L’ARTE di sopravvivere TRA TERRA E MARE · di sopravvivere TRA TERRA E MARE. 3 ... Sud Africa si...

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Guida alla scoperta della vita che popola le dune e le scogliere del Parco Nazionale del Circeo L’ARTE di sopravvivere TRA TERRA E MARE

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Guida alla scoperta della vita che popola le dune e le scogliere del Parco Nazionale del Circeo

L’ARTEdi sopravvivereTRA TERRAE MARE

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Volendo esplorare il “confine” del Parco Nazionale del Circeocon il mare, si incontrano dueambienti molto differenti: uno,mobile, dal fondo cedevole, arido e assolato, degradalentamente verso il mare; l’altro,duro, aspro, periodicamentesommerso dall’acqua o battutodalle onde, vi si tuffa quasi in verticale. In queste descrizioniè facile riconoscere la duna e la scogliera.Le difficoltà di adattamento degliesseri viventi a tali ambienti sononotevoli e quasi contrapposte:l’unico elemento in comune è la carenza d’acqua.

Sulla duna è l’assenza di acquadolce che crea problemi a piantee animali, mentre sulla scoglieral’acqua che a volte viene a mancare è quella del mare,poiché gli organismi che vivononell’ambiente di marea si trovanoperiodicamente scoperti e al di fuori del loro elemento vitale.

TESTISilvana Nesi Sirgiovanni, Clelia Caprioli, Giulia Sirgiovanni (Istituto Pangea onlus)

DISEGNIBruno Spiccia

FOTOArchivio Parco Nazionale del CirceoAurelio Candido

CARTOGRAFIAAC&P

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONEAC&P srl - Aurelio Candido & Partners

Giglio di mare (Pancratium maritimum)

Se si lascia fare alla natura, la vegetazione della dunasi distribuisce, dal mare fino alla sua sommità, comeillustrato dallo schema e come potete osservare sulcampo. In alcuni tratti, però, mancano alberi ecespugli alti o le piante pioniere a causa di attivitàumane o di forti mareggiate. Con il tempo, però, lavegetazione ricomincia la sua paziente avanzata e,grazie alla tutela del Parco e all’adozione dicomportamenti rispettosi da parte di ciascuno di noi,riuscirà a riconquistare la duna.

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La duna: un “deserto” verdeVento, onde, correnti marine fanno delle coste sabbioseun ambiente in perenne movimento, che solo alcunepiante speciali, dette pioniere, possono “fermare”,portando alla formazione di una barriera protettiva traterra e mare: la duna. Le condizioni di vita sulla duna e sulla spiaggiaantistante sono davvero estreme, quasi come in undeserto: un terreno composto prevalentemente dasabbia sciolta, temperature che possono toccare i 50gradi, vento forte, salsedine, aridità. Eppure, le piante

pioniere riescono asopportare tutto questo.I primi semi ad arrivaresulla sabbia nuda,trasportati dalle onde, dalvento o dagli uccelli, hannoa disposizione pochissiminutrienti e ancor menoumidità; la morte dellepoche piantine che riesconoad attecchire rilascia, però,

nuova sostanza organica, innescando un processo dicolonizzazione della spiaggia da parte di un numerosempre maggiore di specie: piante erbacee ed annualisaranno seguite da specie perenni ed arbustive,consentendo la deposizione della sabbia trasportatadal vento ed il consolidamento della duna.Per non interferire con il paziente lavoro delle pioniereè necessario usare le passerelle di accesso allaspiaggia. Ogni passo impresso in questo fragile mondoin evoluzione, infatti, ha l’effetto di un solco scavatoda una ruspa: devastante!

Calcatreppola(Eryngium maritimum)

Il popolo della duna: le pianteCalcatreppola (Eryngium maritimum)La maggiore avversità cui vanno incontro le piante delladuna è la mancanza di acqua e la varietà di strategieche si sono evolute per sopperire a questa carenza hadell’incredibile. C’è chi sfugge la stagione più caldasopravvivendo sotto forma di seme, come nel caso dellepiante che vivono in prima linea sulla spiaggia; chi siporta dietro la propria “borraccia personale” trattenendol’acqua nei tessuti e chi, come la calcatreppola èricoperto da una polverina chiara che riflette i raggisolari.

