L'Amico del Popolo

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N. 37 - 23 Novembre 2008 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 53 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 6 Eluana Englaro: il problema siamo noi La Cattedra sul monte 3-6 2 Il ministro Alfano visita la sua città di LdP a cura di Carmelo Petrone di Marco Cozzoli ATTUALITÁ’ SPECIALE CITTA’ Fra cielo e terra La riapertura della nostra Cattedrale il prossimo 23 No- vembre è occasione per tornare a riflettere sulla Chiesa e in par- ticolare sulla Cattedrale. Iniziando a conoscere la sto- ria della Chiesa agrigentina, mi piace legare alla Cattedrale al- cuni particolari significati. Credo che il segno visibile della presidenza e dell’insegna- mento - così la cattedra del ve- scovo ci viene presentata dalla liturgia - sia stata arricchita anzitutto dalla testimonianza di santità di San Libertino, San Gregorio, San Gerlando, il Beato Matteo… Da quella cattedra hanno parlato il linguaggio di una vita conforme al Vangelo mostrando che la forma ecclesiale più riuscita non è quella meglio organizzata ma quella che più generosamente sa riflet- tere la Bellezza che salva. La Cattedrale di Agrigento, posta sul monte, attraverso l’im- pegno di tanti battezzati che si sono spesi in una vita santa, è il richiamo ad accogliere l’invito che Gesù dal monte ha rivolto ai suoi: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli». Santità è incontro fra Cielo e terra, è scommessa affinché il Cielo si avvicini ed illumini il cammino di ogni uomo chiama- to a scoprire che la sua più profonda realizzazione consiste nel guardare il Cielo mentre affronta la terra e le sue tante fatiche. Insieme alla santità la nostra Cattedrale ha brillato nel tempo come luogo privilegiato di annuncio del Vangelo. L’esperien- za di S. Gerlando, nostro patrono, è un richiamo forte a consi- derare la forza del Vangelo come l’unica capace di trasformare il senso della storia. Il santo vescovo di origine francese viene inviato ad Agrigento dopo la lunga dominazione araba. Al suo arrivo, di fronte ad una situazione di scoraggiante disastro in- veste subito sull’unico tesoro a disposizione della Chiesa: Cri- sto morto e risorto! Inizia così una feconda stagione di annuncio e di rifonda- zione ecclesiale che culmina nella costruzione della nostra Cattedrale, segno visibile di una identità ritrovata. Grande annunciatore del Vangelo, collocando in alto la Cattedrale, la consegna al popolo quasi come una sentinella affinché da essa mai smettesse di farsi sentire la forza della Parola che libera, rigenera e rinnova. Una missione, questa, che è stata accolta con gioia dai vescovi che si sono succeduti nel tempo e che non hanno smesso di far si che attraverso la loro voce giun- gesse la freschezza della Parola in ogni angolo della diocesi… “da monte al mare stretta in un sol cuor” (come recita l’inno a S. Gerlando). E come frutto maturo dell’annuncio del Vangelo la Cattedra- le ha assunto ben presto anche un altro prezioso significato: il servizio all’uomo e alla sua causa. Vescovi come Gioeni, Luc- chesi Palli, Ramirez, Blandini e tanti altri hanno dato una forte impronta sociale ribadendo che è l’uomo la via del Vangelo ed è per la storia dell’uomo che la Chiesa deve sapersi spendere. La nostra Cattedrale è diventata ben presto il segno sacra- mentale di quell’amore che si fa servizio integrale all’uomo, ai suoi bisogni, alle sue speranze. Posta nel cuore della diocesi si è fatta sentire come cuore che pulsa per ogni suo figlio e, in par- ticolare per quelli che maggiormente hanno sofferto. Scuola di santità, sentinella che annuncia il Vangelo, luogo in cui si vive il servizio all’uomo … questi significati - fra i tanti che si possono attribuire alla nostra Cattedrale - arricchiscono di significato la riapertura solenne con la presenza del Segreta- rio di Stato, il Card. Tarcisio Bertone. In ascolto obbediente alla Chiesa universale e alla nostra storia bimillenaria, mentre guardiamo il portone che si spa- lanca, vogliamo, perciò, come popolo di Dio, tornare a vedere nella nostra bella Cattedrale una palestra di santità di vita, una sentinella sempre giovane e vigilante che annuncia il Vangelo ed un cuore che batte dell’amore di Dio e che si fa sentire per ogni uomo che vive in questa terra. +Francesco Montenegro Arcivescovo Dopo tre anni riapre la Cattedrale È gioia di tutta la comunità diocesana poter rientrare nella sua Cattedrale, finalmente restaurata dopo anni di lavori. Domenica 23 novembre alle ore 11.00 alla presenza del Card. Tarcisio Bertone la celebrazione di riapertura Speciale 3-6

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edizione del 23 novembre 2008

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N. 37 - 23 Novembre 2008Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 53

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

6

Eluana Englaro: il problema siamo noi

La Cattedra sul monte

3-62

Il ministro Alfanovisita la sua città

di LdP a cura di Carmelo Petrone di Marco Cozzoli

attualitÁ’speciale citta’Fra cieloe terra

La riapertura della nostra Cattedrale il prossimo 23 No-vembre è occasione per tornare a riflettere sulla Chiesa e in par-ticolare sulla Cattedrale.

Iniziando a conoscere la sto-ria della Chiesa agrigentina, mi piace legare alla Cattedrale al-cuni particolari significati.

Credo che il segno visibile della presidenza e dell’insegna-mento - così la cattedra del ve-scovo ci viene presentata dalla liturgia - sia stata arricchita anzitutto dalla testimonianza di santità di San Libertino, San

Gregorio, San Gerlando, il Beato Matteo… Da quella cattedra hanno parlato il linguaggio di una vita conforme al Vangelo mostrando che la forma ecclesiale più riuscita non è quella meglio organizzata ma quella che più generosamente sa riflet-tere la Bellezza che salva.

La Cattedrale di Agrigento, posta sul monte, attraverso l’im-pegno di tanti battezzati che si sono spesi in una vita santa, è il richiamo ad accogliere l’invito che Gesù dal monte ha rivolto ai suoi: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli».

Santità è incontro fra Cielo e terra, è scommessa affinché il Cielo si avvicini ed illumini il cammino di ogni uomo chiama-to a scoprire che la sua più profonda realizzazione consiste nel guardare il Cielo mentre affronta la terra e le sue tante fatiche.

Insieme alla santità la nostra Cattedrale ha brillato nel tempo come luogo privilegiato di annuncio del Vangelo. L’esperien-za di S. Gerlando, nostro patrono, è un richiamo forte a consi-derare la forza del Vangelo come l’unica capace di trasformare il senso della storia. Il santo vescovo di origine francese viene inviato ad Agrigento dopo la lunga dominazione araba. Al suo arrivo, di fronte ad una situazione di scoraggiante disastro in-veste subito sull’unico tesoro a disposizione della Chiesa: Cri-sto morto e risorto!

Inizia così una feconda stagione di annuncio e di rifonda-zione ecclesiale che culmina nella costruzione della nostra Cattedrale, segno visibile di una identità ritrovata. Grande annunciatore del Vangelo, collocando in alto la Cattedrale, la consegna al popolo quasi come una sentinella affinché da essa mai smettesse di farsi sentire la forza della Parola che libera, rigenera e rinnova. Una missione, questa, che è stata accolta con gioia dai vescovi che si sono succeduti nel tempo e che non hanno smesso di far si che attraverso la loro voce giun-gesse la freschezza della Parola in ogni angolo della diocesi… “da monte al mare stretta in un sol cuor” (come recita l’inno a S. Gerlando).

E come frutto maturo dell’annuncio del Vangelo la Cattedra-le ha assunto ben presto anche un altro prezioso significato: il servizio all’uomo e alla sua causa. Vescovi come Gioeni, Luc-chesi Palli, Ramirez, Blandini e tanti altri hanno dato una forte impronta sociale ribadendo che è l’uomo la via del Vangelo ed è per la storia dell’uomo che la Chiesa deve sapersi spendere.

La nostra Cattedrale è diventata ben presto il segno sacra-mentale di quell’amore che si fa servizio integrale all’uomo, ai suoi bisogni, alle sue speranze. Posta nel cuore della diocesi si è fatta sentire come cuore che pulsa per ogni suo figlio e, in par-ticolare per quelli che maggiormente hanno sofferto.

Scuola di santità, sentinella che annuncia il Vangelo, luogo in cui si vive il servizio all’uomo … questi significati - fra i tanti che si possono attribuire alla nostra Cattedrale - arricchiscono di significato la riapertura solenne con la presenza del Segreta-rio di Stato, il Card. Tarcisio Bertone.

In ascolto obbediente alla Chiesa universale e alla nostra storia bimillenaria, mentre guardiamo il portone che si spa-lanca, vogliamo, perciò, come popolo di Dio, tornare a vedere nella nostra bella Cattedrale una palestra di santità di vita, una sentinella sempre giovane e vigilante che annuncia il Vangelo ed un cuore che batte dell’amore di Dio e che si fa sentire per ogni uomo che vive in questa terra.

