L'Architettura Dei Musei

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 Parte terza Il contenuto Tra g li e difici pubbli ci a destina z ion e culturale , il museo si di stingue p er es s e re l con ten itore di o gg etti ch e sono scelti p er le l or o ca rat terist i che di f at tu r a, di or iginalit à, di bell ezza e ra ccolti a scop o di ri cerc a e d i studio , anche p e r lasciare all e ge ne ra z ioni future un seg no concreto dello spirito cr ea ti vo del · l ' u omo e del su o cammino di progresso e civiltà. Come recita la d e fini z ion e dell ' lcoM (In te rnation al Co un c il of Mu se um s , l m u seo è «un'i stitu zion e pe r ma nente, senza sc opo di lucro , al se r viz io della sociee del suo sv ilupp o, ap ert a al pubblico , ch e compi e ri cerch e sulle testimo nian ze materi a li dell ' uo mo e suo ambiente , le acquisisce , le cons e , le comunica e so prattutto l e espone a fini di studi o, di edu cazi on e e di diletto» ' . Gli og gett i da museo sono quindi beni cultur li e la loro riunion e in co llezioni costit ui sce un p a - tri mo nio dell o Stato e un elemento imp or tant e d ell ' id entit à colletti va . In larga part e, come gi à è st ato dett o, le collezion i d ei mu s ei sono sta te costituite c on i be ni co nfisc ati a ll ari s to craz ia e al clero e co n le donazioni d ei coll ezionisti privati che hanno rap prese ntato « il p rincipal e can al e di a lim en ta z i one de i m u sei , soprattutto dei maggiori , che a buon diritto posson o es ser e definiti rac colt e di r accolte ( Marini Clar elli, 2 0 5, p. 12  . Nel t emp o qu e- sti nucle i ori ginari sono stat i arricchiti co n altre el argi z ioni e la sci ti tes tamenta - ri , con fondi e ri se rv e, con re pe rti provenienti da campagn e di sca vo e anche con l' a cq ui sto a lle aste. L' incremento delle collezioni è un a dell e funz ioni p deli cat e e impo rta nti sv olt e dal mu se o , ch e ha l compito di comple tar e un a ser i e, di colmare dell e lacu ne, di ricomporr e degli insi e m i , se mpre nel risp etto di un progetto cultur al e e compatib ilm ent e con le pr opr ie ris orse finan z iari e. La sc elta di tenere viva una collezione spe tt a a lla di r ezion e del mus eo e ll  au - to r i am mini s tr a ti va che de ci dono le mo da lità e i crit eri di annessione dell e nuove acqu i sizioni. Pe rc h é un oggetto possa es sere defi ni to un pe zzo da mu - seo , esso dev e prim a s up er ar e alcuni esami , de ve cioè esse r e giudi cato da un commiss ion e di es perti che ne accerti l auten ticità, la p ro ve nien za e 'inte g rit à, ch e ne valuti l'int er esse scientifico, a rti stico e cultu ral e e il valore ec onomico. O tten u ta l'appro vaz i o ne , l'ogge tto viene certificato e ac qui sta o st ato giuridi - 1 Codi ce d i deontol og ia professionale, adoctato da lla 1 .5  Asse mblea generale dell' rcoM r iu - ni t a a Buenos Ai res , Argentina , il 4 novemb r e 1986. I79

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Parte terza

Il contenuto

Tra gli edifici pubblici a destinazione culturale, il museo si distingue per esse

re il contenitore di ogg etti che sono scelti per le loro ca ratteristiche di fat tura,

di originalità, di bellezza e raccolti a scopo di ricerca e di studio, anche perlasciare alle generazioni future un segno concreto dello spirito cr ea tivo del·

l'uomo e del suo cammino di progresso e civiltà. Come recita la definizione

dell 'lcoM (International Council of Museums), il museo è «un'istituzione per

manente, senza scopo di lucro, al se rviz io della società e del suo sviluppo,

aperta al pubblico, che compie ricerche sulle testimonianze materiali dell'uo

mo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva , le comunica e soprattutto le

espone a fini di studio, di educazione e di diletto» ' . Gli oggett i da museo

sono quindi beni culturali e la loro riunione in collezioni costituisce un pa-

trimonio dello Stato e un elemento importante dell'identità collettiva .In larga parte, come già è stato detto, le collezioni dei musei sono state

costituite con i beni confiscati all'aristocrazia e al clero e con le donazioni dei

collezionisti privati che hanno rappresentato «il principale canale di alimenta

zione dei musei, soprattutto dei maggiori, che a buon diritto possono es sere

definiti "raccolte di raccolte"" (Marini Clarelli, 2005, p. 12 ). Nel tempo, que-

sti nuclei originari sono stati arricchiti con altre elargi zioni e lasci ti testamenta-

ri, con fondi e riserve, con reperti provenienti da campagne di scavo e anche

con l'acquisto alle aste. L'incremento delle collezioni è una delle funzioni più

delicate e importanti svolte dal mu seo, che ha il compito di completare unaserie, di colmare delle lacune, di ricomporre degli insiemi , sempre nel rispetto

di un progetto culturale e compatibilmente con le proprie risorse finan ziarie.

La scelta di tenere viva una collezione spetta alla direzione del museo e all'au -

torità amministrativa che decidono le modalità e i criteri di annessione delle

nuove acquisizioni. Perché un oggetto possa es sere definito un "pezzo da mu-

seo", esso deve prim a superare alcuni esami, deve cioè essere giudicato da una

commissione di esperti che ne accerti l'autenticità, la provenien za e l'integrità,

ch e ne valuti l'interesse scientifico, artistico e culturale e il valore economico.

Ottenuta l'approvaz ione, l'oggetto viene certificato e acquista lo stato giuridi-

1. Codice di deontolog ia professionale, adoctato da lla 1 .511 Assemblea generale dell'rcoM riu-

nita a Buenos Aires , Argentina, il 4 novembre 1986.

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L'ARC H ITETTURA DE I MUSEI

co dell'inalienabilità, vale a dire esce dal circuito dello scambio dei beni e non

può più essere venduto o estromesso dalla collezione di cui fa parte, se non

per validi motivi decisi dall'autorità competente.

Una volta certificato, l'oggetto viene inserito nella collezione. Per assegnar-

gli il posto, esso deve essere prima cla ss ificato e schedato, cioè deve esserenumerato e descritto in una scheda che ne indichi la provenienza e ne elenchi

le caratteristiche morfologiche e funzionali, quindi deve essere disegnato e fo -

tografato, eventualmente restaurato, e infine inv entariato. La classificazione di

un oggetto serve a ordinare le informazioni che lo accompagnano al momento

dell'ingresso nel mu seo e a tracciarne una documentazion e storica.

L'inserimento di un oggetto in una collezione comporta quindi un pro-

cesso di separazione dal mondo esterno che, se da un lato ne cambia il senso

e lo fa diventare un testimone di "qualche cosa che è stato", dall'altro lo libe-ra dai difetti e ne arresta l'invecchiamento. In ques ta prospettiva, il museo

non va visto come un cimitero degli oggetti dismessi, ma come un luogo dove

essi vengono fatti rivivere con un va lore arricchito che li rende, .in un certo

qual senso, immortali. l i sociologo francese Jean Ba udrillard, già citato a pro-

posito dell'Effetto Beaubourg e che ha dedicato un bellissimo libro al cosiddet-

to sistema parlato degli oggetti', sostiene la tesi che la raccolta di cose antiche

e del passato, spogliate del loro valore d'uso, serve ad assorbire <d'angoscia

del tempo e della morte» (Baudrillard , 2004 , p. 125) . Quando un oggetto vie-ne sottratto al ciclo della vita quotidiana e del consumo ed entra a far parte di

una collezione, sia che si tratti di una collezione privata che ognuno può fare

nel suo piccolo O di una collezione pubblica des tinata a un museo, esso so-

pravvive alla durata della vi ta di chi lo ha raccolto. La conservazione degli

oggetti è dunque una pratica che accompagna l'esistenza dell'uomo per scon-

giurare la paura della morte. Questa è la ragione, secondo Baudrillard, per cui

gli oggetti sono diventati <da consolazione delle consolazioni» (ibtd.) in un'e-

poca caratterizzata dal declino delle istanze religiose e ideologiche e da unvuoto di riferimenti. Visti in quest'ottica, gli oggetti da museo sono lo spec-

chio dell 'immagine riflessa dell'uomo e la loro conservazione e tutela costitui

scono una pratica necessaria alla nostra esistenza, essenziale quanto la possibi

lità di sognare J

2. Per Ba udrillard gli oggetti non sono semplici istanze del ciclo di produzione·circolazione·

consumo: essi sono segni che compongono un sistema semant ico e linguist ico proprio che diffe

risce sia dal loro valore d' uso sia dal loro va lore di scambio. Con sistema parlato degli oggetti

Baudrillard intende i modi in cui le persone entrano in relazione con qu esti valori-segni e i comportam enti che ne risultano.

