L'antico Mulino Zeduro a Treviglio (Bg)

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LA NOSTRA CITTÀ | SABATO 12 GENNAIO 2013 | 9 SETTIMANALE | il Popolo Cattolico Un importante pezzo di tradizione cittadina tra arte molitoria e vita contadina L’antico Mulino Fanzaga: sette secoli di storia Possibile recuperarlo e rivalorizzarlo? La proposta: fu già presentata nel 1996 dalla Pro Loco. Le vicende passate in un’intervista L’ex-mulino Fanzaga per anni è stato sinonimo di eccellenza nella produzione di farina, so- prattutto della farina bramata oro. L’edificio in questione è po- sto al bivio tra via Felice Caval- lotti e la circonvallazione inter- na, nel tratto denominato viale del Partigiano, proprio di fronte alla centralissima via Roma. Ta- le mulino rappresenta un monu- mento dell’archeologia indu- striale. Un monumento all’arte molitoria e alla vita contadina che ha permesso al borgo di cre- scere e di diventare città. Lo storico mulino trevigliese che ha prodotto farina e derivati per oltre sette secoli potrebbe es- sere recuperato e rivalutato. Già in altre città italiane uno degli orientamenti più seguiti nel recu- pero delle aree industriali dis- messe consiste nel destinarle a ospitare quegli strumenti che ne avevano caratterizzato l’attività originaria trasformandoli in mu- sei dell’archeologia industriale. Il recupero già lo propose la Pro Loco nel ‘96 L’idea di conservare le testi- monianze di un passato agricolo era nata già nel 1996 quando, l’allora presidente della Pro Lo- co, Nino Crespi, faceva un ap- pello al Comune di acquistare l’edificio. In quegli anni alcuni soggetti si erano dimostrati inte- ressati all’acquisto ma la vendita avvenne solo verso la fine degli anni ’90. Ma l’edificio è tuttora identificato dai trevigliesi come “mulino Fanzaga”. La chiusura dell’attività e la messa in vendi- ta del mulino erano già nell’aria ma avvennero solo dopo la mor- te del mugnaio, sopraggiunta tragicamente nel 1998. Fino a marzo del ’98, le ruote del muli- no, l’ultimo funzionante a Trevi- glio, erano continuamente in at- tività. Così la Pro Loco aveva presentato all’Amministrazione Comunale una proposta di recu- pero e valorizzazione dello stabi- le. Crespi parlava di “occasione unica ed irripetibile per non farci sfuggire l’ennesima occasione di una conservazione intelligente”. Scriveva Crespi: “Noi abbiamo l’obbligo morale di fare il possibi- le per salvaguardare il mulino co- me straordinaria pagina di storia e di tramandarlo alle generazioni future come testimonianza del nostro passato. Troppo spesso si cammina per le strade in modo distratto, centinaia di trevigliesi passano ogni giorno da via Caval- lotti e la stragrande maggioranza di essi neppure immagina tutto quello che il mulino rappresenta”. Un’arte tramandata di padre in figlio “Da piccolo passavo le mie estati ad aiutare mio papà e mio nonno al mulino. All’epoca non c’erano gli oratori estivi, per noi bambini era uno svago. Il grano- turco lo portavano i contadini e veniva introdotto nell’edificio dal- la via Cavallotti. All’interno si for- mavano dei depositi di granotur- co che diventavano piscine e ci di- vertivamo lanciandoci dall’alto”. A parlare è Maurizio Fanzaga, figlio di Cesare, l’ultimo mu- gnaio di Treviglio. Ritrovando vecchi documenti del padre ha raccontato la storia del mulino almeno per come se la ricorda lui. In città, Cesare lo conosceva- no tutti, la sua farina era la più rinomata del circondario. Pro- duceva soprattutto la ‘bramata oro’, una farina a grana grossa, adatta per la preparazione della tipica polenta bergamasca. “Era un prodotto di nicchia, mio padre puntava alla qualità e non alla grande distribuzione. Però la sua farina arrivava fino in Valtellina, Valseriana e nel lecchese” specifi- ca Fanzaga. Al mulino vi lavoravano Giu- seppe, il figlio Cesare e i nipoti. Era tutto fatto a mano, come da tradizione. Solo negli ultimi an- ni di attività era stata introdotta l’elettricità per far girare le tur- bine in caso di bassa portata del- la roggia (con la secca) o di as- senza d’acqua nei mesi di puli- zia. Al confezionamento c’era la ‘signora Celestina’. La macchina adibita a quel lavoro era tarata per 500g di farina ma, non es- sendo precisa come quelle elet- troniche, necessitava di control- li continui. Il monitoraggio del peso avveniva attraverso una pe- sa. Tale strumento è stato salva- to e ora si trova nella cucina del- la famiglia di Maurizio Fanzaga. Una ‘cucina museo’ visto che conserva, oltre a tale manufatto, anche un’antichissima paletta per la farina in legno e acciaio. “Come famiglia auspichiamo che venga rivalutato e salvato per evitare che il tempo si porti via un’altra pagina della storia di Tre- viglio” - ha concluso Fanzaga. Roberto Conti Nelle immagini (di Roberto Conti), oltre all’edificio che ospitava il mulino, due immagini di Giuseppe (sopra) e Cesare Fanzaga (sotto). Qui sotto il logo della «Bramata oro» Molino Fanzaga prodotta nell’omonimo Mulino L’antico «Molino Zeduro» Anticamente il mulino da farina a ruota orizzontale “ex-Fanzaga” veniva denomina- to “Mulino fuori porta Zeduro” perché