Fico degli Ottentotti (Carpobrotus acinaciformis)Alcune piante conservano l’acqua nei tessuti dellefoglie, come il Carpobrotus, un “ospitepermanente” in quanto pur essendo originario delSud Africa si è adattato perfettamente ai nostri

ambienti, tanto da diventare infestante. La fiorituraprimaverile ci regala un tappeto rosa carico, ma

durante tutto l’anno è comunque possibile vedere le suefoglie carnose a forma di artiglio da cui il nome popolare“unghie di strega”. La pianta è conosciuta anche come“fico degli Ottentotti” poiché il frutto, che sembra...naturalmente un fico, era molto gradito a questo popolodel Sud Africa.La specie è esotica e infestante, quindi non bisognaassolutamente favorire la sua diffusione e tanto menopiantala sulla duna.

Piegarsi per non spezzarsiSulla duna, come del resto in prossimità della crestadelle montagne, le piante legnose crescono piegatetutte nella stessa direzione, quella del ventodominante, la cui forza e costanza è tale da modificarela naturale tendenza dell’albero a crescere in altoverso la luce.Come facciamo noi che di fronte ad un vento fortegiriamo istintivamente le spalle e ci pieghiamo verso ilbasso, allo stesso modo gli alberi, apparentementecosì rigidi, tendono a piegarsi senza spezzarsi.Tuttavia, quando la sollecitazione è continua, nonpossono, come noi, allontanarsi e devono trovareun’altra strategia per resistere. Essa consiste nellaproduzione di un legno speciale, detto “di reazione”,che si forma sopra o sottovento a seconda della speciee che fa assumere alle piante il tipico portamento “abandiera”. Sottovento, questo legno è formato dacellule particolarmente rigide, ricche di lignina, cheservono a contrastare la tendenza del fusto a rompersi,mentre sopravento sono presenti cellule più “morbide”ed elastiche, che ne favoriscono l’allungamento.

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Fico degli Ottentotti

Calcatreppola (Eryngium maritimum) e giglio di mare (Pancratiummaritimum)

Ginepro coccolone (Juniperus oxicedrus macrocarpa)Ci sono poi le specie che puntano a ridurre le perditeper traspirazione: queste hanno foglie piccole,spesse e ricoperte di sostanze cerose idrofobe,oppure pelose inferiormente, in corrispondenza deglistomi, le piccole cavità attraverso cui avvengono gliscambi di acqua e ossigeno. Il ginepro coccoloneassomma tutte queste caratteristiche e vi aggiungeanche gli oli essenziali che riducono l’evaporazione

e, contemporaneamentescoraggiano il morso deglianimali con il loro aroma intenso.Osservatene da vicino la foglia:nella pagina inferiore si possonovedere due strisce argentateformate dai fitti peli che copronogli stomi; toccandola, sulle manivi rimarrà un gradevole profumo.

I frutti, grandi e rotondi, danno alla pianta sia ilnome scientifico (macrocarpa = grande frutto), siaquello italiano, visto che i frutti dei ginepri sichiamano normalmente coccole.

La maggior parte delle pianteerbacee presenta radici lunghe edabbondanti per aumentare lepossibilità di assorbimentodell’acqua; tra le erbe, è anchefrequente la forma a cuscinetto,ad esempio la camomilla di mare(Anthemis maritima), oppurequella prostrata al suolo come il ginestrino (Lotus citisoides). Lepiante legnose, invece, adottanoun portamento cespuglioso conrami fitti e chiomarotondeggiante per tratteneremeglio l’umidità. Chi saprebbefare di meglio?

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Lucertola(Podarcis sicula)

Il popolo della duna: gli animaliPiante e animali dell’ambiente dunale devono ricorrere per sopravviverea una serie di adattamenti e strategie. Rispetto alle piante,forzatamente immobili, gli animali godono, però, di alcuni vantaggi:molti, infatti, scelgono di spostarsi verso luoghi meno ostili, oppurepreferiscono essere attivi nelle ore più fresche del mattino o della sera.Quando il sole è ormai alto, prima che il vento le spazzi via, sullasabbia rimangono le tracce del loro passaggio.