3. Nel par. L'oggetto e il tempo, Bau driJJard (iv i, p. 124) scrive: <<L'ambiente e il possesso

degli oggetti privati - di cui la coUezione costitu isce il limite estremo - sono una dimensione

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PARTE TERZA. Il . CONTENUTO

Se nel modo corrente di pensare gli oggetti da museo sono associati alle

opere d'arte, cioè ai quadri, alle sculture e a tutto ciò che è raro e originrue e

che non si trova nella vita di tutti i giorni, in realtà il loro mondo è ben più

vasto e include anche ogget ti comuni e senza particolari qualità artistiche. Di

questo universo di oggetti la mu seografia si è occupata per via indiretta trami·te l'etnografia, che è la disciplina nata in ambito antropolog ico nella seconda

metà dell'Ottocento, negli anni dell'espansione dei musei nazionali, e che stu-

dia la cu ltura materiale, ovvero i manufatti costruiti dall'uomo per facilitarne

la vita e il lavoro 4 . Tanto la museografia quanto l'etnografia considerano l'og-

getto un bene culturale, ma mentre la museografia ne va luta le qualità stori-

che, artistiche e scientifiche, l'etnografia se ne interessa in quanto esemplare e

documento storico delle tradizioni culturali dei popoli . i n o n t r o tra la mu-

seogra fia e l'etnografia, che fin dall'inizio hanno incrociato i loro interessiavanzando di pari p ~ s o e condividendo metodologie di classificazione e ordi-

namento degli oggetti, ha avuto tra i suoi effetti anche quello di ispirare una

nuova concezione del museo come centro di ricerca e di documentazione atti·

vo sul terr itorio. Questo nuovo modo di vedere il museo, che può essere rias ·

sunto nello slogan "abbattere lo scalone monumentale", ha avuto come prima

diretta conseguenza la creazione negli anni settanta degli ecomu sei, ed è matu·

rato nel tempo fino al museo "ibrido" del Quai Branly che ha sancito il tra-

sferimento dell 'oggetto etnografico nel settore dell 'arte. i l Q uai Branly, il mu-seo delle arti primitive, ha infatti ulteriormente ridotto le differenze tra la mu-

seografia e l'etnografia, non senza sollevare polemiche e dibattiti tra gli addetti

ai lavori che non vorrebbero confondere il valore patrimoniale dell 'oggetto ar-

tistico con quello scientifico del documento storico.

In ogni caso, l'incontro tra l'estetica e la sc ienza ha convalidato ciò che ha

affermato Baudrillard e cioè ch e gli oggetti da museo sono segni, ovvero sono

un linguaggio visivo che fa del museo un luogo di studio e di app rendimento

unico nel suo genere. Attraverso la visita, il frequentatore del museo ha lapossibilità di acquisire nuove conoscenze sia gua rdando delle opere come ac-

cade nei musei d'arte, sia sperim entando e facendo dei test come avviene nei

musei scientifici. Q uesto tipo di apprendimento, che si fon da sull'esperienza

diretta e sul rapporto empatico che si stabilisce tra il visitatore e gli oggetti,

trova nell'esposizione la Slla forma di comunicazione. L'esposizione è quindi il

modo in cui il museo si apre all 'esterno ed esplica il suo ruolo culturale nel

territorio e soprattutto incontra il pubblico.

la continuità del sonno: con lo stesso compromesso, gli oggetti assicurano la continuità della

vita» (iv i, p. 12 6).

4. L'etnografia nasce nel 1875 quando Piu Rivers usa l'espress ione "cultura materiale" nel

suo libro On !he Evo/tltion o/ Ctllture. Da quel momento si susseguono gli studi antropologi ci

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L'ARCHITETTURA DE I MUSEI

Nel complesso gioco dei fattori che ruotano intorno al museo, il pubblico

ricopre un ruolo sempre più importante e non si può più fare un discorso sul

mu seo senza tenere conto del peso ch e esso esercita sulla programm azione

delle attività culturali ed espositive . Secondo quanto emerge dai sondaggi , la"politica culturale" del museo viene decisa in funzione del pubblico, anzi d..pubblici al plurale. Da questo punto di vista, il museo viene aiutato da ricer-

che e indag ini di settore eseguite da psicologi e da sociologi incaricati di sru-

diare le ca ratteristiche e i co mportamenti del pubblico e quindi i modelli cl:

fruizione più adeguati.

La premessa è che il frequentatore del museo non è più quello di unavolta. Fino a qualche decennio fa , faceva parte di un'élite di studiosi, intellel -

tuali ed eruditi amanti dell'arte e della scienza che si recavano al museo per

fare ricerche e per godere dell'incanto delle opere d'arte . Successivamente, ilpubblico del museo si è ampliato e diversifica to e oggi il frequentatore dd

mu seo può essere definito un utente di età e cultura varie, che sceglie di an da-

re a visitare un a mostra per soddisfa re curiosità , acquisire informazioni, occu·

pare in modo piacevole il tempo libero. Il nuovo "tipo da museo ", più che un

es teta, è un dilettante che "gironzo la per le sale", come lo era il Marcel ProuS!

di cui parla Adorno nel suo saggio Valéry, Proust e il mUIeo. Il nuovo tipo da

mu seo è cioè uno spettatore che guarda a distanza e in man iera distratta gli

oggetti per compiere un viaggio della mente e abbandonarsi, senza troppisforzi, allo stato della reminiscenza e del ricordo involontario . Il ricordo è un

filo rosso del pensiero estetico che ruota intorno al museo. Riprendendo le

parole di André Malraux (2004, pp. II · 3) , il museo è il luogo che esprime la

più alta idea dell' uomo e impone al vis itatore di non fe rmarsi al piacere del-

l'occhio perché «le nostre conoscenze sono più estese dei nostri musei e ilvisitatore del Louvre sa che egli non vi troverà né Goya né i grandi Ingles i, né

la pittura di Michelangelo, né Piero della Francesca, né G runewald, appena

Vermeer»: dunque le opere d'arte appese alle pareti, le sculture, gli oggettinelle teche suscitano ricordi soggettivi e individuali e, tutt'al più, la "convoca·

zione spirituale" delle opere assenti. È cioè possibile richiamare alla mente le

imm ag ini archiviate nella memoria e conve rtire la parziali tà del museo in una

rammemorazione, ovvero in una universalità di tipo "affettivo". Questa rela·

zione es tetica, che trasforma la quantità del modello tassonomico nella qualità

della selezione, implica un diverso modo di considerare il godimento e la visi -ta al mu seo.

Nel museo del Sette e Ottocento, l'incanto era un piacere estetico funzio·naIe al numero e alla varietà degli oggetti mess i in mostra. Non a caso i primi

allestim enti dei mu sei d'arte sono state le quadrerie, cioè delle pareti com·

pletamente riempite di quadri dal pavimento al soffitto. Estetica ed educazio·

ne coincidevano, e per qu esta ragione era importante esporre gli oggetti in

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PARTI! TERZA. IL CONTENUTO

A imprimere una svolta sono state le avanguardie del primo Novecento

che hanno contribuito a sviluppare una diversa sensibilità estetica basata sul

piacere intellettuale de.ll l<' assenza" . Partendo da un nodo critico, ovvero dal

fatto che le opere contenute nel museo sono degli oggetti alienati perché sepa-

rati dai loro contesti d'origine, le avanguardie hanno additato i musei come

luogh i deltinautentico: se le opere esposte sono vere, non è vero né autenticol'ambiente espositivo. In tal modo il museo celebra le immagini de lle cose e

trasforma il piacere dell ' incanto nel culto es tetico dell'oggetto artistico, media-

to dalla ragione e non più in diretta relaz ione con i sensi. Lo spettatore con

temporaneo, che cerca l'intrattenimento e la realizzazione di un piacere istan-

taneo e di breve durata , non va quindi visto soltanto come un "consumatore

dell 'arte" . Egli rapp resenta un modello di fruIZione esteti ca basato sul potere

dell 'immaginazione di vedere al di là di ciò che viene mess o in mostra e che fa

preferire l'evento all'esposizione permanente, perché l'evento, per il suo ca

rattere istantan eo, è una manifestazione ad alto tasso di comunicaz ione che

deve essere fa cilmente comprensibile al grande pubblico. Questo spiega l'im-

portanza ricoperta dalle mostre temporanee nei programmi culturali del mu-

seo odierno. A differenza dell 'esposizione permanente che è vincolata alle col-

lezioni e a una presentazione tradizionale degli oggetti , le mostre temporanee

sono racconti illustrati che dispongono di strategie espositive più agili e che

possono proporre un'esperienza conoscitiva an che di tipo Iudica, più adatta a

un pubblico di massa e a un livello culturale medio. Le mostre temporanee

sono anche diventate uno strum ento di rinnovamento delle esposizioni perma nenti. Molti grandi musei d 'arte, tra i quali il Louvre, il Metropolitan Muse um

e il British, hanno inaugurato una nuova formula di espos izione "classico-con

temporaneo". ba sata sul confronto tra le opere delle collezioni permanenti e

quelle appositamente realizzate da artisti viven ti, per creare un dialogo tra l'ar-

te di ieri e quella di oggi in una sorta di via gg io nel tempo. Il successo di

queste rassegne "cla ss ico-contemporaneo" ne ha fatto un fo rmat molto diffuso

che sta diventando un appuntamento fisso dei programmi espositivi dei grandi

museI.

Le mostre temporanee sono dunque fattori di richiamo che creano un"plusva lore" di comunicazione che fa emergere il museo nella competizione

globale e che consente di fidelizzare il pubblico e di farlo tornare più volte.

Le mostre temporanee, inoltre, hanno modificato anch e i riti della visita, r i ~ formulan do l'o rganizzazione stessa del museo. Sempre più di frequente in uno

stesso museo si tengono più mostre temporanee in simultanea, per cui il tem-

po della visita può richiedere anche un 'intera giornata con la necessità di un

certo numero di pause per consentire il rec up ero fisico e mentale del visitato

re. Questo ha fatto sì che gli spazi della sosta e della ristorazione abbiano

acquisito una maggiore importanza : è ormai un 'abitudine rifocill arsi nel risto-rante o nella caffetteria del museo prima di passare da una mostra a un'altra.

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6

L'esposizione della collezione

6.1

Il percorso espositivo

Un tempo la scienza del museo era genericamente chiamata museografia. Poi lacomplessità delle funzioni che un museo è chiamato a svolgere ha favorito la

distinzione dei compiti e ogg i nel museo operano i museologi, cioè coloro che si

occupano della collezione e del suo ordinamento e che hanno una formazione

um an istica in storia dell'arte, e i museografi, ovvero architetti O designer che

hanno competenza nel campo dell'architettura e dell'allestimento. Un conto è

classificare e ordinare gli oggetti e creare una collezione, un altro è presentarla.

