L'Amico del Popolo

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N. 6 del 15 Febbraio 2009 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 54 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 6 Prima visita di Mons. Muratore a Nicosia PRG: finalmente ci siamo! 2 di Slvatore Pezzino La guerra dell’acqua potabile 4 3 Sagra del Mandorlo : molto rumore per nulla di Marilisa Della Monica di Enzo Minio di Valerio Landri VITA ECCLESIALE PROVINCIA CULTURA CITTA’ Mai più! Quella del 9 febbraio, penso, passarà alla storia come una delle giornate più nere della nostra Repubblica. Con la sen- tenza che toglieva acqua e cibo ad Eluana è stato stravolto il principio antropologico su cui è ispirata la Costituzione italiana che si fonda sulla dignità della persona umana, che preesiste alle istituzioni, alle leggi, alle sentenze e sull’inviolabile diritto di ogni individuo di appartenere al genere umano, in qualunque fase e stato della vita. L’auspicio, ad un tempo laico e cristiano, è che il sacrificio di Eluana possa far maturare nella coscienza collettiva il desiderio di ricerca- re, anziché rifiutare, la verità dell’uomo ed il coraggio di pre- tendere che il diritto e la scienza restino al servizio dell’umanità. Mai più in Italia una persona viva dovrà essere mandata a morte per fame e per sete. Oc- corre colmare un vuoto legisla- tivo insopportabile. Occorre ora riprendere il filo della ragione per capire quali fattori siano stati determinanti. Si è invoca- ta la libertà individuale, l’auto- nomia delle scelte. Ora, questa non può essere esercitata nei confronti della vita, al punto da giungere alla sua soppressione. La vita precede la libertà e sen- za di essa non si esercita. E, poi, come è possibile che uno muoia, perché l’ha deciso un altro? E ancora la qualità di una vita non si giudica dal fatto che è fragile o incapace di esprimersi. I parametri di efficienza e di go- dibilità possono essere quelli che stabiliscono chi deve vivere? In tutta questa vicenda è emersa anche una certezza, che il popo- lo italiano ama la vita e saprà distinguere fra quanti davvero si battono per la sua tutela e quanti, invece, cercano l’orribile scorciatoia della morte per fame e per sete per affermare il princi- pio dell’autodeterminazione as- soluta, al di fuori di ogni vincolo di relazione umana. Carmelo Petrone E luana è stata uccisa. Davanti alla morte le parole tornano nude. Non consentono menzogne, non tollerano mistificazioni. E se noi – oggi – non le scrivessimo, queste parole nude e vere, se noi – oggi – non chiamassimo le cose con il loro nome, se noi – oggi – non gridassimo que- sta tristissima verità, non avremmo più titolo morale per parlare ai nostri lettori, ai nostri concittadini, ai nostri figli. Non saremmo cro- nisti, e non saremmo nemmeno uomini. Eluana è stata uccisa. Una settimana esatta dopo essere stata strappata all’affetto e alla «competenza di vita» delle sorelle che per 15 anni, a Lecco, si erano pienamente e teneramente occupate di lei. In un mo- mento imprecisato e oscuro del «protocollo», orribile burocratico eufemismo con il quale si è cercato di ste- rilizzare invano l’idea di una «competenza di morte» messa in campo, a Udine, per porre fine artificialmen- te ai suoi giorni. Eluana è stata uccisa. E noi osiamo chiedere perdo- no a Dio per chi ha voluto e favorito questa tragedia. Per ogni singola persona che ha contribuito a fermare il respiro e il cuore di una giovane donna che per mesi era stata ostinatamente raccontata, anzi sentenziata, come «già morta» e che morta non era. Chiediamo perdono per ognuno di loro, ma anche per noi stessi. Per non aver saputo parlare e scrivere più forte. Per es- sere riusciti a scalfire, solo quando era troppo tardi, il muro omertoso della falsa pietà. Per aver trovato, solo quando nessuno ha voluto più ascoltarle, le voci per Eluana (le altre voci di Eluana) che erano state nasco- ste. Sì, chiediamo perdono per ogni singola persona che ha voluto e favorito questa tragedia. E per noi che non abbiamo saputo gridare ancora di più sui tetti del- la nostra Italia la scandalosa verità sul misfatto che si stava compiendo: senza umanità, senza legge e senza giustizia. Eluana è stata uccisa. E noi vogliamo chiedere per- dono ai nostri figli e alle nostre figlie. Ci perdonino, se possono, per questo Paese che oggi ci sembra pieno di frasi vuote e di un unico gesto terribile, che li scuote e nessuno saprà mai dire quanto. Con che occhi ci guar- deranno? Misurando come le loro parole, le esclama- zioni? Rinunceranno, forse per paura e per sospetto, a ragionare della vita e della morte con chi gli è padre e madre e maestro e amico e gli potrebbe diventare testi- mone d’accusa e pubblico ministero e giudice e boia? Chi insegnerà, chi dimostrerà loro che certe parole, che le benedette, apodittiche certezze dei vent’anni non sono necessariamente e sempre pietre che gli sa- ranno fardello, che forse un giorno potrebbero silen- ziosamente lapidarli. Ci perdonino, se possono. Perché Eluana è stata uccisa. Sì, Eluana è stata uccisa. E noi, oggi, abbiamo solo una povera tenace speranza, già assediata – se appena guardiamo nel recinto delle aule parlamentari – dalle solite cautelose sottigliezze, dalle solite sferraglianti polemiche. Eppure questa povera tenace speranza noi la rivendichiamo: che non ci sia più un altro caso così. Che Eluana non sia morta invano, e che non muoia mai più. Ci sia una legge, che la politica ci dia subito una legge. E che nessuno, almeno nel nostro Paese, sia più ucciso così: di fame e di sete. Ma che si faccia, ora, davvero giustizia. Che s’indaghi fino in fondo, adesso che il «protocollo» è compiuto e il mistero di questa fine mortalmente c’in- quieta. Non ci si risparmi nessuna domanda, signori giudici. Ci sia trasparenza finalmente, dopo l’opacità che ci è stata imposta fino a colmare la misura della sopportazione. E si risponda presto, si risponda subito, si risponda totalmente. Come è stata uccisa Eluana? Marco Tarquinio da Avvenrie 10.02.2009 ELUANA Una sentenza dello Stato l’ha fatta morire di fame e di sete Summum ius, summa iniuria Per l’anno europeo del disabile (2003) il nostro giornale ha lan- ciato - con la campagna “meno botti più ponti” - alle comunità parrocchiali la proposta di abbat- tere le barriere architettoniche che impediscono a molti disabili di entrare nelle nostre chiese. Si auspicava, in occasione delle fe- ste patronali, che una parte dei fondi da destinare ai botti venisse impiegata per abbattere le barrie- re nei luoghi di culto. Sulla pro- blematica ritorna la Caritas dio- cesana e propone alle Comunità Parrocchiali un cammino Qua- resimale 2009 che prevede anche la possibilità di realizzare delle opere-segno che rivelino una rinnovata attenzione al mondo della disabilità. Alle parrocchie che fossero interessate Caritas mette a disposizione l’opera di consulenza tecnica ma anche un contributo alla copertura di par- te della spesa da sostenere. È un gesto di attenzione e di giustizia verso questi nostri fratelli. BARRIERE ARCHITETTONICHE Caritas: “Abbattiamo quelle di pietra” LAMPEDUSA - VISITA DELL’ARCIVESCOVO AL CENTRO Montenegro: «lo straniero non un male da estirpare, ma realtà con cui confrontarsi» Dopo la decisione del Governo di tra- sformare il Centro di Accoglienza Tem- poranea di Lampedusa in un Centro di Identificazione ed Espulsione, il clima nel- l’isola delle Pelagie è tesissimo. Alle prote- ste degli immigrati, arrivati anche a gesti estremi di autolesionismo, si aggiunge la reazione dei Lampedusani che, costretti a subire una decisione presa dall’alto, ve- dono minacciata la loro identità e la loro economia. Per rendersi meglio conto della situazione, Mons. Francesco Montenegro, che pochi giorni fa aveva testimoniato con una lettera aperta la sua vicinanza al po- polo di Lampedusa, domenica 8 e lunedì 9 febbraio si è recato nell’isola delle Pela- gie. Il suo primo impegno è stato quello di visitare sia il Centro di Accoglienza, in cui sono attualmente ospitati pochi immigrati richiedenti asilo politico, sia il famigerato Centro di Identificazione ed Espulsione, all’interno del quale, fra gli immigrati in attesa dell’espulsione, le tensioni persi- stono. Il mare mosso di questi giorni ha ridotto drasticamente gli sbarchi, ma non si sa bene cosa aspettarsi in futuro. Pare che nelle coste tunisine si stia diffonden- do la notizia che chi arriva a Lampedusa sarà immediatamente rimpatriato: questa potrebbe essere la ragione per cui sempre più sbarchi stanno avvenendo a Linosa o lungo le coste della Sicilia. Valerio Landri continua a pag.5

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L'Amico del Popolo edizione del 15 febbraio 2009

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N. 6 del 15 Febbraio 2009Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 54

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

6

Prima visita di Mons. Muratore a

Nicosia

PRG: finalmente

ci siamo!

2di Slvatore Pezzino

La guerra dell’acqua potabile

43

Sagra del Mandorlo :molto rumore

per nulla

di Marilisa Della Monica di Enzo Minio di Valerio Landri

Vita ecclesialeProVinciaculturacitta’Mai più!Quella del 9 febbraio, penso, passarà alla storia come una delle giornate più nere della nostra Repubblica. Con la sen-tenza che toglieva acqua e cibo ad Eluana è stato stravolto il principio antropologico su cui è ispirata la Costituzione italiana che si fonda sulla dignità della persona umana, che preesiste alle istituzioni, alle leggi, alle sentenze e sull’inviolabile diritto di ogni individuo di appartenere al genere umano, in qualunque fase e stato della vita. L’auspicio, ad un tempo laico e cristiano, è che il sacrificio di Eluana possa far maturare nella coscienza collettiva il desiderio di ricerca-re, anziché rifiutare, la verità dell’uomo ed il coraggio di pre-tendere che il diritto e la scienza restino al servizio dell’umanità. Mai più in Italia una persona viva dovrà essere mandata a morte per fame e per sete. Oc-corre colmare un vuoto legisla-tivo insopportabile. Occorre ora riprendere il filo della ragione per capire quali fattori siano stati determinanti. Si è invoca-ta la libertà individuale, l’auto-nomia delle scelte. Ora, questa non può essere esercitata nei confronti della vita, al punto da giungere alla sua soppressione. La vita precede la libertà e sen-za di essa non si esercita. E, poi, come è possibile che uno muoia, perché l’ha deciso un altro? E ancora la qualità di una vita non si giudica dal fatto che è fragile o incapace di esprimersi. I parametri di efficienza e di go-dibilità possono essere quelli che stabiliscono chi deve vivere? In tutta questa vicenda è emersa anche una certezza, che il popo-lo italiano ama la vita e saprà distinguere fra quanti davvero si battono per la sua tutela e quanti, invece, cercano l’orribile scorciatoia della morte per fame e per sete per affermare il princi-pio dell’autodeterminazione as-soluta, al di fuori di ogni vincolo di relazione umana.

Carmelo Petrone

Eluana è stata uccisa. Davanti alla morte le

parole tornano nude. Non consentono menzogne, non tollerano mistificazioni.

E se noi – oggi – non le scrivessimo, queste parole nude e vere, se noi – oggi – non chiamassimo le cose con il loro nome, se noi – oggi – non gridassimo que-sta tristissima verità, non avremmo più titolo morale per parlare ai nostri lettori, ai nostri concittadini, ai nostri figli. Non saremmo cro-nisti, e non saremmo nemmeno uomini.

Eluana è stata uccisa. Una settimana esatta dopo essere stata strappata all’affetto e alla «competenza di vita» delle sorelle che per 15 anni, a Lecco, si erano pienamente e teneramente occupate di lei. In un mo-mento imprecisato e oscuro del «protocollo», orribile burocratico eufemismo con il quale si è cercato di ste-rilizzare invano l’idea di una «competenza di morte» messa in campo, a Udine, per porre fine artificialmen-te ai suoi giorni.

Eluana è stata uccisa. E noi osiamo chiedere perdo-no a Dio per chi ha voluto e favorito questa tragedia. Per ogni singola persona che ha contribuito a fermare il respiro e il cuore di una giovane donna che per mesi era stata ostinatamente raccontata, anzi sentenziata, come «già morta» e che morta non era. Chiediamo perdono per ognuno di loro, ma anche per noi stessi. Per non aver saputo parlare e scrivere più forte. Per es-sere riusciti a scalfire, solo quando era troppo tardi, il muro omertoso della falsa pietà. Per aver trovato, solo quando nessuno ha voluto più ascoltarle, le voci per

Eluana (le altre voci di Eluana) che erano state nasco-ste. Sì, chiediamo perdono per ogni singola persona che ha voluto e favorito questa tragedia. E per noi che non abbiamo saputo gridare ancora di più sui tetti del-la nostra Italia la scandalosa verità sul misfatto che si stava compiendo: senza umanità, senza legge e senza giustizia.

