L'arte di credere in se stessi ebook studio paserio

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Dal sito dello Studio Paserio -27 settembre 2015

Nella storia ci sono stati casi di persone che hanno lasciato il segno:

Enzo Ferrari, i fratelli Wright, Steve Jobs, ecc.

Persone, che credevano in quello che stavano facendo e ci

credevano talmente tanto, da dedicare tutto il loro tempo e la loro

vita per realizzare quello che era il loro sogno.

E la loro passione era talmente contagiosa, che riuscivano a

trasmettere anche agli altri una carica positiva che si trasformava in

fiducia nei loro confronti.

Ma quanti di noi, hanno la stessa carica?

Quanti di noi, hanno un progetto in cui credono effettivamente?

La verità è che abbiamo delle idee, ci sembrano buone, ma da lì a

progettarle, concretizzarle e trasformarle in realtà, c’è un abisso.

Siamo noi stessi, per primi, che ci spaventiamo davanti alle prime

difficoltà, ai commenti negativi di chi è intorno a noi, alle porte in

faccia che ci vengono sbattute quando andiamo a bussare per la

prima volta.

La verità è che non ci crediamo fino in fondo e ci facciamo

guidare dalle nostre paure.

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Paura di non farcela, paura di aver preso un abbaglio, paura di

indebitarci e perdere la tranquillità economica, paura di perdere le

nostre certezze e quello che abbiamo ottenuto fino a quel momento.

E’ più facile sicuramente farci guidare dalle nostre paure e

abbandonare il “nostro progetto” davanti alle prime avvisaglie,

piuttosto che essere lungimiranti e guardare avanti verso il nostro

obiettivo.

Quindi, quando diremo a noi stessi:

- che “non è possibile”;

- che “ci abbiamo provato ma…”;

- che “volevamo ma non ci sono state le condizioni per…”;

- che “mi sarebbe piaciuto ma…”;

- che “in un altro momento forse avrei potuto…”

- e… ,chi più ne ha più ne metta,

dobbiamo sapere che ci stiamo raccontando un sacco di frottole.

Stiamo cercando di trovare delle scuse a noi stessi per giustificare

il fatto che non abbiamo avuto abbastanza coraggio di

continuare.

E perché non abbiamo avuto abbastanza coraggio?

Perché non ci credevamo abbastanza.

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Questi personaggi della storia ci insegnano che se vogliamo

veramente qualcosa, possiamo ottenerlo.

Dobbiamo lavorare di più sulle nostre capacità e sul nostro

potenziale.

Ognuno di noi può fare tutto quello che vuole, se ci crede veramente.

Non ci sono limiti.

Guardiamo quello che è riuscita a fare Giusy Versace, che è diventata

un’atleta, nonostante abbia perso l’uso di entrambe le gambe dopo

un incidente stradale, oppure Beatrice Vio (Bebe), campione

paralimpica di scherma che, nonostante la giovane età e

all’amputazione delle braccia e delle gambe in seguito ad una

meningite fulminante, è riuscita a trasmettere un’energia e una

positività esemplare, o ancora Lucia Annibali, avvocato sfigurato

dall’acido che si è rimessa in gioco scrivendo libri e comunicando al

mondo che oggi si sente più forte, determinata e coraggiosa di prima.

Messaggi di persone che, nonostante le difficoltà, hanno avuto

la forza e il coraggio di rialzarsi.

Ma se ce l’hanno fatta loro, perché non possiamo farlo noi?

Perché non possiamo trovare la forza in noi stessi e credere in quello

che siamo e in quello che facciamo?

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Quando ci sembra impossibile riuscire a

compiere “il miracolo” e quindi realizzare il

“nostro sogno”, ci dobbiamo guardare davanti

ad uno specchio e ci dobbiamo domandare:

“perché no?”; “cosa non ho io, che gli altri

hanno?”.

Se crederemo di più nei nostri sogni, il

miracolo si avvererà.

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Dal sito dello Studio Paserio – 7 Novembre 2015

Ognuno di noi ha la sua personalità, i suoi valori, un suo vissuto.

Il bello della vita è proprio questo.

Ogni persona è unica e irripetibile.

Ogni persona si anima e si accende in modo diverso a seconda della

“leva” motivazionale che viene usata.

Ma cos’è la motivazione?

