L'Amico del Popolo

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N. 38 del 31 Ottobre 2010 Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net Anno 55 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 5 Centro diocesano per le vocazioni: le iniziative per il 2011 di L.F. VITA ECCLESIALE La mafia «struttura di peccato» «Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di spri- gionare le proprie energie». È una citazione (n.9) tratta dal documento della CEI “Per un Paese solidale. Chiesa Italia- na e Mezzogiorno”. Sempre al n. 9 si legge che, «la crimina- lità organizzata, rappresen- tata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuo- re di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud». In questi giorni dopo l’arre- sto del reggente di cosa nostra in provincia di Agrigento, Gerlandino Messina, tanto si è scritto sul fenomeno ma- fia. Da questo spazio vorrei cogliere e porre all’attenzione di quanti si dicono cristiani, l’aspetto teologico del fenome- no che, nel documento citato, viene così esplicitato: «Le ma- fie sono strutture di peccato» (n.9). Che significa questa espres- sione? Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n.1868) si legge che «il peccato è un atto personale». Ma c’è scrit- to anche che «abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo: prendendovi parte direttamente e volonta- riamente, comandandoli, con- sigliandoli, lodandoli o appro- vandoli; non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; proteggendo co- loro che commettono il male». In altri termini le «strutture di peccato» sono l’espressione e l’effetto dei peccati persona- li. Pensando alla mafia come «struttura di peccato» fac- ciamo riferimento, dunque, alla sua presenza pervasiva fin dentro le istituzioni, alla sua capacità di insediamento culturale, alla volontà di pro- porsi come alternativa al po- tere legittimo delle istituzioni naturali e politiche. Il documento, inoltre, pren- dendo le distanze dall’illusio- ne di molti, che hanno creduto di vedere nei successi delle for- ze dell’ordine, in questi ultimi anni, il punto d’arrivo defi- nitivo della lunga guerra con le mafie, prende atto di una amara realtà: «Non va igno- rato – vi si legge - purtroppo, che è ancora presente una cul- tura che consente loro di rige- nerarsi anche dopo le sconfitte inflitte dallo Stato attraverso le forze dell’ordine e della ma- gistratura» (n.9). Carmelo Petrone continua a pag.5 A rrestato dopo undici anni di latitanza il boss della mafia agrigentina Gerlandino Messina, trovato in un appartamento di Fava- ra dove si nascondeva da un paio di mesi. Gerlandino Messina ha un pas- sato di tutto rispetto nell’ambito dell’appartenenza all’organizzazio- ne mafiosa, suo padre Giuseppe, venne ucciso l’8 luglio1986 durante la guerra di mafia con gli “stiddari” ed anche i suoi tre fratelli hanno un passato simile. Gerlandino Messina è stato accu- sato di associazione mafiosa e di sei omicidi, quelli di Antonino Di Salvo, Giuliano Guazzelli, maresciallo dei carabinieri in servizio ad Agrigento; Ignazio Filippazzo, malavitoso empedoclino; Pa- squale Di Lorenzo, sottufficiale di Polizia penitenziaria; Franco Mallia e Salvatore Dalli Cardil- lo, pregiudicati di Realmonte e Favara, nonché per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Mat- teo. Un personaggio di primo piano dunque della mafia lo- cale ma non solo, infatti, dopo l’arresto di Giuseppe Falsone lo scorso giugno a Marsiglia, Messina era diventato il capo di cosa nostra agrigentina. Un arresto fulmineo quello di Messina reso possibile grazie al- l’informativa dell’Aisi (Agenzia In- formazioni e Sicurezza Interna) che puntava i fari su Favara, sebbene i carabinieri del reparto operativo, fino all’ultimo istante, non sapesse- ro se in quella casa vi fosse oppure no l’ex primula rossa. Unica pista da seguire era Calogero Bellavia, 24 anni, favarese, fidanzato con la nipo- te di uno dei possibili proprietari di quella palazzina abusiva, nella quale Gerlandino si nascondeva, il quale si occupava di rifornire il boss di cibo, abiti e quant’altro avesse bisogno. Marilisa Della Monica continua a pag. 8 foto: agrigentinotizie.it Ritardi Postali Il presente giornale è stato consegnato al Centro Postale Operativo di Agrigento Giovedì 28 ottobre 2010 3 Teatro Pirandello: presentata la stagione 2010/11 di MDM CULTURA 2 La visita del leader dell’UDC ad Agrigento di Salvatore Pezzino CITTÁ Al via le scuole di formazione cristiana Verso l’Assemblea diocesana ANNO PASTORALE 2010-11 l’Arcivescovo consegna il Piano Colpita ma non sconfitta LA DICHIARAZIONE DELL’ARCIVESCOVO «No netto e fermo alla mafia» LA RIFLESSIONE DELL’ARCIPRETE DI FAVARA Ogni cosa (nostra) ha una fine «Non possiamo accettare la mafia, quella tradi- zionale, quella violenta, quella dei boss e dei crimi- nali, e non possiamo restare impassibili o peggio lasciarci coinvolgere dall’altrettanto terribile cul- tura mafiosa». É il commento di mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, in seguito all’arresto di Gerlandino Messina, che ribadisce “il no netto e fermo alla mafia” ed esprime “seria preoccupazione per un modo di fare sempre più diffuso che rical- ca i passi e ripete gli atteggiamenti dei malavitosi e dei capimafia” . continua a pag. 5 Quanto il tempo di una gravidanza. Nove mesi dalla tragedia dei Bellavia, per Marianna e Chiara Pia. 23 gennaio, 23 ottobre. Nove mesi dalla vergogna sul nostro volto: una casa che frana è una città che crolla. In meno di nove mesi, per l’impegno instancabile del Comitato di scopo presieduto da un favarese, una casa – ar- redata e di tutto completa - viene consegnata ai coniugi e al piccolo Giovanni. Non facciamo a tempo a socializzare la gioia del piccolo, piccolissimo, inizio di riparazione nel segno della casa donata... continua a pag. 5 Da un punto di vista linguistico i ter- mini “assemblea” e “chiesa” hanno mol- ti elementi in comune. Entrambi fanno riferimento ad un “ritrovarsi insieme” perché chiamati da qualcuno e perché pronti a trovare, nello stare insieme, il motivo della propria identità. La chiesa è l’assemblea dei credenti e ogni assem- blea è sempre esperienza di Chiesa. Con questo spirito ci accingiamo a vivere l’esperienza dell’assemblea dioce- sana del prossimo 3 novembre, festa di San Libertino, primo Vescovo di Agri- gento. Stiamo cercando di instaurare la prassi che ci porta a far coincidere l’anno liturgico con l’anno pastorale. In questo modo, mentre celebriamo i misteri di Cristo cerchiamo di cammi- nare insieme come Chiesa attraverso l’attuazione del Piano Pastorale Dioce- sano. Il nuovo anno liturgico inizierà il 28 Novembre, I domenica di Avvento ed entro quella data tutte le comunità parrocchiali saranno messe nelle condi- zioni di sperimentare un comune senti- re con le linee-guida della diocesi. Alla celebrazione del 3 novembre siamo tut- ti invitati. Perché un assemblea è tale se vissuta insieme; insieme al nostro Ve- scovo, insieme ai nostri sacerdoti e dia- coni, insieme ai religiosi e alle religiose, insieme a tutti i laici che impreziosisco- no le nostre comunità con i loro servizi e ministeri (lettori, accoliti, catechisti, coordinatori consigli pastorali [...] continua a pag.6 Ormai da diversi mesi si sta pro- muovendo la nascita delle Scuole di formazione cristiana in tutte le fora- nie dell’Arcidiocesi, per rispondere concretamente alla sfida educativa dei Vescovi italiani e per creare occa- sioni di crescita comunitarie. “Il livello foraniale di questa pro- posta - dice don Baldo, vicario per la pastorale - serve a valorizzare meglio le energie presenti nel territorio e far incontrare i diversi soggetti dell’azio- ne pastorale all’interno di una dina- mica formativa il cui obiettivo princi- pale è l’incontro con Cristo attraverso i contenuti teologici fondamentali” . L’iniziativa è stata presentata a tutti i sacerdoti e, nei prossimi mesi, si an- drà realizzando. La forania di Porto Empedocle, cui fanno parte i comu- ni di Siculiana, Realmonte, Cattolica Eraclea, Montallegro, è stata la prima a scommettere su questa proposta, organizzando l’iscrizione, la diffusio- ne e la realizzazione. Il risultato è sta- to eccellente: lo scorso 18 ottobre, ol- tre ottanta operatori si sono ritrovati nei locali della Parrocchia Immacola- ta di Siculiana con un vivo desiderio di crescere nella conoscenza. Sono previsti incontri quindicinali per un triennio durante il quale sono pensate materie teologiche e pastorali. Altre foranie, al più presto, intraprendano questa esperienza che potrebbe dare un volto nuovo alle nostre comunità. Attiva un abbonamento on-line . A soli € 20,00 l’anno riceverai, ogni settimana, il giornale in formato Pdf sulla tua casella di posta elettronica. Per informazioni: 0922/24345 e-mail: [email protected] DAI UN TAGLIO AL TUO ABBONAMENTO

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edizione del 31 ottobre 2010

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N. 38 del 31 Ottobre 2010Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net

Anno 55

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

5

Centro diocesano per le vocazioni: le

iniziative per il 2011

di L.F.

vita ecclesiale

La mafia «struttura

di peccato» «Non è possibile mobilitare

il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di spri-gionare le proprie energie». È una citazione (n.9) tratta dal documento della CEI “Per un Paese solidale. Chiesa Italia-na e Mezzogiorno”. Sempre al n. 9 si legge che, «la crimina-lità organizzata, rappresen-tata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuo-re di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud».

In questi giorni dopo l’arre-sto del reggente di cosa nostra in provincia di Agrigento, Gerlandino Messina, tanto si è scritto sul fenomeno ma-fia. Da questo spazio vorrei cogliere e porre all’attenzione di quanti si dicono cristiani, l’aspetto teologico del fenome-no che, nel documento citato, viene così esplicitato: «Le ma-fie sono strutture di peccato» (n.9).

Che significa questa espres-sione? Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n.1868) si legge che «il peccato è un atto personale». Ma c’è scrit-to anche che «abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo: prendendovi parte direttamente e volonta-riamente, comandandoli, con-sigliandoli, lodandoli o appro-vandoli; non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; proteggendo co-loro che commettono il male».

In altri termini le «strutture di peccato» sono l’espressione e l’effetto dei peccati persona-li. Pensando alla mafia come «struttura di peccato» fac-ciamo riferimento, dunque, alla sua presenza pervasiva fin dentro le istituzioni, alla sua capacità di insediamento culturale, alla volontà di pro-porsi come alternativa al po-tere legittimo delle istituzioni naturali e politiche.

Il documento, inoltre, pren-dendo le distanze dall’illusio-ne di molti, che hanno creduto di vedere nei successi delle for-ze dell’ordine, in questi ultimi anni, il punto d’arrivo defi-nitivo della lunga guerra con le mafie, prende atto di una amara realtà: «Non va igno-rato – vi si legge - purtroppo, che è ancora presente una cul-tura che consente loro di rige-nerarsi anche dopo le sconfitte inflitte dallo Stato attraverso le forze dell’ordine e della ma-gistratura» (n.9).

Carmelo Petronecontinua a pag.5

Arrestato dopo undici anni di latitanza il boss della mafia

agrigentina Gerlandino Messina, trovato in un appartamento di Fava-ra dove si nascondeva da un paio di mesi.

Gerlandino Messina ha un pas-sato di tutto rispetto nell’ambito dell’appartenenza all’organizzazio-ne mafiosa, suo padre Giuseppe, venne ucciso l’8 luglio1986 durante la guerra di mafia con gli “stiddari” ed anche i suoi tre fratelli hanno un passato simile.

Gerlandino Messina è stato accu-sato di associazione mafiosa e di sei omicidi, quelli di Antonino Di Salvo, Giuliano Guazzelli, maresciallo dei carabinieri in servizio ad Agrigento; Ignazio Filippazzo, malavitoso empedoclino; Pa-squale Di Lorenzo, sottufficiale di Polizia penitenziaria; Franco Mallia e Salvatore Dalli Cardil-lo, pregiudicati di Realmonte e Favara, nonché per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Mat-teo.

Un personaggio di primo piano dunque della mafia lo-cale ma non solo, infatti, dopo l’arresto di Giuseppe Falsone lo scorso giugno a Marsiglia, Messina era diventato il capo di cosa nostra agrigentina.

Un arresto fulmineo quello

di Messina reso possibile grazie al-l’informativa dell’Aisi (Agenzia In-formazioni e Sicurezza Interna) che puntava i fari su Favara, sebbene i carabinieri del reparto operativo, fino all’ultimo istante, non sapesse-ro se in quella casa vi fosse oppure no l’ex primula rossa. Unica pista da seguire era Calogero Bellavia, 24 anni, favarese, fidanzato con la nipo-te di uno dei possibili proprietari di quella palazzina abusiva, nella quale Gerlandino si nascondeva, il quale si occupava di rifornire il boss di cibo, abiti e quant’altro avesse bisogno.

Marilisa Della Monicacontinua a pag. 8 foto: agrigentinotizie.it

Ritardi PostaliIl presente giornale

è stato consegnato al

Centro Postale Operativo

di Agrigento Giovedì 28 ottobre 2010

3

Teatro Pirandello: presentata la

stagione 2010/11

di MDM

cultura

2

La visita del leader dell’UDC ad

Agrigento

di Salvatore Pezzino

cittÁ

al via le scuole di formazione cristiana

verso l’assemblea diocesanaanno pastorale 2010-11 l’Arcivescovo consegna il Piano

colpita ma non sconfitta

la dichiarazione dell’arcivescovo

«no netto e fermo alla mafia» la riflessione dell’arciprete di favara

ogni cosa (nostra) ha una fine«Non possiamo accettare la mafia, quella tradi-

zionale, quella violenta, quella dei boss e dei crimi-nali, e non possiamo restare impassibili o peggio lasciarci coinvolgere dall’altrettanto terribile cul-tura mafiosa». É il commento di mons. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, in seguito all’arresto di Gerlandino Messina, che ribadisce “il no netto e fermo alla mafia” ed esprime “seria preoccupazione per un modo di fare sempre più diffuso che rical-ca i passi e ripete gli atteggiamenti dei malavitosi e dei capimafia”.

continua a pag. 5

Quanto il tempo di una gravidanza. Nove mesi dalla tragedia dei Bellavia, per Marianna e Chiara Pia. 23 gennaio, 23 ottobre. Nove mesi dalla vergogna sul nostro volto: una casa che frana è una città che crolla. In meno di nove mesi, per l’impegno instancabile del Comitato di scopo presieduto da un favarese, una casa – ar-redata e di tutto completa - viene consegnata ai coniugi e al piccolo Giovanni. Non facciamo a tempo a socializzare la gioia del piccolo, piccolissimo, inizio di riparazione nel segno della casa donata...

continua a pag. 5

Da un punto di vista linguistico i ter-mini “assemblea” e “chiesa” hanno mol-ti elementi in comune. Entrambi fanno riferimento ad un “ritrovarsi insieme” perché chiamati da qualcuno e perché pronti a trovare, nello stare insieme, il motivo della propria identità. La chiesa è l’assemblea dei credenti e ogni assem-blea è sempre esperienza di Chiesa.

