Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il...

5
Avventure nel mondo 2 | 2014 - 75 RACCONTI DI VIAGGIO | Laos Cambogia P artenza 21 dicembre 2013: E’ sempre esaltante partire verso l’ignoto, l’altrove che indoviniamo misterioso, arcano, verso civiltà talmente diverse dalla nostra: usanze, religione, modi di pensare, atteggiamenti, verso un mondo da scoprire, con gli occhi spalancati e la curiosità solerte. 23 dicembre: levataccia alle 6, prima collazione luculliana e via al gate 75 per Chiang Rai dove varcheremo la frontiera con il Laos e la giornata sarà dedicata al viaggio fino a Luang NamTha. La temperatura a Bangkok è piacevolissima e mentre a Milano il cielo formava una cappa di un umido grigiore qui la luce domina con il suo dolce tepore. Ormai siamo già il 23, una stranezza ma fra i viaggi aerei il fuso orario (6 ore), i pasti serviti ad orari inconsueti, sembra di avere saltato un giorno! Mentre ci allontaniamo dall’aeroporto, il paesaggio diventa più tropicale, la strada caotica si inerpica in una zona collinare; dominano i banani dalle larghe foglie verdeggianti e le foreste di teck; ci accompagna un cielo di un terso azzurro; incrociamo qualche villaggio di case basse con intorno grandi ceste di bambù. Il gruppo è assopito, le teste ballano, scosse dai balzi del pullman; Il fuso orario si fa sentire, si perde un po’ la nozione del tempo; i vari cartelli riportano quelle scritte tanto misteriose quanto attraenti, per noi soltanto segni grafici portatori di che sa quale arcano segreto! Procediamo verso Nord fino alla dogana Tailandia- Laos, un “no man’s land” piuttosto brutto, in compenso il visto del Laos è colorato, argentato e copre un’intera pagina del passaporto. Dopo la frontiera, attraversiamo un altopiano verdeggiante, strade sinuose in mezzo ad una natura rigogliosa con una grande varietà di piante e una terra rossiccia, un miscuglio di forme e colori in una foresta selvaggia; alcuni villaggi rurali di case di bambù su palafitte molto autentici e ordinati; l’armonia delle curve contrasta con l’intreccio anarchico della vegetazione; arriviamo verso le 19.30 e pernottiamo in bungalow immersi in un verde giardino disseminato di banani; fa freddo! Luang Namtha. 24 dicembre: alzata alle 6.30 fa freddo; prima colazione in terrazza: Brrrrr! Il pulmino si avventura su una strada sterrata in mezzo ad una foresta sempre più tropicale: alberi immensi di una varietà estrema: banani, papaye, tamarindi, liane che pendono e scavalcano i rami e il fogliame; arriviamo al paesino di Nam Tih: case di bambù con tetti di foglie di palma seccate; donne vestite con abiti di grosso cotone ricamato, ponti di bambù sul fiumiciattolo, maiali neri nei recinti, bambini dalle guance rosse corrono piedi nudi sui sentieri di terra rossa, file di cotoni colorati asciugano al sole, donne trasportano cibi o legna sulle spalle con laniere sulla fronte; in quest’ore mattutina, un senso di umidità prevale e la natura impera sovrana: alberi con foglie immense lucide, larghe od appuntite ovunque. La strada è veramente improponibile, buche profonde, il pulmino sobbalza incessantemente , infine raggiungiamo una strada asfaltata (più o meno) per continuare il nostro periplo incontrando qua e là villaggi rurali poveri ma ordinati. Fermata in un paesotto cinese: Oudomxay, piuttosto anonimo nella sua bruttezza. Gli autisti devono mangiare. Compriamo frutta esotica dalle forme e dai colori strani ma dal gusto non sempre succulento: Si riparte, direzione Nong Kiaw. Il gruppo incomincia ad essere affiatato e i caratteri delle persone incominciano a delinearsi: Matteo, Gian Paolo, Anthony, la triade: i fotografi bulimici; l’obiettivo non risparmia neanche la ruga nascosta di un viso assopito; segue de vicino Giuseppe, l’obiettivo un po’ più discreto tuttavia. Il duo perfetto Lucio e Antonio, fumatori accaniti (e fieri di esserlo); Napoli li abita e la loro intelligente ironia darà a queste vacanze un tocco misto tra Laos-Cambogia: l’odissea Testo di Cris Garassino foto dei partecipanti Gruppo Maria Pia Vitali

Transcript of Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il...

Page 1: Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne

Avventure nel mondo 2 | 2014 - 75

RACCONTI DI VIAGGIO | East AfricaRACCONTI DI VIAGGIO | Laos Cambogia

Partenza 21 dicembre 2013: E’ sempre esaltante partire verso l’ignoto, l’altrove che indoviniamo misterioso, arcano, verso civiltà

talmente diverse dalla nostra: usanze, religione, modi di pensare, atteggiamenti, verso un mondo da scoprire, con gli occhi spalancati e la curiosità solerte.