L’etimologia della parola “motivazione” porta a pensare al

movimento, ossia al motivo che guida un individuo a compiere una

certa azione.

Quindi dobbiamo domandarci:

Quando ci alziamo al mattino, ci vestiamo e andiamo a lavorare,

perché lo facciamo?

Qual è il motivo che ci spinge ad andare al lavoro?

Se non ve lo siete mai chiesti, vediamo di farlo insieme e poniamoci

delle domande per fare chiarezza su quello che siamo e su quello che

vogliamo.

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Ritorniamo con la mente al mattino, quando suona la sveglia e

vediamo che è ora di alzarci.

Com’è il nostro stato d’animo mentre facciamo colazione, ci vestiamo

e ci infiliamo le scarpe?

– Sentiamo un peso allo stomaco e un malessere interiore che ci butta

a terra ma sappiamo che dobbiamo andare a lavorare?

– O pensiamo in modo positivo, canticchiamo e sorridiamo allo

specchio sapendo che inizia un altro giorno e quindi un’altra

avventura?

Se abbiamo risposto, possiamo andare con la mente ad un altro

momento della giornata: la sera.

Apriamo la porta di casa, siamo stanchi.

Come ci comportiamo?

– Siamo nervosi, irascibili, insoddisfatti e ci lamentiamo di tutto e di

tutti?

– O entriamo in casa sorridenti, salutando e aprendo le braccia verso

i nostri figli chiedendo di raccontarci la loro giornata e condividendo

pensieri ed emozioni?

Il nostro stato d’animo rispecchia quello che proviamo.

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E’ un po’ come il termometro che usiamo per provarci la febbre.

A seconda della temperatura che leggiamo, capiamo se il nostro

malessere è dovuto all’influenza che sta arrivando.

Fare un lavoro che ci piace vuol dire fare un lavoro che non ci

pesa; il tempo passa ma non ci accorgiamo perché siamo assorti da

quello che stiamo facendo e…. ci sentiamo bene, siamo soddisfatti!

Siamo entusiasti di quello che stiamo facendo, dei risultati che

abbiamo ottenuto.

Magari qualcosa durante la giornata è andato storto, abbiamo

commesso degli errori, ma partiamo da lì per migliorarci cercando di

non commetterne degli altri. Abbiamo portato a casa comunque

un’esperienza di vita.

Fare il proprio lavoro con passione, vuol dire farlo bene e questo è

importante.

Impariamo ad ascoltarci, a capirci e a inseguire i nostri sogni.

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Se il nostro lavoro ci logora, cambiamolo.

Se ci appassiona,

coltiviamolo con la

positività, l’entusiasmo e la

consapevolezza che

abbiamo una grossa fortuna.

Pensiamo da saggi e non

sprechiamo le nostre

energie. Gustiamoci il nostro lavoro e sorridiamo alla vita.

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Dal sito dello Studio Paserio -15 dicembre 2015

Ho sempre scritto articoli sui collaboratori e su come devono essere

motivati e fatti sentire parte integrante dell’azienda, ma oggi ho

toccato con mano un’altra verità: quella dell’imprenditore che,

davanti alle difficoltà nella gestione di un’impresa, viene lasciato

solo.

Da sempre si è cercato di tutelare il dipendente, in quanto

considerato la parte debole nel rapporto sinallagmatico datore di

lavoro-lavoratore.

Ma è sempre così?

In questi anni di crisi e di cambiamento economico-finanziario, sto

vedendo artigiani, commercianti, piccoli imprenditori e professionisti

che si danno da fare, 100 volte di più che nel passato. Cercano nuove

strade da percorrere, contattano nuovi clienti, lavorano fino a notte

fonda, si adattano a fare un po’ di tutto pur di tenere in piedi la loro

azienda e garantire il posto di lavoro ai dipendenti.

Persone come tante, che oggi stanno perdendo la loro dignità di

uomini.

Persone che si mettono in fila davanti ad uno sportello di una banca

per chiedere un finanziamento, ma si ritrovano un funzionario che,

con un sorriso di convenienza e le mani incrociate sulla scrivania,

risponde che non può concederlo a causa delle garanzie insufficienti.

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Persone che alla sera, quando i dipendenti vanno a casa, si ritrovano

seduti davanti a decine di bollette, fatture e stipendi da pagare, con

uno sguardo perso nel vuoto perché non sanno che pesci pigliare.

