L’ala critica del Concilio Vaticano II

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Giuseppe Siri (1906-1989) Alfredo Ottaviani (1890-1979) L’ala critica del Concilio Vaticano II

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Giuseppe Siri

(1906-1989)

Alfredo Ottaviani

(1890-1979)

L’ala critica

del Concilio Vaticano II

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Giuseppe Siri nasce a Genova il 20 maggio 1906.

Dopo aver frequentato il Seminario diocesano, nel

1926 diventa alunno della Pontificia Università

Gregoriana e del Pontificio Seminario Lombardo in

Roma.

Ordinato prete nel 1928, l’anno seguente consegue la

laurea in Sacra Teologia.

Rientrato a Genova, diventa cappellano nella

parrocchia di S. Zita e presso l’Opera “Giosuè

Signori”.

Dal 1931 al 1946 insegna teologia e sacra eloquenza

nel Seminario di Genova, e religione presso i Licei

“D’Oria” e “Mazzini”.

In questi anni svolge anche un’intensa attività di

conferenziere e predicatore, collabora con l’Azione

Cattolica, è vice-assistente della FUCI genovese,

docente nella Scuola di Apostolato per la GIAC e

relatore alle “Settimane di Camaldoli”.

Fra le pubblicazioni di quegli anni i due volumi “La

Rivelazione” (1941) e “La Chiesa” (1938) del “Corso

di teologia per laici” e lo studio “La ricostruzione

della vita sociale” (1944).

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L’11 marzo 1944 viene eletto da papa Pio

XII vescovo ausiliare del card. Pietro

Boetto e, dopo la morte di questi nel 1946,

diventa

arcivescovo di Genova.

Inizia subito la sua prima visita pastorale.

Nello stesso anno diventa Consulente

dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori

e Dirigenti.

Nel 1947 erige il Centro diocesano per gli

Studi religiosi “Didascaleion”.

Elevato alla porpora cardinalizia nel

concistoro del 1953, prende parte al

Conclave che elegge Giovanni XXIII, il

quale l’anno dopo lo nomina Presidente

della C.E.I.

Gli incarichi nazionali e all’estero non

distolgono Siri dall’attenzione per la sua

diocesi. Dal 1953 al 1960 il cardinale

compie la 2ª visita pastorale diocesana e

nel 1962 inizia la 3ª. Nel 1956 tiene il

Sinodo diocesano.

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Dal 1960 è membro della Commissione preparatoria

centrale del Vaticano II. Nel 1962 Giovanni XXIII lo

conferma Presidente della CEI.

Il nuovo papa Paolo VI lo nomina membro del

Consiglio di Presidenza del Concilio.

Durante le 4 sessioni del Concilio interviene 11 volte

nelle Congregazioni generali.

Nel 1965 lascia la presidenza della CEI.

Nel 1968 è fra i componenti della Commissione per

la revisione del Codice di Diritto Canonico.

Negli anni ‘70 compie alcuni viaggi all’estero:

Senegal (1973), Polonia (1973), Unione Sovietica

(1974), Turchia (1975), Venezuela (1976), Austria e

Ungheria (1977).

Nel 1978 partecipa ai conclavi che eleggono

Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.

Continua le visite all’estero: Irlanda (1979),

Germania Orientale e Cecoslovacchia (1980), Francia

(1981 e 1984), Polonia (1985) e Spagna (1986).

Nel 1985 accoglie Giovanni Paolo II in visita a

Genova. Nel 1987 sono accolte le sue dimissioni.

Muore il 2 maggio 1989.

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«Sono arrivato a Roma stasera alle 16,41.

Vengo con poche idee semplici. In questo Concilio temo

si sentirà – non in modo venefico – il peso di una

abitudine attivistica, la quale fa pensare poco, studiare

meno, gettare in una zona oscura i grandi problemi

dell’ortodossia e della verità.