I coleotteri lasciano l’impronta del corpo affiancata dai segniminuti delle zampe, formando un disegno complessivo che ricorda una chiusura lampo.

Nella traccia della lucertola si riconosce l’impronta stretta e lunga del corpo e della coda

Le impronte del gabbianosi riconoscono dallaforma palmata dellazampa di questo uccello, abile nuotatore.

Il coniglio si muove sulle dune, a volte inseguito dalla volpe. È facile trovare tracce più...concrete: sono le sue feci, che si presentano come tante palline

Ginepro coccolone

Ginestrino

Camomilla di mare

Gabbiano reale (Larus michaelis)

Coleottero(Pimelia bipunctata)

Coniglio(Oryctolagus cuniculus)

ScoglieraIl piccolo bacino del Mediterraneo non regala lespettacolari maree oceaniche che lasciano scopertichilometri di costa. Quante volte, però, vi è capitato dinotare che il mare, che al mattino quasi lambival’ombrellone, nel pomeriggio si era allontanato dialcuni metri? Sulla spiaggia che degrada dolcementequesto fenomeno è più evidente, mentre sulle scogliereche scendono verticalmente, la differenza di livello siriduce a meno di un metro. Potrebbe sembrare undato poco significativo, ma per gli organismi chevivono attaccati alla roccia, quei pochi centimetri dibassa marea sono sufficienti per rimanere alcune oreall’asciutto. Per sopravvivere a queste condizioni, frauna marea e l’altra, gli organismi hanno sviluppatouna serie di adattamenti che hanno tutti una soluzionein comune: quando il mare si ritira, un po’ d’acquaviene conservata all’interno di conchiglie, cavità delcorpo, strutture esterne, negli animali, e nei tessutigelatinosi, nelle alghe.Nella parte bassa della scogliera le onde del mare battonoincessantemente e impediscono alle piante superiori disopravvivere; solo più in alto, dove si forma un po’ diterreno e l’effetto della salsedine diminuisce, alcunepiante molto specializzate colonizzano le rocce. Conl’aumentare della distanza dal mare, però, la scogliera siricopre di altre e più numerose specie vegetali.

Theba pisanaFra gli animali che sono stati capaci di lasciarel’ambiente acquatico e di adottare i drasticicambiamenti necessari per affrontare il clima ostiledella duna, non ci sono molti molluschi e, sicuramente,non i bivalvi, troppo dipendenti dalla filtrazionedell’acqua per i loro scambi respiratori e nutrizionali.Esistono, invece, dei gasteropodi capaci di utilizzare

l’aria per gli scambi gassosi con i loro vasisanguigni, o addirittura, come nel caso della

chiocciola (Helix sp.) di organizzare unaspecie di rudimentale cavità polmonare.Un’altra chiocciolina, la Theba pisana, èuna specialista della sopravvivenza: lasua conchiglia, molto spessa rispetto alle

dimensioni del mollusco, offre di per séuna buona difesa contro il caldo, ma per

meglio affrontare le difficoltà di dell’ambientedunale la Theba pisana ha scelto di... vivere in

comunità. I molluschi formano, infatti, degli aggregati,detti cluster, sugli steli delle piante erbacee della duna,allontanandosi il più possibile dalla sabbia bollente.

Formicaleone (Myrmeleon formicarius)Un altro abitante della duna, il formicaleone, o meglio lasua larva carnivora, cerca di sfuggire alla calura dellasabbia con un sistema inverso a quello della Theba.Scava, infatti, una fossa a imbuto e dal fondo fa franarela sabbia per far precipitare la preda e catturarla.