Con questo spirito ci accingiamo a vivere l’esperienza dell’assemblea dioce-sana del prossimo 3 novembre, festa di San Libertino, primo Vescovo di Agri-gento. Stiamo cercando di instaurare la prassi che ci porta a far coincidere l’anno liturgico con l’anno pastorale. In questo modo, mentre celebriamo i misteri di Cristo cerchiamo di cammi-

nare insieme come Chiesa attraverso l’attuazione del Piano Pastorale Dioce-sano. Il nuovo anno liturgico inizierà il 28 Novembre, I domenica di Avvento ed entro quella data tutte le comunità parrocchiali saranno messe nelle condi-zioni di sperimentare un comune senti-re con le linee-guida della diocesi. Alla celebrazione del 3 novembre siamo tut-ti invitati. Perché un assemblea è tale se vissuta insieme; insieme al nostro Ve-scovo, insieme ai nostri sacerdoti e dia-coni, insieme ai religiosi e alle religiose, insieme a tutti i laici che impreziosisco-no le nostre comunità con i loro servizi e ministeri (lettori, accoliti, catechisti, coordinatori consigli pastorali [...]

continua a pag.6

Ormai da diversi mesi si sta pro-muovendo la nascita delle Scuole di formazione cristiana in tutte le fora-nie dell’Arcidiocesi, per rispondere concretamente alla sfida educativa dei Vescovi italiani e per creare occa-sioni di crescita comunitarie.

“Il livello foraniale di questa pro-posta - dice don Baldo, vicario per la pastorale - serve a valorizzare meglio le energie presenti nel territorio e far incontrare i diversi soggetti dell’azio-

ne pastorale all’interno di una dina-mica formativa il cui obiettivo princi-pale è l’incontro con Cristo attraverso i contenuti teologici fondamentali”.

L’iniziativa è stata presentata a tutti i sacerdoti e, nei prossimi mesi, si an-drà realizzando. La forania di Porto Empedocle, cui fanno parte i comu-ni di Siculiana, Realmonte, Cattolica Eraclea, Montallegro, è stata la prima a scommettere su questa proposta, organizzando l’iscrizione, la diffusio-

ne e la realizzazione. Il risultato è sta-to eccellente: lo scorso 18 ottobre, ol-tre ottanta operatori si sono ritrovati nei locali della Parrocchia Immacola-ta di Siculiana con un vivo desiderio di crescere nella conoscenza. Sono previsti incontri quindicinali per un triennio durante il quale sono pensate materie teologiche e pastorali. Altre foranie, al più presto, intraprendano questa esperienza che potrebbe dare un volto nuovo alle nostre comunità.

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� L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010CittàIn Breve politica� Il leader dell’UDC Casini in visita nella città dei templi

Ricominciare da a�grigento

la Settimana di Eugenio Cairone

Il territorio attende“Il Governo del fare, è solo uno spot pubblicitario”. Questa una delle frasi pronunciate da Marco Zambuto nel suo

intervento. Diciamo che potrebbe avere ragione. Il sindaco di Agrigento dimentica, però, che “il governo del

fare” doveva essere anche il suo e la cosa ci aveva fatto sognare grandi cose. Invece, alla luce dell’esperienza di moltissimi agrigen-tini, abitanti dei quartieri cosiddetti satelliti, dobbiamo registrare che “uno spot pubblicitario” sta diventando anche il governo del-la nostra città malgrado ci sia sempre qualcuno che continua a svolgere, con grande sorpresa dell’opinione pubblica, il ruolo di difensore d’ufficio dell’Amministrazione. Marco Zambuto è un giovane che si entusiasma facilmente davanti agli avvenimenti.

Uno di questi avvenimenti è stato l’affidamento dei lavori del Contratto di Quartiere a Fontanelle. Discorsi di circostan-za e tante foto ricordo. Come un ricordo rischia di trasformarsi

l’opera che doveva servire a migliorare il volto della frazione. Ma tornando alla visita di Casini ci si può aggrappare ad un sua frase secondo cui “il Mezzogiorno è a rischio polveriera per le troppe emergenze quotidiane”.

Noi agrigentini, in fatto di emergenze siamo preparatissimi. Li conosciamo quasi tutte. Una per una. Abbiamo vissuto il proble-ma dell’acqua (non ancora del tutto risolto), quello della disoc-cupazione giovanile (dramma nel dramma) e l’emergenza di un territorio assalito dallo squallore.

Perché è sufficiente uno sciopero (continuo) dei netturbini o la carenza di uomini e di fondi per ritrovarsi in uno stato quasi pie-toso. La realtà da noi, purtroppo, è quella che l’onorevole Casini ha citato.

La realtà, cioè, della “polveriera”. Tuttavia, la sua venuta, voglia-mo vederla come un segno positivo. Purchè ci si metta a lavorare sul serio al servizio del nostro territorio e non sia la giornata di lunedì 25 ottobre una passerella come quelle odiose cui la politica ci ha abituati.

san giovanni di dio La Procura chiede proroga delle indagini

La Procura dela Repubblica di Agrigento ha chiesto al Gip una nuova proroga del termine per la chiusura delle indagini preliminari riguar-danti l’inchiesta sulla realizzazione dell’ospeda-le San Giovanni di Dio, effettuata con cemento depotenziato. Il Gip Alberto Gavico ha quindi fissato un’udienza camerale per il 14 dicembre al termine della quale – dopo avere sentito le ragioni dell’accusa e quelle della difesa – deci-derà sul da farsi. Gli indagati di questo procedi-mento penale sono 28. L’inchiesta è coordinata dal procuratore capo Renato Di Natale e dal so-stituto Antonella Pandolfi.

ediLizia scoLastica gli alunni del Majorana protestano

Continuerà fino a venerdì la protesta degli studenti del liceo scientifico “Ettore Majorana” di Agrigento, che hanno occupato per diverse ore il cortile della scuola in segno di protesta. I liceali, ormai stanchi della situazione in cui ver-sa l’edificio scolastico, hanno mostrato a giorna-listi e telecamere le aule-celle in cui sono stipati ogni giorno, le condizioni dei bagni, tra l’altro senza porte, la mancanza di una scala d’emer-genza e il mancato rispetto delle normative sul-la sicurezza in caso di calamità naturali.

via atenea calendario apertura negozi per le festività

L’associazione “Via Atenea friends”, nata con l’obiettivo di valorizzare il centro storico e le at-tività che in esso operano, si sta preoccupando, in queste ore di organizzare al meglio il periodo di aperture nei giorni festivi. L’associazione ha quindi stilato un preciso calendario di aperture, iniziando già da domenica prossima, 31 ottobre, per finire il 9 gennaio del 2011. Nello specifico i giorni di apertura nei festivi saranno domeni-ca 31 ottobre, lunedì 1 novembre, domenica 28 novembre, domenica 5 dicembre, mercoledì 8 dicembre, domenica 12 e 19 dicembre, dome-nica 2 gennaio, giovedì 6 gennaio e domenica 9 gennaio.

associazionisMo il cepasa ricorda la battaglia di Hymera

Per ricordare l’anniversario della battaglia di Hymera, sabato 30 ottobre, alle ore 12,00 sarà deposta una corona di fiori al monumento ubi-cato nella via Imera, in ricordo di tutti i caduti della battaglia del 480 a.C. La manifestazione è organizzata dal Cepasa (Centro Programma-zione Azione Sociale di Agrigento) nel quadro della XXXIV Rassegna Internazionale Premio Telamone 2010. Nella stessa giornata alle ore 9,30 presso l’Istituto Nicolò Gallo si svolgerà un apposito convegno in ordine alla battaglia di Hymera, che salvò la grecità della Sicilia.

sicurezza guidava contromano con patente scaduta

Una donna ottantenne è stata bloccata dai cara-binieri mentre era alla guida della sua utilitaria con la patente scaduta dal 2007. La donna aveva accan-to il fratello cieco, molto conosciuto in città. Il fatto si è verificato ieri mattina in via Mazzini, nei pressi del palazzo di giustizia di Agrigento. Una gazzella dei carabinieri si è accostata alla Seicento che pro-cedeva contromano. I militari hanno intimato alla donna di fermarsi. Dopo un centinaio di metri la donna ha arrestato la marcia dell’auto. La Seicen-to è stata posta sotto sequestro e alla conducente è stata elevata una maxi contravvenzione.

Da Agrigento, il leader dell’UDC, Pierfer-dinando Casini, lancia il Partito della Na-

zione, nel giorno in cui Marco Zambuto ritorna sotto la bandiera dello scudo crociato e nella provincia che ha fatto registrare le maggiori ade-sioni al progetto politico concorrente del Pid.

Casini, è arrivato ad Agrigento dopo avere presenziato alla riorganizzazione del gruppo parlamentare all’Assemblea Regionale Siciliana

dell’UDC-Verso il partito della Nazione. I parlamentari che vi hanno aderito sono Giulia Adamo (capogruppo), Marco For-zese, Mario Parlavecchio, Giovanni Ar-dizzone e Orazio Ragusa. “Tutto procede come previsto – ha dichiarato Casini nel corso della conferenza stampa all’ARS – quando faremo i conti, passivi e attivi, si vedrà che abbiamo fatto un buon lavoro”. E sul Pid di Romano e Mannino ha aggiunto: “Auguriamo agli amici del Pid un buon la-voro perchè non abbiamo nemici, fare po-litica significa andare avanti, ciascuno con le proprie opinioni, le proprie idee”.

Dopo la tappa palermitana, accompagnato dal coordinatore regionale Giampiero D’Alia, in un albergo di San Leone, è stato ricevuto dai sindaci di Agrigento e Porto Empedocle, Mar-co Zambuto e Calogero Firetto, che ricoprono l’incarico di segretario e presidente del partito in provincia.

Zambuto e Firetto, nei loro interventi, hanno ribadito la loro totale fiducia nell’UDC e in Casi-ni, al quale chiedono di riparare i danni causati da un governo nazionale, che si è rivelato “un vero bluff per la Sicilia e per tutto il meridione”. Il sindaco di Agrigento ha detto di vedere nel-l’UDC “un partito che sancisce una nuova uni-tà del paese, un paese che diventerà veramente unito solo quando si guarderà al meridione come terra di sviluppo e investimenti”.

Da parte sua il sindaco di Porto Empedocle ha evidenziato la necessità di un rilancio economi-co della Sicilia grazie anche all’UDC, definito “il partito di centro in condizioni di guidare il paese in un momento politicamente incerto”. E in oc-casione della presenza di Pierferdinando Casini nella città dei templi alla convention organizzata per ufficializzare il rilancio dell’UDC in provin-cia, il consigliere comunale Giuseppe Arnone ha consegnato al leader nazionale dello scudo cro-ciato una lettera nella quale plaude all’operato di Zambuto definendolo “il migliore dei sindaci che abbia mai avuto questa terra” e nella quale

ricorda il suo appoggio convinto all’elezione di Lillo Firetto a sindaco di Porto Empedocle.

Il progetto del Partito della Nazione lancia da Agrigento, attraverso il suo inventore un mes-saggio di speranza e rinnovamento nella difficile situazione della politica italiana, giudicando il bipolarismo all’italiana come una fase in via di superamento. L’implosione dei due maggiori partiti, ha sottolineato Casini, hanno avviato la destrutturazione dell’attuale sistema politico e anticipano una ricomposizione di nuovi equili-bri.

Forti critiche ha poi mosso l’ex presidente del-la Camera dei Deputati alla politica economica del Governo che rischia di fare pagare al sud prezzi altissimi per accontentare la Lega.

Davanti a una sala gremita, hanno preso la pa-rola Marco Zambuto, il sindaco di Campobello di Licata, Michele Termine, Calogero Firetto e Francesco D’Onofrio che ha raccomando a Ca-sini di far partire da questa città un messaggio per il paese. Accanto al sindaco di Agrigento era presente tutta la giunta.

Presenti anche il sindaco di Realmente, Giu-seppe Puccio, quello di Joppolo Giancaxio, Salvatore Lo Dico, quello di Ravanusa, Arman-do Savarino, il presidente del Consorzio Asi di Agrigento, Stefano Catuara, oltre all’assessore Regionale, Andrea Piraino.

Salvatore Pezzino

StRa�de citta�dine Escrementi, volantini e sporcizia

ordinario disamore

sale

scende L’attenzione per gli incivili

Massima severità e rigo-re nell’applicazione delle norme che prevedono sanzioni penali per coloro che abbandonano per stra-da o incendiano i rifiuti. Nel corso di un Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza pubbli-ca presieduto dal prefet-to Ferrandino, sono stati affrontati i temi connessi all’applicazione dell’art.6 della legge 30 dicembre 2008 n.210. Carabinieri e Guardia di finanza hanno tracciato le linee operati-ve finalizzate alla severa applicazione delle disposi-zioni dettate dalla legge in materia di abbandono dei rifiuti, che verranno attua-te con il concorso della Polizia municipale e della Polizia provinciale.

