Lapilli nr.21 Ottobre 2009

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NUMERO 21 - OTTOBRE 2009 DISTRIBUZIONE GRATUITA

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Lapilli, dopo l'estate torna a trattare l'argomento trasporti, stavolta parlando di Trenitalia con i suoi pregi e difetti. Si da spazio alle voci dell'autonomia con Bossi e Lombardo. Uno speciale dedicato alla Sicilia, con un'intervista a manlio Sgalambro e una a Matteo Amantia, ex Sugarfree; inoltre si parla di gesualdo Bufalino tramite il docu-film di franco Battiato sullo scrittore. Per lo spazio cinema non poteva mancare Baaria di Tornatore e una critica alla 66a mostra di Venezia. Per storia in pillole si parla dell'invasione della Polonia da parte della Germania di Hitler. L'angolo della lettura con la recensione al libro di Alessandro Lattanzio, potere globale. Il cartellone e la 4 di copertina di Valeria Bafumi sul cinema siciliano

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Personaggi di SiciliaUn modo alternativo per descrivere la nostra terra.

Responsabile Marketing e Comunicazione:

Sebastiano Di [email protected]

347 - 5463318

PER INFO, SUGGERIMENTI, RICHIESTE DI

COLLABORAZIONE E CONTATTI SCRIVI ALLA REDAZIONE:[email protected]

Editore:Associazione Culturale “Lapilli”

Direttore Responsabile:Emilia Giuliana [email protected]

Caporedattore:Claudio [email protected]

Redazione:Sebastiano Di BellaFausto GrassoEmilia Giuliana PapaAlessandro PuglisiAngela PuglisiClaudio SciaccaPatrizia Seminara

CATANIAAss. Culturale Majazé

Ass. Culturale MammutScuola Popolare di Musica “Alan Lomax”

BiòMulti Kulti

NievskiPizzarté

Pub After NinePub Altamira

Scenario PubblicoBar Cafè de Paris

Bar CapriceBar Europa

Bar La TavernettaBar La Tazza d’Oro

Bar PriviteraCaffè Sauvage

Facoltà di LettereFacoltà di Scienze dell’Educazione

Facoltà di Scienze PoliticheFacoltà di Giurisprudenza

Accademia di Belle ArtiLibreria Bonaccorso

Libreria CavallottoLibreria Gramigna

Libreria La CulturaLibreria La Paglia

Libreria Mondadori (Via di Sangiuliano, C.so Sicilia, Piazza Roma)

Libreria TempolibroTertulia

InternetteriaMusicland

Cinema ABCCinema AristonCinema Capitol

Cinema KingCinema OdeonCUS Cittadella

Cittadella UniversitariaFarmavet Etnea - Via Enna 3/f

Galleria amici dell’arte - Via Andrea Costa 34San Max Hotel - Via Etnea 329

Sant’Agata li BattiatiEdicola Marzà

San GregorioBar Viscuso

San Giovanni la PuntaCine Centrale

Libreria Mondadori - Le ZagareLibreria Il Bosco

EdicolèEdicola La Pergamena Trappeto

Bar Trappeto

Gravina di CataniaBiblioteca comunale

Libreria Librincentro (Parco Comm. Katané)

MascaluciaCinema-Teatro “Moderno”

Bar Il MitoLibreria Mondadori - Le Ginestre

AcirealeBiblioteca Zelantea

GiarreLibreria Le Señorita (Corso Italia)

Bar Mirò (Corso Italia)

Hanno collaborato a questo numero:Antonio BorzìIrene GiuffridaAlessandro LattanzioAlberto Surrentino D’Afflitto

Vignette:Giuseppe Ruscica

Progetto Grafico e Impaginazione:Fausto [email protected]

Sede:Via Nino Bixio, 15\b - S.G. la Punta - CT

Registrato presso il tribunale di Catania

n° 17/07 del 15/05/2007

Tipografia:A&G - Via Agira 41/43 - Catania

LA REDAZIONEDOVE

TROVARE

Copertina di:Fausto Grasso

4a di Copertina di:Valeria Bafumi

ATTUALITÀIn Primo Piano - 4 Odissea Trenitalia

ATTUALITÀPolitica - 6 Faceoff: Bossi e Lombardo le voci dell’autonomia

PERSONAGGI DI SICILIACultura - 8 Intervista a Manlio Sgalambro -10 Bufalino in posa per Battiato. Immagini di una Sicilia perdutaMusica -12 Intervista a Matteo Amantia Ex SugarfreeCinema -14 Baaria, un successo annunciato

EVENTICinema -15 L’ombra lunga del potere oscura anche Venezia

STORIA IN PILLOLEUn settembre accadde che... -16 Fu davvero una vittoria facile?

L’ANGOLO DELLA LETTURA -18 Il libro del mese

19 CARTELLONE

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Numero 21Ottobre 2009

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Provveditorato di Catania occupato

di Emilia Giuliana Papa

Che società vogliamo per i nostri figli? Che scuola voglia-mo? Che informazione vogliamo? Sono queste le domande che ci poniamo noi di “Lapilli”, tornati a rendervi, per quan-to possiamo, un onesto servizio d’informazione e approfon-dimento, e pronti a offrirvi qualche spunto di riflessione. Un esempio tra tanti. Diciannovemila docenti precari, senza contare i settemila del personale ata, che pure reclamano legittimi diritti, atten-dono risposte da un Governo che ne mortifica ormai da troppo tempo professionalità e – oserei dire – “aspettati-ve di vita”. Non solo si cambia orientamento politico rispet-to alle precedenti scelte governative bloccando le assunzioni in ruolo, ma si tende a umiliare e sfiancare la categoria e la scuola pubblica in quanto tale in favore del privato, anche in quei pochi settori di cui lo Stato dovrebbe farsi carico come sancito dalla Costituzione.

TRA PARADOSSI E FALSI MITI, UN’ITALIA ALLO SBANDO

In più, si promette in extremis, sull’onda delle proteste diffu-sesi a macchia d’olio in tutto il territorio nazionale, di ripe-scare tra i tanti docenti esclusi quelli che “hanno più diritto degli altri”, con il cosiddetto decreto salva-precari emanato in questi giorni. Col risultato che la sola promessa - peraltro ancora lontana dal concretizzarsi – basterà con buona pro-babilità a generare la famigerata “guerra tra poveri”, tranel-lo in cui – puntualmente - ricade l’intera categoria ad ogni inizio d’anno scolastico. Senza contare che il discusso de-creto, impegnando economicamente Inps e Regioni, scarica su altri Enti spese pubbliche che, più o meno, finiscono per coincidere, senza peraltro risolvere il problema, con le spese ipotizzabili per assumere regolarmente il personale precario per quest’anno avviato. E lasciando da parte l’aspetto econo-mico, soffermiamoci, infine, sul fatto morale: il paradosso di un Governo che, proprio nella fase più delicata di una crisi occupazionale grave, sceglie di operare un program-ma di licenziamenti senza precedenti nella storia nazio-nale.

Eppure, a fronte di una minoritaria percentuale di agguerriti dimostranti di piazza, enormi masse di cittadini continuano ancora a sperare e aspettare, aspettare e sperare. Rassegnati. Rifugiandosi, nei casi estremi, in uno dei tanti miti dell’era del berlusconismo (per quelle frange del gentil sesso che al-l’insegnamento preferiscono vie più facili per mantenersi, si suggeriscono le nozze con un “buon partito” o, a limite, qualche incontro occasionale con il potente di turno…). E, a proposito di miti, cambiando argomento, cogliamo l’occasione per menzionare un altro paradosso italiano. Ricordate quanto il mito del Ponte sullo Stretto abbia ap-passionato gli organi di stampa e i leader politici a tutti i livelli? Riflettiamo sulle battaglie condotte da quanti – er-gendosi a difensori del legittimo diritto isolano a farsi parte integrante dello “Stivale” – rivendicavano fino a poco tempo fa la Grande Opera “boicottata” dall’opposizione di sinistra. Sembra passato un secolo!Oggi, delle promesse finora non mantenute della nostra classe dirigente non si cura più nessuno. Dopo tante batta-glie politiche e propaganda pre-elettorale, del Ponte neanche l’ombra. L’argomento ha perso appeal, fatalmente. Era for-se uno dei tanti miti con cui aggirare i reali problemi. Ebbene, per questo mese - navigando a vista e resistendo titanicamente a una società ormai refrattaria a ogni tentativo di libera informazione - noi lapilliani vi proponiamo un ar-gomento vecchio e polveroso. Quello dei trasporti ferro-viari, con le loro disfunzioni e i disservizi continui. Quei trasporti e quelle infrastrutture che, soprattutto in riferimento al Sud, non sembra interessino molto agli alti vertici, forse perché non alimentano sogni né fughe in avanti. Certo, ne parliamo e facciamo pure della sana ironia, ma senza esage-rare. Non si sa mai, di questi tempi… Non possiamo permet-terci di “giocare a fare i politici”. Di politica – così dicono - devono occuparsi i Politici, non i comuni cittadini. Tanto più se giornalisti o insegnanti.