+Francesco MontenegroArcivescovo

Dopo tre anni riapre

la cattedrale

È gioia di tutta la comunità diocesana poter rientrare nella sua Cattedrale, finalmente restaurata dopo anni di lavori.Domenica 23 novembre alle ore 11.00 alla presenza delCard. Tarcisio Bertone la celebrazione di riapertura Speciale 3-6

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� L’Amico del Popolo23 Novembre 2008Città

Prima visita istituzionale nella sua città per il ministro della Giustizia, Angelino Alfano.

Alfano ha partecipato ad una riunione con le più alte cariche istituzionali presenti sul territo-rio provinciale, nella quale si sono tracciate le emergenze e necessità primarie che necessitano di pronta soluzione, prima fra tutte la crisi idri-ca che Agrigento, ma anche l’intera provincia, ha vissuto negli ultimi mesi.

Al termine dell’incontro il ministro ha di-chiarato: «Il problema idrico è stato al centro di questa nostra mattinata di lavoro, soprattutto per una ricognizione che ha riguardato i gran-di successi raggiunti oggi con un’azione che ha riguardato il presidio delle condotte durante il periodo finale dell’estate, gratitudine da parte mia alle forze dell’ordine e agli organi giudizia-ri di questo distretto perché sono stati scoperti laghetti abusivi e denunciati soggetti che pre-levavano abusivamente l’acqua dalle condotte. Ovviamente il tema del presidio delle condotte - ha continuato Angelino Alfano - non è una soluzione definitiva: mi è stato detto che la scel-ta migliore è la ristrutturazione e il rifacimento delle reti idriche interne e, in breve periodo, un potenziamento del dissalatore per gli agrigen-tini, con lo scopo di far si che queste dotazioni possano risultare aggiuntive. Io sono ministro del Governo Berlusconi e proverò a dare un po’

di aiuto ai cittadini della provincia di Agrigen-to».

Soddisfatti dell’esito dell’incontro anche il prefetto Postiglione: «Il ministro ha voluto fare il punto sull’attività specifica posta in essere dalle forze dell’ordine riguardo i furti d’acqua. Sono venute delle indicazioni ben precise sulle prossime mosse che si dovranno porre in essere»; il sindaco della Città di Agrigento, Marco Zambuto: «La cosa importante usci-ta da questo tavolo- ha detto -è che tutte le istituzioni abbiano parlato una stessa lingua. Siamo in una fase di piena sinergia tra Co-mune, Provincia e Protezione civile: tutti in un’unica direzione».

Ed il presidente della Provincia Eugenio D’Orsi: «Si deve aiutare la Provincia a risol-vere definitivamente il problema dell’acqua che è diventato ormai una cosa cronica. Stia-mo pensando a come affrontare l’estate per-ché l’anno prossimo dovremmo essere all’al-tezza della situazione. Plaudo all’impegno del ministro perché vuol dire che si sta lavoran-do per concretizzare quelle che sono le idee, ma soprattutto le esigenze della gente ».

Il ministro Alfano è rientrato a Roma al suo dicastero portando con sé le speranze e le richieste di una terra che da oltre cin-quant’anni non fa altro che chiedere la stessa

cosa: un maggiore impegno da parte di chi go-verna anche grazie agli agrigentini.

LdP

sindacati Lo Bello scrive al sindaco

Lettera aperta di Mariella Lo Bello, neo se-gretario generale Cgil di Agrigento, al sinda-co, Marco zambuto, in merito alla mancanza di atti legislativi o amministrativi che dimo-strino una vera attenzione verso questa città e questa provincia. «Ormai si è ben capito – dice la Lo Bello - che né il Governo regiona-le, né quello nazionale, malgrado composto da autorevoli rappresentanti locali, hanno accolto la Sua richiesta di varare una legge speciale per Agrigento L’unica speranza di crescita dell’economia e del lavoro appare affidata all’iniziativa privata, ovvero all’Agen-da europea ed al PON che assegnano nove miliardi di euro al POR Sicilia». Sul Piano strategico, sul Piano triennale delle opere pubbliche, sulle linee guida del bilancio di previsione 2009, così come sul Contratto di quartiere di Fontanelle, sul recupero urbano di Villaseta e Monserrato la CGIL ha annun-ciato di voler chiedere al Sindaco, l’apertura di un tavolo di verifica con le Rappresen-tanze sociali del mondo delle imprese e del lavoro.

san giovanni di dio Liotta va in pensione

Il primario della Clinica del dolore del-l’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento, il dott. Antonio Liotta, andrà in pensione dal prossimo dicembre privando l’intero reparto del suo contributo. Liotta, che ha fortemen-te voluto questa unità operativa in attività dal primo ottobre del 2003, ha dedicato tutte le sue energie alla cura e al sostegno dei malati terminali e alla diagnosi e terapia del dolore benigno e maligno in tutte le sue articola-zioni. L’Azienda ospedaliera, ha organizzato per martedì prossimo 25 novembre alle ore 10.30 nella biblioteca dell’Hospice, una con-ferenza stampa di saluto al dott. Liotta.

scuoLa Eletto il nuovo presidente consulta

Con 41 voti su 50, Claudio Calè è stato eletto Presidente della Consulta Provincia-le Studentesca. 18enne, studente del Liceo Scientifico Statale Ettore Majorana di Agri-gento Calè come obiettivo primario pone il protagonismo studentesco all’interno della scuola, «sulla base del mandato ricevuto – dichiara il giovane presidente – comince-remo a lavorare con impegno e con passio-ne. Tra le idee del neo eletto la realizzazione del concerto di natale, e di alcuni convegni-studio sulla sicurezza stradale e l’edilizia sco-lastica. In occasione della prossima riunione Claudio Calè assegnerà le restanti cariche.

In Breve

Gli impegni del Ministro

palazzo di cittÁ� Gli scenari politico-amministrativi

L’opposizione è assente. E non c’è, al punto tale, da cercarla al-

l’interno della maggioranza. La stessa nomina degli scrutato-

ri che precede l’inizio del dibattito consiliare è diventata un serio pro-blema per il presidente Carmelo Callari, che deve prevedere almeno uno scrutatore dell’opposizione. Anche nella seduta di lunedì scorso si è notata la sola presenza di Nello Hamel del gruppo del Pd che stori-camente è stato la spina nel fianco della maggioranza.

Nella recente convocazione il Consiglio comunale ha trattato due mozioni e si è aggiornato a martedì prossimo. Le mozioni presentate rispettivamente dal Pd e dall’Udc riguardavano temi, addirittura na-zionali, sulla scuola e sul voto di preferenza. Il civico consesso ha bocciato la mozione presentata da Hamel e ha approvato quella del gruppo dell’Udc.

Ma a caratterizzare la settimana politica sono stati i forti contrasti tra il dirigente ragioniere capo Cro-cetta Maida ed il sindaco. Qualche mese fa, Marco Zambuto aveva sollevato dall’incarico di ragioniere capo del Comune, Crocetta Maida, e la dirigente si è rivolta al Giudice

del lavoro il quale ha dichiarato il-legittima la decisione dell’ammini-strazione. Ne è seguita un’azione che non ha precedenti, con la divul-gazione del carteggio riguardante il piano generale degli impianti pub-blicitari, il contratto di strumenti derivati stipulato tra il Comune e la BNL e la nota del sindaco con la quale trasmette gli atti al Procu-ratore della Corte dei Conti, che ha convocato, a sua volta, alcuni funzionari comunali. Lo scontro a questo punto è duro e su un campo davvero minato come lo è quello delle finanze comunali. In attesa degli esiti, che non tarderanno a manifestarsi e che si preannuncia-no di una certa gravità, tralasciamo qualsiasi commento.

L’altro evento politico della settimana è stata la visita del Ministro di Grazia e Giusti-zia. Il sindaco di Agrigento e il presidente della Provin-cia, che è anche il vertice dell’Ato, hanno incassato la promessa del Ministro di un suo interessamento per ri-solvere la crisi idrica, poten-ziando il dissalatore di Porto Empedocle. Ciò che stupi-sce è il continuo chiedere a

Roma, mentre Agrigento se ne sta ferma pur essendo in possesso di eccellenti stru-menti. Uno di questi è il Piano d’Ambito che preve-de investimenti per 502,3 milioni di euro, di cui 112,9 nei primi tre anni. Mentre i finanziamenti pubblici sono di 146,29 milioni di euro. Se solo il consiglio comunale facesse il suo dovere, se l’Ato la sua parte invece di sperare e pregare, avremmo l’acqua corrente tutti i giorni. Il Co-mune riveda gli strumenti come il Pot, il Prg e il Parf. L’Ato eserciti un maggiore controllo sugli inve-stimenti già finanziati di Girgenti

Acque, piuttosto di attendere non si sa che cosa.

Franco Pullara

la Fondazione come impresa culturale

teatro pirandello un nuovo modello di gestione

La ricerca di una formula organizzativa che possa garantire certezze finanziarie e possibilità di programmazione è un percor-so obbligato se si vuole cogliere l’obiettivo di incrementare e valorizzare le potenzialità di un contenitore culturale e artistico come il Teatro “Luigi Pirandello”.

