una grotta marina.Nel corso dei secoli la grotta fuinvasa dal mare, cosicché sia lestalattiti che le stalagmiti sonoimmerse nell’acqua fino a notevo-le profondità.Un’apertura posta a circa 12 metrisott’acqua permette l’entrata deiraggi solari che ci regalano unincredibile colore smeraldo.Particolarmente interessante è ilpresepe subacqueo di ceramica diVietri sul Mare. Si prosegue alla volta di Furore, ilcui fiordo svela tutto il suo fascinose lo si raggiunge dal mare. È statoil torrente che scendendo persecoli a precipizio nel mare dall’al-topiano di Agerola, ha scavato ilcostone nella montagna alle spal-le di Praiano. La eccentrica confor-mazione fisica del paese ne feceun’imprendibile roccaforte duran-te le devastanti incursioni sarace-ne. Gli abitanti a lungo sono statidediti alle attività legate al marenonché alla pastorizia, all’artigia-nato ed al commercio sfruttando,quale naturale approdo, il fiordo,reso famoso, in tempi più recenti,anche per le frequentazioni di per-sonaggi del mondo del cinema; quiebbero un casa anche AnnaMagnani e Roberto Rossellini.Furono fiorenti cartiere e mulinigrazie alla forza motrice delleacque del ruscello Schiato. Il topo-nimo deriva da Terra Furoris (terradel furore), in virtù forse della vio-lenza dei flutti marini, durante letempeste, contro la scogliera nelfiordo ricco di anfratti e gole dainomi sinistri: Scoglio del Sangue,Pizzocorvo, Vottara, Punta Cam-

pana, Pedata, Malo Passo. A Furoresi annoverano quattro edifici diculto. Il più antico è San Giacomodell’XI secolo. In esso, in tempirecenti sono stati rinvenuti affre-schi attribuiti a Roberto d’Oderisio,un pittore del XIV secolo, d’ambitogiottesco, attivo anche nell’AgroNocerino, ad esempio nel Bat-tistero Paleocristiano di SantaMaria Maggiore. Vi è inoltre, laChiesa di Sant’Elia Profeta, edifi-cata intorno al XIV secolo e rinno-vata verso la fine del 1400.Notevole è un trittico del 1482dell’artista Angelo Antonello daCapua. Interessanti sono ancora leChiese di San Michele e di SantaMaria della Pietà. Ma, autentichepeculiarità sono i Muri d’Autore.Ogni anno, Furore diviene il “paesedipinto”, dalle bizzarre policromiebaciate dalla luce settembrina: gliartisti rinnovano l’appuntamento eraccontano le tradizioni e le cro-nache piccole e grandi del paese,attraverso le forme e le espressio-ni pittoriche e plastiche, in unasorta di grande e variopinto museoen plein air.Ridiscendendo la strada versoPositano, sulla dorsale che degra-da dal monte Sant’Angelo a TrePizzi fino a Capo Sottile, si incon-tra Praiano. Al centro del paese viè la Chiesa parrocchiale di SanLuca Evangelista, il santo patronodella cittadina. Interessanti sono ilbusto d’argento realizzato nel1694, la reliquia del santo e idipinti attribuiti a Giovanni Ber-nardo Lama, un pittore attivo nelXVI secolo. Restaurato intorno al1772, l’interno si presenta a trenavate, scandite da pilastri chesostengono archi a tutto sesto.Una volta a botte unghiata sovra-sta la navata centrale, mentre lenavate ai due lati sono sostenute

In alto: Concadei Marini,il Convento

di Santa Rosa.A destra:

una scultura aFurore.

Pagina successiva.Il fiordo

di Furore.

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Novecento, i “prigionieri volontaridi questo scenario mitologico”,come annota Siegfried Kracauer.Altri intellettuali della Scuola diFrancoforte giunsero a Positanonegli anni Venti: Theodor W.Adorno, Ernst Bloch, Alfred Sohn-Rethel, Walter Benjamin. Già sulfinire dell’Ottocento, VincenzoCaprile e Antonio Mancini, primaancora di Paul Klee, giunto nel1902, vi sostarono per dipingerescorci e marine.Imponente si erge nella piccolapiazza Flavio Gioia, contornatadalle caratteristiche case d’unbianco immacolato, la chiesaromanica del XIII secolo di SantaMaria Assunta, dalle maiolichegialle e blu della cupola. Si conser-vano il busto di San Vito, patronocittadino e l’icona bizantina dellaMadonna Nera con il Bambino ingrembo, sull’altare.Risalendo o scendendo, ci siimbatte nel palazzo voluto daGioacchino Murat durante la reg-genza napoletana. La “città verti-cale” ha folgorato generazionid’artisti che l’hanno scelta qualepatria elettiva: il poeta svizzeroGilbert Clavel, ospite nel 1909,acquistò la torre quadrata diFurnillo e chiese al futuristaFortunato Depero di arredarla. Ilpaese è ancora come allora, con-notato dall’apparente confusionedegli archi, delle case e dei vicoli.

da volte a crociera. Notevole è ilpulpito ligneo decorato dalleimmagini dei Santi Pietro e Paolo.L’altare maggiore invece, è ador-nato da maioliche del XVIII secolocosì come il pavimento su cuicampeggiano motivi aviomorfi,fitomorfi, volute e, in un tondo,l’effige di San Luca intento adipingere. Quasi a guardia del ter-ritorio del piccolo villaggio, svetta,a destra della chiesa, il campanile,scandito da tre piani di cui l’ultimoevidenzia monofore. Una brevegalleria, lungo la strada statale,occulta alla vista la più bellacupola in maiolica dell’interaCostiera Amalfitana. Siamo aVettica Maggiore: la chiesa è quel-la di San Gennaro risistemata nel1602. Oltrepassate le pregevoliporte di bronzo i cui pannellirievocano scene della vita delsanto, all’interno, diviso da trenavate, accanto ad un’urna conreliquie sacre, sono collocati qua-dri di Giovanni Bernardo Lama e diFrancesco Saverio Carvelli. Sulmonte Trivio svettano in alto, ilConvento e la Chiesa di SantaMaria de Castro costruiti intornoal 1599 dai frati Domenicani chesolo recentemente sono statirestaurati. In posizione più bassa èla minuta Chiesa della Madonna diCostantinopoli. A circa 200 metri,il piano stradale nasconde al disotto la Grotta della Porta. In essa,

è possibile ammirare graffiti incisisulle pareti, e gli utensili in selcedatabili al Paleolitico Superiore edal Mesolitico.Da Praiano, si gode il panoramacon sullo sfondo i tre isolotti dé liGalli: la Rotonda, il Gallo lungo e ilCastelluccio, resi celebri dallemitiche sirene che invano, nell’e-pos omerico, tentarono di incanta-re Ulisse. Agli inizi del Ventesimosecolo, il ballerino russo LeonidMassine vi giunse e se ne innamo-rò al punto da comprare l’interoarcipelago. Le Corbusier progettòper lui una dimora sui resti di unavilla romana. Massine non riuscì aportare a termine il progetto ini-ziale che fu ultimato dal ballerino-coreografo Rudolf Nureyev neglianni Ottanta. Più in là, oltre l’oriz-zonte, si staglia nitida al tramontolo “scoglio” di Capri. Dal mare, inbarca, si possono ammirare robu-ste torri: quella di Praia, eretta perdifendere l’abitato dalle incursionisaracene, l’ulteriore Torre Grado aVettica, un tempo fortificazioned’epoca vicereale, oggi riattata inabitazione.La nostra escursione prosegue allavolta di Positano, l’autentica, l’u-nica, regale sirena di tutta lacosta, il “nascondiglio ai marginidella storia”, secondo le paroledello scrittore antifascista StefanAndres che vi soggiornò a lungo.Non ci interessa indagare sulle ori-

gini del paese, nonostante tracceantropiche siano già presentidurante il Paleolitico, come docu-mentato dai rinvenimenti nellaGrotta della Porta, non lontana dalcentro. Una grande villa maritti-ma, forse di un ricco nucerinus, èemersa sotto la platea della chiesaparrocchiale quasi a ridosso dellaspiaggia. Databile al I secolo d.C.,fu travolta dal collasso degli efflu-vi piroclastici dell’eruzione plinia-na del 79 d.C., depositati sul mas-siccio che sovrasta il paese. Sonoriemerse pareti affrescate conscene illusionistiche dalle accesecromìe. Se dell’epoca romana nul-l’altro conosciamo, si può affer-mare però che già prima del Xsecolo, nel locus, è testimoniata lapresenza di una badia benedettinadedicata a San Vito. Positanodivenne un potente centro mari-naro, al tempo della RepubblicaAmalfitana. Rivale di Amalfidivenne ricca in virtù dei floridicommerci col mondo arabo. Traccedella contaminazione culturalesono ravvisabili in taluni elementiarchitettonici: ad esempio nellefinestre ad arco delle case coperteda grandi volte. Ma deve la famainternazionale al fascino dei suoiscorci, al dedalo delle interminabi-li scale e delle stradine che condu-cono tutte inesorabilmente allaspiaggia di Marina Grande. Quiapprodarono nei primi decenni del

In questa pagina.Veduta

di Praiano. Pagina successiva.