23 dicembre: levataccia alle 6, prima collazione luculliana e via al gate 75 per Chiang Rai dove varcheremo la frontiera con il Laos e la giornata sarà dedicata al viaggio fino a Luang NamTha.La temperatura a Bangkok è piacevolissima e mentre a Milano il cielo formava una cappa di un umido grigiore qui la luce domina con il suo dolce tepore. Ormai siamo già il 23, una stranezza ma fra i viaggi aerei il fuso orario (6 ore), i pasti serviti ad orari inconsueti, sembra di avere saltato un giorno! Mentre ci allontaniamo dall’aeroporto, il paesaggio diventa più tropicale, la strada caotica si inerpica in una zona collinare; dominano i banani dalle larghe foglie verdeggianti e le foreste di teck; ci accompagna un cielo di un terso azzurro; incrociamo qualche villaggio di case basse con intorno grandi ceste di bambù. Il gruppo è assopito, le teste ballano, scosse dai balzi del pullman; Il fuso orario si fa sentire, si perde un po’ la nozione del tempo; i vari cartelli riportano quelle scritte tanto misteriose quanto attraenti, per noi soltanto segni grafici portatori di che sa quale arcano segreto!Procediamo verso Nord fino alla dogana Tailandia-Laos, un “no man’s land” piuttosto brutto, in compenso il visto del Laos è colorato, argentato e copre un’intera pagina del passaporto.Dopo la frontiera, attraversiamo un altopiano verdeggiante, strade sinuose in mezzo ad una natura rigogliosa con una grande varietà di piante e una terra rossiccia, un miscuglio di forme e colori in una foresta selvaggia; alcuni villaggi rurali di case di bambù su palafitte molto autentici e ordinati; l’armonia delle curve contrasta con l’intreccio

anarchico della vegetazione; arriviamo verso le 19.30 e pernottiamo in bungalow immersi in un verde giardino disseminato di banani; fa freddo! Luang Namtha.

24 dicembre: alzata alle 6.30 fa freddo; prima colazione in terrazza: Brrrrr! Il pulmino si avventura su una strada sterrata in mezzo ad una foresta sempre più tropicale: alberi immensi di una varietà estrema: banani, papaye, tamarindi, liane che pendono e scavalcano i rami e il fogliame; arriviamo al paesino di Nam Tih: case di bambù con tetti di foglie di palma seccate; donne vestite con abiti di grosso cotone ricamato, ponti di bambù sul fiumiciattolo, maiali neri nei recinti, bambini dalle guance rosse corrono piedi nudi sui sentieri di terra rossa, file di cotoni colorati asciugano al sole, donne trasportano cibi o legna sulle spalle con laniere sulla fronte; in quest’ore mattutina, un senso di umidità prevale e la natura impera sovrana: alberi con foglie immense lucide, larghe od appuntite ovunque. La strada è veramente improponibile, buche profonde, il pulmino sobbalza incessantemente , infine raggiungiamo una strada asfaltata (più o meno) per continuare il nostro periplo incontrando qua e là villaggi rurali poveri ma ordinati.Fermata in un paesotto cinese: Oudomxay, piuttosto anonimo nella sua bruttezza. Gli autisti devono mangiare. Compriamo frutta esotica dalle forme e dai colori strani ma dal gusto non sempre succulento: Si riparte, direzione Nong Kiaw.Il gruppo incomincia ad essere affiatato e i caratteri delle persone incominciano a delinearsi: Matteo, Gian Paolo, Anthony, la triade: i fotografi bulimici; l’obiettivo non risparmia neanche la ruga nascosta di un viso assopito; segue de vicino Giuseppe, l’obiettivo un po’ più discreto tuttavia. Il duo perfetto Lucio e Antonio, fumatori accaniti (e fieri di esserlo); Napoli li abita e la loro intelligente ironia darà a queste vacanze un tocco misto tra

Laos-Cambogia:l’odisseaTesto di Cris Garassinofoto dei partecipanti

Gruppo Maria Pia Vitali

Page 2: Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne

76 - Avventure nel mondo 2 | 2014

commedia dell’arte e Edoardo De Filippo; alcune volte saremo piegati dalle risate.La strada sempre più sgangherata serpeggia in mezzo a colli verdeggianti con alcune casette sul cigli della strada a ridosso del pendio della montagna. Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne si fanno alte e arriviamo in un luogo spettacolare, uno scenario da film, immagine che nella coscienza collettiva rappresenta per antonomasia l’Indocina: una poesia vivente.Il fiume a valle si chiama Nam Ou e il paesino Nomg Khiaw sovrasta il fiume:Cena deliziosa e vivace; prepariamo poi i bagagli per il trekking che ci porterà in vari villaggi, sarà sicuramente un’esperienza esaltante.25 dicembre: Ah! dimenticavo! Per adesso assenza di manifestazioni religiose, né templi, né Buddha! 8.30, si parte; il primo pezzo della camminata è veramente piacevole, in bilico su