La viabilità in provinciaÉ di queste ore la notizia che il viadotto Rocca Daniele verrà chiuso per un anno per i lavo-ri del raddoppio della strada Statale 640. quindi, cari agri-gentini prepariamoci a rivive-re il calvario della strada che, qualche tempo fa, fummo costretti a percorrere quan-do il viadotto venne chiuso per questioni di stabilità. Ma questa volta saremmo meno arrabbiati quendo dovremmo percorrere quelle strade tra le campagne favaresi perchè, avremo la certezza che il via-dotto verrà riaperto e questa volta avremmo un doppio Rocca Daniele.

foto Schicchi

Alcune osservazioni sulla visita di Casini ad AgrigentoIl ritorno di Marco Zambuto nell’UDC,

colpisce, e non poco, l’opinione pubblica. Da quando è stato eletto sindaco della città dei Templi, la cui candidatura, allo-ra, portò alla rottura con l’UDC del quale era coordinatore provinciale, Zambuto ha gravitato nella lista civica “Marco Zam-buto sindaco”, nel PdL corrente di Alfano, nel PdL Sicilia corrente Cimino, nell’asso-ciazione-movimento politico “Patto per il territorio” ed adesso il ritorno all’UDC.

La motivazione di Zambuto a questo nuovo passaggio non è molto chiara, non potranno giungere finanziamenti da parte del governo nazionale essendo l’UDC al-l’opposizione, nè tanto meno da quello re-gionale, dunque qui prodest tale scelta?

Grande fedeltà hanno dimostrato al sin-daco di Agrigento, alcuni dipendenti co-munali, tra cui molti dirigenti, e gli asses-sori della sua giunta che, dimentichi delle loro posizioni politiche, (esponenti storici del socialismo agrigentino, fedelissimi di Cimino e di Alfano) alcune contrastanti con l’UDC di Casini, hanno voluto fare un “favore” al loro “capo” facendo nume-ro nella sala dell’albergo che ha ospitato la convention. Diverso discorso vale per Ca-logero Firetto, il quale è sempre rimasto fedele al partito dello scudo crociato.

Le aziende di beni di consumo nella società odierna che si trova in uno stato di involuzione per la perdita di migliaia di posti di lavo-ro, per il precariato in crescendo e per il consumo in continua dimi-nuzione, da qualche anno visto che, il loro profitto è in diminuzione, hanno sperimentato il volantinag-gio “selvaggio” porta a porta, pro-ponendo prezzi stracciati per invi-tare a comprare. È un andirivieni di giovani con mazzi di volantini, che vengono messi nelle cassette delle lettere o facendoli passare sotto le porte, o appoggiandoli nei battenti.

Per i giovani nullafacenti è l’occa-sione per guadagnare qualcosa, ma per la città è una sventura, perché le strade sono invase di carte di qua-lunque colore. Ma, che fine fanno i volantini pubblicitari? Quelli sotto i tergicristalli delle auto nella totalità finisco per strada, quelli nella buca delle lettere, in buona parte ven-gono buttati per strada, quelli fatti passare sotto la porta, vanno via da

dove sono venuti.

P o c h i sono co-loro che li raccol-gono per d e p o s i -tarli nella spazzatu-ra.

L’altro giorno il netturbino della mia zona si lamentava dell’incivil-tà degli abitantio della zona che gettano questi volantini in strada. La città di Agrigento non ha mai brillata per pulizia, già i viaggiato-ri del settecento l’avevano notato. Ma oggi la situzione è insostenibile escrementi di colombi, cani randa-gi e non, gatti e topi la fanno da pa-droni. Ed a questa triste situazione si è aggiunto il volantino.

Che fare? Chi ci amministra dove vive? E poi diciamo che Agrigento è città a vocazione turistica.

Giuseppe Russo

pa�la�zzo Sa�n domenico Si dimette dirigente

Qualcosa non vaLa scorsa settimana vi avevamo

raccontato del dirigente che aveva dimenticato di presentare, all’uffi-cio preposto della Regione Sicilia, l’istanza con cui veniva chiesto di inserire la città dei Templi nel-l’elenco delle città turistiche; quel dirigente era stato sollevato dall’in-carico prima che si venisse a co-noscenza di questa dimenticanza per far posto al dirigente vincitore di concorso il quale si è trovato la patata bollente tra le mani, quindi non sapremo mai se sarebbe stato sollevato dall’incarico per questo suo comportamento omissivo.

Questa settimana salgono alla ribalta le dimissioni di un altro dirigente cui è stato notificato,

insieme ad altri tre dipendenti, un avviso di garanzia ed a bre-ve dovrebbe essere sostituito dal nuovo dirigente vincitore di con-corso. L’avviso sarebbe collegato alla delibera di giunta n. 121 del 31 dicembre 2008, con la quale si autorizzava una trattativa priva-ta con procedura negoziata per l’esternalizzazione del servizio sociale professionale e del segre-tariato sociale, con affidamento diretto all’associazione “Tetris” e per la quale i carabineri aveva provveduto al sequestro di atti e documenti.

Qualcosa al comune di Agri-gento sembra non vada per il ver-so giusto. (LdP)

Cultura �L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010

È stata presentata mercoledì mattina nel corso di una

conferenza stampa la nuova stagione teatrale del Teatro Pi-randello di Agrigento.

Una stagione che viene pre-sentata un po’ in ritardo ri-spetto agli passati, solitamente erano già cominciate le rappre-sentazioni, e che risente for-temente di quella che è la crisi ormai congenita delle casse del comune di Agrigento.

Otto le rappresentazioni in cartellone, molto musical e poca, pochissima prosa. Si comincia il 9 dicembre con re-pliche fino a domenica 12 con Gianluca Guidi, Enzo Garinei

e Marisa Laurito in “Aggiun-gi un posto a tavola” famosa commedia musicale di Garinei e Giovannini. A gennaio sarà il turno del direttore artistico del teatro, Gianfranco Jannuzzo che calcherà il palco con il suo “Girgenti amore mio” per la re-gia di Pino Quartullo da giovedì 27 gennaio a domenica 30. A febbraio due gli appuntamenti dal 3 al 6 con Tuccio Musumeci in “Piccolo grande varietà” e dal 17 al 20 con Tato Russo in “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Piran-dello per la regia dello stesso Russo.

A marzo spazio al musical ed all’operetta. Dal 17 al 20 mar-zo ritorna Tony Cucchiara che con il figlio Gianluca presenta il musical “Troglostory – Giu-lietta e Romeo nella Sicilia prei-storica” mentre dal 31 marzo al 3 aprile la Compagnia Italia Operette metterà in scena “La vedova allegra” di Franz Lehar

con Umberto Scida e Ele-na D’Angelo. Ad aprile la stagione si conclude con Gabriele Lavia che dal 7 al 10 aprile porta in scena “Il malato immaginario” di Molière per la regia dello stesso Lavia e con “Chat a due piazze” di Ray Cooney dal 14 al 17 aprile con Fabio Ferrari, Lorenza Mario e Raffaele Pisu per la regia di Gianluca Guidi.

Gli spettacoli saranno di-visi in due pomeridiane (il venerdì e la domenica ore 17.00) e due serali (il giove-dì e il sabato alle ore 20.30). Il costo dei biglietti andrà da € 23,00 (posti di platea o di palco in I fila), € 18,00 (posi di palco in II fila), € 10,00 (gio-vani che non hanno compiuto il 19° anno di età). Gli abbona-menti partiranno da € 170,00 (posti di platea o di palco in I fila), € 125,00 (posti di palco in

II fila), mentre per gli studen-ti dell’Università degli Studi di Palermo e del Polo univer-sitario di Agrigento sono stati predisposti degli abbonamenti speciali.

M.D.M.

In cartellone musical e prosasIcIlIanItÁ teatro pIrandello Presentata la Stagione 2010-2011

popolo o massa di pecoroni?

“Dici l’Anticu: “O fuddra turda, ca ti senti sper-ta / e cridi di sapiri unni vo’ iri, / sulu cu ti cu-manna sapi ‘a porta / di lu prufittu e unni sta ‘u putiri. / Tu servi sulu pi fari fracassu / e ammuc-ciari li briganti a spassu, / ca sannu comu fariti arragliari, / pi putiri iddri godiri e arraffari”.

“Che i più tirano i meno è verità, / posto che sia nei più senno e virtù; / ma i meno, caro mio, tirano i più, / se i più trattiene inerzia o asinità. / Quando un intero popolo ti dà / sostegno di parole e nulla più, / non impedisce che ti butti giù / di pochi impronti la temerità”.

Ho mandato a memoria questi pochi versi che avevo appena dieci anni. Non era stato l’insegnan-te ad assegnarmeli, l’avevo letti per caso, sfoglian-do un’antologia di un compagno che frequentava la terza, mentre io ero in prima ginnasiale. Rimasi tal-mente colpito dal significato, che li copiai in un qua-dernetto che portavo sempre con me. Mi apparvero, subito, una chiave di lettura di quel comune compor-tamento umano, che spesso riduce la gente ad una massa amorfa, oggetto di sfruttamento da parte di pochi truffaldini o anche autentici delinquenti.

Da allora - anni Trenta - quel poeta mi divenne particolarmente amico. Per qualche tempo l’amicizia fu piuttosto circospetta. Dovevo stare attento a non parlarne a scuola, per via della fama di “mangiapre-ti” che l’accompagnava. In verità, della bontà dei suoi versi, ero garantito dal fatto che lo sapevo amico “di quel tal Sandro, autor di un romanzetto / ove si trat-ta di Promessi Sposi”. D’altra parte, come si fa a non stimare uno che ti scrive liriche quali: “Sant’Ambro-gio”, “La fiducia in Dio”, “Affetti di una Madre”, o, che so io, “Lo Stivale”, “La terra dei Morti”, “Il Re Travicel-lo”, “La chiocciola”… e così, di questo passo, sempre preoccupato di potere scuotere il popolo italiano a non comportarsi come una massa di pecoroni, inca-paci di sapere scegliere con un tantino di compren-donio.

Peccato che il poeta Giuseppe Giusti (1809–1850) sia vissuto al tempo del Risorgimento, chissà come avrebbe giudicato: usi, costumi, andazzo disin-tegrato e disordinato, e quindi inconcludente, dell’at-tuale nostra gente? Allora ci furono guerre e morti, non pochi. Si agitarono idee incandescenti, per af-fermare le quali, molti andavano a morire cantando. Sommi poeti e scrittori fecero brillare l’ideale di una “Patria libera”, ove un popolo diviso e sconnesso po-tesse ritrovare una precisa e dignitosa identità, che già gli altri popoli esprimevano, da tempo, nel con-sesso dell’Europa.

Certo, tra gli ideali prospettati ed agitati e la realtà, ne corse di differenza, intrisa di miseria e di abbandono, specie in Sicilia. E, tuttavia, le idee resta-vano, e costituivano fermento tra i giovani, che non si davano certo al vizio e all’infingardaggine, perché sempre illuminati dagli affetti familiari e dalla fiducia in Dio.

Chiediamoci: oggi, quali sono gli ideali che gui-dano la nostra gente e, specialmente, i giovani? Da Agrigento a Palermo, da Reggio Calabria a Reggio Emilia, da Roma a Milano, e ripartendo dalla pre-suntuosa Milano, giù giù fino a Caropepe (Carra-pipi), quale idolo portano in trionfo e celebrano in suo onore le feste le folle osannanti, se non il dio de-naro? Quale ideale si persegue se non la ricchezza? Che pensare di un’intera e variopinta cittadinanza che si riversa ballando e tripudiando per le strade, brindando alla salute per una vincita miliardaria al Superenalotto, senza neppure conoscere il vincitore? Non sono, certo, manifestazioni rassicuranti circa la maturità e l’equilibrio mentale di chi si ubriaca anche solo all’odore del denaro. Uno Stato biscazziere, che “educa” e istiga il suo popolo al gioco, al divertimen-to e alla soddisfazione, anche parossistica, di ogni espressione della sensualità, specie per i giovani, ora o poi dovrà rispondere di avere inoculato idee per-verse e distruttive.

Si assiste, non di rado, allo spettacolo di folle deliranti che custodiscono “religiosamente” le varie “schedine” e le uniche “preghiere” che recitano, sono rivolte a qualche Santo “specializzato” in un certo ge-nere di miracoli. Anche nel Vangelo si parla di “folle”, che seguivano Gesù, ed è proprio strano che lo faces-sero per sentirsi dire: “Beati i poveri, perché di essi è il Regno dei Cieli… Guai a voi, o ricchi, perché avete ricevuto la vostra consolazione!” (Lc 6,20-4).

Le tristi conseguenze di queste idee perverse, purtroppo, costituiscono esperienza lacrimevole anche di tante famiglie rispettabili: i propri figli fi-niscono in carcere per essere stati sorpresi a rubare. Quando, invece, per la maggior parte delle famiglie, l’ideale del benessere era costituito dalla sicurezza del “necessario” (il pane quotidiano) guadagnato col lavoro, anche il più umile, un figlio che venisse accu-sato di latrocinio, rappresentava un tale disonore che si preferiva allontanarsi dal quartiere, o trasferirsi in altro paese.

Piresse

Girgenti: le chiese, i conventi, i monasteridistruzioni e trasformazioni a cura di Nino Sciangula

Chiesa e Convento S. Vito Da una lapide trovata nel convento nel 1741

sappiamo che il complesso monastico di S. Vito fu realizzato nel 1432 su un pianoro della Rupe Atenea, già acropoli di Akragas, ed affidato al Beato Matteo Cimarra (o “Giummarra”?), uomo di straordinarie virtù: Frate Francescano (dei Frati Minori), Gran Maestro degli Ebrei, Vescovo di Girgenti nel 1442. L’edificio aveva 20 celle, una foresteria, una biblioteca, un orto. I locali erano circondati da un boschetto noto

come “La Selva di S. Vito”. Nell’Ot-tocento i Borboni realizzarono ai piedi del convento una bella e grande villa articolata su più terrazzi che dedicarono alla re-gina Maria Teresa

(dopo la loro cacciata, fu intitolata a Garibaldi). Nel 1861 la chiesa, che era all’interno della struttura, fu de-molita. Di essa rimane un bel portale arabo-normanno (foto a sinistra). Nel 1864 l’amministrazione comu-nale decise di convertire il convento di S. Vito in un moderno reclusorio e nel 1885, all’ esterno, vennero aggiun-ti mura, bastioni e torrette. Prima del 1864, come carcere era stato utilizza-to il castello arabo-normanno che si trova sulla parte più alta del Colle di Girgenti, ora adibito a serbatoio co-munale (Serbatoio dell’Itria). La foto che ritrae il convento di S. Vito, di proprietà del Museo Civico, è molto probabilmente la più antica tra quelle che illustrano vari aspetti della no-stra città. Per renderla più leggibile nella parte che ci interessa, è stata leggermenre ritoccata. L’immagine mostra la “selva” ( a sinistra ) ed il convento di S.Vito, prima di essere trasformato

in carcere. Mancano, infatti, le mura, i bastioni e le torrette. In basso, a sinistra, il Calvario.