In alto:panorama

di Positano.In basso:

una tipicastradina

di Positano.

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del 1529. Nella cripta che ospita ilMuseo della Collegiata si conser-vano un prezioso paliotto tardogotico d’alabastro, la cassettadella bottega degli Embriachi delXVI secolo, antichi codici miniati.Una visita merita la rocca chesovrasta il paese sulla collina delPonticchio, eretta nel IX secolo.Nel Quattrocento, il castello furidisegnato secondo una piantapoligonale. Sono ancora visibili lemura e l’interno con i casolari, imagazzini, le cisterne e la chiesain onore di San Nicola che dà ilnome al castello.Il Santuario dell’Avvocata sulmonte Falerzio invece, sorge suiresti di un’antica chiesa e su unacappella entro una grotta. Nel1663 i frati Camaldolesi preserodimora fino al 1807.Successivamente il cenobio fu uti-lizzato quale avamposto militare.Distrutto nel 1848 da un incendio,nel 1892 fu ripristinato l’altarenella grotta recuperando il luogoal culto. Lungo la strada costiera,poco prima di Capo d’Orso, inun’imponente grotta naturale, fu

impiantato il complesso monasti-co di Santa Maria de’ Olearia, giàdocumentato nel 973. Oggi lastruttura evidenzia tre cappellesovrapposte. La più antica è postaal livello inferiore, ricavata nellaroccia; ha le pareti affrescate con

immagini della Madonna, SanPaolo e San Giorgio. L’ambientesuccessivo, a due navate diviso dauna colonna centrale, evidenziacicli pittorici dell’XI secolo.L’ultima cappella, collegata allealtre da piccole scale, è affrescata

John Steinbeck scrisse: “quando vicapita di scoprirla, l’impulso è ditenerla segreta, solo per voi...”.Ed è talmente nascosta alla visua-le che è possibile vederla, soloquando si è giunti dal mare o per-correndo la strada.Per tornare indietro, verso Amalfi,sceglieremo stavolta una comodaimbarcazione e recupereremo leulteriori tappe del nostro viaggio aritroso, verso levante.Superata Atrani, in località Casti-glione sorge un’antica torre; nelsecolo scorso fu proprietà diEduardo Scarfoglio, il fondatoredel giornale Il Mattino, che, peressere la costruzione spaccataquasi a metà, la chiamò “‘oCarusiello” (il salvadanaio). Percorsi pochi chilometri, unatappa nuova è a Minori, amenoluogo scelto dai ricchi romanidell’Ager Nucerinus per impiantar-vi, su ampi terrazzamenti, nelcorso del I secolo d.C., una patriziavilla marittima, scoperta nel 1932.Al centro del viridarium, vi è unavasca su cui si affaccia il triclinio-ninfeo dal bellissimo pavimento

musivo con scene venatorie e tia-sos marino. Minori nell’anno 987era sede vescovile, in quanto giàerano custodite entro un’urna d’a-labastro, le reliquie di SantaTrofimena. Nel XIII secolo, ebbel’appellativo di Civitas. Tra i monu-menti più interessanti la chiesadedicata alla patrona della città,dove è possibile ammirare la gran-de pala d’altare con laCrocifissione del senese MarcoPino.Doppiata un’altura, si raggiungeMaiori, Reginna Major in antico,per differenziarla dalla contiguaMinori, Reginna Minor. Tralasciando le leggendarie origini,Maiori fu un importante emporiocommerciale della RepubblicaAmalfitana. Già nell’anno 839, fusede dell’Ammiragliato, dellaDogana, dell’Arsenale e delFondaco del sale. Fu dominata daiNormanni e, nel 1135, distruttacome del resto tutti i centri dellacosta dai Pisani. Nel 1306, fudonata da Carlo D’Angiò allamoglie Maria. Sotto Alfonso IId’Aragona lo stato amalfitano

passò ai Piccolomini, che vendet-tero il feudo per debiti contratti. Iviceré spagnoli approntaronolungo le coste un sistema difensi-vo fortificato che tuttavia, nel1558, non impedì al pirataBarbarossa di saccheggiare i centricostieri deportando molti abitanti.La tradizione vuole che durante lacattività, alcuni abitanti di Maiori,devoti alla Madonna, riuscirono afuggire. Giunti in patria edificaro-no l’edicola nota come SantaMaria delle Catene. Molto interessante è la Collegiatadi Santa Maria a Mare edificatasul monte Torina, sui ruderi dellaRocca di Sant’Angelo distrutta daiPisani nel 1137. La basilica ospitala statua lignea policroma dellaVergine che, secondo la leggenda,fu recuperata dal mare, nel 1204in una balla di cotone. Ogni anno,il 15 agosto, viene portata in pro-cessione dai pescatori che riporta-no la statua in chiesa correndo super la Scala Santa a simboleggiarela Celeste Assunzione. La navatacentrale della chiesa ha un bellis-simo soffitto a cassettoni dorati

In questa pagina.Panorama

di Positano.Pagina successiva.

In alto:la costa

presso Minori.In basso:

panorama daMaiori.

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una fenditura nella roccia resti-tuendo così questa stupenda grot-ta. Attraversandola, è possibileraggiungere un laghetto d’acquadolce.Ancora a ritroso, oltre Capo d’Orsosi incontra il minuscolo paese diErchie originato probabilmentedall’Abbazia benedettina di SantaMaria de Erchi, fondata nell’anno980 ed attiva fino al 1451.Un’antica torre d’avvistamentodivide la linea di costa in dueampie spiagge da cui si scorge ildeclivio della montagna ricopertoda agrumeti e vigneti.Subito dopo Erchie, la strada perVietri sul Mare degrada e taglia indue il borgo di Cetara. Il toponimodi chiara derivazione latina,Cetaria, tonnara, ne tradisce lagrande vocazione marinara. Aridosso della costa si staglia laTorre Vicereale innalzata nel XVIsecolo, per l’avvistamento diincursori. nell'’879, occupata daiSaraceni, divenne un avampostoper le razzie nel golfo di Salerno.Costituì l’estremo possedimentoad oriente della Repubblicad’Amalfi per contrastare eventualisbarchi nemici. Successivamentedivenne lo scalo marittimodell’Abbazia di Cava de’ Tirrenialmeno fino al 1833. La più impor-tante chiesa di Cetara è SanPietro, di stile romanico, dall’ele-gante campanile del XIII secolo e

dalla cupola maiolicata.Ricostruita nel Settecento, custo-disce pregevoli opere d’arte e latomba di Grandonetto Ausilio, ilcetarese che condusse in salvo ilprincipe Federico, secondogenitodel re Ferdinando I d’Aragona, nel1485, al tempo della congiura deibaroni.La Chiesa, con l’annesso Conventodi San Francesco, fu costruita nel