Persone sommerse da mille problemi a causa di fatture emesse e mai

incassate.

Persone abbandonate da un sistema che non funziona e che non

tutela il recupero dei loro crediti. Non li aiuta davanti alle difficoltà.

Non prevede nessun ammortizzatore sociale, nessun sussidio e

nessun appoggio psicologico.

Persone sole, che si trovano in situazioni più grandi di loro.

Siamo sicuri, quindi, che sia il dipendente la parte più debole nel

rapporto di lavoro?

Oggi, per la prima volta, ho capito quanto può costare per una

persona che nella vita è sempre stata corretta e ha sempre onorato i

suoi debiti, continuare a camminare a testa alta, sapendo di non

riuscire a saldare tutte quelle bollette, quelle fatture e quegli stipendi,

che si sono accumulati sulla scrivania.

Ho visto negli occhi di un imprenditore, la disperazione di chi è

costretto a licenziare i suoi collaboratori.

Almeno i dipendenti prenderanno la naspi e avranno un sussidio per

due anni.

Ma a lui, chi ci pensa?

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Non ha lavoro, ha 55 anni, la pensione è lontana e ha una famiglia da

mantenere.

Ha investito tutti i suoi soldi

nell’azienda e ora si ritrova

con una casa ipotecata che

tra poco andrà all’asta e sarà

venduta a metà del suo valore.

E’ arrivato il momento di

fare qualcosa anche per

queste persone che sono in difficoltà.

Pensiamoci!!

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Dal sito dello Studio Paserio -22 marzo 2016

Ci sono persone che sono insoddisfatte. Non stanno bene con sé

stesse, provando un senso di malessere interiore.

Si svegliano al mattino, vanno a lavorare ma quello che fanno, gli pesa

come un grosso macigno sulle spalle.

Parli con loro e capisci che vorrebbero fare qualcosa di diverso, ma

non hanno un progetto.

Non sanno neanche loro cosa vogliono.

Il lavoro che hanno fatto per lunghi anni, non gli basta più.

Cosa è successo?

È cambiato qualcosa, sono cambiati gli interessi e sono cambiate le

priorità.

In questi casi è importante guardarsi dentro e cercare di capire quello

che si vuole veramente.

L’errore più grande sarebbe quello di far finta di nulla e non ascoltare

il proprio corpo e le proprie emozioni.

Vi racconto una storia che è successa qualche anno fa.

Mi sono trovata davanti una persona che ha sempre fatto il

dipendente e che voleva aprire una sua attività.

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Era sempre stato il suo sogno, ma poi, la famiglia, il senso di

responsabilità, la paura di non farcela e, tanti “ma” e tanti “se”, hanno

avuto la meglio spingendolo a fare il dipendente.

Questa scelta forzata aveva condizionato la sua vita.

Ogni anno che passava, era un anno in cui si alimentava in lui

l’insoddisfazione e la tristezza di un aver seguito il suo sogno.

Era arrivato il momento di dare una svolta alla sua vita.

Se era effettivamente il sogno nel cassetto, era arrivato il momento

di agire e di pensare al futuro.

Iniziammo quindi un percorso per mettere un po’ di luce nella sua

vita:

Sai esattamente cosa vuol dire essere un imprenditore?

Sai l’impegno, sia in termini di tempo che di risorse, che devi impiegare

per iniziare un’attività in proprio?

Chiudi gli occhi e prova a guardarti tra un anno, quando avrai

realizzato il tuo sogno. Come ti vedi?

Quali sono le sensazioni che provi a vederti lì, dietro alla tua scrivania?

E’ quello che vuoi veramente?

Te la senti di lasciare un lavoro che ti assicura uno stipendio a fine

mese, iniziando un’attività dove ti devi accollare il rischio d’impresa?

E se ne sei consapevole, cosa ti impedisce di realizzare il tuo sogno?

E’ passato un po’ di tempo da quel giorno.

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Oggi, quella persona ha aperto una sua attività e sta facendo

esattamente quello che voleva fare.

E’ una persona molto più impegnata rispetto un tempo. Ha

pochissimo tempo da dedicare alla sua famiglia ma ha conquistato la

sua libertà.

Si è tolto le catene di cui

era rimasto prigioniero

ed è sereno e contento

della sua nuova vita.

Non è stato necessario

chiedergli se ne era valsa

la pena.