Bibliografia: S. Sajeva, “Il carcere di Girgenti”, nella rivista mensile “La Siciliana”, II, n.12, p.127, Catania, Avola, Siracusa, 1915. Regesto dei con-venti esistenti in Sicilia nel 1650, in G. di Giovan-ni, “Agrigento Medievale”, 75, Agrigento 1997 . C. Miccichè, “Girgenti”, 307, Agrigento 2006.

appunti Si terrà sabato 30 ottobre,

alle ore 17.00, nell’audito-rium della Chiesa S. Antonio di Raffadali la presentazione del libro “Rosario Livatino. La coscienza di un giudice” di Gilda Sciortino. Interver-ranno il prof. G. Lombardo, insegnate, il dott. F. Proven-zano, giudice della Corte d’Appello di Caltanisetta, don Baldo Reina, Vicario per la Pastorale diocesana, Gilda Sciortino, autrice del libro. Modera il dott. Luca D’Anna, coordinatore della Consulta di Pastorale Socia-le di Raffadali.

Fino al 13 novembre, presso l’Archivio di Stato di Agrigento, dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 e il sabato dalle 9 alle 13, è possibile visitare la mostra “Il pae-saggio agrario nelle carte to-pografiche del XIX secolo”. La mostra è stata allestita in occasione della Giornata Mondiale dell’alimentazione promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali su proposta della FAO ed ha l’intento di documentare e far conoscere le colture più comuni diffuse nel territorio della provincia di Agrigento attraverso le carte topogra-fiche e i documenti d’archi-vio.

GIuseppe InGaGlIo Edizioni Caracol € 23,00

la cattedrale di agrigentoSarà presentato giovedì 4 novembre, alle ore 18,00,

presso la Sala Chiaromontana del Seminario Arci-vescovile di Agrigento, il volume a cura di Giuseppe Ingaglio “La Cattedrale di Agrigento tra storia, arte, architettura. Previsti gli interventi del prof. Francesco Abbate dell’Università degli Studi del Salento, del prof. Edoardo Dotto dell’Università degli Studi di Catania e dell’arch. Pietro Meli della Soprintendenza Beni Cul-turali e Ambientali di Agrigento.

Il volume, con i contributi di diversi studiosi affron-ta, per la prima volta in maniera scientifica e unitaria, lo studio comparato dell’architettura e dell’arte del complesso monumentale della cattedrale di Agrigen-to indagando trasversalmente non solo sulla storia dell’edificio ma anche sulle componenti sociali che

lo hanno voluto, vissuto e tramandato nel corso dei secoli. La cattedrale di Agrigento, con i suoi quasi dieci secoli di storia, è qui studiata attraverso inediti documenti d’archivio che consentono di formulare datazioni certe e di individuare gli artefici della sua lunga realizzazione: dagli architetti ai pittori e agli scultori coinvolti nel cantiere.

Il volume raccoglie gli atti delle giornate di studio dal titolo “La cattedra di Gerlando. Giornate di studi in memoria del can. Domenico De Gregorio”, tenutesi ad Agrigento nell’ottobre del 2007.

foto di Archivio

L u -nedì 25 ottobre ,

presso l’aula magna “S. Pappalar-do” della Facoltà Teologica “San Giovanni Evangelista” di Sicilia a Palermo, alla presenza del card. Paolo Romeo, dei Vescovi del-l’isola e di una vasta platea, è stato presentato il Dizionario Enciclo-pedico dei Pensatori e dei Teologi di Sicilia – secc. XIX-XX, con il

contributo del Progetto culturale della CEI, a cura del prof. France-sco Armetta.

L’opera consta di 6 volumi: tra le 1.000 voci redatte, hanno tro-vato posto anche diversi pensato-ri, letterati, teologi e vescovi della nostra diocesi, redatte da D. De Gregorio di venerata memoria, Vincenzo Lombino, Nicola Ma-donia, Enzo Di Natali, Antonella Montalbano e Giuseppe Verde.

La presentazione del Diziona-rio, curata dal preside della Facol-tà R. La Delfa e da docenti delle Università di Palermo e Catania (Palumbo e Osculati) ha messo in grande rilievo l’importanza cul-turale di un’opera così essenziale per la conoscenza del vissuto e del pensiero, laico e religioso, che ha promosso e realizzato la cultu-ra siciliana degli ultimi due secoli.

LdP

francesco armetta Sciascia Editore € 250,00

dizionario enciclopedico dei pensatori e teologi di sicilia

4 L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010Provincia

L’amministrazione comunale di Cattolica Eraclea farà l’ulti-

mo tentativo per cercare di salvare dalla demolizione forzata il cam-panile della Chiesa Madre che, per

le precarie condizioni di stabilità, rischia di crollare e rappresenta un pericolo per l’incolumità pubblica.

Il sindaco, Cosimo Piro, ha dato l’incarico ad un ingegnere, esperto

di strutture, di valutare la possibilità, come “extrema ratio”, di evitare la demoli-zione di parte dell’immobi-le sacro.

«Vogliamo renderci conto – ci dice il primo cit-tadino – se ci sia un mar-gine, anche il più piccolo, per salvare il campanile. Diversamente, con grande dispiacere di tutti, perché il campanile rappresenta la storia della città, sare-mo costretti ad abbatter-lo, così come consigliano e chiedono i dirigenti del Genio Civile, della Prote-zione Civile, della Sovrin-tendenza ai Beni Culturali e della Curia arcivescovile di Agrigento. Condivido l’amore che hanno per il campa-nile quanti in paese stanno rac-cogliendo le firme della petizione popolare, ma come si fa a correre certi rischi a scapito del’incolumi-tà pubblica»?

Il sindaco di Cattolica Eraclea ha emesso un’ordinanza per l’am-pliamento dell’area di rispetto, la via Casola e la piazzetta adiacente, con delle transenne, per evitare il passaggio di mezzi e persone che potrebbero rimanere coinvolte in un repentino crollo del campa-nile. Da un ulteriore sopralluogo fatto sul campanile della chiesa,

costruito nel 1935, viene fuori che la struttura, appesantita dal ce-mento armato, oggi presenta delle lesioni e poggia pesantemente sul prospetto del luogo di culto.

Il sindaco Piro, che ha dato di-sposizione di fotografare il cam-panile da ogni angolo, avanza la proposta che, se si dovesse pro-cedere alla demolizione, verrebbe ricostruito con denaro pubblico o privato utilizzando del materiale leggero ma rispettando le stesse peculiarità architettoniche e arti-stiche originali.

Enzo Minio

cattolica eraclea L’amministrazione comunale per la Chiesa Madre

«Salviamo il campanile» Brevi provincia

licata Uccisi due anziani coniugi

É giallo a Licata, dove sono stati trovati sgozzati due anziani coniugi. I due, Antonino Timoneri, 82 anni, di Licata, ex dipendente comunale, e la moglie, Rita Di Miceli, 81 anni, originaria di Amatrice, casalinga. I cadaveri con la gola recisa, sono stati scoperti all’interno di una palazzina situata in via Marotta, una tra-versa della centralissima via Roma, a due passi dal Municipio. L’uomo è stato trovato river-so sul pavimento al primo piano dello stabile, mentre la moglie sulle scale dell’appartamen-to. Immediate sono scattate le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Agrigento e dei poliziotti del Commisariato di Licata. L’ipotesi investigativa è quella di un tentativo di rapina finito in tragedia.

favara Messa in sicurezza costone via De Gasperi

Sabato prossimo, 30 ottobre, sarà effettua-to un sopraluogo tecnico al costone roccioso sottostante via De Gasperi per la sicurezza del quale la Regione ha concesso un finanziamen-to di un milione e 500 mila. Saranno presenti il capo del Genio Civile di Agrigento, ing. Ar-menio, con alcuni tecnici, il sindaco Russello e l’on. Luigi Gentile. A breve è prevista la gara per mettere in sicurezza il costone e riaprire al doppio senso un tratto di via De Gasperi.

Menfi varata la nuova giunta municipale

Varato il nuovo esecutivo del Comune. Gio-vani, Agricoltura e Turismo i punti chiave del documento che presenta la novità di un codice etico per gli amministratori. La nuova Giunta è formata da Ignazio Napoli; Nino Di Carlo; Enzo Nastasi; Margherita Ocello.

Tutti vogliamo l’aeroporto«L’aeroporto non è un obiettivo irraggiungibile è un obiettivo possibile ma si deve costruire un sistema di interazionecon gli altri due asset aeroportuali cioè Catania e Comiso nella Sicilia orientale e Trapani/Birgi e Palermo in quella occidentale.Si potrebbe ravvicinare questo obiettivo intanto costituendo strutture eliportistiche che consentano il trasporto veloce di persone e che costituiscono la premessa indispensabile».

Giuseppe Maria Reina - sottosegretario alle infrastrutture e trasporti

Provincia Regionale di Agrigento

inserzione pubblicitaria

L’Ufficio BB.CC.EE. della Curia spiega il perchè dell’abbattimento del campanile

Abbiamo chiesto al direttore dell’Ufficio Beni Cul-turali ed Ecclesiastici della Curia Arcivescovile di Agrigento, don Giuseppe Pontillo, di spiegarci le mo-tivazioni che stanno alla base della scelta di abbattere il campanile della Chiesa Madre di Cattolica Eraclea.

«É ammirevole il legame che la comunità di Cattoli-ca Eraclea dimostra nei confronti di un segno architet-tonico di fede, importante per il suo significato religio-so e popolare. Il problema fondamentale che stiamo tentando di risolvere non è solo e tanto l’abbattimento del campanile, ma soprattutto la neces-sità di coprire la cupola e la parte smembrata del tetto del coro e del tran-setto ancora aperti. Il tetto della navata è già stato messo in sicurezza e consolidato, poichè l’attesa rischiava di far aumentare il rischio di un altro crollo. L’abbattimento del campanile, condiviso da tutti gli organi compe-tenti, era già previsto nelle scelte progettuali originarie (ora secondo stral-cio) condivise dal parroco pro-tempore e dagli Uffici preposti alla tutela e alla vigilanza. La decisione di anticipare l’abbattimento del campanile è dovuta alla necessità di tutelare prima di tutto la pubblica incolumità, e poi il tetto della navata e il proseguimento dei lavori per la copertura di tutta la Chiesa. Analisi tescnico-statiche avvalorano la scelta. Ragioni di sicurezza la supportano. La necessità di non spendere somme dell’attuale finanziamento per il consolidamento del campanile per non bloccare i la-vori di copertura della Chiesa lo impongono. Davanti al problema di una Chiesa smembrata e ancora a cielo aperto l’abbattimento temporaneo del campanile è questione marginale. Il campanile una volta abbattuto sarà ricostruito a suo tempo, questo è l’impegno. Gli atti sono pubblici e visio-nabili da tutti per potere comprendere meglio».

Una casa per non dimenticarefavara La vicenda della famiglia Bellavia

Consegnata sabato mattina a nove mesi esat-ti dalla tragedia del 23 gennaio scorso quando, a causa del crollo della loro fatiscente abitazione, trovarono la morte le piccole Marianna e Chiara Pia, la nuova casa alla famiglia Bellavia.

L’obiettivo è stato raggiunto grazie alla solida-rietà di tante persone e alla caparbietà del comita-to pro famiglia Bellavia, nato il 5 marzo scorso su iniziativa dell’allora prefetto di Agrigento, Umber-to Postiglione. É stato il prof. Giuseppe Mancuso, presidente del Comitato e gli altri componenti, alla presenza delle autorità locali a consegnare le chiavi al signor Giuseppe, alla moglie Giuseppina e al piccolo Giovanni, estratto vivo dalle macerie, a cui l’immobile è stato intestato. Sono stati rac-colti circa 47 mila euro, 40 dei quali utilizzati per l’acquisto, la ristrutturazione e l’arredo completo della casa che è ubicata al civico 24 di via Sottote-nente Callea, uno stabile composto da piano terra, due elevazioni e terrazzino (nella foto).

Per la famiglia Bellavia, dopo l’infinito dolore, finalmente due lieti eventi: la consegna della nuo-va abitazione e il prossimo arrivo di un figlio. La signora Giuseppina, infatti, è in dolce attesa. La

consegna di una casa alla famiglia Bel lavia rimargina solo una delle feri-te che la tragedia di via del Carmine ha lascia-to aperte a Favara. Resta ancora irrisolto il dramma degli sfollati, una ventina di persone ancora senza casa e senza nulla di certo per il loro futuro.

Dopo la benedizione alla nuova casa impartita dall’arciprete di Favara, don Mimmo Zambito, si è aperta la porta del nuovo locale, dove sulle pareti sono stati apposti due poster con i volti di Marian-na e Chiara Pia.

Totò Arancio

aggiustamenti nella giuntaSciacca Palazzo di città

Era nelle previsioni sin dal-l’esordio dell’amministrazione comunale presieduta da Vito Bono, data la compagine va-riegata, ma omogenea negli intenti, vincitrice delle elezioni amministrative del 2009 che, l’attribuzione delle deleghe as-sessoriali, non sarebbe rimasta intangibile per l’intera durata del mandato. Così è stato.

Già nel marzo 2010 il “tec-nico” Ignazio Piazza, detentore della delega alla pesca, è stato sostituito dallo stesso sindaco che ora l’affida al vicesindaco Carmelo Brunetto. Adesso è la volta di altri “tecnici” come An-tonio Turturici e Ignazio Mon-talbano che, dimessisi il 21 otto-bre, sono stati sostituiti da Fabio Leonte e Michele Ferrara (nelle foto) che vantano esperienza assessoriale risalente alla giunta

Cucchiara. Beninteso, l’indiriz-zo della coalizione, che rafferma Bono, coincide con la volontà di caratterizzare la giunta nella li-nea politica per la soluzione di tanti problemi che incombono su Sciacca e di cui si è più volte detto e scritto.

