L'Amico del Popolo

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N. 16 del 25 Aprile 2010 Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net contiene I.P. Anno 55 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento I l nostro collaboratore ha incontrato il giovane par- roco dell’isola di Lampedusa pochi giorni prima dell’inizio della sessione di lavori (20-22 aprile) della Conferenza Episcopale Siciliana alla quale partecipa- no tutti i Pastori delle Chiese di Sicilia. Un racconto- intervista che ci permette di conoscere la realtà che si vive in quel pezzetto, quasi dimenticato nel mar Medi- terraneo, della nostra diocesi. Stinti i toni artificiali del tam-tam mediatico, a pre- valere sono i colori caldi del mare africano: il cobalto e il verde purissimo, nelle loro cristalline gradazioni. Il paesaggio sembra surreale, a fronte di quello pro- pinato dai telegiornali. Non si sentono più le urla di protesta della piazza, né gli echi rimbombanti di alto- parlanti ai quali si sono alternati le voci della politica locale e non. Non si odono più i gemiti della dispera- zione di uomini, donne e bambini venuti da lontano. Chi ha conosciuto la Lampedusa dei primi sbarchi, sente che qui manca qualcosa, meglio qualcuno. Mancano le mani tese di Said, Amina, Mustafà, Fa- tima… e mancano le forti prese di mani callose, sol- cate da lenze, sferzate da cime di Franco, di Mimmo, Carmelo… Oggi, le acque sono solcate quasi esclusivamente dai pescherecci della marineria locale (tempo per- mettendo, beninteso!), di quella mazzarese e dalle imbarcazioni preposte alla vigilanza di questo spazio terracqueo. Di «carrette del mare», cariche di uma- nità dolorante, non si scorge neanche l’ombra; quelle che sono approdate nel passato attendono di essere distrutte e come feretri, fanno anticamera davanti al forno di cremazione. Ad un tratto è come se ti rendessi conto che la Por- ta d’Europa è stata chiusa: «Si è mai aperta?» obietta, con arguzia don Stefano Nastasi. Il giovane parroco dell’Isola, da dietro i suoi occhiali scruta l’orizzonte, ad un tratto mi pare lo buchi e vada oltre. Ho appena il tempo di prendere qualche nota e mi sferza, come la brezza fredda di ponente, con un’altra battuta: «Qui sono state sepolte delle bare, ma non è stata sepolta la pietà». Già, non ci si scordi che quest’avamposto geografi- co d’ Europa è anche “Porta di pietà”. Poco più di un anno fa una delegazione guidata da mons. Giuseppe Merisi, il nostro don Franco e mons. Paolo Romeo, si recava a pregare a Punta Maluk, nei pressi della Porta di Lampedusa-Porta d’Europa, il monumento dello scultore Mimmo Paladino in memoria dei migranti morti a causa della traversata del Mediterraneo. Don Stefano, non è solo. Forse non lo sa, ma gode della simpatia di tanti che travalicano i confini della sua parrocchia e Diocesi, alcuni non fanno neanche parte della sua Chiesa. Lo incalzo con le mie interro- gazioni. Alfonso Cacciatore continua a pag. 6 Abbiamo chiesto a S.E. mons. Montenegro di spie- garci le motivazioni che hanno spinto le Chiese di Si- cilia a riunirsi a Lampedusa. Eccellenza come mai per l’incontro primaverile della Ce.Si. avete scelto Lampedusa. La proposta e l’invito a vivere a Lampedusa l’in- contro dei vescovi di Sicilia erano maturate lo scorso anno quando, a motivo dei continui sbarchi e dei gra- vi incidenti all’interno del Centro di prima accoglien- za, la comunità di Lampedusa è rimasta per alcuni mesi sotto i riflettori dell’opinione pubblica e, insieme ad essa, il grave problema dell’immigrazione che ha vissuto da sempre, in questo lembo di terra europea, pagine drammatiche. continua a pag. 6 I progetti del Comune per i PISU ed i PIST 2 di Salvatore Pezzino 3 XII Settimana della Cultura di U.S. CULTURA CITTÁ Una continuità nella novità C’è una parola che, forse, può essere la traccia guida del pon- tificato di papa Benedetto: “Se- guimi”. Cinque anni fa l’ha pro- nunciata, e ripetuta nove volte, il giorno dei solenni funerali di Giovanni Paolo II. In primo luogo segna una continuità con il suo predeces- sore: e come non potrebbe essere altrimenti avendo collaborato, per lunghi anni, con il Papa da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ma è un verbo che indica anche il deside- rio di accompagnare la comu- nità dei credenti sulle strade del Vangelo; un “seguimi”, dunque, che diventa invito ad accompa- gnarlo sulle strade di un pelle- grinaggio tra popoli e città nel segno della fede, della speranza e della gioia. “Seguimi” è allora molto più di un verbo; diventa messaggio per un mondo in cui la crisi, non soltanto economica, tende a rendere sempre più difficili le relazioni interpersonali, la ca- pacità di essere vicino all’altro nella condivisione e nella soli- darietà. Papa Benedetto in questi cinque anni di pontificato ha chiamato più volte i cristiani ad essere uomini di questo tempo, ad impegnarsi per il bene comu- ne, chiedendo anche una nuova stagione di cristiani capaci di spendersi in politica. Come a Cagliari; e a Cassino, quando ha manifestato la sua solidarie- tà per un mondo del lavoro che deve fare i conti con disoccupa- zione, cassa integrazione e crisi produttiva. Proprio quel “seguimi”, con il suo doppio significato, pronun- ciato a pochi giorni dalla morte del suo predecessore Giovanni Paolo II, lo pone subito lungo i binari di una continuità che lo vede a Colonia per la Giornata mondiale per la gioventù: è la prima Giornata senza Karol Wojtyla, che le ha inventate. Con la generazione giovanile avrà un altro appuntamento agli antipodi, in Australia. Sarà la giornata che metterà fine alle voci di coloro che pronostica- vano la conclusione di questi appuntamenti wojtyliani, o al- meno un loro drastico cambia- mento. E nella sua Germania non poteva mancare la visita alla Si- nagoga della città, l’unica rima- sta in piedi delle nove esistenti prima del regime nazista e della seconda guerra mondiale. Ed è tappa che prelude al viaggio in Polonia, nei luoghi cari a Gio- vanni Paolo II; ma soprattutto è visita nel luogo dove la follia umana ha cercato di annienta- re un popolo: Auschwitz. Una visita che assume un valenza del tutto particolare. Dirà: non po- tevo non venire qui come uomo, come tedesco, come Papa. “Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impos- sibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania. Fabio Zavattaro continua a pag. 7 Sciacca: presentato progetto per Greenway Ferdinandea 4 di Filippo Cardinale PROVINCIA 7 Anniversario Pontificato Benedetto XVI di Fabio Zavattaro VITA ECCLESIALE Agrigento terra mia Il nono poster I nostri abbonati troveranno allegato al giornale, il nono poster (foto Angelo Pitrone) dell’iniziativa Agri- gento terramia. La scheda a pag. 5 GREST La proposta della Caritas diocesana Continua l’impegno della Caritas perché il cammino iniziato sull’integrazione pro- segua e si trasformi in un con- tinuo confronto per realizzare una convivenza pacifica e se- rena nella valorizzazione del- la diversità. Ora è il momento di un Gr.Est. da proporre alle parrocchie. Il tema del Gr.Est. è “Alla ricerca…” ed è basato sul film di animazione “La Gang del bosco”. Chi ha visto il film avrà co- nosciuto gli strani protagoni- sti dell’avventura: RJ, Verne e gli altri amici; un procione, una tartaruga, uno scoiattolo, una famiglia di ricci, una puz- zola e due opossum: animali diversi tra loro, ma che hanno scoperto il valore della diver- sità per la ricchezza comune. Sul sito della diocesi si può trovare tutto il materiale ne- cessario. Per qualsiasi infor- mazione potete comunque contattare la Caritas Dioce- sana. RIBERA La popolazione scende in piazza contro la chiusura dell’Ospedale a pag. 4 Relitti di umanità LAMPEDUSA don Stefano Nastasi e don Vincent Mwagala racconta l’isola post CIE CESI a Lampedusa

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edizione del 25 aprile 2010

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N. 16 del 25 Aprile 2010Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net contiene I.P.

Anno 55

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

Il nostro collaboratore ha incontrato il giovane par-roco dell’isola di Lampedusa pochi giorni prima

dell’inizio della sessione di lavori (20-22 aprile) della Conferenza Episcopale Siciliana alla quale partecipa-no tutti i Pastori delle Chiese di Sicilia. Un racconto-intervista che ci permette di conoscere la realtà che si vive in quel pezzetto, quasi dimenticato nel mar Medi-terraneo, della nostra diocesi.

Stinti i toni artificiali del tam-tam mediatico, a pre-valere sono i colori caldi del mare africano: il cobalto e il verde purissimo, nelle loro cristalline gradazioni.

Il paesaggio sembra surreale, a fronte di quello pro-pinato dai telegiornali. Non si sentono più le urla di protesta della piazza, né gli echi rimbombanti di alto-parlanti ai quali si sono alternati le voci della politica locale e non. Non si odono più i gemiti della dispera-zione di uomini, donne e bambini venuti da lontano. Chi ha conosciuto la Lampedusa dei primi sbarchi, sente che qui manca qualcosa, meglio qualcuno.

Mancano le mani tese di Said, Amina, Mustafà, Fa-tima… e mancano le forti prese di mani callose, sol-cate da lenze, sferzate da cime di Franco, di Mimmo, Carmelo…

Oggi, le acque sono solcate quasi esclusivamente dai pescherecci della marineria locale (tempo per-

mettendo, beninteso!), di quella mazzarese e dalle imbarcazioni preposte alla vigilanza di questo spazio terracqueo. Di «carrette del mare», cariche di uma-nità dolorante, non si scorge neanche l’ombra; quelle che sono approdate nel passato attendono di essere distrutte e come feretri, fanno anticamera davanti al forno di cremazione.

Ad un tratto è come se ti rendessi conto che la Por-ta d’Europa è stata chiusa: «Si è mai aperta?» obietta, con arguzia don Stefano Nastasi. Il giovane parroco dell’Isola, da dietro i suoi occhiali scruta l’orizzonte, ad un tratto mi pare lo buchi e vada oltre. Ho appena il tempo di prendere qualche nota e mi sferza, come la brezza fredda di ponente, con un’altra battuta: «Qui sono state sepolte delle bare, ma non è stata sepolta la pietà».

Già, non ci si scordi che quest’avamposto geografi-co d’ Europa è anche “Porta di pietà”. Poco più di un anno fa una delegazione guidata da mons. Giuseppe Merisi, il nostro don Franco e mons. Paolo Romeo, si recava a pregare a Punta Maluk, nei pressi della Porta di Lampedusa-Porta d’Europa, il monumento dello scultore Mimmo Paladino in memoria dei migranti morti a causa della traversata del Mediterraneo.

Don Stefano, non è solo. Forse non lo sa, ma gode

della simpatia di tanti che travalicano i confini della sua parrocchia e Diocesi, alcuni non fanno neanche parte della sua Chiesa. Lo incalzo con le mie interro-gazioni.

Alfonso Cacciatorecontinua a pag. 6

Abbiamo chiesto a S.E. mons. Montenegro di spie-garci le motivazioni che hanno spinto le Chiese di Si-cilia a riunirsi a Lampedusa.

Eccellenza come mai per l’incontro primaverile della Ce.Si. avete scelto Lampedusa.

La proposta e l’invito a vivere a Lampedusa l’in-contro dei vescovi di Sicilia erano maturate lo scorso anno quando, a motivo dei continui sbarchi e dei gra-vi incidenti all’interno del Centro di prima accoglien-za, la comunità di Lampedusa è rimasta per alcuni mesi sotto i riflettori dell’opinione pubblica e, insieme ad essa, il grave problema dell’immigrazione che ha vissuto da sempre, in questo lembo di terra europea, pagine drammatiche.

continua a pag. 6

I progetti del Comune per i PISU

ed i PIST

2di Salvatore Pezzino 3

XII Settimana della Cultura

di U.S.

CulturaCittÁUna continuitànella novità

C’è una parola che, forse, può essere la traccia guida del pon-tificato di papa Benedetto: “Se-guimi”. Cinque anni fa l’ha pro-nunciata, e ripetuta nove volte, il giorno dei solenni funerali di Giovanni Paolo II.

In primo luogo segna una continuità con il suo predeces-sore: e come non potrebbe essere altrimenti avendo collaborato, per lunghi anni, con il Papa da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Ma è un verbo che indica anche il deside-rio di accompagnare la comu-nità dei credenti sulle strade del Vangelo; un “seguimi”, dunque, che diventa invito ad accompa-gnarlo sulle strade di un pelle-grinaggio tra popoli e città nel segno della fede, della speranza e della gioia.

“Seguimi” è allora molto più di un verbo; diventa messaggio per un mondo in cui la crisi, non soltanto economica, tende a rendere sempre più difficili le relazioni interpersonali, la ca-pacità di essere vicino all’altro nella condivisione e nella soli-darietà.