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ODISSEA TRENITALIARitardi. Vagoni vecchi, sporchi e sovraffollati. Personale poco affidabile. E collegamenti nord-sud sempre più a rischio. Viaggio tra le magagne (tante) e i pregi (pochi) del trasporto su rotaia

di Claudio SciaccaTreno 1695, stazione di Milano S. Cristo-foro, partenza alle 17.20, arrivo previsto a Catania Centrale alle 13.35 dell’indomani. Due ore prima della partenza molti passeg-geri sono già accalcati nella sala d’aspetto di questa piccola stazione secondaria del capoluogo lombardo. L’aria è irrespirabi-le, fuori è ancora peggio. Il caldo umido di agosto non dà tregua e non c’è riparo per chi dovrà sobbarcarsi un viaggio di venti ore. Non ci sono punti di ristoro, i bagni della sala d’aspetto sono in condi-zioni disastrose, di aria condizionata nean-che a parlarne. Il “carro bestiame”, come lo chiama chi ha già affrontato più volte il viaggio verso la Sicila con lo stesso tre-no, è posteggiato al binario, chiuso, e da ore sotto il sole. Quando i passeggeri sa-liranno, potranno godere dell’effetto-sau-na, servizio non richiesto ma gentilmente offerto da Trenitalia allo stesso prezzo del biglietto. Fuori c’è già chi si sente male. Il personale è pressoché inesistente. I va-goni sono visibilmente sporchi all’esterno, e all’interno le sorprese non mancheranno, con wc e aria condizionata non funzionan-ti. Qualche mugugno, ma anche rassegna-zione. Scene di ordinario caos, inefficienza e disorganizzazione, comuni a tante altre, allorché si parli di treni che collegano il nord e il sud dell’Italia. Lo specchio di un paese, il nostro, a due velocità: da un lato l’Alta velocità e i collegamenti da Milano a Roma in 3 ore e mezza, dal-l’altro il trasporto regionale che arranca e i treni-lumaca a lunga percorrenza. E poi milioni di pendolari sulla graticola, con proteste che fioccano quotidianamente. Ma come si è arrivati a questa situazione?

Trasformato nel 1992 in società per azioni, l’ente Ferrovie dello Stato ha continuato la propria metamorfosi nel 2000 con la crea-zione di due società: una per la gestione del trasporto passeggeri e merci, Trenitalia, e una per la gestione delle infrastrutture (i binari), Rfi. L’adeguamento alla direttiva europea, che imponeva appunto la separa-zione tra i due settori, se da un lato ha per-messo, con la creazione delle due s.p.a, di guardare con occhio più attento ai bilanci, dall’altro ha portato con sé tutti gli svan-

taggi delle privatizzazioni. Innanzitutto i tagli. Che hanno portato all’eliminazione dei “rami secchi”, cioè dei collegamenti poco redditizi nelle tratte meno frequen-tate, ma che hanno riguardato anche il numero degli affollatissimi treni a lunga percorrenza, diminuiti negli ultimi anni del 40%. Un progressivo smantellamento, riguardante anche l’eliminazione dei treni straordinari e persino la composizione de-gli stessi treni (con un numero minore di vagoni), che non lascia presagire nulla di buono per il futuro.

Non a caso siciliani e calabresi hanno fatto un sobbalzo lo scorso 29 luglio, quando Trenitalia Divisione passeggeri ha presentato ufficialmente il Piano di produzione per il prossimo anno, che prevede l’eliminazione dei treni a lun-ga percorrenza da e per la Sicilia e delle navi per il trasporto sullo Stretto. Se da un lato Trenitalia smentisce, dall’altro i sindacati paventano la possibile perdita di migliaia di posti di lavoro, almeno tremila, e la chiusura delle Officine manutenzione di Messina, Palermo, Siracusa, oltre che

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n° 21 Ottobre 2009

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TRASPORTI IN SICILIA, GIOIE E DOLORI

Se il trasporto ferroviario siciliano arranca e la Sicilia rischia di rimanere isolata dal Continente, tutt’altro che roseo è il quadro delle infrastrutture stradali e autostradali dell’isola. Impossibile dimenticare le tormentate vi-cende dell’autostrada A20 Messina-Palermo, per la cui realizzazione ci sono voluti 36 anni e che è stata inaugurata, pur incompleta, nel 2005. Non godono poi di ottima salute altre importanti arterie quali la A19 Palermo-Catania, dove sono abituali i restringimenti di carreggiata in corrisponden-za dei malandati viadotti e le trafficatissime strade “della morte” Palermo-Agrigento e Catania–Gela. Va meglio per i collegamenti tra Catania e Messina, (a meno che si debba fare i conti col maltempo, che lo scorso 23 settembre ha isolato le due città, a causa di una frana che ha interrotto i collegamenti stradali, autostradali e ferroviari), e tra Catania e Siracusa, con l’apertura di una parte della nuova autostrada.Le solite dolenti note riguardano invece gli spostamenti dalla Sicilia al Con-tinente, per nulla semplici a causa dell’eterna incompiuta Salerno-Reggio Calabria, vero e proprio “imbuto” per il traffico su gomma dell’intero Sud, e dell’ormai leggendario Ponte sullo Stretto, i cui lavori dovrebbero conclu-dersi nel 2016. Naturalmente ammesso che inizino. Logico che a farla da padrone sia il trasporto aereo, con gli aeroporti sicilia-ni che aumentano il volume di traffico e le compagnie aeree –tanto l’Alitalia, quanto le low cost- che investono in nuovi collegamenti tra la Sicilia e il resto dell’Italia. Per i collegamenti tra le città siciliane invece nessun volo: i piedi rimangono saldamente –e faticosamente- a terra.

ODISSEA TRENITALIARitardi. Vagoni vecchi, sporchi e sovraffollati. Personale poco affidabile. E collegamenti nord-sud sempre più a rischio. Viaggio tra le magagne (tante) e i pregi (pochi) del trasporto su rotaia

degli uffici e delle stazioni. Campanello d’allarme era già stata l’annunciata sop-pressione di uno dei traghetti Fs la scorsa primavera, decisione sulla quale Rfi ha do-vuto fare parziale marcia indietro a seguito delle proteste dei lavoratori messinesi, rac-colte dal ministro Matteoli.Gli scenari possibili sono ora surreali: orde di conterranei che affrontano con mezzi propri un viaggio verso la Calabria per po-ter raggiungere il tanto agognato treno per il nord dalle stazioni di Lamezia o Paola. Fantascienza, forse, ma c’è da scommet-tere che per Trenitalia sia più conveniente gestire l’Alta velocità, vera “gallina dalle uova d’oro”, piuttosto che la bassa velocità dei treni a lunga percorrenza. Alitalia e le altre compagnie aeree si staranno già sfre-gando le mani.

Non è migliore il quadro relativo al tra-sporto regionale, altro settore “in per-dita”. Molto dipenderà dagli investimenti delle Regioni, che, dopo la riforma Bassa-nini del 2000, hanno competenza e risorse per quanto concerne il trasporto ferroviario locale, per garantire il quale versano alle ferrovie i finanziamenti ricevuti dallo Sta-to. Morale della favola: più denaro danno le Regioni a Trenitalia, firmando contratti di servizio pluriennali che garantiscono investimenti, migliore dovrebbe essere il servizio per i pendolari. E se la Sicilia ha

un programma di investimento di 130 mi-lioni di euro per 12 anni (120 statali e 10 della Regione), secondo quanto dichiarato dall’assessore regionale ai trasporti Strano, l’auspicio è che il miglioramento delle in-frastrutture riduca i tempi di percorrenza biblici tra le nostre città. Viaggi che sono vere e proprie odissee: 4-5 ore da Catania e Palermo, 9 ore e mezza da Ragusa a Tra-pani. E ora ci si mette anche il maltempo. Col nubifragio di alcuni giorni fa, che ha bloccato l’autostrada Catania-Messina causando danni anche ai collegamenti fer-roviari della zona. Chissà come viaggereb-be oggi Ulisse. Di certo non prenderebbe il treno.1111

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Faceoff: Bossi e Lombardo le voci dell’autonomia A confronto i due leader-rivelazione che, con le loro politiche “estreme”, attraggono un gran numero di elettori, puntando sempre più in alto e tenendo i leader nazionali col fiato sospeso…

di Antonio BorzìPersonaggi differenti, quasi antitetici. Uno al nord e l’altro al sud. Uno dai toni forti e l’altro istituzionalmente pungente. Bossi e Lombardo dirigono i loro partiti invo-cando un futuro migliore per le rispettive terre d’appartenenza. Certo, le strade che dovranno percorrere conducono verso due mete differenti (è noto a tutti come Bossi consideri il Sud una spina nel fianco per il produttivo Settentrione), ma passano en-trambe per Palazzo Grazioli, producendo non pochi sconquassi nella politica del premier Berlusconi, costretto di volta in volta ad assecondare e rintuzzare gli at-tacchi dell’uno o dell’altro. Ma per valutare bene la politica dei due leader può essere utile analizzarne anche la biografia.

