LARTE DEL ROMANZO INTRODUZIONE AL DON CHISCIOTTE DI CERVANTES.

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L’ARTE DEL ROMANZO INTRODUZIONE AL “DON CHISCIOTTE” DI CERVANTES

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L’ARTE DEL ROMANZO

INTRODUZIONE AL “DON CHISCIOTTE” DI CERVANTES

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LA SCIENZA CI AIUTA A SOPRAVVIVERE

LE STORIE (IL ROMANZO) CI AIUTANO A

VIVERE

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L’ARTE DEL ROMANZO NASCE NEL 1600

PRECURSORE NE E’ CERVANTES CON IL DON CHISCIOTTE

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Fondatore dei tempi moderni non è solo Cartesio (scienza, filosofia) ma

anche Cervantes

Se scienza e filosofia hanno dimenticato l’essere dell’uomo, il mondo concreto

della vita...

con Cervantes nasce un’arte (quella del romanzo) che altro non è se non

l’esplorazione di questo essere dimenticato

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I grandi temi esistenziali analizzati dal filosofo Martin Heidegger in “Essere e Tempo” (1927)

sono stati svelati, mostrati, da quattro secoli di romanzo

IL ROMANZO SCRUTA LA VITA CONCRETA DELL’UOMO

E LA PROTEGGE CONTRO “L’OBLIO DELL’ESSERE”

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Mentre Dio andava lentamente abbandonando il posto da cui aveva diretto l’Universo (a causa della Rivoluzione Copernicana e della Rivoluzione scientifica del 1600)...

Don Chisciotte uscì di casa e non fu più in grado di riconoscere il mondo. Questo, in assenza del Giudice Supremo, apparve

all’improvviso in una temibile ambiguità. L’unica Verità divina si scompose in centinaia di verità relative,

che gli uomini si spartirono tra loro.

Nacque così il mondo dei Tempi Moderni, e con esso il romanzo,

sua immagine e modello.

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Intendere, come fa Cartesio, l’io pensante come il fondamento di

tutto (“Cogito, ergo sum”)...

essere dunque soli di fronte all’universo, è un atteggiamento che Hegel,

a giusto titolo, giudicò eroico.

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Intendere, come fa Cervantes, il mondo come ambiguità, dover affrontare, invece

che una sola verità assoluta, una quantità di verità relative che si contraddicono

(verità incarnate in una serie di “io immaginari” chiamati personaggi),

possedere dunque come sola certezza la saggezza dell’incertezza,

richiede una forza altrettanto grande.

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IL LINGUAGGIO DI:

•RELATIVITA’ e di

•AMBIGUITA’

DEL ROMANZO E’ L’ESATTO CONTRARIO DELLE

RELIGIONI E DELL’IDEOLOGIA

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Lo spirito del romanzo è lo spirito di complessità.

Ogni romanzo dice al lettore:

“Le cose sono più complicate di quanto tu pensi”

E’ questa l’eterna verità del romanzo, sempre meno udibile però oggi nel frastuono delle risposte

semplici e rapide che precedono la domanda e la escludono.

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Analizziamo il Don Chisciotte:

scopo dichiarato del libro è quello “di far aborrire agli uomini le false e assurde

storie dei libri di cavalleria…”

Per questo sembra una sarcastica conclusione di tutta la letteratura precedente: fantastica, eroica,

piena di leggende e di miti.

Oggi a noi questo libro sembra invece un inizio: il punto di partenza di una nuova arte,

l’arte del romanzo

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Il personaggio principale del romanzo è un pazzo molto originale che si prende per un eroe molto

convenzionale:

un povero gentiluomo di campagna, Alfonso Quijada, che ha deciso di essere un cavaliere errante

di nome Don Chisciotte della Mancia

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Il fondamento di tutta l’esistenza del protagonista risiede nella sua volontà di

essere ciò che non è.Questo ha delle conseguenze estetiche

radicali:

• nel romanzo non c’è nulla di sicuro

• tutto è mistificazione o illusione

• tutto possiede un significato incerto e mutevole

• nulla vi può essere preso sul serio

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A lui poco importa di rendere verosimile ciò che racconta.

