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L’ITALIA E IL RESTO DEL MONDO NEL PENSIERO DI PASQUALE STANISLAO MANCINI * Sara Tonolo Professore associato di Diritto Internazionale Università dell’Insubria Recibido: 12.04.2011 / Aceptado: 03.05.2011 Riassunto: Il tema del rapporto tra l’Italia e il resto del mondo nel pensiero di PaSquale STa- niSlao Mancini (1817-1888) definisce il collegamento tra due eventi quasi contemporanei: l’Unità d’Ita- lia, e la formazione del codice civile unico per il Regno e, con esso, delle preleggi contenenti le norme di diritto internazionale privato redatte da Mancini. Tale collegamento si può apprezzare secondo due profili: da un lato la circostanza che l’esistenza di uno Stato unitario è determinante per ogni codifica- zione, e dall’altro la considerazione che l’Unità d’Italia, e, prima del suo raggiungimento, le aspirazioni politiche rivolte a tale obiettivo costituirono l’impulso per nuovi importanti studi di diritto internazionale privato, i quali, più ampiamente riconducibili alla c.d. «scuola italiana del diritto internazionale», hanno esercitato ed esercitano tuttora un’influenza rilevantissima sulla codificazione del diritto internazionale privato nonché sull’interpretazione ed applicazione delle norme che la compongono. Con l’Unità d’Italia si delinea infatti un nuovo metodo di soluzione dei problemi di diritto internazionale privato affermandosi che solo nell’ambito di uno Stato unitario ha senso affermare ad es. che lo stato e la capacità dei veneziani e dei romani sono regolati dalla legge del Regno d’Italia; il richiamo a tale ultima legge assume infatti significato concreto solo nel momento in cui si riconosce l’esistenza del principio di nazionalità italiana anche nei rap-porti di diritto internazionale pubblico, consentendo a veneziani e romani di unirsi concre- tamente alla nazione cui appartengono naturalmente. Principio di uguaglianza e principio di nazionalità si intrecciano anche nel diritto internazionale privato italiano attuale, costituendo così il filo conduttore del confronto tra le idee di Mancini nell’approccio ai problemi concernenti i conflitti tra ordinamenti e le attuali soluzioni. Due sono i profili secondo i quali si svolge tale confronto: da un lato, l’influenza che le idee di Mancini hanno esercitato sulla codificazione vigente del diritto internazionale privato ita- liano; dall’altro gli effetti che, in via interpretativa, potrebbero determinarsi nel momento attuale, in cui ricorre l’anniversario della loro affermazione politico-giuridica, all’atto dell’applicazione delle norme di conflitto nazionali, nell’ambito alle stesse lasciato dalla sempre più estesa disciplina di conflitto di fonte europea, che per molti aspetti si discosta dall’impostazione della «scuola italiana». Parole chiave: diritto internazionale privato, storia del diritto internazionale privato italiano, PaSquale STaniSlao Mancini, Stato – nazione, nazionalità, cittadinanza europea, reciprocità, circola- zione dei giudicati. Abstract: Celebrating the 150th anniversary of the Kingdom of Italy’s foundation also offers the occasion to recoconsider the first civil code of the new unified State (1865) and its rules concerning con- flicts of laws and recognition of foreign judgments, that were drafted by a famous Jurist, PaSquale STan- iSlao Mancini (1817 – 1888), one of the founders of the Italian unity, and many times Minister of Justice and Minister of Foreign Affairs. PaSquale STaniSlao Mancini laid the basis of the so called «Italian School of International Law», whose leading ideas were exposed in his inaugural Lecture at Turin University in Cuadernos de Derecho Transnacional (Octubre 2011), Vol. 3, Nº 2, pp. 178-192 ISSN 1989-4570 - www.uc3m.es/cdt 178 * Il presente scritto costituisce la rielaborazione della Relazione svolta a Como al Convegno «Problemi giuridici dell’Unità», in data 31 marzo 2011.

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L’ITALIA E IL RESTO DEL MONDO NEL PENSIERO DI PASQUALE STANISLAO MANCINI*

Sara Tonolo

Professore associato di Diritto InternazionaleUniversità dell’Insubria

Recibido: 12.04.2011 / Aceptado: 03.05.2011

Riassunto: Il tema del rapporto tra l’Italia e il resto del mondo nel pensiero di PaSquale STa-niSlao Mancini (1817-1888) definisce il collegamento tra due eventi quasi contemporanei: l’Unità d’Ita-lia, e la formazione del codice civile unico per il Regno e, con esso, delle preleggi contenenti le norme di diritto internazionale privato redatte da Mancini. Tale collegamento si può apprezzare secondo due profili: da un lato la circostanza che l’esistenza di uno Stato unitario è determinante per ogni codifica-zione, e dall’altro la considerazione che l’Unità d’Italia, e, prima del suo raggiungimento, le aspirazioni politiche rivolte a tale obiettivo costituirono l’impulso per nuovi importanti studi di diritto internazionale privato, i quali, più ampiamente riconducibili alla c.d. «scuola italiana del diritto internazionale», hanno esercitato ed esercitano tuttora un’influenza rilevantissima sulla codificazione del diritto internazionale privato nonché sull’interpretazione ed applicazione delle norme che la compongono. Con l’Unità d’Italia si delinea infatti un nuovo metodo di soluzione dei problemi di diritto internazionale privato affermandosi che solo nell’ambito di uno Stato unitario ha senso affermare ad es. che lo stato e la capacità dei veneziani e dei romani sono regolati dalla legge del Regno d’Italia; il richiamo a tale ultima legge assume infatti significato concreto solo nel momento in cui si riconosce l’esistenza del principio di nazionalità italiana anche nei rap-porti di diritto internazionale pubblico, consentendo a veneziani e romani di unirsi concre-tamente alla nazione cui appartengono naturalmente. Principio di uguaglianza e principio di nazionalità si intrecciano anche nel diritto internazionale privato italiano attuale, costituendo così il filo conduttore del confronto tra le idee di Mancini nell’approccio ai problemi concernenti i conflitti tra ordinamenti e le attuali soluzioni. Due sono i profili secondo i quali si svolge tale confronto: da un lato, l’influenza che le idee di Mancini hanno esercitato sulla codificazione vigente del diritto internazionale privato ita-liano; dall’altro gli effetti che, in via interpretativa, potrebbero determinarsi nel momento attuale, in cui ricorre l’anniversario della loro affermazione politico-giuridica, all’atto dell’applicazione delle norme di conflitto nazionali, nell’ambito alle stesse lasciato dalla sempre più estesa disciplina di conflitto di fonte europea, che per molti aspetti si discosta dall’impostazione della «scuola italiana».

Parole chiave: diritto internazionale privato, storia del diritto internazionale privato italiano, PaSquale STaniSlao Mancini, Stato – nazione, nazionalità, cittadinanza europea, reciprocità, circola-zione dei giudicati.

Abstract: Celebrating the 150th anniversary of the Kingdom of Italy’s foundation also offers the occasion to recoconsider the first civil code of the new unified State (1865) and its rules concerning con-flicts of laws and recognition of foreign judgments, that were drafted by a famous Jurist, PaSquale STan-iSlao Mancini (1817 – 1888), one of the founders of the Italian unity, and many times Minister of Justice and Minister of Foreign Affairs. PaSquale STaniSlao Mancini laid the basis of the so called «Italian School of International Law», whose leading ideas were exposed in his inaugural Lecture at Turin University in

Cuadernos de Derecho Transnacional (Octubre 2011), Vol. 3, Nº 2, pp. 178-192ISSN 1989-4570 - www.uc3m.es/cdt

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* Il presente scritto costituisce la rielaborazione della Relazione svolta a Como al Convegno «Problemi giuridici dell’Unità», in data 31 marzo 2011.