1585. È a semplice navata concappelle laterali. Vi è effigiata suorOrsola Benincasa, originaria diCetara, che, secondo un raccontoleggendario, preservò il paese daun assalto dei Turchi grazie ad unaprovvidenziale tempesta che dis-perse le navi degli incursori. Primadi Vietri sul Mare, la strada s’iner-pica su, verso la frazione di Raito.Da ogni angolazione si guardi

In alto:Capo d’Orso.In basso:la Torredi Erchie.

con episodi della vita di SanNicola. Una peculiarità comune atanti monumenti antichi è costi-tuita dalle firme vergate sullepareti dai numerosi pellegrini chehanno visitato il pio luogo nelcorso dei secoli. Alcune incise ingreco, recano la data del 1475,testimoniando così i rapporti maiinterrotti tra Amalfi ed il mondogreco orientale. Nella parte estre-ma occidentale del paese che ha laspiaggia più ampia di tutta lacostiera amalfitana, nel 1405furono costruiti la Chiesa ed ilConvento di San Francesco, suiruderi dell’antica Cappella dellaMadonna del Soccorso. Tra leopere d’arte presenti si segnalanoun coro ligneo, dipinti attribuitialla scuola di Andrea Sabatini, lastatua cinquecentesca dellaMadonna del Soccorso opera delLaurana, ed infine una statua diSan Francesco sempre del XVIsecolo. Interessante è il Castello diMiramare, edificato nell’Ottocentodal marchese Mezzacapo. Oggifinalmente in restauro, evidenziasulla facciata tre torrette cilindri-che. Alla medesima famigliaappartenne anche l’attuale Palaz-zo di Città del XIX secolo in cuirisaltano specchi e stucchi dorati.Deliziosi sono i giardini internidalla curiosa forma a croce diMalta, contornati da vialetti diroseti e vasche interrate ed ali-mentate da una diramazione delReginna.Singolari, del paesaggio costiero diMaiori, sono le torri tra cui quelladell’Annunziata, detta Torricella,tra Maiori e Minori, costruita nel1563 ed annessa al CastelloMiramare durante l’Ottocento. Sulversante opposto svetta la Torredell’Angolo, detta anche “Torredelle Formicole”, più nota comeTorre Normanna, in cui sono collo-cati tuttora due cannoni in bronzocon lo stemma della città.A Capo d’Orso sono ancora i restidi una torretta circolare, oltrequelli della Torre del Tumulo, dovefurono seppelliti i corpi di millesoldati caduti durante la battagliadi Capo d’Orso del 1528.Un’altra interessante chiesa diMaiori è San Nicola de’ Cicerali, apianta quadrata con volte avela, eretta nel 1362 quale cappel-la gentilizia della famigliaFranconio, successivamente ac-quisita dai Citarella che costruiro-no il palazzo adiacente. Ricca disuggestione e di fascino è laGrotta dell’Annunziata venuta allaluce, in seguito ad un violento ter-remoto del XII secolo che produsse

In alto:Maiori, Museo

della Collegiata,paliotto in

alabastro, part.Al centro

e in basso:Santa Mariade’ Olearia.

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penisola: Albori, Benincasa,Dragonea cui faceva capo l’AltaVia dei monti Lattari che conduce-va un tempo al Valico di Chiunzi.Il punto d’inizio o la meta finale èVietri sul Mare. Il nome deriva daVeteri, luogo, città antica, tradisceorigini preromane: il rinvenimentodi deposizioni funerarie con relati-vi corredi, conferma che vi fosseuno stanziamento etrusco e poigreco, tra il VII ed il IV secolo a.C.Se si trattasse o meno dellaMarcina cui accenna Strabone, èuna vexata questio che gli archeo-logi non hanno ancora chiarito inmaniera esaustiva. Vero è che aMarina, il rinvenimento fortuito diun ambiente termale, in localitàBagnara, ha confermato la voca-zione commerciale dello scalomarittimo in età romana, forselegato alla grande NuceriaAlfaterna, situata all’interno apoca distanza. La struttura terma-le databile tra il I secolo a.C. ed il Id.C. evidenzia un piccolo vano cir-colare absidato originariamentecon funzione di laconicum ed inseguito trasformato in frigidarium,dotato di vasca ad immersione. Almomento del rinvenimento, laterma era stata utilizzata comefaenzera ovvero una piccola for-nace per la lavorazione della cera-mica. Caratterizzato appunto, dasvariate e variopinte faenzere, il

s’impone Villa Guariglia, dal nomedell’ultimo proprietario RaffaeleGuariglia, Ministro degli Esteri delGoverno Badoglio. La sontuosadimora divenne, dall’agosto del1944 all’aprile del 1945, residenzadel re d’Italia Vittorio Emanuele IIIe fu scelta quale sede dellaCommissione Alleata di ControlloNazionale, subito dopo lo sbarcodegli Alleati. Oggi, passata allaProvincia di Salerno per lascitotestamentario, ospita il Museodella Ceramica ed il grande parcoaccoglie, nelle calde sere estive,orchestre internazionali. In alcunedelle 36 stanze hanno trovatodegna collocazione i quattromilavolumi della biblioteca e i tre set-tori in cui si articola il preziosoMuseo della Ceramica che racco-glie policrome terrecotte devozio-nali, oggetti di cultura materiale,brocche, piatti, zuppiere, vassoi,“riggiole” e nell’ultima sezione,sono mostrate opere del “periodotedesco”. Già, perché a Raito ed aVietri, negli anni Venti si stabiliro-no artisti d’ambito nordico: IreneKowaliska, Richard Dölker, ThewaltHannasch. Un’ulteriore sezione èdedicata alla produzione dell’arti-sta vietrese Guido Gambone. Mada Raito, si giunge ad altre picco-le frazioni, incastonate tra i boschicedui dei monti che costituiscono iprimi massicci della celeberrima

In questa pagina.In alto:

veduta di Cetara.In basso:

Cetara, la cupoladella Chiesa

di San Pietro.Pagina successiva.

In alto:una tipica strada

di Vietri sul Mare.In basso:

panoramadi Vietri sul Mare.

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centro storico ruota intorno allacupola dagli embrici blu e giallidella Chiesa di San GiovanniBattista il cui nucleo originariorisale al X secolo. Ha subito note-voli ricostruzioni, a partire dalla IImetà del XVII secolo fino allasistemazione conclusiva nel 1732.È ad unica navata con transetto;all’interno si conserva uno splen-dido polittico rinascimentale conla Natività della Vergine. Uno degliedifici più caratteristici del pae-saggio vietrese, è senz’altro oggi,la fabbrica di ceramica realizzatanel 1954, dall’architetto PaoloSoleri. Il profilo ondulato dellafacciata, connotata da tubuli colo-rati e l’interno dalla forma elicoi-dale costituiscono un’insolitaquinta architettonica che chiude,addossandosi alla roccia, la pro-spiciente piazza Matteotti, primache l’orizzonti si allarghi versol’ampio golfo di Salerno, protago-nista nel settembre del ‘43 di unepisodio decisivo del secondo con-flitto bellico. All’indomani dellafirma dell’armistizio, l’8 settembre,quattro divisioni americane sbar-carono sul grande litorale salerni-tano, tra le spiagge di Battipagliae di Paestum, dando seguito all’o-perazione “Avalanche”. Quel trattodi mare, millenni prima, era statol’approdo di tanti coloni greci fuo-riusciti dalle madrepatrie e fonda-tori di Poseidonia e Velia, in segui-to mal difeso scalo per le scorreriesaracene. Dopo il tracollo econo-mico dell’Impero Romano, fu persecoli infestato dalle paludi mal-sane fino a quando qualchedecennio prima dello sbarco, eraricominciata l’opera radicale dibonifica di quelle terre.“S.A.R. il principe di Piemonte / quiacclamato / addì 5 maggio 1932 X/ vide / nella rigogliosa fecondità diqueste terre / rifiorire / presagi epromesse di grandezza e potenza /per l’Italia / che restituiva nel nomedei Savoia del genio del Duce /ritempra nella pia bontà del lavoro/ dei campi energie e propositi difede / per ogni ardua conquista per

le più degne vittorie per tutte lemeritate fortune. / I fratelli Pastoreal sacro ricordo / del padre loroantesignano di bonifica redentrice,avviando per l’augusto / visitatorel’omaggio vollero che in / un segnoduraturo rifulgesse per lui / Neicampi fedele...”. È questa l’epigrafevergata su una lastra marmorea,posta in alto sulla facciata ante-riore della torre, nella tenuta diPorta di Ferro che ricordando l’au-gusta visita del delfino di Casa