Raffaele Lombardo nasce nel 1950 a Grammichele, in provincia di Catania, e subito dopo la laurea in medicina e chi-rurgia con specializzazione in psichiatria forense, comincia la sua ascesa fra le file della Dc, diventando in breve tempo il del-fino di Calogero Mannino. Ottiene risulta-ti strabilianti: sia nel 1986 che nel 1991 è eletto all’Assemblea Regio-nale ricoprendo,

nella seconda ele-zione, l’incarico di assessore agli Enti locali. Ma in questo momento entrano in gioco alcune vicissi-tudini giudiziarie da cui - è giusto dirlo in anticipo - l’attua-le governatore del-la Sicilia è sempre uscito indenne. In-fatti, nel 1992 viene coinvolto in un’in-dagine per abuso d’ufficio e interesse privato in atti d’uf-ficio. Condannato in primo grado, è assolto in appello, ma la vicenda porta alle sue dimissio-ni dall’assessorato. Nel 1994 un’altra indagine lo coin-volge insieme a per-sonaggi di spicco della politica siciliana come Salvo Andò, Rino Nicolosi e Nino

Drago: una tangente di circa 5 miliardi che l’imprenditore ed ex presidente

dell’Inter Pellegrini avrebbe pagato per aggiudicarsi l’appalto dei pasti dell’ospedale “Vittorio Emanuele II” di Catania. Un affare da 48 mi-liardi complessivi. Nel 2000 Pelle-

grini patteggia la pena, mentre i ma-gistrati contestano ai politici il reato di

finanziamento illecito ai partiti. Reato ca-duto in prescrizione, e quindi nullo. Lom-bardo viene anche risarcito con 33 mila euro per ingiusta detenzione. Esce dunque indenne e pulito dalle vicende giudiziarie, e da allora costante si fa la sua presenza nella politica siciliana e non solo: diventa per la seconda volta europarlamentare per l’Udc; nel 1999 e nel 2000 è vicesinda-co a Catania. Incarico che abbandona nel 2003 per assumere quello di Presidente della Provincia. Sarà uno dei presidenti più amati e balzerà in testa alle classifi-che nazionali per i consensi ottenuti. Nel

2005, dopo i contrasti con parte dell’Udc, fonda l’Mpa. Nel 2008 è eletto a Palazzo d’Orléans, dove inizia l’avventura, ancora in corso, di Governatore della Sicilia.

Per Bossi il discorso è un po’ diverso. Nato nel 1941, dopo una breve carriera di can-tante e l’abbandono degli studi di medici-na, si dedica alla politica. Come affermato da un rapporto della Cia, “Bossi è stato attratto dalla politica fin da giovanissimo, partecipando al movimento studentesco di sinistra del 1968. In seguito ha militato, in rapida successione, nel gruppo comunista de “il manifesto”, nel partito di estrema sinistra PdUP, nell’associazione dei lavo-ratori cattolici di sinistra Arci e nei Verdi”. Un Bossi di sinistra pochi siciliani se lo sarebbero immaginato! Nel 1980 fonda la Lega lombarda che, nel 1987, lo porterà all’elezione di senatore (per questo viene chiamato “Senatur”). Il successo del partito sfocerà nella realizzazione di una lega che, riunendo tutti i movimenti autonomisti set-tentrionali, verrà chiamata Lega nord e che

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POLITICA

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Faceoff: Bossi e Lombardo le voci dell’autonomia A confronto i due leader-rivelazione che, con le loro politiche “estreme”, attraggono un gran numero di elettori, puntando sempre più in alto e tenendo i leader nazionali col fiato sospeso…

festeggerà, alla fine degli anni ’80, con il “giuramento di Pontida”, la sua nascita uf-ficiale. Ma nemmeno la neonata Lega nord esce indenne dalle storie di tangentopoli, e lo stesso Bossi è costretto ad ammettere un finanziamento illecito nell’ambito del processo Montedison. Per questo viene condannato a 8 mesi. Nel 1994 si allea con Berlusconi e Fini vincendo le elezioni, ma il 22 dicembre dello stesso anno fa cadere il governo, votandone la mozione di sfidu-cia e facendo schierare successivamente il suo giornale contro il Cavaliere. In quei mesi, infatti, la “Padania” attacca dura-mente Berlusconi insinuando un suo col-legamento con la mafia. Ottenuto il 10% di voti nazionali, dal 1996 ha inizio la fase secessionista del partito, con tanto di di-chiarazione d’indipendenza della Padania, bandiera, inno, parlamento ed elezioni. Nel 2000 rifiorisce l’amore di Bossi con Berlu-sconi, e i due rivincono le elezioni. Ma nel 2004 Bossi ha un ictus che lo costringe ad abbandonare la scena politica fino alla fine del 2005.E passiamo ad oggi. Bossi ha sempre gio-cato il ruolo di prima donna nei governi in cui è stato al potere, ma minacce vela-te e polemiche sono il sale della politica leghista e mal si conciliano, soprattutto nell’ultimo periodo, con il tono pacato di personaggi come Gianfranco Fini, che da tempo è ai ferri corti con il Senatur. Allo stesso modo, l’Udc dell’ex alleato Casini non vede di buon occhio la Lega. Queste circostanze, sommate a quelle legate alla vita privata e politica di Berlusconi, non fanno escludere un futuro separato fra Fini

e Bossi. Le domande che sorgono sono molte: dalla parte di chi starà Berlusconi? E Fini resterà a destra? Andrà al centro? Tutte, per ora, domande insolute.Appare invece più succulento il piatto of-ferto dalla politica di Lombardo, il quale è riuscito a trasformare un partito regio-nale in una realtà ben visibile a livello nazionale, con i suoi 8 deputati e 2 sena-tori ottenuti alle ultime elezioni. La qual cosa ha dato un maggior peso politico al leader dell’Mpa, che ha battuto cassa nei confronti di Berlusconi. Nel luglio di que-st’anno Lombardo ha dichiarato: «L’Italia è divisa in due, quella europea e quella africana. Vorremmo un governo che si oc-cupasse di entrambe le Italie e di farle di-ventare la stessa cosa. Questo è il punto». Minaccia di uscire dal governo, e con lui si rischia una profonda frattura all’interno del Pdl, con Micci-chè e i suoi alleati pronti ad uscire dal partito per formarne uno grande, unico, del sud. Elemento da non sottovalutare per Berlusconi, che da tempo conta sul-la cassaforte dei voti siciliani e che, con l’eventuale mossa di Lombardo, diffi-cilmente potrebbe competere con il presunto partito del sud e, soprattutto, con un Udc che ha

sempre avuto una buona percentuale di voti nel Meridione. Alla fine, in realtà, ha vinto Lombardo, e i fondi Fas (Fondi per le aree sottosviluppate) che erano stati richie-sti sono arrivati. Ma il governatore ha fatto sentire la sua voce all’interno della stes-sa Regione. Nel giugno 2009, dopo aver chiesto le dimissioni dell’intera Giunta, ne ha fatto un rimpasto escludendo da essa l’Udc. E, aprendo i giornali, ormai quoti-dianamente si legge di accese polemiche fra le diverse fazioni formatesi in Sicilia. Nell’isola l’asse Miccichè-Lombardo si scontra contro quello ormai noto come “asse del pistacchio” fra Pdl e Udc, ruotan-te attorno alla figura di Firrarello (sindaco di Bronte dal 2005) e del suo entourage. In questi giorni il terreno di scontro è l’eterno e appetitoso piano sulla Sanità, che vede un acceso scambio d’opinioni fra l’asses-sore alla Sanità Russo da una parte e Casti-glione e Firrarello dall’altra.Due personaggi diversi, insomma. Da una parte il settentrionale Bossi, che gioca su campi collaudati, con riti folkloristici e pretese che adesso, con una maggioranza debole non nei numeri ma nella credibili-tà, rischiano di essere eccessive; dall’altra parte il meridionale Lombardo, che spinge sull’acceleratore e continua nella sua pe-renne ascesa politica nazionale. Per com-piere il salto di qualità l’ex ‘enfant prodi-ge’ della politica catanese si trova di fronte allo scontro dentro il proprio territorio. Il tutto appare incerto anche alla luce di ciò che si respira a livello nazionale. Qualco-sa bolle in pentola, ma gli ingredienti sono ancora sconosciuti o quasi. 1111