Papa Benedetto in questi cinque anni di pontificato ha chiamato più volte i cristiani ad essere uomini di questo tempo, ad impegnarsi per il bene comu-ne, chiedendo anche una nuova stagione di cristiani capaci di spendersi in politica. Come a Cagliari; e a Cassino, quando ha manifestato la sua solidarie-tà per un mondo del lavoro che deve fare i conti con disoccupa-zione, cassa integrazione e crisi produttiva.

Proprio quel “seguimi”, con il suo doppio significato, pronun-ciato a pochi giorni dalla morte del suo predecessore Giovanni Paolo II, lo pone subito lungo i binari di una continuità che lo vede a Colonia per la Giornata mondiale per la gioventù: è la prima Giornata senza Karol Wojtyla, che le ha inventate.

Con la generazione giovanile avrà un altro appuntamento agli antipodi, in Australia. Sarà la giornata che metterà fine alle voci di coloro che pronostica-vano la conclusione di questi appuntamenti wojtyliani, o al-meno un loro drastico cambia-mento.

E nella sua Germania non poteva mancare la visita alla Si-nagoga della città, l’unica rima-sta in piedi delle nove esistenti prima del regime nazista e della seconda guerra mondiale. Ed è tappa che prelude al viaggio in Polonia, nei luoghi cari a Gio-vanni Paolo II; ma soprattutto è visita nel luogo dove la follia umana ha cercato di annienta-re un popolo: Auschwitz. Una visita che assume un valenza del tutto particolare. Dirà: non po-tevo non venire qui come uomo, come tedesco, come Papa.

“Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impos-sibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania.

Fabio Zavattarocontinua a pag. 7

Sciacca: presentato progetto per

Greenway Ferdinandea

4di Filippo Cardinale

provinCia

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Anniversario Pontificato Benedetto XVI

di Fabio Zavattaro

vita eCClesiale

Agrigento terramia Il nono poster

I nostri abbonati troveranno allegato al giornale, il nono poster (foto Angelo Pitrone) dell’iniziativa Agri-gento terramia.

La scheda a pag. 5

◆ grestLa proposta della Caritas diocesanaContinua l’impegno della

Caritas perché il cammino iniziato sull’integrazione pro-segua e si trasformi in un con-tinuo confronto per realizzare una convivenza pacifica e se-rena nella valorizzazione del-la diversità. Ora è il momento di un Gr.Est. da proporre alle parrocchie.

Il tema del Gr.Est. è “Alla ricerca…” ed è basato sul film di animazione “La Gang del bosco”.

Chi ha visto il film avrà co-

nosciuto gli strani protagoni-sti dell’avventura: RJ, Verne e gli altri amici; un procione, una tartaruga, uno scoiattolo, una famiglia di ricci, una puz-zola e due opossum: animali diversi tra loro, ma che hanno scoperto il valore della diver-sità per la ricchezza comune.

Sul sito della diocesi si può trovare tutto il materiale ne-cessario. Per qualsiasi infor-mazione potete comunque contattare la Caritas Dioce-sana.

◆ riberaLa popolazione scende in piazza contro la chiusura dell’Ospedale

a pag. 4

relitti di umanitàlampedusa don Stefano Nastasi e don Vincent Mwagala racconta l’isola post CIE

◆ Cesi a Lampedusa

� L’Amico del Popolo25 Aprile 2010Città

La versione definitiva dei progetti ai quali lavora il Comune di Agrigento sarà pre-

sentata entro il 30 giugno 2010, quando scade la “seconda finestra” dell’Invito a presentare manifestazioni d’interesse da parte degli Enti Locali beneficiari, riuniti in Coalizioni terri-toriali, per la promozione di Piani Integrati di Sviluppo Territoriale (PIST) e di Sviluppo Urbano (PISU) e la partecipazione alla pro-cedura negoziale di selezione degli interventi in essi inclusi.

Infatti, potranno essere selezionate e am-messe al finanziamento le operazioni pre-sentate nell’ambito dei Piani Integrati (PIST e PISU) dotate di un progetto almeno defini-tivo. La fase negoziale si concluderà entro il mese di settembre 2010.

Intanto, entro i termini della scadenza della “prima finestra”, Agrigento, insieme ai Comu-ni che fanno parte del PIST e quindi Favara, Porto Empedocle, Raffadali, Aragona, Comi-tini, Realmonte, Siculiana, hanno presentato un progetto di area grande all’interno della quale viene valorizzata la riqualificazione del centro Storico.

“Si tratta – ha spiegato Marco Zambuto – della prima volta in cui finalmente, Agrigento partecipa per questo tipo di finanziamenti. Se teniamo conto che accanto a questi progetti, se ne concretizzeranno altri che sono stati già approvati, riusciremo a mettere in circuito qualcosa come 20 milioni di euro che signifi-cheranno un importantissimo contributo per riavviare l’economia del nostro territorio”.

La “seconda finestra” si concluderà entro il mese di novembre 2010 con l’approvazione delle graduatorie delle operazioni da ammet-

tere a finanziamento nell’ambito delle Linee di intervento.

Nella “terza finestra” è consen-tito alle Coalizioni territoriali di completare la documentazione relativa ai Piani Integrati ed alle relative operazioni presentate nelle finestre precedenti, sulla scorta degli esiti della procedura negoziale. La documentazione dovrà essere presentata entro la scadenza del 31 maggio 2011. La “terza finestra” si concluderà en-tro il mese di luglio 2011 con l’ap-provazione delle graduatorie delle operazioni da ammettere a finan-ziamento nell’ambito delle Linee di intervento .

Come più volte sottolineato dal sindaco di Agrigento, gli uffici comunali stanno lavoran-do alacremente per cogliere le opportunità offerte dall’Asse VI “Sviluppo urbano sosteni-bile”. mentre rimangono da definire i rapporti con i progettisti per rispettare le regole del-la Unione Europea che non si fa carico delle competenze tecniche per incarichi affidati ai sensi della vecchia normativa.

II Comune di Agrigento, in linea con gli obiettivi del Piano Strategico ha concentrato gli interventi chiamati oggi nel gergo tecnico: ”Operazioni”, nel recupero del Centro Stori-co e nel rilancio dello stesso. In generale per tutte le funzioni a fini residenziali, a fini com-merciali, a fini turistici.

Le operazioni principali riguardano il rifa-cimento della via Duomo, della piazza Piran-dello, di piazza S.Giuseppe e delle vie interne

tra via duomo e piazza Pirandello.Ed ancora il rifacimento della via Atenea

in collegamento con il Centro Commerciale; due nuove linee urbane con mini-bus ecolo-gici che attraverseranno il centro storico; pic-cole auto elettriche a disposizione di turisti e cittadini nel centro storico; nuovi parcheggi in via Gioeni ed in altre aree del centro; la creazione di un circuito di musei; itinerari culturali nel centro storico; migliori servizi di assistenza agli anziani ed agli immigrati nel centro storico.

Ma soprattutto sono due progetti impor-tanti che verranno proposti per il finanzia-mento e che vengono indicati come punti fermi del PISU: il completamento del Museo civico e il restauro del Palazzo municipale che necessita sicuramente di interventi. Su questi esistono già i progetti esecutivi.

Salvatore Pezzino

In Breve PISU e PISt� I progetti del Comune

C’è tempo fino al 30 giugno

la Settimana di Eugenio Cairone

Speculare sui giovaniTutti che parlano di giovani, dei loro problemi e del loro fu-

turo.Tutti che ne parlano, dalla mattina alla sera è sempre lo stes-

so ritornello. Ma il problema vero, purtroppo, è che ci si limita alle sole

parole. Propositi tanti, insomma, ma fatti nessuno. Altro che occupazione giovanile e lavoro.“I giovani sono una risorsa e vanno aiutati”. Aiutati a fare cosa? Forse ad emigrare, come un tempo. Non saprei definire cosa mi prende ogni qualvolta ascolto

frasi di questo tipo pronunciate da politici o presunti tali o aspi-ranti a ricoprire cariche che assicurano tranquillità e benessere, come potrebbe essere la semplice carica di sindaco di un paese

qualsiasi o la nomina presso uno dei tanti sottogoverni. Tirare in ballo i nostri ragazzi per cercare consensi e fare car-

riera è un tentativo odioso e chi lo attua dovrebbe essere messo alla porta senza esitazioni.

In questi giorni, un candidato a sindaco, ha definito i giovani come una risorsa su cui puntare.

Il nostro personaggio, già affermato in campo provincia-le, sicuramente lontano dalle difficoltà che gli altri giovani incontrano ogni giorno, intende puntare sul fattore bisogno che altro non è che il bisogno dei nostri figli ad avere assi-curato un degno futuro vicino casa.

Essendo quasi in piena campagna elettorale, di gente che vuole scalare i vertici della politica prendendo ancora in giro ragazzi e ragazze con una laurea o un diploma in tasca, pur-troppo, ne incontreremo e ascolteremo parecchia.

Auguriamoci almeno di avere la capacità di boicottarla que-sta gente.

Continuano le iniziative turistiche

Sentito incontro al Rotary Club di Agri-gento dove l’ing. Vin-cenzo Di Rosa ,nelle vesti di Presidente dell’Ordine degli In-gegneri e socio del club, ha illustrato il Progetto Ismani 2010, nato dalla proposta di un socio rotariano, l’ing. Antonio Vella, fatta propria e fermamente con-divisa dal relatore

L’idea era di proporre alla so-cietà civile di dotare la missione di Ismani in Tanzania, diocesi di Agrigento, ed in particolare il Villggio di Nyumba Yetu, di un impianto fotovoltaico per alimentare le utenze del Villag-gio e le apparecchiature elettro-medicali del locale ambulatorio utilizzato per curare i bambini elettropositivi.

All’appello hanno risposto gli iscritti all’Ordine che, con ope-ra di volontariato e coordinati dall’ing. Ivano Midulla, hanno redatto il progetto che potrà es-sere realizzato grazie al finanzia-mento dell’Ordine degli ingegne-ri e delle società “Sicilia acque” , “Buono Energia” e “Saiphil Sun-

ny”. Il materiale necessario per la sua realizzazione è già in viaggio per l’Africa e sarà installato que-sta estate sotto il controllo del-l’ing. Midulla.

Al fine di migliorare la qualità della vita e tenere lontani gli ani-mali feroci, bisogna ora racco-gliere fondi per installare alcuni pali fotovoltaici per l’illumina-zione perimetrale del villaggio le cui odierne condizioni sono state illustrate dal vicario dell’Ar-civescovo Mons. Vutera ed han-no colpito i soci del Rotary che hanno deciso di adottare come club un palo e si sono proposti di cercare ulteriori finanziamen-ti come club ed individualmente tra i soci: due di essi hanno già aderito.

Rosa Cremona

Impianto fotovoltaico a Nyumba Yetu

ClUb ServICe L’iniziativa del Rotary

Dott.ssa Cristina Bordenca - Laureata in Podologia

Consulenze e trattamenti: • Ortoplastie in silicone per dita deformi (alluce varo, valgo, dita a martello ecc.)• Plantari correttivi e posturali (piede cavo, piatto ecc)ed inoltre:• Onicocriptosi (trattamento e cura delle unghia incarnite e delle al terazioni delle unghia e della cute)• Ipercheratosi (calli, duroni, occhi di pernice)• Medicazioni lesioni ulcerative degli arti inferiori.

Via Barone F. Celsa, 28 (vicino Centro Commerciale Fontanelle)Tel 320.7851183/ 0922591198 (ore pasti)

Per anziani e pazienti in difficoltà visite a domicilio.

È Inaugurato, lo scor-so 20 aprile il sottopasso Porta V nella Valle dei Templi.

Al taglio del nastro mancante l’assessore re-gionale Gaetano Armao, ed il neo presidente del consiglio del parco, Ge-sualdo Campo, succes-sore di Rosalia Camerata Scovazzo.

A fare gli onori di casa, il direttore dell’ente parco, Pie-tro Meli ed il sindaco della città Marco Zambuto.

Il sottopasso, la cui realizzazione è stata un po’ travagliata, permette l’ac-

cesso alla Valle dei Templi dal parcheggio di S. Anna migliorando così la frui-zione e l’accoglienza dei visitatori nella Valle dei Templi.

«Adesso – dice il direttore Meli – è più agevole la visita alla Valle perché con l’ingresso da Porta V i visitatori ar-rivano al parcheggio e da lì passano di-rettamente all’interno dell’area archeo-logica».

«Finalmente – ha dichiarato il sinda-co Zambuto – riusciamo a dare alla cit-tà un servizio importante con l’apertura dei due parcheggi di S. Anna e Cugno Vela, con il servizio che, da qui a qual-che settimana, entrerà in funzione di

bus navetta e soprattutto con l’allegge-rimento di tutto il percorso che va dalla Valle dei templi in modo da consentire agli agrigentini un migliore traffico lun-go la zona dei Templi.

Ed intanto continua la mostra di ope-re d’arte all’interno della Valle dei Tem-pli. Al termine dell’esposizione le opere verranno messe all’asta ed il ricavato servirà a finanziare la ricostruzione del tempio di Giove Olimpico.