La museografia, a questo punto, non è più la scienza generale del museo, ma è

la branca che progetta il museo, la sua configurazione spaziale e la sua distribu-zione e organizzazione interna, compreso 1'allestimento espositivo.

Ma cosa si intende per esposizione? Non esiste una definizione unica e il

suo statuto è ancora incerto. Ai fini di questo discorso, però, l'esposizione è

un testo visivo che viene fuori come risultato di un progetto sia museologico

sia museogran co . Un'esposizione non vuoi dire , infatti , mettere semplicemente

in mostra degli oggetti, ma significa organizzare una sequenza di materiali,

spesso eterogenei tra loro (quadri, sculture, fotografie, disegni, oggetti, plastici,

ricos tru zioni, video) , per fare un discorso che possa essere "visto" e compreso

da persone di vario livello culturale.

L'esposizione è dunque una forma di comunicazione che include un'idea,

dei materiali da esporre e un allestimento e ha il fine ultimo di organizzare

una chiara presentazione per raggiungere il maggior numero di visitatori.

Le fasi del progetto di un'esposizione sono tre e devono essere pensate in

stretta relazione l'una con l'altra. La prima è quella dell 'idea, che nellinguag-

gio corrente è chiamato il concept, ed è competenza di un curatore e di un

comitato scientifico di esperti che elaborano un contenuto e stendono le linee

guida del programma espositivo. Vengono cioè stabiliti il tema della mostra(che nel caso delle mostre temporanee è sintetizzato dal titolo) e i criteri espo-

sitivi che possono essere cronologici , tematici, per scuole, per soggetto, per

movim enti, o come altro si preferisce, e che possono essere utilizzati separata-

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L'ARC H ITETTURA DE I MUSE I

mente o associati gli uni con gli altri: una mostra ad esempio può essere tema -

tica e cronologica in siem e. Una volta fissati il tema e i criteri espositivi, si pas-

sa alla selezione degli oggetti e delle opere da mettere in mostra e alloro o r d i ~ namento in modo da costruire la sequenza espositiva. Questo lavo ro, che ~

guarda la seconda fase, viene svolto ancora sotto la sorveglianza del curatore edel comitato scientifico che hanno anche il compito eli ga rantire la coeren za

scientifica dell'esposizione.

Il progetto museologico della mostra precede quello dell 'alles timento, che

in prima istanza trasforma la sequenza espositiva in un percorso ch e è il filo

narrativo e l'asse strutturante di una mostra. Se l' idea è dunque riferibile agli

atti interpretativi che servono a collegare gli oggetti selezionati, l'allestimento è

la scenografia architettonica che consente di presentare questi oggetti e di

metterli in rapporto con il visitatore. Il percorso è quindi lo snodo tra la fase

della concezione e quella d e l l ' e s p o i o n e ed è fondamentale il modo in cui

esso viene trasformato in un a rappresentazione visiva.

Il percorso espositivo è condizionato, talvolta predeterminato, d a l l ' a h i ~ tettura del museo. A seconda dell'organizzazione spaziale, della forma e delle

dimensioni delle sale, dell'esistenza o meno di corridoi e spazi di c o l l e g a ~ to , dei modi di accesso e eli circolazione in terni , il percorso espositivo può

essere lineare o libero.

I! percorso lineare è il più semplice ed è anche il più funzionale perché

orienta il visitatore e consente di dare un ordin e e una successione all'esposi-zione. D'altra parte, esso è all 'origine della sala rettangolare stretta e lunga, la

cosiddetta galleria, e la stessa pianta del museo ideale di Durand, il modello

tipologico mu sea le per antonomasia, è strutturata sull 'incrocio dei percorsi li-neari. Anche la scelta iniziale di convertire i palazzi confiscati all' aristocrazia

in museo venne dettata dalla convenienza del percorso: l 'impian to seriale delle

stanze infilate l'una dopo l'altra , senza corridoi intermedi, si prestava alle fun-

zioni espositive così com'era e senza bisogno di interventi di trasformazione.

Dal punto di vista geometrico, il percorso lineare può essere una retta ouna spirale: ambedue sono linee continue, anche se le loro proprietà nello

spazio sono diverse. Questa differenza topolog ica ha avuto delle conseguenze

sull'esperienza della vis ita. La linea retta consente di vedere gli oggetti in s u c ~ cessione, ma non necessariamente in continuità: è possibile cioè interrompere

la visita quando si vuole e riprenderla dove si preferisce. La spirale, invece,

determina un percorso che, una volta iniziato, va portato fino in fondo. In

sostanza, mentre la linea retta risponde a una concezione tassonomica l l ' e ~ sposizione e quindi all'idea didattica del museo enciclopedico dell'Ottocento,

la spirale evoca il dinamismo e l'avventura, aspetti che hanno preso piede nelcorso dei primi anni del Novecento quando l'esplorazione della città e la s c o ~ perta del Nuovo Mondo divennero una moda.

Sono il viagg io e la sua metafora a star dietro alla spirale lecorbusieriana

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del museo mondiale e poi del museo a crescita illimitata, così come è l ' e s i b ~  

6. L'ESPOS IZIONE DELLA COLLEZIONE

zione della folla urbana che origina la fantasia wrightiana della rampa elicoida-

le. Concettualmente, il passaggio dalla retta alla spirale ha significato ripensare

l'universalità del museo in una forma metafisica, che ha favorito l'invenzione

di figure spaziali inedite basa te sulla fascinazione e sul coinvolgimento diretto

del visitatore.TI percorso libero è un percorso indeterminato riferito a uno spazio omoge-

neo come l'open space e che implica un tipo di esposizione puntuale e areale,

per ambiti di interesse, concentrata e non in successione. Partendo dal princi-

pio del palinsesto, questa forma espositiva, decisamente più sperimentale, è

spesso organizzata come un sistema di luoghi interni quali isole e stanze e non

come una sequenza. Essa presuppone un visitatore informato, in grado di sa -

pers i orientare nel microcosmo dell'esposizione e di scegliere au tonomamente

il percorso e i luoghi di interesse. Ques ta fo rma di esposizione, che si incardi-

na sulla soggettività del visitatore, sulla sua cultura e sulla sua sensibilità, si

avvale degli studi condotti da cognitivisti che hanno analizzato i modi di muo-

versi dello spettatore nello spazio di un 'esposizione. Tra i tanti studi, quello di

Veron e Levasseur (cit. in Marota, 2006) ha identificato quattro tipologie di

visitatore e di comportamento "espositivo": il tipo formica, che segue pedisse-

quamente il percorso indicato soffermandosi a lungo su tutti gli oggetti espo-

sti; il tipo pesce, che si muove velocemente al centro della sala eseguendo una

visita rapida; il tipo farfalla, che effettua una visita oscillante con continui

cambi di direzione; il tipo cavalletta, che seleziona e pres ta attenzione solo ad

alcuni oggetti senza seguire il percorso previsto, essendo la sua visita guidata

da interessi e da conoscenze preesisten ti. In ogni caso, i cognitivisti hanno di-

mostrato che, sia nel caso del percorso lineare sia nel caso di quello inde-

terminato, l'esperienza della visita è un mosa ico di informazioni che il vis itato-

re costruisce nella mente come riswtato di un 'osservazione seriale; è imposs i-

bile per la mente umana assorbire in modo simul taneo un intero museo e

quanto vi è esposto.

6.2

Ambienti e tipologie espositive

Il percorso è l'asse strutturante di un a mostra , ma non determina in modo

univoco la configurazione dell'ambiente espositivo. D'altra parte, essendo la

mostra un atto interpretativo che può variare a seconda degli ohiettivi cultura-

li, è difficile immaginare di costringerla dentro uno schema preconfezionato.

L'aleatorietà del progetto espositivo non esclude però che esis tano deg li orien-tamenti nei modi di organizzare lo spaz io e di mettere in mostra gli oggetti. Il

museologo Giovanni Pinna (2000 , p. 4), a tale proposito, ha individuato tre

"filosofie espositive" in funzione dell'esperienza di visita che si vuole generare:

la filosofia della meraviglia (FIGG . 6 .1 e 6 .2 ), che viene fatta risalire ai gabinetti

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L'ARCHITETTU RA DEI MUSEI

FIGURA 6. 1

Filosofia espositiva della meraviglia

Incisione raffiguran te una mostra d· arte al Louvre appena divent!lto museo.

Follte: Schaer (1993, p. 4.5).

stupore e curiosità nel visitatore; la filosofia della razionalità, (FIG. 6.4) basata

sulla presentazione tassonomica e ordinata delle collezioni, tipica del museoilluminista e che ha una finalità educativa; la filosofia dell'evocazione (FIG. 6.3),

che si fonda sulle ricostruzioni degli ambienti e dei contesti di appartenenza

degli oggetti e che vuole coinvolgere il visitatore nella SCena espositiva.

Queste tre concezioni dell'esposizione non corrispondono a dei cicli storici,

quanto piuttosto a una tradizione espositiva che si è sv iluppata in funzione del

tipo di museo. In via del tutto generale, i musei sono suddivisi in tre categorie:

i musei di arte e di archeologia, i musei della scienza e della tecnica e i musei

storico-culturali , e a ognuno di ess i corrisponde un modo di esporre.