Eluana è stata uccisa. E noi vogliamo chiedere per-dono ai nostri figli e alle nostre figlie. Ci perdonino, se possono, per questo Paese che oggi ci sembra pieno di frasi vuote e di un unico gesto terribile, che li scuote e nessuno saprà mai dire quanto. Con che occhi ci guar-deranno? Misurando come le loro parole, le esclama-zioni? Rinunceranno, forse per paura e per sospetto, a ragionare della vita e della morte con chi gli è padre e madre e maestro e amico e gli potrebbe diventare testi-mone d’accusa e pubblico ministero e giudice e boia?

Chi insegnerà, chi dimostrerà loro che certe parole, che le benedette, apodittiche certezze dei vent’anni non sono necessariamente e sempre pietre che gli sa-ranno fardello, che forse un giorno potrebbero silen-ziosamente lapidarli. Ci perdonino, se possono. Perché

Eluana è stata uccisa.Sì, Eluana è stata uccisa. E noi, oggi, abbiamo solo

una povera tenace speranza, già assediata – se appena guardiamo nel recinto delle aule parlamentari – dalle solite cautelose sottigliezze, dalle solite sferraglianti polemiche. Eppure questa povera tenace speranza noi la rivendichiamo: che non ci sia più un altro caso così. Che Eluana non sia morta invano, e che non muoia mai più. Ci sia una legge, che la politica ci dia subito una legge. E che nessuno, almeno nel nostro Paese, sia più ucciso così: di fame e di sete.

Ma che si faccia, ora, davvero giustizia. Che s’indaghi fino in fondo, adesso che il «protocollo» è compiuto e il mistero di questa fine mortalmente c’in-quieta. Non ci si risparmi nessuna domanda, signori giudici. Ci sia trasparenza finalmente, dopo l’opacità che ci è stata imposta fino a colmare la misura della sopportazione.

E si risponda presto, si risponda subito, si risponda totalmente. Come è stata uccisa Eluana?

Marco Tarquinioda Avvenrie 10.02.2009

eluana Una sentenza dello Stato l’ha fatta morire di fame e di sete

summum ius,summa iniuria

Per l’anno europeo del disabile (2003) il nostro giornale ha lan-ciato - con la campagna “meno botti più ponti” - alle comunità parrocchiali la proposta di abbat-tere le barriere architettoniche che impediscono a molti disabili di entrare nelle nostre chiese. Si auspicava, in occasione delle fe-ste patronali, che una parte dei fondi da destinare ai botti venisse impiegata per abbattere le barrie-re nei luoghi di culto. Sulla pro-blematica ritorna la Caritas dio-

cesana e propone alle Comunità Parrocchiali un cammino Qua-resimale 2009 che prevede anche la possibilità di realizzare delle opere-segno che rivelino una rinnovata attenzione al mondo della disabilità. Alle parrocchie che fossero interessate Caritas mette a disposizione l’opera di consulenza tecnica ma anche un contributo alla copertura di par-te della spesa da sostenere. È un gesto di attenzione e di giustizia verso questi nostri fratelli.

◆ Barriere architettoniche

caritas: “abbattiamo quelle di pietra”

◆ Lampedusa - Visita deLL’arciVescoVo aL centro

montenegro: «lo straniero non un male da estirpare, ma realtà con cui confrontarsi»

Dopo la decisione del Governo di tra-sformare il Centro di Accoglienza Tem-poranea di Lampedusa in un Centro di Identificazione ed Espulsione, il clima nel-l’isola delle Pelagie è tesissimo. Alle prote-ste degli immigrati, arrivati anche a gesti

estremi di autolesionismo, si aggiunge la reazione dei Lampedusani che, costretti a subire una decisione presa dall’alto, ve-dono minacciata la loro identità e la loro economia. Per rendersi meglio conto della situazione, Mons. Francesco Montenegro, che pochi giorni fa aveva testimoniato con una lettera aperta la sua vicinanza al po-polo di Lampedusa, domenica 8 e lunedì 9 febbraio si è recato nell’isola delle Pela-gie. Il suo primo impegno è stato quello di visitare sia il Centro di Accoglienza, in cui sono attualmente ospitati pochi immigrati richiedenti asilo politico, sia il famigerato

Centro di Identificazione ed Espulsione, all’interno del quale, fra gli immigrati in attesa dell’espulsione, le tensioni persi-stono. Il mare mosso di questi giorni ha ridotto drasticamente gli sbarchi, ma non si sa bene cosa aspettarsi in futuro. Pare che nelle coste tunisine si stia diffonden-do la notizia che chi arriva a Lampedusa sarà immediatamente rimpatriato: questa potrebbe essere la ragione per cui sempre più sbarchi stanno avvenendo a Linosa o lungo le coste della Sicilia.

Valerio Landricontinua a pag.5

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� L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009Città

Che notizia è la collera di Eugenio d’Or-si che si sente abbandonato dai deputati regionali e na z iona l i ? Eppure, sulla cronaca delle

pagine locali, si è letto proprio di questo, come per fare intendere che basta e avanza la presenza de-gli assessori regionali e dei deputati per rivoltare il destino della provin-cia. Di passerelle ne abbiamo viste abbastanza e, al punto tale, da non avere alcun dubbio sulla loro per-fetta inutilità. In democrazia i poli-tici governano attraverso le leggi e non con le promesse trionfalistiche

consumate durante le visite alla cit-tà. Facessero le leggi che prevedono gli aiuti finanziari al territorio se ne sono capaci. Ci vogliono reali ma-nifestazioni di volontà contenute in documenti, perché così funziona la democrazia. Viceversa si imbroglia la gente, con la collaborazione di alcuni media. Il Por 2007/2013 pre-vede finanziamenti per le riqualifi-cazioni urbane e Marco Zambuto sta preparando i progetti per par-tecipare al bando, abbandonando i suoi vecchi propositi di correre a Roma o a Palermo per battere cassa. Il sindaco di Agrigento ha le carte a posto.

I progetti in lavorazione preve-dono interventi di riqualificazio-ne all’interno del Centro storico, che, per l’occasione, è dotato di un

nuovo e valido strumento urbani-stico. Il Piano particolareggiato del centro storico è stato approvato dal precedente consiglio comunale ed è esecutivo e, oggi, costituisce la chiave per aprire il forziere dei finanziamenti europei. Piazza non aveva gli strumenti e non catturò alcun finanziamento. «L’ufficio tec-nico – ci dice Zambuto – sta ela-borando i progetti. Sono convinto che arriveranno risultati positivi in grado di fare rivivere il cuore della città con la valorizzazione turistica. L’azione di recupero del centro sto-rico rappresenta, del resto, una del-le priorità di intervento per avviare processi di riqualificazione di tutto il sistema urbano agrigentino, oltre che un’opportunità di sviluppo in-centrata su una delle risorse ricono-sciute come ad alto potenziale che è quello del turismo e della valorizza-zione del patrimonio immobiliare inutilizzato. Vogliamo recuperare e riutilizzare il patrimonio edilizio, architettonico e urbano del centro storico e migliorare la dotazione

di servizi finalizzata all’innalza-mento della qualità della vita, con riguardo alla dotazione di servizi per residenti e potenziali turisti». Marco Zambuto, si è rimboccato le maniche e, nel giuoco delle par-ti, fa quella dell’amministratore. Ha messo da parte la politica degli an-nunci che prometteva, per restare in tema di centro storico, l’inter-vento del Governo nazionale per finanziarne la riqualificazione. Non funziona così. Il denaro pubblico si amministra con le precise regole e ai finanziamenti si accede attraver-so la partecipazione ai bandi della Ce e non con le “raccomandazioni” come qualcuno vuole fare credere. E’ necessario tirare fuori la profes-sionalità dei politici e dei burocrati per arrivare ai risultati annunciati nei programmi elettorali. I marcia-piedi, le Vie e i vecchi immobili del centro storico saranno riqualificati solo se i progetti presentati saranno giudicati idonei a ricevere il finan-ziamento. Tutto il resto è fantasia.

Franco Pullara

iniziative vigili Urbani in bici

Nuove direttive dell’assessore alla Polizia mu-nicipale, Franco Iacono. Il capo del Corpo Comu-nale sta pensando di istituire il servizio dei vigili urbani in sella alle biciclette. Dopo l’impegno del-la settimana della Sagra, che ha tenuto non poco impegnati gli uomini del comando di Villaseta, l’assessore Iacono è già proiettato verso la pros-sima stagione estiva e per garantire un maggior controllo ed efficienza nel servizio di pattuglia-mento della zona costiera, Iacono ha pensato alle biciclette.

palazzo di cittÁ cittadinanza non accettata

Vittorio Sgarbi rinuncia alla cittadinanza ono-raria agrigentina, che avrebbe dovuto ricevere nel corso di una cerimonia voluta dal sindaco, Mar-co Zambuto. Il primo cittadino di Salemi, dopo un lungo colloquio telefonico con Zambuto, ha deciso di non prendere parte alla cerimonia e di rinunciare al conferimento perché teme conte-stazioni e polemiche soprattutto dopo i fatti dello scorso dicembre, quando Sgarbi fu al centro di una contestazione.

novitÁ Riciclando si guadagna

La Recoplastica e l’Ato gesa Ag2 hanno pre-sentato un progetto al Comune per invogliare i cittadini al riciclaggio. Saranno aperti in tutta la provincia, ad Agrigento se ne prevedono almeno quattro, degli “ecopunti”, presso i quali si potran-no portare carta, plastica, vetro ed alluminio. Il materiale verrà pesato ed il cittadino riceverà in cambio del denaro contante. L’ecopunto avrà una funzione educativa, in quanto spinge alla differen-ziazione, ma anche occupazionale perchè potrà offrire lavoro a molti giovani. Il compito dell’Ato, invece, sarà quello di ritirare il materiale e di tra-sferirlo al Conai, il centro per lo smaltimento dei rifiuti all’estero.

paRcheggi Basta con gli abusivi

L’amministrazione comunale di Agrigento ha deciso di riconsegnare le zone di parcheggio a pagamento alle cooperative, eliminando così i parcheggiatori abusivi. Ma bisognerà prima indi-viduare la cooperativa cui affidare il servizio.

In Breve

Finalmente ci siamo!Prg� Il 23 febbraio il parere del Comitato per l’urbanistica

Lunedì 23 febbraio, il Comitato regionale per l’urbanistica renderà noto il parere sul Pia-

no regolatore generale della città di Agrigento. Nel frattempo, però, le norme dello strumento urbanistico potrebbero diventare già operative. Infatti, se fossero già trascorsi i 270 giorni a di-sposizione dell’assessorato regionale Territorio e Ambiente, previsti per l’approvazione del Prg, questo potrebbe già essere in vigore dai prossi-mi giorni.

La lunga attesa per l’approvazione dell’impor-tante strumento urbanistico starebbe per con-cludersi e finalmente il Prg diventerebbe diret-tamente esecutivo in alcuni casi, mentre in altri dovranno essere predisposti ed approvati i piani particolareggiati.

Sicuramente per la città si tratta di una tappa fondamentale che consentirà la ripresa dell’atti-vità edilizia e di numerose attività economiche, condizionate dai notevoli ritardi che hanno se-gnato tutto l’iter del Piano. L’entrata in vigore del nuovo Prg coincide, per altro, con il rilancio del Piano strategico della città e consente di guarda-re ad un progetto di sviluppo dove ci deve stare il respiro della politica vera, quella del confronto sulle progettazioni infrastrutturali, sulle grandi scelte. In definitiva, diventa possibile un cambia-mento di orizzonte della politica locale, anche temporale, con il quale bisogna per forza fare i conti; chi rifugge da questo nuovo orizzonte si fa del male e, quel che più conta lo fa alla città. In questa fase è opportuno che la città si ritrovi in un percorso di lavoro e all’interno di un pro-cesso di miglioramento continuo. Il successo di questo metodo dipende dal grado di partecipa-zione e di condivisione della comunità locale, a

tutti i livelli e in tutte le forme pre-senti. É un processo che richiede di fissare obiettivi di sostenibilità economica, sociale, culturale, am-bientale e istituzionale.

Un processo che deve essere necessariamente guidato da una politica che recupera il potere di agenda: cioè fissa gli argomenti delle materie su cui intervenire e decidere.

Tutto questo risulta indispen-sabile per evitare di vanificare le possibilità attuative dei nuovi strumenti, le risorse profuse e deludere, ancora una volta, le aspettative della cittadinanza.Ma, l’entrata in vigore del nuovo Piano Regolatore Generale di Agrigento - per dotare la città dei templi di un adeguato strumento di pianifica-zione urbanistica del suo territorio, nonché di un essenziale presupposto per disegnare lo svi-luppo economico e sociale della municipalità - non si può considerare un evento da auspicare soltanto, ma deve essere visto come un obiettivo fondamentale da centrare attraverso una precisa strategia politica ed istituzionale.

Non è la prima volta che il nostro giornale sol-lecita un impegno corale della politica locale in tale direzione, con numerosi articoli e, qualche anno fa, anche attraverso uno specifico Forum. A questo punto le parole d’ordine dovrebbero essere rapidità e coesione.