LdP

valle deI t�emPlI Inaugurato il sottopoasso

associazionismo La Papa Giovanni da un anno senza soldi

Il segretario generale di Confcooperative Agrigen-to, Diego Guadagnino e il segretario provinciale della Fisascat Cisl, Maurizio Saia, hanno inviato una lette-ra al sindaco Marco Zambuto con cui denunciano la situazione economica in cui si trovano i dipendenti della Cooperativa Papa Giovanni XXIII. I lavoratori non percepiscono le retribuzioni da 12 mesi e “non riescono a sostenere gli impegni economici assunti dalle loro famiglie, generando così notevole disagio sociale”.La Cooperativa – come si legge nella lettera -, oltre al debito maturato con i lavoratori è in forte difficoltà economica e non riesce più a far fronte con le proprie risorse ai fornitori.Nonostante ciò, l’impe-gno dei lavoratori e della Cooperativa Papa Giovanni XXIII è rivolto a rendere migliore il soggiorno degli ospiti della comunità ed a creare le migliori condi-zioni di vita utili ad una veloce integrazione.

sicurezza arrestato latitante francese

La polizia, ha arrestato, in un noto albergo di Agri-gento, Francois Gille, 74 anni, di Saint Tropez, un la-titante francese che era stato colpito da mandato di arresto americano per delle frodi informatiche e per dei reati finanziari collegati. Gli agenti della sezio-ne volanti di Agrigento sono risaliti all’uomo dalle schede identificative che vengono riempite dai clien-ti all’atto dell’ingresso nelle strutture alberghiere. Ef-fettuato un controllo, è risultato che il turista era un ricercato dagli inquirenti francesi e dunque è scattato il blitz e l’arresto.

consorzio asi scadute le cariche sociali

Il 7 aprile sono scaduti i vertici del consorzio per l’Area di sviluppo industriale di Agrigento, ma an-cora non si è proceduto alla convocazione del nuo-vo Consiglio generale che dovrà eleggere il nuovo presidente ed i suoi vice. Il Consiglio è già quasi del tutto completo: mancano ancora le designazioni da parte di qualche Comune che le ha deliberate ma non le ha ancora inviate. Lo statuto assegna 60 giorni di tempo per la convocazione dell’assemblea a decorrere dalla scadenza dell’ufficio di presidenza. Quest’ultimo venne eletto il 7 aprile di cinque anni addietro: al vertice c’era Decio Terrana il quale però qualche mese dopo venne eletto deputato regionale e lasciò l’incarico che andò a Stefano Catuara.

iGiene PubbLica iniziata la disinfestazione cittadina

Iniziato lunedì su tutto il territorio comunale il primo ciclo di disinfestazione (lotta antilarvale) effettuata dalla ditta Agrifarma. A darne notizia è stato l’assessore comunale al Verde pubblico Rosalda Passarello, nel quadro delle attività di prevenzione ed igiene pubblica. Contemporanea-mente l’ufficio Sanità del Comune continua a svol-gere il suo servizio, su segnalazioni dei cittadini relativamente a disinfestazione e derattizzazione. Per le richieste d’intervento è possibile contattare l’ufficio comunale al numero 0922 – 590207. Per quanto riguarda il primo ciclo di disinfestazione antilarvale, si prevedono cinque giornate di inter-venti e fino al 23 aprile.

Foto Tornatore

Foto Tornatore

Cultura �L’Amico del Popolo25 Aprile 2010

Il Ministero per i Beni cultura-li e le attività culturali da oltre

trenta anni dedica ogni anno una settimana alla promozione del patrimonio culturale, con l’orga-nizzazione di eventi e l’apertura gratuita di tutti i luoghi statali.

La manifestazione che, que-st’anno si svolge dal 16 al 25 apri-le, è alla sua XII edizione con il nuovo ciclo denominato “Setti-mana della Cultura”.

Scopo fondamentale dell’ini-ziativa è quello di favorire la conoscenza della cultura e di tra-smettere l’amore per l’arte ad una sempre più ampia platea di citta-dini che, per dieci giorni potran-no scegliere tra mostre, convegni, laboratori, visite guidate, concer-ti, spettacoli, proiezioni cinema-tografiche e aperture straordina-rie in tutte le regioni d’Italia.

Dieci giorni per conoscere e

riscoprire l’arte. Dieci giorni per girare l’Italia alla ricerca di pic-coli

tesori nascosti e grandi capola-vori conosciuti solo di nome ma mai pienamente vissuti.

Dieci giorni per imparare ad amare di più il nostro Paese attra-verso la sua più grande ricchezza, che ci riempie di orgoglio e viene ammirata in tutto il mondo: il pa-trimonio storico-artistico.

In tutta Italia, oltre 2.800 ap-puntamenti tra mostre, convegni, aperture straordinarie, laboratori didattici, visite guidate e concerti renderanno ancora più speciale l’esperienza di tutti i visitatori. Un’occasione imperdibile per av-vicinarsi alla più grande ricchez-za del nostro Paese: il nostro pa-trimonio artistico e culturale.

Con lo slogan scelto quest’an-no “La cultura è di tutti: parte-

cipa anche tu”, si vuole mettere l’accento su due concetti fonda-mentali: il valore inestimabile del patrimonio culturale e la sua natura di risorsa preziosa e ineguagliabile a disposizio-

ne, ogni giorno, di ciascun cittadino e tradizionalmente of-ferta gratuitamente per la Settimana del-la cultura.

La XII Settimana della Cultura è l’oc-casione in Sicilia per avvicinare il cittadi-no e il turista ai teso-ri custoditi nei musei regionali e per co-gliere il fascino delle aree archeologiche. Il coinvolgimento di forze sociali, cul-turali e scientifiche alla vita e alla fruizione dei beni culturali e la partecipazione ai numerosi eventi e manifesta-zioni organizzate dalle strutture territoriali comportano inoltre un momento di riflessione sulla tutela, sulla conservazione e sul godimento dell’arte e dell’archi-tettura.

In particolare nella nostra pro-vincia si potranno visitare gra-tuitamente il Parco archeologico

e paesaggistico della Valle dei templi, la casa natale di Luigi Pi-randello, il Museo archeologico di Agrigento, la zona archeolo-gica di Eraclea Minoa ma anche la Rete Museale Belicina ed il castello Luna di Sciacca oltre ai 45 pezzi appartenenti al fondo Miscellanea-pergamene conser-vato presso l’Archivio di Stato di Agrigento.

U.S.

I tesori italiani... gratis sIcIlIanItÁ settImana della cultura Dal 16 al 25 aprile

nove o diciotto?

appunti Inaugurata sabato 17 apri-

le, in concomitanza della Set-timana della cultura la mostra di pittura di Roberto Perotti intitolata “I segni del sacro”. L’allestimento realizzato all’in-terno del Museo Archeolo-gico regionale San Nicola, ad Agrigento. Curiosità: un’ope-ra di Perotti sarà lanciata nello spazio dalla NASA il prossi-mo 2 ottobre come simbolo di pace universale.

Dicìa la matri a lu figliu malatu: “Figliu miu ammartucatu,/lu me cori è scunsulatu,/si tu sof-fri, iu pinìu,/si tu godi, m’arricriu./Si bisognu ha tu di mia,/la me vita dugnu a tia, / e si luntanu tu mi stai,/lu me cori soffri assai”.

Quanti figli avesse messo al mondo la ‘gnura Nofria, lo sapeva solo lei. Il marito, poveretto, non faceva che subire “il timor di Dio” della moglie. Sì, perché era solo per timore di offendere Dio, che non passava l’anno e Nofria, immancabilmente, aveva un nuovo pupo da al-levare.

Già i mocciosi erano arrivati a dieci, e in casa - un misero catodio di pochi metri quadrati, ove non ci si po-teva muovere senza darsi di gomito, e la sera diventava tutta una lettiera per dormirci alla rinfusa – i più gran-dicelli cominciavano a capire che mancava lo spazio vi-tale oltre al cibo, sempre tanto scarso da non riuscire a tacitare il gorgoglìo dello stomaco.

Il padre, ogni volta che nasceva un nuovo figlio, ne dava l’annunzio in famiglia con una espressione divenu-ta rituale: “Ragazzi, sono andato a vendere un carretto di cocomeri e vi ho portato un fratellino”. Ma quando fu comunicata la nascita del tredicesimo, Giuggiù, il più grandicello, non seppe trattenersi dall’affrontare il padre: “Senti, papà, ora basta. Un’altra volta il carico di cocomeri lascialo mangiare a noi”.

La fame e il freddo, infatti, i ragazzi di ‘gnura Nofria li sentivano, eccome! Per quanto il padre facesse il car-rettiere, mestiere quasi aristocratico per quei tempi, le scarpe dei ragazzi erano sempre rotte, i vestiti sbrindel-lati ed il pane poco e duro. Ma a quei tempi, la legge di Dio non si discuteva e si era convinti che quello che ba-stava a dieci poteva bastare a cento. Del resto, di quelli che nascevano, spesso su tre ne morivano due.

Ormai, però, tutto questo è acqua passata. Anche No-fria, infatti, se n’era visti morire parecchi ancora in fasce, ma nove sono riusciti a farsi grandi e grossi. Oggi, sono tutti sposati, e gli stenti dei primi anni sono solo un ri-cordo.

La cosa che più sorprende i figli di ‘gnura Nofria è il non avere mai visto la madre ammalata: mai una febbre o un dolor di stomaco, e ancora, a ottanta e più anni, mangia di tutto e sfaccenda in casa come una ragazzina. Solo in questi giorni ha fatto preoccupare per un po’ di raffreddore e così s’è dovuto chiamare il medico.

Questi, misurata la pressione ed auscultato il cuore, dopo avere scritto la sua brava “ricetta”, domanda quanti figli avesse avuto l’ammalata. I figli, tutti presenti, abi-tuati a vedersi e sapersi da anni in numero nove, rispon-dono a coro: “Nove, dottore”.

“Un bel numero, non c’è che dire. Congratulazioni, signora”, replica il medico.

“No, dottore – risponde Nofria, alzando la testa con vivacità. “Sbaglio c’è: di figli, ne ho avuti diciotto, nove vivi e nove sono morti”.

I presenti sbalordiscono e il dottore non sa a chi cre-dere. Poi, ridendo, domanda al marito: “Insomma, sono nove o diciotto?”.

Il vecchio Turi, quasi novantenne, ma rubizzo e luci-do, fa il distratto e cerca di esimersi dal rispondere, ma dinanzi agli sguardi interrogativi dei figli, decide di ri-conoscere il suo ruolo secondario in tutta la faccenda: “Che vuole, dottore: questa contabilità solo mia moglie la teneva”.

Qui, ‘gnura Nofria si solleva a mezzo letto e apostrofa i figli: “Perché? Vorreste lamentarvi? Forse che non vi ho allevati come Dio vuole? E poi la legge è legge, prima il medico c’era solo per i ricchi, e se noi poveri non aves-simo avuto un figlio all’anno, saremmo rimasti senza, con tutte quelle malattie. Sì, è vero, abbiamo affrontato degli stenti. E con questo? Vi siete fatti uomini prima. O forse è meglio ora che le donne riescono a stento a fare un cetriolo per una e a vent’anni sanno solo cantare canzonette?”

Bisognò per forza dare ragione alla vecchia mamma per poterla rabbonire, anche perché, commentava Giug-giù, c’era pericolo che si decidesse a fare altri nove figli.

Piresse

roma Convegno della CEI

siamo tutti “testimoni digitali”

c. sardo ed. Mondadori € 18,50

Vento di Tramontana

medIa a dIntornI La scomparsa di Raimondo Vianello

non lascia eredi, lascia una tracciaFacile cadere nella retorica di fronte alla mor-

te di un personaggio pubblico che ha saputo conquistare fama e notorietà con la sua ironia e la sua signorilità. Ma il ricordo di Raimondo Vianello, morto all’età di 87 anni dopo una lun-ga carriera come attore, presentatore e caratte-rista di rango, è di quelli che suscitano soltanto immagini di segno positivo. Era uno di quei personaggi che non è improprio definire “ama-ti da tutti”, capace di sorridere e far sorridere in qualunque situazione.

È stato attore comico in numerosi film, ma anche sceneggiatore, conduttore televisivo e au-tore di programmi. Insieme a Corrado e Mike Bongiorno, è tra i “padri fondatori” della televi-sione italiana. Le persone di età più avanzata ne ricorderanno gli sketch insieme a Ugo Tognazzi nella tv bianco e nero delle origini. Ha condot-to molti varietà della Rai (“Un, due, tre”, “Tante scuse”…) ed è poi passato a Mediaset con altret-tanta fortuna.

Geniale è stata la trovata di chi a un certo

punto ha deciso di affidargli “Pressing”, trasmis-sione dedicata a uno degli argomenti sacri per gli spettatori italiani: le cronache calcistiche. Anche lì ha dato il meglio di sé, come ha saputo fare nelle tantissime trasmissioni e nelle recen-ti sit-com che lo hanno visto in scena insieme all’inseparabile moglie Sandra Mondaini. En-trambi sono stati gli apprezzati protagonisti di “Casa Vianello”, produzione andata in onda per una ventina d’anni.