po- sto davanti ad una porta così chiamata che, superato un ponte, consentiva l’ingresso nel- le mura del borgo per chi veniva da Berga- mo. L’opificio idraulico in questione è un edi- ficio medioevale che, da quanto risulta, è stato costruito circa sette secoli fa, anche se, come lo vediamo oggi è conseguenza di più ristrutturazioni: una nel tardo ottocento, l’ultima negli anni ’90 quando la famiglia Fanzaga ha deciso di rifare il tetto per evi- tare cedimenti. La roggia che alimenta le ruote dell’opifi- cio è la roggia dei mulini, un cavo irriguo lungo 3 chilometri che dal partitore di Bre- da, nella Zona Nord, subisce un dislivello di 14 metri. E il mulino si trova proprio alla fi- ne della via dove un partitore divide la rog- gia in due cavi. A est nasce la roggia Castol- da, a ovest la roggia Murena. Questi due ra- mi, circondando il nucleo centrale della cit- tà, davano origine alle cosiddette “fosse”, or- mai completamente coperte dalle strade. Il partitore è formato da un tagliere in pie- tra con spallature di continuazione in mu- rature di cotto. Nel ramo est c’è una griglia per il trattenimento delle varie sporcizie. An- cor oggi è ben visibile una vasca che fa de- fluire l’eccedenza dell’acqua richiesta dal mulino. Subito dopo la vasca del “troppo pieno” esiste una paratoia in legno su guide di profilati, con sistema di chiusura e aper- tura orizzontale azionabile a mano. Analo- ga consistenza troviamo nel ramo ovest. Il “molino Zeduro”, come altri mulini di Treviglio, storicamente risulta sia sempre stato di proprietà della Comunità. Negli “Statuti comunali del castello di Treviglio” compilati nel 1392, si parlava già dei muli- ni che erano dati in affitto. Si potrebbe ipo- tizzare che tali edifici risalgano addirittura ai primi del ‘300 quando la città di Treviglio ottenne il diritto di prelevare acqua dal Brembo per irrigare i propri campi. Solo alla fine del 1700 è stato venduto ai privati, assieme ad altre proprietà pubbli- che, per risanare i debiti del Comune. Pro- prio il mulino in questione, poco dopo la fi- ne della seconda guerra mondiale era stato tra l’altro offerto all’Amministrazione Co- munale che avrebbe potuto acquistarlo ad un prezzo decisamente conveniente ma de- cise di soprassedere. È rimasto di proprietà dell’ Ospedale di Santa Maria fino al luglio 1923 quando venne acquistato dai fratelli Carlo e Giuseppe Cologno. Il mulino, prima che lo acquistasse Giu- seppe Fanzaga, serviva anche per la produ- zione di olio dal granoturco (oleificio). Quando Giuseppe entrò ammodernò le mac- chine ed eliminò quelle tipiche da oleificio. Alcune parti del mulino sono antichissime e ne sono testimonianza le pesanti porte in le- gno tipiche di un passato assai remoto, la parte “nuova” risale comunque ai primi del ‘900. Dopo vari passaggi di proprietà venne venduto alla ditta Mulino a cilindri di Giu- seppe Fanzaga di Caravaggio. Fanzaga ac- quistò lo stabile pochi anni dopo la fine del- la Seconda Guerra Mondiale con rogito 5/1/1949 del Notaio Dr. Carlo Pansera. Il fi- glio Cesare proseguì il mestiere del padre fi- no alla sua morte, avvenuta tragicamente in un incidente. Il 10 febbraio 1998 mentre sta- va portando i prodotti del suo mulino in Val- tellina, all’altezza di una galleria, il suo ca- mion è stato urtato da un tir il cui condu- cente era stato colpito da un colpo di son- no. Pochi mesi dopo lo storico mulino tre- vigliese chiuse i battenti. Il mulino beneficiava di un antico diritto L’edificio è alto circa 12 metri ed è distri- buito sue tre piani. Molto caratteristica è la “stanza delle acque” che conserva tuttora le due ruote orizzontali del mulino. Vi si ac- cede tramite una botola presente nel pian- terreno. È un locale antichissimo che pro- babilmente risale addirittura al ‘300 tutto fatto a volte a botte. Quello della ruota oriz- zontale, infatti, è un sistema molto antico ma evoluto e sfruttava tutti e due i rami del- la roggia sfruttando la doppia forza motri- ce. Tutto è rimasto ancora come una volta, solo il tempo sta minando la struttura. Gli strumenti contenuti nel mulino sono tutti in acciaio e in legno, solo questi ultimi sono destinati al deterioramento. C’è una macchina per la macinazione che risale a prima dell’800, è un’opera di pregevole fat- turazione. I vari proprietari che si sono succeduti al- l’interno di quell’edificio godevano di un particolare privilegio: potevano sfruttare la forza motrice dell’acqua ad un prezzo mol- to basso. Questo antico diritto risale al 1570 per una decisione arbitrale promossa dal Doge di Venezia e dal Re Filippo di Spagna. Solo nel 1956 l’amministrazione comunale di Treviglio, per volontà del sindaco Attilio Mozzi, fece un accordo con Giuseppe Fan- zaga affinché il proprietario del mulino ve- nisse incontro alle spese sostenute dal co- mune per «i lavori di miglioramento degli im- pianti irrigui eseguiti a tutte spese del Comu- ne» che hanno permesso a Fanzaga di bene- ficiare «di una maggiore potenza della forza motrice dei due salti, rispetto alla primitiva di presunto antico diritto». Rob.Con. Un po’ di storia: il Mulino da ieri ad oggi