Savoia, nei primi anni Trenta(1932), testimonia la bonificatotale degli impaludati e malsaniterreni. Siamo nella immensa dis-tesa, a perdita d’occhio, dellapiana di Paestum, laddove avevanoallignato acquitrini ristagnanti,generando la temibile malaria,vero flagello in tanta parte d’Italia.Fin dalle epoche in cui la civitasromana era stata abbandonata egli abitanti, discendenti dei Grecid’Occidente della gloriosa Posei-donia, si erano inurbati a Capac-cio, in quelle lande desolate nes-suno si era avventurato. Piuttosto,forse avevano osato solo i piùtemerari ed ostinati viaggiatori del

Grand Tour. Dal Secolo dei Lumiinfatti, durante la stagione dellagrande epopea dei siti vesuviani sierano spinti sempre più a Sud, pergodere della possenza litica dellecolonne doriche dei maggiori tem-pli pestani.Nell’ampia piana del Sele, già sulfinire dell’Ottocento era iniziatauna prima opera di bonifica e didrenaggio delle acque ristagnantiche in seguito, durante ilVentennio Fascista, ebbe un im-

pulso faraonico ed una pianifica-zione massiccia, come anche più aNord, nell’Agro Pontino. La masse-ria di Porta di Ferro, come lenumerose altre tenute con tutto illoro cospicuo patrimonio terriero,non hanno perso tuttavia il fasci-no di sterminate oasi di quiete e dipace, pur nel caotico paesaggiodei grandi agglomerati che si sus-seguono, lungo il litorale caratte-rizzato da una fitta fascia pineta-le, un tempo intatta oasi per moltespecie di uccelli.Lasciata alle spalle Salerno e lacosta pestana, il nostro sguardo sirivolge a Sud, verso le frastagliatecoste del Cilento.

Pagina precedente.Veduta di Salernocon l’omonimogolfo.In questa pagina.In alto, a sinistra:veduta dellitorale pestano.A destra:accampamentomilitare pressoi templidi Paestum dopolo sbarco alleato.Sotto:Antonio SminkPitloo,Campagnadi Paestum.

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È un ottimo punto di partenza perun tour tra arte, ambiente e mare.Tanta modernità, ma anche tantastoria antica e promozione delletradizioni. Oltre alle spiagge e ainumerosi punti di ritrovo, Agropolisa ammaliare anche semplicemen-te con una passeggiata nelle viuz-ze e su per le scalinate del cuoreantico della città, cui si accedeattraverso un intatto portale delSeicento. Le prime tracce di inse-diamenti umani sul territorio,risalgono al Neolitico. Furono iBizantini, nel V secolo d.C., a darealla città il nome di Acropolis,“città posta in alto”. Particolarmente accattivanti, nelcentro storico cittadino, dueimportanti monumenti religiosi: laChiesa di Santa Maria di Costan-tinopoli, protettrice dei pescatori,realizzata nel XVII secolo, e quelladedicata ai Santi Pescatori, Pietroe Paolo, coeva della precedente.Dalla prima, il 24 luglio di ogni

anno, parte la caratteristica pro-cessione della Vergine verso ilmare, che si ripete dal 1689. Fuoridalle mura della città fortificata,dominata dal Castello Angioino-Aragonese dalla pianta triangola-re, trova il posto la torre di avvi-stamento, perfettamente conser-vata. Al suo fianco, i resti del con-vento francescano al quale, recen-temente, si è aggiunta la chiesadedicata al Santo di Assisi. La leg-genda vuole che il monastero siasorto, nel lontano 1230, proprionel luogo in cui Francesco parlò aipesci. Non si può lasciare Agropolisenza aver fatto visita al preziosoAntiquarium comunale, dove sonoraccolte le testimonianze archeo-logiche dalla preistoria all’etàmedievale.Il turismo, da questi luoghi e fino aSapri, non conosce invasioni.Solo le lunghe spiagge di SantaMaria e San Marco, frazioni marit-time del comune di Santa Maria

di Castellabate, sembrano in pienaestate sopportare appena le sdraioe le orme di bagnanti che si conta-no numerosi. Il borgo di Castel-labate, a 278 metri sul livello delmare, nacque attorno al Castellodell’Abate, da cui prese il nome, apartire dal 1123. A volere lacostruzione del castello fu l’abateSan Costabile Gentilcore (orasanto patrono della cittadina),della Badia di Cava de’ Tirreni,preoccupato delle sorti delle popo-lazioni disseminate lungo le costeperché minacciate dalle incursionibarbariche. Castellabate divenne,così, il feudo più ricco e potentedel Cilento, nei secoli a cavallo tral’XI e il XV. L’attuale centro storicoè fedele alla pianta della tipica cit-tadina medievale, nonostantepossa vantare la presenza di alcu-ne dimore gentilizie, risalenti alXVII secolo. Si tratta dei palazziPerrotta e Iaquinto che meritanodi essere visitati per le numerosis-

Affacciarsi sull’ultimo tratto dicosta della Campania è comeattraversare le porte del tempo. Lespiagge, ora profonde, pietrose ecandide, ora di sabbia sottile edorata, le coste scure e frastaglia-te, l’entroterra con il verde dellamacchia mediterranea, aprono alturista, al viaggiatore di passaggio,uno squarcio su una parte del ter-ritorio campano in gran parte sce-vro da invadenti modernità. Tuttoconserva la semplicità della vita dianni ormai lontani. I caseggiatisolo in alcuni casi si affacciano sulmare, si riflettono con discrezionesu piccoli porticcioli ancora in uso.Molto spesso, quello che si è svi-luppato vicino al mare è il borgodei pescatori, mentre il paese èarroccato, a poche decine di metrid’altezza, sul crinale di un monte osu un costone impervio. La miscel-lanea di colori, odori e suoni chene viene fuori scava prepotente-mente un posto nell’animo di chi,

anche solo per caso, si affaccia inquesto angolo di Campania, e locostringe ad un ritorno. Nella suaimmobilità, nel tempo che scorrequasi in una maniera diversa, lacosta cilentana si fa scoprire unpoco alla volta e ogni volta per unaspetto diverso. Una passeggiatalungo queste coste impone unosguardo al passato, una ripassatadella storia più antica (ma nonsolo), una rivisitazione di narrazio-ni mitologiche straordinariamenteevocative di questi luoghi. Perassaporare al meglio la prorom-pente bellezza di queste coste l’i-deale è fare una lunga passeggia-ta in barca da Agropoli fino a Saprie viceversa, magari puntando sullespiaggette nascoste e incontami-nate, disseminate lungo questomeraviglioso tratto di costa cam-pana. E così, abbandonata la terra-ferma, il primo quadro che siammira è bello da mozzare il fiato.Non si può descrivere o fotografa-

re sempre alla stessa maniera: èuna realtà ricca di sfaccettature,come le sue coste di anfratti, pro-montori e grotte. Da terra, l’aspet-tativa del viaggiatore che vuolescoprire questo angolo di Cam-pania non resta certo delusa: ognicomune e frazione è un piccoloscrigno di arte e cultura con le dis-crete chiese, le torri, le ville nasco-ste nei borghi e i monumenti dellastoria più recente della nostraItalia.Lungo poco meno di cento chilo-metri, infatti, il profilo marino rac-conta la storia e l’amore per ilmare e la terra, elementi inscindi-bili dalla vita e dalla rinvigoritaeconomia locale. Un esempio lam-pante è rappresentato dalla citta-dina di Agropoli, ricca di infra-strutture moderne, accattivanteper il turismo, soprattutto locale,facile da raggiungere via mare, maanche via terra grazie a efficienticollegamenti stradali e ferroviari.