Rapidità per evitare che si parli tanto attor-no agli strumenti di regolazione dello sviluppo mentre cambiano le situazioni di riferimento; coesione per evitare che rimanendo ingessati

negli schemi abusati del confronto non si tenga conto che per raggiungere questo risultato è de-cisivo che la politica svolga il suo ruolo fino in fondo mettendo a registro i rapporti tra i diversi livelli di governo in modo da sollecitare l’organi-smo competente ad esitare definitivamente uno strumento di così rilevante importanza per lo sviluppo della città.

La deputazione regionale locale e gli assessori agrigentini della giunta Lombardo possono dare un impulso non indifferente per realizzare que-sto obiettivo, in raccordo con l’Amministrazione Comunale interessata e con le strutture tecniche che presidiano il percorso.

Tuttavia, occorre non solo che, tra le istituzio-ni che rappresentano gli interessi del territorio, si sviluppi un rapporto di collaborazione fe-condo ma, soprattutto, che la politica riesca ad imprimere ritmi nuovi ad una burocrazia che si deve dimostrare più efficiente e rispondente alle esigenze della comunità.

Salvatore Pezzino

centro storico Attuazione del Piano Particolareggiato

Dalla politica degli annunci ai progetti

scende

sale

la rassegnazioneTutti i propositi di ribellione alle iniquità, alle ingiustizie, ai balzelli crudeli, alla man-canza di risposte concrete da parte di chi ci ammini-stra dove sono finiti? Sono stati congelati dal freddo di questi giorni? O covano nel cuore di ogni agrigenti-no che, per non dispiacere “l’amico” che ha promesso di far valere quello che è un diritto e non un favore, attende inesorabilmente che qualcosa finalmente avvenga. Ma non siamo stanchi di essere presi in giro?

la cura della cittàSolitamente per le grandi occasioni, la città ha l’abitu-dine di indossare, anche se per poco, l’abito della festa. Quest’anno, invece, la Sagra del Mandorlo non ha fatto il miracolo anzi... La città è in balia di se stessa, diffici-le trovare una strada senza buche o voragini, difficile trovare un parcheggio senza il parcheggiatore di turno, difficile trovare un cassonet-to che non abbia accanto un frigorifero o una tv. Ed intanto che aspettiamo che avvenga il miracolo cosa si fa? Ridiamo, sorridiamo e speriamo, come sempre.

«Nel Pd esistono troppe esitazioni e troppi ri-tardi rispetto alle scelte che vanno fatte». Queste, in sintesi, le motivazioni che hanno spinto Nello Hamel a cambiare la sua collocazione politica a beneficio de Italia dei Valori. Un percorso politi-co che intraprende insieme al gruppo che lo ha sostenuto alle ultime ammini-strative, con la lista civica “Città Futura” e che continuerà a vederlo protagoni-sta dell’opposizione, all’aula “Sollano”.

Nei giorni scorsi, durante una conferenza stam-pa, alla presenza di Leoluca Orlando, leader sicilia-no di IdV, e del senatore Fabio Giambrone, ex con-sigliere PD, Hamel ha spiegato le ragioni di questa decisione. «Sono uscito dal Partito Democratico, perché non ho trovato le condizioni per poter esprimere appieno la mia azione di opposizione. Sono un animale politico – ha dichiarato Hamel – ed in IdV avrò un ruolo che mi consentirà di ope-rare verso questa nuova direzione».

Desiderio questo che potrà trovare realizzazione, solo nei prossimi giorni quando, come ha spiegato il senatore Giambrone, si provvederà all’elezione del nuovo segretario e dei nuovi assetti del partito di Antonio Di Pietro.

Per Leoluca Orlando si tratta di un acquisto im-portante che darà nuova linfa al partito. «Passa con noi non solo una persona colta e stimata, ma anche un gruppo di riferimento che adesso ha trovato la giusta collocazione e di cui Hamel sarà il natura-le altoparlante. Ad Agrigento come a Bolzano, - ha affermato Orlando - si sta muovendo qualcosa d’importante, per quella che molti ritengono essere l’unica posizione di opposizione intransigente».

Domenico Vecchio

il consigliere Hamel lascia il PD

foto vecchio

Salendo dalla Bibbirria e superando il tratto in salita di via Duomo, il tu-rista si imbatte in un rudere, che minaccia continuamente il crollo, la chiesa di S. Maria dell’Itria, che una volta era uno dei monumenti più in vista del-l’antica Girgenti.

La prima notizia documentata di questa chiesa è del 25 giugno 1591.Probabilmente eretta nella prima metà del ‘500, nel periodo di grande fer-

vore costruttivo registrato sotto mons. Giuliano Cibo. La facciata esterna, formata di due ordini sovrapposti è dominata dal bellissimo portale segnato dal bugnato, che le conferisce giochi ed effetti chiaroscuri. Anche all’interno le strutture delle varie cappelle esprimono il medesimo stile.

Nel 1767 fu affidata ai Redentoristi che la tennero sino al 1854 quando fu aperta al culto la chiesa, più ampia, dedicata a S. Alfonso.

Quando i Redentoristi si trasferirono nel nuovo edificio sacro, per la chiesa della madonna dell’Itria cominciò un lento declino che portarono al cedimento del soffitto, che non venne riparato, divenendo un casalino peri-colante.

Recentemente la collocazione di un ponteggio avava fatto sperare in un prossimo restauro ma così non è stato. Si sentì affermare, in giro per il quar-tiere, che la Soprintendenza aveva ritirato l’autorizzazione data per i lavori, causa alcuni metri cubi di costruzione in più rispetto alla vecchia costruzio-ne. Tale atto fece il finanziamento stanziato dalla Comunità Europea.

Oggi questo edificio, spogliato dalla sua dignità dalle intemperie, attende un generoso nuovo proprietario.

Giuseppe Russo.

L’itria in attesa di un recupero

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Cultura �L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009

Molto rumore per nullaSagra Riflessioni a conclusione della manifestazione

appunti Visitabile fino al 1 mar-

zo 2009 tutti i giorni tran-ne il lunedì, dalle ore 17.00 alle ore 21.00, presso Le Fabbriche Chiaramonta-ne di Agrigento, la collet-tiva d’arte contemporanea con opere di Giuseppe Agozzino, Lillo Bellomo, Luca Sclafani, Giovanni Tedesco, Piero Zambuto ed un omaggio ad Andrea Carisi.

“San Calogero ed il suo popolo” è la mostra fotografica di Viviana Di Nunno e Luca Cosentino che fino al 15 febbraio ri-marrà allestita nel foyer del Teatro Pirandello di Agrigento.

La collezione Sinatra con i dipinti di Francesco Lojacono è visitabile al Museo di Santo Spirito. Esposti paesaggi isolani tratteggiati da uno dei maestri della pittura sici-liana dell’Ottocento.

Venerdì 13 febbraio presso l’Aula Crescente del Polo Universitario di Agrigento si terrà il con-vegno sul tema: ”A.A.A. lavoro cercasi: le sfide at-tuali innovazione e realtà produttiva”, promosso dalla Azione Cattolica Ita-liana.

La vita nuova del cristiano (1 Cor.III)Nell’economia delle lettere paoline dopo la presenta-

zione di quanto Dio opera a favore dell’umanità (salvez-za, redenzione, santificazione…) vi è la riflessione sulla vita morale intesa come fedele risposta al dono di Dio.

Paolo è convinto che la vita di fede trova la sua natu-rale applicazione nelle scelte quotidiane fatte di compor-tamenti, di parole… di stili di vita nuovi perché, ormai, nuova e rinnovata è la vita del cristiano grazie all’agire del Risorto. Anche nella prima lettera ai Corinti assistiamo ad una simile impostazione: dopo i primi quattro capi-toli, incentrati sul mistero della croce di Cristo e sul ruo-lo dell’apostolo come servo umile dell’Evento che salva, Paolo presenta alcune problematiche morali partendo da singoli casi: l’incesto, il ricorso a tribunali pagani e la pra-tica della prostituzione.

Paolo usa il caso particolare come pretesto per una ri-flessione di carattere generale che interessi ogni creden-te risolvendo, sempre in chiave cristologica, le singole problematiche che abbracciano gli aspetti fondamentali della vita morale: la vita familiare, i rapporti sociali e la concezione del corpo. Su quest’ultimo aspetto vorrei sof-fermarmi raccogliendo ciò che dice Paolo al cap. 6. Si ini-zia con una disamina del modo di pensare della gente co-rinta: ‘Tutto mi è lecito!’ Una libertà esasperata concepita in modo assolutistico per poter fare tutto ciò che si vuole. Paolo risponde offrendo subito una chiave fondamentale per una corretta impostazione morale: saper coniugare la libertà con la responsabilità (‘…ma non tutto mi giova’) e con la capacità di dominare le cose senza lasciarsi do-minare da esse. L’esame onesto del caso di quanti ricor-revano alla prostituzione gli consente, sul finire del capi-tolo, di affermare ciò che gli sta più a cuore: ‘Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio e che non appartenete a voi stes-si? Glorificate Dio nel vostro corpo’. Qui la radice di una teologia del corpo che va molto oltre la semplice preoc-cupazione del ‘cosa si può o non si può fare’ e che, invece, guarda al nuovo modo di essere. Il nostro corpo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, redento dal sangue di Cristo, è tempio dello Spirito, è abitato da Dio e, perciò, è gravido di mistero e trascende qualsivoglia dimensio-ne materiale. Se il cristiano riesce a concepirsi in questo modo porrà in essere gesti e parole in grado di tradurre una simile ricchezza.

L’invito di Paolo a glorificare Dio nel nostro corpo, risulta veramente rivoluzionario; non più e non solo la fede che lambisce l’anima ma che abbraccia la totalità dell’essere poiché il Figlio di Dio ha deciso di farsi ‘car-ne’ per rendere nuova la nostra carne mortale e ci ha riconciliati con il dono del corpo immolato sulla croce. Tornare a pensare ad una impostazione morale che con-sideri attentamente la nostra corporeità diventa quanto mai utile in un momento in cui questa sembra comple-tamente sganciata dalla ricchezza della Rivelazione con le inevitabili conseguenze che quotidianamente stanno sotto gli occhi di tutti.

L’anno dell’ascolto che stiamo vivendo come Chie-sa agrigentina dovrebbe aiutarci a rivedere l’annuncio morale all’interno delle nostre comunità: riusciamo ad annunciare la teologia del corpo? Siamo in grado di far arrivare ai giovani questa buona novella? Cosa fare per tornare a parlare non solo alle anime ma anche ai corpi?

Un anno con Paoloa cura di Baldo Reina

Social network� Facebook e Myspace

identità a perdereMyspace e Facebook sono oggi

i social network (reti sociali) che contano il maggior numero di iscritti nel mondo. Solo Facebook registra 150 milioni di utenti.

Per iscriversi occorre comple-tare il proprio profilo personale: e-mail, propri interessi, esperien-ze professionali ed alle relative referenze. Terminata la registra-zione, si è membro effettivo del social network. Diventa così pos-sibile poter rintracciare persone che conosciamo (qui gli iscritti non hanno un nickname), istau-

rare nuove amicizie, entrare a far parte di community te-matiche, dove poter stringere nuovi rapporti, anche di affa-ri.

Una recente indagine Eu-rispes rivela che, in Italia il 30,7% della popolazione uti-lizza questi nuovi mezzi di comu-nicazione, in particolare la fascia tra 18-34 anni, con una prevalen-za delle regioni centrali (39,3%). Visti così, i social network, risul-tano essere strumenti divertenti, da utilizzare per svago o per ri-

trovare vecchi amici; in realtà, se non si fa attenzione, possono risultare pericolosi. Come af-fermato dal Garante della pri-vacy Paissan, «i social network sono un giocattolo divertente; troppo spesso usati senza una completa conoscenza delle in-cognite che presentano e dei rischi che comportano». Ecco perché, dato il crescente nu-mero di persone che utilizza internet, e non solo per lavoro, sarebbe opportuno attuare una campagna di sensibilizzazione volta ad un uso più consape-vole dei nuovi media. Creare una “cultura digitale”, infatti, permetterebbe a tutti di auto-tutelarsi e di non incorrere in tranelli informatici quali, per esempio, i furti d’identità. Biso-gna essere consapevoli che, una volta inserita una foto, delle informazioni sensibili di qual-siasi natura, difficilmente sarà possibile cancellarle dalla rete. «Quando divulghiamo imma-gini od informazioni personali

- continua Paissan - non riflettia-mo sul fatto che nella vita si cam-bia; invece le informazioni che continuano a circolare e che, non ci corrispondono più, rimangono disponibili ed incancellabili. I dati continuano ad essere conservati nei server del social network ed una volta in rete restano reperi-bili per decenni».