Il pastoralismo pare una necessità, mentre è, prima che

un metodo deteriore, una posizione mentale erronea. In

secondo luogo la croce – se così si può dire – verrà come

di solito dalle aree francesi-tedesche e rispettivo

sottobosco, perché non hanno mai eliminato del tutto la

pressione protestantica e la Prammativa Sanzione.

Bravissima gente, ma non sanno di essere i portatori di

una storia sbagliata. Credo pertanto che la parte degli

italiani – dei latini – con quella della Curia debba essere

dirimente, sia per colmare dei vuoti, sia per correggere

errori di rotta. La calma romana servirà.

Mi sono subito recato in ufficio e ho parlato a lungo con

mons. Castelli. Egli teme molta pressione contro la

Curia. Ho detto: si offra il consulto rato a molti esteri.

Quanto al resto si interroghi l’esperienza: è quella che

conta, che indica e che convince» (10.10.1962)

Disposizioni dell’animo nell’iniziare il Concilio

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«Non c’era troppa gente, probabilmente perché con molto zelo

avevano fatto molti blocchi stradali. La cerimonia è stata

solenne veramente e credo abbia impressionato assai.

Entrando in San Pietro mi pareva di dover fare una grande

preparazione spirituale, farmi piccolo davanti a Dio, umiliarmi

peccatore, essere come un bambino, avere carità per tutti ad

onta dello zelo […]. Ho guardato poco e nulla, perché mi

pareva essere mio dovere pregare assai […]. Ho capito poco

del discorso del Papa: in quel poco ho subito avuto modo di

fare grande atto di obbedienza mentale. Credo ci sia stata

abbondante disorganizzazione a quel che ho visto e a quello

che ho sentito dai miei segretari […].

Taluni non hanno un’idea molto elevata di un concilio

ecumenico e questo mi fa pena. Noi non dobbiamo guardare al

mondo per offrirgli qualche emozione gradita, ma solo a

Nostro Signore. Speriamo che la solenne esposizione del Santo

Vangelo fatta durante la cerimonia abbia suggerito appropriati

pensieri […].

Questa sera ho analizzato bene il discorso del Papa per poter

uniformare il mio modo di pensare a quello del Vicario di

Cristo. Di due punti ho timore qualcuno possa usare male.

Forse è questo pensiero che mi impedisce di dormire per del

tempo» (11.10.1962)

Il giorno dell’apertura e il discorso del Papa

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«Il Concilio ha rivelato:

-) che si va delineando una conduzione vaga della

Chiesa, rappresentata dal gruppo di lingua tedesca e

affini o vicini. Ciò aliquatenus organizzato. Ciò è un

tentativo parzialissimo e del quale non si può affermare

con certezza che qualcuno l’abbia in mente come un

piano chiaro e voluto, ma è nei fatti;

-) che ci sono rabbie contro la ragione, la teologia e il

diritto. Si vede il fine del kerigmatismo, che è spesso

quello di eliminare la Tradizione, Ecclesia, ecc. Ciò è

più inconscio che conscio, ma è aiutato dalla mancanza

di intuizione di coloro che vogliono assolutamente

adattare tutto il più possibile ai protestanti, agli

ortodossi, ecc.;

-) che in moltissimi prevale la letteratura sulla teologia.

Molte dissertazioni belle e anche vere appartengono

alle considerazioni letterarie sul dogma, non per sé al

medesimo;

-) che si parla di una Theologia nova e che il concetto

di questa, nonché lo scopo, appaiono assai oscuri e

forse pericolosi. Il termine Theologia nova è stato

coniato da un vescovo belga in Concilio» (07.12.1962)

Giudizi sulla prima sessione del Concilio

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«Questa sessione in cui io per ragioni di salute sto piuttosto ai margini mi pare avere

alcune caratteristiche. Anzitutto l’Episcopato italiano non è unito come lo scorso anno:

alcuni sono entrati nei punti di vista dei transalpini e non ne fanno mistero.