strisce di terra in mezzo alle risaie color giallo- marroncino; una geometria di forme irregolari di tinte varieggiate che forma un vero quadro pittorico. Poi il sentiero s’inerpica nella foresta tropicale: fusti altissimi, foglie gigantesche (mi sorprende la superficie delle foglie), alberi di caucciù, ficus di vario genere, alberi di teck, tutti con dimensioni iperboliche, foglie dalle forme cesellate; è un’emozione essere immersi in una vera foresta tropicale; si capisce la dimensione del sublime.Dopo un’ora di cammino, arriviamo in cima e il paesaggio si apre a 360 gradi; la visione delle montagne di varie altezze, alcune con forme rotonde armoniche, altre appuntite come frecce all’orizzonte: uno spettacolo mozzafiato; scopriamo qui una pianta per noi sconosciuta: la patata cinese: un prato intero di filari lunghi e snelli con in cima alcune foglioline; continuiamo la salita verso il primo villaggio: Vienk Ham . Il sentiero si fa sempre più stretto, in pendenza e finalmente scopriamo 4 capanne con tetti di palma e con recinti di bambù. In questo villaggio vive una sola famiglia in autarchia. La nonna si occupa di un bambino piccolo che porta in fasce sulle spalle; altri 2 bambini gironzolano sull’aia; una donna schiaccia il mais con un arnese altalenante azionato dal piede; il marito, sdentato spacca due enormi foglie di banano che depone a terra: una tovaglia di un verde eclatante per il nostro pranzo natalizio. La nostra guida estrae da una borsa degli involucri sempre di foglia di banano che contengono le nostre razioni di riso lesso; sulla tovaglia, pone una salsa di pomodoro e coriandolo piccante e verdure cotte; con le mani, intingiamo il nostro riso nel companatico; intorno a noi girano maialini, polli, pulcini: un reale salto nel tempo oltre che nello spazio.Il nostro periplo continua in salita (sempre più dura!) verso il secondo villaggio. Anna e Lucio preferiscono aspettarci sull’altopiano con tutti i nostri bagagli. La salita è ripida e faticosa ma il villaggio plurifamiliare che incontriamo è veramente interessante; incrociamo soprattutto donne (alcune allattano bimbi dalle guance rosse)e bambini in quantità; una splendida figlioletta di circa 5 anni porta il fratellino in spalla correndo di qua di là, gli altri ci accolgono con i loro occhioni lucidi e vivaci e i piedi nudi; tutt’intorno, maialini, polli, galline , bufali; questa gente vive in autarchia ad almeno 2/3 ore del primo paese “civilizzato”, quasi fuori dal tempo.Si riparte per raggiunger l’ultimo paesino dove pernotteremo; ci precede una guida locale che non parla inglese, faccia inespressiva, occhi smorti, silenziosa, infradito ai piedi. Non sappiamo che ci aspetta una specie di via crucis! Il periplo si fa sempre più impervio su fango scivoloso, sentierini in pendenza dove stiamo in piedi a malapena, un saliscendo incessante di ogni volta un dislivello di 300/440 metri. Questo viaggio nella foresta durerà

più di 5 ore e arriveremo in un villaggio per passare la notte alle 18.30 dopo un’ora di camminata nel buio totale (menomale, molti di noi avevano delle lampadine frontali!)La prima cosa da notare, nonostante le difficoltà e la rabbia è la bellezza di questa foresta: vegetazione lussureggiante: l’altezza vertiginosa dei fusti, la varietà delle specie, dei colori: papaye, ficus, boschi di banani, mazzi di bambù con tronchi enormi alla base i quali s’innalzano sempre più leggeri ad imbuto ad un’altezza inesprimibile: un’imponenza sublime nella quale ci si sente vulnerabili, una natura selvaggia, intrecciata, lucida dalle dimensioni abnormi; i tronchi di alcuni alberi hanno alla base forme scultoree, sinuose, eleganti e s’innalzano a più di 8 metri nel cielo. Il sentiero è sempre meno evidente e sempre più difficile: una terra rossiccia scivolosa su pendii sempre più ripidi, tronchi da scavalcare, liane per terra da evitare per non inciampare, le borse sembrano pesanti, mai un momento di tregua, mutismo indifferente della guida e foresta, foresta, foresta, sempre più umida e oscura. Il gruppo è affaticato e preoccupato, dolorante: all’inizio un riso liberatorio ci abita e ci piega in due mentre urliamo STOP alla guida che stenta a fermarsi; poi incominciano gli insulti rivolti alla guida che comunque non reagisce o sorride ciò che innervosisce maggiormente. Il gruppo rimasto indietro urla di aspettare perché alcuni sono in reale difficoltà; noi il gruppo di prua urliamo STOP ma la guida continua imperterrita; la luce si fa sempre più tenue anche perché siamo immersi in questa folta vegetazione che funge da coltre; l’angoscia incomincia a sottolineare i nostri stanchi occhi.