Sul piano strettamente tecnico, per me-glio rispondere alle più articolate esigenze, si potrebbe utilizzare una variante dell’ isti-tuto giuridico (Fondazione) che l’ammini-strazione comunale ha espresso e confer-mato la volontà di promuovere.

Lo sviluppo che in questi ultimi anni ha avuto l’attività legata alla cultura e allo spettacolo impone un serio ripensamento dell’intero sistema. Molte le iniziative, pre-stigiose alcune strutture, ma anche elevate le difficoltà, i contrasti di natura politica, l’annullamento di finanziamenti regionali, scarsi finanziamenti comunali, provinciali e ministeriali, al crescere dei costi è impellen-te trovare una rapida soluzione per mante-nere ed aumentare il livello delle manifesta-zioni.

É arrivato il momento di trovare una soluzione che pur aprendosi al mercato per il reperimento delle risorse finanzia-rie, garantisca al contempo la possibilità di reperire contributi pubblici e un regime di tassazione agevolato, tipici dell’impresa non

profit. In questa direzione è possibi-le concepire un nuovo modo di fare cultura. Con l’individuazione da parte del legislatore di Fondazioni atipiche di diritto privato per la gestione di attività cul-turali si può concepire e costruire l’impresa non lucrativa, seguendo il modello della Fondazione di Partecipazione.

La Fondazione di Partecipazione, che sta diventando il modello italiano di gestione di iniziative nel campo culturale e non profit in genere, è un istituto senza scopo di lucro, al quale ci si può iscrivere apportando risor-se finanziarie, beni materiali, immateriali, professionalità o servizi.

Le varie categorie di partecipanti posso-no eleggere i propri rappresentanti negli or-gani direttivi e questo permette un’armoni-ca e fattiva collaborazione, all’interno di un medesimo contenitore, di istituzioni pub-bliche e private, ed il crearsi di una sorta di azionariato diffuso culturale che garantisce diritti e stabilità.

La Fondazione deve essere, quindi, una moderna impresa culturale che potrà assol-vere ai suoi scopi solo se saprà strutturarsi come tale, rispettando criteri di economici-tà, efficienza ed efficacia nel suo operare.

Ecco perché è necessario stabilire un si-stema sinergico di collaborazione Pubbli-co-Privato, facendo in modo che l’intero

patrimonio strutturale sia oggetto di una attenzione manageriale e non burocratica, perché si possa concretamente usufruirne, valorizzarlo e conservarlo.

Nella pratica, il Comune può conferire come capitale nella Fondazione i beni strut-turali, rimanendone l’unico proprietario, il privato, entrato nell’organismo conferendo una quota capitale, metterà in atto il sin-golo progetto guadagnandoci la concessio-ne a gestirlo per un certo numero di anni. Per quanto riguarda gli indirizzi di finalità pubblica il Comune, da solo o con altre pubbliche istituzioni, si garantisce con una maggioranza qualificata, lasciando al priva-to la massima libertà di azione per quanto concerne le scelte in linea con le finalità.

La Fondazione può operare con una struttura snella, che prevede un organo di controllo (consiglio d’amministrazione) che non ha nulla a che vedere con quelle Fonda-zioni ancorate sempre ai vecchi preconcetti, che inventano strutture che solo apparente-mente aprono al privato, ma in realtà sono contenitori che mai potranno dare le giu-ste risposte e garanzie, anche in termini di mercato, a chi vi entra con capitale proprio.

Salvatore Pezzino

i vigili urbani

Un sale questo da pren-dere con le dovute accor-tezze. Infatti se per quan-to concerne il presidio dei parcheggi, adesso un vigile lo si vede e trova, per quanto riguarda alcu-ni divieti di sosta non rispettati che causano gravi disagi tutto resta invariato, anzi nel caos più totale. Dovremmo ritornare tutti a lezione di guida, per rispolvera-re i segnali, il rispetto delle precedenze e delle distanze di sicurezza, causa primaria dei mol-teplici incidenti che si verificano in città.

sale

scende

La pulizia cittadina

Via Duomo ore otto del mattina, la pulitrice stradale in piena azio-ne, dovrebbe eliminare lo sporco tra il manto stradale ed i marciapiedi, ma come fa se vi sono parhceggiate le auto? Sempre via Duomo ore nove si vedono tre ope-ratori ecologici con man-sione spazzamento della suddetta via, ed io che abito in periferia per-chè devo vedere cresce-re dinanzi ai miei occhi la giungla? perchè devo pensare che l’operatore ecologico sia una figura epica e non reale ?

foto Tornatore

Scontro aperto

foto Schembri

viSita del MiniStro alFano Incontri con le istituzioni

Dopo la visita presso la Prefettura dove ha in-contrato il sindaco di Agrigento, il prefetto ed il presidente della provincia regionale, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, si è recato in vi-sita presso l’arcivescovo mons. Francesco Mon-tenegro. Alla domanda sui temi trattati durante il colloquio, mons. Montenegro ha simpatica-mente risposto “si è trattato di una chiacchiera-ta tra amici”. Il ministro Alfano ha anche raccon-tato all’arcivescovo di quando, giovane studente, era un collaboratore del nostro settimanale.

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Speciale riapetura Cattedrale �L’Amico del Popolo23 Novembre 2008

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Breve storia� della Monumento

« La dignità e la prestanza della Chie-sa cattedrale di Agrigento non solo è conosciuta in tutta Italia, ma anche in molte parti del mondo ». Così il santo vescovo agrigentino Ferdinando San-chez de Cuellar (1653-1657), nel suo sinodo (1655), cominciava il capitolo dedicato alla sua chiesa.

E veramente essa, per la sua storia e il suo valore artistico, è monumento na-zionale assai noto dovunque.

Frutto di nove secoli di costruzioni, rifacimenti, ampliamenti e restauri, si presenta oggi assai complessa nelle sue strutture architettoniche, suggestiva per la sua imponenza ed eleganza e anche per la varietà degli stili e la ricchezza delle opere d’arte che contiene.

Secondo alcuni studiosi, come lo Schubring (Topografia storica di Agri-gento, Torino, 1887, p. 80), la cattedra-le sorge sull’area dell’antico tempio di Giove Atabirio o Polieo che, a presidio della città, con quello di Athena, inglo-bato nella Chiesa di S. Maria dei Greci, sovrastava l’antica polis.

La prima chiesa cristiana di Agrigen-to, secondo la tradizione, fu edificata dal protovescovo S. Libertino (I-III sec.) in onore della Madonna.

Sorse poi l’antica cattedrale nell’area dell’attuale albergo Villa Athena. S. Gre-gorio agrigentino (591-630) dedicò ai Santi Pietro e Paolo il tempio detto della Concordia e ne fece la sua sede vesco-vile.

L’invasione e il dominio musulmano - che durò per più di due secoli - travolse, in massima parte, le antiche memorie agrigentine classiche e cristiane.

Dopo la conquista normanna della città (1086) e la nomina di S. Gerlando a suo Vescovo (1088), inizialmente, fu

cattedrale di Agri-gento la chiesa di S. Maria dei Greci.

La Cattedrale fu fondata da Rugero I d’Altavilla (1060- 1101) che affidò la Diocesi di Agri-gento, rifondata dopo la cristianiz-zazione della Sici-lia a Gerlando di Besaçon, il quale secondo quanto ri-portato da un do-cumento del XIII sec., la completò in sei anni.

Molto proba-bilmente essa ven-ne consacrata dal Santo verso gli anni 1093-95.

L’edificio di S. Gerlando dovrebbe identificarsi con l’attuale transetto; ne sono traccia il rosone che ne orna il lato sud, la grande monofora strombata del lato nord, la facciata meridionale e la torre che la fiancheggia; questi elemen-ti richiamano le caratteristiche di tante chiese coeve.

La nuova cattedrale fu dedicata da S. Gerlando alla Beata Maria Vergine As-sunta in cielo, a S. Giacomo Maggiore (perché Agrigento era tornata cristiana il 25 luglio 1086) e a tutti gli altri Apo-stoli.

Sia per gli eventi naturali - frane, terremoti, smottamenti - che per le vicende storiche (le insurrezioni dei Musulmani rimasti in città che seque-strarono il vescovo Ursone (1191-1239) e lo tennero prigioniero per 14 mesi, occuparono e saccheggiarono la chiesa,

(come anche le guerre di Federico II che ne fece bivacco delle sue truppe) la cat-tedrale subì molti danni e guasti che fu-rono riparati dal capitolo e dai vescovi.

Ricordiamo solo il vescovo Gualtie-ro (1128-1142) che costruì, a difesa del duomo e della città, la torre nord (oggi non più esistente), Rainaldo d’Acquavi-va (1240-1264) che, in parte, riedificò e fortificò la chiesa, anche con l’aiuto di Pietro Montaperto, signore di Raffadali; Matteo de Fugar-do (1362-1390) e i Chiaramonte, per decenni signori di Agrigento, che, nel sec. XIV, la ricostrui-rono nella forma

attuale, co-minciando, però, dalla parte ante-riore, dove si vedono gli archi acuti.