Così a Leonte, che aveva dato l’impronta alla Lista Democrati-ca in appoggio alla candidatura a sindaco di Bono e che non aveva trovato rappresentanza in Consiglio per due soli voti, sono stati assegnati il Bilancio e l’Urbanistica; a Ferrara del M.P.A. andrà la Promozione turistica, lo Sport e il Termali-smo. Al momento si è in pre-senza di un primo documento unitario d’avvio, sottoscritto dai rappresentanti delle liste Par-tito Democratico, M.P.A, Lista Autonoma Saccense e Leali per

Sciacca. Quest’ultima, a cui è stata riconosciuta la pari dignità nelle persone dei consiglieri Mi-chele Patti, Domenico Sandullo e Paolo Gulotta, verificherà le fasi dell’azione programmatica entro la sfera operativa del tavo-lo politico da tenersi una volta la settimana. Data la rimodu-lazione, per gli altri quattro as-sessori, cioè Carmelo Brunetto (vicesindaco, con la Pesca), Al-berto Sabella, Vincenzo Fazio, Gianfranco Vecchio, potrebbe concertarsi anche dell’altro.

Francesco Cassar

5 L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010Società

La rifLessione deLL’arciprete di favara «La città eccelle per i suoi estremi di bene di male»

continua dalla prima

Caro Direttore,con vivo interesse ho letto il paginone che il giornale

ha dedicato alla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, svoltasi recentemente a Reggio Calabria.

È una pagina che lascia bene sperare, soprattutto per la qualità degli articoli. Purtroppo i mass media nazio-nali non hanno dato il giusto risalto che l’evento avreb-be certamente meritato. È questo, mi sembra, dovreb-be farci particolarmente riflettere. Perché i media non hanno dato risalto a questo qualificato raduno? A mio modo di vedere, la ragione bisogna cercarla nel fatto che i cattolici italiani hanno perso la piazza luogo in cui,simbolicamente, si incontra la gente.

I documenti della Chiesa, purtroppo, restano carta. I cattolici italiani, al di là degli schemi partitici, hanno di-menticato la piazza. Soltanto in alcune circostanze ben precise e circoscritte essi sono scesi in piazza: divorzio, aborto, legge 40. Oltre abbiamo avuto soltanto silen-zio. Nella nostra diocesi, la presenza dei cattolici nelle piazze è divenuto un fatto sporadico. Eppure mi preme oggi, caro direttore, evidenziare almeno due motivi che dovrebbero riportare i cattolici nelle piazze: l’esproprio del nostro denaro, tramite le banche venute dal nord, e l’aeroporto come strumento per rilanciare lo svilup-po del nostro territorio sempre più emarginato. Un terzo dei Comuni della nostra Provincia sono a rischio di estinzione. Tra vent’anni scompariranno, malgrado i nostri anziani siano straricchi con i loro depositi, i quali vengono portati fuori, lontano…tramite le banche del Nord. Ecco perché bisogna ritornare alle banche locali. Sull’esproprio, l’Amico del Popolo, ha dedicato anche ampi servizi. A mio avviso, caro Direttore, basterebbero questi due urgenti argomenti per far ritornare i cattoli-ci nelle piazze.

Enzo Di Natali Caro Enzo, i temi che poni sono vasti e complessi, merite-

voli di ulteriore approfodimento. Per quanto riguarda lo smantelllamento sistematico del sistema cre-

ditizio del Sud, con la “colonizzazione” da parte delle banche del Nord degli sportelli della Cassa di Risparmio Siciliana, del Banco di Sicilia e del Banco di Napoli, solo per citarne alcuni, ha creato una forte dipen-denza del sistema bancario meridionale dal Centro-Nord ed ha reso sempre più difficile alle imprese del Sud l’accesso al credito. È indubbio la responsabilità delle dirigenze di questi istituti e deve far riflettere, chi di dovere, per far sì che, i soldi delle banche del Nord, che in buona parte vengono dal Sud, non posso essere solo investiti al Nord.

Tu chiedi: dove sono i cristiani, perchè sono ignorati? Io penso che la Chiesa debba continuare a dare il proprio contributo, con la pastorale ordinaria, prima ancora che con singole denuncie, mettendo mano ad un “progetto educativo” che affronti alla radice, partendo dalla forma-zione delle persone, i problemi della gente e, per fare questo, deve ali-mentare costantemente le risorse umane e spirituali da investire in un tale progetto per promuovere il ruolo attivo dei credenti nella società.

Questo passa per una profonda trasformazione della pastorale, in particolare della catechesi che, nelle parrocchie, deve essere ripensa-ta e rinnovata. La tanto citata affermazione del Concilio che «ai fedeli laici è affidata una missione propria nei diversi settori dell’agire sociale e della politica» deve sollecitare un’azione pastorale che miri a can-cellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa. Bisogna favorire in tutti i modi nuove forme di partecipazione e di cit-tadinanza attiva, aiutando i giovani ad abbracciare la politica, intesa come servizio al bene comune ed espressione più alta della carità so-ciale.

Cordialmente.

Caro Direttore,ogni anno si ripete puntuale la farsa di Halloween. L’occasione

dell’imminente festa cristiana di Ognissanti, ormai per popolari-tà superata dalla più democratica e “political correct” festa di Halloween mi offre l’opportunità di una breve considerazione. In Europa e in Italia, impermeate sempre più da una cultura caparbiamente laicista, che rifiuta, forzando perfino la storia, di riconoscere le proprie origini cristiane, non meraviglia più il fatto che, una festa di arcane origini paganeggianti, mirata-mente trasformata in occasione consumistica e di vago sapore carnevalesco, abbia ormai sopraffatto l’originaria festa cristiana non a caso con essa coincidente temporalmente. Ciò che noto è innanzitutto la pressoché totale indolenza e passività con cui la maggioranza dei cristiani (mi è giunta eco che persino qual-che oratorio ha organizzato la festa di Halloween!) ha in pochi anni, dapprima timidamente tollerato, poi sempre più accettato tale sorpasso festaiolo, secondo la logica del “in fondo che c’è di male”. Lei che ne pensa?

Luisa M.

Molto volentieri, cara Luisa, torniamo su un argomento – l’imminen-te festa di Halloween – che abbiamo più volte affrontato, anche perché ogni anno se ne torna a discutere. La festa di Halloween, nella sua for-ma originaria, non ha niente di disdicevole per la fede, perché è la rie-laborazione cristiana di feste ancestrali celtiche (da cui il nome stesso che significa «la vigilia di Ognissanti»). È vero che, arrivata in America, attraverso i cattolicissimi immigrati irlandesi, deve poi la sua grande fortuna ad una «rilettura» neopagana e neogotica, alla quale non sa-rebbero estranei anche ambienti massonici. Ma spiegarne l’improvvi-so successo anche in Italia solo come un fenomeno consumistico o di colonizzazione culturale (e certamente è anche questo) è francamente riduttivo. Se tanta fortuna ha incontrato anche tra i nostri ragazzi, è anche perché fa leva su alcuni elementi – come l’irrazionale, il magico, il rapporto con i morti – che la nostra cultura razionalistica, o meglio scientista, vorrebbe eliminare del tutto, ma che invece sono parte es-senziale dell’immaginario umano e specialmente di quello infantile e giovanile. E se è giusto esprimere riserve su Halloween questa festa però può essere occasione per impegnarci – ecco il compito della par-rocchia, ma anche dei genitori e degli educatori – a presentare anche ai più piccoli in maniera convincente, con la catechesi e la testimo-nianza, la bellezza e il significato delle celebrazioni del 1 e 2 novem-bre, sempre nell’ottica della Comunione dei Santi, cioè di quel legame profondo che – come ci ricorda il «Catechismo della Chiesa cattolica», – unisce a noi, che siamo pellegrini sulla terra, coloro che passati da questa vita stanno purificandosi, aiutati anche dalle nostre preghiere, e coloro che già godono della gloria di Dio e intercedono per noi.

Cordialmente

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La mafia «struttura di peccato»Quello che bisogna rilevare poiché, dalla

cronaca della cattura di Gerlandino Messina non è emerso abbastanza chiaro è che, alla base della criminalità organizzata, ci sta un substrato culturale che ne rende possibile la fioritura. Un clima, come fa notare Giu-seppe Savagnone, che «va ben oltre i confini delle singole organizzazioni criminali. Risale al 2005, ma è ancora attuale -continua Sava-gnone - la dura denunzia di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia. La latitan-za di Bernardo Provenzano – era allora lui il boss più ricercato, prima della cattura – “la coprono rappresentanti delle istituzioni, la coprono politici, imprenditori, forze di po-lizia. Non è soltanto una copertura da parte di un’organizzazione criminale, ma è una copertura che viene da intere fasce sociali”. In molti allora si scandalizzarono di questa dichiarazione. Ma queste considerazioni, ad esempio, trovano eco nell’ultima relazione semestrale della DIA (Direzione investi-gativa antimafia) sullo stato del fenomeno mafioso e sui risultati conseguiti nella no-stra Provincia. «Una provincia con la “ma-fia dentro”». Così è stata definita la città dei Templi. Secondo lo studio della DIA, «il tessuto sociale agrigentino è caratterizzato da collusioni mafiose che rappresentano il fattore di forza dell’organizzazione di cosa nostra che riesce a mantenere una signifi-cativa influenza sul territorio». In base ai riscontri investigativi e agli studi del Censis, nella provincia di Agrigento un elevato tas-so mafioso è registrato in 37 comuni su 43 totali.

Nella nostra terra la politica e l’ammini-strazione sono sempre state contigue alla mafia. Con ciò non voglio dire che tutti i po-litici e gli amministratori siano mafiosi. Ma per dirla sempre con Savagnone è indubbio

che «la grande risorsa della mafia sono sem-pre stati coloro che, mafiosi in senso stretto, non si potrebbero definire, e che tuttavia forniscono all’“onorata società” il suo brodo di coltura ideale. Persone che non aderireb-bero mai a Cosa Nostra, ma che non esita-no a chiedere favori ad “amici” che vi sono coinvolti e all’occorrenza si sentono tenuti a ricambiarli».

Questa cultura ad esempio accetta, senza un minimo di critica, che uomini indiziati di associazione mafiosa vengano tranquil-lamente votati ed eletti come rappresentanti del popolo, e di contro esponenti della so-cietà civile, della magistratura e delle forze dell’ordine isolati e guardati con sospetto.

Manca, questa è la verità, un’etica pubbli-ca condivisa, che respinga le clientele, i dirit-ti scambiati per favori, il voto di scambio… Indubbiamente le azioni di contrasto alla Mafia servono e sono utili per “eliminare” persone nocive alla società, ma è indubbio che il fenomeno ha risvolti educativi e tocca anche la comunità ecclesiale.

Come Chiesa, forse, accusiamo un ritar-do culturale sul fenomeno mafioso, consi-derandolo molte volte come un fenomeno marginale della società siciliana, un proble-ma, tra i tanti che affliggono la nostra terra. A mio avviso deve essere stigmatizzato il fatto che il ritardo culturale del mondo ec-clesiale consiste proprio nella difficoltà di cogliere il carattere strutturale della mafia, che non è solo una manifestazione di male, ma una causa dei mali, anche morali, della Sicilia.

Occorre, in altri termini, convincersi che la mafia è una apostasia, un “naufragare della fede”, che persegue un progetto diame-tralmente opposto a quello che Cristo affida alla comunità ecclesiale e che essa è, come disse Benedetto XVI nella sua visita a Paler-

mo, “strada di morte” incompatibile con il Vangelo.

Nei confronti della mafia il compito dei cristiani, come scrive Giampiero Tre Re, «è quello di destrutturare gradualmente la sua natura peccaminosa, facendo leva appunto sulla sua radice umana deviata, risanando-la. Un lavoro assai complesso che prevede l’elaborazione di una completa strategia: lo sviluppo di tutta una cultura della respon-sabilità politica dei cristiani, l’elaborazione di pedagogie, metodi di lotta e persino lin-guaggi radicalmente liberati da ogni ombra di violenza».

Su questo terreno, che deve riguardare la pastorale ordinaria, non solo quella dei documenti e delle riflessioni, che si gioca il ruolo decisivo della Chiesa nella nostra ter-ra.

Carmelo Petrone

No netto e fermo alla mafiaPer la Chiesa agrigentina “lottare con-

tro la mafia non è, dunque, solo un lottare contro i boss e le cosche, o condannare la mafia dei cosiddetti colletti bianchi, ma im-parare a riconoscere la moderna e silenzio-sa mafia di tutti i giorni” e “soprattutto di combatterla”. Un cambiamento, sottolinea mons. Montenegro, che si può raggiun-gere iniziando a rifiutare “piccoli atteggia-menti, a non avanzare richieste di favori e cedere ai compromessi”. Da parte nostra, conclude il vescovo, “è bene passare dal-la lotta fatta di parole a quella delle azioni concrete, pronti al sacrificio, anche ultimo, che Cristo ci chiede e che anche Benedetto XVI in visita a Palermo, ci ha ricordato far parte della scelta di essere figli e seguaci del Signore Gesù”.

C.I.

(continua dalla prima) che un’altra “casa” prende il soprav-vento. Gerlandino Messina, il reggente della mafia agrigentina, viene arrestato, in una casa, a Favara. Ti rallegri e ti mortifichi, nel mattino e nella sera, finanche nello stesso evento. “C’è chi ti da fino all’ultima goccia di sangue, ma c’è anche chi ti salassa fino a farti morire”. Per capire, metabo-lizzare e vivere pienamente da credente e da cittadino a Favara, provi a trovar motivi facendo memoria della storia della cit-tà. Un peccato di origine, dice qualche storico, nella fondazio-ne della comunità e che, lo senti dire da parte di tanti, nessuna grazia può redimere: “così siamo fatti, non possiamo cambiare”.

Secoli di vita di stenti e pri-vazioni, furto di pane e dignità. Anni di insicurezza e di violenza spicciola e pervasiva a cause di bande che scorazzano, di cam-pieri, di mafia, e non solo. Lin-guaggio, tratti e atteggiamenti di chi domina inducono alla paura, alla dimensione esclusivamen-te privata, dell’interesse e della difesa ad oltranza del proprio, comunque, sempre. “Familismo asociale”, dicono i sociologi, e lo attribuiscono a tutto il meri-dione d’Italia. Niente Comuni e niente cittadinanza, solo feudi e baroni, il potere che si fa legge, unica legge: quella del più forte. Ad ogni modo la paura la fa da padrona: la paura o ti annulla o ti fa credere di poter con la rea-zione violenta annientare chi ti ostacola. Accaparrare oggi e consumare quel che all’incerto domani non è detto che giunga. La vita incertissima si è consu-mata così, alla ricerca di relazio-ni, di protezioni che potessero garantirti, assicurarti, farti per-

cepire parte di qual-cosa e non elemento isolato e perciò eli-minabile.