I musei di arte e di archeologia sono quelli degli oggetti e delle opere dielevato valore artistico, nei quali si continua a respirare un'atmosfera c o n ~ templativo-cerimoniale, anche se si stanno comincian do a sperimentare for

me espositive interattive. Sebbene i criteri estetici delle esposizioni delle

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6. L'ES POS IZION E DELLA COLLEZrONE

FIGURA 6.2

Filosofia espositiva de lla meraviglia

Allestimento di un museo scien tifico.

opere d'arte continuino a basarsi sulla centralità dell'oggetto e su una posi-

zione pass iva de ll 'osserva tore, la trasform azione dell'arte in installazioni e vi-

deoarte sta cambiando le modalità di esposizione e di alles timento. Ormai,

anche nei musei di arte e di archeologia si fa uso delle nuove tecnologie per

coinvolgere lo spettatore e rendere più fruibili le opere a un pubblico am-

pio non necessariamen te fine conoscitore dell'arte.

I musei della scienza e della tecnica discendono dalle W underkammern, dai

musei·laboratori e dalle esposizioni ottocentesche, e hanno conservato una vo-

cazione spettacolare e sperimentale. Questi musei propongono un 'esperienza

di visita coinvolgente e interattiva che si avvale dell 'uso di installazioni multi-

mediali e interattive.

I musei storico·culturali sono i memoriali , i musei delle arti e tradizioni po·polari e gli ecomusei, nei quali gli oggetti sono considerati documenti che nel-

l'insieme rea lizzano una sorta di "ecologia culturale". Anche questi musei,

come quelli della sc ienza e della tecnica, propongono un tipo di visita inte-

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L' ARCHITETTU RA DE I MUSE I

FIGURA 6.3

Filosofia espositiva dell'evocazione

Atrio del Centre Pompidou con il ritratto cinetico di Victor Vasarely , Hommage à George Pomp idou .

Fonte: Parigi: l'oggettofun 'l.iona / (r977, p. :d .

rattiva. Ma più che chiamare il Vsitatore a fare delle esperienze dirette, in

qu es ti musei si tende a costruire scenari per ricontestualizzare gli oggetti nei

loro ambienti originari. TI visitatore viene sostanziaLnente proiettato in una

macchina del tempo e immerso in un altro spaz io-tempo.

In generale emerge una tendenza a fondere le tre concezioni espositive per

dar vita a mostre anche a forte carattere "teatrale". Le esposizioni in cui gli

oggetti vengono presentati con il fine di meravigliare, di evocare e di informa

re il pubblico sono sempre più numerose. Ques to spiega l'uso sempre più fre-

quente degli strumenti tecnologici e delle tecniche narrative del cinema e del

teatro che agi scono direttamente sul visitatore e ne sollecitano risposte emoti-

ve di nostalgia e di ricordo, di evasione e di evocazione. Le possibilità offerte

dalle nuove tecnologie consentono infatti di costruire delle simulazioni appro

fittando dei dispositivi della fiction e della cinematografia. La mostra in tal

modo è divenuta sempre più simile a un evento.

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6. L'ESPOSIZIONE DELLA COLLEZIONE

FIGURA 6.4

Filosofia espositiva della razionalità

Allestimento delle sale dell 'esposizione permanente al Guggenheim Museum di Bilbao.

Fonte: Frtmk o. Gehry · Guggenheim Bilbao MU."ìeoa ([991;, p. 85).

/

6·3Le esposizioni interattive e di immersione

La mostra temporanea parte dal principio di una conoscenza senza sforzo

che nasce da un piacere: il piacere della scoperta, il piacere deU'oggetto, il

piacere del ragionamento intellettuale. Perché questo accada, la mostradeve essere presentata in modo chiaro e divertente ricorrendo a un allesti

mento appropriato e senza trascurare alcun dettaglio, dalle informazioni

scritte sui pannelli all'inizio del percorso alle etichette, alle installazioni, alle

videoproiezioni. Una mostra deve essere un'esperienza conoscitiva che

ognuno può adattare al proprio sapere e alla propria sensibilità e una far·

ma di apprendimento che, come preconizzava Georges-Henri Rivière, deve

favorire lo sviluppo e l'arricchimento della persona. Una mostra deve pro

vocare emozioni, porre domande, suscitare curiosità, stimolare la riflessione

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L'ARCHI TETT URA DE I MUSEI

FIGURA 6 .5

Esposizione di tipo immersivo

Allestimento del Quai Branly: Nouvel, con la consulenza di esperti tra cui L!!V}' Strauss, propone un' interpretazionedd Museo Immaginario di Malraux.

in chi la guarda attraverso un'attività che è al tempo stesso estetica, intellet

tuale e Iudica. Con il tempo si è giunti a un cambio di prospettiva e l'ap proccio convenzionale che poneva l' oggetto al centro dell'esposizione si sta

trasferendo sul soggetto-visitatore. A rendere possibile questo cambiamento

sono stati il computer e tutti gli strumenti della tecnica che hanno consen

tito di studiare forme espositive interattive nelle quali vengono utilizzati filmati e videoproiezioni per integrare il visitatore nella scena espositiva e tra-

sformare l'apprendimento in un'esperienza di gioco .

Ques to tipo di esposizioni, chiamate di immersione, costruiscono ambienti

totali nei quali i visitatori-spettatori sono fisicamente immersi così come avve

niva nelle chiese della tarda antichità dove il rives timento totale dello spaz io

interno con decorazioni pittoriche e musive serviva a coinvolgere il fedele nel-

la scena sacra e a procurargli un 'esperienza di forte intens ità. In sostanza, l'os

servatore viene messo in una posizione attiva all'interno di un unive rso imma-

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6. L 'ESPOS IZIONE DELLA COLLEZ IONE

FIGURA 6.6

Esposizione di tipo imm ersivo

Alles timento del museo Emilio Vedova ai Magazzini del Sale a Venezia: Ren zo Pi ano, inventando un sofisticalO con·gegno robotizzalo per prelevare e far scorrere le opere, ricOSlruisce l'a tmosfera mutevole de llo studio dell'artisla.

o n ~ : Celane (2009, p. 1504).

ginano in cui l'insieme degli eventi proposti costituisce un contesto che deve

però essere decodificato.

l i principio guida degli ambienti immersivi è la simul az ione: grazie a degli

artifici vengono create situazioni illusorie, simili e analoghe a quelle reali, che

a seconda dei casi sono delle ricostruzioni in scala di luoghi reali come la pe-

riod room, la stanza in stile d'epoca introdotta dai musei anglosassoni, oppure

riproduzioni fittizie di scenari ve ri o immaginari come i diorami. La ricostru-

zione della scena, proprio come se fosse il set di un film, serve a creare unasituazione che, grazie agli effetti e alle sollecitazioni di tipo sensoriale (schermi

da toccare con la mano che rilasciano sensazione di caldolfreddo, una musica

di sottofondo, giochi di luci e ombre), produce un assorbimento mentale e

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L'ARCHITETTURA D EI MU SEI

FIGURA 6.7

Esposizione di tipo immersivo

L'esposizione dei progetti di Stevcn Holl nella Basilica Palladiana di Vicenza.

Fonl l!: Sll!Vl!n Holl architetto (2003, p. l4 ' ) .

può giungere anche a una perdita momentanea della percezione di sé, come

nelle esperienze di rapimento es tatico. Più dell 'imitazione ciò che conta è la

suggestione: il vis itatore deve avere l'impressione di essere un attore sulla sce-

na e di recitare una parte ma, perché ques to avvenga, devono essergli forniti

un codice e una chiave di accesso. Solo quando il visitatore viene istruito e

conosce le regole del gioco, infatti, può partecipare attivamente alla dimensio-

ne emozionale della visita.

Anche nel caso delle mosrre immersive, i comportamenti e le reazioni delpubblico sono stati attentamente analizzati. Finora sono state catalogate cin-

que differenti risposte emotive:

risonanza : il visitatore entra in empatia con l'esposizione e la sua visita si

caratterizza per un'intensa capacità onirica. Si tratta di un visitatore che va a

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6. L'ESPOS IZIONE DELLA CO LL EZIONE

FIGURA 6.8

Esposizione di tipo immersivo

L'esposizione dei p rogett i di Toyo ho nella Bas ilica Palladiana di Vicenza c il grande tdo imerattivo.

FOll Ie: h o (2001 , p. 7).

sommersione: è il caso del visitatore che non mantiene alcuna distanza tra

sé stesso e gli oggetti esposti. Questa forma di visita si ca ratterizza per un

coinvo lgimento emotivo così forte che il visitatore può interrompere la visita a

causa di un blocco psicologico o di un sentimento di angosc ia;distanza critica : il visitatore è consapevole e si presta al gioco, ma solo per

misurarne gli effetti. La sua partecipazione res ta sotto controllo e si accompa-

gna ad alcuni interrogativi: Che cosa preferisco? Un'esposizione didattica o

un 'esposizione spettacolare? Che cosa vuole dirmi questa mostra ? E perché

usa questo dispositivo?;

banalizzazione: le attese del visitatore sono in principio molto forti. Di base

è il visitatore che ha compreso lo spirito della mostra, ma che res ta volontaria-

mente distante dal dispositivo, irritato dalla sua predominanza. Spesso ritiene

che la messa in scena prevalga sul contenuto e denuncia una volgarizzazionedei contenuti;

'95

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L'ARCH ITETTU RA DEI MUSEI

rzge tto: il visita tore non entra nel dispositivo e ne vede soltanto i difetti.Rimane estraneo alla proposta espositiva e all'allestimento e mette in cam-po una barriera psicologica che gli impedisce di entrare nello spirito della

mostra.Le esposIzIoni di immersione sono an cora in una fase sperim entale ma già

vantano un certo successo. Finora sono sta te utilizzate prevalentemente nella

museografÌa di tipo scientifico, ma stanno sviluppandosi anche nel settore del-l'arte, in particolare in quello dell 'arte contemporanea.