Sul sito di Facebook, infatti, si legge in piccolo: “la scelta di pub-blicare contenuti è a tuo rischio. Nonostante tu abbia la possibilità di impostare delle opzioni sulla privacy per limitare l’accesso alle tue pagine, nessuna misura di si-curezza è perfetta e impenetrabi-le. L’utente comprende e accetta che, anche dopo la rimozione dei contenuti dal sito, questi potreb-bero rimanere visibili nella cache o nelle pagine archiviate o se altri utenti hanno salvato o copiato tali contenuti”.

Sta a noi, allora, proteggere i nostri dati personali al fine di evi-tarne un uso improprio da parte di chiunque. Un po’ come accade nella vita “reale”, bisogna andare molto cauti quando si parla del nostro privato perché, le nostre confidenze potrebbero essere fraintese od addirittura utilizzate contro di noi.

Anna Chiara Della Monica

Salvatore baiaMonte Edizioni Hobby & Work

La dieta perfettaI prossimi mesi sono quel-

li della dieta per la, ormai prossima, prova costume. Si incrementa il numero del-le iscrizioni nelle palestre, ma non basta. Ci vuole una dieta appropriata, che sia in sintonia con la “capacità di sacrificio” dei diversi soggetti.

Aiuterà leggere il libro “La die-ta per-fetta” di Salvato-re Baia-monte. U n a g u i d a sempli-

ce e divertente, scientifica-mente rigorosa, per imparare a nutrirsi in modo fisiologi-camente equilibrato. L’obiet-tivo del saggio è di insegnare ai lettori come costruire una dieta personalizzata su misu-ra. Il protagonista del libro, il “signor Francesco”, è una per-sona assolutamente normale, ma è anche il personaggio che diventerà vostro compagno e amico durante la lettura del volume. «L’innovazione che proponiamo – afferma il dot-tore Baiamonte - è che siate voi a creare il vostro piano alimentare giornaliero, com-ponendo e variando i piatti a vostro gusto”.

Franco Pullara

Manuale per l’utilizzointernet Giornata europea

In occasione della Gior-nata europea “Safer Internet 2009” che si è celebrata il 10 febbraio u.s., il Consiglio d’Europa lancia una nuova edizione del “Manuale per l’utilizzo di Internet” che, secondo la curatrice Janice

Richardson, “spiega a insegnanti, genitori e giovani come utilizzare il web nel migliore dei modi e pro-teggersi dalle sue insidie”, e “incoraggia gli utenti a contribuire a rendere la rete un ambiente più ami-chevole, ove sia garantito il pieno rispetto dei diritti umani”. Migliaia di giovani e bambini interagiscono in questo modo con gli amici, i compagni di scuola

e con persone con cui condividono interessi, e molti di loro pubblicano in rete dati e fotografie personali. “Tale condivisione di informazioni – spiega l’esper-ta - comporta altresì dei rischi che gli utenti devono saper evitare”. La nuova edizione comprende consi-gli sull’utilizzo dei siti di social networking (MySpa-ce, Facebook o Friendster), nonché del web 2.0; e contiene 25 schede con suggerimenti per la ricerca di informazioni, la partecipazione a chat e a blog, l’apprendimento e lo svolgimento di giochi online, nonché la tutela della privacy e della sicurezza, oltre a informazioni su come evitare episodi di bullismo o molestie, partecipare attivamente alla cyberdemo-crazia, fare acquisti online e segnalare attività illegali su Internet.Per informazioni www.saferinternet.org

Shakespeare e la sua bella comme-dia non c’entrano nulla. Quello che

vogliamo sottolineare è cosa, tirando le somme, rimarrà di questa sagra, edi-zione sessantaquattro, targata Carmelo Cantone.

Premettiamo che se, in questo arti-colo, verranno sollevate delle critiche o dei complimenti, non sarà per piagge-ria o per invidia (come alcuna stampa ha definito i commenti negativi o po-sitivi che sono stati rivolti alla manife-stazione), quello che vogliamo fare è analizzare, innanzitutto cosa, di questa edizione della festa del Mandorlo resti, alla città, in termini economici e di im-magine.

Sicuramente nulla o quasi agli al-berghi ed alle strutture ricettive della città, o meglio, solo per alcuni di loro le cose sono andate meglio, a quelli cioè che hanno ospitato i gruppi, ai

quali la Regione, cioè noi contribuen-ti, ha pagato per i soggiorni. Gli altri invece, che attendevano il semplice turista, hanno dovuto fare i conti con il turismo che contraddistingue la nostra città: il mordi e fuggi. Molta affluenza di gente ma pochissima è rimasta a pernottare; massicci gli spostamenti in giornata con autobus o caravan.

L’organizzazione, come accade or-mai da anni, è stata tutta concentrata nelle due settimane che precedono la kermesse, ci chiediamo: se per orga-nizzare il suo matrimonio, solitamente, la ragazza media agrigentina impiega dai sei mesi ad un anno, e le persone coinvolte saranno massimo trecen-to (se proprio vogliamo esagerare), quanto tempo ci vorrebbe per orga-nizzare una sagra dal respiro nazionale ed internazionale? I gruppi coinvolti non erano quelli delle scorse edizio-ni, meno rumorosi, meno numerosi, meno coinvolgenti, ma comunque, da professionisti del folklore, hanno dato spettacolo. Il coinvolgimento mediati-co è stato martellante, ogni emittente locale, ogni sito internet, ogni giornale, ha avuto il suo bel da fare per dare ri-

salto alla festa… ma solo a livello locale, certo c’è stato il collegamento (registra-to ante tempo) con Quelli che il calcio, trasmissione di Rai Due; il sindaco ed il direttore artistico sono stati ospiti del-la trasmissione siciliana “Insieme” ed in alcuni aeroporti si è pubblicizzato l’evento e poi?

In Italia, tutti conoscono il carnevale di Cento, di Ferrara, di Viareggio, perfi-no i mamuthones sono più conosciuti della Sagra e questo perché? Risponde-te voi stessi…

Ma un punto per farci salire alla ri-balta nazionale forse c’è, le riviste di gossip, con molta probabilità, ripro-porranno la visita lampo di Stefano Ricucci alla Salvalaggio, conduttrice con Sasà Salvaggio degli spettacoli del-la Sagra. Dove non poterono anni di manifestazione potè un “furbetto del quartierino”?

Veniamo all’evento più pubblicizzato negli ultimi giorni “Agrigento città della concordia - Akragas, Agrigentum, Gir-genti… tra cielo e terra”, promosso dalla “Meridiana eventi” e realizzato con il contributo della Regione Sicilia. Chi ha assistito, almeno una volta nella sua

vita, al festino di Santa Rosalia, spetta-colo superlativo che ogni anno la città di Palermo offre alla sua patrona, avrà potuto constatare che, lo spettacolo agrigentino, era un decimo di quanto si realizza a luglio nel capoluogo siciliano, se poi la cifra stanziata fosse realmente quella che circola per la città, bè… c’è qualcosa che non torna.

Lo spettacolo offerto è stato sicura-mente qualcosa di diverso che, almeno per una sera, ha fatto dimenticare le classifiche sulla qualità della vita, il no-stro provincialismo ed il nostro essere rassegnati. Per una sera ci siamo sentiti

importanti e capaci di cose grandi… per una sera!

Vittoria quest’anno conquistata dal gruppo della Bulgaria, spettacolo fina-le che ritorna dinanzi al tempio della Concordia e la via sacra si è ripopola-ta, tante persone, anche con la pioggia ed il freddo, hanno voluto assistere alla conclusione della kermesse folklorica.

Cala il sipario su questa edizione, forse, come ogni anno si dice, si sta programmando quella del 2010 o forse lo si farà a fine gennaio 2010, come da tradizione.

Marilisa Della Monica

Foto Tornatore

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� L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009Provincia

Brevi provincia

La guerra dell’acqua potabileAto idrico - GirGenti Acque La protesta dei comuni della Provincia

porto empedocle presentata la statua a montalbano

Dopo mesi di preparazione, di concorsi, di polemi-che, di schieramenti pro e contro, la statua del commis-sario Salvo Montalbano potrebbe essere a breve realtà. Il sindaco, Lillo Firetto, insieme allo scultore Giuseppe Agnello, ha presentato il bozzetto della statua dedica-ta al personaggio camilleriano approvato dalla giuria popolare e da quella tecnica. Sarà una statua dinamica, come quella di Sciascia realizzata da Agnello a Racal-muto, alta circa un metro e ottanta, che vedrà Salvo Montalbano appoggiato ad un lampione di via Roma.

canicattÍ encomio per due dipendenti

Il sindaco, Vincenzo Corbo, ha deciso di conferire un encomio a Diego Accardo, responsabile del cimitero comunale, ed a Rosario Insalaco, responsabile dell’uffi-cio manutenzione, per il loro servizio svolto con profes-sionalità.

favara concorso alla scoperta dell’universo femminile

L’assessorato alle Pari opportunità del Comune di Fa-vara, diretto da Rosa Failla, ha indetto il concorso foto-grafico “Scrivo..io.. donna”, che avrà il via proprio l’otto marzo. Una commissione ad hoc sceglierà 12 vincitrici tra coloro che avranno inviato delle fotografie che rap-presentino per immagini il variegato universo femmi-nile. Potranno parteciparvi tutti gli alunni delle scuole medie superiori, le associazioni e i singoli cittadini, compilando la scheda di partecipazione, e inviando en-tro il 21 febbraio una o più fotografie che interpretino il tema del concorso. Le foto dovranno essere consegnate stampate, non su formato digitale.

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Mi è pervenuta un’ingiunzione da parte dell’Agenzia del-le Entrate di Torino, Sportello Abbonamenti alla Televisione, relativa al pagamento del canone RAI di sette anni fa. Sono assolutamente sicuro di averlo pagato, ma, dopo cinque anni, ho cestinato la ricevuta. Posso scrivere dicendo che il credito è prescritto? (C.L., Agrigento).

Purtroppo il canone RAI si prescrive in dieci anni, e non in cin-que come molti erroneamente pensano. L’equivoco nasce dall’art. 2948 del Codice civile. Secondo questa norma, si prescrive in cin-que anni “tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”. Quindi, visto che il canone RAI va corrisposto annualmente, molti consumatori ritengono che ad esso si applichi il termine di prescrizione quinquennale. Purtroppo, se questo vale per le bollette, non si può dire altrettanto per i pagamenti dovuti alla televisione di Stato: diverse sentenze della Corte costituzionale hanno statuito che esso è un tributo e i tributi vanno in prescrizione

dopo 10 anni, se non vi sono norme che dispongono diversamente. E per il canone RAI, nessuna norma dispone “diversamente”.

La competenza esclusiva in merito al canone televisivo spetta all’ Agenzia delle Entrate di Torino, Sportello abbonamenti alla televi-sione (SAT). Pertanto, il contribuente che volesse ricorrere, dovreb-be rivolgersi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino. Ciò ai sensi dell’art. 25 del codice di procedura civile, secondo cui, in caso di controversie fra i cittadini e la pubblica amministrazione, è competente il foro ove a sede quest’ultima. L’Agenzia delle entra-te di Torino è una pubblica amministrazione, ed ha sede a Torino. In definitiva, è prudente conservare la ricevuta di pagamento per almeno dieci anni (anche un paio d’anni in più oltre il termine); se dovesse pervenire un’ingiunzione di pagamento, ci si potrà gioca-re la carta di una richiesta di sgravio fatta direttamente all’Agenzia delle Entrate, con raccomandata, inviando copia della ricevuta.

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

Foto Tornatore

Foto Tornatore

Quella dell’acqua potabile, del servizio di distribuzione e

della gestione degli impianti, in tutta la provincia, da parte di Gir-genti Acque, rischia di trasformar-si in una guerra di carte bollate, di

aule di tribunali, di violente pole-miche tra l’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque ed una buona metà degli amministratori dei co-muni della provincia.

Fare la cronistoria degli avve-nimenti che hanno portato alla nascita di Sicilia Acque, al varo dell’ARRA ed alla gara di appalto dalla quale è uscita vincitrice Gir-genti Acque è come scrivere un romanzo, i cui risvolti pare vada-

no soltanto a danno degli utenti ,costretti a pagare cifre di canoni e di consumi che sembrerebbero triplicati, stando a quanto denun-ciato da tanti sindaci agrigentini (23-25) durante appositi consigli comunali straordinari ed aperti ai cittadini.

Ci occuperemo dei fatti di cro-naca che, verificatisi in diversi co-muni, hanno dato vita a proteste di sindaci, a raccolte di firme e alla nascita di comitati spontanei con-tro la privatizzazione del servizio idrico.

Si comincia con il commissaria-mento, da parte dell’ARRA, di quei comuni i cui sindaci non hanno voluto consegnare reti ed impian-ti. I primi due centri sono Ribera e Favara dove arrivano i primi commissari straordinari. Ribera consegna, ma contesta il commis-sariamento e si rivolge ad un lega-le. A Burgio e a Villafranca Sicu-la, i sindaci, forti della presenza di altri dieci sindaci agrigentini, non consegnano le reti.

Per tale ragione, l’Agenzia Re-gionale delle Acque e dei Rifiuti segnala il fatto alle Procure della Repubblica di Sciacca e di Agri-gento “per eventuali profili di ordi-ne penale, in quanto i commissari non hanno potuto espletare i loro compiti perché impossibilitati ad entrare all’interno dei palazzi co-munali, in ragione di una manife-stazione contraria alla privatizza-zione del servizio idrico integrato”.