Di fronte alle loro scenette, è sempre restato il dubbio: ci sono o… ci fanno? Ma soprattutto era netta la sensazione che il loro modo di com-portarsi e interagire reciprocamente davanti alle telecamere non fosse affatto diverso da quello della loro vita privata: lei sagace e sempre pronta a punzecchiare, lui capace di stempera-re con l’autoironia e rintuzzare con il sarcasmo qualunque tentativo di battibecco.

Non era un mattatore che voleva la scena tut-ta per sé, anzi. Al contrario, faceva sempre mo-stra di ritrarsi e schermirsi per lasciare ad altri

la parte principale, pur sapendo che invece pro-prio quel modo apparentemente compassato e pudico di proporsi era il suo tratto distintivo. E quando ha dovuto indossare le vesti del presen-tatore ufficiale per salire sul palco del Festival di Sanremo, consacrazione per qualunque con-duttore, lo ha fatto con eleganza, distacco e la consueta signorilità.

A differenza di quanto accaduto spesso per molti suoi colleghi, non ha mai cercato l’ammic-camento volgare né la battutaccia per strappare a tutti i costi un sorriso in più. Né si ricorda che dalla sua bocca sia mai uscita una parolaccia. E se doveva prendere in giro qualcuno, il suo pri-mo bersaglio era sempre lui stesso (il secondo, naturalmente, la moglie Sandra).

È prassi retorica, in casi come questo, cercare i possibili “eredi” dello scomparso, ma all’oriz-zonte proprio non se ne vedono. Oggi la comi-cità è molto più diretta, volgare e “scollacciata”, suscita la risata immediata ma non lascia traccia. Il modo di fare del Raimondo nazionale, invece,

s t r a p -p a v a più un sorriso c o n -t i n u o che una r i s a t a “usa e getta”.

N o n l a s c i a eredi, ma lascia certamente una traccia: lo “stile Vianello”. Uno stile all’insegna dell’ironia, del-l’intelligenza, della capacità di non prendersi mai troppo sul serio, della tendenza innata a sdrammatizzare qualunque situazione. Lo ri-corderemo così, col suo modo di fare comple-mentare – televisivamente parlando – allo “stile Mondaini”, più vivace e pungente ma altrettanto affettuoso e complice.

Homo Videns

IMMIGRATO CHI

Invisibile nell’apparire.Inaudito nel parlare.

Protagonista nel bisogno.Emarginato quando non servo.

Mi saluti quando vuoi, mi eviti finché puoi.

Per me sei il mio vicino.Per te sono il tuo lontano.

Ma lo sai perché?Perché sono il tuo passato:un ricordo da dimenticare

perché hai paura di vederti in me.Ma sono reale, sono qui.

Ti apro le braccia per convivere con il passato e costruire un futuro bello e

sereno basato sull’amore, l’amicizia e la

pace e per dirti: “nessuno è diverso”.

Driss Soulib

“Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era cross mediale” è il titolo del convegno promosso dal 22 al 24 aprile, a Roma, dall’Ufficio comuni-cazioni sociali e dal progetto culturale della Cei.

«Le nuove tecnologie - così mons. Domenico Pompili, sottosegretario e portavoce Cei, rias-sume il significato dell’evento - esigono com-petenze specifiche ma richiedono pure un’idea, una prospettiva, un punto di vista, uno sguardo. La Chiesa deve riuscire a far trapelare attraverso le nuove tecnologie quello che è il suo sguardo assolutamente originale sulla realtà: lo sguardo della fede».

Tra i relatori Francesco Casetti e padre Anto-nio Spadaro, i quali hanno dato un’anticipazio-ne dei rispettivi interventi al convegno. Casetti, direttore del dipartimento di Scienza della co-municazione (Università Cattolica), interverrà il 23 aprile su “Scenari digitali e nuove forme di presenza della Chiesa”; sempre il 23 aprile pa-dre Spadaro, redattore de “La Civiltà Cattolica”, rifletterà su “La fede nella Rete delle relazioni: comunione e connessione”.

Secondo Casetti «il dovere della Chiesa è par-lare il linguaggio del proprio tempo, anche se questo si chiama web 2.0, e dunque essere pre-sente nella rete per portarvi la testimonianza di Cristo. Ma due sono i rischi da evitare in questa missione: non avere una voce netta abbastanza e il secondo è legato ai linguaggi che si usano. Quelli del web 2.0 sono non sempre facili da ma-novrare e hanno regole particolari. I rischi sono quelli di adagiarvisi senza rivitalizzarli dal di dentro, di non dare loro una forma”. Per evitarli Casetti suggerisce di “mettere l’accento sul tema

della ca-rità, che è un va-lore del comuni-c a t o r e . La carità è la virtù di chi, come il c o m u -nicato-re, sta d e n t r o la situa-zione e si trova in faccia all’altro. Non c’è v e r i t à s e n z a carità. La ricetta giusta è allora portare la carità nella rete evitando il rischio di non essere capaci di testimoniare o di usare linguaggi imposti.

“La Rete e la Chiesa sono due realtà da sempre destinate ad incontrarsi”. Ne è convinto padre Antonio Spadaro, che spiega: “Sappiamo bene come da sempre la Chiesa abbia nell’annuncio di un messaggio e nelle relazioni di comunione due pilastri fondanti del suo essere. La Chiesa che evangelizza è dunque naturalmente presente - ed è chiamata ad esserlo - lì dove l’uomo svilup-pa la sua capacità di conoscenza e di relazione”.

Sir

estimoniigitali

22-24 aprile 2010Convegno nazionale

ROMA

Per parteciparewww.testimonidigitali.it

Tel. 06 66398209 [email protected]

Conferenza Episcopale ItalianaCOMMISSIONE EPISCOPALE PER LA CULTURA

E LE COMUNICAZIONI SOCIALI

Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali

Servizio Nazionale per il Progetto Culturale

Volti e linguaggi nell’era crossmediale

� L’Amico del Popolo25 Aprile 2010Provincia

Brevi provincia

«Salvate l’Ospedale!»ribera� Manifestazione pro nosocomio

Con questo appello, si è fer-mata la città la cui popola-

zione ha protestato, durante una manifestazione, contro la deter-minazione dell’assessorato regio-nale alla Sanità di volere chiudere l’ospedale di zona, con la soppres-sione di reparti, servizi e perso-nale. La gente ha protestato pure per le salate bollette dei canoni e consumi idrici emesse da Girgenti Acque.

L’ospedale di Ribera, che rac-coglie gli utenti di una dozzina di comuni del comprensorio, non deve assolutamente chiudere, anzi deve riaprire i reparti che sono stati soppressi e istituire le nuo-

ve sezioni promesse nello scorso gennaio a Ribera, in assemblea, dall’assessore alla Salute Russo. Con questi imperativi categorici si è chiusa la manifestazione che ha visto il blocco, per alcune ore, del-l’ingresso del nosocomio di zona e della trafficata arteria della circon-vallazione.

Diversamente – è stato annun-ciato – potrebbe essere occupato dai cittadini l’ospedale, potrebbero non essere presentate le liste elet-torali per il rinnovo del consiglio in programma il 30 e 31 maggio prossimo e i cittadini potrebbero rimanere a casa, restituendo i cer-tificati elettorali. Il comitato pro-

motore d e l l a protesta aspetta i risul-tati che verran-no fuori d a l l a riunione in pro-gramma a l l ’A r s n e l l a q u a l e VI commissione Sanità chiederà i dovuti ragguagli all’assessore Rus-so, dopo le promesse, non mante-

nute, fatte a Ribera.«Se l’esito del-

l’incontro paler-mitano sarà ne-gativo – ha detto Santo Tortorici ex sindaco del-la città, 85 anni, – andremo a picchettare per le elezioni am-

ministrative prossime perfino le sezioni elettorali per dissuadere la gente dal votare contro la politica che non tiene conto della salute delle nostre popolazioni».

Alla protesta hanno preso parte forze politiche, ex amministratori, parroci, studenti, casalinghe, agri-coltori, professionisti, sindacati lo-cali e provinciali della Cgil e della Cisl, sindaci, assessori, consiglieri comunali di una dozzina di paesi del comprensorio.

Enzo Minio

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

In questi giorni la nube di cenere pro-veniente da un vulcano islandese ha pa-ralizzato i voli. Quali diritti competono ai passeggeri che non hanno potuto prendere l’aereo? (C.N. ed altri).

Il caso dei voli cancellati a causa della “nube islandese” rientra nelle “circostanze ec-cezionali” considerate dal regolamento euro-peo n.261/04. Vediamo a cosa ha diritto che, avendo già acquistato un biglietto aereo, non è riuscito a partire. Soccorre, a tal proposito, la “Carta dei Diritti del Passeggero”, un do-cumento redatto dall’Enac (Ente Nazionale Aviazione Civile) sulla base di leggi e regola-menti nazionali e comunitari. Essa prevede che, in caso di cancellazione di voli, anche nell’ipotesi di avverse condizioni meteorolo-giche determinate da circostanze eccezionali

conclamate, il passeggero possa scegliere tra il rimborso del prezzo del biglietto, oppure l’imbarco su un volo alternativo il prima pos-sibile o in una data successiva per lui più con-veniente. Inoltre, il viaggiatore ha diritto al-l’assistenza, e precisamente a ricevere pasti e bevande in relazione alla durata dell’attesa; ad ottenere una adeguata sistemazione in alber-go, nel caso in cui siano necessari uno o più pernottamenti; al trasferimento dall’aeropor-to al luogo di sistemazione e viceversa; a due chiamate telefoniche o messaggi via telex, fax o posta elettronica. Nel caso che ci interessa, non sono previsti invece indennizzi monetari (ovvero non si possono chiedere risarcimen-ti per il disagio): infatti, la cancellazione del volo è determinata da cause eccezionali.

La Greenway FerdinandeaScia�cca� I progetti della pista ciclabile in graduatoria

Anche Sciacca, come Ribera e Menfi, avrà la sua pista ciclabile.

I tre progetti sono stati inseriti nella graduatoria provvisoria dei finanziamenti europei. I tre percorsi ricadono sulla tratta ferroviaria dismessa e dagli anni ottanta lasciata al degrado e alle sterpaglie. I per-corsi ciclabili sono attrazione turistica e sono migliaia i turisti alla ricerca della pe-dalata “sicura” per gustare la natura, i pae-saggi, lontani dai pericoli e dallo smog.

Il Progetto Greenways Ferdinandea prevede la riconversione della tratta ferro-viaria dismessa che attraversa il territorio di Menfi, Sciacca e Ribera in pista ciclabi-le. L’intero percorso ha una lunghezza di circa 50 Km.

Per partecipare al bando europeo sono stati presentati quattro progetti distinti (1 per il territorio di Ribera (circa 13 Km), 1 Per il territorio di Menfi (circa 13 Km), 2 per il territorio di Sciacca (12,5+12,5 Km).

La progettazione fra i vari comuni è stata coordinata, per ottenere un progetto unitario e sinergico. Il progetto che riguar-da Sciacca prevede la creazione di due grandi arterie ciclabili con una larghezza di 3,50 m che permette il passaggio oltre che del traffico ciclabile anche di un even-tuale trenino elettrico su gomma.

É notevole la ricchezza paesaggistica e naturalistica che viene attraversata dalla greenways, solo per citare pochi punti: 3 siti di interesse comunitario (Valle del Verdura, Fondali di Capo San Marco, Riserva di San Calogero), Hotel e resort (Rocco Forte, Sitas, Sol Melià, svariati B&B), aziende vitivinicole (Campisi, De

Gregorio), spiagge (Monte Rotondo, Lu-mia, Lido, San Marco, etc), siti di interes-se storico/archeologico (Centro Storico, Antiche Terme, Dolmen, Ville Romane, Necropoli di Tranchina e Salinella), zone turistico/balneari (San Giorgio, San Mar-co, Stazzone, Porto).

Inoltre dalla pista ciclabile si dipartono una serie di percorsi alternativi in biciclet-ta o a cavallo già individuati dal progetto. Ogni 2 Km vi sono dei luoghi di ristoro con panchine, gazebo e punti d’acqua.

L’indotto prevedibile è notevole e si prevede una presenza di 30.000 visitatori l’anno, con una ricaduta, per l’economia di Sciacca, straordinaria. La ricaduta è anco-ra maggiore se si pensa che il turista che viaggia in bicicletta ama muoversi nel ter-ritorio e consumare i prodotti tipici locali.

Il costo complessivo dei due proget-ti saccensi è 6 milioni di euro compresi oneri tecnici, sicurezza etc. ( 3 milioni per tratta). Il progetto è stato redatto dagli in-gegneri Mario Di Giovanna e Umberto Marsala.

Filippo Cardinale

a�mminiStra�tive Ribera

ruvolo rinunciaConferme e incertezze nelle candidature a sindaco per

le elezioni amministrative del 30 e 31 maggio prossimo.Due conferenze stampa cittadine per delineare le can-

didature, con la conferma di Carmelo Pace e con la ri-nuncia di Giovanni Ruvolo.

