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Le basi biologiche e sociali dell'aggressività Sommario 1. Aggressività e sottomissione 2. Aspetti neurofisiologici, etologici ed endocrinologici dell’aggressività 3. Dimorfismo sessuale e dominanza del maschio 4. Protezione della prole e aggressività femminile 5. Difesa del territorio da cospecifici e conviventi nel medesimo ecosistema 6. Il mobbing 7. Fattori motivazionali e ambientali nella caratterizzazione della aggressività di gruppo

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Le basi biologiche e sociali dell'aggressività

Sommario

1. Aggressività e sottomissione2. Aspetti neurofisiologici, etologici ed endocrinologici

dell’aggressività3. Dimorfismo sessuale e dominanza del maschio4. Protezione della prole e aggressività femminile5. Difesa del territorio da cospecifici e conviventi nel

medesimo ecosistema6. Il mobbing7. Fattori motivazionali e ambientali nella caratterizzazione della

aggressività di gruppo nell’Uomo

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Aggressività e sottomissione nei Mammiferi

Comportamento aggressivo e sua fenomenologia:

• Accelerazione del battito cardiaco• Aumento della pressione sanguigna• Arresto dei processi digestivi• Accelerazione del respiro• Crescita della sudorazione• Preparazione da parte del sistema simpatico all’attacco o alla fuga• Ritualizzazione degli atteggiamenti

Comportamento sottomesso e sua fenomenologia:

• Aspetti mimici non aggressivi• Atteggiamenti infantili

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Aggressività e sottomissione nei Mammiferi

Nei primati notevole rilevanza assumono le espressioni facciali dell’aggressività

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Mandrillo Tigre Uomo

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Aspetti neurofisiologici, etologici ed endocrinologici dell’aggressività

Il comportamento aggressivo fa capo ai centri nervosi subcorticali e pertanto esso è innato

Nell’Uomo i centri dell’aggressività sono localizzati nel cervello paleomammifero e nel cervello rettiliano

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Aspetti neurofisiologici, etologici ed endocrinologici dell’aggressività

Quanto rilevato prima non autorizza a ridurre l’aggressività a meri riflessi istintuali. Influiscono sulla sua comparsa o sulla sua repressione fattori sociali, soprattutto nei Primati e nell’Uomo

Per quanto riguarda l’Uomo, sul controllo dell’aggressività giocano un ruolo importante i:

fattori motivazionali

fattori ambientali

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Aspetti neurofisiologici, etologici ed endocrinologici dell’aggressività

Oltre ai circuiti nervosi, nell’attivazione dell’aggressività entrano in gioco ormoni e neurotrasmettitori:

ormoni sessuali: testosterone, estrogeni (prolattina)

ormoni della sostanza midollare surrenale: adrenalina e noradrenalina

ormoni corticali: cortisolo

neurostrasmettitori: serotonina

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Dimorfismo sessuale e dominanza del maschio

In genere, gli uomini manifestano maggiore aggressività rispetto alla donne.

Quasi tutte le società e le culture favoriscono l’aggressività maschile.

Questa differenza è presente anche in altre specie ed è accompagnata quasi sempre da:

Dimorfismo sessuale

Esso si riscontra tra gli Scimpanzé (tranne i Bonobo), tra i Gorilla (in modo molto vistoso), tra i Babbuini.

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Dimorfismo sessuale e dominanza del maschio

Tra gli esseri umani la differenza fisica e comportamentale tra i sessi deve essersi sviluppata in seguito alla separazione dei ruoli.

Le attività di caccia riservate agli uomini, infatti, richiedono particolare aggressività rispetto alle attività di raccolta, riservate alle donne.

L’istinto dominante e l’aggressività del maschio hanno nel testosterone la base ormonale endocrina.

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Dimorfismo sessuale e dominanza del maschio

Classici, a tal proposito, sono gli esperimenti di Clark e Birch con due scimpanzé castrati in cattività cui furono somministrate, alternativamente, dosi di testosterone: a turno gli scimpanzé divennero dominanti nei confronti del compagno di cella.

L’accoppiamento ventro-ventrale, tipicamente umano (fanno eccezione i Bonobo), sembra avere a che fare anche con la dominanza maschile.

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La protezione della prole e l’aggressività femminile

Le gestanti di qualunque specie manifestano crescente interesse e senso del possesso verso i piccoli anche eterospecifici.

Anche la donna che sembra essere insensibile ai piccoli, col progredire della gravidanza diviene sempre più interessata e sensibile alla futura funzione di madre (un ruolo fondamentale assume l’ossitocina).

Quanto influiscano in ciò gli estrogeni non è chiaro. Di sicuro incide la prolattina, un ormone endocrino che accresce l’aggressività. Esso fa sì che venga prodotto il latte e stimoli la funzione protettiva verso i piccoli.

Funzione opposta ha l’ormone luteinico. Per contro, il calo di progesterone nel periodo mestruale provoca un incremento dell’aggressività.

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Difesa del cibo e del territorio da cospecifici e coabitanti

La convivenza di più specie nello stesso territorio deve rappresentare un qualche vantaggio, anche se qualcuna di esse deve subire l’occasionale aggressività di un’altra specie, come nel caso di Scimpanzé e Babbuini.