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Sopra, da sinistra a destra: Umberto Bossi, Silvio Berlusconi, Raffaele Lombardo e Gianfranco Fini dopo una conferenza stampa a Palazzo Grazioli nell’aprile 2008

n° 21 Ottobre 2009

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INTERVISTA A MANLIO SGALAMBROFilosofo “edificante” dei nostri giorni

a cura di Irene GiuffridaLa Filosofia non è per tutti, e il pessimismo è il suo giusto meto-do. Dio è un nome che circola e la Sicilia è una Moby Dick che periodicamente tende ad inabissarsi. Queste e altre le provoca-zioni di Manlio Sgalambro, filosofo tra i più letti del panorama editoriale, reso famoso nel mondo dello spettacolo dalla colla-borazione con il cantante Franco Battiato. Lo abbiamo incon-trato nel suo elegante appartamento al centro storico di Catania, circondato dai suoi amati libri. Parliamo della sua collaborazione con Battiato: com’è avvenuto questo incontro con conseguente sodalizio artistico?Sentii il nome di Battiato per la prima volta dieci anni prima della nostra collaborazione. Avevo concesso al “Corriere della Sera” un’intervista sulle condizioni della Sicilia, schierandomi contro la Cassa del Mezzogiorno e la politica del mantenimento dei siciliani. Dichiarai che solo lasciati a se stessi i siciliani avrebbero trovato un nuovo slancio. Queste affermazioni suscitarono dibattiti e indignazioni e “l’Indipendente”, giornale di destra che allora si stampava a Roma, realizzò interviste a siciliani illustri su questo tema. Tra i vari nomi lessi quello di Battiato. Lo conobbi poi alla presentazione di un libro di un nostro comune conoscente. Mi chiese di riceverlo e collaborare. La nostra prima opera fu “Il cavaliere dell’intelletto”, libretto che mi fu commissionato dalla Regione siciliana e che Battiato musicò. A mia volta gli proposi un disco di musica pop; nacque così “L’ombrello e la macchina da cucire” (titolo tratto da una famosa opera del pittore surrealista Max Ernst). All’interno di questo lavoro c’erano canzoni un po’ strane e fuori dall’ordinario come “Breve invito a rinviare il suicidio”. Il disco non ebbe fortuna di vendite ma costituì un salto di qualità per entrambi; dimostrava che è possibile fare musica su un altro livello.

Come si svolge la vostra collaborazione e quali progetti state preparando?

La nostra collaborazione può avvenire di persona, per telefono, fax e continua in una perfetta intesa. Ciò che la fa funzionare è il suo perno: il lavoro. Continuiamo a darci del lei, e questo consente di mettere dei limiti. Darsi del lei è impeditivo di tante cose, del resto persino i più nobili coniugi francesi si danno del lei, e questo giova molto. Il teatro Rendano di Cosenza ci ha commissionato un’opera sul filosofo Bernardino Telesio, da realizzare per il 2010. Mi piacerebbe strutturare il lavoro su cori, un tentativo in versi da discutere con Battiato, che non credo voglia realizzare una lirica classica. Altro progetto su cui lavoreremo insieme a partire da settembre è un film su Gesualdo Bufalino, commissionato dalla Regione, impegno che ci siamo assunti con estremo piacere in quanto era un amico, oltre che un amico delle nostre intelligenze. Per quanto mi riguarda, invece, ho già ultimato il libro Sul delitto, che uscirà a settembre in edizione Adelphi.

Cosa significa essere un “filosofo edificante”, denominazione che lei stesso ha usato per indicare la sua attività?Mi sono dichiarato filosofo edificante, tale cioè per aiutare, per edificare gli altri, filosofo per i morenti, non per i viventi. La filosofia, infatti, è utile per quelli che stanno per morire. Che se ne fanno quelli che stanno per vivere?

Si ostina, come lei stesso dice, a esaltare la dignità del filosofo nonostante il suo rapporto contrastato col mondo accademico. Ha parlato di una filosofia che può essere in ogni luogo, lì dove si pensa, che non ha quindi nella cattedra o nel convegno la sua sede naturale. Che importanza riservano il nostro tempo e la nostra collettività sociale a questa disciplina?In questo momento, in Europa, si ha una scarsa passione filosofica, e da qui nascono

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persone demotivate, piccole carriere. Nelle Università si insegna Storia della Filosofia, la quale è una contradictio in terminis poiché è un genere essa stessa, nata in un suo tempo, l’Ottocento, e che poi si spegne nel Novecento. Abbagnano, ad esempio, (n.d.r. filosofo italiano autore di un noto manuale di liceo) parla di filosofia, ma non trasfonde nell’altro l’impulso a capire: il suo testo di storia della filosofia è una tomba in cui vengono seppelliti quelli di cui parla. Il pensiero di Schopenauer è stato poi ridotto in piccoli libretti, editi Adelphi, che dispensano saggi consigli; si potrebbe pensare che è sempre meglio che ignorarlo, ma io dico che non è così. Meglio ignorarlo. La filosofia non è per tutti. È qualcosa di prezioso, che va trovata così come la trovai io, per caso, ferendomi anche, e scontrandomi con problemi che richiedevano una risposta urgente. A quei tempi c’era il fascismo e sorgevano problemi vitali; la filosofia era l’unica cosa che ci consentiva di poter discutere, parlare, cercare soluzioni. In questo momento storico purtroppo non c’è alcun amore per la ratio. Basti pensare a quel 33% della popolazione che si affida alla reincarnazione, alle religioni orientali, testimoniando un vero e proprio ritorno all’animismo.

Emerge in opere come Dialogo teologico (Adelphi, 1993) il suo interesse verso le questioni religiose. Che rapporto ha col sacro?In De mundo pessimo (Adelphi, 2004) c’è una lettera sull’empietismo, nucleo di una teologia per i nostri tempi che, in qualche modo, torno a rielaborare nel Trattato dell’Empietà (Adelphi, 2005). Si può credere a Dio ma non in Dio. Credere a Dio indica semplicemente prendere atto che nelle nostre civiltà circola un nome che ha dato luogo a grandi opere dell’intelligenza teologica e verso cui non si può che avere un grande rispetto. Il mio interesse verso le religioni è una passione che si risveglia spesso come studio di questo concetto, il “Nomen Dei”, il fatto misterioso, cioè, di

un nome che circola attraverso le civiltà, questione che non ho indagato né da credente né da miscredente. Le due possibilità legate a questo concetto sono la fede oppure la mancanza di fiducia. Personalmente sono tra quelli che non hanno fiducia, non fede nel senso del credere all’esistenza, ma fiducia, sono cioè tra coloro che non si affiderebbero a un principio di questo mondo.

Lei professa un pessimismo metodico. Nell’opera La conoscenza del peggio (Adelphi, 2007) afferma che il pessimismo onora la verità e produce un miracolo, ci consente cioè di conoscere il mondo e quindi di vivere al suo interno in maniera più lieve.Non potrei professare l’ottimismo. Il punto è evitare, tuttavia, il sospetto che questo pessimismo dipenda da fatti personali. Io non sono infelice, ho superato l’età dell’infelicità da moltissimi anni e mi sono presentato alla filosofia dopo essere passato attraverso la vita. Non sono mai stato una persona che vive attraverso i libri, non sono mai stato appagato solamente dal libro.

Parliamo, adesso, della Sicilia. Sul finale del film di Battiato “Perduto amor”, lei recita: “Questa terra è magica e richiama sempre coloro che le appartengono come se esercitasse un diritto, la legge dell’appartenenza”. Che rapporto ha Manlio Sgalambro con la sua terra d’origine?Mi definisco “imbarcato” in questo singolare naviglio. Così vedo la Sicilia: un’entità talattica, una creatura del mare che solo apparentemente è ferma, come ogni isola che si rispetti. Nel ventre di questa strana Moby Dick pullula in realtà la vita, una vita a sé che va oltre i suoi abitanti. Quali sono i mali peggiori che affliggono la Sicilia?Per certi aspetti non li vedo: sono un esteta. Li osservo come caratteristiche: alcune sono endemiche e strutturali al fatto di essere isolani, prima tra tutte il nostro silenzio. Ho poi osservato un’altra situazione che ritorna nel tempo: Catania periodicamente si impicca. In questo momento direi che è in stato di suicidio, senso di una vecchiaia infelice…

Grazie.1111

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BUFALINO IN POSA PER BATTIATO. IMMAGINI DI UNA SICILIA PERDUTA

In preparazione il “docu-film” di Battiato. Per ricordare lo scrittore Bufalino e la sua Siciliadi Irene Giuffrida