In secondo luogo è abbastanza probabile che in sostanza il Papa aiuti o lasci fare. La

iniziativa dei 20 (o 22) cardinali che gli hanno scritto contro la collegialità è stata da

lui criticata con il cardinale Traglia […]. Insomma si sente una mano e una volontà che

entra a scegliere qualcosa in Concilio.

Altra caratteristica è la fretta. Stiamo per finire le votazioni sul punto più controverso

in Concilio. Quasi tutti, forse tutti, hanno voglia di tornare a casa: si dice che il Papa

voglia ora la fine del concilio e tutto rende più probabile sia proprio così […].

La mano di Dio mi appare evidente, perché il capo III De Ecclesia, nonostante la

prevalenza dei transalpini e l’imperio dei loro periti, forse contro voglia di taluni di

loro è iuxta veritatem. Dice qua e là, ma, mettendo insieme le parti distaccate diventa

corretto ed equilibrato tutto e il primato del Papa è salvo. Quelli che hanno creduto di

aver messo dei limiti, hanno un pugno di mosche in mano e questo è accaduto proprio

imperando quelle forze che in me e in molti avevano suscitato tante ansietà.

Ne concludo: lasciate fare, è Dio che guida. Appare evidente la posizione preminente

in campo dottrinale che ha mons. Carlo Colombo presso il Papa. Il prelato è tutto con i

transalpini e non ha mai manifestato interesse ad avere contatti con noi. Finora tutto si

è aggiustato sufficientemente: credo sarà ancora così» (27.09.1964)

Sui rapporti tra papato ed episcopato

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«Il giorno 6 [ottobre] sono stato dal Papa.

La chiamata di udienza l’ho avuta solo poche

ore prima. Il Papa è stato molto buono con me.

Si è interessato della mia salute e mi ha donato

una medaglia.

Si è parlato di Genova, gli ho detto del

seminario nuovo e delle nuove parrocchie e

chiese. Soprattutto si è parlato del Concilio.

Ho capito che farà ritoccare gli schemi De

Ecclesia, De Revelatione e che non gli piace

quello sulla libertà religiosa.

Mi ha chiesto se finire. Ho risposto: se

possibile subito perché l’aria del Concilio fa

male. Ha pienamente annuito.

Il Papa è veramente informato e impressionato

di quello che succede attorno e fuori del

Concilio. Mi ha chiesto che cosa suggerivo.

“Un messaggio al clero – ho risposto – ma non

intellettualistico, sibbene concreto e in cui si

parli di umiltà, di obbedienza soprattutto e

cose del genere”.

La cosa è piaciuta e forse si farà. Mi confidava

che in Francia non pochi sacerdoti non

vogliono più obbedire ai propri vescovi»

(09.10.1964)

Timori di deragliamento

del Concilio

Page 10: L’ala critica del Concilio Vaticano II

«La stanca del concilio è sempre più

evidente e meglio appare come esso sia

in mano alle sottocommissioni e alla

fisionomia delle medesime. Ciò è tanto

vero che si è sparsa notizia stamane aver

il Papa nominata una commissione

apposita e averci messo dentro Lefebvre,

ecc. Martedì il Papa mi aveva detto

chiaro che quello schema non gli andava.

E aveva ragione. Ma tutto dipende dagli

uomini che sono nelle commissioni e dal

quanto siano o meno succubi dei periti.

La storia di questo concilio è in parte

notevole la storia dei periti perché si è

rivelata una grande anemia di conoscenza

teologica sia nell’episcopato che nel

Sacro Collegio. Padri solenni sono alla

mercé di qualche perito, di qualche

professorello che essi si sono tirati dietro.

Dopo ci sarà da ripulire molto nelle

scuole, nei seminari e non solo lì»

(12.10.1964)

Critiche ai periti teologi del Concilio

Page 11: L’ala critica del Concilio Vaticano II

«Mi sto preoccupando di

organizzare la ripresa cattolica

dopo il Concilio, cercando di

creare un fronte, il quale sia molto

netto contro i difetti rivelatisi in

Concilio e dal Concilio. Dio ha

permesso che tutte le rughe

venissero fuori: sia lodato! […].