Cervantes ci vuole:

• divertire

• sorprendere

• incantare

• meravigliare

(Finzione del romanzo ripreso da un manoscritto di un Moro)

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La prima parte del romanzo, quando apparve nel 1605, ebbe un successo clamoroso.

Scrivendo la seconda parte Cervantes ebbe un’idea straordinaria:

i personaggi che Don Chisciotte incontra lo riconoscono come l’eroe del libro che hanno

letto; discutono insieme le sue avventure passate, ed egli può commentare e correggere la

sua immagine letteraria.

Un gioco di specchi mai visto!

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Nulla in effetti è certo in questo basso mondo:

•né l’identità delle persone

•né l’identità delle cose (apparentemente così evidente: vedi l’episodio della bacinella scambiata per un elmo)

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Il comico e il riso appartengono alla vita umana da che esiste l’uomo.

In questo libro non vi è solo il riso della farsa, ma una comicità più sottile: lo humour.

(Esempio di humour: la vicenda dell’incontro con un gentiluomo di campagna e con il figlio poeta)

Il mondo all’improvviso si scopre nella sua ambiguità, le cose perdono il loro significato

apparente, le persone si rivelano diverse da quello che loro stesse pensano.

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C’è un proverbio ebraico che dice:

“L’uomo pensa, Dio ride”

L’arte del romanzo è l’eco della risata di Dio.

Dio ride guardando l’uomo che pensa, perché l’uomo pensa e la verità gli sfugge.

Don Chisciotte pensa, Sancio pensa, e ad entrambi sfugge non solo la verità del mondo, ma la verità

del loro stesso io.

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Anche l’amore di Don Chisciotte per Dulcinea assomiglia a un’enorme barzelletta…

E’ innamorato di una donna che ha visto solo di sfuggita o probabilmente mai.

In Cervantes è messa in discussione la nozione stessa di amore.

Che cos’è infatti l’amore se si ama una donna senza conoscerla?

Di colpo, grazie a questa iperbolica barzelletta che è la passione di Don Chisciotte per Dulcinea,

il sipario delle certezze si strappa.

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Don Chisciotte invece che personaggio da leggenda è diventato personaggio del mondo della prosa, nel senso di concreto, quotidiano.

Anche la morte di Don Chisciotte è tanto più commovente in quanto prosaica:

priva di ogni pathos.

Ad esempio: né Ulisse, né Achille si occupano mai dei loro denti, mentre per Don Chisciotte e Sancio Panza i denti sono un assillo continuo.

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Cervantes afferma:

“Per me solo nacque Don Chisciotte e io per lui. Egli seppe agire, io scrivere. Lui ed io non siamo che una cosa sola…”.

Ecco il primo contrassegno di un personaggio romanzesco:

è una creazione unica e inimitabile, inseparabile dall’immaginazione originale di

un solo autore.

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Don Chisciotte spiega a Sancio che Omero e Virgilio non descrivevano i personaggi “quali erano, ma quali

dovevano essere per servire da esempio di virtù alle generazioni a venire”.

Ora, Don Chisciotte è tutto fuorchè un esempio da seguire. I personaggi romanzeschi non

domandano infatti che li si ammiri per le loro virtù.

Essi domandano invece che li si comprenda, e questo è qualcosa di completamente diverso.

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Gli eroi dell’epopea vincono e, se sono sconfitti, conservano fino all’ultimo respiro la loro

grandezza.

Don Chisciotte è vinto. E non c’è alcuna grandezza. Perché tutto è chiaro fin dal principio:

La sola cosa che ci resta da fare di fronte a questa ineluttabile sconfitta chiamata vita è cercare di

comprenderla:

è questa la ragione d’essere dell’arte del romanzo.

LA VITA UMANA IN QUANTO TALE È UNA SCONFITTA.

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Ogni romanzo propone una risposta alla domanda:

“Che cos’è l’esistenza umana e dove sta la sua poesia?”