Si aggiun-se anche nel sec. XV, per opera di Giovanni Montaperto, poi vescovo di Mazzara, l’attua-le torre campanaria costruita come baluardo per la chiesa e la città. Il vescovo Giuliano Cybo (1506-1537) l’arricchì del sof-fitto ligneo a capriate, dipinto da Masolino da Floregia (1511-1514) con le immagini degli apostoli, dei santi agrigentini e gli stemmi delle famiglie più nobili della città.

Verso la fine del sec. XVI, sotto il vescovo Giovanni Ho-rozco de Leyva de Covarru-vias, (1594-1606) la cattedrale chiaramontana venne allungata verso oriente con l’aggiunta del-le colonne rotonde di stucco, dopo il primo arco trionfale; e poi chiusa con un muro cui erano addossati i tre altari della Madonna, maggiore, e del San-tissimo Sacramento.

Il vescovo Francesco Trahina (1627-1651) costruì la cappella marmorea di S. Gerlando che poi fu rinnovata e adornata di marmi nel sec. XVIII, e quella contigua, ornata di una magni-fica porta di bronzo, dentro cui fu posta l’urna del Santo.

Mons. Francesco Gisulfo (1658-1664) prolungò ancora la cattedrale nella stessa dire-zione orientale inchiudendovi l’attuale transetto (l’antica chie-sa costruita da S. Gerlando) e innalzando le tre cappelle absi-dali: della Madonna, a sinistra,

la maggiore, e del Sacramento a destra, ornandole tutte di stucchi barocchi, di sontuose cornici e quadri.

Ne continuarono l’opera di trasforma-zione in stile barocco di tutta la chiesa anche i suoi successori.

Tra la fine del sec. XVII e l’inizio del XVIII fu costruita la cupola in finta ar-chitettura, — come era l’uso del tempo — dipinta da Michele Blasco che anche ne ornò i pennacchi con le allegorie del-le virtù cardinali.

L’attuale facciata, abbattuta l’antica - unica sopravvivenza della chiesa chia-ramontana - venne costruita sotto il vescovo Francesco Maria Rhini (1676-1696) che ne fece anche ripulire e re-staurare il soffitto ligneo del Cybo dai pittori Giacomo Azzarello e Giovanni Sammartino e costruire quello a cas-settoni su cui fu posta l’aquila bicipite (1682).

Per dare alla chiesa uno stile unitario tutte le colonne vennero allora arroton-date, gli archi resi a tutto sesto, copren-do ogni cosa di gesso e di stucco.

Le decorazioni del cappellone e delle altre due cappelle absidali furono com-pletate sotto il vescovo Francesco Ra-mirez (1697-1715).

Anche gli altri vescovi e il capitolo compirono innovazioni e restauri per riparare i danni causati da frane e mo-vimenti tellurici.

Il vescovo Bartolomeo Lagumina (1899-1931) dopo aver rafforzato la navata settentrionale (1901-1908) volle anche ripristinare l’antica architettura, scrostando lo stucco dalle colonne e dagli archi, liberando le pareti laterali dagli altari che vi erano addossati e dalle cornici, tribune e timpani barocchi che le ornavano. Fu scoperta allora l’elegan-tissimo sacello chiaramontano dove fu

degnamente trasferita l’arca di S. Ger-lando. Fu anche allora, spostato il coro che si trovava nel mezzo della chiesa e

trasferito dentro il cappellone dove, nel centro dell’abside, fu rinnovato l’altare maggiore, consacrato da mons. Lagu-mina nel 1908.

Mons. G. B. Peruzzo (1932-1963) ri-dusse il pavimento della chiesa ad unico

livello sino alla cappella di S. Gerlando, portò l’altare maggiore sotto la cupola, dotò la chiesa di un nuovo organo moderno (1934), rinnovò le scale di accesso alla porta principale e se-condaria, innalzò la catte-dra vescovile marmorea.

Il 19 luglio 1966 una im-provvisa frana abbassò il piano della navata sinistra, e ne fece crollare il tetto. La chiesa, rimasta inagibile per parecchi anni, fu re-staurata per cura del vesco-vo mons. Giuseppe Petralia che potè poi riaprirla al culto nel 1980. Nei decenni a cavallo tra i due millenni l’edificio è stato sottoposto ad ulteriori lavori di re-stauro e consolidamento: le condizioni geologiche della collina hanno sempre

condizionato la storia della fabbrica del-la Maggior Chiesa della Diocesi. Negli anni immediatamente precedenti al Grande Giubileo del 2000 si è dovuto intervenire ancora una volta per lavori di consolidamento. Ulteriori lavori sono stati necessari dopo il dissesto geologico del febbraio 2006 a seguito del quale la Cattedrale è rimasta chiusa fino ad oggi al culto e ai visitatori. Contestualmente sono stati realizzati alcuni interventi, non soltanto di restauro, al fine in una più adeguata fruizione del luogo sacro. Sono stati così restaurati i soffitti lignei, in più campagne, (1994-2008), le cam-pane (2005) e gli stucchi e gli affreschi delle absidi (2007-2008) e sono stati realizzati l’antiporta (2005), la vetra-ta dell’occhione nella facciata (2005) e l’impianto illuminotecnico dell’area pre-sbiterale (2008).

Nello stato attuale la chiesa - dedicata nel 1305 anche a S. Gerlando - è un’am-pia costruzione a tre navate, a croce la-tina, dal transetto poco allungato.

Si presenta dunque come un edificio del sec. XIII-XIV nella parte occidenta-le, del sec. XV-XVII in quella orientale, distinguibile per il grande arco trionfale in conci di arenaria; del sec. XII anche se molto rimaneggiata, nel transetto e del sec. XVII-XVIII nelle cappelle absi-dali.

Nella prima parte le finestre sono tornate all’ogivale originario, mentre nella seconda si aprono grandi finestro-ni rinascimentali.

a cura di Carmelo Petrone, testo riveduto di Domenico De

Gregorio cfr. L’amico del Popolo n.14 1993

La Cattedra sul monte

Frutto di nove secoli di costruzioni, rifacimenti, ampliamenti e restauri,

si presenta oggi assai complessa nelle sue strutture architettoniche, suggestiva per la sua imponenza ed eleganza e anche per la varietà degli stili e la ricchezza delle opere d’arte

che contiene

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� L’Amico del Popolo23 novembre 2008Speciale riapertura Cattedrale

intervista� A don Melchiorre Vutera parroco della Cattedrale

sentimenti contrastantiAbbiamo chiesto a don Melchiorre Vu-

tera, parroco della Cattradrale, di par-larci della riapertura del Chiesa.

Cosa significa la riapertura della Cat-tedrale.

La Cattedrale è la chiesa madre di tutte le comunità parrocchiali della nostra diocesi, questi tre anni di chiusura hanno segnato un vulnus sia per le attività diocesane sia per le attività parrocchiali. Per quanto riguarda le attività diocesane sappiamo che la Cat-tedrale è il cuore della diocesi, dove si ten-gono le celebrazioni più solenni della vita pastorale della diocesi (ordinazioni sacerdo-tali, diaconali, le celebrazioni della settimana santa). Ebbene, la chiusura in questi tre anni ha segnato, come detto un vulnus, perché la comunità diocesana ha dovuto cercare altri luoghi per le celebrazioni solenni. La comunità parrocchiale, invece, è stata come dispersa perché si è dovuta raccogliere nel-la piccola, anche se artistica e storica, chie-setta di S. Maria dei greci, quindi c’è stato una sorta di sbandamento pastorale, i fedeli erano abituati ad avere nelle Cattedrale un punto di riferimento non solo nelle attività pastorali ma anche per le tutte le celebra-zioni. Adesso la riapertura della Cattedrale è come una nuova primavera per quanto riguarda la pastorale, è un cuore che torna a pulsare, un cuore per le attività diocesane. È molto bello che il nuovo vescovo possa fare il suo ingresso ufficiale nella sua chiesa, nel-la chiesa in cui si trova la cattedra da cui lui, come maestro e pastore della chiesa guiderà la nostra comunità diocesana.

I sentimenti del parroco della Catte-drale.

Nel mio cuore, in questo momento, vi sono un misto di sentimenti; innanzitutto emozione, gioia, trepidazione e lasciatemelo dire apprensione. Gioia e lo comprendiamo tutti, perché per un parroco la chiesa è come la sua sposa; si riapre il cuore della comunità dove questa potrà svolgere le proprie attivi-tà. Emozione perché ho seguito passo passo questi lavori e conosco i problemi, le situa-zioni difficili che abbiamo dovuto superare, ma, con la buona volontà, con l’impegno, con il dialogo, abbiamo cercato di interlo-quire con le istituzioni, con la Protezione Civile Nazionale e Regionale, con la Soprin-tendenza, con la Curia, in modo da evitare eventuali ritardi ed eventuali chiusure.

Trepidazione perché esiste ancora “una spada di Damocle”: lo scivolamento del co-stone su cui sorge la cattedrale e altri edifici storici. I tecnici che stanno attenzionando il fenomeno assicurano che si tratta di uno scivolamento molto lento che sta per essere monitorato per approntare in futuro gli op-portuno rimedi.