Sono già in corso d’opera, da fine agosto, nel Comune di Comiso, le riprese del film documentario di Franco Battiato sullo scrittore Gesualdo Bufalino. Fortemen-te sostenuto dalla Regione Siciliana e dal Ministero dei Beni Culturali, il progetto, prodotto da Fabio Bagnasco e Massimi-liano Pollina per Kasba Comunicazioni, si concluderà a dicembre, per essere poi reso noto al pubblico nel 2010. Si tratta di un omaggio che si avvale di interviste a criti-ci, amici e studiosi dell’opera di Bufalino, realizzate in esterno o nei luoghi d’elezio-ne dello scrittore di Comiso; immagini, riprese e testimonianze completeranno il quadro di presentazione di un personaggio raccontato nella veste professionale, ma so-prattutto colto nel suo lato umano, ad oggi forse meno conosciuto. Il filosofo Manlio Sgalambro sarà impegnato, nell’ambito del progetto, nella stesura dei testi; Danie-le Baldacci e Riccardo Sgalambro si occu-peranno rispettivamente della fotografia e del montaggio. La voce fuori campo che accompagnerà le immagini sarà quella di Giulio Brogi. Bufalino, autore del roman-zo Le menzogne della notte (Premio Strega nel 1988), divenuto un caso letterario con l’opera Diceria dell’untore (Premio Cam-piello nel 1981), come altre grandi penne della letteratura mondiale (partendo dal tedesco Goethe fino a ritornare in Sicilia con Camilleri), esordì nella scrittura tardi-

vamente, a 61 anni, dopo una lunga car-riera di insegnante presso il Liceo di Comiso. Restìo alla pubblicazione delle sue opere, divenne infine accessibile al pubblico grazie all’incoraggiamen-to di Elvira Sel-lerio e dell’amico Leonardo Sciascia. Battiato ha più vol-te ricordato la sua ritrosia ad accettare gli inviti ufficiali e ad esibirsi in pub-blico, e quella sua capacità di spo-starsi con la mente, senza viaggiare, tipica degli ultimi anni, dovuta, però, alle tante esplora-zioni europee del Gesualdo ragazzo. Bufalino diventò, così, sempre più, un modello di letterato inscin-dibile dalla propria terra. Aveva dichiara-to, infatti, egli stesso: “Più mi sforzo di sbucciarmi di dosso la pelle indigena e di promuovermi “totus europeus”, più tendo a raccogliermi e ricucirmi dentro la mia

terra e la mia civiltà”. Ecco perché parlare di Bufalino significa soprattutto rendere omaggio alla Sicilia e a ciò che la lettera-tura ha saputo produrre nel suolo difficile di un’isola gravata da “luce e lutto” (come lui stesso titola un’opera del 1988).Il film in preparazione ricorderà le vicen-

de biografiche dello scrittore di Comiso e i temi dominanti dei suoi capolavori letterari: dal legame con la madre all’impor-tanza delle radici, dalle scelte politiche all’innata grazia della sua persona, elemento, que-st’ultimo, che Battiato intende mettere in risalto nel suo lavo-ro. Il progetto in crescita verrà documentato da un singolare diario di bordo pubblicato sul web, e accompagnato da inizia-tive culturali parallele, mirate a diffondere la conoscenza e a consolidare la memoria dello scrittore dallo stile elegante, che, forse meglio di ogni altro, ha carpito e raccontato le con-traddizioni dell’essere sicilia-ni.1111

BibliografiaDiceria dell’untore (1981) L’amaro miele (1982) Museo d’ombre (1982) Dizionario dei personaggi di romanzo da Don Chisciotte all’Innominabile (1982) Argo il cieco ovvero I sogni della memoria (1984) Cere perse (1985) L’uomo invaso e altre invenzioni (1986) Il malpensante. Lunario dell’anno che fu (1987) Le menzogne della notte (1988) La luce e il lutto (1988) Saline di Sicilia (1988) Il matrimonio illustrato (con Giovanna Bufalino) (1989) Saldi d’autunno (1990) Qui pro quo (1991) Il Guerrin Meschino(1991) Calende greche (1992) Il tempo in posa. Immagini di una Sicilia perduta (1992) Cento Sicilie (con Nunzio Zago) (1993) Bluff di parole (1994) I languori e le furie (1995) Il fiele ibleo (1995) Tommaso e il fotografo cieco, ovvero il patatrac (1996)

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CULTURA

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Il profumotra arte e ingegno

Dietro ogni fragranza, prima di ogni profumo, c’è il paziente e certosino lavoro di maestri profumieri. Oltre alla produzione di profumi naturali, che avevano il loro centro in Francia e che sono ancora oggi i più pregiati, nella seconda metà del secolo XIX andò affermandosi sempre di più, specialmente in Germania, l’industria dei profumi sintetici. I migliori profumi attualmente prodotti non sono, però, né completamente sintetici né completamente naturali: il prodotto migliore dell’arte profumiera è una miscela appropriata dei due tipi allo scopo di migliorare il profumo naturale. Un prodotto puramente sintetico sarebbe grossolano e poco soddisfacente per la mancanza di quelle piccole quantità di impurità che affinano e completano la fragranza dei prodotti naturali. L’industria dei profumi è solo in parte fondata su basi scientifiche, divenendo essa un’arte non appena procede alla miscela delle materie prime. I profumi traggono il loro nome dal fatto che, nella forma originaria, essi erano usati come polveri per fumigazioni nei templi egiziani. Le prime polveri erano miscele di aromi finemente macinati, tenuti insieme da mirra e storace. In seguito alla scoperta che, se certe sostanze aromatiche o fiori vengono immersi in grasso o olio, questi trattengono parte del principio odoroso, furono prodotti gli unguenti di fama biblica. Ad Avicenna, medico arabo, spetta la scoperta della distillazione in corrente di vapore degli oli volatili: durante le sue scoperte di pozioni medicamentose, egli trovò che, se si fanno bollire con acqua in un alambicco dei fiori, parte della loro essenza passa nel distillato.

I costituenti di un profumo sono tre: il diluente o solvente, il fissatore e l’elemento odorifico o essenza. Il diluente costituisce la maggior parte di ogni profumo finito: le sostanze usate in profumeria hanno infatti odori così potenti da dovere essere considerevolmente diluite nella composizione del profumo. Le sostanze odorose sono in generale poco solubili in acqua, ma facilmente solubili in liquidi grassi e in qualche altro solvente organico. Ciò è facilmente comprensibile se si pensa che, per poter stimolare il processo olfattivo, la sostanza odorosa deve potere sciogliersi nei tessuti grassi che si trovano nel setto olfattivo nella parte superiore del naso, a cui arriva grazie alla sua volatilità. La sostanza usata come diluente nei tempi più antichi era l’olio d’oliva, adatto a questo scopo in quanto è un buon solvente di parecchi potenti odoranti, specialmente degli oli essenziali dei fiori, e ha di per sé solo un blando odore. Esso è stato però sostituito, come diluente per profumeria, dall’alcool etilico, che possiede, rispetto all’olio d’oliva, i seguenti vantaggi: è incolore, è completamente volatile e non lascia alcun residuo, per cui è adatto per applicazioni su stoffe; ha odore piacevole e stimolante ma non tanto forte da interferire con quello del profumo. In una normale soluzione alcoolica del principio odoroso le sostanze più volatili evaporerebbero per prime, e l’odore del profumo consisterebbe in una serie successiva di impressioni anziché in quella globale desiderata: per ovviare a questo inconveniente si aggiunge un fissatore

del profumo. Un tempo, fin dalle origini della profumeria, si ritrova un notevole impiego, come fissatori, di certi prodotti animali con funzioni sessuali, specialmente muschio e zibetto. Il daino muschiato maschio, abitante innocuo notturno dell’Himalaia, porta un sacco, nella parte anteriore dell’addome, che si riempie di una sostanza potentemente odorosa che ha la funzione di guidare la femmina verso il maschio. Il daino veniva ucciso, il sacco prelevato e seccato, e il contenuto venduto come muschio in poltiglia. Il muschio è un forte fissativo per i profumi vegetali, cioè li rende più persistenti. Lo zibetto è ottenuto dall’animale omonimo, che vive in Abissinia e in India, come secrezione glandolare sia del maschio che della femmina. Poiché la sostanza poteva essere asportata dall’animale senza danno per lo stesso, questo era tenuto in cattività e stimolato alla produzione di questa sostanza. Lo studio della struttura chimica dei costituenti odoriferi essenziali del muschio e dello zibetto aprì ben presto la via a sviluppi notevolissimi nella chimica dei materiali da profumeria.Le sostanze odorose usate in profumeria sono gli oli essenziali o essenze, ottenuti generalmente dal regno vegetale, oppure le essenze artificiali, preparate per via sintetica. L’industria dei profumi sintetici, che per la bontà dei prodotti può competere con quella dei profumi naturali, si fonda sull’imitazione dell’odore delle essenze naturali per mezzo di miscele di sostanze odorose ottenute sinteticamente, impiegando materie prime facilmente accessibili.

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INTERVISTA a Matteo Amantiaex Sugarfree

Breve viaggio nel variegato mondo artistico dell’ex voce degli Sugarfree. Tra sperimenta-zioni e tentativi di svolta. In attesa del nuovo album dell’autunno

a cura di Emilia Giuliana PapaCi accoglie nel suo studio di registrazione di Mascalucia, alle falde dell’Etna. Dove tutto ha avuto inizio. Intimo, un po’ angusto a primo impatto, ma ideale per trovare l’ispirazione e la concentrazione necessarie. Pareti rosse, un pc e una scrivania, svariati strumenti appesi al muro, dall’esotico sitar indiano alla rara tuba anni ’20 recuperata per caso in un monastero. E infine, una vera e propria chicca. Matteo Amantia - giovane cantante catanese che ha assaporato il successo a livello nazionale grazie alla band degli Sugarfree e alla gettonatissima “Cleptomania”, tormentone del 2004 – sfodera gongolante il suo gioiellino apposta per noi: la chitarra Fender Jaguar usata da artisti del calibro di Kurt Cobain, e che – aggiunge Matteo – “ha fatto la storia della musica grunge e post punk”. Partecipa al Festivalbar nel 2005 e a San Remo nel 2006 con il brano “Solo lei mi dà”. Dopo una parentesi di collaborazione col regista Moccia e il secondo album, “Argento”, realizzato con gli Sugarfree nel 2008, Matteo volta pagina. Prende a lavorare a un nuovo album, ancora inedito, stavolta da solista, allontanandosi dal gruppo che gli ha regalato il successo. E forse cercando un ritorno alla sua vera vocazione artistica…

Ciao Matteo, dopo l’esperienza con gli Sugarfree e quella ancora precedente col gruppo locale dei Kataitna, cambi nuovamente direzione. Perché?Si era deciso di non ufficializzare la mia divisione dagli Sugarfree, ma in effetti la mia scelta è irrevocabile e ormai si è venuto a sapere. Non ero del tutto soddisfatto del percorso musicale intrapreso. La mia anima non è solo pop, gli Sugarfree sono stati il frutto di un compromesso tra diverse esigenze. D’altronde un gruppo è fatto di tante teste da mettere d’accordo…Ora sicuramente mi riavvicino di nuovo alla musica che preferisco, un mix di diversi generi in cui spicca il rock ed il pop di matrice inglese, l’elettronica e il dark.