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7L'architettura dell' allestimento

7 ,1

Che cos'è un allestimento

L'allestimento è una ricostruzione, in miniatura, di un pezzo del "teatro del

mondo" che si determina come relazione temporanea fra tre elementi distinti

- uno spazio, degli oggetti e un apparato espositivo - collegati tra loro da un

percorso che costituisce il filo conduttore di una mostra. L 'allestimento ècioè un dispositivo spaziale che serve a creare un'ambientazione per mostrare

nel modo più efficace possibile degli oggetti, e che al tempo stesso ha il pote

re di riconfigurare il luogo che li ospita, In tal senso l'allestimento è una for

ma di rappresentazione visiva che determina un dialogo e un confronto con

l'esistente che ha progressivamente acquisito un significato speciale, in quanto consente non soltanto di realizzare degli scenari ma anche di rivelare le

identità nascoste di un luogo. Il carattere dialettico dell'allestimento ne fa an

che un 'esperienza estetica che, prendendo spunto da Nicolas Bourriaud, criti

co d'arte e direttore del Palais de Tokyo, si può definire di tipo re/azionale,

in quanto si realizza come risultato di "una cultura di interazione" . Partendo

dal cambiamento dell'arte che, secondo Bourriaud (2004) , non è più centrata

sull' autorità dell' immagine ma sulla relazione tra le forme, e dalla novità di

un artista che sempre più spesso autoproduce mostre ed esibizioni, l'allesti

mento ha smesso di essere una cornice e un supporto puramente scenografico ed è divenuto un'installazione autonoma dotata di un proprio significato

intrinseco.

In effetti, a dispetto di un modo di considerare 1'allestimento come un'ar

chitettura secondaria e di rango inferiore, la lunga storia del mostrare rivela un

processo di definizione di un linguaggio specifico che incrocia i modi dell' alle

stire e della riconfigurazione transitoria degli spazi, tanto quelli chiusi dei pa

lazzi quanto queUi aperti della città. Basti pensare al ruolo ricoperto dalle

Esposizioni universali che hanno rappresentato i primi laboratori deU'archi

tettura effimera e dell'allestimento: le imponenti scenografie urbane di "carto

ne" realizzate in occasione dei grandi eventi internazionali hanno rivelato la

possibilità di costruire e dare corpo aUe fantasie collettive di una nuova città

fantastica e meravigliosa. La necessità di colpire la fantasia del visitatore per

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L'A RCHITETTURA DEI MU SEI

spingerlo all 'acquisto è stata la leva che ha favori to la sperimentaz ione di for

me inedite e di spazi fuori dall'ordinario da cui si è giunti progressivam ente

all'invenzione di un vo cabolario espositivo aut onomo e sempr e più sp ecifico .

Se le Esposizioni unive rsali hanno inaugurato il nuovo gusto dell'effimero del

la società borghese, sono state però le rassegne internaz ionali di arte , comin-

ciate con la Secessione vienn ese, ad aver contribuito in larga misura alla defi-nizione di un a vera e propria tradizione dell'alles timento com e fo rma dell 'ar-

chitettura. Tra le tante man ifestazioni che a partire dalla fine dell 'Ottocento

sono venute a diffondersi in Europa e neg li Stati Uniti, la Biennale di Venezia

e la T riennale di Milano possono essere considerate i due eventi di pun ta.

Istituita nel 1895, la Biennale di Venezia nasce come una forma ibrida di

esposizione a cavallo tra la stanza del collezionista e l'arredamento che inten

deva avvicinare il museo al grande pubblico, am bientando le opere in sa lot ti

in stile Déco, secondo la moda viennese del tempo. Questa impostazione

esplicitamente decorativa di ambientazione delle opere in salotti dura il tem podelle prim e Biennali e già in to rno agli anni venti es sa si trasforma in un a ve -

trina del gusto: è il momento dello stile Déco secondo la moda viennese. L'a

pertura della Triennale di Milano nel 1923 imprime un primo cambiamento

significativo all 'allestimento che da decorativo si fa più applicato. La vo lontà

di promu overe un prog ramm a espositivo centrato su lla presentazione della

produzione industriale naz ionale in chiave artist ica porta a coinvolgere diretta

mente gli architetti nella progettazione di ambientazioni e allestimenti esem-

plari e in breve la Triennale diventa il contesto espositivo di superamento del

conflitto con le arti applicate, aperto dalla concezione morrisiana del prim atodell 'artigiana to artistico. Fin dalle prim e Trienn ali , la nu ova generazione razio-

nalista italiana (Marcello Nizzoli, Edoardo Persico, Giuseppe Pagano e tanti

altri) firma gli allestimenti più significativi, come la Sala della Mensa ( ' 923), la

Sala delle Medaglie d 'Oro (' 93 4), la Sala Montecatini ('935), e i telai spazialiche pongono le basi della misura architettonica dell'allestimento. Sulla scia

della Triennale e di una cultura più aperta alle arti applicate, anche la Bienna

le introduce un cambiamento di rotta.

Nel dopoguerra le Biennali cambiano decisamente aspetto. Tra i contributi

più significativi c'è senz'altro quello di Carlo Scarpa, che a partire dal 1948viene chiamato dall'ente della Biennale per ben nove edizioni e che rimane

uno dei protagonisti dei nuovi dispositivi spaziali di alles timento . Alcune sue

mostre, in particolare quelle dedicate al pittore svizzero Paul Klee o ai tre

artisti della metafisica Martini, Campigli e De Chirico, sono rimaste nella sto

ria per l'uso di schermi e pannelli e di elementi cii mascheramento, tra cui i

velari, con i quali Scarpa operava una trasfiguraz ione dell'architettura della

sala senza cancellarne i valori decorativi. L'inclinazione dei pannelli e la legge

ra trasparenza del velario consentivano di non togliere la visibilità dell'ambien

te originario, ma ne ridefinivano i valor i spaziali e percettivi, attribuendo un

carattere dinamico alla mostra. Con le sue invenzioni, Carlo Scarpa non solo

ha modificato radicalmente l'approccio all 'allestimento ma ha inventato un lin -

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7. L'ARCHITETTURA DELL' ALLESTIMENTO

guaggio specifico, quello della museografia poetica, che rimane un rife rimento

ancora ogg i. In modo diverso da Carlo Scarpa, anche Franco Albini, un altro

p rotagonista degli alles timenti delle Biennali , ha contribuito a riformare jllin-guagg io dell'allestimento, inaugurando uno stile moderno. Le sue in stallazioni

si ca ratterizzano per l'uso di profilati metallici e supporti di produzione indu-

striale che realizzano delle ambientazioni "ordinarie" riuscendo a stabilire undialogo con il preesistente senza cadere in soluzioni di finto antico. Gli alle-

stimenti di Franco Albini sono dei "felici inserimenti" che rifiutano qualsiasi

approccio mimetico.

La Biennale va anche ricord ata per il recupero della tradizione dei padi-

glioni e delle scenografie delle Esposizioni unive rsali. Sarà nuov am ente la

Biennale a imprimere la svolta. Negli anni se ttanta l'ente direttivo acquisì i

nuovi spazi dei Magazzini del Sale, delle Corderie all' Arsenale e dei cantieri

della Giudecca, aprendo le sezioni delle arti visive e dell'architettura e

coinvolgendo nell'alles timento anche gli spazi industriali e i luoghi dellavo-ro. La prima Biennale di architettura del 1979, che si apre con il Teatro

del Mondo galleggiante sulle acque della lag una di Aldo Rossi, arrivò addi-

rittura a trasforma re la città intera in un palcoscenico. Da allora, l' installa-

zione di oggetti espositivi nello spazio aperto della città è diventato una

pratica diffusa che ha contribuito a ridefinire il concetto stesso di museo e

di esposizione a partire da ·due princip i: usa re il paesagg io urbano come

contesto espositivo e coinvolgere il pa ssante occasionale nella scena esposi-

tiva anche allo scopo di avvicinare l'arte ai cittadini e di renderla accessibi-

le a chiunque.

7.2

Gli elementi dell' allestimento

Sebb ene non es istano dei modelli espositivi universali e l'allestimento sia un

disposi tivo spaziale che risponde alla sensibilità del progettista e del des i-

goer, ci sono delle operaz ioni preliminari che devono essere compiute ogni

qualvolta si fa un allest imento , e che riguardano l'analisi dello spazio inrerno

e delle sue componen ti architettoniche come pareti, pavimenti e soffitti. Ladefinizione del percorso e di quanto serve a mettere in opera un allestimen-

to dipende dalla forma e dalle dimensioni delle sale e dalle loro caratteristi-

che in termini di materiali e di colori, dalla posizione di porte e finestre e

da tutto un insieme di dettagli come gli interru ttori, i termosifoni, le appa-

recchiature di condizionamento, i dispositivi dell 'antincendio. Ognuno di

questi elementi influenza la dislocaz ione dei supporti espositivi, come piedi-

stalli e vetrine e quan t'altro serve alla rea lizzazione di un allestim ento. In so-

stanza, prendere possesso del contesto opera tivo, nel senso di arrivare a co-

noscerlo intimamente e nel dettaglio, consente di chiarire quali siano i puntisui quali far leva per costruire una scenografia capace di esaltare l'esposizio-

ne degli oggetti.

199

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L' ARCH1TETTURA D E I MUSEl

Per qu esta ragione si ritiene opportuno procedere con una disamina pun-

tuale delle singole componenti architettoniche coinvolte in un alles timento,

per segnalarne le qualità e stendere un promemoria degli aspetti che devono

essere osservati e tenuti da conto in un progetto di allestim ento .

Le pareti sono il primo elemento da prendere in considerazione. Non

sono soltanto dei muri che delimitano uno spazio, ma anche delle superfici

util i per appendere e dunque le più preziose dal punto di vista espositivo.