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Cronaca e ricerca storica dell'antico Mulino Zeduro poi Fanzaga di Treviglio (Bg)

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LA NOSTRA CITTÀ | SABATO 12 GENNAIO 2013 | 9SETTIMANALE | il Popolo Cattolico

Un importante pezzo di tradizione cittadina tra arte molitoria e vita contadina

L’antico Mulino Fanzaga: sette secoli di storia

Possibile recuperarlo e rivalorizzarlo? La proposta: fu già presentata nel 1996

dalla Pro Loco. Le vicende passate in un’intervista

L’ex-mulino Fanzaga per anniè stato sinonimo di eccellenzanella produzione di farina, so-prattutto della farina bramataoro. L’edificio in questione è po-sto al bivio tra via Felice Caval-lotti e la circonvallazione inter-na, nel tratto denominato vialedel Partigiano, proprio di frontealla centralissima via Roma. Ta-le mulino rappresenta un monu-mento dell’archeologia indu-striale. Un monumento all’artemolitoria e alla vita contadinache ha permesso al borgo di cre-scere e di diventare città.

Lo storico mulino treviglieseche ha prodotto farina e derivatiper oltre sette secoli potrebbe es-sere recuperato e rivalutato. Giàin altre città italiane uno degliorientamenti più seguiti nel recu-pero delle aree industriali dis-messe consiste nel destinarle aospitare quegli strumenti che neavevano caratterizzato l’attivitàoriginaria trasformandoli in mu-sei dell’archeologia industriale.Il recupero già lo propose la ProLoco nel ‘96

L’idea di conservare le testi-monianze di un passato agricoloera nata già nel 1996 quando,l’allora presidente della Pro Lo-co, Nino Crespi, faceva un ap-pello al Comune di acquistarel’edificio. In quegli anni alcunisoggetti si erano dimostrati inte-ressati all’acquisto ma la venditaavvenne solo verso la fine deglianni ’90. Ma l’edificio è tuttoraidentificato dai trevigliesi come“mulino Fanzaga”. La chiusuradell’attività e la messa in vendi-ta del mulino erano già nell’ariama avvennero solo dopo la mor-te del mugnaio, sopraggiuntatragicamente nel 1998. Fino amarzo del ’98, le ruote del muli-no, l’ultimo funzionante a Trevi-glio, erano continuamente in at-tività. Così la Pro Loco avevapresentato all’AmministrazioneComunale una proposta di recu-pero e valorizzazione dello stabi-le. Crespi parlava di “occasioneunica ed irripetibile per non farcisfuggire l’ennesima occasione diuna conservazione intelligente”.