É stato l’annuncio ufficiale, davanti a tutta la sua coa-lizione, del candidato sindaco Carmelo Pace, vicepresi-dente della Provincia, che correrà con la collaborazione dell’Udc, PDL, MPA, PDL Sicilia, PD e movimento “Al-leanza per Ribera”. Invece, Giovanni Ruvolo, cardiochi-rurgo riberese, in attività professionale a Palermo, dato per eventuale candidato a sindaco, ha precisato la sua rinuncia alla candidatura.

Il candidato Pace ha spiegato l’accordo della grande coalizione con il fatto che non si tratta di una grande “am-mucchiata”, bensì della volontà comune di tutti i partiti di risolvere i problemi della città. «Non si tratta di accordo tra persone – ha detto Pace – ma di tutta la politica. É un fatto storico avere tutti i partiti alla pari che cercheranno i fi-nanziamenti sia ad Agrigento che a Palermo, Roma e Bru-xelles».

Giovanni Ruvolo, mai can-didato, ma indicato da tanti suoi amici della società civi-

le, tra cui gli ex deputati Nenè Mangiacavallo e Giovanni Man-zullo, ha spiegato la sua rinuncia con il fatto che

«se fosse stato eletto – ha precisato – avrei dovuto stare a Ribera con la piena presenza sul territorio in mezzo alla gente per sentirne bisogni ed esigenze. Se avessi accetta-to, avrei messo in discussione l’intera mia vita professio-nale. Non vi sono mezze misure. Garantire l’interesse del popolo o la vita dei pazienti che avrò l’onore di curare».

E. M.

In occasione delle celebrazioni per il quinto centenario della fondazione del convento do-menicano Sant’Antonio Abate – San Domenico – a Cammarata, l’amministrazione comunale, presieduta da Vito Mangiapane, grazie all’inizia-tiva dell’assessore alla cultura, Alfonso Di Piaz-za, ha promosso la pubblicazione di un volume, redatto dal cammaratese padre Carlo Longo, domenicano, che illustra la storia di quel luogo di culto e delle strutture ad esso annesse.

Infatti, nel convento domenicano vi ebbe sede, per circa trecento anni, l’ospedale Sant’An-tonio, unica struttura sanitaria e ricettiva esistita a Cammarata tra i secoli XIV e XVI.

Nel 1509 nei medesimi locali fu fondato il convento domenicano, che assicurò fino ad un secolo fa, alla popolazione cammaratese una struttura scolastica per l’alfabetizzazione della popolazione, dotata anche di una pregevole bi-blioteca, nonché l’organizzazione sociale attra-verso la promozione di confraternite, che assi-curavano ai loro membri, tutte le assistenze in caso di necessità.

I domenicani, infine, curavano a Cammara-ta e nei paesi vicini l’educazione cristiana della popolazione grazie alla loro attività di predica-tori. Domenicani cammaratesi o che avevano a lungo risieduto a Cammarata insegnarono, in-trapresero iniziative religiose e culturali, pubbli-carono opere riguardanti il campo dello scibile

non solo in Sicilia, ma anche in altre città d’Italia e addirittura in lontani paesi.

Il volume ampiamente illustrato, dal titolo “La chiesa di Sant’Antonio Abate di Cammara-ta” è stato presentato nella chiesa San Dome-nico dove era presente tantissima gente che ha ascoltato con attenzione l’interessante exursus storico sulla chiesa con annesso ospedale, suc-cessivamente trasformato in convento dei do-menicani, con particolare attenzione ad alcuni importanti personaggi di grande cultura nativi di Cammarata, appartenuti all’ordine domeni-cano, apprezzati e conosciuti anche al di fuori dei confini regionali.

Il libro è disponibile presso la biblioteca co-munale “Mons. Domenico De Gregorio” sita in via del Giardini, ed è anche scaricabile dal sito internet del Comune di Cammarata www.co-mune.cammarata.ag.it.

Enzo Li Gregni

Presentato il libro di p. Longoca�mma�ra�ta� V centenario fondazione Convento Sant’Antonio Abate

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cammarata Nominati due nuovi assessori

Il sindaco Vito Diego Mangiapane ha nominato due nuovi assessori. Si tratta di Giuseppe Maggio e Daniele Di Grigoli che sostituiscono Vito Barresi e Giuseppe Sacco. I nuovi assessori hanno dichiarato di essere molto onorati di avere ricevuto l’incarico di fiducia da parte del sindaco e che, nonostante il loro compito istituzionale durerà poco più di un mese, si dedicheranno con grande impegno alla realizza-zione delle attività che l’amministrazione comunale intende attuare entro la fine del proprio mandato. A Cammarata, come è noto, si voterà il prossimo mese. A questo proposito, il Pd, con il segretario Vincenzo Impalli, ha deciso di appoggiare il sindaco uscente battendosi soprattutto per la rivalutazione del centro storico, la riduzione delle tasse sui rifiuti, l’avvio della raccolta differenziata, la restituzione alla destinazione originaria del centro per anziani, la lot-ta contro la privatizzazione dell’acqua e il costante impegno per far decollare il Parco dei Monti Sicani.

scaicca cominciati i lavori post frana

I lavori di consolidamento e di realizzazione del muro di sostegno a protezione di piazza Libertà sono iniziati. Il cantiere di lavoro, dopo essere stato messo in sicurezza, è impegnato a pieno ritmo. E’ il tassello finale, dopo la tremenda frana verificatasi nello scorso Natale e che ha provocato ingenti danni alle cose. La frana poteva avere un epilogo diverso, tragico, ma grazie all’intervento tempestivo della Protezione Civile, della Polizia Municipale, dei Vigili del Fuoco, ma anche con l’intervento delle altre for-ze dell’ordine, i danni sono stati circoscritti alle cose.

casteltermiNi Varata la nuova giunta

Il sindaco Nuccio Sapia ha varato la nuova Giunta comunale. Riconfermati Vincenzo Insa-laco e Vincenzo Capozza. Resta anche Carmelo Salamone del Pdl, già assessore al Bilancio. Le novità arrivano dall’Udc, con la nomina di Sal-vatore Vaccaro, e dal Pd con Giuseppe Puleo, pubblico funzionario. Propositivi gli assessori e il sindaco Sapia, che già ha fatto “giurare” i suoi nuovi collaboratori.

5 L’Amico del Popolo25 Aprile 2010

Con il tuo modello CUD puoi partecipare alla scelta dell’8xmille anche se non sei tenuto a presentare ladichiarazione dei redditi. Basta firmare due volte la scheda allegata al CUD: nella casella “Chiesacattolica” e, sotto, nello spazio “Firma”. Poi chiudere solo la scheda in una bustabianca indicando sopra cognome, nome e codice fiscale e la dicitura “Scelta perla destinazione dell’otto e del cinque per mille dell’Irpef” e infine consegnarla allaposta. Per ulteriori informazioni puoi telefonare al Numero Verde 800.348.348.

www.8xmille.itC.E.I. Conferenza Episcopale Italiana

Su l la tua d ich ia raz ione de ire d d i t i o s u l m o d e l l o C U D

Il cinque per mille si affianca anche quest’anno all’8xmille. Il contribuente può firmare per l’8xmille e per il cinque per millein quanto uno non esclude l’altro, ed entrambi non costano nulla in più al contribuente.

CON L’8XMILLE ALLA CHIESA CATTOLICAAVETE FATTO MOLTO, PER TANTI.

Italia, sostentamento sacerdoti Piancastagnaio (Siena), restauro chiesa

Uganda, St. Mary's Hospital Roma, aiuto ai senza fissa dimora

� L’Amico del Popolo25 Aprile 2010Vita Ecclesiale

(continua dalla prima) Don Stefano è passato poco più di un anno da quando Mons. France-sco Montenegro, auspicava per Lampedusa un segno: «Lampe-dusa-diceva il nostro arcivesco-vo-è segno nel mondo, è segno del mondo. Il mondo la sostenti con un segno. Che non sia di cemento, però» (crediamo che l’allusione fosse alla costruzione di nuovi Cie, ovvero Centro di identificazione ed espulsione, nda). Cosa è cambiato dalla ce-lebrazione del Coordinamento Nazionale Immigrazione della Caritas Italiana radunatosi nel-l’Isola dal 25 al 27 marzo 2009? E inoltre, Lampedusa mi è parsa insolita, direi più zittita che silen-ziosa, perché?

«Noi lampedusani -inizia così ad argomentare , lui che è origi-nario di Montevago - viviamo il momento attuale come una grande stasi. È come se si fosse in

uno stato comatoso, ogni tanto le macchine mediche segnalano qualche piccolo movimento che è dato da coloro che riescono ad oltrepassare il muro ideale del-la frontiera e per mare vengono deportati in altri luoghi. Oggi Lampedusa non deve vedere, non deve sentire, non deve par-lare, non deve sostenere. Di fatto, è nuovamente tagliata fuori dal-l’Europa. Lampedusa è interprete dell’amaro lamento della Sicilia che non può e non deve cambia-

re. La linea dura dei respingimen-ti, imposta dalla politica del go-verno, dilata il vuoto nella mente fino a portare alla cancellazione del ricordo di ciò che è stato un fenomeno di portata profetica. Viviamo così!»

Rivolgo la stessa domanda a don Vincent Mwagala, Vicario Parrocchiale di Lampedusa, che l’Africa ce l’ha nel sangue e nel colore della pelle, il quale non ha nessuna esitazione nella risposta, forte dell’esperienza pastorale man mano maturata e dallo stu-dio del fenomeno.

«Su Lampedusa, a seguito degli sbarchi dei migranti, si è riversata una insolita attenzione la quale, più che agli abitanti dell’Isola e a questi fratelli, si è rivolta alla loro “vicenda”. Più che sulle persone coinvolte, si è posto l’accento sul problema della gestione politica di un fatto. Il fenomeno dell’im-migrazione coinvolge due attori,

chi arriva e chi accoglie. La solidarietà non può essere uni-direzionale. I mass-media, presenti mas-sicciamente nei giorni caldi della vicenda, si sono pre-stati al gioco della strumen-talizzazione di

Lampedusa ed alla manipolazio-ne dell’accoglienza dei lampedu-sani. Nel loro martellante frasario sono stati consacrati dei termini che per me sono estremamente ambigui e pericolosi: “clandesti-no”, “rifiuti”, ”sbarco”, “tolleranza”. Termini che incidono nell’imma-ginario collettivo, che plasmano l’opinione pubblica. I politici, sempre a caccia di consenso elet-torale, captano l’onda emozionale della gente, la reazione istintiva di paura verso l’altro che non si

conosce, e allora si sono inventati la “poli-tica dei r e s p i n -g i m e n -ti” che è, - per dirla con Lévinas - rifiuto dell’interrogazione etica del volto, rifiuto della sua pe-rentoria intimazione “tu non mi ucciderai”. Si è creata, guardando ad alcune carenze strutturali del-l’Isola – vedi le tantissime buche che fanno delle nostre strade una groviera - la sensazione periferica che se non ci si allinea alle politi-che del momento si viene a crea-re uno iato con la sala di coman-do. Calate le luci della ribalta, noi che siamo estrema periferia d’Europa, ma soprattutto d’Italia, abbiamo la percezione dell’oscu-ramento, dell’abbandono».

Obietto come sia innegabile che una immigrazione selvaggia possa creare problemi relativi alla legalità e alla sicurezza del nostro Paese; risponde con fermezza il parroco, don Stefano: «Bisogna distinguere e non confondere. Se vogliamo coniugare legalità e sicurezza, non possiamo equipa-rare coloro che fuggono dai loro Paesi perché viene loro minac-ciata la vita - e credo che questi non possiamo non accoglierli - da coloro che camuffano con l’immigrazione un bisogno ine-sistente. Distinguerei i fuggiaschi dagli evasori, laddove i secondi, pur potendo realizzare una citta-dinanza dignitosa nella loro Ter-ra, eludono un dovere contratto con il loro Paese di provenienza, per costoro bisogna agire con fermezza, tuttavia in un conte-sto di legittimità che rispetti le leggi di chi accoglie e la dignità di chi è accolto».

«Don Stefano, pensa che l’attuale “stato comatoso”, per prendere a prestito una sua metafora, circa gli sbarchi sancisca un addio definitivo agli immigrati e alle loro tristi vicende o, sia un saluto transi-torio?». «Penso sia un sempli-ce arrivederci, perché prima o poi torneranno a bussare alla nostra Porta d’Europa. Nel frattempo ci dobbiamo chiedere se tutto ciò abbia prodotto dei cambiamenti in noi. In altri termini quale politica di integrazione più che d’accoglienza siamo riusciti a pensare e ad agire in questo frattempo».

«Lampedusa riceverà i Ve-scovi delle Chiese di Sicilia che qui terranno dal 20 al 22 Apri-le la loro Conferenza. Quale significato riveste per la vostra comunità isolana che talvolta si percepisce come isolata? Qua-le risonanza sta avendo que-st’evento?».