Due punti cardinali nei quali deve

orientarsi l’azione sono gli Ordini

religiosi e le università,

cominciando da quelle romane.

Gli Ordini religiosi questa volta

hanno risposto sì e no. Migliori di

tutti, a mio umile avviso, si sono

rivelati i Minori, deboli nel

disorientamento dei membri i

Gesuiti. Le difficoltà al Concilio

sono venute da università e gruppi

intellettuali. È su quella linea che

bisogna portare la difesa»

(20.10.1964)

Preoccupazioni per il post-concilio

Page 12: L’ala critica del Concilio Vaticano II

«Mi si riferisce che stamane il Papa ha

deciso di dare ai poveri la sua tiara,

quella donatagli dai milanesi.

Mi auguro sinceramente che questo gesto

venga ben interpretato dalla pubblica

opinione e che non se ne traggano dagli

esagerati, conseguenze improprie e

demagogiche.

Speriamo anche che i milanesi ci

rimangano male per avergliela regalata,

questa tiara.

Ora qualcuno dirà che noi dovremmo

regalare qualche nostra mitra! Ma chi la

compra, se non un altro vescovo, per

mettersela lui!

In genere le nostre mitre non hanno perle.

Io ne ho una con pietre preziose vere, ma

prima di darla penso che potrei dare

dell’altro. Se fosse necessario, il cuore

attaccato proprio non ce l’ho e posso dare

tutto» (13.11.1964)

Sulla povertà della Chiesa

Page 13: L’ala critica del Concilio Vaticano II

«Il protrarsi del Concilio logora

qualcosa, non soltanto le finanze della

Santa Sede. E temo che quel logorio

sia voluto da taluni ambienti. È un

errore, forse grave e che potrebbe

domandare sacrifici alla Chiesa. Ho

detto chiaro che “l’aria di Concilio”

doveva finire, perché è aria che ab

extrinseco si è avvelenata […].

Taluni girano per Roma e fanno

conferenze per ogni dove con una

libertà di iniziativa e di tono, che non

può non suscitare almeno qualche

sorpresa […]. Ormai il Concilio è

pubblico e taluni forse non si

sottraggono alla tentazione di farsi

sentire più fuori che dentro.

Si sente la umanità della Chiesa, con il

peso grave di questa umanità: il senso

della fede fa incrollabilmente credere

nel piano divino e nella divina

assistenza, sicuri ed efficaci ad onta di

tutti i difetti degli uomini. Perché i

difetti sono saltati fuori tutti»

(13.11.1964)

Ancora giudizi sul Concilio

Page 14: L’ala critica del Concilio Vaticano II

«Ieri è scoppiata la bomba. Il

segretario generale nomine Superioris

ha annunciato le modifiche apportate

al capo III De Ecclesia e spiegate in

una Nota, che sarebbe stata distribuita.

Tutto a posto! Lo Spirito Santo è

entrato in Concilio. Subito è stata

maretta negli ultramontani. Essi hanno

fatto un’adunanza nel pomeriggio e si

temeva una reazione […]. Così il

crinale del Concilio è stato passato: il

Papa ha puntato i piedi e solo lui

poteva farlo. Dio è con la sua Chiesa.

Ora si comincia a vedere chiaro e la

portata del voto di stamane è da

reputarsi storica» (17.11.1964)

«Se la Chiesa non fosse divina questo

Concilio l’avrebbe seppellita. Noi

abbiamo una prova di più. Infatti tutte

le condizioni per far andare male le

cose ci sono state in notevole misura e

non ci sono riuscite. Deo gratias!»

(19.11.1964)

Sulla “nota explicativa praevia”

Page 15: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Alfredo Ottaviani nasce a Roma, nel quartiere di

Trastevere, nel 1890, penultimo di dodici figli. Il padre

fa il fornaio.

Cresciuto in una famiglia molto cattolica, frequenta le

classi primarie presso i Fratelli delle Scuole cristiane,

in quartiere con forte presenza anticlericale

Ottimo studente, è dotato di una memoria prodigiosa.