Sempre a Burgio il 4 dicembre 2008 ben 23 sindaci hanno par-tecipato ad una seduta consiliare aperta e hanno deliberato di dare seguito ad una battaglia giudizia-ria, proponendo ricorso in appel-lo al CGA, per il quale viene dato mandato al sindaco di Palma di Montechiaro di conferire incari-co al prof. Mario Libertini.

Un altro civico consesso in

seduta straordinaria si svolge a Bivona il 4 febbraio scorso dove 25 sindaci ascoltano le comunica-zioni del vicesindaco di Cologno Monzese, Giovanni Cocciro, circa la battaglia di 140 comuni lom-bardi che hanno ottenuto l’appro-vazione della legge regionale che impedisce in Lombardia la priva-tizzazione del servizio idrico.

Precedentemente, il 31 gennaio, un’altra assemblea di 20 sindaci della provincia, a Realmonte, ha deciso di convocare unitariamen-te, nella stessa data e nello stesso orario, delle sedute di consiglio, straordinarie ed aperte, per il 20 febbraio prossimo, con all’ordine del giorno: il rifiuto di consegna-re le reti idriche, la richiesta di un referendum popolare in campo provinciale, la raccolta di firme tra i cittadini dei comuni agrigentini, un mese di mobilitazione generale per una manifestazione regionale che coinvolga tutti i comuni della Sicilia, la presentazione di un dise-gno di legge di iniziativa popolare e la convocazione dell’assemblea dei sindaci per chiedere la rescis-sione del contratto con la società privata che gestisce il servizio, per inefficienza e carenza organizza-tiva specie nelle grosse città come Agrigento, Sciacca, Canicattì e Licata dove i disservizi – a det-ta degli amministratori pubblici – sono all’ordine del giorno.

A Lucca Sicula un comitato cit-tadino “Lucca Vera”, promuovendo una raccolta di firme e un referen-dum, contesta il sindaco per avere consegnato anzitempo gli impianti idrici ed offre la propria disponibi-lità a partecipare a tutte le mani-festazioni di protesta che i sindaci ribelli intendano organizzare. Il sindaco di Ribera Scaturro, preci-sa che, pur avendo consegnato gli impianti, ha dato mandato ad un legale di impugnare presso il Tar il

provvedimento di no-mina commissariale da parte dell’ARRA.

A Bivona, dome-nica 15 febbraio, dalle 8,00 alle 22,00 i citta-dini si recheranno alle urne, presso la scuola elementare, di via An-tinoro per pronunciar-si, con un referendum cittadino, sul tema della gestione pubblica o privata dell’acqua po-tabile.

A Sciacca, l’associazione “L’altra Sciacca”, ha consegnato, ai sindaci che protestano, un dossier di oltre 500 pagine con l’elenco di tutti i disservizi idrici che si registrano nella cittadina.

A Menfi e a Sambuca di Sicilia i sindaci, per evitare che la popo-lazione rimanesse a secco, in man-canza di personale della società privata che gestisce il servizio, hanno provveduto in proprio ad erogare l’acqua potabile alle abita-zioni.

A Burgio gli amministrato-ri comunali hanno allo studio la proposta di fare effettuare un refe-rendum popolare o una petizione popolare con raccolta di firme da inviare al presidente della Regione Siciliana Lombardo.

A Montallegro, in una seduta consiliare aperta, amministratori comunali e cittadini si sono oc-cupati delle bollette salate dell’Ato Rifiuti e dell’Ato Idrico. In molti comuni agrigentini viene aspra-mente contestata, da parte di Gir-genti Acque, l’emissione delle bol-lette per il canone degli impianti di depurazione, specie in quei centri dove non esistono gli impianti di depurazione delle acque reflue, contravvenendo ad una recente sentenza della Corte Costituzio-nale.

Enzo Minio

Quello che, dell’intera vicenda acqua, sorprende e lascia senza parole, è il continuo alternarsi di: mancanza di concretezza perchè si sistemi, una volta per tutte la catastrofica situazione e chi, preso non si compren-de bene da quali motivazioni, cerca di rendere ancora più complicata l’intera vicenda. I sindaci ribelli quando si pro-cedeva copn la gara d’appalto a Girgenti Acque dov’erano? Ma soprattutto cosa avevano fatto negli anni precedenti? In fin dei conti tutta questa vicenda denota una mancanza di inte-resse finchè non si ci è trovati con le spalle a muro. Di tutta questa storia a pagarne le con-seguenze sono gli utenti, solo e soltanto loro. I convegni, gli studi, le analisi, dovevano esse-re fatte quando si era paventata all’orizzonte la possibilità e vo-lontà di rendere privata la ge-stione dell’acqua non adesso a cose fatte. Speriamo tutto fini-sca nel miglior modo possibile: per i cittadini.

nuova giunta SapiaDopo l’azzerramento, proclamato nei giorni

scorsi dal sindaco di Casteltermini, Nuccio Sa-pia ha nominato la nuova squadra amministra-tiva. Due sono i nuovi arrivi: si tratta dell’archi-tetto Emanuele Maratta (UDC) e di Vincenzo Capozza (Mpa). I due assessori subentrano agli uscenti Carmelo Amoroso ed Enzo Proven-zano. Confermati invece Carmelo Salamone (PDL), Gero Acquisto (UDC) e Vincenzo Insa-laco (Mpa). Ancora top secret le deleghe, che però potrebbero essere rese note entro pochis-simi giorni.

«Dopo lunghe consultazioni con i capogrup-pi di maggioranza, dice Sapia, abbiamo ritenuto opportuno di schierare questo nuovo team am-ministrativo. Dopo una politica di risanamento, che ci ha messo in pari con diversi debiti fuori

bilancio, accumu-lati dalle preceden-ti ammi-nistrazio-ni, adesso desideria-mo procedere con un programma di rilancio economico. Le carte ci sono tutte e il nostro co-mune avrà le potenzialità per rimettersi in linea con le ambizioni degli anni d’oro. Il quarantenne Maratta e il trentenne Capozza sono due volti nuovi nell’ambito dell’amministrazione comu-nale, arrivano da esperienze politiche differenti, ma hanno un denominatore comune. “l’amore per il nostro territorio”, hanno dichiarato i due.

cASteLtermini

nomina annullataSciAccA

Il Tar del Lazio ha annullato la nomi-na del Procuratore della Repubblica di Sciacca, Vincenzo Pantaleo, il quale ha già annunciato che ricorrerà al Consiglio di Stato. Ricorso che sarà inoltrato anche dal Consiglio Superiore della Magistratura. La questione, che non attiene solo alla sua no-mina ma alla deliberazione più generale del Csm nella quale vi è la nomina di altri Pro-curatori Capo e dirigenti, scorre sul binario

del tecnicismo. La linea di demarcazione è la legge 30 luglio 2007 n.111 in materia di modifiche alle norme sull’ordinamento giudi-ziario e il bando dei concorsi avvenuto alla fine del 2006. “Il nuo-vo ordinamento giudiziario – dichiara il Procuratore di Sciacca, Vincenzo Pantaleo - prevede la disciplina per il passaggio dalle funzioni giudicanti e quelle requirenti e viceversa. In particolare per quanto riguarda il passaggio dalle funzioni giudicanti penali a quelle requirenti. Nella fattispecie, il nuovo ordinamento giudi-ziario, promulgato con legge del 30 luglio 2007, prevede che tale passaggio non sia possibile all’interno dello stesso distretto, e se nella regione vi sono più distretti, all’interno della stessa regione. Occorreva, quindi, cambiare circondario e provincia, cosa che io ho fatto. Sulla base di questo principio, il Csm mi ha nominato Procuratore a Sciacca, ha trasferito tanti altri colleghi, ha effet-tuato nomine di dirigenti”.

Per quanto riguarda la Procura di Sciacca, il Procuratore ha precisato: “Io continuo a fare il procuratore della Repubblica a Sciacca. Naturalmente impugnerò la sentenza del Tar innanzi al Consiglio di Stato e attenderò con serenità la decisione”.

Filippo Cardinale

morte nelle foibecAmmArAtA Ricordato Emanuele Bongiovanni

Le tragiche vicende avvenute in Istria e Dalmazia nel secondo dopoguerra, hanno trovato, recente-mente, un collegamento particolare con Cammara-ta: in quell’eccidio perse la vita un giovane camma-ratese, Emanuele Bongiovanni.

Emanuele nacque a Cammarata il 2 gennaio

1926, terzogenito di sei figli. Tutta la famiglia si trasferì a Varese nel 1928, per trovare lavoro e da lì non ritornarono più a Cammarata. «A quell’ epoca ero molto piccolo - ricorda il fratello Vito - e mia madre mi racconta-

va che mio fratello era stato fatto prigio-niero da Tito quando fu occupata Trie-ste. L’ultima volta che ebbe sue notizie fu nell’aprile del ‘45 con una lettera in cui diceva che sarebbe venuto a casa in licenza molto presto. Ma poiché in quei giorni sarebbero andati in licenza molti militari, il comandante pregò mio fratel-lo di restare ancora qualche giorno. Da allora non si seppe più nulla e nel 1947 egli fu dichiarato disperso.

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Società �L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009

Irregolari non significa delinquenti

Senato� Approvato il decreto legge sulla sicurezza, le reazioni

Il Senato ha approvato il 5 febbraio il disegno di legge

sulla sicurezza. Il testo, che ora dovrà passare all’esame della Camera, prevede, tra l’altro, la possibilità per i medici di denunciare gli immigrati irre-golari, la tassa per il permesso di soggiorno da fissare in una cifra dagli 80 ai 200 euro, la schedatura dei clochard, la legalizzazione delle cosiddette “ronde padane”. La Lega esul-ta, l’opposizione critica e parla di ‘’norme vergogna’’ e ‘’anti-umanitarie”. Contrari anche i medici e le associazioni, che propongono l’obiezione di co-scienza contro il provvedimen-to su sanità e immigrati irre-golari. Ecco alcuni commenti.

Fatto “fortemente negati-vo”. È “un fatto fortemente ne-gativo” l’approvazione di una normativa che dà la possibilità ai medici di denunciare all’au-torità giudiziarie gli immigrati irregolari. Così Oliviero Forti, responsabile della Caritas ita-liana per l’immigrazione, com-menta al SIR il “si” del Senato al ddl sicurezza. «Un provve-dimento che in qualche modo - spiega Forti - disattende un principio fondamentale che è quello alla salute, riconosciu-to al di là dello status del sin-golo cittadino ma soprattutto

rischia di essere, come già detto anche da altre associa-zioni cattoliche, un boome-rang per la stessa popolazio-ne: gli immigrati, davanti ad una norma di questa natura, saranno portati a non rivol-gersi alle strutture sanitarie e quindi rischiano di diven-tare dei potenziali diffusori di malattie. Chiediamo che si ritorni su questo argomento perché, oltre al male che si fa all’immigrato stesso, diventa anche un problema di salute pubblica».

Il responsabile Caritas si dice contrario anche all’au-mento della tassa per il per-messo di soggiorno, “che non fa bene né all’immigrato né all’economia generale, che ha bisogno di ben altri contribu-ti”. Positiva è invece la manca-ta approvazione della norma che prevedeva che il questore dovesse rilasciare il permesso di soggiorno per lungo-sog-giornanti ai familiari ricon-giunti con lo straniero titolare di permesso solo dopo cinque anni di regolare soggiorno.

«In varie occasioni abbiamo sottolineato come sia preoccu-pazione della Chiesa la tutela della famiglia e in particolar modo il diritto al ricongiungi-mento familiare che è interna-

zionalmente riconosciuto. Ve-diamo negativamente qualsiasi norma che vada a limitare in qualche modo o ad ostacolare questo diritto». Forti è anche contrario alla schedatura dei clochard: «Ogni forma di re-gistrazione - spiega - ha insiti dei pericoli. Non conoscendo ancora le modalità di regi-strazione è difficile dare un giudizio. In linea di massima - aggiunge - di fronte al clima che si sta creando nel nostro Paese e relativamente alle fa-sce più deboli della popolazio-ne, noi chiediamo che queste siano operazioni valutate e approntate, se necessario, con chi lavora con queste persone quotidianamente».

“Gravissimo passo indie-tro”. «Un gravissimo passo indietro sul piano dell’integra-zione e della stessa sicurezza»: questo il giudizio delle Acli. «Non si favorisce la sicurezza e la legalità - afferma il presi-dente delle Acli Andrea Olive-ro - producendo leggi ingiuste

e inapplicabili. Non si possono introdurre nell’ordinamen-to giuridico principi contrari a quelli dichiarati e pratica-ti nella vita professionale di medici e operatori sanitari». Le Acli auspicano l’obiezione di coscienza di tutti gli ope-ratori sanitari, “per il rispetto che si deve a ogni vita umana”. Ma temono che la legge possa provocare “un’emarginazione sanitaria degli stranieri irre-golari in Italia, con un grave rischio per la loro salute ma anche per la sicurezza degli italiani in termini di diffusione delle malattie”. Le Acli conte-stano, inoltre, l’emendamento che impone una tassa ulterio-re per il rilascio del permes-so di soggiorno e quello che stabilisce la “schedatura” dei clochard. «L’incapacità di ge-stire la questione sicurezza - commenta Olivero - sembra riversarsi con rabbia contro i più poveri».