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Formicaleone

Theba pisana

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In balia della mareaLittorina (Littorina neritoides)Le littorine, piccoli gasteropodi dallaconchiglia grigiastra, si raggruppanonelle fessure delle coste rocciose edegli scogli, in paziente attesa diun’ondata che le raggiunga portando,

con l’acqua, la possibilità di scambi respiratori. Essevivono,quindi, al di sopra della zona compresa fra labassa e l’alta marea. Vere professioniste dallasopravvivenza, sono capaci di resistere molto bene allasiccità per periodi abbastanza lunghi (fino a duesettimane) proprio perché riescono a conservare unacerta quantità d’acqua sotto la conchiglia, la cuiimboccatura, per di più, può essere chiusaermeticamente con un opercolo. Il loro nutrimento èfornito dalle alghe e dai piccoli licheni che incrostanole rocce su cui vivono.

Denti di cane (Balanus sp.)La somiglianza con il molare di un grosso animale hafatto meritare ai balani il nome popolare di “denti dicane”. Vivono ancorati fortemente alle coste rocciose eagli scogli, ma non disdegnano di impiantarsi anchesu altri molluschi come le cozze, o sulle parti immersedelle imbarcazioni. Nonostante le notevoli modifichenell’aspetto esterno, appartengono,sorprendentemente, ai crostacei (lo stesso gruppo deigranchi), come attesta la forma della larva e, questo,nel dubbio, è un test che non sbaglia mai. Le zampedel crostaceo sono state modificate in cirri che,smuovendo l’acqua, permettono gli scambi respiratorie l’afflusso delle particelle nutritive. L’aperturasuperiore del carapace (lo scheletro esterno delcrostaceo) viene opportunamente regolatadall’animale a seconda della disponibilità di acqua,dipendente dall’altezza delle maree.

Cozza (Mytilus edulis)Tutti conoscono i pregi alimentari delle cozze e, nella maggior parte dei casi, anche le loro abitudinidi filtratori; infatti, se l’acqua in cui vivono non è pulita e ossigenata, le conseguenze si ripercuotonoanche sulla salute di chi le mangia. Tipici abitanti delle rocce, le cozze vi si aggrappanocon i filamenti di bisso, che secernono con appositeghiandole. Nell’antichità dal bisso si ricavava untessuto particolarmente pregiato.

Polichete (Famiglia Serpulidi)La conchiglia nera e lucente della cozza si presentafrequentemente decorata all’esterno da ghirigoribianchi in rilievo. Si tratta, in realtà, di tubicini di natura calcarea secreti da alcuni vermi mariniche vivono al loro interno. L’animale si sporge fuoridall’apertura solo di alcuni millimetri per filtrarel’acqua attraverso un ciuffo di tentacoli piumati che agitano l’acqua, convogliandola all’interno per permettere gli scambi respiratori e l’afflussodelle particelle nutritive. Uno dei tentacoli è modificato a formare una specie di tappo, che può servire a chiudere il tubo quando il verme vi si ritira durante la bassa marea.

Pomodoro di mare (Actinia equina)A vederlo fra le rocce, rosso ecompatto, questo parente dellamedusa sembra proprio un belpomodoro maturo. Quando vienericoperto d’acqua dell’alta marea,però, ecco l’attinia sbocciare comeun fiore cominciando ad agitaremollemente i suoi tentacolinell’intento di procurarsi il cibo.Sebbene viva fissa al substrato,l’attinia si procura il cibo grazieall’effetto urticante esercitato daisuoi tentacoli che, peraltro, sonoinnocui per le persone.

Paguro Bernardo (Dardanus spp.)Incontrando il paguro Bernardo si ha l’impressione divedere un essere mitologico, sul tipo, per capirci, deicentauri. La metà anteriore del corpo, infatti,corrisponde ad un tipico crostaceo, mentre la parte

posteriore si presentacome una conchiglia.Basta poco perconstatare, però, cheessa non fa parteintegrantedell’animale ma èsemplicemente unaprotezione, scelta dalpaguro per mettere alriparo il suo addome,

molle e vulnerabile. Il paguro, infatti, sceglie laconchiglia vuota di un mollusco gasteropode e viintroduce l’addome lasciando sporgere la parteanteriore del corpo ben difesa,invece, dal carapace. Va da séche il paguro, nel corso dellasua vita aumenta didimensioni e, quindi, haperiodicamente il problema dicercare una nuova casa.

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