Trepidazione anche perché non sono state ancora recuperate e restaurate alcu-ne cappelle molto importanti della chiesa Cattedrale, quali la cappella di S. Gerlando, che è opera di mons. Traina (quella in cui si trova la statua di S. Gerlando), ricoperta di marmi che si trovano in una situazione di precarietà dunque andrebbero attenziona-ti, e la cappella di Gesù Nazareno, che do-vrebbe essere restaurata sia all’esterno, con la copertura del cupolone, sia all’interno con il consolidmento ed il restauro degli artistici stucchi.

Insieme a questa due cappelle rimangono da attenzionare e restaurare alcuni monu-

menti funebri dei vescovi, in particolare quelli più grandi perché hanno subito qualche spostamento che andrebbe pun-tellato adeguamento. Ma il sentimento più grande che prevale sicuramente è la gioia, immensa gioia per la riapertura della nostra Cattedrale.

Due piani un solo intento

intervista� A Maurizio Cimino Protezione Civile di Agrigento

Perchè gli interventi della Protezione ci-vile sul colle del Duomo?

A seguito di un aggravamento della situa-zione della collina del Duomo, che come se-gno visibile ha avuto la frattura che si è avuta nella scalinata nord, nel 2005 è stata emanata, a livello nazionale, un’ordinanza di protezione civile, la n.3450, la quale ha previsto la possi-bilità di realizzare degli interventi anche sulla collina del Duomo. In questa ordinanza veni-va stabilito che gli interventi dovevano realiz-zarsi secondo due linee: una regia regionale, con commissario delegato il presidente della regione ed una regia nazionale con commis-sario delegato il dott. Balducci. Gli interventi riguardanti la collina ed il suo monitoraggio erano di competenza della regia regionale mentre quella nazionale si è occupata del ri-pristino dei corpi di fabbrica insistenti sopra la collina. Sulla base di questa ordinanza (la n. 3450), sono stati stanziati 7 milioni di euro, 5 milioni sono stati spesi per gli interventi effet-tuati dalla commissione Balducci, che hanno riguardato la messa in sicurezza della Chiesa cattedrale, parte del Seminario arcivescovile, la rete idrica e fognaria della via Duomo. A li-vello regionale si è dato luogo all’appalto degli interventi che riguardano le perizie di monito-raggio geotecnico e geologico, per una somma di circa 1 milione di euro, un programma di indagini questo, che ha avuto la durata di circa un anno e mezzo al termine del quale si stabi-lirà quali intereventi adottare e realizzare sulla collina del Duomo.

Sostanzialmente quali interventi sono stati realizzati sulla struttura della chiesa Cattedrale?

Alcune travi del tetto si era “sfilate” a causa

del movimento del colle, dunque sono state ripristinate; è stata rifatta anche la copertura del tetto. A livello di fondale non è stato fatto niente perché le opere in passato erano già state eseguite, forse si è proceduto a qualche sarcitura a livello di colonna. Restano però ancora da sistemare due cappelle, quella di S. Gerlando e quella a nord, speriamo di poterlo fare quanto prima.

A quando l’esito dei monitoraggi?I carotaggi si sono conclusi a giugno ed

attendiamo a breve l’esito. I monitoraggi ci diranno come si evolve la situazione dell’ero-sione del colle in un certo lasso di tempo, tra questi vi sono anche quelli satellitari, sono stati infatti posizionati dei punti fermi per verificare gli spostamenti anche millimetrici per osser-vare come si evolve la situazione nel tempo.

Le interviste delle pagine 4 e 5 sono a cura

di Marilisa Della Monica

foto agrigentonotizie

Entro il mese di novembre, con il contributo del Centro Cultrale Giulio Pastore, sarà pubblicato un testo dal titolo: “La Cattedrale di Agrigento e i suoi emblemi”. Il testo che raccoglie articoli apparsi sul settimanale L’Amico del Popolo e “offre - come scrive Padre Giovanni Scordino, diret-tore della Biblioteca Lucchesiana nella introduzione,- l’opportunità di porre l’accento su un aspetto decisivo della figura di Domenico De Gregorio, sulla sua eccezionale capacità di “di-vulgatore” cioè di comunicatore che ha messo a di-sposizione del più vasto pubblico il risultato della sua paziente, im-mane, profonda ricerca”. Il testo contiene anche uno studio critico sull’opera di Domenico De Gregorio di Vincenzo Lombino.

A breve un volume su gli emblemi della Cattedrale

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�L’Amico del Popolo23 novembre 2008 Speciale riapertura Cattedrale

intervista� A Gabriella Costantino Soprintendente ai Beni Culturali di Agrigento

Consolidati e restaurati gli stucchi e gli affreschi

Quali sono stati gli interventi cu-rati dalla Soprintendenza?

Gli ultimi interventi hanno riguar-dato il restauro della zona presbite-rale e absidale, affrontando anche i problemi relativi al consolidamento del ricco apparato decorativo. Gli stucchi dell’abside dedicato alla Ma-donna hanno mantenuto l’impianto tardo-manieristico in quanto han-no subito nel corso dei secoli meno rifacimenti. L’altra abside posta sul lato nord è stata invece interessata da vari interventi che hanno stravolto

l’aspetto originario, proprio per i noti movimenti franosi che hanno inte-ressato questa parte della Cattedra-le. L’intervento più pesante risale al tempo del vescovo Peruzzo: in quella occasione sono state inserite le figure di Beato Matteo Cimarra e di Pio X.

La situazione che avete trovato?Gli stucchi si presentavano ab-

bastanza anneriti con problemi di consolidamento, in particolar modo quelli dell’abside settentrionale. Sono state pulite le dorature e nelle varie superfici prive di oro è stato lasciato il bolo (strato di fondo), successiva-mente è stata eseguita la velatura ad acquarello. Ma il lavoro più impe-

gnativo è stato quello relativo al con-solidamento. Trattandosi di restauro conservativo le lacune non sono state integrate.

Per quanto riguarda gli affre-schi?

Per gli affreschi sono state effettua-te le operazioni di conoslidamento, pulitura e integrazionje di tutti gli af-freschi del catino absidale di Miche-le Blasco, quelli raffiguranti la storia dei vescovi di Vincenzo Bongiovanni nell’abside centrale. Abbiamo ultima-to anche il restauro di 32 dipinti del Museo della Cattedrale il cui proget-to è in fase di completamento.

La Cattedrale di Agrigento, oltre ad essere un insigne monumento è anche un conteni-tore di opere d’arte, che nel corso dei secoli hanno progressivamente costituito un ricco patrimonio culturale. Abbiamo chiesto allo storico dell’arte Giuseppe Ingaglio di illu-strarci alcuni capolavori. Cosa costituisce il patrimonio artistico della Cattedrale di Agrigento?

Le opere che sono custodite nella Cattedra-le di Agrigento costituiscono un patrimonio singolare per la natura e la destinazione: sono opere legate al culto e nate da una committen-za colta che ha voluto e saputo coniugare le esigenze liturgiche a quelle estetiche e cultura-li: non di rado i vescovi hanno chiamato artisti provenienti dai maggiori centri della Sicilia ed anche da Napoli e da Roma. Alcune opere sono pervenute nelle collezioni del Capitolo, che di fatto è il proprietario di questi reperti, molti se-coli dopo la loro realizzazione, come ad esem-pio la coppia delle cassette limosine della fine del XII secolo, che probabilmente arrivano ad Agrigento con mons. Rini (1676-1696), oppu-re la coppia dei dipinti attribuiti a Guido Reni (1575-1642) con le rispettive splendide cornici in tartaruga ed intarsi in madreperla, donate donate dopo un secolo dalla loro realizzazio-ne dal canicattinese can. Desiderio Sammarco La Torre, il quale le aveva acquistate nel mer-cato antiquario di Palermo. Allo stesso modo mons. Turano dona alla fine dell’Ottocento il dipinto dell’Immacolata, realizzato agli inizi del sec. XVII. In altri casi le opere sono state eseguite espressamente su commissione, come nel caso della cassa reliquiaria di s. Gerlando eseguita dall’argentiere palermitano Michele Ricca su disegno di Pietro Novelli dietro com-missione del vescovo Francesco Traina (1627-1651), oppure la serie dei paramenti laminati e ricamanti in oro da maestranze locali su disegni del pittore agrigentino Francesco Nar-bone (not. 1687-1762) durante l’episcopati di Lorenzo Gioieni (1730-1754). Altre opere in-vece raccontano la storia dell’edificio, come nel caso della serie degli affreschi tardo medievali, eseguiti tra il Tre ed il Quattrocento e staccati negli anni Cinquanta del sec. XX.

Tale patrimonio come è oggi tutelato?La prima tutela del patrimonio artistico è

la conoscenza. La consapevolezza della consi-stenza e della qualità delle opere sta alla base di ogni tutela e salvaguardia: le opere d’arte mobi-li della Cattedrale, così come delle altre chiese della Diocesi sono state inventariate nel corso del Progetto di inventariazione informatizzata, realizzato con il contributo dell’Otto per mille erogato dalla Conferenza Episcopale Italia-na. Anche gli studi scientifici contribuiscono a tale conoscenza. Lo scorso anno abbiamo

avuto due giornate di studio sulla Cattedrale di Agrigento; dagli interventi si è potutoa cono-scere una ricca documentazione che attesta la presenza di molte opere che oggi, per diverse ragioni non esistono più, ma che certamente ci aiutano a comprendere la consistenza dello splendore della Maggior Chiesa della Diocesi.