Sir

diario multimedi@le«Nessuno tocchi Eluana Parola di Enzo Jannacci artista, medico, ateo»

Caro diario.ti scrivo mentre, sul caso Eluana, infuria sempre di più

la battaglia “all’ultimo respiro” fra la ragionevolezza di una “humanitas” sempre più perseguitata e l’accanimento di becchini e sciacalli in eccitata attesa di esultare, con l’anti-co sadismo di chi sedeva dinanzi agli inermi dati in pasto alle belve, all’ennesimo assassinio spacciato per traguardo di civiltà. Non so come andrà a finire e temo il peggio, poiché è al peggio, e non al meglio, che non c’è mai fine: ma, al di là della cronaca, vale la pena riportare la testi-monianza di Enzo Jannacci, prestigioso cantautore e chi-rurgo. Ateo. Ecco ciò che ha dichiarato al “Corriere della Sera”, frantumando il fronte “allineato e compatto” dei ta-lebani laicisti. “Ci vorrebbe una carezza del Nazareno”. Di fronte a Eluana e a chi è nelle sue condizioni — “persone vive solo in apparenza, ma vive” — Enzo Jannacci, “ateo laico molto imprudente”, invoca Gesù ed aggiunge: “Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l’alimentazio-ne a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale”. Ok, 17 anni in stato vegetativo “sono tanti, lo so, ma valgono per noi, e non sappiamo nulla di come sono vissuti da una persona in coma vigile. Nessuno può entra-re nel loro sonno misterioso e dirci cosa sia davvero, per-ciò non è giusto misurarlo con il tempo dei nostri orologi. Ecco perché vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straor-dinari e inattesi”. Ma una volta che il cervello non reagisce più, l’attesa non rischia di essere inutile? “Piano, piano... inutile? Cervello morto?

Si usano queste espressioni troppo alla leggera. Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ci-glia a farmelo sentire vivo. Non sopporterei l’idea di non potergli più stare accanto”. Ed anche “da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non sol-tanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sem-pre e comunque. Decidere di interromperla in un ospe-dale non è come fare una tracheotomia...”. Dinanzi ad un paziente che non ritiene più dignitosa la sua esistenza “cercherei di convincerlo che la dignità non dipende dal proprio stato di salute ma sta nel coraggio con cui si af-fronta il destino.

E poi direi alla sua famiglia e ai suoi amici che chi per-cepisce solitudine intorno a sé si arrende prima. Parlo per esperienza: conosco decide di ragazzi meravigliosi che riescono a vivere, ad amare e a farsi amare anche se devo-no invecchiare su un letto o una carrozzina… Alla fine de-gli anni Sessanta andai a specializzarmi in cardiochirurgia negli Stati Uniti. In reparto mi rimproveravano: ‘Lei si in-namora dei pazienti, li va a trovare troppo di frequente e si interessa di cose che non c’entrano con la terapia: i dot-tori sono tecnici, per tutto il resto ci sono gli psicologi e i preti’. Decisero di mandarmi a lavorare in rianimazione, ‘così può attaccarsi a loro finché vuole’... ecco, stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può in-segnare parecchie cose a un dottore. C’è anche dell’altro, però”, conclude amaramente. Cosa? “In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Na-zareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza”. Giù il cappello, caro diario, per la ma-gnifica lezione di coraggio, di saggezza, di etica, di onestà, di civiltà, di democrazia, che ha donato a noi tutti questo “ateo laico molto imprudente” dal sorprendente cuore cristiano.

Nuccio Mula

(La rubrica Diario Multimediale è pervenuta pri-ma della morte di Eluana Englaro).

gran bretagna Grande Fratello versione baby

esperimento pedagogico?Mentre in Italia va in onda la nona edizione

del Grande Fratello con la solita sovraesposi-zione di carne ed eccesso di volgarità, il tutto condito da linguaggio scurrile e da gesti vio-lenti – ultimo il lancio di un bicchiere da par-te di una concorrente contro un altro ospite della casa - in Inghilterra l’ultima frontiera del genere reality vede come protagonisti i bambini. E non importa che il programma abbia suscitato polemiche, e le associazioni per la tutela dei minori siano insorte; niente e nessuno, almeno per il momento, ha ferma-to la messa in onda di quello che dovrebbe essere, a detta degli autori, una sorta di mo-derno esperimento pedagogico. Il program-ma “Boys And Girls Alone” va in onda su Channel 4 e spia, 24 ore su 24, la vita di venti bambini di età compresa tra gli otto e gli un-dici anni, lasciati in balia di se stessi e senza

alcuna forma di aiuto materiale e psicologico esterno. L’emittente televisiva che trasmette le quattro puntate, difende quest’ultima forma degenerativa di reality affermando che: «ha molti momenti elevati e servirà per capire se stiamo tirando su una generazione di ragaz-zini cresciuti nella bambagia». Le perplessità sulle finalità del programma restano; soprat-tutto su quali motivazioni abbiano potuto spingere dei genitori a far vivere un’esperien-za così forte ai propri figli.

Non dimentichiamoci che i protagonisti sono pur sempre dei minori e come tali an-drebbero tutelati e protetti dal vivere deter-minate situazioni. La fragilità emotiva dei bambini di questo “pseudo-esperimento” e le situazioni inusuali e destabilizzanti in cui si sono trovati, li hanno portati, dopo solo due giorni di convivenza forzata, ad una intensa

lite poi degenerata in un vero e proprio atto di bullismo estremo: un piccolo ospite della casa ha minacciato con un coltello un altro compagno. In un Paese che si professa civile, quale appunto la Gran Bretagna, un episodio del genere oltre ad essere apertamente con-dannato, avrebbe dovuto portare alla sospen-sione immediata del reality.

Ciò non è stato e non può che risultare intollerabile soprattutto perché è come se si consentisse alla violenza di diventare un ele-mento di normalità nel quotidiano.

Da un Paese civile quale il nostro, ci si aspetta che non acquisti mai un simile for-mat perché, sono altri i modelli di comporta-mento che dobbiamo dare ai nostri figli; sono altri e ben più alti i valori che dobbiamo loro trasmettere.

ACDM

continua dalla primaL’Arcivescovo ha proseguito la sua visita incon-

trando gli Operatori pastorali, i giovani delle scuo-le e le associazioni che si prendono cura dei porta-tori di handicap. Nel corso di tali incontri Mons. Montenegro ha dato notizia che Caritas Italiana, accogliendo il suo invito, ha stabilito di tenere a Lampedusa la Presidenza Nazionale del prossimo marzo: riunire il Coordinamento Nazionale Im-migrazione nell’isola delle Pelagie sarà il modo di Caritas Italiana per esprimere solidarietà ai Lam-pedusani e per cercare, direttamente sul posto, nuove vie di intervento.

Nel corso della Celebrazione Eucaristica, l’ome-lia dell’Arcivescovo è stata ricca di parole di spe-ranza: «A voi possono essere riferite le parole di Paolo: vi siete fatti “deboli per i deboli” e “tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno”. Voi, che avete sempre offerto il vostro aiuto a gente che ave-va bisogno di voi per sentirsi “salvato” e, cioè, ac-colto, sfamato, curato, non rifiutato. Voi, che non vi siete lasciati travolgere dalla paura istintiva che serpeggia in chi è circondato dal mare e che vede come nemico chi viene dal mare. Voi, che avete “incarnato” il Vangelo sapendo costruire speranza mettendovi accanto ai quei corpi bruciati dal sole, dalla salsedine e dalla fatica, uomini scavati dal

dolore dell’abbandono e dall’annientamento della loro identità … Grazie alla vostra testimonianza di fede che si fa accoglienza, amore donato, rispet-to fatto gesto, possiamo provare la gioia e sentire il conforto di una Chiesa che si fa vita nella vita di tutti, anche dei non cristiani, “uomini comunque” aldilà della razza, della cultura o della religione. […] Quest’isola è “luogo di speranza”. Penso que-sta nostra terra come il luogo in cui si sperimenta umanità, si alimenta fiducia, si progetta cambia-mento, si punta al positivo, si promuove rinno-vamento. Questa terra dà, con tutto il suo peso, l’opportunità di pensare al futuro in modo diverso. […] La presenza dello “straniero” nella nostra vita non è, né può essere, considerato un male da estir-pare, ma una realtà con la quale confrontarsi per costruire una comunità dello scambio, del dialogo, della collaborazione. Lo straniero, qui, grazie a voi, può perdere il connotato di “esubero” e ridiventare “persona”. Nello straniero può prendere spazio il “luogo” della nostra speranza. Lui può diventare misura del nostro avvenire e della nostra capaci-tà, come cristiani, di “cercare” Gesù nel volto del-l’uomo che ci è accanto. “Ero forestiero e mi avete accolto”».

Valerio Landri

Giorno 21 Gennaio 2009 è nato

FILIPPOal papà Giovanni Ran-dazzo e alla mamma

Elide Licata gli auguri della redazione.

nascita

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� L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009Vita Ecclesiale

La veste: seconda pelleFino agli

anni Set-tanta, gli Agrigentini p o t e v a n o godersi lo spettacolo: ogni gior-no, dalle ore 13.30 alle 15, i d u e c e n t o Seminari-sti, a gruppi di 15 – 20, uscendo dal Seminario, per-correvano Via Duomo e poi giù, per le vie Bibbirria e Gioeni, arrivavano a San Calogero e si immettevano nel Viale della Vittoria. A questo punto si interrom-peva il rigoroso silenzio e si poteva procedere non più in fila per due ma anche per quattro. Era per-messo conversare, ma non alzare la voce, tantomeno schiamazzare, e mai staccarsi dal gruppo.

A fare coro, invece, spesso erano i fanciulli della strada, che, interrompendo i loro giochi, indirizza-vano al gruppo in transito, specie se composto dai più piccoli, strani versi di malaugurio, o sarcastiche richieste: “Cro, cro, cro, nisceru i corvi, ora chiovi”; “Parrì, m’a duna ‘na santa?”,”Parrinotti ciciri cotti, vannu a dormiri a mizzannotti”. E dire che la veste (tunica o talare, uniforme o divisa, comunque la si nominasse), anche se di stoffa nera, era adorna di una vertiginosa fila di bottoni e cordoncino rossi, che la rendevano di gradevole aspetto, per non dire del cappello, particolarmente vistoso, con due penduli fiocchi rossi che sembravano sorridere alla vita. Si era talmente abituati a vedere anche i piccoli di 10 anni vestiti da Vescovi, che nessuno si chiedeva se valesse la pena “legarli” ad una prospettiva tanto im-probabile e forse neppure augurabile per i più.

Vero è che, allora, per secolare tradizione, in tutti gli Istituti Religiosi, anche i piccoli delle prime classi vestivano l’”abito” caratteristico dell’”ordine”, espri-mendo così l’impegno di voler maturare sempre più nell’ideale di staccarsi dai beni mondani per dedicar-si totalmente al servizio del Regno di Dio.

Non vogliamo, qui, dare un giudizio, circa il signi-ficato educativo di questa tradizione che, nel bene e nel male, tanta influenza aveva nel condizionare la libertà di scelta di non pochi ragazzi che, se non fos-se stato per l’abito religioso, indossato fin da piccoli, avrebbero deciso ben altrimenti che farsi prete.

Ma andiamo ai fatti, al significato “sacro ed invio-labile” che veniva conferito all’abito religioso e all’im-pegno assunto da chi lo indossava.

Ogni anno, ai primi di Febbraio, cinque mesi ap-pena dopo l’entrata in Seminario, i 20 – 30 alunni del Primo anno, seguiti da gran folla di parenti, amici, conoscenti e curiosi, nonché da tutti i Seminaristi, superiori, Presbiteri e Canonici, si recavano in Cat-tedrale, ove il Vescovo, dopo aver benedetta solenne-mente una per una la veste nera (filettata e bottonata di rosso) e la “cotta” bianca, ammoniva, chi aveva scelto di indossarla, di amarla, onorarla e portarla sempre, come segno di consacrazione a Dio, fino alla tomba. Questa la tradizione. Ma perché prendere talmente alla lettera le parole del Vescovo da esige-re - da quel giorno – di indossare “la sacra veste” al mattino, prima di scendere dal letto, mai toglierla durante la giornata (qualunque attività si svolgesse), e ovunque ci si trovasse: in famiglia, in campagna, a mare e in montagna? La si poteva togliere la sera, per il sonno della notte, ma solo stando già sotto la coperta.

Durante i pochi giorni di vacanza (luglio), che si trascorrevano in famiglia, si esigeva dai Parroci che questo sacro rapporto con la veste venisse osserva-to e le trasgressioni, anche dei più piccoli, segnalati al Rettore. Guai ad andare in bicicletta per le vie del paese o entrare in un bar. Meno che meno, andare a teatro, fosse anche a Siracusa per le tragedie greche.