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1851, with the title «Nationality as foundation of the Law of Peoples»; Mancini argued that nationality is the fundament of international law. This proposition, made for the law of nations, was susceptible of ap-plication also in the field of private international law. As a consequence of the assumption that the Nation, based upon a unity of culture and will, is the unique, legitimate foundation of any independent State, Man-cini maintains that every national system of conflict of laws must respect the Law of nationality, as a trib-ute to the Nations’ equal sovereigty, in the fields of civil law strictly connected with the national identity (personal condition, marriage, family relations, succession in movables and immovables) - that he defines as «necessary Law» not being subject to the parties’ autonomy. In the fields where the parties’ autonomy prevail (e.g. in contractual obligations), the few provisions of the choice of law could be instead accepted. In any case, the fundamental rules established in the interest of the Nation – State must prevail. The ap-plication of such rules, derived from general principles of equal dignity of national States, is to be made without any discrimination based on nationality. Citizens and foreigners must be treated on equal grounds, without any requirement of reciprocity. Such open-minded, internationalistic approach also inspires the rule concerning direct recognition and full credit to be given to foreign judgments. Mancini’s ideas un-doubtely have still some influence on the solution adopted by the recent Italian Reform of Private Inter-national Law (1995), where some restrictions of the former regime (1942) of positivistic inspiration were abandoned. Some hints of Mancini’s thought could also be found in the present trends of the EU uniform private International Law, where any discrimination is banned on national basis and prevalence is given, within the European Citizenship, to the national link that corresponds to the parties self – identification.

Key words: Conflict of Laws, history of Italian PIL, PaSquale STaniSlao Mancini, Nation – State, nationality, european citizenship, reciprocity, recognition of foreign judgments.

Sommario: I. Osservazioni generali. II. Nazionalità, libertà, sovranità e la codificazione del 1865. III. Le idee di Mancini nel diritto internazionale privato attuale: influenza del principio di na-zionalità sulle soluzioni codificate e sulle possibili interpretazioni delle stesse. La disciplina applica-bile ai soggetti titolari di più cittadinanze. IV. Segue. Il caso dei cittadini appartenenti a ordinamenti plurilegislativi. V. Il superamento del principio di reciprocità nel pensiero di Mancini e gli effetti sul diritto internazionale privato attuale. VI. La circolazione dei giudicati. VII. Osservazioni conclusive.

I. Osservazioni generali

1. L’occasione di festeggiare l’Unità d’Italia può certamente leggersi come opportunità per ri-cordare anche la ricorrenza del codice civile unico per il Regno e, con esso, delle preleggi contenenti le norme di diritto internazionale privato alla cui redazione PaSquale STaniSlao Mancini partecipò in maniera significativa1. Si tratta di due eventi inscindibilmente collegati, non solo per il fatto che l’esi-stenza di uno Stato unitario è determinante per ogni codificazione2, ma anche perché l’Unità d’Italia, e, prima del suo raggiungimento, le aspirazioni politiche rivolte a tale obiettivo, costituiscono l’impulso per nuovi importanti studi di diritto internazionale privato, i quali, più ampiamente riconducibili alla c.d. «scuola italiana del diritto internazionale», hanno esercitato ed esercitano tuttora un’influenza rilevan-tissima sulla codificazione del diritto internazionale privato nonché sull’interpretazione ed applicazione delle norme che la compongono.

1 Mancini era membro della Commissione per le modificazioni di coordinamento del codice civile del Regno di Italia, in base al decreto legge del 2 aprile 1865. Sin dalla prima seduta, il 13 aprile 1865, riuscì a ottenere che venisse costituita una Sottocommissione per le disposizioni preliminari al codice civile. Il 26 maggio 1865 la Sottocommissione presentò alla Commissione un progetto completo di diritto internazionale privato, poi approvato dalla Commissione con alcune modifiche redazionali, in e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini, il diritto internazionale privato tra Risorgimento e attività forense», Padova, 1988, p. 99 ss.

2 M. GuTzwiller, «Le développement historique du droit international privé», in Recueil des Cours, 1929 - IV (29), p. 287 ss., a p. 332.

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2. Risale infatti al 22 gennaio 1851 l’avvio di tale scuola da parte di P.S. Mancini, nella sua nota lezione all’Università di Torino3, in cui risulta elemento essenziale del diritto delle genti il «prin-cipio di nazionalità», in ideale armonia con le aspirazioni del popolo italiano, che, sul fondamento della nazionalità, concetto compreso come nazionalità italiana onnicomprensiva solo a partire dal 18484, cercava di costituirsi a Stato, in pari condizione nelle relazioni internazionali con gli altri Stati europei5. Tale principio, teoricamente certo più adeguato alla disciplina dei rapporti interstatuali, qua-le fondamento della sovranità e conseguente obbligo di reciproco riconoscimento, viene da Mancini applicato alla determinazione dei limiti di competenza dei vari ordinamenti giuridici in un contesto più ampio, in cui l’ordine giuridico risulta dall’accordo tra la libertà e gli interessi individuali da un lato e le esigenze della sovranità dall’altro e si esplica nel rispetto della libertà dei cittadini da parte dello Stato. Alla libertà individuale corrispondono le leggi di diritto privato e alle esigenze di sovra-nità le leggi di diritto pubblico. La garanzia della libertà individuale viene assicurata tramite leggi di diritto privato, che devono potersi applicare ovunque, finchè non si incontrano con una disposizione concernente un interesse della sovranità. Da tale considerazione discende pertanto l’extraterritorialità delle leggi di diritto privato e la territorialità delle leggi di diritto pubblico. Elemento essenziale della teoria di Mancini è pertanto il principio di nazionalità, non privo di elementi «mistici» di connessione dell’individuo al suo paese d’origine sulla base di fattori culturali e di legami sentimentali, portato delle idee romantiche all’epoca diffuse6: la religione, la razza, la lingua, le costumanze, la storia, le leggi7 sono elementi costitutivi della identità nazionale, chiaramente derivati dalle idee politiche dell’epoca8; Mancini vi aggiunge un elemento soggettivo: la coscienza della nazionalità, elemento grazie al quale si afferma la pretesa di dare riconoscimento giuridico alle aspirazioni della Nazione con la costituzione dello Stato unitario.

3. Ai fini della soluzione dei problemi di diritto internazionale privato, determinazione della leg-ge applicabile, individuazione del giudice competente, tale principio assume per necessità la centralità della cittadinanza, appartenenza ad uno Stato, anche se in realtà nel pensiero di Mancini non è comple-tamente chiaro il rapporto tra Nazione e Stato9; sono pertanto motivi di opportunità pratica ad indurre Mancini ad affermare che non vi è altra possibilità che stabilire la nazionalità in base alla cittadinanza10; sarebbe infatti troppo complesso determinare la legge applicabile ad una determinata fattispecie in base alla nazionalità in senso politico, ovvero intesa con riferimento all’aggregazione naturale non sempre necessariamente coincidente con lo Stato, e anche in base all’interno sentimento di appartenenza di ogni individuo.