27 dicembre: pulmini per Luang Prabang: Attraversiamo un incantevole paesaggio di montagne e zone rurali con qualche insediamento umano; le donne fanno i materassi con il ciuffo folto di piante lunghissime e dallo stelo finissimo; dal tronco dei bambù, gli uomini ricavano delle lastre piatte per i muri e i tetti delle loro case; la strada mezza asfaltata presenta a volte voragini che obbligano il pulmino a svolte repentine e rallentamenti con un dondolio e dei soprassalti continui. Ogni casetta ostenta un’enorme antenna parabolica formando un’architettura piuttosto lunare! Intorno, le montagne formano una linea ondeggiante con la solita abbondante vegetazione tropicale; sulla sinistra le montagne sono frastagliate in una calda foschia.Ci addentriamo in una strada sterrata per raggiungere in barca le grotte di Pakou e poi Luang Prabang; il paesaggio è sempre più affascinante con strapiombi sul fiume; negli infratti della montagna, 2 grotte che si raggiungono salendo ripide scale; nella prima una serie di Budda di varie grandezze, materiali e colori; la seconda si raggiunge dopo una scala ancora più ripida;

Page 3: Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne

Avventure nel mondo 2 | 2014 - 77

all’entrata, un panciuto Budda dorato, all’interno quasi buio, più anfratti con file di Budda. Il tutto per me poco interessante rispetto a quanto visto in Birmania; l’aspetto più piacevole è lo spettacole delle lunghe barche azzurre, affilate sul Mekong e le rive verdeggianti.Dopo un lento vagare sul fiume approdiamo a Luang Prabang e deponiamo le valigie nel nostro albergo Sok Dee; pomeriggio libero per la città; Domenico ed io andiamo a prenotare per la sera il ristorante Lao Lao passando davanti al ponte di bambù sul Mekong; visitiamo il palazzo reale e apprezziamo in particolare i mosaici di vetro nella sala del ricevimento del re con scene della vita quotidiana con le varie minoranze etniche: i Hmong, gli Akha e i Lao. 2 pannelli rappresentano l’epopea del Râmâyana. Di fronte al palazzo reale, salendo qualche scala, scopriamo un tempietto, il Wat Pahouak con pitture murali naïfs molto graziosi. Visitiamo anche il tempio Wat Mat con tettoia a 5 piani scendenti verso terra; l’entrata è preceduta da un porticato di colonne nere con sculture dorate e bassi rilievi rappresentano scene della vita quotidiana. Poi, continuando sulla strada principale: Sisavang Vong, in una viuzza sulla destra, scopriamo un mercatino di cibi locali cotti, pesci alla griglia, polli, salsicce arrostite alla bracce, verdure a volontà che la gente può degustare su tavolini laterali, una profusione di colori, odori, profumi…Cena super turistica, poi si torna all’albergo passando dal mercatino notturno anche lui super turistico, ma piacevole comunque.

28 dicembre: colazione in un caffè francese poi visita dello stupendo tempio verso la punta sul mekong: Wat Xieng Thong, un insieme di edifici sacri; le decorazioni murali esterne sono veramente interessanti, sempre mosaici di vetro che narrano scene della vita quotidiana, disegni essenziali e colori eclatanti; ma anche al di là degli edifici molto importanti della cittadina, ogni tanto nel nostro peregrinaggio, siamo testimoni di scene per noi singolari, insolite e poetiche: dentro un cortile di un monastero, 3 monaci puliscono con gesti eleganti una lunga e snella piroga, sulla riva del Mekong deserta, 5 monaci stanno raccogliendo dei pezzi di legno, mischiando alle tonalità sabbiose e marrone del paesaggio il loro tocco di arancio smagliante.Poi un tuk tuk ci porta dall’altra parte della città in periferia nel mercato locale della cittadina: il mercato di Phosi è veramente autentico, qui nessun turista; s’incontra di tutto e di più, molti prodotti da noi sconosciuti, mucchi di cibi, stand di carne, frutta, verdure, pesci vivi in grandi bacinelle, odori forti e non sempre piacevoli, visi sorridenti e vivaci, contrattazioni: la vita al quotidiano.Visitiamo il traditional Arts et Technology center in una casa coloniale sulle minoranze etniche del Nord Laos: Akha, Hmong, Tai Dam, Kmhmu; vestiti

dai colori sgargianti e dai fini ricami, luminosi a dominanza arancio su sfondo nero, copricapi dalle forme appuntite e sempre molto colorati.Mangiamo lungo il mekong un’enorme minestra di noodles e funghi cinesi veramente squisita.Nel pomeriggio, tuk tuk verso il villaggio delle tessitrici; le stoffe sono splendide nei ricami e nei colori poi passeggiata fino al ponte di bambù lungo il fiume.