Ricordo che Mons. Peruzzo redarguì due Profes-sori del Seminario, per averlo fatto senza il suo per-messo. Facile, oggi, dopo il Concilio e la riscoperta della sacralità del corpo umano (certo più del vestito che lo ricopre), bollare di ottusità mentale e di fon-damentalismo religioso, quell’identificazione di una veste - per quanto benedetta - con la persona di chi l’indossava. Ma, non lo si gridi troppo forte: pare che stiano tornando in giro certe tuniche e sai in-gombranti e cafoneschi. Sappiamo bene, purtroppo, che la fede può affievolirsi e anche spegnersi, ma la superstizione rimane, anzi, cresce, nutrendosi della forza magica che si ritiene sia presente nelle cose.

E non si può negare che quella falsa interpretazio-ne della sacralità dell’abito religioso sia stata causa di tanta sofferenza ed infelicità, sin dai primi anni, per molti Seminaristi.

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano Pirrera

Mercoledì 4 febbraio, Mons. Salvatore Muratore, da pochi giorni eletto 14°

Vescovo di Nicosia, si è recato per la prima volta a visitare quella che, dal prossimo 28 marzo, sarà la sua sede vescovile. Si è trattato di una visita informale, finalizzata a predi-sporre tutto il necessario per il suo prossimo trasferimento.

Prima tappa della visita nicosiana è stato il Seminario, dove ha incontrato l’Amministra-tore diocesano, don Santo Antonino Proto, e il Rettore del Seminario, don Nicola Ilardo, con i tre seminaristi che ha salutato come “Speranza della Chiesa di Nicosia”. Subito dopo si è recato in Curia, dove ha incontra-to i direttori degli uffici ed il personale laico. Dopo aver scambiato poche battute sui lavori che interessano la Cattedrale, è stato accom-pagnato a prendere visione dei locali dell’Epi-scopio, al fine di concordare le migliorie da apportare prima del trasloco.

Tappa successiva è stata la Cattedrale, in-titolata a san Nicola e in cui sono conservate le reliquie di san Felice di Nicosia. Dopo un

breve momento di raccogli-mento davanti alla Cappella del Ss.mo Sacramento, il gruppo ha fatto ritorno al Palazzo Vescovile dalla cui terrazza, complice uno splendido sole che ha benedetto la trasferta nicosiana, Mons. Mu-ratore ha potuto ammirare i bu-colici paesaggi della verdissima Nicosia. Durante il pranzo sono stati definiti alcuni aspetti della cerimonia di ingresso in Diocesi del 28 marzo.

Cosa leggere nell’espressione del nostro don Salvatore Muratore? Certamente tan-ta emozione per una nuova esperienza che, come ogni inizio, anche se colma di speranza è pur sempre difficile. Dovrà lasciare Agri-gento, dove ha vissuto per 62 anni, la sua casa e i suoi parenti, i confratelli con i quali ha condiviso 39 anni di sacerdozio, acquisire fa-miliarità con luoghi e volti nuovi, abituarsi al servizio episcopale … Certo, il tempo renderà familiare tutto ciò che oggi non lo è ancora e

disegnerà i contorni di una casa laddove c’è per ora una terra promessa. I presup-posti, peraltro, non mancano: l’acco-glienza della gente di Nicosia è stata calorosa eviden-ziando un sincero ed evidente desiderio di intraprendere il cammino con il suo nuovo pastore.

Negli occhi e nel-le parole di Mons. Muratore si legge la tenerezza del Vesco-

vo che già ama la sua Chiesa e desidera co-noscerla profondamente e servirla con Gioia, perché, come recita il motto episcopale da lui scelto: “Dio ama chi dona con gioia”.

“La partecipazione di altri agrigentini a questa prima visita – ha dichiarato don Giu-seppe Argento, che ha accompagnato il neo-vescovo – è significativa: don Salvatore Mu-ratore non vive da solo quest’esperienza, ma è accompagnato dalla sua Chiesa, della quale è stato e continuerà ad essere figlio. Ed è que-sta Chiesa che oggi lo dona ad una Chiesa sorella. Egli arriva a Nicosia ricco e carico di una storia personale che è intimamente unita a quella della Chiesa agrigentina. Entrando nel territorio della Diocesi di Nicosia, in auto abbiamo voluto affidare alla Vergine Maria il ministero episcopale di Mons. Muratore re-citando il Rosario: è stato un momento mol-to emozionante”. Alla domanda su cosa lo avesse maggiormente colpito dell’esperienza vissuta, ha poi aggiunto: “Ho percepito chia-ramente in don Salvatore un profondo desi-derio di conoscere la sua nuova Chiesa e di inserirsi nella sua storia con molta delicatez-za, mentre i nicosiani che abbiamo incontra-to mi hanno confidato di sentirsi già accolti nel cuore del loro nuovo pastore”.

Valerio Landri

La prima visita a Nicosia

MoNs. Muratore� Visita privata nella nuova diocesi

Operatori PastoraliAnche in questo mese di febbraio in tutta la dio-cesi si terranno le SOP cui argomento principale sarà la II tappa dell’Anno dell’Ascolto: la parola ai vicariati Foranei.Questi i prossimi appuntamenti:- Lunedì 16 febbraio:Montevago, P Kolbe;Agrigento, B.M.V. Provvidenza;Cammarata S. Maria di Gesù.-Martedì 17 febbraio:Alessandria della Rocca, Padri Passionisti;Licata, Chiesa Madre.-Mercoledì 18 febbraio:Palma di Montechiaro, Collegine;Ribera, Chiesa del Rosario;Canicattì, Vocazioniste;Racalmuto, Centro p. Arrigo.- Giovedì 19 febbraio:Campobello di Licata, Ist. Anna Bella;Porto Empedocle, Chiesa del Carmine;Favara, Santi Pietro e Paolo;Raffadali, S. Gemma.

PresbiteriSabato 14 febbraio presso il Palazzo Arcivescovile di Agrigentino si terrà il Consiglio Presbiterale. L’inizio è previsto per le ore 10.00

CAVSi è conclusa felicemente, nonostante la pes-sima giornata, la XXXI Giornata per la Vita indetta dal CAV di Agrigento, in comunione con tutti i CAV Nazionali sparsi per tutta la penisola. “Il nostro obiettivo lo abbiamo raggiunto - dice il presidente del CAV - grazie alla grande gene-rosità del popolo agrigentino e al grande aiuto dei volontari del CAV, dell’Azione Cattolica, del Rinnovamento nello Spirito e degli Scout. La giornata è stata celebrata in oltre 60 parrocchie di Agrigento e provincia ed i volontari si sono recati anche in oltre 20 piazze, offrendo 5000 primule. Con il ricavato si spera di finanziare almeno 4 progetti Gemma (adottare 4 mamme a rischio aborto). Il Centro Aiuto alla Vita si trova ad Agrigento in Via Michele Caruso 1/A. Per contatti 0922/553370 - cell. 3391812668. CCP n° 12698973

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Il 5 Febbraio l’Arvicescovo si è recato in visita alla Casa di Risposo “Oasi Sa-cro Cuore” di Aragona, in quella occasione ha inaugurato un ampio salo-ne per i residenti della Casa. Alla cerimonia hanno partecipato non solo le maggiori autorità politiche ed istituzionali del paese ma anche rappresen-tanti del Consiglio Provinciale ed altri referenti del paese di Racalmuto, in quanto paese di provenienza degli autori dell’impresa cioè i membri della Cooperativa “Co.S.S.” che da 18 anni gestisce la casa di riposo.

Il Parroco della Cattradrale, mons. Melchiorre Vute-ra, ha reso noto il calendario della festa di S. Gerlan-do. La prima novità è che, coincidendo il 25 febbraio con il mercoledì delle ceneri, la festa sarà celebrata giovedì 26 febbraio. La Festa del Santo Patrono sarà preparata da un triduo il 23, 24 e 25 febbraio con momenti di pre-ghiera e di riflessione sul Santo e momenti di incontro della Co-munità parrocchiale. Il 26 feb-

braio, giorno della fe-sta, saranno celebrate tre S. Messe alle ore 9, 11 ed il Solenne Pontificale presiedu-to dall’Arcivescovo alle ore 18.00. Quest’anno ad offrire l’olio per la lampada votiva del Santo sarà il Comune di Grotte.Il 27 febbraio, invece,

è previsto un incontro culturale alle ore 18.30 presso il Palazzo Arcivescovile verrà presentato il libro “La Cattedrale di Agrigen-to” a cura della Soprintendenza BB.CC.AA.

soLe�NNità di saN Ge�rLaNdo

e�cco il programma

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Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009

a cura di Gino FaragoneVI Domenica del Tempo Ordinario

L’impuro e l’ateo Gesù davanti alla Legge...

«Tu sei

il mio

rifugio,

mi liberi

dall’angoscia»

la Parola

…O se si preferisce il corag-gio della denuncia della stru-mentalizzazione della religio-ne. Secondo la Legge Gesù avrebbe dovuto evitare qual-siasi contatto con il lebbroso e invece si mostra indignato nei confronti di atteggiamenti assolutamente ingiustificati e che vedono Dio chiamato in causa come colui che avrebbe punito con la terribile malattia della lebbra l’uomo peccatore. Gesù si schiera apertamente contro la Legge, si rifiuta di osservare una norma religio-sa e si pone accanto all’uomo, per ridargli salute e dignità. Il suo comportamento irreligio-so, in qualche modo ateo, alla fine esprime la vera immagine di Dio amante dell’uomo, di ogni uomo. Per il bene del-l’umanità sofferente è dispo-sto a violare le leggi rituali.

L’evangelista Marco fin dalle prime pagine presenta Gesù in fila con i peccatori davanti al Battista per farsi battezza-re, poi nella sinagoga di Ca-farnao nell’atto di liberare un uomo posseduto da uno spi-rito immondo, poi nella casa di Simon Pietro curvato per sollevare la suocera e guarir-la e infine davanti alla porta della città pronto a curare gli ammalati che gli vengo-no presentati. Gesù è sempre accanto all’uomo, schierato dalla parte dei più deboli. Il vangelo di questa domenica ci presenta ancora una guarigio-ne, quella di un lebbroso ( Mc 1,40-45 ).

«Venne da Gesù un leb-broso, che lo supplicava in gi-nocchio e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Ne ebbe compassione, tese la mano, lo

toccò e gli disse: “Lo voglio, sii purificato!”» ( Mc 1,40-41 ).

Il vangelo del Regno an-nunciato da Gesù in tutta la Galilea arriva anche al lazza-retto e alimenta la speranza di una guarigione in quei malati destinati alla morte. Supe-rando le ferree leggi di isola-mento previste dalla Legge ( Lv 13-14 ) si avvicina a Gesù un lebbroso. Nel Primo Testa-mento la lebbra è considerata come la morte ed è ritenuta spesso come una punizione per i peccati. Secondo il testo del Levitico i lebbrosi devo-no indossare vesti stracciate, portare i capelli in disordi-ne, abitare fuori dall’accam-pamento e segnalare la loro presenza gridando: “Immon-do! Immondo!”. Il contatto fisico con un lebbroso rende immonda qualsiasi persona.

Il lebbroso è un impuro, un emarginato, impossibilitato a stringere un qualsiasi legame con gli altri uomini, abbando-nato inesorabilmente al suo destino di morte.

Una situazione terribile! Una situazione che oggi si ri-trova negli stranieri obbligati a girovagare nelle nostre città senza regolare permesso, co-stretti a vivere ammassati in baracche o ruderi abbando-nati nelle periferie della città, gente che nessuno vuole nel proprio territorio e di cui si ha paura. Ma la stessa situa-zione di solitudine può essere ravvisata anche in quegli uo-mini disoccupati sempre più numerosi calpestati nella loro dignità, in quei giovani delusi e ingannati da ideologie in-sensate, e da tanti altri ancora che non contano per la nostra

società. Tutti simili al lebbro-so del vangelo, ovvero rifiutati dagli uomini.