3 P. S. Mancini, «Della nazionalità come fondamento del diritto delle genti», Prelezione al corso di diritto internazionale e marittimo dell’Università di Torino, 22 gennaio 1851, a cura di e. JayMe, Torino, 2000, p. 23 ss.; tale lezione inaugura il corso della cattedra di diritto pubblico esterno ed internazionale privato dell’Università degli Studi di Torino, istituita per PaSquale STaniSlao Mancini, esule napoletano, con una legge speciale del 14 gennaio1850.

4 Si veda ad es. l’art. 6 delle leggi civili del Regno delle due Sicilie, secondo il quale: «I nazionali del Regno delle due Sicilie, ancorchè residenti in paese straniero, sono soggetti alle leggi che riguardano lo stato e la capacità delle persone», ove, sul modello del Code Napoléon, con i nazionali si intendono i cittadini – sudditi.

5 Su tale aspetto si veda amplius la Relazione della prof. c. STorTi, «L’indipendenza dell’Italia e il diritto internazionale della prima metà dell’Ottocento».

6 Si vedano ad es. i presupposti della nascita degli Stati in G.B. Vico, «La scienza nuova», Milano, 1977, 2, libro V, 5, p. 452; per la rielaborazione delle idee filosofiche e letterarie dell’epoca (alfieri, foScolo, leoPardi, nieVo), da parte di Mancini si veda e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini», cit., p. 60 ss.

7 P.S. Mancini, «Della nazionalità», cit., p. 31.8 Si veda ad es, il richiamo a Vico in P.S. Mancini, «Della nazionalità», cit., pp. 22-24; o il richiamo a Fichte, «…la lingua

è la nazione», in P.S. Mancini, «La vita de’ popoli nell’umanità». Prelezione al corso di diritto internazionale pubblico, privato e marittimo pronunziata nella Università di Roma, in Prelezioni, Roma, 1872, p. 163 ss., p. 189.

9 P.S. Mancini, «La vita», cit., p. 196 ss.: il diritto della Nazione pare porsi al di sopra di quello dello Stato, in quanto im-mutabile ed eterno, pur spettando allo Stato porre le norme giuridiche.

10 P.S. Mancini, «Processi verbali delle sedute della commissione speciale nominata con R. Decreto del 2 aprile 1865 al fine di proporre le modificazioni di coordinamento delle disposizioni del Codice Civile e le relative disposizioni transitorie a mente della legge di detto giorno», Torino, 1866, p. 623, in e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini», cit., Appendice, p. 101 ss.

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4. Il principio di nazionalità, oltre alle motivazioni ideali politiche, di chiara ispirazione maz-ziniana, che ne suggerivano l’estensione e l’applicazione come principio universale11, in sostituzione del domicilio, criterio tradizionale all’epoca degli statutari, ma riproposto anche da Savigny, in ordine alle questioni personali, si ricollega inoltre strettamente a un altro principio generale dell’ordinamento e del sistema di diritto internazionale privato: il principio di eguaglianza, o universalità, come espresso nell’art. 3 del c.c. del 1865, secondo il quale lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti ai cittadini12. Tale norma assume così un significato storico sancendo l’abolizione di tutte le inferiorità che un tempo colpivano gli stranieri solo in quanto tali, ma non riguarda assolutamente la disciplina concreta dei diritti civili che gli stranieri possono esercitare in Italia; tale aspetto è poi rimesso alla determinazio-ne della legge competente secondo le disposizioni successive, fortemente ispirate dalle idee di Mancini. E’ infatti dal riconoscimento della perfetta uguaglianza tra gli Stati nelle loro relazioni reciproche che discende la necessità di riconoscere gli stessi diritti agli individui appartenenti alle diverse nazioni, ap-plicando analoghe regole di diritto internazionale privato13.

5. Principio di uguaglianza e principio di nazionalità si intrecciano dunque sia nel diritto inter-nazionale pubblico sia nel diritto internazionale privato, e l’Unità d’Italia è il momento storico in cui si può apprezzare in maniera sensibile tale intreccio, dal momento che, come autorevolmente rilevato da uno studioso dell’epoca, finchè Venezia rimane soggetta all’Austria e Roma allo Stato Pontificio, non ha senso affermare che lo stato e la capacità dei veneziani e dei romani sono regolati dalla legge del Regno d’Italia; il richiamo a tale ultima legge avrà infatti significato concreto solo nel momento in cui si ricono-scerà l’esistenza del principio di nazionalità italiana anche nei rapporti di diritto internazionale pubblico, consentendo a veneziani e romani di unirsi concretamente alla nazione cui appartengono naturalmente14.

6. Principio di uguaglianza e principio di nazionalità si intrecciano però anche nel diritto inter-nazionale privato italiano attuale costituendo così il filo conduttore del confronto tra le idee di Mancini nell’approccio ai profili concernenti i conflitti tra ordinamenti e le attuali soluzioni vigenti relativamente ai rapporti «tra l’Italia e il resto del mondo», nei rapporti privatistici interindividuali transnazionali. Due sono i profili secondo i quali si condurrà tale confronto: da un lato, l’influenza che le idee di Mancini hanno esercitato sulla codificazione vigente del diritto internazionale privato italiano; dall’altro gli ef-fetti che, in via interpretativa, potrebbero determinarsi nel momento attuale, in cui ricorre l’anniversario della loro affermazione politico – giuridica, all’atto dell’applicazione delle norme di diritto interna-zionale privato, nell’ambito alle stesse lasciato dalla sempre più estesa disciplina di conflitto di fonte europea15, che per certi versi si discosta dall’impostazione della «scuola italiana».

11 Per Mazzini, il principio di nazionalità rileva come «pensiero comune, principio comune, scopo comune», Scritti scelti, in G.SaBaTucci, a. Giardina, V. VidoTTo, «Profili storici», Roma, 1997, p. 591.

12 f.c. SaViGny, «System des heutigen Römischen Rechts», Berlin, 1849, VIII, p. 295 ss.13 P.S. Mancini, «Utilità di rendere obbligatorie per tutti gli Stati sotto forma di uno o più trattati internazionali alcune

regole generali del diritto internazionale privato per assicurare la decisione uniforme tra le differenti legislazioni civili e crimi-nali», in Diritto internazionale, 1959, p. 377 ss.