Esse sono il supporto e lo sfondo dei quadri e degli oggetti piatti e bidi-

mensionali, come fotografie , carte e mappe geografiche, arazzi, dipinti su

tessuto, cartelloni, pannelli , stampe, disegni e quant'altro abbia uno spesso-

re molto ridotto. AUe pareti possono anche es sere addossati dei bassorilievi

e deUe piccole sculture sostenute da mensole. Le pareti dunque devono ave-

re una certa consistenza per resistere al peso degli oggetti che vi vengonoappesi o fissati. Devono anche essere deUe superfici lisce e contin ue, il più

neutre poss ibili. È inoltre importante esaminare tutto ciò che vi è presente e

che può costituire un ostacolo o un 'interferenza visiva: zoccolature, porte,

fines tre, interruttori , prese deUa luce, termosifoni, apparecchiature e impian-

ti ant incendio.

Poiché le pareti sono il campo visivo per eccellenza, in linea generale, è

buona regola che, in caso di progettazione ex novo di un museo, siano delle

superfici estese, ininterrotte da pavimento a soffitto , libere da elementi d'in -gombro, come ad esempio le guide di fissaggio. È anche opportuno evitare

ogni possibile fattore di disturbo visivo come i giunti verticali tra i pannelli e i

ricorsi dei montanti. Inoltre conviene disporre gli interruttori della luce, i di-

spositivi di sicurezza, gli orologi o altre apparecchiature tecniche fuori dal

campo visivo, in parti alte o basse rispetto alla cosiddetta fa scia espositiva. In

sostanza, le opere di finitura non devono essere troppo visibili, per non attira-

re l'attenzione deU ' osservatore e distrarlo dalla vis ione degli oggetti esposti,

che sono il motivo della vis ita. Così come è importante che il materiale difinitura della superficie esterna della parete venga scelto in modo tale che sia

possibile eseguire facilmente e velocemente le riparazioni degli eventuali danni

provocati dal fissagg io.

A tale proposito, un aspetto importante di cui tenere conto sono i sistemi

di installaz ione. Nonostante la parete espositiva debba essere una superficie

neutra, essa deve essere attrezzata per appendere e fissare quadri o altri ogget-

ti. Il modo più pratico e più utilizzato consiste nella predisposizione, in una

parte periferica della parete, di una guida metallica opportunamente sagomata

alla quale agganciare delle catenelle regolabili , che vengono poi collegate a de-

gli occhielli fissati sul dorso del quadro o dietro la cornice. Le ca tenelle posso-

no scorrere in orizzontale e consentono di collocare i quadri nella posizione

che conviene. Il peso li tiene in posizione. Nel caso di dipinti pesanti si ri-

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7 . L'ARCHITETTUR A DELL' AL LEST IMENTO

staccarli con fac ilità; inoltre la parete non subisce danni, a parte le differenze

di colore che si vengono a creare quando un quadro rimane appeso per lungo

tempo. II limite di questo sistema di installaz ione è il disturbo visivo che crea

anche quando si cerca di attenuarne l'effetto pitturando le catenelle nello stes-

so colore della parete. Un'alternativa al binario e alla catenella è l'agganciotram ite una piastrina metallica avv itata direttamente alla parete. Si tratta di un

metodo di fissaggio sicuro e visivamente più discreto della catenella, che però

ha il difetto di non essere flessibile. Inoltre è un metodo che richiede una

precisione che rallenta i tempi del montaggio e che lascia dei fori sulla parete,

una vo lta rimossi i guadri O gli oggetti appes i. È comungue buona norma trat-

tare la parete espositiva con una miscela di gesso e stucco e rifinirla con una

pittura a buccia d'arancio co sicché la superficie ruvida possa confondere e

rendere meno visibile il rattoppo.Un'altra soluzione di parete espositiva , in questo caso di tipo transitorio , è

costitu ita dai pannelli in compensato pitturati o rivestiti di carta, tes suto o

qualsiasi altro materiale si desideri utilizzare, che hanno il vantagg io di poter

essere periodicamente sostituiti. Questi pannelli possono essere disposti libera-

mente all'interno di una sala oppure possono essere utilizzati per rifoderare le

pareti (FIG. 7.1) cosÌ da riconfigurare lo spazio, creare delle nicchie e predi-

sporre le intercapedini per il mascheramento deg li impianti di servizio, come i

fili della rete elettrica, i dispositivi di allarm e, le condutture d'aria O altro. Lo

spessore della parete sandwich è variabile a seconda delle necessità.Un altro aspetto di cui tenere conto è la riflessione della parete che di-

pende dal trattamento della sua superficie , cioè se è pitturata o se è rivestita, e

dal colore. In linea generale non c'è una regola fissa che regolamenta l'uso del

colore: si tratta di una scelta soggettiva dell'allestitore, anche se il colore rive-

ste dei significati simbolici che possono servire a sottolineare il contenuto del-

la mostra. In ogni caso, la scelta del colore deve tenere conto degli effetti del-

Ia riflessione. La guantità di luce riverberata da una parete va ria a seconda

della tinta delle superfici colpite e influisce non solo sulla luminosità della su-

perficie in gues tione, ma anche sulle superfici adiacenti. La ri flessione non ri-guarda solo le pareti pitturate. Anche i materiali di rivestimento e le loro tex-

tures riflettono la luce in guantità diversa e incidono sugli impatti sensor iali.Le pareti sono solitamente dei muri o dei tramezzi: sono cioè delle struttu-

re fisse. Esis tono però an che delle pareti mobili e leggere costituite da un te-

laio in profilato metallico di alluminio, che vengono poi completate esterna-

mente con sottili fogli di rives timento in gualsiasi materiale si preferisca. A

seconda dei casi le pareti mobili possono essere:

1 . pannelli fissati alla testa e al piede, in modo diretto o per mezzo di mon-tanti verticali (FIG. 7 .2 ). In tal caso, si possono predisporre dei binari a pavi-

mento e a soffitto per l'alloggiamento degli elementi di fissaggio, per l'inseri-

mento degli apparecchi di illuminazione, delle prese di corrente e dei cavi

elettrici;

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FIGURA 7.1Pare te-sandwich

L'ARCHIT ETT URA D EI MUSEI

A l l ~ s t i m e n t o di Francesco Ven ezia per la mostra Gli Etruschi a Palazzo Grassi.

Fonte: Venezia (z001, p. 9).

2 . pannelli modulari e autoportanti in compensalO collegati tra loro mediante

un sistema di morsetti, che sono delle specie di cardini. La stabilità di ques ti

pannelli è in funzione della forma geometrica e del tipo di collegamento tra le

singole unità. Le dimensioni di un pannello modulare variano tra i 120 cm di

larghezza e i 2 IQ-240 cm di altezza. Le unità di dimensioni maggiori devono

essere rinforzate con un telaio metallico di sostegno al quale viene fissalO un

foglio di compensato di spessore medio. Non sempre le pareti mob ili servonoper appendere dei quadri. Talvolta esse vengono utilizzate soltanto come sfon

do di un oggetto o come superficie di supporto delle scritte e delle didascalie.

In quei casi in cui non è possibile fis sare dei chiodi, i pannelli possono essere

realizzati usando delle lastre metalliche o di plastica, ma le dimensioni del mo

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FIGURA 7.2

Parete-pannello

7. L'ARC IIITETT URA DELL 'A LLESTIMENTO

Mostra della Casa rurale di Giuseppe Pagano e Guamiero Danicl alla VI Triennalc di Milano (1936).

Fonte: Polano (1 988, p. 1 8 ~ ) .

sportabilità e dello stoccaggio dopo il loro uso. Questo tipo di pannelli è mol

to utilizzato in quanto è il più flessibile e il più adattabile alle diverse configu

razioni delle sale;3. pannelli compositi che sono delle specie di armadi, stabili per forma e

grandezza. La particolarità di questi pannelli-armadi è di avere uno spessore

tale da potervi inse rire teche e vetrine (FIG. 7.3) . Inoltre deg li sportelletti late

rali consentono l'inserimento dei materiali da esporre e l'installazione di faretti

nascosti nella parte superiore o inferiore.

L'uso dei pannelli mobili è oramai una soluzione molto utilizzata nelle

esposizioni temporanee, in quanto consente di organizzare in maniera flessibile

lo spazio e di tracciare il percorso espositivo con una magg iore libertà. Ma a

parte gli innumerevoli vantaggi che offrono - trasformabilità degli spazi, velocità del montaggio, rimozione e stoccaggio in un magazzino - l'uso dei pan

nelli richiede una maggiore attenzione al progetto dell'illuminazione. La varia

bilità della loro disposizione all'interno della sala non permette di avere un

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F IG URA 7.3

Parete-armadio

L'ARCHITETTURA DEI MUSEI

Allestimento dei BBPR della sezione degli Elastomeri nel padiglione Montecatini alla Fiera di Milano (196 1).

Fonte; Polano (1988 , p. 305).

buon controllo delle condizioni di illuminazione naturale. Il problema VIene

aggirato con l'uso integrato dell'illuminazione artificiale.

Il pavimento è una superficie importantissima, che viene spesso trascurata.

Sul pavimento vengono fissati i pannelli mobili o poggiati i piedistalli per le

sculture, le vetrine e le teche. Essendo una superficie di appoggio, il pavimen

to può essere rivestito con materiali removibili come linoleum, parquet, teli in

fibra naturale di juta o di sisal, gomma, sughero. In tal modo è possibile fare

anche un controllo del colore. In ogni caso il pavimento deve essere realizzato

con materiali resistenti e fonoassorbenti, facilmente pulibili e non riflettenti.