Per don Stefano «La presen-za della Conferenza Episcopale Siciliana (CESi) è certamente a livello locale un fatto storico. Credo che il ritrovarsi dei ve-scovi di Sicilia nella nostra Isola abbia anche tra le sue motiva-zioni quella relativa al fenome-no migratorio degli ultimi anni. Penso che i vescovi Siciliani abbiano sentito, e sentano an-cora, il bisogno di starci vicini e di manifestare gratitudine alla nostra comunità. Il trava-glio che l’isola ha sperimentato negli anni e fino ad oggi a mo-tivo dei flussi migratori non è irrilevante. Certo è che la visita dei vescovi, anche se arriva con

un po’ di ritardo rispetto all’attua-lità del problema, costituisce una nuova provocazione e, al tempo stesso, un motivo di riflessione sulla storia che stiamo vivendo in merito anche alle decisioni prese dal governo in materia immi-gratoria, sostanzialmente con la politica dei respingimenti. Voglio nuovamente sottolineare che la vicinanza dei vescovi di Sicilia, tutti riuniti a Lampedusa, palesa la gratitudine per quanto si è fat-to e si è sperimentato nel passato in termini di accoglienza da parte di questa piccola comunità.»

Per don Vincent «La presenza della CESi a Lampedusa, occasio-ne prima e forse unica per l’Isola, ci permette, attraverso il sentire comune della nostra gente, di percepire problemi di natura ec-clesiale quali la non conoscenza dell’organigramma della propria Chiesa e delle Chiese di Sicilia, nonché le relative agende. Inoltre è come se queste assisi, sebbene importanti per il vissuto delle no-stre Chiese, non avessero nessu-na rilevanza pubblica. Così non dovrebbe essere. Guardiamo ai nostri Pastori per avere indirizzi, ma non solo. Perciò è legittimo chiedersi: quali temi tratteranno i nostri Vescovi e perché? Cosa ci proporranno? Spesso si parla di modelli di Chiesa, ma avverto

come uno scarto, un gap enorme, tra i modelli teorici e i modelli vissuti e percepiti. La celebrazio-ne di una sessione della CESi qui è anche questo».

I Vescovi di Sicilia dalle loro Chiese stanno raggiungendo Lampedusa e certamente porte-ranno a questa comunità, oltre che affetto e solidarietà, la forza teologale della fede, della spe-ranza e della carità che promana da Cristo risorto. A sigillare la loro visita il saluto di Papa Be-nedetto XVI al Regina Coeli di domenica 18 aprile a Floriana, Malta per le due Comunità delle Pelagie: «Sono lieto di salutare tutti i pellegrini di lingua italiana qui presenti oggi in questa felice occasione, specialmente quelli che sono giunti da Lampedusa e Linosa! Grazie per essere venuti a condividere questo momento di celebrazione e di preghiera con i fratelli e le sorelle maltesi. Che l’Apostolo Paolo, del quale com-memoriamo l’anniversario della presenza in queste isole, sia per voi un esempio di fede salda e co-raggiosa di fronte alle avversità».

Alfonso Cacciatore

lampedusa Il racconto di don Stefano e don Vincent

porta di pietà

La naturale ed antica vocazione di LampedusaFu Bernardo Maria Sanvisente, Tenente di Vascello della Real Ma-

rina del Regno di Ferdinando II Borbone e gli uomini ai suoi comandi imbarcati sul piroscafo Rondine che, il 22 settembre 1843, diedero vita alla colonizzazione dell’Isola. Il Cavaliere, certamente non presago di quanto potesse accadere oggi, annota dei riferimenti abbastanza no-tevoli. Nel resoconto, tuttavia non si può fare a meno di notare, che il Sanvisente, sostiene la specificità della vocazione interreligiosa ed ecumenica dell’Isola in specie e del Mediterraneo in genere. Il capitano è affascinato; è come colpito, e scrive «Nel vallon della Madonna poi, eravi una chiesetta con antichi abituri, una casa diruta, e diverse grotte in una delle quali è tradizione di esservi seppellito uno Skeich Turco. Vi si osserva eziando un mucchio di pietre con sopra una cristiana in-segna incisa a basso rilievo per dinotare la sepoltura di un Cavaliere di Malta». Riposano accanto due santi combattenti di fede diversa, cristiana il primo, musulmana il secondo. Entrambi provenivano dal-la tradizione cavalleresca, se lo Skeich Turco lo identifichiamo con un Marabutto (monaci combattenti che vivevano in fortezze-conventi).

L’Eremita di Lampedusa, che al di là del sincretismo con il quale se n’è caricata la figura, è l’uomo di Dio, che invita al culto, sia gli uni che gli altri. Le leggende fiorite intorno al Santuario, contrariamente a quanto riporta il Sanvisente, dicono che davanti al Simulacro della Madonna (statua preceduta da una tela, della quale a Lampedusa esi-ste una copia, con cui Andrea Anfosso si fece vela su un legno per fug-gire dall’Isola e raggiungere la terra di Castellaro, in Liguria, dalla quale era stato deportato) ardeva perennemente una fiaccola ora alimentata da olio cristiano, ora da olio moresco, forse prevalentemente berbero, comunque, olio di genti di fede musulmana. Come a dire che la Ma-donna ed il suo Santuario anziché essere punto di frattura è Ponte tra le due Tradizioni religiose.

La seconda notazione che si trae dal Sanvisente è data dalla descrit-tiva preoccupazione dello stesso per lo Sbarcatojo: «Al mio giungere nell’Isola vi era un sito così chiamato». Il Capitano vi dedica poche parole per dire lo stato pessimo in cui lo trova, nello stesso tempo l’immegliamento del sito è uno dei suoi crucci per il bene generale del-l’Isola e dei suoi commerci e per il bene dei naviganti. Sanvisente mi-gliora, ma non stravolge. Questo capitano al soldo dei Borboni capisce, comprende e rispetta la vocazione dell’Isola ad essere terra di transiti per gli stranieri e di permanenza per i coloni. Non teme l’incontro tra le religioni, né ravvisa in anteprima spettrali “scontri di civiltà” (vedi la pessima convinzione di Samuel Phillips Huntington). Non teme nean-che il Tramonto dell’Occidente (alla Oswald Spengler), perché Lampe-dusa è Isola del sole.

A.C.

cesi Mons. Montenegro e la scelta Lampedusa

le chiese di siciliacon i lampedusani

(Continua dalla prima) Le cose sono evolute come tutti noi sappiamo: il governo italiano ha adottato misure legislative e di accordo con la Libia tali da neutralizzare il movimento migrato-rio. Sappiamo che il problema non è risolto ma semplicemente coperto e che il dramma di coloro che vogliono scappare dai territori deva-stati da guerre e fame non è ancora finito. In quel conte-sto ed in quel preciso mo-mento storico mi sembrava o p p o r t u n o che, come espressione della Chiesa siciliana, fa-cessimo sentire la nostra vicinanza a questa gente e la nostra parola a coloro che vedono nella presenza dello straniero una minaccia ed un pericolo più che un’occasione per testimoniare e vivere il Vangelo.

Il fenomeno dell’immigrazione è un fenomeno complesso per le diverse problematiche che in esso confluiscono ma come mi-nistri del Vangelo, tuttavia, non possiamo tacere il fatto che chi ha un diverso colore di pelle o proviene da altre terre non è né straniero né ospite ma concittadino dei santi e familiare di Dio.

Il valore della fraternità, oggi più che mai, va riconosciuto e affermato come valore evangelico; rispetto a questo non possia-mo scendere a compromesso con altre logiche. Come Chiesa e come Chiesa di Sicilia vogliamo annunciare con coraggio e fermezza il Vangelo dell’amore verso tutti e, soprattutto, verso coloro che vivono nel bisogno e nella povertà.

Come chiese di Sicilia potremmo svolgere un servizio impor-tante nella logica dell’integrazione e della cooperazione andando oltre una pura logica assistenziale e sostenendo lo sforzo affin-ché vi sia la conoscenza fra le diverse culture e, in questo modo, infrangere il muro di indifferenza o di diffidenza che molte volte ci separa da loro e rischia di allontanarci dal Vangelo.

LdP

settimana dell’integrazione

riflettere per agireSi è appena conclusa

la Settimana dell’Inte-grazione realizzata su iniziativa del Diparti-mento Pastorale della Curia Arcivescovile, USMI, con il patrocinio morale del Comune di Agrigento e dell’Ufficio Scolastico Provincia-le. Obiettivo dell’iniziativa: riflettere sul tema dell’Integrazione come cammino che l’italiano è chiamato a percorrere insieme all’immigrato per andare insieme verso la definizione di una nuova cultura che, grazie alla presenza dello straniero, sta ormai nascendo. Se all’immigrato si chiede di conoscere e rispettare le basi culturali della nostra società, a tutti noi è richiesto di pren-dere atto di un’evoluzione socio-culturale ormai in corso. Le diverse iniziative realizzate hanno coinvolto destinatari diversi eppure accomunati dallo sforzo verso l’integrazione.

La giornata di sabato 17 ha visto il susseguirsi di due conve-gni. Il primo, quello del mattino, nella Sala Concordia del Pa-lacongressi, con protagonisti i giovani studenti della provincia agrigentina. Dopo un breve intervento di mons. Perego, diret-tore generale della Fondazione Migrantes della CEI, gli oltre 500 studenti hanno assistito alla proiezione del film-documentario “Come un uomo sulla terra”, che narra dell’esperienza di depor-tazione nelle carceri libiche di Dagmawi Yimer, coautore della pellicola. Alla proiezione ha fatto seguito la testimonianza di Tareke Berhane, interprete e mediatore culturale di Save the Children, che ha narrato la propria esperienza di deportazione in Libia, e di Antonella Basilone, referente agrigentino dell’AC-NUR, che ha parlato dell’impegno delle Nazioni Unite per il rispetto dei diritti umani. A chiusura dell’incontro è stata pro-posta l’esperienza di integrazione di Hajar e Sirin, due giovani studentesse agrigentine di origini straniere.

Nel pomeriggio, nel salone della Parrocchia B.M.V. della Provvidenza di Agrigento, il Convegno ImmigratIntegrati, che ha visto la partecipazione di Maria Paola Nanni, redattrice del Dossier statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, che ha trac-ciato un chiaro quadro della situazione migratoria e delle politi-che di integrazione in Italia; di mons. Perego, che ha parlato del ruolo della Chiesa cattolica nel cammino verso l’integrazione, e di Sr. Etra Modica, responsabile nazionale del settore Mobilità etnica dell’USMI, che ha evidenziato il ruolo della vita religiosa quale segno profetico di accoglienza e integrazione. Al termine delle relazioni, sono intervenuti, fra gli altri, Anna Gangarossa, in rappresentanza di Amnesty International, il mediatore cultu-rale Driss Soulib e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Agrigento, Giacomo Daina. Le iniziative hanno visto la par-tecipazione degli enti che a vario titolo si occupano del pianeta immigrati e che fanno parte del coordinamento immigrazione promosso dalla Caritas Diocesana.

Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo25 Aprile 2010

a cura di Gino FaragoneIV Domenica di Pasqua

Il bastone del pastore è la croce per la vita

«Noi siamo

suo popolo,

gregge

che

Egli guida»

la Parola

La liturgia di questa dome-nica, detta anche del Buon Pa-store, propone un testo molto breve tratto dal discorso di Gesù riportato dall’evangelista Giovanni (10,27-30). Siamo d’inverno, durante la festa della Dedicazione del Tempio, una festa molto popolare dal for-te accento nazionalistico, che ricorda la liberazione di Ge-rusalemme dall’occupazione straniera. Era chiamata anche festa delle luci, perché durante gli otto giorni della celebrazione venivano accesi i grandi cande-labri della festa delle Capanne. Si può cogliere da subito il ca-rattere polemico del testo nel-l’elemento “luce”, in contrasto con l’accecamento dei Giudei. Al Tempio venivano lette le pa-gine del profeta Ezechiele che

presentano Dio, come il vero e unico Pastore che non abban-dona il suo popolo, in contrasto con i cattivi pastori d’Israele, unicamente intenti a curare i loro interessi. Sorprende la pre-cisazione temporale “era inver-no”, un elemento scontato, dato che la festa cadeva sempre in quella stagione, e per altro mai indicata per le altre celebrazio-ni. Potremmo pensare ad un significato simbolico con un rimando al Cantico dei Cantici, per indicare la morte che regna a Gerusalemme e nel Tempio. In Giovanni la lettura del testo a più livelli è quasi un obbligo. Gesù si ripara dal freddo e dal vento sotto il portico di Salo-mone. Si radunano attorno a lui i Giudei non certo per simpa-tia o perché interessati alla sua

predicazione, ma piuttosto per trovare un motivo sufficiente per arrestarlo e farlo condanna-re. Gli pongono una domanda secca: “Sei tu il Messia?” Gesù risponde in modo indiretto, in-vitandoli ad esaminare le opere che Egli compie nel nome del Padre suo, che sono un’ottima testimonianza dell’affermazione che Egli fa di se stesso.