In questa pagina.Veduta

di Agropolidal mare.

Pagina successiva.Agropoli,

la portadi accesso

al centro storico.

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che costeggia la frazione diCastellabate è stata collocata unaaffascinante Madonna degli Abis-si. Ma non si può non visitarel’Antiquarium, che raccoglie ireperti rinvenuti in un relitto risa-lente al I secolo dell’era cristiana.Viene dopo nel nostro itinerariotra mare e terra, San Marco, laseconda e più antica frazione diCastellabate. Lo dimostrano i nu-merosissimi reperti archeologiciritrovati qui, ma custoditi nelMuseo Archeologico di Paestum.Di grande interesse scientifico epolo di attrazione per sub di tuttoil mondo, il Parco Marino diCastellabate con le sue pianuresommerse ricoperte di posidonie eanemoni di mare, regno incontra-stato e protetto di una ricca faunaacquatica.Dal mare, appena superate leprime scogliere prossime al portic-ciolo, proseguendo verso sud-est,ci si avvicina poco per volta all’in-cantevole Punta Licosa. Il piccolocapo, con l’omonima isola, deve ilnome, di chiara etimologia greca,al bianco delle scogliere e dei ciot-toli che ancora oggi custodisconol’antica leggenda della sirenaLeucosìa. Solo chi arriva via mare,fermato il proprio natante a debi-ta distanza, può posare i propripassi sulle tondeggianti rive dell’i-

In alto: la spiaggiadi Santa Mariadi Castellabate.Al centro:l’Antiquarium.In basso:fondaledel Parco Marino.

sime opere d’arte custodite. Risaleal XII secolo, invece, la Chiesa diSanta Maria de Giulia, elevata arango di Basilica Pontificia nel1988. Al suo interno è possibileammirare un’opera importante perla conoscenza dell’arte pittoricadel Quattrocento cilentano: unosplendido polittico di Pavanino daPalermo. Si segnala inoltre laChiesa della Pietà, costruita nelXIV secolo. Ma torniamo lungo lacosta, alle due marine del piccoloborgo. Immediatamente dopoAgropoli, infatti, si incontra primaSanta Maria, che colpisce per labellezza e l’imponenza della spiag-gia di località Lago. Offre ai suoivisitatori la Torre Pagliarolo, ilpalazzo del principe AngeloGranito di Belmonte e Villa Mata-razzo. Da non perdere, scrutandola costa dalla baia, la cava di roc-chi di colonne, quasi sicuramentedi epoca romana, visibili sulla bat-tigia di Santa Maria e tutelatadalla Soprintendenza per i BeniArcheologici di Salerno. Da mette-re in conto anche una visita alporticciolo “lu Travirsu”, oggi dettoPorto delle Gatte, e una passeggia-ta sul lungomare dominato dalladuecentesca Torre Perrotta, il cuistemma si ritrova nel coevoPalazzo Perrotta, edificio storicocittadino. Lungo il tratto di mare

In alto: veduta di Santa

Mariadi Castellabate.

In basso:la Torre

Pagliarolo.

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sola. Volgendo lo sguardo al marecon la giusta esposizione solare otuffandosi muniti di occhiali dasub, è possibile scorgere antichis-simi resti, sommersi da pochi cen-timetri d’acqua. La scoperta piùimportante è probabilmente quel-la fatta da due sub nel 1988: unanave oneraria, travolta da chissàquale tempesta, ma mai intaccatadalle reti dei pescatori o dallacupidigia dei predatori del mare.Data la scarsa profondità a cui sitrova il relitto, senza spostarlo neè stato possibile uno studio. Sitratta di un natante lungo circa 20metri, colato a picco con la pruarivolta a Palinuro, senza perdere il

suo carico. Le anfore che traspor-tava sono databili intorno al Isecolo a.C., ma non è questo il solotesoro dell’antichità che Castel-labate custodisce, sotto l’egida delMinistero per i Beni e le AttivitàCulturali e della Soprintendenzaper i Beni Archeologici di Salerno.In attesa del Museo del MareAntico Permanente, i reperti ar-cheologici di cultura materiale,rinvenuti tra Santa Maria e SanMarco di Castellabate sono custo-diti nell’Antiquarium “Luca Cian-farani”, intitolato ad un giovanis-simo archeologo subacqueo, pre-maturamente scomparso.Cercando tra i radi cespugli e i pic-coli nascondigli offerti dalle pietre,ci si può imbattere in qualche

esemplare di lucertola azzurra,detta anche di Licosa, il piccolorettile che ha trovato, difeso tut-t’intorno dall’acqua, l’ultimo rifu-gio lontano dall’uomo. Ma non ètutto qui. Già gli antichi amantidel suggestivo isolotto, daAristotele, Strabone e Plinio,sostenevano che fosse proprioLicosa l’ambientazione di alcunicanti omerici. Ai giorni nostri, unaconferma potrebbe venire dalfatto che, ad una modesta profon-dità, nei pressi dell’isolotto sonovisibili resti di mura ancora into-nacate, complessi di abitazioni espazi lastricati.A stretto contatto con la natura,

alla ricerca delle prelibatezze dellacucina locale o in visita ai musei eai siti archeologici della zona, ilturista ha la possibilità di coniuga-re relax e cultura, in un ambienteincontaminato, a misura d’uomo.Impareggiabile esempio di connu-bio tra cultura, tradizioni e rispet-to del territorio, il Cilento è lospecchio fedele dell’attaccamentoalle proprie radici della gente cheda generazioni ci vive, è il caso didire, nonostante la modernità.Doppiata Punta Licosa, dirigiamoidealmente la prua della nostrabarca verso est. Da questo mo-mento si perde anche quell’ultimocontatto visivo col golfo di Salernoche nelle giornate più terse per-mette di distinguere a nord-ovest

la costa d’Amalfi sulla linea dell’o-rizzonte. Da qui e fino a CapoPalinuro è veramente facile ritro-varsi da soli con il mare, il sole, ilvento, fiancheggiando i lunghitratti di scogliere che separano lespiagge e gli approdi.Così si giunge nell’insenatura diOgliastro Marina, con la caratte-ristica spiaggia di alghe, e poi,Casa del Conte, dove un bell’are-nile accoglie gli ospiti dei nonnumerosi alberghi che si alternanoalla pineta e i villeggianti che sog-giornano nelle tante casette, spar-se soprattutto a qualche centinaiodi metri dal mare. Entriamo nelterritorio di Montecorice, antico

borgo, che affonda le radici inepoca longobarda, e che sovrastala costa adagiato a 240 metri dialtezza. Nel centro di Montecoricemeritano una visita la Chiesa diSan Biagio, risalente al XVI secoloe il mulino a vento, unico nel suogenere in quasi tutto il Cilento,affiancato dalla caratteristica fon-tana di Sant’Angelo e dalla cap-pella dedicata alla Madonna delleGrazie. Oltre alle frazioni marine,Montecorice si divide in quattrofrazioni interne, Casentini, For-nelli, Ortofonico e Zoppi.La più famosa delle frazioni mari-ne è Agnone, le cui più antichenotizie documentate risalgono aiprimi anni del Seicento. I pinid’Aleppo, col loro verde scuro, fan-

Paginaprecedente.La costa pressoPunta Licosa.In questa pagina.Veduta diOgliastro.