29 dicembre: levataccia alle 5 per essere presenti al Tak Bat (elemosina dei monaci): Purtroppo sulla strada principale, lo spettacolo nell’attesa è un mercato hollywoodiano; gente che cerca di vendere cibo anche ai turisti, furgoncini super attrezzati sfornano turisti e aspettano sul ciglio della strada; si vendono anche le postazioni sui marciapiedi con cuscinetto in premio; le macchine fotografiche scattano fotografie a tutto e niente, cuscini, incenso, marciapiede, una follia! Un po’ schifati, Domenico ed io fuggiamo e facciamo colazione sulla terrazza di un bar vicino all’albergo e qui, lo spettacolo cambia: i locali, seduti a terra con le loro offerte aspettano i monaci (ci sono molti monasteri in città); vecchi, bambini, donne con grandi ceste e arrivano le file di monaci, piedi nudi, con le loro lucide tuniche; è sempre un’immagine poetica atemporale.Alle 7, partenza per Ventiane (400 km).Luan Prabang è una bella città, pulita, elegante, con molti monumenti preziosi ed interessanti, un po’ troppo turistica forse ma attraente con un’atmosfera di tranquillità e benessere.Alle 14, sosta a Vang Vieng, città celebre nel passato per gli eccessi di alcool e di marijuana dei suoi frequentatori; senza charme particolare, tanti negozi di articoli legati agli sport aquatici. Camminiamo fino a un vecchio ponte traballante sul fiume Nam Song con tutt’intorno le forme armoniche delle montagne a ridosso dell’acqua. Alle 18.30 arriviamo a Ventiane. Alla sera, cena in un ristorantino: enorme pesce alla griglia!!! Finalmente.

30 dicembre: visita di Ventiane, il museo nazionale, deludente, reperti minimi, poche spiegazioni, foto sbiadite e mosse. Poi, avenue Lane Xang verso l’arco di trionfo, un vialone senza charme, costruzioni moderne inglobano e soffocano le poche case coloniali rimaste; l’arco di trionfo: Patuxai, un monumento commemorativo in grande stile. Curiosiamo un’oretta nel mercato dei tessuti, dove scopriamo un artigianato ancora molto vivo.Visitiamo il Wat Sisaket. Il cortile intorno al tempio è chiuso da un porticato con statuette di Budda inserite in nicchie murali a forma di ferro da stiro; statue più grandi di Budda con una sciarpa arancio a tracolla capeggiano all’estremità delle gallerie; all’interno, soffitti a cassettoni e pitture murali sbiadite ma molto suggestive.

Altro tempio con tuk tuk il Wat Simuang, un tempio giallissimo con nel cortile statue coloratissime con facce più o meno mostruose. L’interesse di questo tempio è soprattutto antropologico e testimonia l’intensità della religiosità e superstizione popolare. Nel tempio, 2 monaci seduti a terra ricevono i fedeli e in cambio di offerte dicono loro la buona avventura e legano ai loro polsi dei fili bianchi, simboli di buona fortuna; in un’altra stanza altri fedeli si prosternano davanti ad un Budda. Questo luogo è l’espressione di una religiosità primaria, un bisogno intimo, ancestrale e qui in Asia, questa religiosità si accompagna di colori, sfarzi, oro, profumi, fiori. Una cosa però colpisce: uno dei 2 monaci in un momento di inoperosità conta amorevolmente i biglietti offerti dai fedeli!!! Una Lourdes asiatica!Tuk tuk verso un nuovo tempio in periferia le Wat That Luang una grande stupa dorata e sul piazzale antistante molti venditori ambulanti: frutta, banane arrostite, sciarpe, vestiti; molta gente si protegge dal sole con gli ombrelli per la pioggia, le donne portano il tipico cappello a punta e mascherine anti smog. I monumenti sono kitsch al quadrato; ori a profusione, colori caramellosi, disegni colorati più o meno naïfs. Raggiungiamo a piedi la strada lungo il Mekong, costeggiamo il palazzo presidenziale i ricordi si mischiano, si accavallano trascinati dai rumori assordanti delle strade: clacson, motorini… e prima di raggiungere l’albergo, merenda nella boulangerie francese: tè e pasticcini in terrazza.Nell’insieme, nonostante i monumenti interessanti,

RACCONTI DI VIAGGIO | Laos Cambogia

Page 4: Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne

78 - Avventure nel mondo 2 | 2014

i templi in particolare, la capitale del Laos mi è sembrata una città senza anima; il cemento armato ha invaso viali e vialoni, quello che rimane dell’architettura coloniale è sommerso, soffocato da palazzoni anonimi, mediocri, il più brutto dell’architettura occidentale ha invaso questa città asiatica. L’autenticità si coglie all’angolo di due strade con venditori ambulanti che vendono varie radici miracolosi o vari cibi già cotti: pannocchie di mais lessato, patate e banane grigliate, verdure cotte e altri cibi non identificabili, ma anche tessuti, sciarpe; le donne con i loro cappelli “cinesi” e le loro mascherine anti smog tirano carrettini con varie merci; lo smog ha invaso la città, un’aria spesso irrespirabile che pizzica la gola.