Anche Luca Galeano, chitarrista degli Sugarfree, ha lasciato il gruppo. Il vostro sodalizio è antico. Significa che avete progetti comuni?Beh!, si è staccato anche lui, ma per una scelta indipendente. D’altronde, però, ci accomuna l’esperienza con i Kataitna ed era quasi sottinteso che avremmo continuato a suonare insieme…

Aspettiamo il nuovo album della svolta. Quando vedrà la luce?Inizialmente si pensava di farlo uscire a settembre, ma in realtà uscirà un po’ dopo. Verrà prima il singolo, verso fine ottobre, e poi il cd completo, a novembre. Lo faremo in Sicilia, ci tengo a dirlo. L’importante, comunque, è che l’album venga curato nei minimi dettagli, che sia realizzato al meglio. E per ottenere questo, non voglio pormi scadenze troppo stringenti.

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MUSICA

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Entriamo un po’ nel merito. Dall’anteprima del disco ascoltata a Viagrande a fine agosto, sembrerebbe che ti orienti verso un rock più deciso. Sbaglio?Non sbagli affatto. È proprio questa la novità sostanziale. Voglio tornare a fare rock, come ai tempi dei Kataitna, ma più moderno, maturo, attuale. Il Rock per me è un mood ben preciso, un modo di essere che mi rispecchia, non è solo chitarre distorte e ritmi forsennati.

Quali sono i tuoi riferimenti artistici?Ascolto un po’ di tutto e mi piace lasciarmi influenzare da diversi stili, dall’hard rock all’ “avanguardia pop”, dal post-punk alla musica cantautoriale ecc. Se devo fare qualche nome di grandi della musica, citerei i Cure e i Rolling Stones, che hanno accompagnato la mia crescita quando ero ancora un ragazzino, ma ce ne sono tanti altri. In questo momento mi affascinano soprattutto le atmosfere dark bagnate dall’elettronica…

E a proposito di influenze musicali, c’è chi ha paragonato gli Sugarfree alle Vibrazioni, riscontrando stile e look simili. Riconosci quest’affinità?Non credo ci siano grandi somiglianze, anche se riconosco di averlo sentito dire spesso. In realtà penso che, essendo divenuti noti al grosso pubblico poco dopo di loro e dato il genere musicale pop che ci accomunava, la gente avrà fatto qualche confronto. Nulla di strano. Ma io non mi sono di certo mai ispirato a loro, tanto più che ora mi allontanerò dal pop per recuperare la mia anima rock. Come ho detto, sono altri i miei riferimenti.

Quanto sei legato alla Sicilia, dal punto di vista personale e più strettamente artistico? Rimarrai nella tua terra natale o pensi che i tuoi progetti futuri ti porteranno altrove?Ho pensato spesso di andare fuori, ma poi c’è sempre qualcosa che mi trattiene, l’attaccamento alla propria terra è un legame forte. Sono abituato al nostro clima, al mare, ai paesaggi siciliani. Anzi, sto cercando di riscoprire i posti più belli e di girare un po’ l’isola. Per adesso non ho intenzione di andarmene. Dal punto di vista musicale, invece, ho avuto il consueto interscambio con i musicisti locali, ognuno con un proprio stile, gusto e influenze

diverse, del resto la Sicilia è in sé un crocevia di culture differenti, anche musicalmente. Ma sono cresciuto essenzialmente con la musica inglese e americana.

Allora, se dovessi autodefinirti, ti senti più… british o american?Beh!…direi che convivono in me entrambe le componenti. Ma questo prossimo album sarà sicuramente più british!

Cambiamo argomento. Come hai vissuto l’esperienza di collaborazione col cinema? Scriverai altre colonne sonore sull’onda del successo di “Scusa ma ti chiamo amore”?Sì, ma cercherei di scegliere io i film. Mi spiego meglio… è bello fare musica per affiancare delle immagini, creare qualcosa che diventi un tutt’uno con le immagini e con le storie che evocano. Però subisci un forte condizionamento da parte dei registi e della troup con cui lavori. Per esempio, per il film di Moccia ho scritto il testo, ma ho dovuto lavorarlo più volte per ottenere un linguaggio “giovane” coerente col film. Certe espressioni per lui ermetiche e certi concetti dovevano essere semplificati, mentre io li avrei lasciati così com’erano. Inoltre, la casa discografica fece uscire “Scusa ma ti chiamo amore” come singolo, ed io non ero proprio d’accordo. Più o meno gli stessi condizionamenti ho avuto per “Splendida” nel 2007, colonna sonora del film “Appuntamento al buio”. Il linguaggio di questi brani, quindi, non è il mio preferito.

Ma allora se dovessi scegliere un film che ti si addice…Beh!, in questo momento sceglierei un film di Sorrentino, senza dubbio.

Si legge in varie tue biografie su internet e si evince dalle tue scelte artistiche che sei un musicista “eclettico”. D’altronde hai studiato diversi strumenti e sfiorato svariati generi. Non pensi di essere stato un po’ dispersivo? Per dirla in breve, chi sarà tra qualche anno Matteo Amantia?Domanda interessante! Forse è vero. Quando si hanno molte, troppe influenze musicali è difficile scegliere. Mi fai riflettere… in effetti comunque direi che mi vedo come un cantautore essenzialmente rock ma che sperimenta e miscela diverse sfumature musicali.

Come vedi l’attuale mercato discografico?Credo che stiamo vivendo una fase di transizione difficile da superare. Il cd non lo vuole più nessuno, ma non esistono alternative realmente valide che salvaguardino la qualità del suono. Scaricare mp3 alla lunga è triste, viene a mancare l’unicità dell’opera e, dopo tanta fatica di noi musicisti per arrangiare il suono e migliorare la resa, l’mp3 vanifica tutto. Io sono per un ritorno al supporto di qualità, che giustifichi quindi l’acquisto, per ricreare la differenza che c’era una volta tra la cassetta e il disco originale.

Prossimi appuntamenti?Per ora non ce ne sono. Anche l’ultimo di Viagrande è stato un’eccezione. Dovrete aspettare il nuovo album di novembre.

Grazie Matteo e in bocca al lupo. E parafrasando una tua nuova canzone… “piacere di averti conosciuto”!1111

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BAARIA, UN SUCCESSO ANNUNCIATOSalutato come un capolavoro alla Mostra di Venezia, ambizioso affresco di un importante pezzo di storia siciliana e italiana, l’atteso film di Giuseppe Tornatore suscita, però, qual-che perplessità di Alberto Surrentino d’AfflittoCinquant’anni di vita del paese di Bagheria, cinquant’anni di evoluzione della società meridionale e di storia del nostro Paese. Un progetto decisamente ambizioso – che attira, fin dai primi giorni di uscita nelle sale, grandi masse di cinefili - ma anche nelle usuali corde di Tornatore. Al regista siciliano va sicuramente il merito di essersi cimentato in un’opera insidiosa, di cui il cinema italiano ha bisogno per poter tornare ad essere protagonista sulla scena internazionale, ma il risultato è, purtroppo, al di sotto delle aspettative. Molte situazioni appartengono al repertorio del regista, ma, anziché rappresentarne un diverso

e migliore sviluppo, lasciano soltanto la sensazione del già visto. Il riferimento è in gran parte a Nuovo cinema Paradiso, al cui confronto – comunque – Baaria esce sconfitto, ma non mancano rimandi a L’uomo delle stelle ed a Malena. Qui la palese volontà di frenare la prevedibile epicità della messa in scena si traduce in una sostanziale incapacità del film di emozionare. Al di là delle singole scene, si assiste ad un grande spettacolo curato nei minimi dettagli che, però, non riesce a colpire veramente il cuore. Pretestuose, in questo caso, le polemiche su un film in cui predomina il rosso delle

bandiere, realizzato con i soldi del Premier Berlusconi, visto che un progetto da 25 milioni di euro in Italia non può che essere realizzato da Medusa. Va, invece, evidenziato come la sfacciata pubblicità al film durante la Mostra del Cinema di Venezia, sia da parte del Presidente del Consiglio che del figlio Piersilvio (il quale – intervistato prima delle proiezione veneziana – affermava di trovarsi di fronte ad un capolavoro, anche se lui il film non l’aveva visto!), ha chiaramente infastidito la giuria internazionale e ne ha pregiudicato ogni possibilità di vittoria. 1111

SCHEDA TECNICAregia di Giuseppe Tornatore. Con Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Nino Frassica, Gabriele Lavia, Luigi Lo Cascio, Monica Bellucci; Italia 2009; Durata: 2h e 43 min.