Scriveva Crespi: “Noi abbiamol’obbligo morale di fare il possibi-le per salvaguardare il mulino co-me straordinaria pagina di storiae di tramandarlo alle generazionifuture come testimonianza delnostro passato. Troppo spesso sicammina per le strade in mododistratto, centinaia di trevigliesipassano ogni giorno da via Caval-lotti e la stragrande maggioranzadi essi neppure immagina tuttoquello che il mulino rappresenta”.Un’arte tramandata di padre in figlio

“Da piccolo passavo le mieestati ad aiutare mio papà e miononno al mulino. All’epoca nonc’erano gli oratori estivi, per noibambini era uno svago. Il grano-turco lo portavano i contadini eveniva introdotto nell’edificio dal-la via Cavallotti. All’interno si for-mavano dei depositi di granotur-co che diventavano piscine e ci di-

vertivamo lanciandoci dall’alto”.A parlare è Maurizio Fanzaga,figlio di Cesare, l’ultimo mu-gnaio di Treviglio. Ritrovandovecchi documenti del padre haraccontato la storia del mulinoalmeno per come se la ricordalui. In città, Cesare lo conosceva-no tutti, la sua farina era la piùrinomata del circondario. Pro-

duceva soprattutto la ‘bramataoro’, una farina a grana grossa,adatta per la preparazione dellatipica polenta bergamasca. “Eraun prodotto di nicchia, mio padrepuntava alla qualità e non allagrande distribuzione. Però la suafarina arrivava fino in Valtellina,Valseriana e nel lecchese” specifi-ca Fanzaga.

Al mulino vi lavoravano Giu-seppe, il figlio Cesare e i nipoti.Era tutto fatto a mano, come datradizione. Solo negli ultimi an-ni di attività era stata introdottal’elettricità per far girare le tur-bine in caso di bassa portata del-la roggia (con la secca) o di as-senza d’acqua nei mesi di puli-zia. Al confezionamento c’era la

‘signora Celestina’. La macchinaadibita a quel lavoro era tarataper 500g di farina ma, non es-sendo precisa come quelle elet-troniche, necessitava di control-li continui. Il monitoraggio delpeso avveniva attraverso una pe-sa. Tale strumento è stato salva-to e ora si trova nella cucina del-la famiglia di Maurizio Fanzaga.

Una ‘cucina museo’ visto checonserva, oltre a tale manufatto,anche un’antichissima palettaper la farina in legno e acciaio.

“Come famiglia auspichiamoche venga rivalutato e salvato perevitare che il tempo si porti viaun’altra pagina della storia di Tre-viglio” - ha concluso Fanzaga.

Roberto Conti

Nelle immagini (di Roberto Conti), oltreall’edificio che ospitava il mulino, dueimmagini di Giuseppe (sopra) e CesareFanzaga (sotto). Qui sotto il logo della«Bramata oro» Molino Fanzaga prodottanell’omonimo Mulino

L’antico «Molino Zeduro»Anticamente il mulino da farina a ruota

orizzontale “ex-Fanzaga” veniva denomina-to “Mulino fuori porta Zeduro” perché po-sto davanti ad una porta così chiamata che,superato un ponte, consentiva l’ingresso nel-le mura del borgo per chi veniva da Berga-mo.

L’opificio idraulico in questione è un edi-ficio medioevale che, da quanto risulta, èstato costruito circa sette secoli fa, anche se,come lo vediamo oggi è conseguenza di piùristrutturazioni: una nel tardo ottocento,l’ultima negli anni ’90 quando la famigliaFanzaga ha deciso di rifare il tetto per evi-tare cedimenti.

La roggia che alimenta le ruote dell’opifi-cio è la roggia dei mulini, un cavo irriguolungo 3 chilometri che dal partitore di Bre-da, nella Zona Nord, subisce un dislivello di14 metri. E il mulino si trova proprio alla fi-ne della via dove un partitore divide la rog-gia in due cavi. A est nasce la roggia Castol-da, a ovest la roggia Murena. Questi due ra-mi, circondando il nucleo centrale della cit-tà, davano origine alle cosiddette “fosse”, or-mai completamente coperte dalle strade.