“Popolo della vita e cultura di morte”, lo disse Giovanni Paolo II di tutti noi siciliani, e non si sbagliava. Fa-vara è simile al resto del contesto agrigen-tino, ma eccelle per la qualità dei suoi estremi, di bene e di male. Anche la fede, non per ultima, come il valore della persona, della famiglia e della vita sociale, partecipa di questo atavico, tragico malessere della escussione continua: “Parrì - mi dissero appena giunto - a Favara semu o in cielu o nterra”. Mafia sì, ma anche preti, laici e suore missionari in tutto il mondo. Anche la fede, rischia di andar dalla fiducia in Dio alla sua pa-rodia, dai santi come arcani con-sigliori al Cristo unico Signore. Celebreremo la Messa, domani, con un’altra vergogna sul volto di Favara, un altro capomafia ospitato qui, da qualcuno di noi, a casa nostra. La storia però non mi basta. Giunge Domenica, la Parola e il Pane per tutti: i fedeli di Cristo, il popolo di Dio, nella sua Casa, tra le case dei Bellavia, dell’una condizione e dell’altra. Ai due estremi. Dalla casa di coloro a cui la vita è stata tolta, a chi la toglie la vita. “Diceva Gesù una parabola per coloro che si ritenevano giusti e disprezzava-no gli altri… O Dio, abbi pietà di me che peccatore … tornò a casa sua giustificato, perché chi si esalta sarà umiliato”. Nel tem-po di una preghiera, come per i nove mesi dalla tragedia, in una casa donata e in una casa offer-ta – richiesta, con parole e con

gesti che rivelano il cuore, il fine della vita, gli obiettivi raggiunti o mancati, la dignità dei figli – cit-tadini o la paura degli schiavi: tutto è rivelato. “Ringrazio tutti per il dono della casa, esclama Giuseppe Bellavia - accoglierà il figlio che attendiamo, e speria-mo che sia femmina, come Ma-rianna e Chiara Pia”. “Ogni cosa, dice Gerlandino capomafia, ha la sua fine”. A Favara, la sera della IV Domenica di Ottobre c’era la festa del Cristo Crocifis-so, venerato in Matrice, e c’era “a Fera”, la Fiera. Nelle feste pae-sane, spesso nel passato, la ma-fia ammazzava: così si doveva comprendere chi comandava. Stavolta, grazie a Dio, a coman-dare è le legge dello Stato, della nostra Repubblica Italiana, la di-gnità dei Carabinieri e il decoro dei Magistrati. Pensavamo da tempo di fargli una festa a Gesù, una bella festa. L’immaginetta è pronta e diffusa già dallo scorso anno. Sullo sfondo di una pagi-na della Bibbia, in primo piano il Crocifisso, e la scritta del profeta Isaia con una aggiunta, azzarda-ta sembrava allora: “Disprezzato e rinnegato dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosci le sofferenze di Favara”. Nella in-decisione della Comunità, la festa l’ha fatta Gesù a noi. A suo modo, si sa. “Chi si esalta, Dio lo

umilia”. Ora Favara che ha accol-to e ha visto arrestare, prega per-ché Gerlandino, possa avere la mente di Cristo e riconsegnarsi a Lui, uscendo ad ogni modo da questo sistema di morte. La Bibbia e i santini attendono un obbediente e un emulatore, non un ribelle e un pratico denigra-tore del perdono e dell’amore. E preghiamo anche per gli altri mafiosi, dentro e fuori Favara. Non è finita la misericordia del Signore: contro potenze demo-niache, oltre all’esercito, occorre il Dio degli eserciti. Altri, anche a Favara, hanno rifiutato di per-manere nella logica di morte e di mafia. Mentre per noi, tutti noi, fedeli e cittadini, l’arresto sia un segno: ogni umana organizza-zione che, esaltandosi, si oppone al Vangelo di Gesù, è destinata a finire, e con gli uomini che assi-curano ordine e buon governo, rigettando l’illegalità, Favara – come il pubblico peccatore della parabola del Vangelo di domenica – torni alla casa della vita, degna e tranquilla, giustifi-cata. Dio abbia pietà di noi, dissi – sbagliando - all’inizio del rito la messa del 23 gennaio. Dio ha avuto pietà di noi, il 23 ottobre, nove mesi dopo. Ora nasciamo alla sua giustizia e a quella dello Stato.

Domenico Zambito

ogni cosa (nostra) ha una fine

6 L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010Vita Ecclesiale

Sabato 30 ottobre i bambini ed i giovanissimi dell’Azione Cattolica Italiana incontreranno Be-nedetto XVI in Piazza San Pietro. Ad oggi, oltre 80mila i ragazzi e gli adolescenti dai 6 ai 18 anni iscritti, accompagnati da sacerdoti, educatori e genitori. L’incontro-festa, dal titolo “C’è di più. Diventiamo grandi insieme”, avrà come tema la sfida educativa per le nuove generazioni.

Dall’Arcidiocesi di Agrigento saranno circa 150 i ragazzi dell’ACR (Azione Cattolica Ra-gazzi) ed i giovanissimi che parteciperanno al-l’incontro con il Papa.

La nostra arcidiocesi sarà così rappresentata: 20 ragazzi da Agrigento (parrocchia San Gre-gorio), 20 da Racalmuto (parrocchia del Carmi-ne), 22 dall’unità pastorale di San Giovanni Ge-mini, 35 da Cammarata (parrocchia San Vito), 22 da Casteltermini (parrocchia del Carmine), 35 da Canicattì (parrocchie San Diego, Chiesa Madre e San Francesco), per un totale di 145.

Domenica 24 ottobre, gli animatori e una rap-presentanza dei giovanissimi e dei ragazzi han-no avuto un momento d’incontro presso il Se-minario (vedi foto), in preparazione all’evento.

«Quanti pani avete?»CDV e CDM� Le iniziative per l’anno pastorale 2010-2011

e affari economici, ope-ratori caritas, animatori gruppi liturgici…), insieme a tutti colori che si impe-gnano all’interno di gruppi, movimenti e associazioni. La comunione inizia con lo stare insieme per gustare quanto è bello partecipare alla comunione della Trini-tà e testimoniare la polifo-nia della fede nella diversità dei carismi. La dinamica dell’assemblea è semplice:

alle 16,00 ci accoglieremo, come si fa in una famiglia, privilegiando la pedago-gia degli sguardi e degli incontri. Alle 16,30 con un momento di preghiera accoglieremo la parola del nostro Vescovo e presente-remo ufficialmente il nuovo piano pastorale. Intorno alle 17,15 celebreremo la S. Messa ricordando S. Liber-tino e, subito dopo, ritorne-remo nelle nostre comunità

con il cuore pieno, deside-rosi di dire a tutti l’incontro che abbiamo realizzato, di annunciare che la nostra assemblea ci ha consentito di alzare lo sguardo verso il Padre e di tendere la mano con chi avevamo accanto: ci ha regalato, insomma, una bella esperienza di Chiesa da tradurre nelle nostre co-munità.

Baldo ReinaVicario per la Pastorale

Continua dalla prima

Agrigento� Grand Hotel Mosè

Seminari di Sicilia in “Dialogo”

Grazie alla disponibilità dell’Arcivescovo mons. Montenegro si è svolto ad Agrigento, dal 22 al 24 ottobre scorso, il XXXII Dialogo dei Seminari di Sicilia con la presenza e la collaborazione del ve-scovo di Ragusa mons. Paolo Urso, delegato della CESi per i seminari e le vocazioni.

In un momento così particolare della chiesa ed in questo clima di emergenza educativa anche nel campo del sociale si è avvertita la necessità di trat-tare il tema della corresponsabilità: dall’antropolo-gia dell’esclusione verso relazioni sane.

Il Prof. Ferdinando Fava, docente di antropologia all’università di Padova, e padre Roberto Zanbolin psicologo nonché ex padre spirituale del seminario di Palermo, hanno relazionato su tali problemati-che e risposto agli innumerevoli interrogativi sorti durante i gruppi di lavoro svoltisi durante le gior-

nate e che vedevano coinvolti seminaristi ed edu-catori. Sono stati momenti di confronto, di crescita e di comunione tra le Chiese particolari che for-mano l’unica Chiesa di Dio.

Significativo è stato il momento di preghiera missionario svoltosi sabato 23, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, nella Rettoria san Nicola alla Valle dei Templi, dopo la visita all’inter-no del parco archeologico.

Collaborati e affiancati da mons. Urso un’equi-pe di seminaristi, formata da Calogero Lo Bello del seminario di Agrigento, Salvatore Spagnuolo del seminario di Cefalù e Giovanni Piccione del semi-nario di Ragusa, grazie alla disponibilità dei rispet-tivi formatori, hanno curato la parte organizzativa e logistica dell’evento.

C.LB.

“Quanti pani avete? Andate a vedere”. Sarà questo il tema della prossima Giornata Mon-diale di Preghiera per le Vocazioni che si terrà il prossimo 15 maggio 2011. E sarà proprio questo il filo conduttore di tutte le attività che il Cen-tro Diocesano Vocazioni, attraverso la colla-borazione tra il Seminario e alcune comunità, proporrà durante l’anno pastorale 2010-11 ai giovani della nostra Diocesi. Questa settimana abbiamo incontrato don Giuseppe Cumbo (nel-la foto), vice-rettore del Seminario e responsabile del Centro Diocesano per le Vocazioni:

Qual è il messaggio che la Giornata vuole trasmetterci?

Saremo invitati a rivedere la nostra vita per scoprire i doni che siamo chiamati a condivide-re con gli altri.

L’icona biblica proposta, la moltiplicazione dei pani (Mc 6,34-44), ci permetterà di contem-plare un Gesù dal cuore grande che ha compas-

sione per le folle, la generosità di chi mette a di-sposizione di tutti quel poco che ha e i discepoli chiamati a servire e a farsi cibo per gli altri. Da ciascun personaggio saremo chiamati ad impa-rare qualcosa perché la nostra fede possa essere veramente credibile.

Cosa di concreto si proporrà ai giovani?Insieme all’Ufficio di pastorale giovanile, pro-

poniamo ai nostri giovani delle “Giornate di spiritualità”: quattro appuntamenti, nelle cinque zone pastorali della Diocesi, nei quali sacerdo-ti e seminaristi ci faremo compagni di viaggio approfondendo il tema attraverso delle tappe. Il punto di arrivo di questo cammino saranno in particolare due giornate significative per i gio-vani: il Giovaninfesta a Casteltermini (1 mag-gio) e la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (15 maggio).

Per chi volesse approfondire il tema della vocozione?

Per i ragazzi che si interrogano sulla loro vo-

cazione e che desiderano fare un’esperienza più diretta con il Seminario proponiamo i weekend vocazionali. Saranno quattro appuntamenti nei quali si avrà la possibilità di rendersi meglio conto della vita comunitaria del Seminario e in cui non mancheranno momenti di preghiera di riflessione e di fraternità. I destinatari sono i ra-gazzi dai 16 anni in su.

Cosa può fare la comunità cristiana per partecipare attivamente a questo anelito di Dio che è in ciascun giovane in ricerca o in cammino?

Ogni proposta vocazionale deve necessaria-mente essere accompagnata dalla preghiera. Ogni mese in Seminario due appuntamenti, in particolare, vogliono essere di sostegno ai gio-vani che sono in ricerca e anche a coloro che già hanno risposto alla chiamata del Signore.

Per dare a tutti la possibilità di partecipare, il primo appuntamento è quello serale con l’ado-razione eucaristica del primo venerdì. Un’ora di

intensa preghiera, nella Cappella del nostro Seminario, animata dai seminaristi e aper-ta a tutti coloro che desiderano vivere un momento di forte spiritualità.

L’altro appuntamento è il tradizionale secondo giovedì con la preghiera per le vo-cazioni con gli “Amici del Seminario”.

In questo percorso cosa c’entrano i ministranti? E i 5 pani e 2 pesci?

Il Centro Diocesano Vocazioni è anche Centro Diocesano Ministranti.

Il servizio che il Seminario insieme alle parrocchie offre ai numerosi ministranti presenti nella nostra Diocesi è ormai una vera e propria tradizione. La nostra Chiesa agrigentina ha dimostrato sempre di ave-re a cuore la cura di coloro che da sempre hanno costituito un terreno fertile che, nel tempo, ha fatto germogliare numerose vocazioni al sacerdozio. “5 pani e 2 pesci” sarà il tema che approfondiremo insieme ai nostri chierichetti con iniziative, attività e

appuntamenti che faremo conoscere attraverso il giornalino “Servire con gioia”. Il cammino ci porterà poi a celebrare il 57° Convegno Dioce-sano dei ministranti del 15 maggio prossimo, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazio-ni (non il 25 aprile perché Lunedì dell’Angelo).

La pastorale vocazionale è solo rivolta a chi si sente chiamato a diventare sacerdote?

Ogni persona ha un dono e una chiamata specifica di Dio in attesa di essere scoperta. La pastorale vocazionale, anche attraverso queste iniziative, aiuta a scoprire questo piano di Dio e accompagna la persona a raggiungere la pienez-za della sua vocazione come Dio l’ha sognata da sempre. Spero che collaborando possiamo dare questo prezioso aiuto: la nostra testimonianza di vita possa suscitare vocazioni, le più diverse che il Signore mette nel cuore, da quella religio-sa a quella matrimoniale, dal sacerdozio al laico impegnato nella pastorale parrocchiale... e la nostra preghiera sia sempre pronta a sostenerle e a ringraziare il Signore per questi doni di gra-zia.

L.F

Si è tenuto a Siculiana Marina, il 22-24 ottobre, il corso “Nozze di Cana” tenuto da Carlos Macias De Lara, della diocesi di Ragusa e responsabile per l’Italia dei corsi promossi e organizzati dalla Scuola per l’Evangelizzazione e la Catechesi “San-t’Andrea”. Erano presenti, oltre a don Giuseppe Marciante, della parrocchia S. Pietro di Sciacca (che ha presieduto le celebrazioni), 26 coppie della nostra diocesi (Sciacca, Canicattì, Ribera, Caltabellotta) che hanno potuto sperimentare un intenso momento di catechesi sul significato del matrimonio cristiano, attraverso la proiezione di quattro quadri biblici di riferimento: Adamo ed Eva, Gesù alle nozze di Cana, Anania e Saffira, Aquila e Priscilla.