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CINEMA

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L’OMBRA LUNGA DEL POTERE OSCURA ANCHE VENEZIA

Si conclude anche quest’anno, tra polemiche e cadute di stile, la 66a Mostra del Cinema di Venezia. E stavolta ci si mette anche la politica…

di Alberto Surrentino d’Afflitto

Venezia - si sa - è sinonimo di accese polemiche che, però, generalmente riguardano la rilevanza e la qualità dei film in concorso nonché i riconoscimenti ottenuti. Quest’anno, invece, le miserevoli vicende politiche di casa nostra sono riuscite a prendere il sopravvento persino su un evento culturale di rilevanza internazionale quale è, appunto, la Mostra del Cinema. Comincia presto la Rai, censurando i trailers del film Videocracy di Erik Gandini, con la poco credibile giustificazione che la pellicola sarebbe un attacco al governo senza contraddittorio… Alla luce di tale

motivazione, non si comprende allora come mai la Rai abbia – all’epoca – mandato in onda i trailers del film I cento passi, visto che il processo contro il boss Badalamenti era ancora in corso e, pertanto, la tesi del film sull’assassinio di Impastato risultava anch’essa priva di contraddittorio. E gli esempi potrebbero continuare, fino a travolgere tutta la programmazione del cinema di impegno civile. Tornando all’oggi, è invece un’esponente del Pdl, l’on. Mussolini, a lanciare i suoi strali contro il film rumeno Francesca, per una battuta offensiva nei suoi confronti, pronunciata da uno dei personaggi. Immediata la sospensione delle proiezioni della pellicola, ed anche l’uscita italiana, prevista per fine ottobre, sembra a rischio. Eppure, identica battuta fu riservata, nel 1997, alla ex “lady di ferro” nel film britannico Grazie, signora Thatcher, condita, in più, dal rammarico per il fatto che l’allora Primo Ministro non avesse ‘lasciato’ prematuramente questo mondo... Il film uscì regolarmente ovunque, senza censure e senza alcuna polemica in patria.A toccare il fondo è stato, però, il ministro Brunetta. Forse stizzito dalle dichiarazioni di Placido (coinvolto in una polemica per il film Il grande sogno coprodotto da Medusa) relative alla sua mancata preferenza a favore di Berlusconi, ha bollato i cineasti italiani presenti a Venezia come rappresentanti della “parte più schifosa di questo paese”, invitando il ministro Bondi

a chiudere il rubinetto del F.U.S. (Fondo Unico per lo Spettacolo), poiché, sempre secondo Brunetta, esso consentirebbe un inammissibile finanziamento pubblico a pellicole che non riescono a confrontarsi con il mercato. Ricordiamo, però, che il F.U.S. nasce proprio per sostenere la cultura, la quale - per definizione - non può essere orientata dal mercato. Grazie al finanziamento pubblico hanno visto la luce pellicole di ottima qualità, che si sono imposte nei festival internazionali e che hanno rivelato talenti altrimenti destinati a rimanere inespressi. Il panorama che si

prefigura è, evidentemente, quello di una Italia in cui solo i cinepanettoni e le varie commedie più o meno riuscite hanno diritto di cittadinanza. Un cinema sul modello della tv commerciale, quella tv banale e volgare che sta contribuendo all’imbarbarimento del nostro paese.Per la cronaca, il film Cosmonauta, di Susanna Nicchiarelli, realizzato grazie al finanziamento statale, ha ottenuto il riconoscimento per il miglior film nella sezione Controcampo.1111

LEONE D’ORO Lebanon di Samuel Maoz LEONE D’ARGENTO PER LA REGIA Women withaout men di Shirin Neshat PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA Soul Kitchen di Fatih Akin COPPA VOLPI MIGLIOR ATTORE Colin Firth per A single man COPPA VOLPI MIGLIORE ATTRICE Ksenia Rappoport per La doppia ora OSELLA D’ORO MIGLIORE SCENEOGRAFIA Sylvie Olive per Mr. Nobody

OSELLA D’ORO MIGLIORE SCENEGGIATURA Todd Solondz per Life during wartime PREMIO MASTROIANNI ATTORE/ATTRICE EMERGENTE Jasmine Trinca per Il grande sogno PREMIO DE LAURENTIIS MIGLIOR OPERA PRIMA Engkwentro di Pepe Diokno PREMIO CONTROCAMPO ITALIANO - Menzione specialeCosmonauta di Susanna Nicchiarelli Negli occhi di Daniele Anzellotti e Francesco Del Grosso PREMIO ORIZZONTI Engkwentro di Pepe Diokno

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CINEMA

Venezia 66 - I vincitori

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FU DAVVERO UNA VITTORIA FACILE?Settant’anni fa, con l’invasione della Polonia da parte della Germania di Hitler, scoppiava la Seconda Guerra Mondiale. E, secondo la propaganda nazista, fu subito vittoria. Ma è davvero così? di Alessandro LattanzioIl 1° settembre 1939, alle 4.30 del mattino, le truppe della Wehr-macht, l’esercito della Germania nazista, varcavano la frontiera con la Polonia. Iniziava così la Guerra Polacco-Tedesca e, di conseguenza, la Seconda Guerra Mondiale.

Tale evento, causa scatenante del maggior conflitto della storia, è sempre stato affrontato con una certa superficialità, quasi fosse stato un evento secondario. Inoltre, in questa particolare vicen-da, storici, giornalisti e scrittori, anche quelli democratici e an-tifascisti, continuano tuttora a propagandare inconsapevolmente una visione dei fatti di evidente matrice nazista. Nei manuali di storia si continuano a ripetere le menzogne del Dottor Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich, secondo il quale la Polonia sarebbe stato un paese allora arretrato, con un eser-cito primitivo e di scarso valore bellico, e la campagna nazista

per la sua conquista e successiva annessione sarebbe stata una passeggiata.Nulla di più falso, a giudicare da una rapida occhiata ai dati in nostro possesso, riportati nel box (pagina a fronte). Già solo questi numeri danno le proporzioni dello scontro, tutt’altro che secondario e scontato. Se poi osserviamo i dati relativi al dopo-guerra, in termini di perdite umane risulta evidente l’asprezza e l’intensità della Guerra Polacco-Tedesca: 150.000 - 200.000 furono i civili polacchi vittime del conflitto, assieme a 3.250 ci-vili tedeschi (ma 2000 di essi erano franchi tiratori e guerriglieri delle organizzazioni filo-naziste).Insomma, la campagna per la conquista della Polonia non fu per nulla una scampagnata, come si favoleggia. Oltre 16.000 morti erano un prezzo altissimo anche per il Terzo Reich. La Polonia ‘arretrata e condannata’ seppe difendersi. Varsavia crollò solo quando, il 17 settembre 1939, cioè più di due settimane dopo l’aggressione nazista, entrarono in azione le unità dell’Armata Rossa. In effetti, il 25 agosto 1939, Mosca e Berlino avevano stipulato un accordo di mutua neutralità, con il quale i tedeschi chiedeva-no ai sovietici di spartirsi la Polonia in due zone d’influenza. La spiegazione della genesi di questo trattato richiederebbe ampio spazio, perciò tralasciamo la questione limitandoci a ricordare che in un primo momento i sovietici furono titubanti, non si de-cidevano ad intervenire contro la Polonia; e che lo fecero solo dietro l’insistenza dei tedeschi. Insomma, Berlino aveva trovato delle gravi difficoltà nel battere le armate polacche, e solo grazie all’azione sovietica il fronte nemico crollò.Tutto ciò dimostra le falsità propagandistiche fatte allora circo-

PROPAGANDA E STAMPA: BINOMIO SENZA TEMPO

Mai come nel periodo prebellico la propaganda di regime ha pilotato e usato i mezzi d’informazione dell’epoca: radio e stampa.Attraverso la radio, con voci squillanti e trionfali, le folle venivano continuamente arringate e raggiunte ovunque, il Regime non abban-donava mai i propri “Figli”.Era imperativo convincere i cittadini che le decisioni prese dal Gover-no erano giuste e che tutto andava per il meglio.Stravolgere i fatti e la realtà degli stessi faceva parte di una strategia psicologica ben orchestrata e concepita: gli aggressori diventavano aggrediti, o vittime, a seconda delle esigenze politiche o di ben pre-cise alleanze.Le responsabilità gravissime dello scoppio del secondo conflitto mondiale non venivano attribuite a Hitler ma ai Polacchi, che ‘evi-dentemente’ desideravano la guerra con la Germania Nazista.Oggi non siamo più in guerra, quanto meno guerra intesa come scontro armato tra una o più nazioni; siamo però coinvolti, nostro malgrado, in una guerra forse ancora più subdola e letale: quella dell’informazione! Una guerra che usa il lettore e le sue opinioni come munizioni per le proprie armi…Ma quella non era propaganda?