Semplice, ben fondato sui canoni postridentini, vive

una fede dal tratto devozionale. Rivela fin da giovane

uno spirito intransigente.

Compie gli studi superiori nel seminario romano

dell’Apollinare, retto da mons. Spolverini, sotto la

guida spirituale di mons. Borgia e di p. Pitocchi.

Consegue le lauree in teologia, filosofia e utroque iure,

sviluppando un interesse per le discipline giuridiche.

Stringe amicizie di lungo corso: Pietro Parente,

Domenico Tardini, Francesco Borgongini Duca e

Paolo Marella.

Viene ordinato prete il 18 marzo 1916. Canonico della

basilica di S. Maria in Cosmedin, è destinato

all’insegnamento: tiene il corso di diritto ecclesiastico

presso l’Apollinare e di filosofia al Collegio Urbaniano

di Propaganda Fide.

Alfredo Ottaviani

Page 16: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Nel 1919 fa il suo ingresso nella Curia romana come minutante alla congregazione

di Propaganda Fide. Nel 1921 passa alla Segreteria di Stato.

A queste mansioni affianca l’impegno pastorale rivolto ai giovani del quartiere

Aurelio che frequentano l’Oratorio di S. Pietro. In seguito promuove e sostiene

l’Oasi di S. Rita a Frascati, un istituto che accoglie ed educa bambine indigenti.

In queste mansioni non ufficiali si fa molto apprezzare: pure introdotto nella curia

papale, non dissimula le proprie origini popolari e mostra sempre piena

sottomissione ai superiori.

Nel 1926 è designato rettore del Pontificio Collegio Nepomuceno. Nel 1928 Pio XI

lo nomina sottosegretario della congregazione per gli Affari ecclesiastici

straordinari. Ha modo di seguire da vicino le trattative tra la S. Sede e il regime

fascista per risolvere la “questione romana”. All’indomani della stipula dei Patti

Lateranensi il papa lo promuove sostituto della segreteria di Stato.

Assessore del S. Uffizio dal 1935, nel 1939 trasmette alla Segreteria di Stato grosse

riserve circa il testo su “La difesa della razza” e contribuisce alla stesura del

Decretum del 1940 che condanna la soppressione dei malati psichici in Germania.

Nella Seconda guerra mondiale offre rifugio nel proprio appartamento a ebrei in

fuga dalla persecuzione nazifascista.

Si mostra contrario all’esperienza dei preti-operai promossa dall’arcivescovo di

Parigi Emmanuel Suhard.

Page 17: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Con la fine della guerra, Ottaviani

vigila sulle modalità concrete di

impegno politico dei cattolici,

preoccupato di contrastare l’azione

dei partiti di ispirazione marxista. A

differenza di Montini, che sostiene

un impegno unitario dei cattolici

nella Democrazia Cristiana,

Ottaviani è per la nascita di un

secondo partito cattolico, dove far

confluire l’elettorato minoritario

cattolico più vicino alle sinistre.

Forte anticomunista, svolge un

ruolo di primo piano nell’elaborare

il decreto di scomunica del 1° luglio

1949, benché lo attenui nella sua

attuazione pratica.

Deciso animatori della solidarietà

verso i cattolici di Oltrecortina,

partecipa alla organizzazione di

strutture cattoliche clandestine.

Page 18: L’ala critica del Concilio Vaticano II

In piena consonanza con Pio XII, nel 1948

viene da lui incaricato di promuovere una

commissione che esamini le materie da

discutere nell’eventualità di una ripresa e

conclusione del Concilio Vaticano I,

progetto poi accantonato dal papa nel 1951.

In questa occasione Ottaviani segnala

l’urgenza di rimediare alla diffusione degli

“errori” che si vanno diffondendo in campo

teologico, morale e sociale, così come

occorre fronteggiare i problemi posti dalla

diffusione del comunismo nonché

considerare le implicazioni poste

dall’impiego delle nuove armi nucleari

nell’eventualità di un nuovo conflitto.