Il partitore è formato da un tagliere in pie-tra con spallature di continuazione in mu-rature di cotto. Nel ramo est c’è una grigliaper il trattenimento delle varie sporcizie. An-

cor oggi è ben visibile una vasca che fa de-fluire l’eccedenza dell’acqua richiesta dalmulino. Subito dopo la vasca del “troppopieno” esiste una paratoia in legno su guidedi profilati, con sistema di chiusura e aper-tura orizzontale azionabile a mano. Analo-ga consistenza troviamo nel ramo ovest.

Il “molino Zeduro”, come altri mulini diTreviglio, storicamente risulta sia semprestato di proprietà della Comunità. Negli“Statuti comunali del castello di Treviglio”compilati nel 1392, si parlava già dei muli-ni che erano dati in affitto. Si potrebbe ipo-tizzare che tali edifici risalgano addiritturaai primi del ‘300 quando la città di Treviglioottenne il diritto di prelevare acqua dalBrembo per irrigare i propri campi.

Solo alla fine del 1700 è stato venduto aiprivati, assieme ad altre proprietà pubbli-che, per risanare i debiti del Comune. Pro-prio il mulino in questione, poco dopo la fi-ne della seconda guerra mondiale era statotra l’altro offerto all’Amministrazione Co-munale che avrebbe potuto acquistarlo adun prezzo decisamente conveniente ma de-cise di soprassedere. È rimasto di proprietàdell’ Ospedale di Santa Maria fino al luglio1923 quando venne acquistato dai fratelliCarlo e Giuseppe Cologno.

Il mulino, prima che lo acquistasse Giu-seppe Fanzaga, serviva anche per la produ-

zione di olio dal granoturco (oleificio).Quando Giuseppe entrò ammodernò le mac-chine ed eliminò quelle tipiche da oleificio.Alcune parti del mulino sono antichissime ene sono testimonianza le pesanti porte in le-gno tipiche di un passato assai remoto, laparte “nuova” risale comunque ai primi del‘900.

Dopo vari passaggi di proprietà vennevenduto alla ditta Mulino a cilindri di Giu-seppe Fanzaga di Caravaggio. Fanzaga ac-quistò lo stabile pochi anni dopo la fine del-la Seconda Guerra Mondiale con rogito5/1/1949 del Notaio Dr. Carlo Pansera. Il fi-glio Cesare proseguì il mestiere del padre fi-no alla sua morte, avvenuta tragicamente inun incidente. Il 10 febbraio 1998 mentre sta-va portando i prodotti del suo mulino in Val-tellina, all’altezza di una galleria, il suo ca-mion è stato urtato da un tir il cui condu-cente era stato colpito da un colpo di son-no. Pochi mesi dopo lo storico mulino tre-vigliese chiuse i battenti.Il mulino beneficiava di un antico diritto

L’edificio è alto circa 12 metri ed è distri-buito sue tre piani. Molto caratteristica è la“stanza delle acque” che conserva tuttora ledue ruote orizzontali del mulino. Vi si ac-cede tramite una botola presente nel pian-terreno. È un locale antichissimo che pro-babilmente risale addirittura al ‘300 tutto

fatto a volte a botte. Quello della ruota oriz-zontale, infatti, è un sistema molto anticoma evoluto e sfruttava tutti e due i rami del-la roggia sfruttando la doppia forza motri-ce. Tutto è rimasto ancora come una volta,solo il tempo sta minando la struttura.

Gli strumenti contenuti nel mulino sonotutti in acciaio e in legno, solo questi ultimisono destinati al deterioramento. C’è unamacchina per la macinazione che risale aprima dell’800, è un’opera di pregevole fat-turazione.

I vari proprietari che si sono succeduti al-l’interno di quell’edificio godevano di unparticolare privilegio: potevano sfruttare laforza motrice dell’acqua ad un prezzo mol-to basso. Questo antico diritto risale al 1570per una decisione arbitrale promossa dalDoge di Venezia e dal Re Filippo di Spagna.Solo nel 1956 l’amministrazione comunaledi Treviglio, per volontà del sindaco AttilioMozzi, fece un accordo con Giuseppe Fan-zaga affinché il proprietario del mulino ve-nisse incontro alle spese sostenute dal co-mune per «i lavori di miglioramento degli im-pianti irrigui eseguiti a tutte spese del Comu-ne» che hanno permesso a Fanzaga di bene-ficiare «di una maggiore potenza della forzamotrice dei due salti, rispetto alla primitiva dipresunto antico diritto».

Rob.Con.

Un po’ di storia: il Mulino da ieri ad oggi