14 P. eSPerSon, «Le droit international privé dans la législation italienne», in Journal du Droit International, 1880, p. 249 s. 15 Sul noto processo di «comunitarizzazione del diritto internazionale privato», intrapreso a far data dall’entrata in vigore

del Trattato di Amsterdam, al fine di attuare lo spazio giudiziario europeo in materia civile e commerciale, con atti propri a efficacia diretta, con il fine, tra l’altro, di agevolare l’esercizio effettivo delle libertà comunitarie di circolazione, residenza, lavoro, stabilimento e prestazione dei servizi, si veda in generale: P. de MiGuel aSenSio, «La evolución del derecho interna-cional privado comunitario en el Tratado de Amsterdam», in Revista española de derecho internacional, 1998, p. 373 ss.; a. BorráS, «Derecho internacional privado y Tratado de Amsterdam», ibidem, 1999, p. 383 e ss.; c. Kohler, «Interrogations sur les sources du droit international privé européen après le Traité d’Amsterdam», in Revue critique de droit international privé, 1999, p. 1 ss.; e. JayMe, «Zum Jahrtausendwechsel: Das Kollisionsrecht zwischen Postmoderne und Futurismus», in IPRax, 2000, p. 165 ss.; f. Pocar, «La comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una “European Conflict of Laws Revolu-tion”?», in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2000, p. 873 ss.; id, «La codification européenne du droit international privé: vers l’adoption de règles rigides ou flexibles vers les États tiers?» in Le droit international privé: esprit et methodes. Mélanges en l’honneur de Paul Lagarde, Paris, 2005, pp. 697-705; S. BariaTTi, «La cooperazione giudiziaria in materia civile dal terzo pilastro dell’Unione europea al Titolo IV del trattato CE», in Diritto dell’ Unione Europea, 2001, p. 261 ss.; K. Boele woelKi-r. h.Van ooiK, «The Communitarization of Private International Law», in Yearbook of Private In-ternational Law, 2002, p. 1 ss.; l.S. roSSi, «L’incidenza dei principi del diritto comunitario sul diritto internazionale privato:

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II. Nazionalità, libertà, sovranità e la codificazione del 1865

7. Dall’affermazione del principio di nazionalità come principio fondamentale della costruzione manciniana discendono diverse conseguenze, tra le quali assume fondamentale rilevanza per il diritto internazionale privato il principio di extraterritorialità delle norme di diritto privato. A questo riguardo, Mancini suddivide tali norme in due categorie: il diritto necessario, ovvero il diritto cui gli individui non possono derogare tramite la loro volontà e comprende le leggi relative allo stato e capacità delle persone, ai rapporti di famiglia e alla successione ereditaria, che è indissolubilmente legata alla famiglia; il diritto volontario, o il diritto posto dalle leggi cui gli individui possono derogare, comprendente in particolare la materia dei contratti, in cui si preferisce rimettere la regolamentazione dei rapporti contrattuali alla volontà delle parti, intervenendo la legge solo in mancanza di quest’ultima.

8. La parte necessaria del diritto privato si forma sotto l’influenza dei fattori naturali che con-traddistinguono un popolo in base alle stesse caratteristiche (razza, situazione geografica, clima, culture, tradizioni, ecc.), definendone la nazionalità. Ad es. le leggi che stabiliscono la maturità e dunque la ca-pacità di agire dei soggetti, in particolare la capacità a contrarre matrimonio, dipendono dallo sviluppo psico-fisico dei soggetti stessi e possono variare all’interno delle differenti popolazioni, essendo dunque necessariamente sottoposte al principio di nazionalità. Il diritto necessario è pertanto destinato ad essere extraterritoriale perché è nazionale; non sarebbe giusto sottoporre un soggetto a leggi diverse da quelle definite dalla nazionalità in ordine alla determinazione di tali aspetti, che sono necessariamente condi-zionati dai fattori determinanti della nazionalità.

9. Nella parte volontaria del diritto privato ogni individuo può invece scegliere se sottoporsi alla legge nazionale o a una legge diversa. In questo campo è la volontà delle parti ad avere un ruolo essenziale; la legge si limita ad integrarla solo ove manchi tale manifestazione, dal momento che prevale il principio di libertà.

10. Limite comune ai principi di libertà e nazionalità è rappresentato dal principio di sovranità in base al quale ogni Stato può respingere l’applicazione delle leggi straniere nelle ipotesi in cui essa com-porti un contrasto con l’ordine pubblico; il principio di sovranità vale ad affermare l’efficacia territoriale rigorosa delle leggi che sono destinate a tutelare le esigenze e gli interessi dello Stato. Si definiscono, in questo modo, i principi di ordine pubblico, tra i quali Mancini include anche la regola secondo la quale i rapporti giuridici relativi ai beni immobili sono sottoposti alla legge del luogo di situazione della cosa (art. 7, 2° co., disp. prel. c.c.)16

11. Tale sistema ha avuto grande seguito in ambito scientifico e dal punto di vista pratico ha ispirato la codificazione del titolo preliminare del c.c. del 1865, nell’ambito del quale l’introduzione del principio di nazionalità ha rappresentato una grande innovazione rispetto al principio del domicilio in precedenza generalmente accolto, e proposto anche in Germania da SaViGny17.

La legge individuata, tramite questo criterio di collegamento è quella dello Stato al quale l’indi-viduo appartiene in qualità di cittadino.

Il fondamento del criterio della cittadinanza nel sistema di Mancini si è in seguito rivelato discu-tibile, essendo stata fortemente criticata la sua presunta coincidenza con il c.d. diritto privato necessario, riscontrandosi al contempo che vi sono aspetti derogabili nelle materie che Mancini vi ricomprende, pertanto suscettibili di essere regolati in base alla volontà delle parti, e aspetti inderogabili nel diritto privato volontario, entro i quali la volontà delle parti opera solo in quanto autorizzata dalle norme di

dalla “comunitarizzazione” alla “costituzionalizzazione”», in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2004, p. 63 ss.

16 Altri criteri di collegamento previsti dalle disp. prel. al c.c. del 1865 sono: la cittadinanza, come criterio esclusivo, nel diritto delle persone, di famiglia, di successione ereditaria (art. 6 e 8 disp. prel.), e concorrente con altri criteri di collegamento nel diritto delle obbligazioni (art. 9 disp. prel. e art. 48 cod. comm.).

17 f.c. SaViGny, «System des heutigen Römischen Rechts», cit., VIII, p. 108.

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legge18. Tuttavia a favore della cittadinanza come criterio di collegamento codificato nelle disp. prel. al c.c. si sono svolte diverse argomentazioni, tuttora utilizzabili nei riguardi del sistema attuale di d.i.p. fortemente condizionato dalle idee di Mancini. Innanzitutto si pone a favore della cittadinanza l’inte-resse dello Stato di appartenenza a regolare certi aspetti della vita privata dei propri cittadini, anche nel caso in cui essi si trovino all’estero; rileva inoltre la maggiore conoscenza e prevedibilità della disciplina conseguente alla cittadinanza da parte del soggetto che ne è titolare, rispetto a quella indicata da altri cri-teri, quale ad es. il domicilio, che infatti non ricorre nell’ambito delle disp. prel . al c.c. come criterio di collegamento, se non deducendolo indirettamente in materia di obbligazioni civili dall’ultima clausola dell’art. 9 delle disposizioni preliminari19.

12. Un altro principio teorico manciniano cui si ispira la codificazione del 1865 è, come si è detto20, l’uguaglianza tra ordinamenti, che, in quanto strumento atto a risolvere i conflitti di leggi, ha ispirato norme bilaterali perfette, ovvero norme dirette a richiamare su basi di parità per gli stessi tipi di casi la lex fori e il diritto straniero. Questa caratteristica discende dal principio manciniano di favorire quanto più possibile l’uguaglianza dei sistemi in presenza nei casi con elementi di estraneità. Mancini ritiene infatti che la scelta dei sistemi giuridici in conflitto in relazione ad una determinata fattispecie debba aver luogo senza discriminare tra l’uno o l’altro di essi, soddisfando così in egual misura gli interessi di italiani e stranieri, applicando loro su basi di perfetta parità i rispettivi diritti nazionali.