È membro della commissione di studio

istituita per giungere alla proclamazione del

dogma dell’assunzione di Maria (1950).

Presidente Il comitato centrale per l’Anno

Santo 1950. Nel concistoro del 1953 è

creato cardinale e pro-segretario del S.

Uffizio.

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Dalla metà degli anni Cinquanta, cresce

l’interventismo di Ottaviani nella politica

italiana. Condanna il processo di apertura

a sinistra che si sta avviando. Non cambia

linea neppure con l’avvento al pontificato

di Giovanni XXIII. Nel 1960 è

protagonista di una clamorosa

contestazione pubblica al presidente della

Repubblica Gronchi per il viaggio in

Unione Sovietica.

L’elezione di Roncalli nel 1958 determina

un ridimensionamento del suo spazio

d’azione.

Nel novembre 1962 Ottaviani è consacrato

vescovo da papa Giovanni XXIII.

Del 1962 è il un Monitum che rileva

“ambiguità” e “gravi errori” nelle opere di

Teilhard de Chardin (1881-1955),

qualificato da Ottaviani più come un

«poeta che fa teologia e talvolta un

panteista».

Page 20: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Come presidente della Commissione

teologica preparatoria, Ottaviani, di

concerto con il gesuita Tromp (già

estensore di alcune encicliche di Pio

XII), progetta un concilio che

solennizzi la linea teologica della Curia

romana.

Il suo progetto di una preparazione

lunga e meticolosa che avrebbe dovuto

concludersi non prima del 1967 si

scontra con la determinazione del papa

a procedere con più celerità.

Già con l’allocuzione dell’11 ottobre

1962, con cui si qualifica il Vaticano II

come “concilio ‘pastorale”, viene

respinta l’ipotesi di sancire nuove

condanne.

Page 21: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Lo schema De Ecclesia, redatto sotto la

presidenza di Ottaviani (soprannominato “il

carabiniere di Dio” per la sua inflessibile

opposizione al comunismo, alla Théologie

Nouvelle e ai “preti operai”), viene aspramente

criticato perché privo di prospettiva cristologica,

freddamente giuridico, completamente chiuso

verso i laici e la collegialità episcopale.

Ottaviani, che in qualità di capo del S. Uffizio

pensava di poter essere il dominus del Concilio,

si trova invece da subito a dover giocare in

difesa: tanto degli schemi preparatori predisposti

dalla Commissione teologica quanto dello stesso

S. Uffizio, sono oggetto di critiche e di richieste

di riforma.

I dibattimenti conciliari mettono in evidenza la

sua impreparazione teologica e culturale, rispetto

alle profonde evoluzioni intervenute nel

cattolicesimo negli ultimi decenni, tanto sul

fronte esegetico quanto su quello liturgico ed

ecumenico. Ancora più tenace è la sua

opposizione al riconoscimento della libertà

religiosa.

Il “carabiniere di Dio”

Page 22: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Anche nel pontificato di Paolo VI, Ottaviani

rimane fedele alla propria linea teologica. Difende

a oltranza le tesi che hanno ispirato il lavoro della

Commissione teologica preparatoria. Soffre per la

costituzione della Commissione teologica

internazionale: la considera un’ulteriore

spogliazione di autorità del S. Uffizio, che nel

1965 viene ridenominato Congregazione per la

Dottrina della fede.

Leader della minoranza conciliare, nel postconcilio

Ottaviani rimarrà uno dei punti di riferimento di

quegli ambienti che si opporranno alla recezione

del Vaticano II, fino a contestare apertamente le

decisioni ufficiali della S. Sede.

Per esempio, giudica il novus ordo liturgico un

allontanamento dalla teologia cattolica della Messa

e perora il mantenimento della liturgia tridentina.

Nel 1972 incoraggia il Lefebvre a istituire un

centro di azione anche a Roma.

Si pronuncia ripetutamente contro il dialogo

ecumenico e contro l’Ostpolitik vaticana. Muore a

Roma nel 1979.