Molte di queste opere non sono fruibili dal pubblico, perché? Vi potrà essere l’occa-sione di vederle?

La natura di questo patrimonio è tale da potersi fruire ed usare. L’uso durante le cele-brazioni liturgiche è la naturale occasione per la fruizione: candelieri, croci astili, paramen-ti, calici, ostensori, ecc, vengono adoperati, garantendo, con l’uso anche la conservazio-ne e la manutenzione. Talvolta le condizioni di conservazione o lo stress dei materiali ne sconsigliano l’uso; in tal caso vengono custo-dite negli appositi contenitori. Talvolta è la natura stessa delle opere che comporta una più stretta conservazione, come nel caso dei paramenti. In questo decennio sono state pro-mosse direttamente dal Vescovo e dagli uffici preposti della Curia delle mostre, sono state occasioni di fruizione di tali opere: mi riferisco a Veni Creator Spiritus (in occasione del Gran-de giubileo del 2000), Fate questo in memoria di me (per l’Anno Eucaristico del 2005). Sono state occasioni per poter vedere le opere. Ma è soprattutto la mostra, in questo momento in corso presso il Palazzo Vescovile, illustra il pa-trimonio artistico della Cattedrale sia con foto sia con l’esposizione di alcune testimonianze, come gli affreschi ed i pannelli del soffitto li-gneo. Il consenso del pubblico, manifestato alle mostre precedenti, con visitatori provenienti dalle altre città ed università siciliane, è stato confermato anche in quest’ultima mostra e ci incoraggia a continuare su questa strada per una maggiore crescita culturale in ordine alla fede cristiana attraverso la conoscenza del pa-trimonio artistico.

intervista� A Giusppe Ingaglio - Ufficio Beni Culturali della Curia

Un contenitore di opere d’arte da fruire e da usare

foto Tornatore

In occasione della riaper-tura della Cattedrale di Agri-gento i lavori di restauro, è offerta, a quanti vogliono, la possibilità di riflettere sulla storia, sulle opere e sull’im-magine dell’insigne monu-mento e della Chiesa Madre della nostra Arcidiocesi.

Al fine di poter meglio comprendere il valore della veneranda fabbrica, dei la-vori succedutisi nel tempo e delle opere in essa contenute

è stata realizzata la mostra didattica ed illustrativa “La Cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammirare, per contemplare”.

La mostra è visitabile ogni giorno, escluso il venerdì e la domenica, dalle ore 9.30 alle ore 12.30 con ingresso dalla Curia Arcivescovile, dal 4 no-vembre al 24 dicembre 2008 (per info 0922/490011).

Una mostra per conoscere, ammirare e contemplare

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� L’Amico del Popolo23 Novembre 2008Speciale riapertura Cattedrale

Prima dell’uso della fotografia, manca una documentazione dell’esterno.

Le inquadrature più antiche risalgo-no ai primi decenni del Novecento, con eccezione di quelle del fotografo Eugène Sevaistre (1855 ca.). La mancanza di ogni riferimento cronologico, rende molto difficile ed imprecisa la possibilità di do-

cumentare le modifiche succedutesi nel corso del secolo.

Le trasformazioni più significative, sul-l’attuale piazza Don Minzoni, riguardano la recinzione della scalinata ed il relativo accesso, rimarcato da un arco ribassato spezzato. Questo si apriva lateralmente in un alto muro che chiudeva non soltanto il

sagrato, come in gran parte delle grandi cat-tedrali regie siciliane, ma, ad Agrigento, an-che la vista della scali-nata stessa impedendo la visione della facciata a chi stava nella piazza. Nel corso degli anni, la parte superiore del muro di recinzione, viene abbassato e la pietra, nella parte alta, sostituita da un’elegan-te cancellata in ferro battuto, lasciando inva-riato l’accesso al recinto

(foto 1). Questo si ridurrà, limitandosi a perimetrare la scalinata, alla quale si accede, sempre lungo il lato meri-dionale della recinzione, fino a quan-do l’ingresso non verrà spostato sul lato ovest parallelo alla facciata (foto 2). Per far posto all’edificio del Mu-seo Diocesano, progettato da Franco Minissi agli inizi degli anni Sessanta, venne eliminato tutto il lato ovest, la-sciando libera l’area consentendo così la vista e, soprattutto, l’accesso diretto alla scalinata dalla piazza.

Lungo la via Duomo, il fianco del-la Cattedrale ha subito la trasformazione della scalinata; due ingressi laterali, con altrettante rampe, consentivano di rag-giungere la grande terrazza dal centro di-rettamente davanti l’ingresso. Gli intonaci testimoniano lo stato di conservazione, ma soprattutto lasciano intravedere alcu-ne significative tracce dell’evoluzione della storia dell’edificio: le grandi finestre ogiva-te sono in gran parte tompagnate e sono precedute da due grandi arcate cieche, che

si leggono chiaramente in prossimità del volume della cappella di s. Gerlando. La presenza di una finestra in corrisponden-za di uno di questi archi, lascia intendere che esse non sono originali, ma realizzate nel corso dell’intervento di “restauro” di Lagumina. Altre inquadrature riguardano alcuni particolari con le suggestive arti-colazioni volumetriche delle diverse parti del monumento .

La catrdraLe� gli interventi negli anni

Le vedute esterne

Scarsa e pressoché inesistente è la docu-mentazione iconografica della Cattedrale prima dei lavori di “restauro” di Bartolo-meo Lagumina, archeologo ed arabista, che fu vescovo di Agrigento dal 1899 al 1931.

L’attenzione dei vedutisti e dei viaggiato-ri, dalla fine del Seicento fino a tutto l’Ot-tocento (ed anche di oggi), si è concentra-ta quasi esclusivamente verso la Valle dei Templi, trascurando così la città moderna ed i suoi monumenti sia nelle rappresenta-

zioni pittoriche sia nelle opere grafiche. Qualora taluni viaggiatori si spingevano

fino alla Cattedrale, lo facevano per am-mirare le opere archeologiche in essa cu-stodite. L’avvento della fotografia non ha invertito tale tendenza e solo alcune imma-gini, eseguite su suggerimento del canonico Russo, oggi tramandano l’assetto della Cat-tedrale prima dei lavori.

Si ha così un’idea della successione della serie di cappelle che si affacciavano sulle

navate laterali; queste ultime erano sepa-rate da quella centrale dalle colonne cilin-driche, appellate con disprezzo “salsicciot-ti” (foto 3).

La zona dell’abside centrale non fu in-teressata da questi lavori di scrostamento, come testimoniano le inquadrature (foto 4).

Interessante è la foto dell’altare (foto 5), posto al capocroce del transetto setten-trionale, con il dipinto, purtroppo perdu-to, raffigurante l’Allegoria della Fede cat-tolica con i quattro dottori della Chiesa, s. Tommaso d’Aquino e s. Carlo Borromeo. La Cattedrale era, effettivamente, biso-gnevole di urgenti lavori di restauro come si può notare da alcune foto dell’epoca.

Per questo stato di degrado si effettua-rono dei lavori per la «resurrezione, nelle forme primitive, della cattedrale» (Do-menico De Gregorio, 2000), seguendo le tendenze culturali del tempo, che mira-vano a ricostruire (magari inventando) una presunta immagine medievale degli ambienti.

Prima dei lavori di Mons. Lagumina

dopo i lavori di Mons. Lagumina

Dopo appena un anno di episcopato ad Agrigento, Bartolo-meo Lagumina il 14 aprile 1900 al Capitolo della Cattedrale, riu-nito appositamente in episcopio, manifestò il suo intento di spo-stare il coro dal centro della navata all’interno della cappella, dove attualmente si trova, affidandone i lavori al Patricolo.

I lavori cominciaro-no alcuni giorni dopo e terminarono nell’ot-tobre successivo. Du-rante questi cominciò a prendere consistenza la possibilità di studiare un progetto per riportare l’edificio all’aspetto medievale, seguendo la sensibilità culturale del tempo.

La scoperta, nel 1908, di una finestra ogivale nella pa-rete nord, diede un maggiore impulso a tale intento ed i saggi nelle prime campate, misero in luce, sotto l’intonaco seicentesco, le arcate medievali in pietra (foto 7).

Nel 1913 venne ab-battuto l’altare nord del transetto, ripor-tando alla luce la cap-pella De Marinis, che fu adibita a battistero dallo stesso Lagumina, durante le celebrazioni del Sabato Santo del 1914 (foto 8).

Vennero così alla luce ampi brani di affreschi medievali (foto 9) , ma andarono perduti il pulpito e le cantorie ad-dossate alla controfacciata e tutti gli altari e le cappelle late-rali, eccetto quella di s. Gerlando e, sul lato opposto, quella di Gesù Nazareno.