13. A tale principio si ricollega inoltre la disciplina del diritto processuale civile internaziona-le, che vede la propria origine proprio nelle idee di Mancini e nel trasferimento dallo stesso operato delle norme sulla giurisdizione dal codice civile al codice di procedura civile21. Il presupposto della giurisdizione consiste nel fatto che i tribunali devono essere accessibili a italiani e stranieri e, quanto alla circolazione delle sentenze, si prevede un’ampia riconoscibilità delle stesse. Rileva in particola-re, quanto alla definizione delle regole di giurisdizione la previsione della proroga di giurisdizione a favore di cittadini stranieri22, nonchè la teorizzazione concernente il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere; in tale contesto le idee liberali di Mancini, ovvero la parità e l’uguaglian-za tra ordinamenti, si erano tradotte nell’art. 10 disp. prel .c.c. secondo il quale si disponeva come esclusiva la disciplina per rendere esecutive in Italia le sentenze straniere secondo le forme e le regole del c.p.c., ovvero l’art. 941 che prevedeva in materia un giudizio di delibazione dinanzi alla Corte d’appello nella cui giurisdizione le sentenze dovevano essere eseguite solo nel caso in cui si dovesse procedere a esecuzione forzata (cui venne poi assimilata l’idoneità a dar luogo a iscrizioni o trascri-zioni nei pubblici registri)23.

18 Si veda ad es. d. anziloTTi, «Corsi di diritto internazionale privato e processuale», Padova, 1996, p. 47 ss.; l. i. de winTer, «Nationality or Domicile? The Present State of Affairs», in Recueil des Cours, 1969, p. 347 ss.

19 Nelle disp. prel. c.c. 1865 si prevede inoltre: il luogo di situazione del bene immobile che è oggetto di un diritto reale (art. 7 disp. prel. c.c.); la nazionalità del proprietario per i diritti reali sui beni mobili (art. 7 disp. prel. c.c.); il luogo in cui viene posto in essere un atto giuridico (art. 9 per la forma degli atti e art. 58 cod. comm.); il luogo in cui avviene un fatto suscettibile di produrre conseguenze giuridiche (art. 9, 2_ co.); il luogo in cui si esegue un atto o un rapporto (art. 10, 4 co. disp. prel. c.c.). Sugli aspetti positivi della cittadinanza si veda e. ViTTa, «Memoriale e progetto di legge», in Problemi di riforma del diritto internazionale privato italiano, Atti del Convegno del Consiglio Nazionale del Notariato, Milano, 1986, p. 19 ss.

20 Si veda sul punto supra il par. 1.21 Al fine di determinare la giurisdizione italiana, rileva infatti la residenza abituale o il domicilio del convenuto, pre-

sente sia nell’art. 106, n. 1 c.p.c. sia all’interno dell’art. 5 della Convenzione dell’Aja del 1902 sul divorzio e la separazione personale dei coniugi, da determinarsi in base a principi giuridici in vigore nell’ordinamento del giudice di cui si determina la competenza, anche ai fini della nozione convenzionale, relativamente alla quale si preferisce tale interpretazione, man-candosi una nozione unitaria di domicilio. Rileva inoltre il luogo di situazione della cosa che è oggetto di un diritto reale (art. 106, n.1 c.p.c.); il luogo in cui viene posto in essere un atto giuridico (art. 105, n.2 c.p.c.); il luogo in cui avviene un fatto suscettibile di produrre conseguenze giuridiche (art. 105, n. 2 c.p.c.); il luogo in cui si esegue un atto o un rapporto (art. 105, 2 co. C.p.c.).

22 P.S. Mancini, «Esame di un’opera di diritto internazionale privato pubblicata da Nicola Rocco e del rapporto fatto dal Portalis sulla stessa all’Accademia delle scienze morali e politiche di Francia», in Le ore solitarie, 1844, p. 23 ss.

23 Si veda sul punto infra il par. VI.

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III. Le idee di Mancini nel diritto internazionale privato attuale: influenza del principio di nazio-nalità sulle soluzioni codificate e sulle possibili interpretazioni delle stesse. La disciplina applica-bile ai soggetti titolari di più cittadinanze

14. Il primo profilo di indagine relativo all’influenza delle idee di Mancini sulla codificazione attuale del diritto internazionale privato riguarda il fondamentale principio di nazionalità.

Tale principio, posto da Mancini alla base della costruzione del sistema di diritto internazionale privato, in quanto obiettivo ideale da attuare, e in parte attuato nella codificazione delle disp. prel. c.c. del 1865, quale portato ideologico dei principi ispiratori dell’Unità dello Stato italiano, in funzione di una cosciente esplicazione collettiva della base sociale in cui gli individui sono muniti di diritti fon-damentali e innati, si configura quale elemento essenziale del sistema italiano di diritto internazionale privato, tuttora in vigore.

15. Non sono infatti le considerazioni di opportunità pratica e politica, che si pongono anche alla base dell’applicabilità del collegamento della cittadinanza ai rapporti personali (stabilità e certezza dello statuto personale), ai diritti su cose mobili (lex patriae del proprietario più facilmente individua-bile del luogo di situazione mutevole per natura), alle successioni, salvo diversa volontà del de cuius di richiamare un diritto straniero per la successione dei propri beni situati nel territorio dello Stato, ad avere suggerito la conservazione di tale collegamento in tutte le norme volte a regolare i rapporti personali e familiari degli individui, dapprima nelle disp. prel. c.c. del 1942 e in seguito nella l. 218/95, ma piut-tosto la considerazione dell’individuo come titolare di diritti fondamentali e come soggetto del diritto internazionale privato a rendere la cittadinanza il criterio principale del sistema italiano di diritto inter-nazionale privato. E’ mutato tuttavia l’approccio al criterio della cittadinanza utilizzato, già a far data dalle disp. prel. al c.c. del 1942, non più come espressione di un ideale di nazionalità ma con riferimento a un soggetto particolare all’interno di determinati rapporti, quale «nazionalità di gruppo»24 (rapporti fra coniugi, filiazione, adozione).

16. La tensione ideale all’applicazione estesa di tale criterio, in attuazione del principio di nazio-nalità di ispirazione manciniana, appare tuttavia oggi suscettibile di una duplice interpretazione nel mo-mento in cui alla cittadinanza italiana si affianca la cittadinanza europea, quale portato dell’inserimento dell’Italia nell’ambito integrato dell’Unione europea.

17. L’applicazione delle prerogative che dalla cittadinanza europea derivano ha infatti imposto entro molti ordinamenti una revisione nel funzionamento delle norme di diritto internazionale privato, quando rivolte a privilegiare la cittadinanza del foro rispetto a quella europea, con inevitabili possibili discriminazioni, a partire dalla nota sentenza Garcia aVello25. I principi enunciati da tale sentenza e dalla giurisprudenza che ne è seguita26 sono infatti suscettibili di estendersi, modificandoli, entro i siste-mi di conflitto che prevedono il collegamento della cittadinanza e risolvono i conflitti tra cittadinanze con la prevalenza di quella del foro, come ad es. la legge italiana di diritto internazionale privato in materia di diritto al nome (artt. 24 e 19)27.