Il lebbroso dunque si av-vicina a Gesù, lo supplica in ginocchio e presenta la sua ri-chiesta. Questo atteggiamento manifesta un grande rispetto per Gesù e nessuna pretesa. E Gesù, mosso a compassio-ne, non si limita ad accostarsi al lebbroso, ma lo tocca, ma-nifestando la sua profonda solidarietà, abbattendo così i secolari muri di divisione e stabilendo nuove regole per le relazioni umane. Si rende egli impuro per ridare vita agli uo-mini emarginati. Il racconto paradossalmente si conclude con il lebbroso guarito che divulga il fatto e con Gesù che rimane fuori in luoghi deserti, impedito ad entrare pubblica-mente in città.

missione di ismani

É partito il Container

Un anno... per servire e crescere

Va costituendosi in ciascun vicariato il Gruppo di Lavoro che realizzerà l’Assemblea Fo-raniale, entro il mese di mar-zo. Sotto la guida del Vicario, i presbiteri e i diaconi, i rappre-sentanti di ogni Consiglio Pa-storale Parrocchiale, le rappre-sentanze della vita consacrata, si cimenteranno nella seconda tappa dell’Anno dell’ascolto. Concluse le Assemblee di ve-rifica della vita ecclesiale di ciascuna parrocchia, le Analisi elaborate vengono consegnate al proprio Vicario Foraneo e al Dipartimento Pastorale. Il Vicario Foraneo con il Gruppo di Lavoro leggerà i diversi con-tributi di verifica ed elencherà i punti in comune alle diverse Analisi Parrocchiali. É’ eviden-te che fra parrocchie limitrofe, appartenenti spesso alla stessa città che coincide con il Vica-riato Foraneo, possano rile-varsi gradi affini di soddisfaci-mento o di insoddisfacimento della testimonianza comunita-ria della fede. La raccolta degli elementi comuni alle diverse Analisi, presentate in ciascun

Vicariato, costituisce il primo punto da comunicare all’As-semblea Foraniale del prossi-mo marzo. Con il sussidio sui segni dei tempi, il Gruppo di Lavoro capitanato dal Vicario Foraneo, rileggendo la seconda domanda che guida il nostro anno dell’ascolto, rifletterà per indicare i segni presenti nella situazione attuale che ci per-mettono di cogliere l’agire di Dio e fondare la speranza del futuro. I segni infatti ai quali ci riferiamo sono ambivalenti e vanno interpretati con giudi-zio evangelico. Ci interpellano in ogni caso, perchè la comu-nità cristiana ascolti ciò che lo Spirito ci sta suggerendo e si converta ad un rinnova-to annunzio del Vangelo per l’espansione del Regno di Dio.

Anche questa “interpeta-zione dei segni dei tempi, così come la raccolta degli elementi comuni delle diverse analisi, va inviata tramite e-mail o posta ordinaria al Dipartimento Pa-storale.

anno dell’asColto

Verso la seconda tappa: l’ascolto nei vicariati foranei

serVizio CiVile

Sabato, 7 febbraio, è stato il giorno della partenza del

container per Ismani. Un mo-mento speciale per i volontari; giorno di grande fatica, sudore e polvere ma anche entusia-smo, gioia e partecipazione sincera. Nessuno vuol man-care, ecco perché c’è una gran quantità di braccia, al semina-rio di Favara, dove si trova il deposito dell’Ufficio missio-nario. Il lavoro di un anno ha il suo compimento nel giorno della partenza del container. Parlo con Elena Di Rosa, una dei responsabili dei volontari che si occupano di questa par-ticolare attività.

Cosa è partito quest’anno con il container?

Abbiamo mandato delle at-trezzature speciali (oltre che molto pesanti): una cucina industriale; un macchinario che compatta i trucioli per far-ne pezzi di legna da ardere; il parco giochi che le parrocchie hanno donato per la scorsa Quaresima di Fraternità e un frigorifero per il laboratorio di analisi. Queste cose andranno tutte a Nyumba Yetu. Poi ci

sono i pacchi spediti dalla co-munità “Cristiani nel mondo” e dall’associazione “Basta poco per farli sorridere” di Sciacca. Inoltre sono partite anche le “solite” cose: vestiario, alimen-ti, attrezzature sanitarie, mate-riale scolastico. Ci sono anche i regali che le famiglie mandano ai loro bambini adottati a di-stanza: abbigliamento, quader-ni e cancelleria, giochi. C’era anche qualche bicicletta.

Parlami del gruppo che si occupa del container.

Sono otto le persone che vi lavorano regolarmente. Ci vediamo ogni 15 giorni al ma-gazzino di Favara. In prossimi-tà della partenza del container il lavoro si intensifica, per cui ci vediamo più spesso e altri vo-lontari che normalmente svol-gono altri compiti si aggiungo-no a noi per dare una mano.

In cosa consiste esatta-mente il lavoro del gruppo del container?

La partenza del container è il momento terminale di un’attività che dura un anno e che consiste intanto nella selezione del materiale che af-

fluisce in deposito (purtroppo talora capita che vi siano cose non più utilizzabili). Poi vi è la fase della divisione per cate-gorie, ad esempio il vestiario o le scarpe vengono suddivise in roba maschile, femminile o per bambini. Infine vi è la fase dell’impacchettamento. Quando il vestiario è tanto, si fanno delle grosse balle; se no, normalmente si mettono den-tro gli scatoloni che prendiamo dai supermercati.

Alle 14,00 di sabato, aiutan-dosi con mani e piedi, i volon-tari chiudono il portellone del container ed Elena vi appone il lucchetto. Foto di rito e tan-ta stanchezza. La stanchezza passa presto ma la gioia di aver servito il fratello rimane a lun-go. Tra un paio di mesi il con-tainer arriverà a destinazione e ancora una volta è stato gettato un ponte tra Agrigento e la no-stra amata Ismani.

A.T.

È trascorso un anno ormai, da quando il progetto “Alla scoperta dei tesori nascosti 3” ha permesso a 21 giovani, divisi nelle 5 sedi di attuazione del progetto (Curia, Cat-tedrale, Chiesa S. Maria dei Greci, San Lo-renzo, San Pietro), di dedicare del tempo per la valorizzazione dei beni culturali ec-clesiastici. I volontari, al temine dell’anno di servizio civile, hanno così sintetizzato la loro esperienza.

«Il segreto del servizio civile - dice Sonia - si cela nello stesso termine servizio. Esso infatti è stata un’occasione per imparare a vivere concretamente e quotidianamente l’esperienza della gratuità». «Ho riscoper-to, grazie a questa esperienza - dice Gio-vanna - qualcosa che avevo perso un po’ di vista: la necessità, come cristiana, di met-termi al servizio della comunità ecclesiale e civile, testimoniando, giorno dopo gior-no, nel mio lavoro, nelle piccole come nel-le grandi cose, la fede in Dio e la gioia del Vangelo». «Il servizio è stata un’emozione durata un anno – racconta Giuseppe – e condivisa con un gruppo di persone che

ho imparato a conoscere, ad apprezza-re ed a considerare parte di me. È un’espe-rienza che consiglio di fare».

«In questo anno ho capito quanto pos-so e non posso essere all’altezza di alcune situazioni! Ho conosciuto i miei limiti e molti miei difetti – confessa Ivan - sui qua-li mi sono promesso di lavorare molto, ma, per fortuna, ho conosciuto meglio le mie capacità». «Ho studiato lingue straniere - dice Patrizia - e volevo conoscere di più il turismo, perché lo ritengo il settore la-vorativo in cui spendere i miei studi e le mie capacità. Le mie aspettative non sono state deluse. Ho potuto trasmettere ai tanti visitatori il mio amore per l’arte, per la cul-tura, per la mia isola e le sue tradizioni.». «Ho potuto confrontarmi su una “tema-tica bollente” per noi – riferisce Gisella – quello del lavoro. Questa esperienza mi ha resa consapevole dell’immenso patri-monio artistico-culturale della nostra terra e di come esso possa rappresentare una

buona occasione per creare occupazio-ne». «Ci sono stati momenti duri ed im-pegnativi durante l’anno – ricorda Laura - soprattutto nei primi tempi, ma anche quelli sono stati utili per la mia crescita personale e per un mio approccio al mon-do del lavoro».«Ho sperimentato l’impor-tanza della collaborazione nel lavoro di gruppo – racconta Luana - ho stretto saldi rapporti con gli altri volontari, non solo sul fronte lavorativo, ho allacciato amicizie con turisti di ogni nazione, aprendo la mia mente verso culture diverse». Anche il Vi-cario generale ha evidenziato il valore del servizio reso dai giovani, chiedendo loro di assumere tale valore come stile di vita. Al vescovo don Franco il compito di salutare e ringraziare i giovani volontari, invitando-li a fare del servizio la chiave di ogni loro gesto e a coltivare i rapporti di amicizia nati in questo anno.

L.F.

L’Arcivescovo di Agrigento don Franco Montenegro martedì 3 feb-braio, ha incontrato i giovani della Parrocchia “S. Teresa del Bambi-no Gesù” di Agrigento. Durante l’incontro l’Arcivescovo ha ascoltato quanto emerso dagli interventi dei ragazzi. I Giovani della Gioventù Studentesca che vivono l’esperienza di “Comunione e Liberazione” sulle orme di don Giussani, hanno anche posto degli interrogativi a cui il nostro Pastore ha risposto prontamente. L’incontro si è concluso con la paterna benedizione e un invito, molto gradito dai ragazzi e dai responsabili, a visitare il Palazzo Vescovile per vedere quella che mons. Montenegro ha chiamato “la vostra casa”.

L’incontro con l’Arcivescovo

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� L’Amico del Popolo15 Febbraio 2009Speciale Sagra a cura di Promo Amico

Agrigento� Si è conclusa la Festa del Folklore e della Pace tra i Popoli - Il tempio d’oro alla Bulgria

64ª Sagra del Mandorlo in Fiore

Foto Tornatore

54° Festival internazionale del Folklore

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Foto C. Petrone

Foto C. Petrone

Foto D. Vecchio

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Foto Tornatore

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Foto D. Vecchio

Foto Mariliste

Foto Mariliste

Dal 30 gennaio all’8 febbraio Agrigento ter-ra del folklore e della pace tra i popoli. Ad aprire l’edizione numero sessantaquattro della Sagra del Mandorlo in Fiore i piccoli partecipanti al Festival “I bambini del mondo”. Un’iniziativa collaterale che, nel corso del tempo ha assunto sempre mag-giore rilievo per la promozione dei valori sociali e culturali quali la tutela del-l’infanzia, la solidarietà e l’in-tegrazione ma anche per la conservazione ed esaltazione delle differenze. Questo il messaggio che hanno portato i bambini del mondo a spas-so per la Valle agrigentina dando vita alla “Passeggiata della Pace verso la Fraterni-tà” alla quale hanno preso parte i gruppi internazionali e tutte le scolaresche della provincia e della regione. A conclusione del Festival dei bambini l’assegnazione, da parte dell’Accademia Studi Mediterranei, del premio Ni-cholas Green al gruppo della Macedonia, Koco Racin.

Lunedì 2 febbraio presso il Palacongressi si è svolto lo spettacolo “Omaggio alla Sagra” dove gli artisti agrigentini, da Pippo Flora a Nenè Sciorti-no, hanno riproposto vecchie canzoni della tra-dizione popolare e dove è stato ricordato anche il compianto Gian Campione.

Martedì 3 febbraio la Sagra è entrata nel vivo, con l’accensione del Tripode dell’Amicizia, svol-tosi a causa del maltempo presso il Palacongressi, che ha visto la partecipazione di Prem Rawat, pre-mio Nobel per la Pace, il quale ha tenuto presso il Teatro Pirandello una conferenza sul suo famoso messaggio di pace. Mercoledì 4 febbraio la con-sueta Fiaccolata dell’Amicizia da Piazza Pirandello si è snodata fino allo Stadio Esseneto.

Da giovedì a sabato i consueti appuntamen-ti con gli spettacoli del folklore al Palacongressi dove si sono esibiti tutti i gruppi partecipanti al

54° festival del Folklore. Sabato 7 febbraio lo spettacolo “Agrigento città

della concordia - Akragas, Agrigentum, Girgen-ti… tra cielo e terra”, promosso dalla “Meridiana eventi” e realizzato con il contributo della Regio-ne Sicilia

Quattro i “quadri” di questo spettacolo che ha coinvolto tutto il centro cit-tadino, dalla via Atenea al Viale della Vittoria. Primo quello in Piazza Purgato-rio, dove giocolieri, tram-polieri e musicisti dopo un lancio di coriandoli e fiaccole di diversi colori, si è diretto verso il secondo quadro in Piazza Vittorio Emanuele dove su un palco allestito dinanzi al Palazzo della Provincia, si sono esi-bite alcune danzatrici della compagnia “Nuova Danza” in una coreografia partico-larmente suggestiva, che ha visto anche l’uso di fiaccole e braceri. Il corteo, sempre al suono concitato dei tam-

buri, si è poi trasferito in piazzetta Vadalà, dove una danzatrice, sospesa in aria ad un grappolo di trecento palloni bianchi, impersonante l’angelo della pace, ha raggiunto in volo piazza Marconi. Lì, grazie ad una gru, è stato sospeso un pianofor-te bianco con il pianista Salvatore Bonafede, che ha accompagnato la cantante, Laura Campisi, nel-la interpretazione della famosissima “Imagine”. Da piazza Marconi al viale della Vittoria per l’ultima fase dello spettacolo: i giochi pirotecnici a ritmo di musica. Domenica 8 febbraio, dopo la tradizio-nale sfilata dei gruppi internazionali e dei carretti siciliani da Piazza Pirandello allo Stadio Esseneto, sotto un cielo plumbeo, dinanzi al tempio della Concordia, si è svolta l’esibizione di tutti i gruppi partecipanti al Festival internazionale del Folklo-re; vincitore del tempio d’oro il gruppo “Folk an-samble at Akademy musik art” dalla Bulgaria.

Diversi gli eventi collaterali per

celebrare la pace e la diversità dei popoli ma

all’insegna delle tradizioni di

ciascuna etnia.

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