I suoi occhi parlavano da

soli.

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Dal sito dello Studio Paserio -4 gennaio 2016 Chi è il leader? E’ colui che trasforma le idee in realtà.

Il vero leader è colui che è lungimirante, entusiasta, tenace,

appassionato, innovatore, crede nei suoi sogni e fa di tutto per

realizzarli assumendosene i rischi.

Il vero leader è colui che nel “diagramma personale” è passato dalla

zona grigia per entrare nella zona luminosa; la zona in cui i sogni si

trasformano in realtà.

Spesso le persone sono bloccate nella “zona grigia”; la zona in cui si

sentono a disagio, si lamentano, criticano, ma nello stesso tempo non

agiscono, passando il loro tempo a non fare nulla per sviluppare il

loro potenziale.

Sono le persone, per intenderci, che passano delle ore davanti alla

macchinetta del caffè a lamentarsi dello stipendio,

dell’organizzazione e dell’azienda.

Queste persone, sono davanti ad un bivio. Possono fare tre cose:

– o rimangono in quella zona per il resto della loro carriera;

– o scendono nella zona oscura (la zona in cui il lavoratore è

fortemente demotivato a causa di un evento negativo e rilevante);

– o si mettono in gioco innalzandosi nella zona luminosa.

E’ una scelta. Una loro scelta. Di nessun altro.

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Non incominciamo a raccontarci frottole dicendo che si trovano

nella zona oscura, o nella zona grigia, a causa del capo, del capufficio,

della crisi, del mercato e chi più ne ha, più ne metta.

Se le persone sono lì e non fanno nulla per cambiare, non

possono addossare la colpa a nessuno, se non alla persona che si

troveranno davanti allo specchio.

Se siamo dei leader e abbiamo il compito di guidare una squadra

dobbiamo capire in che zona siamo e, se non ci piace, dobbiamo

incominciare a farci delle domande.

Vogliamo cambiare?

Se la risposta è affermativa, allora dobbiamo partire dal detto che “se

fai ciò che hai sempre fatto, non avrai altro che ciò che hai già”.

Dobbiamo incominciare a metterci in gioco, assumendoci i rischi delle

nuove azioni.

Rimanere nella zona in cui abbiamo sempre vissuto ci dà sicurezza,

magari non ci piace ma è familiare, confortevole e fa parte della

routine quotidiana.

Ma se vogliamo veramente cambiare, dobbiamo abbandonare il

nostro confort e sperimentarci.

Dobbiamo tirare fuori la grinta, le nostre capacità e il nostro

potenziale.

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Non sarà facile. Incontreremo delle difficoltà, delle resistenze.

Ma se vogliamo evolverci e raggiungere la zona luminosa dobbiamo

avere coraggio e rischiare.

Sono sicura che tutti gli

sforzi, le difficoltà e le

notti insonni, saranno

spazzati via nel momento

in cui gli obiettivi

verranno raggiunti.

In quel momento

l’impegno sarà ripagato

dalla motivazione e dall’eccitazione dei risultati raggiunti e dal

miracolo di aver trasformato i nostri sogni in realtà.

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Dal sito dello Studio Paserio -22 febbraio 2016

Ho letto una frase che mi è rimasta impressa “il nostro limite più

grande non è costituito da ciò che vogliamo e non siamo in grado

di fare, ma da ciò che non abbiamo nemmeno considerato di

poter fare”.

Una frase che mi è piombata addosso e che mi ha fatto riflettere.

Quindi, mi sono detta, vuol dire che tutto dipende da noi.

Ogni volta che ci lamentiamo di quello che sarebbe potuto essere, e

che non è stato;

Ogni volta che diamo la colpa a tutto il mondo di quello ci è accaduto,

anziché metterci in discussione per capire in che cosa abbiamo

sbagliato;

Ogni volta che guardiamo alle persone di successo. cadendo nella

trappola del “se avessi avuto anch’io….”, “se mi fosse capitato di…allora

anch’io avrei potuto…”;

Ogni volta che questi pensieri si fanno largo nella nostra mente,

possiamo fare qualcosa.

Possiamo allontanare i pensieri negativi e incominciare a fare

qualcosa per cambiare.

Fantastico!!

E la cosa più fantastica è che dipende solo da noi.

Desideriamo qualcosa?