24 a. MiGliazza, «Problemi generali di una nuova codificazione del diritto internazionale privato», in Problemi, cit., p. 360.25 Sentenza 2 ottobre 2003, causa C - 148/02, Garcia Avello e Stato belga, in Rivista di diritto internazionale privato e

processuale, 2003, pp. 1088-1095, § 45.26 Sentenza 14 ottobre 2008, in causa C - 353/06, Grunkin- Paul, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale,

2009, p. 221 ss., sulla quale si veda M. lehMann, «What’s in a name? Grunkin - Paul and Beyond», in Yearbook of Private International Law, 2008 p. 135 ss.; c. honoraTi, «Free Circulation of Names for EU Citizens», in Diritto dell’ Unione europea, 2009, p. 392 ss.; V. liPP, «Namensrecht und Europarecht – Die Entscheidung Grunkin-Paul II und ihre Folgen für das deutsche Namensrecht», in Das Standesamt, 2009, p. 1 ss. Sul punto, si veda in generale c. honoraTi, «La legge applicabile al nome tra diritto internazionale privato e diritto comunitario nelle conclusioni degli avvocati generali», in G. VenTurini, S. BariaTTi (a cura di), «Nuovi strumenti del diritto internazionale privato, Liber Fausto Pocar», Milano, 2009, p. 473 ss., p. 476 ss.

27 Per un’analisi comparata di alcuni sistemi di conflitto, si vedano le Conclusioni dell’Avvocato generale F. G. Jacobs, in Corte giust., 2 ottobre 2003, in causa C – 148/02, Garcia Avello, cit, par. 8 ss.

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18. L’influenza del principio manciniano di nazionalità potrebbe indurre a ritenere che le de-roghe alla cittadinanza del foro non possano valere nell’ordinamento italiano secondo quanto prevede l’art. 19 della l. 218/9528. Ciò, naturalmente nei limiti in cui il collegamento della cittadinanza si co-ordini con altri momenti di collegamento, come ad es. in tema di diritto al nome, con la disciplina dei rapporti di famiglia, cui di regola l’attribuzione di quest’ultimo si ricollega (art. 24, primo comma, II parte), conducendo a soluzioni effettivamente alternative rispetto alla lex civitatis solo in casi limitati (ad es. il diritto al nome dei figli legittimati per susseguente matrimonio, relativamente ai quali lo status di figlio viene accertato, in base all’art. 34 l. 218/95, secondo la legge nazionale del figlio nel momento in cui avviene la legittimazione, oppure secondo la legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento29).

19. Tuttavia, pare più corretto ritenere che, al di là di tali casi in cui la prevalenza della cit-tadinanza italiana, alla luce della lettura congiunta degli artt. 24 e 19, secondo comma, viene evitata dall’operatività di altri criteri di collegamento (ad es. quello del rapporto sulla cui base il nome è stato attribuito in caso di disciplina del diritto al nome), è possibile che anche entro il sistema italiano di con-flitto si verifichino dei casi in cui la prevalenza della nazionalità del foro si traduca in una violazione del divieto di discriminazione30. In particolare, si pone con evidenza il problema della disapplicazione dell’art. 19, 2° co., l. 218/95 e della ricerca di un’alternativa, individuabile o in un potere discrezionale dell’autorità amministrativa di fare riferimento al «superiore interesse del minore», o all’applicazio-ne della cittadinanza più effettiva, metodo preferibile, in quanto, come suggerito dalla giurisprudenza straniera,31 rivolto ad individuare un’unica cittadinanza competente dal punto di vista di tutti gli ordina-menti in conflitto.

20. Le soluzioni individuate da Mancini possono in via interpretativa indurre a confermare l’opportunità di tale scelta32, nell’ambito del secondo profilo di indagine concernente il confronto con il diritto internazionale privato attuale, in ragione del fatto che il richiamo al principio di nazionalità non si traduce in un’aprioristica applicazione della cittadinanza italiana, in presenza di altre cittadinanze, risolvendosi più opportunamente i problemi determinati dall’assenza di legami con un solo Stato, tra-mite il riferimento al vincolo culturale dell’individuo, ovvero al criterio linguistico, per individuare la cittadinanza applicabile ai soggetti titolari di più cittadinanze33.

21. Occorre inoltre ricordare che grazie a tali soluzioni interpretative si delinea un’inversione di tendenza del c.d. «declino» della cittadinanza come criterio di collegamento34, apprezzabile a partire dalle Convenzioni dell’Aja del secondo dopoguerra, che, soprattutto in materia di status e rapporti di famiglia, preferiscono altri criteri di collegamento quale ad es. la residenza abituale35. A seguito della

28 In tal senso: r. clerici, «Art. 19», in f. Pocar eT al., «Commentario del nuovo diritto internazionale privato», Padova, 1996, 95 - 105; B. Barel, «Art. 19», in S. BariaTTi (a cura di), «Legge 31 maggio 1995, n. 218. Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato», in NLCC, Padova, 1996, 1075-1085.

29 Per il nome dei figli di genitori di diversa cittadinanza non si raggiunge una soluzione ugualmente alternativa, dato che l’art. 33 dispone che lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita.

30 Sui problemi posti dalla prevalenza, nell’ordinamento italiano, della cittadinanza italiana in ordine alle fattispecie con-cernenti i bipolidi, si veda in generale S. BariaTTi, «La disciplina giuridica della cittadinanza italiana», II, Milano, 1996, p. 66 ss.; n. BoSchiero, «Appunti di diritto internazionale privato», Torino, 1996, p. 55; G. carella, «Rapporti di famiglia (dir. intern. priv.)», in Enc. Dir., Agg., V, Milano, 2001, pp. 895-928, p. 910.

31 Si veda ad es. Landesgericht München, 21 settembre 1998, in Das Standesamt, 1999, p. 174 Oberlandesgericht Zwei-brücken, 22 marzo 1999, in Das Standesamt, 1999, p. 208; Bayerisches Oberstes Landesgericht, 17 giugno 1999, in FamRZ, 2000, p. 56 ss.

32 P. S. Mancini, «Samama», in Quistioni di diritto, Napoli, 1880, I, p. 257; si veda inoltre P. S. Mancini, T.M.c. aSSer, «Conclusions et résolutions proposées a l’Institut de droit international», Genève, in Revue de droit international et de législa-tion comparée, 1874, p. 582 e ss.:» Ils sont régis subsidiairement par les lois du domicile, lorsque différents législations civiles coexistent dans un même État, où il s’agit de personnes sans aucune nationalité ou qui ont double nationalité».

33 Questa è la soluzione indicata da e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini», cit., p. 78.34 d. f. caVerS, «’Habitual Residence’»: a Useful Concept?, in The American University Law Review, 1972, p. 476 e ss.35 Come ad es. la Convenzione dell’Aja del 15 giugno 1955 sulla vendita internazionale di merci, la Convenzione dell’Aja

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comunitarizzazione del diritto internazionale privato, si ritorna infatti, a seguire, seppure in ambiti ma-terialmente limitati, il collegamento della cittadinanza, come ad es. in tema di separazione e divorzio36, e l’interpretazione che ne dà la Corte di giustizia di Lussemburgo appare sorprendentemente coerente ai principi manciniani: in caso di duplice cittadinanza di un coniuge e anche per l’ipotesi che una di esse non sia effettiva sussiste la competenza di entrambi i fori con conseguente scelta della parte relativamen-te a quello cui attribuire la cognizione della controversia37. E’ dunque ipotizzabile che quando diverrà operativa la scelta della legge applicabile alla separazione e al divorzio, per effetto del Regolamento n. 1251/201038, la stessa si possa indirizzare verso ogni ordinamento richiamato in base al collegamento della cittadinanza di ciascun coniuge.