«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strappe-rà dalle mie mani». Se i Giudei non credono vuol dire che non appartengono al gregge del Si-gnore. Il rapporto tra pastore e pecore è caratterizzato da una reciproca conoscenza: il Pastore conosce singolarmente le sue

pecore e le pecore ascoltano e seguono il Pastore. Nella liturgia di oggi, l’immagine del pastore è associata a quella dell’Agnello del libro dell’Apocalisse. Il Pa-store si rende credibile perché si fa Agnello, non si isola dal gregge, ma condivide rischi e pericoli della vita. Il suo bastone non è un elemento di potere ma richiama il legno della Croce, dove offre la vita per le pecore. La sua voce è tanto più signi-ficativa se associata al silenzio dell’Agnello muto davanti ai suoi tosatori, mentre viene condotto al macello (cf Is 54,7). Le peco-re, ovvero i suoi discepoli, sanno riconoscere la sua voce e si im-pegnano a seguirlo. A quanti lo seguono, Gesù dona la pienez-za della vita, la partecipazione intima alla vita stessa di Dio,

la nuova rinascita attraverso il dono dello Spirito. Questi non si perderanno mai, staranno sempre al sicuro, non saranno mai strappati dalle sue mani.

Noi, la vita da che cosa l’aspet-tiamo? Dalle armi che costruia-mo sempre più letali, dai muri che innalziamo sempre più in alto per non essere disturbati dagli altri, dai soldi, dal successo che inseguiamo ad ogni costo, dal ritenerci superiori agli altri? Se ci siamo incontrati davvero con il Cristo, se ci siamo lasciati fasciare dal suo amore, se ab-biamo ascoltato la sua voce, se lo abbiamo seguito, allora sco-priremo che solo Lui può ga-rantirci la salvezza, la vita piena, quella vita che siamo chiamati ad annunciarla a quanti ancora non la conoscono.

Una continuità nella novità(continua dalla prima) In un luogo come

questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio che è un interiore grido verso Dio: perché Signore hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?”. Un silenzio che ha un duplice signi-ficato: “Ci inchiniamo profondamente nel no-stro intimo davanti alla innumerevole schiera di coloro che qui hanno sofferto e sono stati messi a morte”; e poi, silenzio che “diventa domanda di perdono e di riconciliazione, un grido al Dio vivente di non permettere mai più una simile cosa”.

Omaggio ai sei milioni di vittime della Shoah, è anche il viaggio in Israele, 2009, con la tappa simbolo del mausoleo dell’Olocausto, Yad Vashem. Chiede perdono al popolo di Israele con le parole di Giovanni Paolo II. Ma soprattutto definisce inaccettabile e intollera-bile la posizione di chi, tra gli uomini di Chie-sa, nega o minimizza la Shoah. Riferimento esplicito alle posizioni espresse dal vescovo della Comunità di Lefebvre, Williamson. Una polemica alimentata anche dal “Motu pro-prio” che toglieva la scomunica ai vescovi sci-smatici della Comunità di Econe.

Il viaggio in Terra Santa ha un inizio in un altro luogo simbolo, il Monte Nebo, da dove Mosè ha guardato la terra promessa, senza poterla raggiungere. Anche Benedetto XVI, come già Giovanni Paolo II, dal Monte Nebo guarda la valle del Giordano. Gerusalemme, i luoghi della Bibbia sono sotto i suoi occhi. Si è definito pellegrino come milioni di pellegrini che hanno attraversato la Terra Santa. Come i suoi due predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Pellegrino con un messaggio di dialogo, di pace, di riconciliazione da consegnare a que-sti popoli. Otto giorni tra Giordania e Israele. Per parlare ai fedeli delle tre religioni che ri-conoscono Abramo come padre comune. Per parlare ai due popoli divisi come quel muro che il Papa attraversa andando a Betlemme.

Pellegrino di dialogo perché le religioni

siano capaci di costruire ponti di dia-logo. Pellegrino di pace, perché i due popoli possano vivere in due Stati in sicurezza e rispetto l’uno dell’altro. Il suo è un messaggio che dice no alla violenza, al terrorismo. E quel muro che separa e divide, accresce l’odio. Chiede ai popoli della Terra Santa di superare incomprensioni e diffidenze, che nel tempo hanno allontanato e non avvicinato i popoli. Due popoli e due Stati.

Il viaggio in Israele, ma soprattut-to quelli in Turchia e Giordania, sono anche appuntamenti per rinsaldare un dialogo con il mondo islamico. A Ratisbona, nel suo discor-so al mondo universitario Benedetto XVI ci-tava una frase dell’imperatore bizantino Ma-nuele II Paleologo in un dialogo con un dotto arabo a proposito della diffusione dell’Islam. La frase, che sottolineava l’uso della violenza, ritenuta offensiva per la sensibilità dei creden-ti musulmani, ha provocato violente reazioni nel mondo islamico. Ma quel testo, ha preci-sato lo stesso papa Benedetto, non esprimeva il suo pensiero; per questo rinnovava l’invito a un dialogo franco e sincero. Dialogo raccolto da 38 teologi con una lettera, cui hanno suc-cessivamente aderito altri 100 esponenti isla-mici.

In quella “lectio magistralis”, intitolata “Fede, ragione e università”, il Papa esprimeva la convinzione che le religioni sono contrarie ad ogni forma di imposizione violenta della fede, evidenziando, altresì, la convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio.

Un pontificato che si è mosso lungo i bina-ri di un rinnovato impegno ecumenico, basti ricordare l’incontro con il Patriarca ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo I, o il dialogo con il mondo anglicano, o con i luterani: pro-prio di poche settimane fa è la visita alla Chri-stuskirche di Roma.

Un’ultima pagina, per la tristissima vicen-

da degli abusi sessuali compiuti da sacerdoti nei confronti di minori. Polemiche e critiche sono giunte soprattutto dagli Stati Uniti, dalla Germania, dall’Austria, dall’Irlanda, in seguito alla pubblicazione di alcuni rapporti che de-nunciavano numerosi casi. Proprio alla Chie-sa d’Irlanda, Benedetto XVI ha rivolto una lettera pastorale nella quale ha scritto di “con-dividere lo sgomento e il senso di tradimento” per questi atti criminali. Rivolgendosi ai sacer-doti e ai religiosi il Papa ha usato parole dure, forti: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti ai tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente del-l’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli”.

Forse è proprio nella scelta del nome, Be-nedetto, che troviamo l’idea di pontificato di papa Ratzinger, che ha detto, il 27 aprile 2005, di volersi mettere sulle orme del suo prede-cessore, nella numerazione, Benedetto XV, “coraggioso e autentico profeta di pace”: “Sul-le sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente con-vinto che il grande bene della pace è innan-zitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti”.

Fabio Zavattaro

anniversario pontificato I 5 anni di Benedetto XVI

celebrato il fest’incontrofavara Azione Cattolica Diocesana

Nonostante le avverse condizioni atmosferiche, domenica 19 aprile, circa 500 aderenti all’Azio-ne Cattolica Italiana, di ogni età, si sono dati ap-puntamento presso la Chiesa Ss. Pietro e Paolo, a Favara, guidati da don Carmelo La Magra, per celebrare il “Festincontro Diocesano”, con tema: “Questo è il tempo della festa”.

Una giornata di gioia, divertimento, nel corso della quale è stata sperimentata la bellezza della “scoperta”, della “ricerca” e della “restituzione”, ma anche di riflessione e preghiera, per tutti i parte-cipanti che, ad inizio di giornata, hanno ricevuto il saluto ufficiale dell’amministrazione comunale favarese, con in testa il sindaco Russello, per poi chiuderla con la celebrazione della Santa Messa officiata dall’Arcivescovo Montenegro.

Nel corso dell’omelia, il capo della chiesa agri-gentina, ha ancora una volta sottolineato quello che è, e deve continuare ad essere, il ruolo del-

l’Azione Cattolica all’interno della Chiesa della quale è parte integrante.

L’Arcivescovo ha invitato tutti a guardare sem-pre lontano, fuori dalle mura della chiesa, e fare propri i problemi di tutti gli uomini, con parti-colare riferimento agli immigrati, ed a prestare particolare attenzione agli emarginati che vivono all’interno della nostra società.

Nel suo intervento finale, la presidente dioce-sana, Nicoletta Averna, dopo avere ringraziato quanti, dall’amministrazione comunale, ai volon-tari, hanno contribuito alla riuscita della manife-stazione, ha fatto rifermento al ruolo assunto dal movimento che guida: «L’Azione Cattolica è una realtà di cristiani che si conoscono, si vogliono bene, lavorano assieme nel nome del Signore, sono amici; è una rete di persone che con concor-dia, spirito comune e un cuor solo e un’anima sola cercano di servire la Chiesa. Vittorio Bachelet, nel

1973, a conclusione del suo mandato di presi-dente nazionale scrisse “Noi serviamo l’Azione Cattolica non tanto perché ci interessa di fare grande l’A.C.; noi serviamo l’A.C. perché ci inte-ressa di rendere nella Chiesa il servizio che ci è chiesto per tutti i fratelli”.

In questo senso l’Associazione si riconosce la funzione di far crescere e maturare il laicato in modo da favorire la costruzione di una co-munità cristiana più viva e partecipata e nello stesso tempo la promozione di una generosa animazione nella città dell’uomo, a cominciare dalla sua stessa presenza nelle Istituzioni. Per fare questo – ha proseguito la presidente – l’A.C. deve rispondere a due condizioni: la prima è essere sempre più conforme a quella identità, a quella fisionomia che la Chiesa le ha riconosciuto e che sono espressi nello statuto e nella norme sulla vita associativa. La seconda condizione è che l’ordina-

mento associativo, il suo progetto formativo, la sua capacità e le sue modalità di programmazione siano funzionali ed efficaci, attraverso più auten-ticità, evitando la tentazione che vorrebbe una realtà più da intrattenimento che di formazione dei suoi iscritti».

Antonio Francesco Morello

la fede nel passato

i misteri del santo rosario in siciliano

La versificazione - sia in italiano che in siciliano - di questi misteri, voluti da Papa Giovanni Paolo II, è di don Stefano Pirrera, anche la versificazione dei misteri precedenti (pubblicati sul n.15) è opera sua.

Misteri Luminosi

Battesimo nel Giordano

Le nozze di Cana

Il Vangelo è salvezza

L’Assunzione di Maria

L’Incoronazione di Maria

O gran Vergini Maria, stidda si’ d’a vita mia.(I Misteri si recitano il giovedì).

Fine

Nel Giordano battezzato, dallo Spirito assistito, vien dal Padre proclamato: “Figlio Mio, che va ascoltato!”

San Giuvanni ‘U vattiava, mentri ‘u Spiritu scinniva, da lu Patri Figliu amatu, Gesù veni pruclamatu.

Alle nozze, in quel di Cana, Maria teme attesa vana, del buon vino; in Gesù spera, e il miracolo si avvera.

La Madonna, a lu fistinu, s’addunà c’un c’era vinu, a Gesù, lestu, lu dissi, ca un mi-raculu facissi.

Solo il Figlio di Maria è Pa-rola Eterna e Pia, è Vangelo che redime, chi la fede in Lui esprime.

È Gesuzzu di Maria, la Parola eterna e pia, è Vangelu di salviz-za, ca cunverti cu l’abbrazza.

Là sul Monte la gran Luce-svela a tutti che la Croce non è solo sofferenza, ma vigilia di esultanza.

‘N cima ‘o munti, la gran luci, svela a tutti ca la Cruci nun è sulu suffrimentu, ma vigilia di cuntentu.

Mentre Giuda lo tradiva, pane e vino Gesù offriva, e, restando in Sacramento, è di tutti l’Alimento.

Mentri Giuda Lu tradiva, pani e vinu Gesù offriva, e ri-stannu in sacramentu, è di tutti l’Alimentu.