Si tratta di una precisa metodologia catecheti-ca, di tipo esperienziale e testimoniale, che è defi-citaria nella pastorale ordinaria della nostre cate-chesi parrocchiali. I numerosi partecipanti hanno potuto godere anche della presenza e della parola, sempre illuminante, del nostro Arcivescovo che ha consegnato alle coppie presenti quattro verbi da attualiazzare nella propria vita sponsale: pren-dere, benedire, spezzare e donare, attraversati da un preciso accostamento tra la mensa eucaristica e quella familiare. I referenti della Scuola S. An-drea nella nostra diocesi sono le coppie Vincenzo e Rita, Michele e Daniela della parrocchia S. Ca-logero di Sciacca.

A.M.

Scuola per l’evangelizzazione e la catechesi

Caritas diocesana: giovani a scuola di volontariato

Lunedì 25 ottobre, nell’aula magna del Seminario Arcivescovile di Agri-gento, ha preso il via la “Scuola di vo-lontariato” promossa da Caritas Dio-cesana con il Patrocinio dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Agrigento.

Il progetto, indirizzato ai giovani degli Istituti Superiori della Provincia di Agrigento, prevede 36 ore di for-mazione laboratoriale, suddivise in 12 moduli, sui temi del volontariato, della povertà, della giustizia sociale, della mondialità, dell’intercultura, della cit-tadinanza attiva e della salvaguardia del creato.

A queste ore teoriche si accompa-gneranno esperienze concrete di vo-lontariato presso strutture accreditate.

Gli incontri teorici avranno cadenza quindicinale e si terranno nei locali del Centro di Ascolto Diocesano di vicolo Lauricella.

Sono 100 gli studenti iscritti a que-sta prima edizione. Per facilitare le dinamiche laboratoriali saranno divisi in due turni. Al termine del percorso sarà rilasciato un attestato di parteci-pazione spendibile ai fini dei crediti formativi.

C.S.

Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010

a cura di Gino FaragoneXXXI Domenica del Tempo Ordinario

Molto confidenzialmente a colloquio con Zaccheo

«Benedirò

per sempre

il tuo nome,

Signore»

la Parola

Tutto sarebbe stato più facile, se tu ci avessi lasciato un’intervista, una bella te-stimonianza sulla tua conversione, sulla voglia di vedere Gesù, sul seguito del-l’incontro che hai avuto con Lui, mentre passava da Gerico diretto verso Gerusa-lemme.

E invece ci dobbiamo accontentare del breve ritratto che il buon Luca ci re-gala nel suo vangelo (19,1-10). Te lo dico confidenzialmente: sei stato trattato con i guanti gialli. Conosciamo la sua bontà d’animo e il suo debole nei confronti dei pubblicani che guarda con particolare benevolenza. Fin dalle prime pagine ci fa sapere che alcuni di voi andavano da Giovanni per farsi battezzare (3,12), ac-cogliendo anche una proposta minimale, quella cioè di non chiedere più di quan-to fissato, ma questo però non cambiava la situazione. Luca poi narrando la vo-cazione di un tuo collega Levi (5,27-29) non si lascia sfuggire l’occasione per sot-

tolineare lo sguardo di Gesù. E tu puoi comprendere meglio, tu che hai vissuto un’esperienza simile. Anche tu infatti ti sei lasciato raggiungere dal suo sguardo di bontà. L’occhio di Dio riesce a cogliere ciò che di buono c’è in ciascuno di noi (cfr Gen 1,31), il suo occhio trova riposo quando recupera ciò che aveva perdu-to, quando riesce a scorgere il figlio che torna a casa (Lc 15). Facendo entrare nella cerchia dei suoi apostoli il pubbli-cano Matteo e condividendo la gioia della mensa con peccatori e pubblicani, Gesù suscita davvero un grande scalpo-re. Non si sottrae alla pubblicità del suo gesto, anzi lo fa in un modo solenne, in un banchetto. Successivamente Luca ci fa sapere (7,29) che alcuni pubblicani accettando la predicazione del Battista si sono resi docili al piano di salvezza di Dio e diventare suoi amici. Non ci sor-prende perciò vederli attenti alla pre-dicazione di Gesù suscitando scandalo

presso scribi e farisei (15,1-2). E Gesù non teme di proporre come esemplare proprio la preghiera di un pubblicano (18,10 ss).

La gente vi osservava con sospetto, vi giudicava traditori, pecore nere e vi temeva. Voi riscuotevate le tasse a fa-vore del potere romano, ma certo non riscuotevate altrettanto la simpatia e il favore del popolo. Il vostro lavoro vi aveva trasformati in antipatici strozzini. Eravate odiati non solo come chiunque esiga tasse, ma anche perché mantene-vate in vita un sistema di oppressione straniera. La vostra non doveva essere una vita facile: eravate considerati pub-blici peccatori,non potevate fungere né da giudice né da testimone nei processi, non potevate avere accesso ai pubblici uffici e il vostro denaro ritenuto con-taminato dall’ingiustizia non entrava nella cassa dei poveri o nelle elemosine del tempio. Tutto quello che faceva-

te o possedevate era ritenuto impuro. Paradossalmente il tuo nome significa “puro, giusto”. Il tuo incontro con Gesù ci fa comprendere che nessuno è esclu-so dalla possibilità di salvezza, che la misericordia e il perdono sono offerti a tutti e che la ricchezza non è un ostaco-lo assoluto ad entrare nel regno di Dio. Un amore senza frontiere offerto a tutti. Il peccato per Dio non rappresenta una sconfitta del suo amore. Non importa se per tutti tu sei un peccatore pubblico, ma sei anche un’occasione per manife-stare l’amore di Dio. Non ti nascondo che mi ha sempre impressionato quel tuo nasconderti appollaiato sul sicomo-ro, lontano dagli sguardi indiscreti della folla, solo, forse tra le lacrime, anche in ragione della tua piccolezza. Ti spingeva solo la voglia di vedere Gesù, senza com-prometterti più di tanto. E invece: Gesù ti guarda, ti chiama per nome, ti onora con la sua visita e ti offre la salvezza.

I ragazzi dell’Oratorio

Presentazione Piano PastoraleIl dipartimento pastorale della Curia ha predisposto il seguente calendario per la presentazione del Piano Pastorale nelle Foranie:Giovedi 4 novembre: Porto Empedocle, Ribera, Sciacca,Palma Montechiaro Venerdì 5 novembre: Cammarata, Alessandria, Licata,RaffadaliLunedì 8 novembre: Canicattì, Ravanusa, Racalmuto, MenfiMartedì 09 novembre: Agrigento, Lampedusa (videoconferenza), Favara.

Seminario ArcivescovileIl Rettore del seminario arcivescovile, don Giuseppe D’Oriente, rende noti gli appuntamenti per il mese di novembre: Adorazione Eucaristica: 5 novembre 2010 ore 21.00 II Giovedì del Mese: 11 novembre 2010 ore 16.00 Preghiera per le Vocazioni con gli Amici del Seminario Centro Diocesano Vocazioni: 6 -7 novembre, ore 16.00, in Seminario Weekend vocazionale (per ragazzi dai 16 anni in su) Centro Diocesano Vocazioni: domenica 7 novembre, ore 9,30 Giornata di spiritualità per giovani sul tema “date loro VOI STESSI da mangiare”. Ad Agrigento in Seminario, a Casteltermini, presso la Chiesa del Crocifisso, a Campobello di Licata, presso l’Oratorio don Milani, a Licata, presso la Casa delle Orsoline a Montevago, presso le Missionarie di P. Kolbe.Centro Diocesano Ministranti: mercoledì, 10 novem-bre, ore 16,00 in Seminario incontro con gli animatori dei gruppi dei ministranti.

Caritas DiocesanaIl direttore della Caritas, Valerio Landri, comunica che sono stati programmati gli incontri di informazione/formazione, in ogni forania sul tema della “Caritas Parrocchiale”, rivolto agli operatori pastorali e, in par-ticolare, agli animatori della carità: Il primo incontro si terrà, per la Forania di Agrigento, il 5 novembre alle ore 18.30 presso la Parrocchia B.M.V. della Catena (Villaseta).

Ufficio LiturgicoIl direttore dell’Ufficio Liturgico, don Giuseppe Morreale, ha reso noto il calendario degli incontri di formazione per i ministri straordinari della Santa Comunione. Il primo si terrà per la Forania di Favara il 4 e il 5 novembre presso la parrocchia SS.Pietro e Paolo di Favra, a seguire, l’8 e 9 novembre per la Forania di Cammarata presso la parrocchia Santa Maria di Gesù di Cammarata.

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Educare per far conoscereistituto tEologico s. grEgorio agrigEntino Prolusione apertura Anno Accademico

Mons. Calogero Peri, ve-scovo di Caltagirone, già

docente di filosofia, ha aperto con la sua lectio magistralis l’Anno Accademico dell’Isti-tuto Teologico “San Gregorio Agrigentino” del nostro Semi-nario Arcivescovile, affiliato alla Facoltà Teologica di Sicilia. Il Presule nel dare corso al tema assegnatogli, “Educare come sti-le di trasmissione”, ha premesso che è problematico, perciò non del tutto condivisibile, il porre a tema l’educazione declinan-dola come “emergenza” poiché l’attuale scenario culturale, che costituisce lo stesso sfondo del tema, è quello della crisi la quale prepara un novum il cui esito è possibile intravedere ma non mettere a tema nelle sue ricche articolazioni.

Mons. Peri non si è perso in dotte citazioni, che certo non

mancano nel suo strumentario conoscitivo, ma sapientemente, ha tralasciato l’analisi del dato che non c’è e ha focalizzato la sua attenzione sull’orizzonte e sul tono culturale che storica-mente ha determinato i grandi mutamenti di paradigma nella trasmissione del sapere.

L’educazione in questa pre-sentazione storico-prospettica è stata sostanzialmente intesa come trasferimento di cono-scenze da una generazione al-l’altra, dunque trasmissione di un patrimonio che va dal più elementare, che è quello della saggezza popolare, a quello più elaborato della poesia gnomica, per giungere poi ai grandi poe-mi omerici i quali passano il te-stimone al sapere riflesso che ha il suo esito nella produzione di una forma peculiare del sapere occidentale che è la filosofia.

Mentre la saggezza, da cui de-riva il filone sapienziale, postula la comunicazione tra soggetti il cui mezzo di trasferimento è la viva voce (trasmissione orale) con un conseguente sviluppo dell’ascolto e della memoria, la filosofia, che è sapere di se-condo grado, sapere riflesso, usa come mezzo traspositivo la scrittura (ne è eloquente testi-mone primigenio i Frammenti dei Presocratici, ma ancor più i Dialoghi di Platone), si incentra sulla capacità del soggetto e ha come organo conoscitivo e cen-tro di elaborazione la ragione, la cui forza o debolezza si esprime mediante l’argomentazione.

Oggi, dalla tradizione scritta, si assiste ad un cambio di para-digma il cui esito è prematuro da definire (tranne per i tele veg-genti di sventura!), che ha nel-l’immagine il mezzo di trasmis-sione del sapere, nella TV e nel PC i suoi strumenti tecnologici, anziché nelle tavolette d’argilla, nei papiri, nelle pergamene e nei libri a stampa; nell’internet ha la fonte delle conoscenze e, nel-l’intelligenza artificiale, sia essa quella del telefono cellulare o dei

mainframe, il centro dell’elabo-razione del calcolo dal più sem-plice al più complesso.

Proprio in questo livello, ossia nell’uso delle fonti presenti sul web, generalmente anonime, si apre il varco e quindi una chan-ce, per la comunità educante, sia essa famiglia, scuola, parroc-chia… che può e deve formare fruitori critici delle fonti e del sapere per immagini.

A proposito di immagine, ci pare di poter concludere oppor-tunamente con l’uso di una di esse: se ieri la fatica dell’educa-tore si affannava nel creare l’at-tenzione e l’ascolto, rivolgendosi precipuamente all’affinamento dell’udito (orecchio), succes-sivamente all’occhio, da cui la coordinazione oculo-manuale necessaria per la scrittura, oggi e nel prossimo futuro, ciò che pare sia necessario educare, sarà lo sguardo. I medievali asseri-vano che laddove c’è lo sguardo fiorisce l’amore, dopo la lectio di mons. Peri riteniamo sia possibi-le concludere che laddove c’è la capacità di vedere oltre fiorisce la novità, averne paura perché?

Alfonso Cacciatore

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avvicendamenti: c’è chi va e c’è chi vieneSi sono conclusi domenica 24 gli avvicendamenti pastorali

nelle parrocchie dell’Arcidiocesi di Agrigento, secondo le no-mine che l’Arcivescovo aveva predisposto. In tutto sono stati circa 40 i parroci interessati che a scadenza del mandato o per

motivi pastorali si sono avvicendati nelle parrocchie dell’Arci-diocesi di Agrigento. Così in queste ultime domeniche abbia-mo visto comunità salutare, i “vecchi” parroci, ed accogliere i “nuovi”. Vi proponiemo qualche foto dalle parrocchie.

� L’Amico del Popolo31 Ottobre 2010Attualità

diario multimedi@le«La libertà? É partecipazione»Caro diario,a seguito della precedente rubrica, un lettore, via

“Facebook”, mi chiede quale sia il mio concetto di Libertà.

Sintetizzo. La Libertà é un diritto naturale, fonda-mentale, inalienabile, che deve essere garantito con i fatti e non millantato con mendaci esercizi di re-torica (o pretestuosamente negato per autotutela di sistema) da qualsivoglia “establishment” di Potere. Il mio diritto alla Libertà è anche il mio dovere di ga-rantirla agli altri, ovunque e comunque.

La mia Libertà finisce dove inizia quella degli altri, laddove non ha nulla a che vedere e a che fare con un suo esercizio arbitrario nei termini d’un liberti-nismo incontrollato, asociale, amorale, “libertario”, che miri a confonderla con il mancato rispetto delle regole etiche, democratiche e civili. Non vado oltre solo per motivi di spazio, e mi riservo di riprendere l’argomento: ma a quel lettore (ed a tutti gli amici che mi seguono) propongo e faccio mie “in toto” le considerazioni di due grandi personaggi del nostro tempo.