Page 23: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Esponenti del Coetus

Internationalis Patrum

Michael Browne

(1887-1971)

Arcadio María

Larraona Saralegui

(1887-1973)

Marcel Lefebvre

(1905-1991)

Alfredo Ottaviani

(1890-1979)

Eugène Tisserant (1884-1972)

Ernesto Ruffini

(1888-1967)

Page 24: L’ala critica del Concilio Vaticano II

1) La composizione delle commissioni nelle prime sedute del Concilio

2) l’impostazione del Messale nel senso di una sua traduzione nelle lingue

nazionali: Ottaviani protesta, ma nella congregazione generale del 30 ottobre gli

viene tolta la parola

3) La maggioranza dei Padri respinge lo schema presentato da Ottaviani sulle

“Fonti della Rivelazione”, appoggiato da Siri, Ruffini e Quiroga. Esso sottolinea

che “il dovere di ogni pastore d’anime è di insegnare la verità che rimane sempre e

ovunque immutabile”

4) La maggioranza rifiuta lo schema di Ottaviani su “l’unità della Chiesa”,

giudicato troppo “conservatore”

5) Tra la 1ª e la 2ª sessione viene istituita una commissione per coordinare la

redazione dei nuovi schemi. In essa la maggioranza dei Padri ottiene metà dei

membri rispetto a quelli indicati dalla Curia romana.

I punti di contrasto nella 1ª sessione

Page 25: L’ala critica del Concilio Vaticano II

1) Si discute sull’opportunità dello schema dedicato alla Vergine Maria:

secondo la maggioranza dei Padri, così come è stato concepito dalla Curia è sarebbe

nocivo per l’ecumenismo. Meglio inglobarlo nello schema sulla Chiesa.

2) Sulla proposta di p. Rahner di ristabilire il diaconato permanente, insorgono

Spellman e Bacci, del Coetus: vi vedono un pericolo per il celibato ecclesiastico e le

vocazioni sacerdotali

3) Alla proposta di Suenens di introdurre l’espressione “popolo di Dio” per designare

la Chiesa, Siri si oppone: la nuova dizione potrebbe compromettere l’idea che sia

necessaria la gerarchia ecclesiastica.

4) Circa il tema della collegialità episcopale, gli esponenti del Coetus temono che si

costituisca una specie di “concilio permanente” con centri decisionali locali staccati

da Roma, compromettendo l’autorità del papa.

5) Paolo VI modifica il regolamento conciliare: chiunque voglia prendere la parola in

aula deve comunicare una sintesi del suo intervento almeno 5 giorni prima al

segretario generale; perché una richiesta sia ammessa occorrono 65 firme di Padri

conciliari (non più 5 come prima): così si riducono gli interventi minoritari.

I punti di contrasto nella 2ª sessione

Page 26: L’ala critica del Concilio Vaticano II

1) Un vero e proprio scontro si apre sulla questione della libertà religiosa: i cardinali

Cushing di Boston, Ritter di Saint Louis, Meyer di Chicago e Silva Henriquez di

Santiago del Cile appoggiano il progetto redatto dal cardinal Bea: la libertà religiosa

è un diritto naturale dell’uomo. Ottaviani ritiene esagerato affermare chi obbedisce

alla sua coscienza sia “degno di rispetto”; allo stesso modo non accetta che ogni tipo

di religione sia libera di diffondersi. Ruffini accusa il testo di incoraggiare

l’indifferentismo religioso

2) È in questo dibattito che il Coetus sceglie un’azione più incisiva. Il cardinal

Santos, vescovo di Manila, accetta il compito di portavoce del gruppo, che si

organizza in forma più strutturata, con uffici, personale, materiale per la stampa e

riunioni settimanali.

3) Un’altra questione grave riguarda lo schema su “la Chiesa nel mondo” ispirato da

Suenens. Uno dei punti più delicati è quello su “la santità del matrimonio e la

famiglia”: la maggioranza chiede che il documento non parli dell’amore coniugale

solo in funzione della procreazione e si apra un dibattito sulla contraccezione.