di Sebastiano Di Bella

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UN SETTEMBRE ACCADDE CHE...

n° 21 Ottobre 2009

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lare sulla condizione delle forze armate polacche, falsità propa-gandate, d’altra parte, ancora oggi nei testi di storia italiani. Senza contare quello che si può considerare un vero e proprio falso storico, assai diffuso ed ingigantito, relativo alla vicenda della cavalleria polacca che avrebbe ‘caricato’ i carri armati te-deschi. Un mito che, come molte leggende, è nato da un evento reale: il 1° settembre 1939, il giorno dell’offensiva nazista, circa 250 cavalieri polacchi caricarono una unità di fanteria tedesca a Krojanty, un villaggio del nord della Polonia. Dopo aver disper-so il nemico, furono sorpresi dai mezzi corazzati tedeschi che emersero dai boschi e li mitragliarono, uccidendo diverse decine di cavalieri e di cavalli. “Quando i giornalisti tedeschi e italiani arrivarono sul campo di battaglia, gli vennero mostrati i caval-li e cavalieri morti e due carri armati tedeschi”, ha dichiarato lo storico militare inglese Christoph Mick. “La storia era stata

costruita dalla propaganda nazista per mostrare l’arretratezza dell’esercito polacco e quanto i polacchi avessero sottovalutato la forza della Wehrmacht. Ma la cavalleria polacca non ha mai attaccato i carri armati tedeschi”.La Polonia, in effetti, aveva deciso di motorizzare gran parte del suo esercito a partire dal 1942, ma il ruolo giocato dai ca-valli durante la guerra è tutt’altro che mitico. Nel 1939 la Polo-nia aveva ancora circa 320.000 cavalli, ma soprattutto i cavalli erano ancora il mezzo di cui si servivano i soldati per andare in battaglia. “La realtà è che la cavalleria polacca era stata addestrata e utilizzata come fanteria a cavallo. La cavalleria non avrebbe dovuto combattere a cavallo, ma doveva smontare prima di combattere”: è quanto ha affermato Jan Szkudlinski, del Museo della Seconda Guerra Mondiale della Polonia. E in realtà, quando le circostanze lo imposero, la cavalleria polacca caricò le truppe tedesche in almeno sedici occasioni. Nonostante la tanto propagandata immagine d’alta tecnologia, i nazisti avevano circa 200.000 cavalli. Cavalieri polacchi e te-deschi si scontrarono a Krasnobrod, nella parte orientale della Polonia, il 23 settembre, due settimane prima della capitolazio-ne dei polacchi, avvenuta il 6 ottobre 1939. 1111

Ecco i dati riguardanti i contendenti:

Polonia39 divisioni (non tutte a ranghi completi), 16 brigate4,300 pezzi d’artiglieria, 880 carri armati, 400 aeroplani, 950.000 militariGermania60 divisioni di cui 7 corazzate e 4 meccanizzate, 4 brigate, 3 reggimenti Waffen SS, 2 reggimenti indipendenti di fanteria, 2 battaglioni indipendenti di carri armati9000 pezzi d’artiglieria, 2750 carri armati, 2315 aeroplani1500000 militariUnione Sovietica33 divisioni, 11 brigate4959 pezzi d’artiglieria, 4736 carri armati, 3300 aeroplani466516 militari Slovacchia3 divisioni con 51306 militari

PERDITE UMANE:Polonia66000 morti, 133700 feriti, 694000 prigionieriGermania 16343 morti, 320 dispersi, 27640 feritiUnione Sovietica 1475 morti o dispersi 2383 feriti Slovacchia37 morti, 11 dispersi, 114 feriti

FU DAVVERO UNA VITTORIA FACILE?Settant’anni fa, con l’invasione della Polonia da parte della Germania di Hitler, scoppiava la Seconda Guerra Mondiale. E, secondo la propaganda nazista, fu subito vittoria. Ma è davvero così?

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In alto: documento originale dell’edizione pomeridiana del “Corriere della Sera” del 1° Settembre 1939;A destra: Joseph Paul Goebbels;Nella pagina a fianco: truppe della Wehr-macht in fase di attacco e una locandina che annuncia: “Danzica è tedesca”

n° 21 Ottobre 2009

Page 18: Lapilli nr.21 Ottobre 2009

a cura di Emilia Giuliana Papa

Esperto conoscitore delle vicende storiche internazionali, in particolare a partire dal secondo dopoguerra, lo storico siciliano Alessandro Lattanzio, nella sua ennesima fatica, esamina il declino e la lenta ma costante ricostituzione dell’apparato militare dell’orso russo dopo il crollo dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia. L’autore – con l’interessante saggio Potere globale, edito in tiratura limitata da Fuoco Edizioni - affronta diversi temi di carattere geopolitico e strategico, necessari per comprendere le attuali politiche della Federazione Russa nei confronti delle scelte progettuali e tecnologiche delle sue nuove forze armate, passandone in rassegna i più importanti sistemi d’arma e le relative innovazioni nell’Esercito, nella Marina e nell’Aviazione. Non mancano dati tecnici e osservazioni di carattere tattico, utili per comprendere a fondo l’impiego dei vari sistemi. Lattanzio mette anche in risalto gli errori commessi dalle forze armate russe nelle loro guerre recenti, completando così il quadro generale. Vera chicca del testo, una ricca cronaca politico-strategica di quella che l’autore definisce “la guerra dei cinque giorni”, occorsa in Ossezia nell’Agosto del 2008, guerra dai media già dimenticata.Utile strumento di ricerca e approfondimento che gli addetti ai lavori non mancheranno di apprezzare.

SAGGISTICAALESSANDRO LATTANZIO

Potere Globale Fuoco edizioni, 2009

pp.157 € 13,00di Sebastiano Di Bella

Premio Campiello 2009NARRATIVA ITALIANAMARGARET MAZZANTINIVenuto al mondoMondadori, 2009 pp. 534 € 20,00

NARRATIVA ITALIANAGIANFRANCO ROMANOL’amore mi fa male agli occhiEditore Siciliano, 2009 pp. 180 € 14,00

NARRATIVA STRANIERAPAOLO COELHOIl vincitore è soloBompiani, 2009 pp. 445 € 19,00

Vincitore Campiello Opera PrimaNARRATIVA ITALIANA

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NARRATIVA ITALIANAWALTER VELTRONINoiRizzoli, 2009 pp. 347 € 19,00

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Page 19: Lapilli nr.21 Ottobre 2009

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Venerdì 2 OttobreJungle fever presentaNINJA (Subsonica) + MC VICTORMercati Generalih.23.00 € 12,00

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Domenica 4 OttobreAssociazione Etna ‘ngignusaL’ANTRO DEL CICLOPEEscursione a Monte nero e Grotta dei LamponiEtna Nordh.9.00

Martedì 6 OttobreTEATRO MASSIMO BELLINIPORGY E BESSTeatro Massimo Bellinih.20.30in replica fino al 14 Ottobre

Venerdì 9 OttobreMAD IN SICILYBlatta & Inesha ft. Ricky Snice,John Lui, Doc Trashz e Vj KarMercati Generalih.23.00 € 10,00

Venerdì 9 OttobrePIPPO POLLINA e l’orchestra cons. di ZurigoLe Ciminiereh.21.00 € 17,00

Sabato 10 OttobreJOYCE MUNIZ (g-stone - man rec/brazil)+ Trimarchi dj set+ Vj RussoskyMercati Generalih.23.00 € 10,00

Domenica 11 OttobreFestival di strada e delle contaminazioniPiazza Carlo Albertoh.17.00

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Venerdì 16 OttobreRENATO ZEROPalasport di Acirealeh.21.00 € 34,50

Domenica 19 OttobreDomenica alle UndiciVELKE TRIOTeatro Sangiorgih.11.00 € 8,00

Domenica 19 OttobreFederazione Italiana per l’uso Razionale dell’EnergiaSeminarioLe Diagnosi energetiche e lo studio delle fattibilitàGrand Hotel Baia Verdeinfo: www.fire-italia.org

Martedì 21 OttobrePINK ELEPHANT‘O Seven Irish Pub - Taorminah.22.00 ingresso gratuito

Martedì 21 OttobreMORIR DI FAMAOne girl shoe tutto da rideredi e con Evelyn Famàregia di Carlo Ferreriscene e costumi di Simone RaimondoTeatro Tezzanoh.21.00 € 10,00fino al 25 Ottobre

Domenica 26 OttobreDomenica alle UndiciQUINTETTO MELODICO ITALIANOTeatro Sangiorgih.11.00 € 8,00

Martedì 27 OttobreCORRADO GUZZANTITeatro Metropolitanh.21.00 da € 28,80 a € 48,00

Sabato 31 OttobrePremio Maugeri Amenano d’ArgentoPremio alla SicilianitàXVII edizioneTeatro ABCh.20.30

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