Paul Eluard, poeta, 1942. “Sui miei quaderni di scolaro / Sui miei banchi e sugli alberi / Sulla sabbia e sulla neve / Io scrivo il tuo nome / Su tutte le pagi-ne lette / Su tutte le pagine bianche / Pietra sangue carta cenere / Io scrivo il tuo nome / Sulle dorate immagini / Sulle armi dei guerrieri / Sulle corone dei re / Io scrivo il tuo nome / Sulla giungla e sul deserto / Sui nidi e sui cespugli / Sull’eco della mia infanzia / Io scrivo il tuo nome / Sui prodigi della notte / Sul pane bianco dei giorni / Sulle stagioni promesse / Io scrivo il tuo nome / Su tutti i miei stracci d’azzurro / Sullo stagno sole marcito / Sul lago luna viva / Io scrivo il tuo nome / Sui campi sull’orizzonte / Sulle ali degli uccelli / Sul mulino delle ombre / Io scri-vo il tuo nome / Su ogni sbuffo d’aurora / Sul mare sulle barche / Sulla montagna demente / Io scrivo il tuo nome / Sulla spuma delle nuvole / Sui sudori della tempesta / Sulla pioggia fitta e smorta / Io scri-vo il tuo nome / Sulle forme scintillanti / Sulle cam-pane dei colori / Sulla verità fisica / Io scrivo il tuo nome / Sui sentieri ridestati / Sulle strade dispiegate / Sulle piazze che trabordano / Io scrivo il tuo nome / Sul lume che s’accende / Sul lume che si spegne / Sulle mie ragioni riunite / Io scrivo il tuo nome / Sul frutto spaccato in due / Dello specchio e della mia stanza / Sul mio letto conchiglia vuota / Io scrivo il tuo nome / Sul mio cane goloso e tenero / Sulle sue orecchie drizzate / Sulla sua zampa maldestra / Io scrivo il tuo nome / Sulla pedana della mia porta / Sugli oggetti di famiglia / Sul flusso benedetto del fuoco / Io scrivo il tuo nome / Su ogni carne con-sentita / Sulla fronte dei miei amici / Su ogni mano che si tende / Io scrivo il tuo nome / Sui vetri degli stupori / Sulle labbra intenerite / Al di sopra del si-lenzio / Io scrivo il tuo nome / Su ogni mio infranto rifugio / Su ogni mio crollato faro / Sui muri della mia noia / Io scrivo il tuo nome / Sull’assenza priva di desideri / Sulla nuda solitudine / Sui sentieri della morte / Io scrivo il tuo nome / Sul rinnovato vigore / Sullo scomparso pericolo / Sulla speranza senza ricordo / Io scrivo il tuo nome / E per la forza di una parola / Io ricomincio la mia vita / Sono nato per conoscerti / Per nominarti / Libertà”. Giorgio Ga-ber, cantautore, 1972. “Vorrei essere libero, libero come un uomo. / Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia / e che trova questo spazio solamente nella sua democrazia, / che ha il diritto di votare e che passa la sua vita a delegare / e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà. / […] Come l’uomo più evoluto che si innalza con la propria intelligenza / e che sfida la natura con la forza incontrastata della scienza, / con addosso l’en-tusiasmo di spaziare senza limiti nel cosmo / e con-vinto che la forza del pensiero sia la sola libertà. / La libertà non è star sopra un albero, / non è neanche un gesto o un’invenzione, / la libertà non è uno spa-zio libero, / libertà è partecipazione”.

Nuccio Mula

Le persone e le regoledossier caritas/migrantes Cinque milioni gli immigrati in Italia

Chiuso il 27 ottobre ore 12.00

Vent’anni fa gli immigrati in Italia non superavano il

mezzo milione di presenze. Nel frattempo la popolazione immi-grata è cresciuta di quasi 20 volte, arrivando alla soglia di 5 milioni, ma “insieme al numero degli im-migrati sono aumentate anche le chiusure”. È la valutazione fatta dal Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes 2010, giunto quest’anno alla ventesima edizio-ne e presentato oggi, 26 ottobre, a Roma e in altre città italiane.

Un immigrato ogni 12 resi-denti. All’inizio del 2010 l’Istat ha registrato 4 milioni e 235 mila residenti. Secondo la stima del Dossier, invece, includendo tutte le persone regolarmente soggior-nanti, le presenze sono 4 milioni e 919 mila (1 immigrato ogni 12 residenti, il 7% della popolazione italiana). Questa realtà nel pa-norama europeo si caratterizza anche per il notevole dinami-smo: l’aumento è stato di circa tre milioni di unità nel decennio e di quasi 1 milione nell’ultimo biennio. Quanto agli irregolari, si stima che essi siano 500-700 mila, tendenzialmente in calo (lo scorso anno le stime ipotizzavano circa un milione). “Intanto, però, com-plice la fase di recessione - con-stata il Dossier -, sono cresciute anche le reazioni negative. Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realtà” e “su questa distorta percezione in-fluiscono diversi fattori, tra i quali anche l’appartenenza politica”. Nella ricerca Transatlantic Tren-ds (2009), ad esempio, gli inter-vistati hanno ritenuto che gli im-

migrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di più rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i “clandestini” siano più numerosi dei migranti regolari (mentre le stime accredi-tano un numero attorno al mezzo milione).

Intrecci interculturali. Sono circa 240 mila i matrimoni misti celebrati tra il 1996 e il 2008 (qua-si 25 mila nell’ultimo anno); più di mezzo milione le persone che hanno acquisito la cittadinanza, di cui 59 mila nel 2009; oltre 570 mila gli “stranieri” nati diretta-mente in Italia; quasi 100 mila quelli che ogni anno nascono da madre straniera; più di 110 mila gli ingressi per ricongiungimento familiare. La collettività romena è la più numerosa, con quasi 900 mila residenti; seguono albanesi e marocchini, circa mezzo milione, mentre cinesi e ucraini sono quasi 200 mila. Nell’insieme, queste 5 collettività coprono più della metà della presenza straniera (50,7%). Roma e Milano, con rispettiva-mente 270 mila e 200 mila stra-nieri residenti, sono i comuni più rilevanti, ma gli immigrati si sta-biliscono anche nei piccoli centri, spesso con incidenze elevate. Ad esempio, sono il 20% a Porto Re-canati (Mc).

Il contributo all’economia. Gli immigrati contribuiscono alla produzione del Prodotto interno lordo per l’11,1% (stima di Union-camere per il 2008). “Venendo essi a mancare, o a cessare di crescere, nei settori produttivi considera-ti non appetibili dagli italiani (in agricoltura, in edilizia, nell’indu-

stria, nel settore familiare ecc.) il Paese sarebbe impossibilita-to ad affrontare il futuro”, os-serva il Dossier. Gli immigrati, infatti, “versano alle casse pub-bliche più di quanto prendano come fruitori di prestazioni e servizi sociali”: quasi 11 mi-liardi di contributi previden-ziali e fiscali l’anno “che hanno contribuito al risanamento del bilancio dell’Inps”. Essi, inoltre, dichiarano al fisco oltre 33 mi-liardi l’anno. A livello occupa-zionale gli immigrati incidono per circa il 10% sul totale dei lavoratori dipendenti, e sono sempre più attivi.

Il fattore “criminalità”. Come ogni anno il Dossier Caritas/Migrantes ridimen-siona l’enfasi data al fattore criminalità con motivazioni fon-date: tra le tante, è dimostrato che “il ritmo d’aumento delle denunce contro cittadini stranieri è molto ridotto rispetto all’aumento del-la loro presenza”; “il confronto tra la criminalità degli italiani e quella degli stranieri ha consenti-to di concludere che gli italiani e gli stranieri in posizione regolare hanno un tasso di criminalità si-mile”.

Sbarchi, respingimenti e rim-patri. Caritas e Migrantes ricono-scono la “necessità di controllare le coste” contro i trafficanti di ma-nodopera, ma il rigore “va unito al rispetto del diritto d’asilo e della protezione umanitaria”. “Il contra-sto degli sbarchi - afferma il Dos-sier - non deve far dimenticare che nella stragrande maggioranza dei casi all’origine dell’irregolarità vi sono gli ingressi legali in Italia,

con o senza visto, di decine di milioni di stranieri che arrivano per turismo, affari, visita e altri motivi”. Rispetto a questi flussi anche la punta massima di sbar-chi raggiunta nel 2008 (quasi 37 mila persone) è “ben poca cosa”. E “risulterà inefficace il controllo delle coste marittime - rileva - se non s’incentiveranno i percorsi regolari dell’immigrazione”. In-tanto nel 2009 sono stati registra-ti 4.298 respingimenti e 14.063 rimpatri forzati, per un totale di 18.361 persone allontanate. Le persone rintracciate in posizione irregolare, ma non ottemperanti all’intimazione di lasciare il terri-torio italiano, sono state 34.462. Le persone trattenute nei centri d’identificazione e di espulsione sono state 10.913. Nell’insieme il 58,4% non è stato rimpatriato.

Marco Deriu

In particolare, ha spiegato il maggiore Salvo Leotta, a capo del reparto operativo di Agrigento, è stato l’atteggiamento estrema-mente guardingo del giovane a trarre in sospetto i militari.

Quello che colpisce, nella vi-cenda che ha portato all’arresto di Messina, è l’omertà che ancora vige all’interno della società agri-gentina, sicuramente molti ave-vano intuito che, in quell’appar-tamento di via Stati Uniti, vi era qualcosa di strano ma nessuno ha pensato di informare le forze del-l’ordine.

Fa poi riflettere l’atteggiamen-to dei familiari che si dimostrano pura famiglia mafiosa, una nipote

del boss, su un social network è fiera di essere imparentata con Messina, definendolo “una per-sona bellissima che amo più della mia vita”, davvero può definirsi “bellissima” un uomo che ha ucci-so 6 persone?

L’arresto del boss empedoclino deve far riflettere sul vero com-portamento della nostra società, se tutti i convegni, le manifesta-zioni, i cortei ed i progetti nelle scuole contro la mafia ed il com-portamento mafioso siano reali o solo pura ipocrisia. Ricordiamoci che non è mafioso solo chi è affi-liato a cosa nostra ma anche chi ha comportamenti da mafioso, da prevaricatore, che va contro la

legge anche quella morale, è ma-fioso chi parcheggia in seconda fila e con atteggiamento spavaldo affronta il vigile urbano, è mafioso chi non rispetta la fila allo sportel-lo postale, chi utilizza il proprio ruolo istituzionale per far “viag-giare” su un binario privilegiato le pratiche di familiari o amici negli uffici comunali, provinciali o regionali; chi non paga le tasse; il libero professionista o l’artigiano che non rilasciano la fattura ma, lo siamo anche noi, quando accettia-mo questi comportamenti senza indignarci, senza sentirci offesi da questi “furbi-mafiosi”, siamo con-niventi con i loro comportamenti e dunque uguali a loro.

La mafia, i comportamenti mafiosi possono essere sconfitti solo se si diventa consapevoli dei propri diritti, quelli sanciti dalla Carta Costituzionale e che, molto spesso, il politicante di turno tra-sforma in favori. La conoscenza, il sapere sono le armi che abbiamo per sconfiggere l’ignoranza ma soprattutto la mafia, anche quella dei colletti bianchi.

Marilisa Della Monica

continua dalla prima

scorci di vita modernasocietÁ� Dai fatti di cronaca un voyerismo sempre più spinto senza rispetto per il dolore

Che si stia perdendo il senso di questo nostro viaggio terreno non è certo né una novità, né una notizia che possa generare scalpore. Siamo esseri sempre più in balia di emozioni effimere, incapaci di distogliere lo sguardo da noi stessi e di prestare attenzione a ciò che è “altro”. Siamo quegli stessi uomi-ni che, nascosti dietro una finta maschera di sbigottimento e compassione, non disto-gliamo nemmeno per un attimo il nostro sguardo morboso da Avetrana, da Roma e da Milano. Come se, questi recenti fatti di cro-naca italiana fossero solo delle sequenze di un qualsiasi film o scene girate per il nostro puro intrattenimento. Eppure così non è.

Quei luoghi sono lo sfondo di questo no-stro decadentismo moderno; sono lo sce-nario reale in cui uomini come noi – esseri che solo qualche istante prima respiravano, pensavano, sognavano – hanno trovato pre-maturamente ed inaspettatamente la morte. Perché così è stato deciso da un altro uomo. Così ha ritenuto opportuno un altro essere pensante; una persona tra le tante, una qua-

lunque. Un uomo come noi, elemento di questa nostra moderna umanità. E se solo per un attimo aprissimo gli occhi ed il cuore, allora ci accorgeremmo della efferata atrocità di questi episodi di vita “quotidiana”. Perché se è già così difficile accettare la morte, anche se ci si professa credenti; è incomprensibile trovarle un senso quando questa avviene per un intervento umano.

La piccola uccisa in Puglia, l’infermiera rumena, il tassista milanese, meritavano tut-to questo? Meritavano di essere il bersaglio della follia cieca e dell’egoismo umano? E se fosse stato un nostro figlio o una nostra so-rella, nostra moglie o nostro marito avrem-mo accettato questo accanimento mediatico incessante e privo di “pietas”?

Le telecamere sempre accese, il racconto minuzioso di particolari insignificanti, le di-chiarazioni degli opinionisti e degli improv-visati esperti, tutto ciò fa sì che si esorcizzi la paura vera e, sempre presente, della morte; che la si tenga lontana da noi e dalla nostra vita. Perché basta spegnere poi la Tv per ri-

tornare alla nostra tranquilla normalità. Ba-sta pigiare un semplice tasto del telecoman-do per riportare le cose al nostro rassicurante ordine apparente. E non importa se, spenti i riflettori una madre continui a struggersi dal dolore o un bimbo, ancora troppo pic-colo per capire, non abbia ancora ben chiaro il perché la sua mamma non torni più a casa dal lavoro. A noi, spettatori delle tragedie umane altrui, poco importa davvero. La no-stra vita comunque continua. Continua se-rena, monotona e lenta come se niente fosse. Perché in fondo Avetrana è lontana, Roma e Milano non sono mica Agrigento…

La nostra vita continua, in attesa di un’altra puntata di questo baraccone moderno. Una puntata di cui, e c’è da scommetterci, nessu-no di noi però vorrà essere tra i protagonisti. Guardare, spiare, parlarne, va più che bene. Vivere queste scene di brutalità moderna, provare sulla propria pelle questi episodi ir-razionali dell’indifferenza e della pochezza umana, è tutta un’altra storia.

Anna Chiara Della Monica