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Bene, allora non lasciamo che il nostro desiderio rimanga un semplice

desiderio; facciamo in modo di trasformarlo in

un progetto realizzabile.

Prendiamo carta e penna e incominciamo a

scrivere quello che vogliamo.

Domandiamoci se quello che abbiamo scritto,

lo vogliamo veramente.

Chiudiamo gli occhi e immaginiamoci di

essere lì.

Entriamo nell’immagine e viviamo tutte le emozioni e le sensazioni

del momento in cui avremo raggiunto il nostro obiettivo.

Cosa vediamo?

Cosa proviamo in quel momento?

Ci fa star bene?

Allora, costruiamo a ritroso tutto il percorso e mettiamo, nero su

bianco, tutte le azioni da fare per raggiungere il nostro obiettivo.

Pensiamo agli step, scriviamoli e diamo delle scadenze.

Il progetto è come una scalinata.

Man mano che saliremo i gradini, scriviamoci i risultati che abbiamo

ottenuto e gustiamoci la sensazione di benessere che proveremo.

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Nei momenti in cui penseremo di non farcela, riprendiamo i nostri

appunti e guardiamo indietro a quello che abbiamo fatto fino a quel

momento.

Siamo sicuri di voler mollare?

Prima di rispondere però, torniamo alla nostra immagine.

Chiudiamo gli occhi e torniamo con la mente alla scena che avevamo

immaginato, al momento in cui avremo raggiunto il nostro obiettivo.

Entriamo nell’immagine e riviviamo le stesse emozioni che avevamo

provato all’inizio, prima di iniziare il nostro progetto.

Siamo veramente sicuri di voler mollare tutto?

Adesso sì.

Adesso è arrivato il momento di rispondere alla nostra domanda.

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Dal sito dello Studio Paserio -24 aprile 2016

Tutti noi abbiamo delle paure.

Paure che nascono, si formano e vivono nella nostra mente.

Passiamo anni interi a camminare con questa enorme palla al piede,

che ci limita nelle nostre azioni.

Appena si ripresenta una certa situazione, ecco che riaffiorano in noi

quelle paure: paura di non farcela, paura di non essere abbastanza

preparati, paura di parlare in pubblico.

Ognuno ha la sua.

Ma da dove nascono queste paure?

Possono nascere da esperienze del passato, da tentativi fallimentari

ridondanti, da esperienze mai vissute. Possono essere “n” i fattori

interni e/o esterni da cui derivano queste paure.

La cosa importante non è tanto capirne le origini, ma cercare di

lavorare sul nostro presente per crearci i presupposti di un futuro

migliore.

Riuscire a toglierci di dosso queste catene, significa conquistare la

libertà.

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Iniziamo a pensare che ogni paura è formata da tanti piccoli tasselli e

che, se lavoriamo su ogni singolo tassello, tutto ci risulterà più

semplice da affrontare.

Pensiamo ad uno sciatore alle prime armi che è lì, in cima alla

montagna.

Dopo qualche lezione di sci, ha avuto il coraggio di salire con la

funivia, prendere la seggiovia e affrontare le piste “dei grandi”.

Mentre tutti gli passano accanto sorridenti ed eccitati perché non

vedono l’ora di iniziare la discesa, lui è davanti alla pista che guarda

il paese in fondo alla valle con i tetti delle case che gli sembrano

miniature.

È un attimo. La paura inizia a prendere il sopravvento. La respirazione

è breve, i muscoli sono contratti e la prima cosa che gli esce dalla

bocca è: “non ce la farò mai”.

Il nostro sciatore alle prime armi però non vuole arrendersi.

Vuole affrontare la sua paura e vuole arrivare fino a valle senza nulla

di rotto.

Ecco che si dimentica del paesino che vede in fondo alla valle e si

concentra su un obiettivo più vicino. Adocchia una baita che è poco

più giù, forse a 200 metri, e dice a sé stesso che la sua sfida è arrivare

fino a quella baita.

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La guarda, vede le persone che sono a prendere il sole.

Si rende conto che può farcela; che quella pista è esattamente come

la pista che ha fatto il giorno prima con il maestro di sci.

Prende coraggio e inizia la discesa.

Una volta arrivato alla baita, focalizza la sua attenzione su un altro

punto visibile ai suoi occhi e si lancia verso il suo secondo obiettivo.