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Anche gli Spagnoli, continuaronoa sfruttare questo prezioso puntod’osservazione insieme all’altratorre presente nelle vicinanze diAcciaroli, detta del “Caleo” ed edi-ficata intorno al 1520. Insiemealla seconda frazione del comunedi Pollica, Pioppi, Acciaroli è insi-gnita, anno dopo anno, della ban-diera blu per la purezza delle sueacque. Può contare inoltre su unporticciolo della capienza di 300posti a Sud-Est della marina. Ilturismo in questo angolo di para-diso ha incantato anche lo scritto-re americano Ernest Hemingwayche tra Pioppi ed Acciaroli haambientato “Il vecchio e il mare”.Prima di arrivare a Pioppi, su unacollina ad appena 420 metri sullivello del mare, si adagia Pollica,piccolo comune che, stando allericostruzioni storiche, avrebbe ad-

no da sfondo ad ogni scorcio dipaesaggio. La Chiesa della Ma-donna del Carmine e le case gen-tilizie attirano lo sguardo appenadietro il nuovo lungomare. La rea-lizzazione del porticciolo ha datoimpulso al turismo della piccolanautica da diporto; le imbarcazio-ni dei villeggianti si alternano agozzi da pesca, gusci di legno dichi da generazioni continua a trar-re dal mare una modesta ricchez-za, sfruttando la preziosa cono-scenza delle tante “secche” chepunteggiano questo tratto d’az-zurro. L’occhio più attento puòscorgere i resti della Torre di SanNicola, laddove la vicinanza allenuove abitazioni ne rende più dif-ficile la ricerca. Proseguendo versosud si nota dal basso, la statale267 che, seguendo il profilo dellacosta, si srotola in alto verso

Mezzatorre, sbocco al mare delcomune di San Mauro Cilento. Lasabbia è finissima e il mare sedu-cente, ma per arrivare a SanMauro bisogna inerpicarsi a 480metri dal livello del mare, nell’en-troterra. Piccolo gioiello medieva-le, la cittadina deve il nome alsanto venerato nel monasterobenedettino che qui si trova. Danon perdere, prima di tornare almare, la chiesa parrocchiale, risa-lente al XII secolo, la Cappelladello Spirito Santo, del Quattro-cento, la Cappella del Carmine e lamostra permanente della CiviltàRurale. Tornando sul litorale, dopoMezzatorre ci si imbatte inAcciaroli. Frazione costiera delcomune di Pollica, il paese devel’importanza nei secoli alla sededella Dogana, soppressa solonell’Ottocento. La Chiesa dell’An-

nunziata, sorta nel corso del 1100,rimaneggiata più volte fino aigiorni nostri e i resti del rinasci-mentale convento francescanomeritano una visita. Da notare è labella composizione di maiolichepresente sul timpano che raffigurail momento dell’Annunciazione ela torre campanaria sul portoned’ingresso. A caratterizzare dasempre il panorama resta anche latorre normanna, che già Federico IIconsiderava irrinunciabile per l’ef-ficienza del sistema difensivo dellacosta. Dall’alto dei merli, lo sguar-do delle sentinelle si spingeva finoall’orizzonte. La minaccia dellescorrerie saracene rendeva neces-sario, ad ogni avvistamento nemi-co, l’attivazione di un sistema disegnalazioni visive che faceva cor-rere la notizia del pericolo, velocelungo la costa e verso l’interno.

In questa pagina.Vedute

di Agnone.Pagina successiva.

In alto:il porto

di Acciaroli.In basso:

panoramadi Pollica.

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colare del teatro, risalente al Vsecolo a.C. Più in basso, nel cuoredella città antica, la Porta Rosaperfettamente conservata è testi-mone dell’ingegno urbanistico deisuoi costruttori. Essa divideva iquartieri settentrionali da quellimeridionali, lungo la via che dallaPorta Marina Nord giungeva allaPorta Marina Sud. Nel contempo lastruttura ad arco a tutto sesto erasormontata da un percorso a gra-doni, parte integrante di un altroasse viario che andava in sensoperpendicolare. Nel quartieremeridionale restano di grandeinteresse per i visitatori il Bothros,il pozzo che raccoglieva le offertevotive, e le Thermae, costruite dairomani nel II secolo d.C., in epocaimperiale.Attualmente la lunga spiaggiacreata da quei drammatici eventi èparte del litorale di Ascea Marina.La località si presta particolar-mente bene ad un turismo balnea-re tranquillo e di buona qualità. Lavita mondana che ogni sera ravvi-va il lungomare a ridosso dellascogliera, completa la vacanza dichi calca oggi i lidi un tempo caria Parmenide. Superata la Punta del Telegrafo, sientra nel territorio del comune diPisciotta, caratterizzato da unagradevole marina, a completa-mento del porticciolo e il suggesti-vo capoluogo, situato a 170 metrisul livello del mare sul dorso di unpiccolo altopiano. Le tracce delleorigini e della sua storia sonoreperibili dando uno sguardoattento al centro storico.Minuscolo, quasi un salotto priva-to, il cuore di Pisciotta racchiude iltrecentesco Palazzo Marchesale, laCappella della Mercede delSettecento, la Chiesa dei SantiPietro e Paolo, il barocco PalazzoCiaccio e, nella parte più alta, lerovine delle mura di un conventofrancescano, costruito nel XVIsecolo. Il borgo si è sviluppatoattorno a Palazzo Landulfo, maattirano l’attenzione del turistaanche i resti di antichi frantoi,situati lungo il corso del Fiu-micello. Di nuovo sul mare, ci si accorgesubito che lo scenario è diversorispetto al resto delle coste visita-te: il verde argenteo degli ulivimarca il distacco tra le colline e lespiagge, alcune delle quali rag-giungibili solo via mare.Immediatamente dopo la Puntadel Telegrafo, la spiaggia è scura,formata da ciottoli rotondi e piat-ti, che nel dialetto locale vengonochiamati “agliaredde”. Ma proce-

In alto:un tratto dellacosta pressoAscea Marina.Al centro:il porticciolodi Marina diPisciotta.In basso:vedutadi Pisciotta.

dirittura origini greche. Da visitarela Chiesa di San Nicola del XVIsecolo, il convento francescano delQuattrocento, il Palazzo principe-sco che risale al 1290 e l’interes-sante Chiesa di San Pietro. Altrettanto belle e limpide leacque dell’altra frazione di Pollica,Pioppi, resa ancora più caratteri-stica dalla presenza del CastelloVinciprova, risalente al XVII secolo.

Da non perdere una visita al riccoMuseo del Mare, in attesa delcompletamento del porto chedovrebbe arrivare ad ospitare 400natanti.Dopo Pioppi e prima di arrivarealla foce dell’Alento, troviamo laMarina di Casal Velino. Tutto l’a-bitato si sviluppa lungo il bassocorso del fiume. Anche questalocalità è meta di turismo balnea-re, incentivato dal piccolo ma

attrezzato porticciolo turistico. Unantico monastero, datato intornoal X secolo, è stato nel tempo ilpunto di riferimento per gli inse-diamenti della zona. Tutta l’area,dall’entroterra fino alla lungaspiaggia dorata, è dominata dalledue cime del Monte Stella e delMonte Sacro, ognuna delle qualisupera i 1100 metri di altezza. I riferimenti storici sono relativi

alla Cappella di San Matteo adDuoflumina, laddove una facileetimologia riporta il nome delluogo alla vicinanza con due corsid’acqua. Antichi documenti testi-moniano come gran parte del ter-ritorio, fin dal Medioevo, sia statodi proprietà della Badia di Cava de’Tirreni.In questo tratto di costa cilentanala bellezza dei luoghi si fondeancora di più col fascino della sto-