Alcuni pilastri della navata nord furono demoliti e successi-vamente ricostruiti. Sulla testata del tran-setto meridionale si riaprirono la cappella originaria delle reli-quie di s. Gerlando e la cappella di s. Barto-lomeo, ubicata sotto la torre dell’orologio.

L’occasione fu pro-pizia per consolidare staticamente l’intero edificio. Nel 1919 i lavori di ripristino dell’assetto medievale poterono considerar-si conclusi.

durante l’episcopato di PeruzzoDurante il lungo epi-

scopato di mons. Gio-vanni Battista Peruzzo (1932-1963), la Cattedrale subì un ulteriore fase di ristrutturazione, secondo il progetto dell’ingegnere Giammusso, approva-to dal soprintendente ai monumenti della Sicilia, architetto Valenti.

Il pavimento fu porta-to tutto allo stesso livello, non consentendo più di la lettura della duplice fase di costruzione della Cattedrale in prossimi-tà dell’arcone centrale. L’altare venne avanzato all’incrocio del transetto e la venne realizzata la cattedra con le transen-ne. Di questo complesso è sopravvissuta solo la cattedra mentre, a segui-

to delle rinnovate esigenze liturgiche, gli altri elementi sono stati adattati, spostati o rimossi (foto 6) .

La coppia delle cantorie tardo seicentesche con i rispettivi organi coevi, che si trovavano nelle campa-te immediatamente prima dell’arcone (in prossimità delle colonne rimaste in stucco dopo i lavori del La-gumina) venne rimossa ed i due strumenti furono ri-montati in un unico grande organo, la cui cassa, nella parte centrale, riutilizza una delle due casse seicen-tesche, posto al centro del-l’abside occultando parte dell’affresco del Bongiovan-ni raffigurante l’Assunzione della Vergine, cui era stata, insieme a s. Giacomo, de-dicata la Cattedrale dal ve-

scovo Gerlando. Di conseguenza venne

spostato il monumento fu-nebre di mons. Gisulfo nel-l’attuale posizione, lungo la parete settentrionale, dove sono stati trasferiti anche quelli degli altri vescovi agrigentini.

Il tabernacolo fu collo-cato nella cappella meri-dionale del transetto, su cui si apre, per mezzo di una discreta grata, una piccola finestra accessibile dagli appartamenti privati del vescovo. Le modifiche vennero compiute anche all’esterno: le due rampe laterali con al centro alcuni magazzini, vennero smon-tate per realizzare il cancel-lo centrale con due rampe che accedono alla grande terrazza.

foto 1 - dall’Archivio Storico del Capitolo della Cattedrale

foto 2 - dall’Archivio M. Riolo

Quelli pubblicati sono soltanto alcuni dei pannelli esposti nella mostra presso il Palazzo Arcivescovile di Agrigento “la Catte-drale di Agrigento, per conoscere,, per ammi-rare, per contemplare

foto 3 - dall’Archivio Storico del Capitolo della Cattedrale

foto 5 - dall’Archivio M. Riolo foto 4 - dall’Archivio M. Riolo

foto 6 - dall’Archivio Storico del Capitolo della Cattedrale

foto 7 - dall’Archivio M. Riolo

foto 8

foto 9 - dall’Archivio M. Riolo

Page 7: L'Amico del Popolo

Attualità �L’Amico del Popolo23 Novembre 2008

Eluana Englaro� La ricaduta educativa della sentenza della Corte di Cassazione!

Il problema siamo noiLa sentenza ormai inappellabile ed ese-

cutiva della Corte di Cassazione a favo-re della sospensione delle cure per Eluana Englaro è a tutti gli effetti una sentenza di morte, che introduce per via giurispruden-ziale l’eutanasia nel nostro paese. Nel dibat-tito che si è aperto, due sono le ragioni ad-dotte dai sostenitori della sospensione delle cure: il no all’accanimento terapeutico e l’appello al principio di autodeterminazio-ne. Sono due criteri di azione ineccepibili , ma vanno rettamente intesi e responsabil-mente applicati.

L’accanimento terapeutico anzitutto. La medicina oggi dispone di possibilità sem-pre più estese e invasive d’intervento clini-co. La possibilità medica però non dice co-munque e sempre una liceità etica. Là dove un atto medico risulta sproporzionato rispetto ai prevedibili effetti su un pazien-te, si può lecitamente rinunciare. Tale atto può configurare un’ostinazione terapeutica, lesiva della dignità della persona. Al punto da configurarsi anche un obbligo di sottrar-si ad esso. Non è questo il caso di Eluana. Le cure infatti che le vengono prestate non sono di carattere sanitario, ma d’ordine umano. Eluana non è in grado di nutrirsi da sola, per cui viene amorevolmente assistita da persone che le procurano cibo e acqua e glieli somministrano. Ed in più la puliscono, la vestono, le sono premurosamente vicino.

Non c’è nulla di sproporzionato, di acca-nimento in questo: c’è solo presenza e ac-

compagnamento amorevole. C’è soltanto da ringraziare Dio che – in una società in cui tutti “han-no fretta” e “tanto da fare” – ci sono persone che “hanno tempo” per assistere pazienti come Elua-na. Perché vietare questo amore? Amore altamente educativo! Né si dica che il coma persistente in cui è Eluana è una non-vita. Questo non è avvalorato da nessuna dia-gnosi clinica. In Eluana c’è attività cerebrale, anche se incompleta, e le attività organiche sono auto-nome: Eluana è viva. E se è viva è persona, non meno di ogni altra che gode di ottima salute. E’ per questo che privarla dell’acqua e del cibo è sopprimerla.

C’è poi l’appello al principio di autode-terminazione, che fa del soggetto il primo responsabile della propria vita, chiamato a decidere della rinuncia o meno a un atto medico. Principio sacrosanto, ma che non fa del soggetto un arbitro assoluto delle proprie scelte. L’autodeterminazione infat-ti non è esercitata in un vuoto di significati e di valori, in modo da rendere ogni scelta buona e lecita. Così che rinunciare a un atto medico gravoso e dai risultati precari è au-todeterminazione responsabile e legittima. Rinunciare a un atto medico che salva la vita o che consente il recupero di condizioni dignitose di vita è autodeterminazione irre-

sponsabile e illegitti-ma.

Ugual-mente di-casi della r inuncia all’alimen-tazione e all’idrata-zione che non sono atti me-dici, ma atti ele-mentari e

primari del vivere. E’ responsabile l’autode-terminazione a morire con dignità umana e cristiana; ma non a morire perché il vivere non risponde a determinati standard e qua-lità. La vita nostra o altrui non è un oggetto nelle nostre mani, così da non offrirsi indif-ferentemente all’audoterminazione del sog-getto. Questo a motivo del valore assoluto della vita umana. Valore che non può mai legittimare alcuna scelta soppressiva.

Inoltre non va dimenticata la ricaduta educativa di una tale sentenza, che fa scuo-la, crea mentalità, incide sugli immaginari collettivi, favorendo una cultura eutanasica e spianando la strada all’eutanasia per tutte le persone in labili e degenerative condizio-ni di vita. E’ quello che vogliono i cultori dell’eutanasia. Dove eutanasia, prima che di una pratica, dice di una filosofia della vita. Vita intesa in termini di qualità ed ef-ficienza, col venir meno delle quali una vita vale meno o non vale più. Nel qual caso il problema non è Eluana, come non lo è nes-suno che vive nelle condizioni di Eluana. Il problema siamo noi, ai cui occhi la loro vita non ha più un valore e il loro essere ancora al mondo ci è insopportabile.

MAURO COZZOLIOrdinario di Teologia Morale,

nella Pontificia Università Lateranense

diario multimedi@leAbbiamo noi la tv in mano. Ma siamo in mano alla tv!

Caro diario,hai presente le dita di una mano? Ok, sono cinque; ed

è proprio sulle dita di una mano e con cinque argomenti per ciascuno che un giornalista tv e un prete “televisivo”, in un libro che riesce a dare congenialità di coesistenza alla profondità del “cogitare” e ad un ampio spettro di “provo-cazioni” intelligenti ed oculate (“La tv in mano”, appunto, San Paolo 2008, Euro 9, 50), scrivono e testimoniano il loro amore / odio per la tv, analizzandone percorsi cono-sciuti ed inopinati labirinti di trappole per aiutare utenti di tutte le età (ma soprattutto genitori, educatori, autori, registi e programmisti) a cercare strade nuove a metà tra-gitto fra rifiuto aprioristico ed accettazione supina (e cioè, a dirla tecnicamente, fra “apocalittici” ed “integrati”).

Attraverso una sorta di dialogo / scontro acutamente dimensionato nella medesima convivenza testuale, Gio-vanni Anversa e Don Antonio Mazzi si confrontano, con tutte le armi della loro professionalità, sui cinque motivi per “odiare” la tv (Anversa) e sugli altri cinque per non “odiarla” (Mazzi); ed il risultato è un piccolo grande capo-lavoro di saggistica televisiva e di costume, in cui teoria ed esperienza, tecnica ed aneddotica, bisturi e suture, per-plessità ed aperture vanno a comporre una scacchiera in cui conflittualità e proposizione divengono cemento che assembla i due punti di vista, acclarando difformità ma anche, in ultima analisi e come già scritto, varie ed inso-spettate sintonie operative.