Passo dopo passo, ecco che, senza accorgersene, ha raggiunto la

valle.

Cosa ha fatto il nostro sciatore?

Ha scomposto la sua paura e ha lavorato su obiettivi facilmente

raggiungibili.

Questo gli ha dato fiducia e ha scoperto che, tutto sommato, non era

così impossibile.

Si ricorda le parole dette in cima alla montagna: “non ce la farò mai”.

Riguarda in alto, sorride contento e si avvia verso casa.

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Bene.

Adesso tocca a noi: “Qual è la

prima azione che possiamo fare

oggi per liberarci dalle catene

delle nostre paure?”

Se l’abbiamo identificata,

facciamola subito. Non

aspettiamo domani.

La paura più grande è racchiusa nella nostra mente.

Non dimentichiamolo!

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Dal sito dello Studio Paserio -16 febbraio 2016

Tutti noi abbiamo delle idee.

Ma cosa contraddistingue un soggetto che tramuta un’idea in un

successo, rispetto un altro soggetto che lascia che le idee gli passino

davanti come un soffio di vento?

Sembra semplice dare una risposta, ma non è così.

Personalmente credo che, alla base di ogni successo, risulti

fondamentale il pensiero positivo, ossia il modo con cui ci

approcciamo a quell’idea.

Se pensiamo che l’idea sia buona, ma poi lasciamo che la nostra

razionalità prenda il sopravvento ponendoci dei limiti, allora è finita.

Vuol dire che ci stiamo già costruendo delle vie di fuga per

convincerci che è “impossibile”.

Cerchiamo di essere più onesti con noi stessi, rispondendo a delle

semplici domande:

- quanto credo in questa idea?

- quanto credo in me stesso e nelle mie capacità?

- quanto sono disposto a rischiare per realizzare questa idea?

Mi viene in mente un evento che mi è accaduto 15 anni fa, quando

un collega, anche lui consulente del lavoro, mi aveva proposto di

gestire un target di clientela diverso rispetto quello abituale.

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Avevo alle spalle più di 10 anni di esperienza professionale ed ero

considerata una brava consulente del lavoro ma….c’era un ma….. non

avevo abbastanza fiducia in me stessa e nelle mie capacità.

Alla proposta, risposi quindi con un “non sono pronta!”.

Quello che mi disse, con fare rassegnato, fu questo: “quando sarai

pronta?”

E da lì capii.

Capii che non era un problema di preparazione professionale, ma era

un problema di testa.

Subito dopo, iniziai un percorso di crescita personale per abbattere i

miei limiti mentali. Certo, lavorare su noi stessi e aprire la mente è

solo un primo passo, ma è fondamentale per continuare il percorso e

tramutare le idee in risultati.

Ricordiamoci che ogni persona che raggiunge il proprio obiettivo

ha messo anima e corpo per realizzare i suoi sogni.

Dall’idea al risultato c’è una strada da percorrere e quindi bisogna

prepararsi.

Bisogna fare una pianificazione, capire le risorse personali o esterne

di cui abbiamo bisogno, darsi delle scadenze per poi passare

all’azione.

Dobbiamo essere pronti ad affrontare difficoltà e delusioni.

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Ogni difficoltà e ogni delusione non dovrà però essere vissuta

come un fallimento ma come un motivo di crescita.

Impariamo dai nostri errori e continuiamo la

nostra strada con perseveranza e

ostinazione.

Raccogliamo da ogni esperienza l’energia

necessaria per alimentare il nostro

motore: “il pensiero positivo”.

Se crederemo veramente nella nostra idea,

non ci sarà niente e nessuno che potrà

fermarci.

Ne sono sicura!

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Sandra Paserio

Consulente del Lavoro – HR Problem Solver – Business Coach

Titolare dello Studio Paserio, nato nel 1990 come Studio specializzato

nella Consulenza del Lavoro e nella Gestione delle Risorse Umane.

L’esperienza di oltre 25 anni nel settore e l’affiancamento di

professionisti e collaboratori motivati, ha permesso una crescita

personale e professionale nell’ambito dell’organizzazione aziendale

ed HR.

Oggi Sandra è un Coach Professionista ed è specializzata nel

Problem Solving Strategico nell’ambito della gestione delle Risorse

Umane.

Sandra Paserio

NON E’:

una Consulente del Lavoro tradizionale

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