ria antica. Tra la stessa focedell’Alento e l’arenile dell’attualeMarina di Ascea, i coloni Focesi, infuga dall’espansione persiana,fondarono verso la metà del VIsecolo a.C. l’antica Elea. La città futra i più fiorenti centri dellaMagna Grecia e patria dei filosofiParmenide e Zenone, i maestridella Scuola Eleatica.Sfruttando le proprie capacitàpolitiche e di ottimi navigatori, ifondatori di Elea e i loro discen-denti furono abili commercianti,dando della città un’immaginedegna della sua fama. A queltempo l’aspetto del luogo era assaidiverso dai giorni nostri. Due iso-lotti facevano da baluardo natura-le ad un ampio porto fluviale, otti-mo riparo per la flotta. Ogni gior-no navi cariche di merci prezioseattraccavano, mentre altre salpa-vano per destinazioni che alloradovevano sembrare ancora piùlontane. Una imponente acropoli,col suo tempio dedicato adAthena, la dea cara ai Focesi inesilio, si innalzava su ampi terraz-zamenti che degradavano verso ilporto. Tutto questo fu in granparte sconvolto da una prima ter-ribile alluvione che, nel corso del IIsecolo a.C., insabbiò l’ingresso delporto e congiunse le due piccoleisole alla costa. Un secondo cata-clisma, nel IV secolo d.C., quandola città era diventata da tempomunicipio romano mutando il suonome in Velia, vi riversò enormiquantità di materiale alluvionale. Iniziò così bruscamente il declinodel luogo, che nei secoli successivifu soppiantato dal nuovo e nonlontano insediamento urbano. Unatorre normanna ancora ben con-servata, edificata proprio sul basa-mento del tempio di Athena, restòa vegliare le rovine, in gran partesepolte. Da oltre un secolo e mezzo i lavo-ri di scavo stanno restituendo almondo quella gemma del passato.Incastonati nella splendida cornicedel Parco Nazionale del Cilento eVallo di Diano, i ruderi della cittàsono un raro esempio della storia,dell’urbanistica, della ricchezza dispirito di quegli antichi greci chescelsero le coste meridionali del-l’Italia per continuare ad espan-dersi e ad esportare la propria cul-tura. Nella parte più alta, in unideale percorso che partiva dall’a-cropoli e proseguiva lungo il crina-le, sono ancora visibili le tracce dialtri tre luoghi sacri, uno dei qualidedicato a Poseidone. Sempre inalto, addossato al pendio del pro-montorio, c’è la struttura semicir-

Pioppi,Castello

Vinciprovae una sala del

Museo del Mare.

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dendo a Sud, tra una scogliera el’altra fino a Capo Palinuro, le“agliaredde” lasciano il posto aduna sabbia bianca e sottile, comequella dei fondali. La loro confor-mazione favorisce un particolaretipo di onde, molto caro ai surfistida tavola per la loro regolarità. Damaggio ad ottobre, il mare lasciaammirare i suoi fondali, caratte-rizzati da secche, scogli e sabbia.Pisciotta, meta di turismo d’élitegià dai primi anni del Novecento,scopre la vocazione turistica conl’allargamento del porticciolo, ini-ziato negli anni Settanta. Oggi,

infatti, alle barche e ai gozzi amotore dei pescatori, si affiancanole barche dei diportisti, per unmassimo di 300 posti. La marina,infatti, era nata come punto d’ap-poggio per i pescatori, che lì, subi-to dopo la pesca, procedevano allasalatura delle alici, ancora oggirealizzata come un tempo. Si rag-giunge Caprioli, avamposto diPalinuro. La bellezza del posto, conuna spiaggia molto estesa, siconiuga perfettamente con la sug-gestione del mito che a questoluogo sarebbe legato. Secondo laleggenda, qui sarebbe stato sepol-

to il nocchiero di Enea, Palinuro,appunto, caduto in mare e ricom-posto pietosamente dai Lucani,secondo la predizione della Sibilla.Palinuro, consacrata perla dellacostiera cilentana già negli anniCinquanta, deve la sua fama almare limpidissimo, alla immensitàdelle spiagge, alle 32 grotte disse-minate lungo il litorale, alle tan-tissime baie accessibili solo dalmare, alla scogliera semplicemen-te meravigliosa. Mai come in que-sto caso, le bellezze naturali sop-piantano ogni altro genere di inte-resse per il turista che giunge in

In questa pagina.Capo Palinuro.

Pagina successiva.In alto:

l’arco di CapoPalinuro.In basso,

a sinistra:una primuladi Palinuro.

A destra:la costa presso

Palinuro.

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Le costefrastagliate

pressoPalinuro.

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quella detta di Lenticelle, è custo-dito il famosissimo “Leone diCaprera”, la barca a vela italianache, proveniente da Montevideo,per prima, nel 1879, solcò le acquedello Stretto di Gibilterra dopo latraversata dell’Atlantico. A quantopare, il Leone deve il suo nome alfatto che venne usata per traspor-tare un dono a Garibaldi: unaspada d’oro, omaggio degli emi-grati italiani in Uruguay. Oltrepassata Marina di Camerota,vi è un naturale spartiacque con ilgolfo di Policastro, ultimo trattodelle coste del Cilento e della pro-vincia di Salerno. Punta degliInfreschi è l’angolo più suggestivoe assolutamente non contaminatodalla mano dell’uomo dell’interoCilento costiero, nel bel mezzo delquale si apre un approdo naturale,protetto da banchi di roccia, metaimperdibile per chi segue il nostropercorso dal mare. Le acque sonocosì limpide che numerosi banchidi delfini vi fanno meta, soprattut-to grazie alla straordinaria presen-za di pesce azzurro. SuperandoPunta degli Infreschi, magari abordo di un natante, in un batterd’occhio si raggiunge la “Portofinodel Sud”: Scario. Frazione delcomune di San Giovanni a Piro,l’approdo è quanto di più sugge-stivo possa trovarsi lungo le costedel Cilento, inaspettatamente in-

Pagina precedente.Spiaggia pressoPalinuro.In questa pagina.In alto:il Castellodi Camerota.In basso:Lentiscosa,Santa Mariaad Martyres,affreschiquattrocenteschi.

un luogo tanto suggestivo da ispi-rare poemi, miti e leggende sindall’antichità. Ricca di repertiarcheologici, pare fosse abitata giàin era preistorica. Nella zona detta“spiaggia della Ficocella” è statoallestito un Antiquarium che con-serva i reperti rinvenuti nelle grot-te e nelle necropoli collinari di etàprimitive e greche. Continuando il percorso lungo lecoste del Cilento, si giunge nellacaratteristica cittadina di Came-rota. Ricchissima di tracce di inse-diamenti risalenti già al periodoNeolitico, arroccata su una collinaverdeggiante, vanta la presenza diinsediamenti greci.Naturalmente difesa su tre lati daspaventosi dirupi naturali, conser-va avanzi delle mura merlate e delcastello eretti nel 909, anno in cuidivenne roccaforte saracena.Ancora perfettamente integra, latorre, alta 30 metri. Dopo unarilassante passeggiata per le viuz-ze del centro storico, è piacevolevisitare le decine di chiese e cap-pelle presenti sul territorio, anchefuori dalla cittadina. È il caso delConvento dei Cappuccini, la Grottadi San Biagio, le chiese intitolate aSan Daniele, San Nicola, laMadonna delle Grazie, San Gen-naro. Prima di tornare alle acquecristalline, è bene fare una tappain una frazione di Camerota,Lentiscosa, dove è possibile ammi-rare gli affreschi custoditi nellaquattrocentesca Chiesa Madre diSanta Maria ad Martyres e i rude-ri del Monastero di San Basilio,risalente al IX secolo, appena fuoridel centro abitato.Proseguendo, ci attende la stupen-da Marina di Camerota, che con-tende, di anno in anno il primatodella limpidezza delle acque e del-l’affluenza di turisti alle vicinePalinuro e Pollica. Si tratta deltipico borgo marinaro, dove la vitadel turista è scandita dai raccontidei pescatori in piazzetta, all’om-bra della Chiesa di Sant’Alfonso,inaugurata a fine Ottocento. Comea Palinuro, la spiaggia principale èinterrotta dalle suggestive scoglie-re che la frantumano in tanti pic-coli angoli di paradiso, in un tripu-dio di blu intenso del mare e bian-co accecante della sabbiolina dellaspiaggia. Quattro le grotte da visi-tare: Grotta della Serratura, delNoglio, Cala e Sepolcrale, ma sonotantissimi gli anfratti e le cale checi si può divertire a scoprire,soprattutto dal mare. Da non per-dere la Cala Bianca e la Cala deiMonti di Luna. In una delle ultimegrotte di Marina di Camerota,