La terza superficie di cui tenere conto è il soffitto, che non è una superficie

espositiva in senso stretto ma è una superficie che può essere utilizzata perl'alloggiamento degli impianti e delle att rezzature di servizio ai sistemi per l'in

stallazione. Il soffitto è il luogo dell'illuminazione artificiale, degli impianti di

ventilazione e di condizionamento nonché dei sistemi di rilevazione dell'antin-

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7. L'ARCHITETTURA D ELL'ALLESTIMENTO

cendio. Per mascherare questo mondo di fili e di apparecchiature, che po-

trehbero disturbare la visione degli oggetti esposti e creare delle interferenze

visive, vengono usati dei controsoffitti che a volte sono anche delle superfici

fonoassorbenti. L'altezza interna delle sale e il disegno del soffitto sono altresìimportanti ai fini di una buona esposizione degli oggetti. Non esiste una misu-

ra fissa dell' altezza di una sala espositiva perché essa dipende dalla tipologia e

dalla configurazione della sala, ma è buona norma considerare l'altezza mini-

ma dell'interpiano di una sala espositiva intorno ai 4,50 m. Talvolta nei nuovi

musei i soffitti possono essere dei solai sagomati per creare motivi a cassetto-

natura e predisporre degli spazi dove nascondere gli impianti, dove sistemare

dei binari e dove fissare dei tramezzi mobili. Come per le altre superfici espo-

sitive, anche il soffitto deve avere un colore discreto e luminoso. Solitamente

lo si lascia in bianco perché questo colore ha un al to valore di riflettanza. Nel

caso delle mostre temporanee è ormai frequente rivestire il soffitto con tessuti

sottili come mussola o ga rza per creare dei velari. Ovviamente un velario non

ha rigidità strutturale e non può sostenere lu ci né offrire un sostegno alla

sommità dei tramezzi mobili.

7·3Dispositivi di allestimento

Le superfici espositive delle pareti, del pavimento e del soffitto non sono gli

unici elementi che servono all'allestimento di una mostra. L'esposizione degli

oggetti necessita anche di dispositivi supplementari, che spesso vengono pro-

gettati espressamente in funzione degli oggetti che devono essere esposti. A

seconda dei casi questi dispositivi sono piedistalli, vetrine e bacheche, tavoli,

schermi e telai.

l i piedùtallo è un basamento, una piattaforma o un analogo supporto, che

serve come appoggio di statue o altri oggetti pesanti e che ha la funzione disollevarli ad un'altezza visiva giusta. l i piedistallo inoltre definisce e isola l'og-

getto , ponendolo in un proprio ambito delimitato e distinto. I piedistalli pos-

sono essere rea lizzati in mat eriali diversi, ma generalmente sono in legno ver-

niciato O rives tito. Devono es sere abbastanza robusti e pesanti sia per sostene-

re l'oggetto , sia per impedire che questo si rovesci se qualcuno si appoggia sul

piedistallo. Per questo motivo si deve irrigidire il basamento e trasformarlo in

una specie di plinto con l'ausilio di sacchi di sabbia o di mattoni nascosti nel-

la parte cava. I piedistalli possono anche essere fatti con un telaio metallicorivestito o, nel caso di una mostra permanente, possono essere di pietra o di

calcestruzzo ed eventualmente fissati al pavimento.

Le vetrine sono delle scatole in vetro interamente o parzialmente chiuse

che creano dei locali protetti in miniatura. Le loro dimensioni dipendono

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...GURA 7.4

Telai e vetrine

L'ARCH ITETTURA DE I M USEI

Allestimento di Franco Albini c Giovanni Romano de lla Mostra dell'antica orefice ria italiana alla VI Tricnnale di Milano (1936).

Fonte: Polano (x988, p. 184).

agenti atmosferici senza un adeguato controllo e che non devono nemmeno

essere alla portata dei visitatori. Le ve trine offrono una se rie di vantagg i: pro

teggono dalla polvere e dagli insetti , consentono il controllo microambientale

del locale interno, impediscono il furto soprattutto quando vengono adottate

delle serrature supplementari. L'esclusione della polve re e degli inse tti dipen

de dalla giunzione tra il vetro e gli altri componenti della vetrina che viene

migliorata con l'uso di guarnizioni in neoprene. La vetrina deve es se re venti·

lata soprattutto quando alloggia al suo interno un sistema di illuminazione.

Può convenire in quesro caso separare la zona dell 'esposizione da quella del-

l'illuminaz ione, per poter ricorrere alla ventilazione meccanica mediante una

piccola pompa ad aria e un filtro .In

ques to modo si ottengono l'immissionecii aria pulita e la riduzione di infiltrazioni della polvere. Le condizioni mi

croambientali all'interno della vetrina sono in genere stabili, viste le piccole

dimensioni del locale. È possibile però migliorare ques te condizioni sisteman

do dei materiali igroscopici come legno o stoffe, che assorbono il vapore ac -

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7. L'ARCHITETTURA DELL'ALLESTIMENTO

FIGURA 7.5

Tda i metallici

Allestimento di Franco Minissi de lla Mostra di Arte persiana al Palazzo Brancaccio di Roma (1959).

Fonte: Polano (1988, p. 293).

que.o con conseguente abbassamento èe\ uvello di umidità relativa. Di tanto

in tanto occorre apr ire le vetrine per arieggiarle. È buona norma porre 1'a-

pertura delle vetrin e in una posizione non visibile, posteriormente o lateral-

mente. Come detto, all 'interno delle vetrine è possibile predisporre un siste -

ma di illuminazione, ma non sempre questo è conveniente. Ad esempio, nel

caso di materiali organici e fotosensibili, come carta, pergamena, cotone,

lana, seta, che devono essere esposti ad un bassissimo livello di illuminazione

(non superiore ai 50 lux), potrebbe essere utile disporre le fonti di illumina-

zione all'esterno della vetrina e prevedere un contro llo separato per ciascuna

di esse. Ma a parte i casi più delicati, il progetto delle fonti di illuminazione

all 'interno delle vetrine dà la possibilità di studiare le soluzioni di luce più

appropriate al tipo di oggetto esposto.

Per esporre i disegni su carta, i documenti, i libri, le riviste o oggetti pre-

ziosi di piccole dimensioni può essere in taluni casi più adatto utilizzare dei

207

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L' AR CHITETTURA DEI MUSE I

tavoli, che a seconda dei casi possono essere delle strutture composite costitui-'

te da una specie di grande scatola con un piano in vetro trasparente poggiata

su una struttura portante, Come le vetrine, anche i tavoli proteggono dalla

polvere e dagli inse tti, consentono il controllo microambientale del locale in

terno, impedisconoil

furto e permettono di alloggiare le fonti di illuminazioneartificiale in spazi opportunamente ricavati e disposti in modo tale da consen

tire una migliore visibilità degli oggetti senza disturbarne la visione.

I telai (FIGG. 7.4 e 7.5) sono dispositivi spaziali che vengono creati grazie

all'assemblaggio di aste metalliche. La loro particolarità è di essere un sistema

altamente fless ibile e facile da montare che permette di configurare uno spa

zio, di creare un su pporto espositivo l di dare un 'impronta e una misu ra archi·

tettonica all' esposizione. I telai sono stati largamente utilizza ti dagli architetti

italiani, che ne hanno sperimentato tutte le possibili configurazioni e che li

hanno fatti entrare nella pratica corrente dell 'organizzazione di stand e padiglioni espositivi. I telai ultimamente vengono impiegati anche come struttura

di sostegno di schermi e teli per proiezioni, in particolare per la creazione di

videowall.

7·4La luce nel museo

Un alles timento proprio come un museo, non è fatto unicamente di percorsi,

di sale, di dispositivi per l'esposizione delle opere d'arte e degli oggetti. Esso

deve fare i conti anche con il proge tto della luce che mescola aspetti di illumi

notecnica con elementi di ordine fo rmale-percettivo. La luce può alterare e

rovinare le opere esposte, ha ripercuss ioni sulla conservazione degli oggetti,

ma consente di dare visibilità a quegli stessi oggetti e di valorizzarli, l i fattore

luce gioca un ruolo fond amentale ai fini di una buona esperienza di vis ita che

varia notevolmente a seconda del tipo di illuminaz ione che è stato scelto per

ché permette di ottenere effetti scena grafici che qualificano o mortificano un

allestimento. Con la luce si possono ac centuare i punti focali del percorsoespositivo e si può sottolin eare un 'opera rispetto a un 'altra.

Lo studio della luce in un museo è dunque importante anche ai fini per

cettivi. La scelta delle sorgenti luminose, ossia la luce naturale piuttosto che la

luce artificiale, la luce calda piuttosto che la luce fredda e la disposizione degli

apparecchi e dei dispositivi di illuminaz ione incide sulla qualità e il funziona

mento di uno spazio espositivo, tanto è vero che il Lighting Design è divenuto

una branca specifica della progettaz ione dei musei e degli spazi espositivi.

Un passo di Alberto Pasetti (,003, p. II ) su questo specifico argomento

sembra opportuno e chiarificatore:

Solitamente gli archi tetti privilegiano la luce naturale, per la sua capacità di creare

effeui di variabili tà e imprevedibilità, che qualificano e valorizzano lo spazio e defi·

niscono le forme e l'aspeuo materico delle superfici. A questo si aggiunge la capa ·

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7. L'A RCHITETTURA DELL'ALLESTIMEN TO

cità della lu ce naturale di agire sulla psicologia della percezione, modificando lo

sta to d'animo e la capacità di concentrazione dell'uomo. L . ] Diversamente, molto

più problematica e complessa è stata la ricerca dell'impiego della luce artificiale ne-

gli spazi espositivi, con risul tati molw divers i. In primo luogo le sorgenti artificialisono state oggetto di continue migliorie tecniche per aum entare le prestazioni e ri -

dume i consumi. Un ambizioso risultato, questo, ma difficile da raggiungere, per-

ché una lampada non è mai in grado di soddisfare con temporaneamente questi du e

requisiti, tanto che l'interesse si è spostato sulla sua resa cromatica. Partendo da

questo presupposto l'impiego della luce artificia le offre un 'ampia panoramica di

combinazioni di sorgenti con caratteristiche specifiche rivolte a condizioni espositi-

ve tra le più disparate. Tuttavia, il flusso luminoso emesso da lle lam pad e presentadue lim iti di grande rilevanza: l'effetto di staticità della materia e dello spazio agli

occhi dell'osservatore e la pericolosità del fascio luminoso per la conservaz ione del

materiale esposto.