Giovanni Anversa, 50 anni, giornalista, autore e con-duttore televisivo, da quindici anni in Rai, ha firmato, e con successo, importanti programmi dedicati al sociale, come “Il coraggio di vivere”, “Ho bisogno di te” e “Raccon-ti di vita”, dedicato, quest’ultimo, a personaggi di grande rilievo nel mondo del volontariato e dell’impegno sociale. “Il volume”, annota, “è una sorta di percorso dentro la mia esperienza umana e professionale per offrire un punto di vista, piccolo e parziale, sul fare televisione. Le dita della mano mi hanno offerto lo spunto giusto per ragionare, con l’aiuto di autorevoli interlocutori, sui meccanismi che caratterizzano il mezzo, la sua evoluzione, le sue potenzia-lità. La tv in mano, dunque, non è l’affermazione presun-tuosa di chi ne possiede la conoscenza, ma la simbolica osservazione di chi tiene tra le mani un oggetto familiare e nello stesso tempo soverchiante ed estraneo”.

Don Antonio Mazzi (chi non lo conosce?) è, invece, il prete dei marciapiedi, delle stazioni, dei disperati, è il pre-te più “mediatico” d’Italia (scrive sui giornali, va in tutte le tv e le radio, scrive libri); un prete ed un uomo che non ha paura di parlar schietto e di andare controcorrente, che ama l’essenziale, il senso della misura, i valori, le sfide di un’educazione solida che parte dalla famiglia ed arriva alla scuola e alla società; un prete ed un uomo che non si arrende mai all’evidenza della negatività, ed anzi si batte per l’espansione della speranza, dell’ottimismo, della gioia e della serenità, traguardi, ne é sicuro, accessibili a tutti. “Bisogna decidere se la televisione è una malattia grave, perniciosa, letale, più o meno come l’Aids”, scrive, “oppure se è quasi una malattia, come l’influenza”. Ma, in attesa di decidere, come guarire? “Purgandosi” dalla tv almeno un giorno alla settimana: e cioè spegnendola, facendo tutt’al-tro fuorché ripiantarsi sul video e, il giorno, dopo ripren-dere con tranquillità gli affanni quotidiani, tra cui anche, volendo, qualche mezz’ora di tv. È lo spirito con cui va letto e meditato questo libro su una “deleteria influenza” televisiva troppo criminalizzata per un verso e troppo ba-nalizzata per un altro, al fine di riportare il “medium” più stupido e pernicioso ad un uso intelligente e meno idola-trico: e con i consigli di una “videocoppia” così qualificata, caro diario, sicuramente ci riusciremo.

Nuccio Mula

Ipertecnologici, alla ricerca dello sballo, ma anche con la paura di essere rapiti o violentati: sono i “tecnoager”, ovvero “i gio-vani alla ricerca di un equilibrio tra nuove possibilità e la rumoro-sa solitudine della rete”. A dipin-gere così le nuove generazioni è il 9° Rapporto nazionale sulla con-dizione dell’infanzia e dell’adole-scenza realizzato dall’Eurispes e da Telefono Azzurro, presentato il 18 novembre a Roma, e che nasce da due indagini svolte in 41 scuole e che hanno interessa-to circa 6.000 bambini e ragazzi di età compresa tra i 7 e gli 11 e dai 12 ai 19 anni.

Sempre connessi. Tv, telefo-nino, consolle, lettore mp3 e In-ternet fanno parte della dotazio-ne “hi tech” di base delle nuove generazioni. Quanti non possie-dono un cellulare rappresentano una sparuta minoranza e 3 ra-gazzi su 10 lo usano per più di 4 ore al giorno. Parte consistente della giornata viene poi dedicata a navigare: nel 26,5% dei casi fino ad 1 ora al giorno, nel 22,5% da 1 a 2 ore, nel 16,5% da 2 a 4 ore e nel 12,9% per più di 4 ore al gior-no. L’utilizzo più diffuso di Inter-net fra gli adolescenti riguarda la ricerca di informazioni (90,5%) e di materiale per lo studio (80%). Sono molto diffusi il download di musica, film, giochi o video (72,5%) e la fruizione di filmati su Youtube (69%). Il Rapporto rileva anche che un bambino su 10 possiede il cellulare prima dei sei anni di età. La maggior parte

(34,9%) lo ha tra gli 8 e i 9 anni. Complessivamente il 57,5% dei bambini possiede un cellulare, (il 36,6% non lo ha ancora) che viene usato per chiamare i geni-tori (73,7%), per scattare fotogra-fie (61,3%), chiamare gli amici ed inviare sms (58,6%), giocare (56%), per girare filmati (49,5%). Tra i bambini risultano partico-larmente diffusi i videogiochi: il 47,6% ha confessato di averne usato di inadatti. Il 38,5% è, tutta-via, consapevole che i videogio-chi violenti non sono adatti per loro mentre il 22,4% li considera divertenti. L’8,5% dei più piccoli ha riferito che i videogiochi vio-lenti aiutano a scaricare la rabbia mentre il 4,8% ha affermato che fanno provare un senso di forza e potenza.

Alla ricerca dello sballo. Il di-vertimento dei giovani, secondo il Rapporto, passa, in particolare, attraverso il consumo di alcol: si comincia a bere già a 11 anni ma lo sballo comincia intorno ai 16 anni. Secondo il Rapporto, che cita dati dell’Istituto superiore di sanità, sono 770.000 i giovani sotto i 16 anni che consumano alcol. Il 75% beve il sabato sera: il 35,7% da 1 a 2 bicchieri, il 27,8% da 3 a 5 bicchieri, il 19% dai 6 bicchieri in su. Il sabato beve l’83% dei ragazzi dai 16 ai 18 anni, il 67% di quelli dai 13 ai 15, il 66,7% di quelli dai 19 ai 24. Il 20% si ubriaca durante il fine settimana. Un dato più generale parla di un 51,5% che ha dichia-rato di bere alcolici qualche vol-

ta, mentre il fronte di quelli che non hanno mai bevuto si attesta al 38,8%. Tra le ragazze si fa largo il consumo occasio-nale di alcol: il 55% ha afferma-to di farlo qualche volta. L’uso di bevande alcoliche avviene per il 49,6% dei casi in feste e ri-correnze e per il 27,9% quando si è in compagnia. La stragrande maggioranza dei ragazzi (83,1%) non ha mai guidato una moto o un’auto dopo aver bevuto alcoli-ci. La percentuale sale all’88,3% per le ragazze, più prudenti. Non manca la cocaina: rispetto al 2007, sono aumentati i con-sumatori di oppiacei (+40%) e di cannabinoidi (+21%). I ragaz-zi dai 14 ai 15 anni consumano nel 77% dei casi cannabinoidi, nel 9% cocaina, nell’8% oppiacei. Simile la situazione dei minori di 16-17 anni: l’81% consuma cannabinoidi, l’8% cocaina, l’8% oppiacei.

Con tante paure. Il Rapporto prende in esame anche le pau-re di bambini e adolescenti. Il 22,6% dei bambini è terrorizzato dal rapimento, il 16,3% ha paura di essere avvicinato da scono-sciuti, il 16,2% di essere coinvolto in attentati terroristici, il 13,9% di perdersi, il 13,5% di assistere a scene violente, il 12,6% di ri-manere solo in casa e di essere picchiato da coetanei. Per il 42% dei piccoli i genitori rimangono i principali punti di riferimento nelle situazioni di emergenza e solo una minoranza (3,2%) ha chiamato un numero di emer-

genza. Il 17% degli adolescenti ha paura di subire violenze ses-suali, seguita dal timore di esse-re importunati da sconosciuti (11%) e di essere rapiti (9,7%). Ma il 51,6% ha riferito di vivere tranquillo. Sul versante del bul-lismo, tema preso in esame dal-l’Eurispes, il 27,8% dei bambini ha detto di essere stato vittima di brutti scherzi (27,8%), il 26,6% di aver subito provocazioni e prese in giro. Il 17,6% è stato invece escluso ed isolato dal gruppo. Se i bambini sono quelli che su-biscono maggiormente minac-ce, furti e percosse, le bambine invece lamentano esclusione e isolamento dal gruppo (20,2%). Tra gli adolescenti, il 36,9% ha ri-velato di aver assistito ad episodi di bullismo nella propria scuola.

Il futuro e l’amicizia. No-nostante i problemi e le paure, il 56,7% dei giovani nutre abba-stanza (43,6%) o molta (13,1%) speranza di trovare un lavoro si-curo; il 42,2% ha poche o nessu-na speranza. Un aspetto positivo è dato dall’amicizia tra alunni ita-liani e stranieri. La maggioranza ha dichiarato di aver instaurato un rapporto di amicizia (54,8%) e di provare simpatia (12,6%) o interesse (2,5%).

a cura di Rocchi Daniele

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Il faticoso equilibrio

Page 8: L'Amico del Popolo

� L’Amico del Popolo23 Novembre 2008

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