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una visita alla Chiesa di Sant’Annae alla Chiesa dell’Immacolata. Inquest’ultima è custodita una pre-ziosa statuetta della Madonna,donata nel 1846 da un capitano divascello sopravvissuto a un nau-fragio. Sia che si decida di riprendere lavia del mare, sia che si voglia pro-seguire via terra, oltre Scario ciattendono spiagge e paesaggidiversi: si arriva a Policastro Bus-sentino. Dalla storia millenaria,Policastro deve la sua importanza,il nome e parte della sue fortunealle acque che la lambiscono. Nonsolo quelle dell’azzurro mare chele sta di fronte, ma soprattuttoquelle del cheto fiume Bussentoche nei suoi territori si dirige allafoce. Dalla sua presenza dipendeanche il diverso aspetto dellacosta, all’opposto di quella cheabbiamo incontrato a Scario o aCamerota. Il panorama è quello diuna piana fluviale, colorata dafiori e piante che segnano il pas-saggio definitivo nel Golfo diPolicastro. Fitti canneti si alterna-no a cedri, glicini, pini marittimi,bouganville. Proprio la presenza diun attracco fluviale favorì l’inse-diamento prima di gentes italichee poi greche. Nel IV secolo a.C.

divenne Pixous, importante empo-rio greco. Erano gli albori dell’at-tuale cittadina di Policastro, che,dopo alterne vicende, tra periodifortunati e terribili devastazioni, ègiunta fino ai giorni nostri, con ilsuo pregevole centro storico, l’im-ponente Chiesa Cattedrale, le rovi-ne del Convento di San Francescodel XII secolo, il Palazzo Baronaledel Seicento, i ruderi del castelloraso al suolo nel 1800. La sede

comunale di Policastro si trovanell’abitato della frazione di SantaMarina, a 400 metri sul livello delmare. Questo borgo sorse nel Xsecolo come luogo di rifugio degliabitanti di Policastro, minacciatidalle incursioni che venivano pro-prio dal fiume. Di particolare pre-gio, la chiesetta di Santa Croce,realizzata in età barocca.I chilometri di costa cilentanastanno per finire, quando si arriva

Pagina precedente.In alto: porticciolopresso Marinadi Camerota.In basso:il Leone diCaprera.In questa pagina.In alto:veduta di Scariodal mare.In basso:il Castellodi Policastro.

castonato ai piedi di altissimi spe-roni rocciosi. Via terra, invece, siincontra prima San Giovanni aPiro, a 450 metri sul livello delmare, da cui si ha subito la perce-zione che il paesaggio è destinatoa cambiare. Da questo privilegiatopunto di vista, il turista può averecon un solo colpo d’occhio, laspettacolare visione del golfo diPolicastro, ma anche dei primiincantevoli tratti delle coste luca-ne e calabresi. Già che c’è, prima discendere verso lo sbocco a maredel paesino di stampo medievale,può visitare il Santuario diPietrasanta, le Chiese di San Gae-tano e San Pietro e, perché no, fareuna puntata nella frazione diBosco dove, in maniera ancora piùmarcata rispetto a San Giovanni aPiro, si ha la percezione che iltempo si sia fermato alle epochepiù felici della storia di questi luo-ghi. A Bosco è possibile visitarel’intatto centro storico, i resti dellaBadia del 1200, le Cappelle di SanRocco e della Madonna delCarmine, oltre a dare uno sguardo,alle porte del borgo, all’enormepannello di ceramica su cui il pen-nello del pittore Josè Ortega haricostruito le tappe di una dellepiù toccanti vicende della storia

della frazione: i sanguinosi motirivoluzionari dell’epoca pre-risor-gimentale. Ma il nostro excursus èdedicato prevalentemente al maree, così, dopo avere appena accen-nato alla possibilità di un itinera-rio diverso, raggiungiamo le ormaimutate coste del Cilento. Fondatadai Greci, Scario era meta divacanza già nell’antichità. Erasolito soggiornare qui, tra gli altri,Marco Tullio Cicerone, a caccia dipesce prelibato e del succulento“garum”, la salsa di pesce tantoamata dai Romani. Distrutta primadai Vandali nel V secolo e poi daiSaraceni nel X, Scario parve scom-parire nel Medioevo, almeno finoal XII secolo, quando entrò a farparte della Contea di Policastro. Larinascita fu possibile grazie all’abi-lità degli artigiani del mare, ingrado di rilanciare l’attività diriparazione e costruzione di bar-che intorno al XVII secolo, stessoperiodo in cui vennero realizzate,anche qui, due Torri, la Gagliano equella dell’Olivo. Il resto dellecostruzioni e le abitazioni piùimportanti, invece, furono realiz-zate dalle famiglie nobili di SanGiovanni a Piro, come i ContiCarafa, che, a Scario, vollero leloro case estive. Da non perdere

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a Capitello, frazione marittima delcomune di Ispani. Le spiagge sonolunghe, abbastanza ampie, disse-minate di piccole cale molto sug-gestive. Nato come borgo di pes-catori, divenne man mano piùimportante e grande, soprattuttonel XVII secolo, allorquando i ContiCarafa ordinarono la costruzionedi un palazzo, ora adibito a con-vento. Degne di nota anche laChiesa di Sant’Antonio, un tempoparte integrante del palazzo, e laChiesa di San Ferdinando. Intornoal X secolo, il borgo fece nascerel’attuale capoluogo, Ispani appun-to, per sfuggire alle incursionisaracene e alle pestilenze. A circa280 metri sul livello del mare,Ispani offre una singolare vista delGolfo di Policastro, dal Borgo SanCristoforo, realizzato nel V secolo. Ancora pochi chilometri e si giun-ge nella minuscola marina delcomune di Vibonati, situato adappena 150 metri sul livello delmare, nato per mano dell’ultimodei principi longobardi di Salerno,Gisulfo, che fece edificare il cas-tello di cui oggi sono visibili impo-nenti rovine. Villammare, nataappena agli inizi del Novecento, inorigine era un pugno di case dipescatori, alle quali, mano a mano

che passarono gli anni, si affianca-rono le ville della famiglie facolto-se delle colline intorno, che deci-sero di cercare un’oasi di tranquil-lità attorno alla Chiesa di SantaMaria di Portosalvo, all’ombradella cinquecentesca Torre Cos-tiera. Villammare è esattamentequella che si definisce un’oasi direlax, sia per le dimensioni dellitorale che per la tranquillità dellavita che qui si può fare anche inpieno agosto. L’ultima tappa di questo itinerariolungo le coste del Cilento conducea Sapri. Dalle origini molto anti-che, pare esistesse già nell’Era delBronzo, come dimostrano i repertiarcheologici. Luogo di villeggiatu-ra di uomini di cultura e imperato-ri romani, Sapri scomparve nelMedioevo, perché divenuta palu-stre e malsana. Per evitare scorre-rie, vennero erette due torricostiere, quelle di Mezzanotte e diCapobianco. Solo nel XVII secolovenne avviata la costruzione del-l’abitato attuale, che vide la nasci-ta del borgo marinaro detto dellaMarinella. Allo stesso periodo sonoda fare risalire la Cappella di SantoRosario, la Chiesa di Sant’Antonioda Padova al Timpone e la Chiesadell’Immacolata. Nel Novecento,

invece, vennero costruiti l’istitutodi Santa Croce e l’edificio del BuonPastore. Ma al di là delle acquecristalline, della qualità dei pro-dotti del mare, Sapri è legata aduna pagina importante della storiadel Risorgimento, racchiusa inmaniera esemplare nei versi de “Laspigolatrice di Sapri” di LuigiMercantini. Oltre ai monumentidedicati alla figura e al coraggio diCarlo Pisacane e dei suoi 300 valo-rosi uomini sbarcati a Sapri perpromuovere con le armi l’unità delpopolo italiano, ogni anno vienerealizzata una suggestiva rievoca-zione della Spedizione. Non solo:la città di Sapri, in collaborazionecon numerose università italiane,ha istituito il Premio Internazio-nale “Carlo Pisacane”, attribuito,di anno in anno, a personaggi dellacultura, della politica e del giorna-lismo, a conclusione di una lungaserie di manifestazioni.Il suo ampio golfo, coronato damonti che degradano dolcemente,chiude la provincia di Salerno,meglio ancora l’intera Campania,lasciando al viaggiatore la possibi-lità di approdare ad altri lidi e adaltri luoghi, oppure... tornare suisuoi passi e continuare a godersil’incanto di queste coste.

Vedutadel porticciolo

di Sapri.

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