31 dicembre: aereo per Phnom Penh, la Cambogia. Appena arrivati, ci dirigiamo verso Choeung Ek (campo di sterminio dei Khmer rossi a 15 km a sud ovest della capitale). Il traffico è una totale anarchia: una città enorme con un’aria irrespirabile; una foschia polverosa quasi ovattata avvolge l’atmosfera; case più o meno finite, fili elettrici penduli (il peso di alcuni di loro ha pure sradicato il traliccio), camioncini iper carichi, motorini sbucano da ogni parte, impazziti, rumorosi, imprevedibili (alcuni portano addirittura 5 persone), tuk tuk temerari con gli autisti protetti da caschi e mascherini anti smog, molti autoctoni portano un particolare copri capo con visiera, alette laterali e protezione per la bocca; mercatini sul ciglio della strada impolverata, strade con buche enormi o asfaltate a metà, motorini che guidano contro mano, carrettini con colonne verticali di cartoni, clacson continui: un’iperbole a tutti i livelli, un formicolaio umano e veicolare, un flusso incessante, continuo; i contrasti più violenti: stupa dorato in mezzo a grattacieli modernissimi e cartelli pubblicitari hollywoodiani e mercatini di frutta esotica dalle forme e dalle dimensioni inconsuete. Sembrano immagini di un film con ritmo accelerato. Queste visioni mi lasciano con sensazioni opposte: lo spavento e l’attrazione; una specie di fascino dell’orrido.Visitiamo quindi il campo della morte sfruttato 3 anni dai Khmer rossi; i prigionieri di Tuol Sleng erano portati qui per essere massacrati e buttati in fosse comuni. L’autoguida in italiano è molto efficace; senza retorica, asciutta, precisa, spiega le atrocità perpetrate qui al suono di musiche e inni rivoluzionari; il nostro cammino intorno a queste fosse è veramente commovente, il silenzio s’impone da sé, un’esperienza forte che muove le coscienze e stimola la riflessione.Di sera, cena sul lungo fiume, una buona cucina asiatica.Dopo cena, 2 passi sul lungo fiume, direzione: il palazzo reale. Le strade sono ancora più affollate del pomeriggio; il rumore è assordante, i motorini si adoperano in zig zag infuriati, diventa arduo attraversare la strada; il piazzale antistante il

palazzo reale è gremito di gente indaffarati in picnic sull’erba in famiglia; certo è il 31/12/2013. Ma un’ombra offusca quest’ambiente gioioso: gente mutilata chiede l’elemosina ad ogni angolo, donne sporche dormono sul marciapiede con bambini giovanissimi e in una strada per tornare in albergo, con insegne rosse, neon e musiche ad alto volume, ragazze giovani, truccatissime con vestiti corti ed attillati sono a disposizione di attempati uomini occidentali. Lo spettacolo lascia un gusto amaro, niente di moralistico, ma lo sfruttamento della povertà urta!.Torniamo in albergo con un Bacardi e festeggiamo in 7 il nuovo anno con 6 ore di anticipo sull’occidente.

1 gennaio: mercato centrale a due passi dell’albergo, una costruzione gialla stile coloniale Art deco, con una grande cupola; gli stand alimentari sono quelli più vivaci e curiosi: frutta di ogni grandezza e colori: il frutto del drado molto estetico, un po’ meno saporito, pomeli, e soprattutto un frutto enorme, peloso, marroncino con una polpa gialla all’interno, succulente (forse albero del pane?), fagiolini finissimi e lunghissimi, pesce, granchi, aragoste, pesce seccato; uno scambio incessante molto animato.Tuk tuk per l’intera giornata; iniziamo col museo delle belle arti, un grande edificio rosso che rispecchia l’architettura khmer tradizionale immerso in una natura rigogliosa (hanno anche tagliato un banano a forma di ventaglio: molto elegante e originale. Il museo si organizza intorni ad un patio fresco e lussureggiante: un posto piacevolissimo con molti reperti dell’età pre angkoriana e angkoriana: Garuda alato, Ganesch, Vishnu, lingam e l’urna gigantesca del re Sisowath; un museo interessante e una visita rilassante.Poi in periferia, visita del museo del crimine genocidio Tuol Sleng chiamato S 21 da Pol Pot: ancora più impressionante di quello di Choeung Ek. Questo liceo costruito dai francesi con un grande cortile interno e edifici su 3 lati servì ai Khmer rossi come luogo per torturare i cosiddetti oppositori alla Kampuchea democratica. Nel cortile ci sono le tombe degli ultimi uccisi e il patibolo dove appendevano i prigionieri dai piedi e enormi giare dove immergevano le loro teste per rianimarli e prolungare la tortura quando erano svenuti. Negli edifici, troviamo i letti su cui erano legati e torturati, le minuscole celle e cosa più terribile una quantità di fotografie dei detenuti: volti espressivi, terrificati. Queste testimonianze fanno riflettere sulla bestialità umana, sulla responsabilità all’epoca anche dei governi occidentali, sulla follia carneficina inarrestabile.Poi mercato russo; luogo battuto dagli autoctoni (pochi turisti) di tutto e di più in un’allegra atmosfera: frutta, vestiti, sciarpe, artigianato, stand culinari, parrucchieri…Palazzo reale e pagode d’argento: un complesso di