Questo suscita la dura reazione del Coetus.

I punti di contrasto nella 3ª sessione

Page 27: L’ala critica del Concilio Vaticano II

1) Sul tema dell’ateismo, dentro lo schema sui rapporti “Chiesa-mondo”,

nonostante le richieste di molti Padri, non c’è nessuna condanna degli errori

del marxismo, del socialismo e del comunismo. I leader del Coetus redigono

una lettera-petizione dove elencano 10 ragioni per condannare il comunismo.

La lettera ottiene l’appoggio di 450 padri conciliari, ma senza che possa

cambiare la sostanza delle cose.

2) Sulla libertà religiosa il Coetus presenta centinaia di emendamenti che

costringono a modificare il testo dello schema, che però non li soddisfa del

tutto.

3) Quando viene presentato lo schema sulla divina Rivelazione, i membri del

Coetus esprimono riserve per la visione troppo “ecumenica” sui rapporti tra

Scrittura e Tradizione, l’inerranza delle Scritture e la storicità dei Vangeli. Il

Papa riceve numerose proteste e rinvia il testo al quale vengono apportate

alcune modifiche non essenziali.

I punti di contrasto nella 4ª sessione

Page 28: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Già da vescovo-missionario di Dakar (Senegal) non approva

l’idea di Roncalli di convocare un Concilio. Al Concilio

interviene 14 volte, in modo assai critico sull’ecumenismo, la

collegialità e la libertà religiosa. Alla fine e accuserà Paolo VI

di aver stabilito un “nuovo dogma” cioè “la dignità della

persona umana”, che profila il “primato dell’uomo su Dio” e

la “detronizzazione di Cristo”.

Nel 1970 fonda a Roma la sua Fraternità , ma poi ripara a

Econe, in Svizzera, perché teme che i suoi preti possano

essere esposti al vento delle novità conciliari. Paolo VI lo

richiama più volte, alla Fraternità viene revocata

l’autorizzazione, ma Lefebvre ordina alcuni sacerdoti e nel

1976 viene sospeso a divinis.

Montini cerca di ricucire e dieci giorni dopo convoca

Lefebvre a Castelgandolfo. Il colloquio è drammatico, la

rottura totale. Per quattro anni non ci sono contatti. Poi nel

1982 Wojtyla incarica il cardinale Ratzinger di trovare una

soluzione. Il futuro papa va ad Econe. Passano cinque anni,

ma Lefebvre non cede, anzi nel 1987 annuncia di voler entro

un anno consacrare alcuni vescovi. La spaccatura si consuma

infatti l’anno dopo, quando vengono consacrati dei vescovi

senza l’autorizzazione del Vaticano. Ciò provoca la sua

scomunica e l’inizio dello scisma.

Marcel Lefebvre

(1905-1991)

Page 29: L’ala critica del Concilio Vaticano II

Bibliografia di approfondimento

M. Doldi, Il cardinale Giuseppe Siri e il Vaticano II.

L’impegno per il rinnovamento della Chiesa, Cantagalli,

2016

P. Gheda, Siri, la Chiesa, l’Italia, Marietti 1820, 2009

A. Scavo – B. Lai, Giuseppe Siri: le sue immagini, le

sue parole, De Ferrari, 2008

B. Lai, Il papa non eletto: Giuseppe Siri, cardinale di

Santa Romana Chiesa, Laterza, 1993

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E. Cavaterra, Il prefetto del Sant’Offizio. Le opere e i

giorni del cardinale Ottaviani, Mursia 1990

F. Leoni, Il cardinale Alfredo Ottaviani, carabiniere

della Chiesa, Roma 2002

N. Buonasorte, Tra Roma e Lefebvre. Il tradizionalismo

cattolico italiano e il Concilio Vaticano II, Studium 2003

N. Buonasorte, Siri. Tradizione e Novecento, Il Mulino

2006.