IV. Segue. Il caso dei cittadini appartenenti a ordinamenti plurilegislativi

22. Un altro caso problematico relativo all’applicazione del principio di nazionalità, come indi-viduato ai fini della soluzione di problemi di conflitto tramite la cittadinanza, riguarda i cittadini di Stati con ordinamenti plurilegislativi.

23. Per la soluzione di tali situazioni, Mancini aveva prospettato la c.d. «eccezione» al principio di nazionalità39, tramite il richiamo al collegamento del domicilio40, sia per i cittadini di Stati con ordi-namenti plurilegislativi a base c.d. territoriale,41sia per i cittadini di ordinamenti plurilegislativi a base personale, nell’ambito dei quali il domicilio risulta funzionale alla determinazione della nazionalità en-tro la quale si trova il «centro di gravità» del rapporto, suggerendola anche come soluzione da accogliere in sede di uniformazione del diritto internazionale privato, nel suo rapporto del 1874 all’Institut de droit international42.

24. La risoluzione dell’Institut de droit international, adottata ad Oxford nel 188043, pur affer-mando quale opportuna soluzione in tema di capacità il richiamo della legge nazionale, da assicurarsi tramite la stipulazione di trattati internazionali, secondo le teorie di Mancini, prevede una deroga a que-ste ultime, per effetto di una mozione del PieranToni, genero di Mancini44, nel senso che, in presenza di

del 24 ottobre 1956 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, la Convenzione dell’Aja del 15 aprile 1958 sul ricon-oscimento delle decisioni in materia di obbligazioni alimentari.

36 Si veda in tal senso l’art. 3 del Regolamento 2201/2003, del 27 novembre 2003 (in G.U.U.E. del 23 dicembre 2003 L. 338, pp. 1-29, in vigore dal 1° marzo 2005).

37 Sentenza 16 luglio 2009, causa C - 168/09, Hadadi, in Riv. dir. int. priv. proc., 2010, p. 176 ss.38 Si veda l’art. 5 lett. c) del Regolamento n. 1251/2010 del 20 dicembre 2010, in G.U.U.E., del 29 dicembre 2010, L 343,

pp. 10 e ss., relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separa-zione personale.

39 Si veda, in tal senso, K. h. nadelMann, «Mancini’s Nationality Rule and Non – Unified Legal Systems», in American Journal of Comparative Law, 1969, p. 418 ss., a p. 420.

40 Diversa è invece la rilevanza della difformità dei criteri di collegamento nell’ambito del procedimento del rinvio, rela-tivamente al quale è dibattuta l’ammissibilità dello stesso nel pensiero di Mancini. Mancini ammette certamente che vi siano criteri di collegamento diversi come ad es. il domicilio e la nazionalità, che possono determinare in certe fattispecie un «conflit inextricable», ad es. nella lettera del 16 settembre 1881 ai rappresentanti diplomatici italiani, in e. JayMe (a cura di), Della nazionalità, cit., p. 73 e ss. Dibattuta è invece la possibilità di ammettere, secondo il pensiero manciniano, il superamento di tale conflitto tramite il rinvio: per la soluzione negativa, si veda infatti ViTTa, Memoriale e progetto di legge, cit., p. 36. Pare tuttavia che il rispetto del modo di essere dei diversi ordinamenti giuridici, quale portato della nazionalità quale espressione di libertà, potrebbe condurre all’ammissibilità del rinvio secondo il pensiero manciniano. Si veda in tal senso e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini», cit., p. 73 ss.

41 P. S. Mancini, «Processi verbali», cit., p. 623.42 P.S. Mancini, «Rapporto a l’Institut de droit international», 31 agosto 1874, Ginevra, in e. JayMe (a cura di), Della na-

zionalità, cit., p. 169 ss., p. 173 e s. 43 «Principes généraux en matière de nationalité, de capacité, de succession et d’ordre public», Annuaire, éd. Abrégée, vol.

I, pp. 587-604, pp. 731 - 73244 Tale conclusione si deve a una coincidenza di circostanze: l’assenza di Mancini alla sessione del 1875 per malattia e

a quelle dal 1876 al 1879 per i concomitanti impegni derivanti dalla carica di Ministro della giustizia dallo stesso assunta, e

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un cittadino appartenente a un ordinamento plurilegislativo, si regoli la capacità secondo quanto prevede il diritto interno dello Stato cui egli appartiene (e non secondo il collegamento del domicilio). Deroghe successive al collegamento della cittadinanza in materia di disciplina della capacità per la necessità di tutelare le esigenze del commercio internazionale sono introdotte dalle Risoluzioni di Amburgo del 1891 e di Cambridge del 189545, e più ampiamente nella Risoluzione di Cambridge del 193146.

25. La soluzione dell’Institut è stata tradizionalmente seguita in materia di ordinamento pluri-legislativo dalle codificazioni di diritto internazionale privato di molti paesi: art. 5, 3° co., della legge austriaca di diritto internazionale privato del 15 giugno 197847, art. 4, 3° co., della legge tedesca di diritto internazionale privato del 25 luglio 198648, e solo limitatamente dalla legge italiana di diritto internazio-nale privato. L’art. 18 di questa prevede infatti che si richiami in prima battuta il criterio di collegamento impiegato dall’ordinamento plurilegislativo richiamato, dovendosi invece fare riferimento, in mancanza di esso, al sistema normativo con il quale il caso presente il collegamento più stretto. Si tratta dunque di una soluzione «eclettica»49, grazie alla quale la nostra disciplina di conflitto dispone così anche la pos-sibilità che siano richiamati sistemi normativi di tipo religioso, quali quelli esistenti negli ordinamenti plurilegislativi su base personale.

26. Evidente l’influenza delle idee di Mancini su questa soluzione attualmente accolta dal si-stema italiano di conflitto, e della c.d. eccezione dallo stesso elaborata in materia rispetto al principio di nazionalità. Tale eccezione è attualmente funzionale a risolvere il richiamo di ordinamenti plurilegi-slativi su base personale, quali ad es. quelli religiosi; l’attualità del pensiero di Mancini, con riguardo a questo aspetto, si può leggere nella circostanza che egli stesso aveva considerato le difficoltà che il confronto con tali ordinamenti può determinare. La necessità di teorizzare l’apertura del mondo europeo ad altri sistemi giuridici, soprattutto a quelli di ispirazione islamica, si apprezza infatti nella Relazione alla camera dei deputati del 20 marzo 1875, sul tema «Modificazione della giurisdizione esercitata dai Consolati italiani in Egitto»50, in cui Mancini sostiene la necessità di derogare alla giurisdizione conso-lare italiana, «offesa permanente alla indipendenza nazionale dei popoli cui compete la sovranità terri-toriale nei rispettivi paesi» a favore dell’introduzione della competenza dei tribunali egiziani anche con riguardo ai cittadini di altri Stati europei residenti in Egitto. Evidente l’influenza dell’idea dell’«umanità delle nazioni» di Vico nel senso universale del termine51, anche nell’ambito dell’analogia dal Mancini delineata con le Repubbliche marinare italiane che, mediante i loro trattati sul mutuo riconoscimento delle sentenze, avevano in passato considerato i sovrani islamici del Nordafrica come controparti dotati di completa uguaglianza di diritti.