Quanto alla difesa del territorio, finché i primati sono vissuti prevalentemente sugli alberi, non s’è in essi sviluppato un forte senso del possesso. Quando invece hanno incominciato a sviluppare abitudini terricole s’è conseguentemente sviluppata aggressività per il possesso del cibo e del territorio collegato.

Questo deve essersi verificato anche con gli Ominidi nelle prime fasi della ominazione, quando passarono dalla foresta alla savana e iniziarono una sistematica attività di caccia.

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Il Mobbing e lo Stalking

Per Mobbing (dall’inglese to mob = assalire, accerchiare), osservato negli animali per la prima volta dagli etologi Lorenz e Timbergen, si intende un attacco collettivo di una moltitudine di animali più deboli contro il più forte.

Herald Ege (1996) ha definito il mobbing tra gli umani come una forma di terrore psicologico esercitata attraverso comportamenti vessatori e aggressivi ripetuti sistematicamente da parte di colleghi e dipendenti verso i superiori, con lo scopo di eliminare la persona scomoda; oppure, al contrario, da parte di un superiore verso uno o più sottoposti.

Herald Ege distingue cinque tipi di mobbing:

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Il Mobbing e lo Stalking

1. Il mobbing dal basso: è messo in atto da inferiori (ammutinamento) con lo scopo di annullare l’autorità di un superiore. Alla strategia dell’isolamento affiancano quella del sabotaggio per metterlo in cattiva luce rispetto ai vertici di comando.

2. Il mobbing dall’alto: è il contrario del precedente. Il superiore tende a vessare in vari modi il o i dipendenti volendo affermare tutta la forza del suo potere.

3. Il mobbing tra pari: in questo caso anche quando la struttura definisce con precisione ruoli e mansioni, tra i colleghi nascono piccole invidie, antipatie personali che possono superare, per aggressività, quelle tra superiori e sottoposti.

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Il Mobbing e lo Stalking

4. Il Mobbing sessuale: nasce e si sviluppa sulle orme delle molestie sessuali e si manifesta con la ritorsione e la vendetta da parte del molestatore respinto, con ricorso alla calunnia e alla diffamazione. In questo caso il molestatore intende reclutare complici tra vicini e colleghi. A questo punto il Mobbing è facile che si trasformi in:

5. Stalking (dall’inglese to stalk = perseguitare): atteggiamento tenuto da un individuo che affligge un'altra persona, perseguitandola ed ingenerandole stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità (Cfr. D.L. 23 aprile 2009).

6. Il doppio Mobbing: si verifica quando il mobbizzato, che si rivolge all’ambiente familiare per trovare conforto, a lungo andare provoca reazioni di insofferenza nei suoi stessi familiari, per cui esso si viene a trovare tra due fuochi.

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Il Mobbing e lo Stalking

Il prolungarsi del Mobbing come dello Stalking può provocare nelle vittime una lunga serie di disturbi:

• Ansia• Angoscia, • Terrore• Disturbi cardiovascolari• Somatizzazioni di vario tipo e di varia entità

Tali disturbi potranno risultare, a lungo andare, cronici e inguaribili.

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Video mobbing

Video stalking

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Fattori dell’aggressività di gruppo nell’Uomo

L’aggressività come meccanismo di difesa ha un ruolo positivo e va intesa nei termini di:

cambiamento

progresso

evoluzione

Se però quel che va ad alterare è positivo, allora si trasforma in distruttività

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L’aggressività intesa come violenza di gruppo o guerra è un fenomeno prevalen-temente umano (si calcola che in epoca storica ci siano state circa 1300 guerre dal 1286 a.C. al 1900, cfr. http://cronologia.leonardo.it).

La sua origine va ricercata nella natura gregaria dell’uomo, nella sua remissività e nella obbedienza passiva.

La violenza dev’essere considerata fattore legato prevalentemente sociale, e non ereditario, in quanto non ci sono basi biologiche per affermare che l’aggressività di gruppo nei Primati e nell’Uomo abbia basi ereditarie. Scimpanzé e Gorilla usano forme di aggressività di gruppo verso cospecifici o eterospecifici solo per legittima difesa.

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Fattori dell’aggressività di gruppo nell’Uomo

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Presso le varie specie di Primati l’atteggiamento verso il territorio e la sua difesa è assai diverso da quello dell’Uomo nel quale si è sviluppato il concetto di proprietà che però non pare abbia basi ereditarie.

Nelle guerre, infatti, i combattenti spesso abbandonano il loro territorio, interrompono i legami affettivi e fanno dipendere la loro aggressività da precisi ordini impartiti dalle autorità militari.

Le guerre di religione sono un esempio eclatante di estrema violenza: l’odio verso il nemico è di natura ideologica e l’aggressività da esso scatenata si è sempre rivelata estremamente feroce.

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Fattori dell’aggressività di gruppo nell’Uomo

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Arthur Koestler (1905-1983) fa risalire l’origine dell’aggressività collettiva a tre fattori caratteristici della civiltà umana:

1. La sindrome del gregge (spirito gregario)

2. Il linguaggio

3. I simboli

Perché combattiamo, l'inchiesta di Science, 18 maggio 2012

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Fattori dell’aggressività di gruppo nell’Uomo