edifici molto eleganti con tetti a più strati e tegole smaltate immersi in un parco con grande varietà di alberi: banani, frangipani, palme e vasche con ninfee.Si visita soltanto la pagoda d’oro con il suo Budda in piedi d’oro con diamanti intarsiati; intorno al giardino adiacente, un bel porticato con affreschi sulle peripezie del Ramayana; sono in parte rovinati ma i disegni molto particolareggiati con soldati, principesse, mostri, elefanti sono molto raffinati e anche i colori tenui rimandano ad orizzonti fiabeschi.Infine di nuovo viaggio in tuk tuk per raggiungere il tempio più antico sull’unica collinetta della città. Abbiamo notato nei vari viaggi in città che nonostante il traffico intensissimo, anarchico, folle, senza logica nessuna, nessuno alza la voce, nessun gesto sgradevole, nessun’arrabbiatura: un caos amabile con buone maniere!Wat Phnom una ripida scalinata ci porta a questo tempio molto frequentato e popolare; dietro il tempio un santone predice il futuro a partire da carte che i fedeli gli tendono.

2 gennaio: levataccia alle 6 e pullman per Siem Reap. Il solito viaggio, il pullman sobbalza, case su palafitta, tamarindi… sostiamo in un paesino per pranzare, ma alcuni preferiscono visitare un altro mercato senza turisti: le solite scene, i soliti profumi, odori, colori, il quotidiano di questa gente che per noi assume il fascino dell’insolito.Nel primo pomeriggio, giungiamo finalmente nella città fantasma di Angkor con la nostra guida, in piena foresta con alberi giganteschi e scimmie.Ci fermiamo alla porta di Angkor Thom, città fortificata con più templi: la porta è un’arca sormontata da un misterioso personaggio a 4 visi con una tiara di pietra. Un ponte antistante la porta oltrepassa il fossato con ad ogni lato gigantesche statue che sostengono il Naga sacro (incontreremo ovunque quest’architettura).Arriviamo poi al Bayon al centro di Angkor Thom, una specie di foresta di gigantesche teste con 4 visi che illustrano le virtù di Budda; una serie di porte in prospettiva , facce dal sorriso enigmatico e bassi rilievi ben conservati ; ogni pietra è scolpita: un regno di pietre, dedali; siamo immersi in gallerie, terrazzamenti, scale, torri dove si può vagare, stupiti davanti a simboli non sempre comprensibili per noi ma non per questo meno attraenti; il senso del mistero domina; un arcano passato riecheggia.

3 gennaio: ci dirigiamo (e non siamo gli unici!) verso la terrazza degli elefanti; la cinta ostenta bassi rilievi di elefanti e Garuda che sostengono la parte superiore della balaustra; dopo una spianata circondata di specchi d’acqua, si Arriva al magnifico Baphuon dedicato al culto del Lingam (XI°), una specie di piramide, tempio a gradini; il luogo è veramente magico; si raggiunge la

RACCONTI DI VIAGGIO | Laos Cambogia

Page 5: Laos-Cambogia: l’odissea...Gli alberi delle stelle di natale punteggiano di rosso eclatante il verde dominante del paesaggio. Più ci si avvicina alla cittadina più le montagne

Avventure nel mondo 2 | 2014 - 79

cima tramite una scala di legno ripida; dall’alto si scorge la natura circostante: alberi altissimi, tronchi scultorei, tamarindi, teck, chinino…una profusione di forme, porte, gallerie immerse in una sovrastante vegetazione.Phimeanakos: tempio del palazzo reale; tempio più piccolo sempre piramidale alla cui cima si accede tramite una scaletta ripidissima; raggiungiamo poi di nuovo la terrazza degli elefanti attraverso i boschi dove enormi radici invadono le pietre e da lì attraverso una galleria, dedalo dove i bassi rilievi sono ben conservati: apsaras, geni armati, mostri, Naga… approdiamo alla terrazza del re lebbroso con in cima una piccola statua asessuata dall’identificazione poco sicura.Preah Khan: antica città circondata da fosse con al centro il tempio: un dedalo di gallerie, serie di porte sulla stessa prospettiva, bassi rilievi con la vegetazione che invade i luoghi; l’atmosfera è singolare; le gallerie ricordano l’antro della Sibille a Cuma, greche cesellate, piccole stanze con il lingam centrale.Ci fermiamo per degustare manghi, ananas, angurie e gustare l’ombra a questo momento della giornata in cui il caldo si fa sentire.Poi, a piedi, ci dirigiamo verso il Neak Pean su un ponte in un paesaggio paludoso, dantesco con alberi morti intrecciati o caduti nell’acqua torbida; una strana atmosfera rarefatta, inquietante, ostile.Dopo un viaggio in pulmino che costeggia foreste di palme, banani, tamarindi, giungiamo a Banteay Srei (dove Malraux rubò un basso rilievo e 2 apsaras), chiamato la cittadella delle donne per i motivi dei basso rilievi. Parecchi padiglioni di arenaria rosa custoditi da scimmie di pietra; tante colonne dalle strane forme, sulle architravi, scene della mitologia costituiscono veri ricami: Shiva sul toro Nandi, Indra, signore del cielo che cavalca un elefante: Qui i riflessi della luce sulle pietre rosa rende l’atmosfera calda , ovattata.Poi, l’ultimo tempio al tramonto: Le Pre Rup, piramide di mattoni su più livelli: tempio funerario dedicato a Shiva con alte torri; la luce serale aumenta il fascino del luogo poco frequentato.