Partendo da questo passo di Pase tti , vanno distinti due ordini di fonti lumi-

nose: quelle naturali, identificabili con le finestre, le pareti vetrate e i lucer-

nari, e quelle artificiali, con una vasta gamma di apparecchiature che vanno

dalle lampade a incandescenza e a fluorescenza fino agli spot, ai led e ai fila -

menti di luce fredda. A seconda che si usi l'uno o l'alt ro sistema di illumina-

zione è buona regola prevedere alcuni accorgimenti integrativi per controlla-

re i gradienti di luminosità all'interno delle sale in modo da rispettare gli

standard conservativi delle opere senza interferire con la visibilità degli og-

getti esposti.

La luce naturale è stata la prima fonte di illuminaz ione del museo: già nel-

l'O ttocento le sale erano illuminate da grandi fin estre o da lucernari nel soffit-

to . Ma la luce naturale presenta diverse controindicazioni perché non è co-

stante, muta a seconda delle ore del giorno e con le stagioni, ha intensità va-

riabile, crea effetti imprevisti di luci e ombrè, è difficilmente controllabile, ri-

flette a seconda delle superfici e delle materie che incontra. Molto importanti

sono poi le coordinate geografiche del luogo, la posizione e l'orientamento del

museo, che incidono sulla qualità dello spazio interno e che richiedono spessodi integrare i dispositivi di illuminazione.

Particolarmente importanti sono i lucernari ch e consentono, con alcuni ac-

corgimenti, di giocare sulla qualità e sulla quantità di luce: la luce naturale

può essere diretta, semidiretta, indiretta, filt rata o esclusa. In generale, il lu-

cernario è un 'apertura vetrata posta in copertura che serve a far passare una

luce zenitale. Ma, poiché ques ta luce crea dei giochi di ombre che spesso sono

troppo marcate, lo schema base dei lucernari deve accompagnarsi a dispositivi

tecnici di schermatura agg iuntivi che fanno del lucernario un tema di progetto

che ha dato es iti molto interessanti. Progressivamente la luce zenitale ha sop-piantato quella laterale, anche se la luce che piove dall 'alto riflette sul pavi-

mento. Per owiare a questo inconveniente, i lucernari zenitali sono sta ti cor-

retti con dispositivi integrativi di lenti specchiate e inclinate così da orientare i

raggi luminosi e rifrangere la luce. La luce rifratta è preferibile a quella diretta

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,

P1GURA 7.6

Lucernari

L ' ARC H ITETTURA D E I MUS E I

Lucernario orientato

Lucernario a shed

Ducernario a volta cicloide(Kimbell Art Museum, Louis Kahn)

(Solomon Guggenheim Museum, NY,

Frank l Ioyd Wright)

LJucernario con moduli prefabbricati

(De Menil Collection, Renzo Piano)

Schemi dei lucernari più util izzati per l'iJlumina:r.ione naturale dci musei.

perché consente di avere una luminosità ambientale diffusa e dì eliminare i

danni che i raggi ultravioletti non schennati possono provocare agli oggetti

esposti. In ogni caso è difficile prevedere un'unica soluzione di illuminazione:

o luce naturale o luce artificiale, Spesso è necessario integrare i due sistemiperché l'una e l'altra sono insufficienti quando vengono usate in maniera se-

parata,

Da un punto di vista manualistico le più importanti tipologie di lucernari

sono tre (FIG. 7.6):

L lucernario zenitale con specchia tura vetrata orizzontale e in piano, che

proietta la luce naturale direttamente sulla superficie del pavimento. Q uesto

sistema è il più usato perché può essere adottato con qualsiasi orientamento

dell' edificio e perché capta la medesima quantità di raggi luminosi da entram·

be le esposizioni, nord e sud, In questo caso i sistemi di scherma tura inte-

grativi sono dei frangisole orizzontali o fissi;

2, lucernario orientato, che proietta la luce su una parete vertica1e, determi-

nando una maggiore illuminazione di una parte dell'edificio rispetto a quella

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7. L'ARCHITETTURA DE LL'ALLESTiMENTO

FIGURA 7 1

Dispositivi di illuminazione

c l - ' _ ____ ~ _____ __

Nel KimbeJJ Art Museum Louis Kahn usa dci lucernari a volta cicloide e crea un'illuminazione natural e diffusa che ri-duce il disturbo delle ombre a chi guarda i quadri.

Fonte: Brawne (1992, s.i.p.).

opposta. Per riequilibrare questo scompenso solitamente viene usato un ap-

porto luminoso artificiale oppure viene studiata una curva particolare del sof-fitto raccordata al lucernario. In questo caso non c'è bisogno di usare dei si-

stemi di schermatura della luce naturale. Il vantaggio di illuminazione di que-

sta soluzione va tuttavia a scapito dello sfruttamento complessivo della super-

ficie espositiva. Esiste infatti un rapporto che regola in linea di massima gli

apporti luminosi delle superfici vetrate alla configurazione dello spazio: mino·

re è la superficie vetrata di passaggio del flusso luminoso e maggiore risulta la

complessità progettuale delle pareti per favorire le riflessioni interne. Inversa-

mente, i lucernari caratterizzati da grandi superfici sono spesso associati a spa-

zi e volumi articolati in maniera indipendente, che fruiscono di un tipo diilluminazione omogenea e diffusa indistintamente per ogni opera esposta;

3. lucernario a shed, che rappresenta un'evoluzione del tipo precedente. In

questo caso è molto importante conoscere la latitudine e la longitudine del

luogo dove è costruito il museo perché, tramite l'inclinazione dei raggi del

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,

L'ARCHITETTURA DEI MUSEI

FIGURA 7.8

Dispositivi di illuminazione

Nel Kiasma Museum Steven Holl riveste l'edificio con una grande tenda in rame che filtra la luce naturale e la fu pio·vere nelle sale da "asole" poste in copertura.

Fonte: Gurofalo (20°3, pp. 106'7).

sole, è possibile calcolare l'angolo di rillessione e disporre una corretta illuminazione della superfìcie delle pareti interne. Questi lucernari richiedono dei

sofisticati apparati di controllo per filtrare e diffrangere la luce diretta sulle

pareti di esposizione.

La progettazione delle fonti luminose ha inciso fortemente sull'evoluzio

ne dell' architettura del museo ed è stata uno dei primi strumenti di modifi

cazione dei grandi palazzi aristocratici e del loro adattamento alla funzione

espositiva. Il primo intervento di ristrutturazione eseguito nel Salon Carré

del Louvre è stato l'eliminazione delle finestre per guadagnare una maggiore

superficie espositiva e ridurre i fattori di disturbo visivo dovuti agli effettidi controluce e di riflessione. Al posto delle finestre furono aperti dei lu

cernari zenitali in copertura. Dopo i l Louvre, altri importanti musei hanno

adottato il lucernario zenitale, tra cui l'Alte Pinakothek di Monaco e la Na-

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7. L'ARCHI T ET T URA DELL'A LL ESTIMENTO

FIGURA 7.9

Dispositivi di illuminazione

a b

La copertura a frangisole meccanici utilizzata da Remo Piano nel museo della MenU Collection a Houston consentedi regolare la quantità di luce all'interno delle sale.

Fonte: al, bl Newhousc (2007, p. 60); cl, d) ivi, p .53·

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FIGURA 7 . l 0

D ispOS itivi di illuminazione

L'ARCHlTETTURA DE I MUSE I

IT 'I

Per illuminare le sale del museo di arte moderna di Stoccolma, Rafacl Moneo ha adottato dei "camini" zcnitali in co-

pertura.

Fonte: Basso Pcressut (1999, p. 206) .

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7. L'ARCH ITETTURA DELL' ALLESTIME NTO

tional Gallery di Londra, dove fu posto un controsoffitto galleggiante al dis

otto del lucernario per suddividere l'apporto delle radiazioni luminose natu

rali in due flussi distinti, di cui uno diretto sul pavimento per. creare un alo-

ne ambientale e un altro laterale per illuminare la periferia delle pareti ver-

ticali lasciando la parte centrale in semioscurità. Con tale accorgimento alla

National Gallery si è riusciti a evitare la riflessione dei lucernari e l'ombradelle sagome dei visitatori sulle opere. Il lucernario è rimasto a lungo il di

spositivo di illuminazione preferito dei musei, oggetto di studio e di modifi

che continue per il miglioramento del passaggio e della diffusione della

luce. I lucernari più interessanti sono quelli studiati da Louis Kahn nel

Kimbell Museum (FIG. 7-7), che costituiscono un modello al quale si sono

ispirati altri musei successivi, tra cui il recente Modeern Museet di Rafael

Moneo (FIG. 7.10) a Stoccolma.

Un altro dispositivo per l'illuminazione naturale dei musei è la copertura-

frangisole, come quella progettata da Renzo Piano nella Menil Collection aHouston (FIG. 7.9) e nel Bayeler di Basilea, dove il principio del lucernario è

stato esteso fino a diventare copertura. In questo caso il controllo della luce ègarantito da un sistema meccanico di frangisole elettrici che cambiano inclina-

zione, aprendosi e chiudendosi durante il corso della giornata, permettendo

un ingresso controllato della luce e una condizione ottimale di illuminazione

interna del museo.

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