� L’Amico del Popolo25 Aprile 2010Attualità

diario multimedi@le«Siamo italiani:

per fortuna o purtroppo»Caro diario,i vari “siamo in Italia” e “siamo italiani” con cui

condiamo le nostre giustificate geremiadi quoti-diane in casa, a scuola, per le strade, nei bar e fuori dai Palazzi, non passano mai d’attualità, purtroppo per noi; e lo sa bene anche lo scrittore David Bidus-sa, che li ha riconfezionati in un magistrale saggio, intitolato proprio “Siamo italiani” (Chiarelette-re, Milano, prima edizione 2007, 10 euro e subito “best-seller”). “Espressione geografica” per l’odio-so Metternich, “luogo dei luoghi”, heideggeriano & non, per chi vi è nato e/o vi dimora, terra di poeti, di eroi, di navigatori, di santi, di stilisti, di geniacci, di corruttori, di mafiosi, di corrotti, di megalomani, di rassegnati, di voltagabbana e di chi più ne ha più ne metta, l’Italia è anche il Paese che può vantare (per modo di dire) un “Guinness” di luoghi comuni, ma veritieri, sui suoi abitanti; e se Cutugno, Reitano, Pupo & Principe ed altri più o meno rinomati in-digeni “cantatores” e “laudatores” del Paese di man-dolini e stornelli hanno tentato, nel tempo, di luci-darne i pregi per offuscarne i difetti, è pur vero che questi ultimi hanno costituito e continuano a for-nire innumerevoli spunti di critiche in tema di an-tropologia e comportamentismo, con tonnellate di pubblicazioni sull’argomento che costituiscono per-sino uno degli svaghi più graditi dallo stesso popolo italiano, sempre masochisticamente pronto a ridere, come se non lo riguardasse proprio, di qualsiasi bia-simo a suo danno (giustificato o costruito ad arte: poiché contro gli italiani/italioti eccelle anche la raffinata arte del mendacio: “calunniate, calunniate, che qualcosa resterà”, scrisse quell’imperatore del-l’intelligenza e della deuteroscopia che fu Voltaire). Solo per qualche riscontro fra i più noti, all’italianità come specchio del mal/essere si sono dedicati, nel tempo, anche fior di scrittori ed intellettuali, dal-l’Alighieri della “Commedia”, Purgatorio, canto VI (“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza noc-chiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”) a Leopardi con il suo ancor oggi attualis-simo “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani” ed a Giuseppe Prezzolini (inarrivabile il suo “Codice della vita italiana”: “I cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi… L’Ita-lia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non hanno paura, spendono e se la godono”); per non parlare di Curzio Malapar-te (“Il fatto è che in Italia ogni cosa puzza di servitù e coloro che parlano di mutamenti, di rivoluzioni o di leggi sono proprio quelli stessi che vanno in cerca di padroni da servire”), Montanelli, Brera, Flaiano, Pasolini, Sciascia, Camilleri, Gaetano Salvemini (“E quand’anche gl’italiani, che sono fatti diversamente, fossero non centomila, ma appena mille, cento, die-ci, uno solo, quell’uomo solo dovrebbe tener duro e mollare. E sarebbe dovere approvarlo, incorag-giarlo, sostenerlo, e non dirgli: pensa alla salute”), Ernesto Rossi (“Si vede proprio che i grandi indu-striali sono convinti che l’opinione pubblica italia-na ancora trangugia qualsiasi beverone le vogliano ammannire… É vero: ora c’è il fastidio della libertà di stampa; ma è una seccatura da poco. Dov’è la li-bertà di stampa in Italia?” – e sembra scritto adesso, visto che l’industriale c’è sempre di più e la libertà di stampa c’è pure, ma sempre di meno) e, nell’oggi, Michele Serra (“Elettori che considerano la furbizia una virtù eleggeranno politici che sono il loro spec-chio fedele”), o dell’indimenticabile Giorgio Gaber (“Io non mi sento italiano, ma per fortuna o pur-troppo lo sono”) oppure del Nobel Dario Fo (“Se ci dicono: quello ruba, quello truffa, quello frega, noi alziam la spalluccia e da idioti sorridiam. Perché siamo italioti…”). Sempre più in basso, povera Italia, caro diario.

Nuccio Mula

Chiuso il 21 Aprile ore 12.00

Cala il sipario sulla regolar season del cam-pionato di calcio di Eccellenza, girone A, che emette il verdetto definitivo della promozione del Marsala 1912 nel campionato di serie D e che rimanda le quattro agrigentine Kamarat, Akragas, Gattopardo e Favara ai play off, per tentare la scalata nella serie superiore.

Le squadre della nostra provincia, tutte brave e brillanti, hanno lottato sino alla fine del campionato per conquistare la vetta, ma hanno trovato sulla loro strada il Marsala 1912, allenata dal grottese Totò Bruccoleri, che bissa il successo ottenuto con il Mazzara, la scorsa stagione.

Per l’Akragas, che ha chiuso in bellezza un campionato sofferto ricco di colpi di scena, una bella vittoria a spese del Bagheria, che non ha avuto scampo sul terreno di gio-co dell’Esseneto, dove ha incassato tre gol, pur giocando una piacevole gara. La buo-na prestazione dei giocatori del presidente Sferrazza, fa ben sperare per la gara che si giocherà a Cammarata, contro gli uomini di Renato Maggio, vice capolista alle spalle del neo promosso Marsala; il Kamarat, natural-mente in virtù della sua miglior classifica avrà il vantaggio del doppio risultato, mentre per l’Akragas il passaggio resta legato solo alla vittoria. Una partita tutta da seguire per la bontà dell’organico delle due squadre e per la

carica agonistiche che metteranno in campo per superarsi a vicenda. Stesso discorso vale per Favara–Kamarat, che stanno vivendo un momento straordinario e che non fanno mistero di puntare decisamente di vincere la partita per passare il turno. I tifosi si stanno organizzando per seguire i loro beniamini in questa avventu-ra, ci auguriamo che tutto si pos-sa svolgere nel migliore dei modi onorando lo sport ed il nome della loro città. Play off: Kamarat-Akra-gas; Favara-Gattopardo.

Play out: Enna-Riviera Marmi; Campobello–Arenella. Retrocede il Bagheria.

Nel campionato di Promozione, girone A, promozione diretta per il Valderice, che si lascia alle spal-le il Ribera, che affida al torneo Tomaselli il sogno di approdare in Eccellenza, dove parte con la migliore condizione di classifica, in questa fase degli spareggi per la serie superiore approda anche il Cianciana, che con un poco di fortuna potrà dire anche la sua. In salvo il Canotti vanno ai play out il Raffadali ed il Gemini, mentre lo Sciacca viene retrocesso in prima

categoria. Valderice promosso in Eccellenza.Retrocedono Sciacca e Carini, ai play off

Ribera, Cianciana, e Castellammare.Salvatore Sciascia

Panorama Calcistico

CLASSIFICA CALCIO DILETTANTISTICO

ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

SC Marsala 55 Valderice 67Kamarat 52 Ribera 1954 61Favara calcio 51 Castellammare 50Gattopardo P. 51 Atl. Alcamo 47Akragas (-1) 49 Cianciana 47Marsala Asd 41 C. Terrasini 46Parmonval 39 Favignana 46Folgore S. 36 A. Campofranco 42Sancataldese 34 Campobello 42C. Villabate 34 Canicattì 42Enna 29 Raffadali 41Campobello di L. 28 Isola delle Femmine 34S. Arenella P. 27 S. Giovanni Gemini 30Riviera Marmi 26 Strasatti 26C. Bagheria 22 Carini 20Licata ritirato Sciacca (-1) 10

Promosso il Marsala, le agrigentine ai play-off

Fino a quando i riflettori?EMERGENCy� L’arresto e la liberazione dei tre operatori

La vicenda dei tre operatori di Emergency “rapiti” dalle forze di polizia afghane e fi-

nalmente rilasciati domenica 18 aprile, oltre a costituire motivo di sollievo e di speranza of-fre lo spunto per qualche approfondimento. A partire dal ruolo dei media nella vicenda e dal modo in cui, tramite essi, l’opinione pubblica è stata coinvolta.

Inizialmente le accuse ai tre - sospettati di preparare un attentato - erano apparse vero-simili, grazie alla diffusione del filmato che mostrava la perquisizione e il ritrovamento di pistole, bombe a mano e giubbotti esplo-sivi nell’ospedale di Lashkar Gah. La visione di quelle immagini ha indotto molta parte dell’opinione pubblica a ritenere che sì, forse, qualcosa di poco chiaro nel comportamento dei tre ci poteva essere stato. I fatti successivi hanno smentito qualunque coinvolgimento e, a quanto è dato di sapere, hanno permesso di trovare in altre ragioni la causa dell’arresto. In

situazioni di guerra salta ogni regola, a partire da quelle relative alla verità e alla trasparenza.

Forse non si saprà mai la reale posta in gio-co usata nella trattativa per la liberazione, né se vi sia stato (e in quale forma) un intervento attraverso canali non ufficiali. Si può affermare con certezza che la perquisizione era stata sol-tanto un pretesto per mettere in difficoltà non tanto i tre involontari protagonisti, quanto tut-ta la missione di Emergency in terra afghana. Sembra che il governo italiano abbia dovuto accettare a condizione di trasferire a Kabul tutti gli operatori che lavoravano nell’ospeda-le di Lashkar Hah, determinandone in questo modo la chiusura di fatto.

L’organizzazione di Gino Strada sarebbe stata presa di mira per il suo ruolo pubblico e “politico” e per aver mediato in passato con i talebani, ottenendo la liberazione di Gabriele Torsello e Daniele Mastrogiacomo. Forse alle autorità locali dà fastidio anche il fatto che i

medici di Emergency quand o si trovano di fronte un ferito non gli chiedono se sia un sol-dato o un civile, né da che parte stia: lo curano e basta.

Questa è la vera “buo-na notizia”, che prescinde dal positivo esito finale e che forse non è stata messa sufficientemente in risalto nelle cronache di questi giorni, tutte in-centrate sulle condizioni dei tre, sulle (presunte) polemiche fra Strada e il governo italiano, sul rimpallo di responsabi-lità, sulle velate accuse incrociate di scarso im-pegno per una soluzio-ne positiva. Peccato che tutto si sia giocato sulla pelle di tre persone.

Verrebbe comunque da dire che in fondo la vicenda ha avuto il me-rito di richiamare l’at-tenzione su chi, al di là dell’eventuale accensio-ne dei riflettori mediatici sull’argomento, continua a lavorare in zone di guerra senza sosta, con dedizione e impegno to-tale, rischiando quotidia-namente la vita. L’opera umanitaria di Emergency e di molte altre organiz-

z a -zioni simili è un d a t o di fat-to, ma trop-p o spes-s o viene d i -men-ticata, al pari del le molte guerre in corso nel mondo di cui nessu-no ci parla più.

Bisogna pretendere da parte dei mezzi di comunicazione un’attenzione continua e per-sistente su quanto fanno i tantissimi operatori umanitari attivi nei teatri di guerra in soccorso della popolazione locale, ma è un argomento che torna di attualità soltanto quando succede qualcosa di eclatante, come in quest’ultimo caso. Fuor di retorica, è sempre il solito discor-so: non fa notizia la foresta che cresce ma l’al-bero che cade…

Anche le modalità di racconto della vicenda hanno lasciato a desiderare dal punto di vista della completezza informativa. Non era faci-le avere notizie sicure e di prima mano, dato il contesto in cui è stato effettuato l’arresto dei tre, ma le testate giornalistiche e gli spazi televisivi dedicati alla vicenda hanno parlato soprattutto di ipotesi fornendo poche certez-ze. Ora, con il rientro in patria dei tr e e le suc-cessive inchieste, sarà forse possibile arrivare a una ricostruzione dei fatti più realistica e, nei limiti del possibile, veritiera.

Senz’altro molti spazi ancora saranno dedi-cati a capire come e perché il materiale belli-co sia finito nel magazzino dell’ospedale. Gli ingredienti per imbastire un racconto in stile “spy-story” ci sono tutti e certamente non sa-ranno trascurati dai mezzi di comunicazione, carta stampata in testa.

L’importante è che noialtri non dimenti-chiamo mai tutte le situazioni di guerra e sof-ferenza in corso nel mondo, anche quelle più lontane, sia per poter in qualche modo dare il nostro aiuto a chi è impegnato attivamente, sia per apprezzare ancora di più tutto ciò che di buono ci riserva quotidianamente la nostra stessa pacifica esistenza. I media possono aiu-tarci molto, a patto che i giornalisti e gli ope-ratori della comunicazione tengano sempre presente la missione di servizio pubblico con-naturata alla loro stessa professione.

Marco Deriu

Parlare in Sicilia di melone Cantalupo significa parlare di Licata, poiché è nel territorio di questa cittadina, e grazie alle caratteristi-che pedoclimatiche di esso, che è stata esaltata questa coltura.

Conoscendo la qualità del melone Cantalupo che, nel periodo maggio–giugno, giunto a maturazione, viene immesso sui merca-ti, risulta interessante scoprire come si è diffusa questa coltura nel licatese. Nel lontano 1972 un commerciante piacentino, Bersani, mediante dei contratti pre-semina, introduce la coltivazione di un ibrido di melone Cantalupo. La novità non consiste nella col-tivazione di una cucurbitacea poiché da tempo veniva coltivato il “muluni da sciauru”, ma nel tipo di contratto, in virtù del quale il commerciante forniva il seme e si occupava della commercializ-zazione del prodotto, mentre gli agricoltori si limitavano solo alla produzione.

Nella prima annata agraria, la ’72/’73, vengono coltivati circa 25 ettari tra serre e tunnel, il prodotto viene poi portato al mercato di Bologna dal Bersani che realizza ottimi prezzi di vendita.

Non essendo il seme ibrido reperibile sui mercati, gli agricoltori tentano, per coltivare il melone per conto proprio, l’introduzione di altre varietà che danno, però, risultati produttivi ed economici inferiori a quelli realizzati dal Bersani.

Solo nel 1977 si riesce ad introdurre un ibrido, denominato Don Juan, molto simile a quello del Bersani che, successivamente, dal-l’annata 1981/82 non stipula più contratti di coltivazione pre-se-mina. Questi perdono sempre più rilevanza poiché gli agricoltori giungono alla conoscenza e quindi al possesso del famoso seme di melone Cantalupo (Euromarket M974).

Inizia un periodo di espansione della coltura che nell’anna-ta agraria 1986/87 raggiunge il suo apice con circa mille ettari di superficie coltivata. Ma già nello stesso anno sia per l’eccessiva quantità prodotta sia per l’assenza di una solida organizzazione commerciale, si sono registrati prezzi di vendita irrisori che hanno portato negli anni successivi alla diminuzione delle superfici colti-vate. Oggi si coltivano a Cantalupo poche centinaia di ettari.

Dott. Agostino FazioSOAT Agrigento

Il melone “Cantalupo” di Licata