4 gennaio: alle 7 del mattino, siamo già a Ta Prom e siamo quasi soli!!! Incredibile! Tempio immerso nelle radici degli alberi che dissestano le pietre nella loro crescita; un luogo magico: una serie di cortili interni, padiglioni a cupola ricamata, alberoni dai solchi intrecciati enormi, sinuosi, dalle forme scultoree; un’atmosfera misteriosa, quest’intreccio di radici invadenti dalle mille forme e di pietre, mura e il cinguettio degli uccelli sulle vette boscose; luogo anche inquietante, città fantasma, ammassi di pietre, tronchi dalle varie tinte, fogliami dalle varie tonalità di verde, bassi rilievi sbiaditi, alte mura di cinta con la luce mattutina che inonda gli edifici.Angkor Wat: il complesso meglio conservato, più rappresentativo di Angkor; purtroppo arriviamo

tardi e le orde di turisti hanno già invaso i luoghi, formando una ressa ovunque e togliendo alla visita ogni charme. I bassi rilievi delle gallerie sono veramente ben conservati e molto interessanti con scene del Râmâyana e del Mahâbhârata; ma la presenza incombente di gruppi di turisti impedisce di godere a pieno dell’incanto.Poi, il pulmino ci conduce su una strada sterrata dissestata ad un imbarcadero dove barche lunghe e piatte, strette a spina di pesce, aspettano i turisti su un canale fangoso; pescatori immersi nell’acqua fino alla vita buttano reti per raccogliere pesciolini; un paesaggio piatto nelle sue tonalità giallo marroncino con ogni tanto le barchette dei pescatori in mezzo a lingue di terra sabbiosa nella palude. Poi l’acqua diventa più profonda e arriviamo al paesino lacustre di Kompong Pluk sul canale che porta all’immenso lago Tonlé Sap. Le case sono inerpicate su lunghissimi piloni e sotto una geometria di bastoni intrecciati; un villaggio autentico dove vivono i pescatori e le loro famiglie che solcano l’acqua con le loro barchette; orticelli galleggianti, galline e maiali in gabbie di bambù fluttuano ed è strano vedere in quest’ambiente di un’altra epoca, fuori dal mondo, i telefonini e le antenne televisive sui tetti.. Bambini sguazzano mezzo nudi nell’acqua, altri in divisa vengono trasportati nella scuola: la vita quotidiana con i piedi nell’acqua.Ad un certo momento, galleggiamo anche in una foresta di alberi immersi a metà nell’acqua; uno squarcio fiabesco con barchette che navigano nel labirinto dei tronchi.Pranziamo in un ristorantino locale e torniamo, sdraiati sul tetto della nostra barca, una mezz’ora di relax totale baciati dal sole cambogiano nel dolce movimento silenziosi della navigazione.Visitiamo infine il museo nazionale di Angkor con reperti molto interessanti, cena al café Indochine e mercatino notturno; stanchi morti, torniamo in albergo in tuk tuk.

5 gennaio: partenza in pulmino per la Thailandia per raggiungere l’aeroporto do Bangkok; sarà un viaggio allucinante oltre che estenuante. All’uscita della Cambogia, incontriamo il nostro corrispondente che corrotto, con i poliziotti ci evita la fila (neanche lunga) per 5 dollari e senza che nessuno di noi avesse capito qualcosa. Poi a piedi fino alla frontiera thailandese; un no man’s land allucinante, uomini che spingono carretti pienissimi con le loro maschere anti smog, fa caldo , l’aria è irrespirabile.3 ore di fila in piedi per ottenere il vista della Thailandia; di là un luogo sporco, orribile polveroso; i pulmini non sono ancora arrivati; aspettiamo un po’ seccati, un po’ preoccupati. Finalmente in strada; dopo un’ora, il nostro pulmino biforca sulla sinistra e s’immette in una fila per il rifornimento di metano: Aspettiamo ¾ d’ora!!! L’angoscia sale! Ma non è finita, tornati a

viaggiare, l’aria condizionata non funziona più e il traffico è sempre più intenso; siamo sempre più sudati, stanchi, arrabbiati e angosciati per l’aereo. Il nostro autista, visto il traffico, biforca su una strada secondaria meno trafficata e finalmente arriviamo all’aeroporto alla 18.30, l’aereo partirà alle 20. Il resto del viaggio non riserva sorprese! Un bel gruppo, ben affiatato; molte risate! Ma anche molte riflessioni nei momenti di relax; un viaggio intenso, impegnativo soprattutto per i molti viaggi in pulmino, lunghissimi e faticosi. Personalmente, la parte che ho preferito è il Laos del Nord: la natura, sovrastante, rigogliosa, superlativa, ma anche i villaggi, la gente semplice che vive in armonia con la natura; l’essenziale, un salto nel passato, nel tempo, nello spazio.

RACCONTI DI VIAGGIO | Laos Cambogia