27. Alcuni profili contraddittori in questo approccio alla soluzione dei conflitti con ordinamenti religiosi si evidenziano tuttavia nelle soluzioni elaborate da Mancini nel noto caso Samama52, con-

l’ingresso nell’Institut di studiosi dei paesi di common law , che determinarono una modifica delle linee guida di Mancini, dapprima alla sessione di Bruxelles del 1879, in cui si attribuisce rilievo al domicile of origin, ed infine nella sessione di Oxford del 1880, in cui, sempre in assenza di Mancini, si approva la mozione di suo genero, auGuSTo PieranToni, marito della primo-genita Grazia, avvocato e professore, rivolta a risolvere il problema dell’ordinamento plurilegislativo tramite il richiamo della legge previsto dallo Stato di nazionalità del soggetto di cui si tratta. Su tali aspetti e sulla connessione tra la soluzione di Pier-anToni proposta all’Institut de droit international e l’opportunità della stessa ai fini del caso Samama, si veda K.h. nadelMann, «Mancini’s Nationality Rule», cit., p. 428 e ss.

45 Evidente l’influenza del noto caso Lizardi, in Journal du Palais, 1862, p. 427, su tali risoluzioni, in Annuaire, éd. Abré-gée, vol. II, p. 1201, vol. III, p. 779. Sul punto si veda in generale f. MoSconi, «La legge regolatrice della capacità delle persone fisiche: dalle proposte di Pasquale Stanislao Mancini alla prassi convenzionale», in Studi in onore di Ago, Milano, 1987, IV, p. 187 ss.

46 «Conflits de lois en matière de capacité», in Annuaire, 1931, vol. 36, t. II, pp. 69-93, 237-238.47 In BGBl , 1978, p. 304.48 In BGBl , 1986, p. 1142.49 G. coneTTi, «Art. 18», in S.BariaTTi (a cura di), Legge 31 maggio 1995, n. 218, cit., p. 1072.50 P. S. Mancini, «Discorsi», IV, pp. 535 e ss.51 G. B. Vico, «La scienza nuova», cit., p. 452.52 P. S. Mancini, «Samama», Napoli, II, 1880, cit., p. 211 ss.

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cernente la successione testamentaria di un ebreo tunisino deceduto a Livorno con proprietà in Italia, Francia e Tunisia, relativamente alle quali aveva redatto un testamento olografo in Francia. Alcuni pa-renti contestavano la validità formale del testamento secondo il diritto ebraico, cui rinviava il diritto tunisino, applicabile in base all’art. 8 delle disp. prel. al c.c. del 1865. Allo scopo di assicurare la libertà e l’uguale godimento dei diritti a cittadini e stranieri, Mancini sostiene infatti, seppure in via subordi-nata rispetto alle tesi che il de cuius potesse aver rinunciato alla cittadinanza d’origine, e che comunque si dovesse applicare la legge italiana in base al rinvio operato dal criterio del domicilio previsto dalla legge francese53, che l’applicazione di un diritto religioso si ponga in contrasto con l’ordine pubblico in quanto rivolta a limitare la libertà dell’individuo di non sottostare a prescrizioni religiose54. Anche se la Cassazione di Firenze non accoglie tale tesi ritenendo applicabile il diritto talmudico come richiamato dalla cittadinanza del de cuius, ai fini di affermare la validità del testamento de quo55, la prospettazione di Mancini appare un interessante spunto di soluzione di alcuni profili attualmente rilevanti, non solo per la concezione positiva dell’ordine pubblico, ancora oggi attuale nonostante la formulazione negativa dell’art. 16 l. 218/95, ma anche per la considerata possibilità, seppure poi non ritenuta concretamente praticabile, che il diritto religioso potesse ricevere applicazione, seppur limitata dall’ordine pubblico, nell’ambito, appunto di un ordinamento plurilegislativo.

V. Il superamento del principio di reciprocità nel pensiero di Mancini e gli effetti sul diritto inter-nazionale privato attuale

28. Un altro aspetto relativamente al quale si può apprezzare, in via interpretativa, l’influenza del pensiero di Mancini sull’applicazione del diritto internazionale privato attuale riguarda il principio di reciprocità.

29. A tale riguardo occorre innanzitutto ricordare, come si è visto56, che le teorie liberali di Man-cini portano a considerare gli stranieri in posizione di parità con i cittadini quanto al godimento dei diritti civili, in quanto sovranità e cittadinanza sono principi intrinsecamente legati.

30. Risulta pertanto incompatibile con la costruzione sistematica di sovranità e cittadinanza il principio di reciprocità, principio, come noto, risalente, secondo il giudizio di BarTolo da SaSSoferraTo al diritto romano, e codificato in Italia già nel codice austriaco (par. 33), dalle leggi civili napoletane (art. 9) e dal codice albertino, ad eccezione che nella successione (art. 26)57, allo scopo di subordinare l’ap-plicazione di diritti a favore dei cittadini stranieri alla verifica del trattamento riservato nelle medesime circostanze nell’ambito dell’ordinamento di appartenenza dello straniero.

31. Secondo il Mancini, invece, non vi è alcuna ragione di distinguere gli individui in base a condizioni personali, in vista delle «idee di universal comunanza del genere umano»58, «perché la società civile è uno stato di natura e basta nascer uomo per appartenere ad una società civile; né può esistersi senza questo esercizio. E quindi lo straniero dovunque potrà obbligarsi, far testamento, succedere, ecc., tranne per alcuni atti che includono una certa giacentia della persona, impossibile ad aversi spesso da uno straniero mal noto, come per far testimonianza negli atti pubblici e…» 59. Mancini ritiene necessario supe-

53 Sulla rilevanza del caso Samama ai fini della teoria del rinvio, che peraltro aveva consentito a Mancini di vincere il primo e secondo grado di giudizio, si veda amplius c. caMPiGlio, «Versatilità e ambiguità del meccanismo del rinvio», in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2010, p. 368 ss.

54 P.S. Mancini, «Samama», Napoli, I, 1880, cit., p. 282 ss.55 Cass. Firenze, 25 aprile 1881, in Monitore dei Tribunali, 1881, p. 601.56 Si veda sul punto supra il par. 1.57 Sul punto si veda amplius c. STorTi STorchi, «Ricerche sulla condizione giuridica dello straniero in Italia dal tardo

diritto comune all’età preunitaria», Milano, 1989, p. 263 ss.58 Carte Mancini, 859.1. (3).59 Carte Mancini, loc. cit.

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rare ogni forma di reciprocità, sia essa fondata sull’esistenza di trattati con lo Stato di appartenenza dello straniero, o di fatto, ovvero basata sulla concreta valutazione dei diritti riconosciuti ai cittadini stranieri nello Stato di appartenenza del soggetto del cui diritto si tratta, per affermare la completa equiparazione dello straniero al cittadino60. La disciplina concreta della singola fattispecie in cui lo straniero si trova ad esercitare tali diritti è poi rimessa al diritto internazionale privato e alle disp. prel. al c.c. del 1865.

32. Tali idee, rivolte alla completa equiparazione tra cittadini e stranieri, e ispirate più ampiamen-te al principio di uguaglianza non solo naturale, ma anche giuridica di tutti gli uomini non si affievolirono con la repressione dei moti connessi con la prima guerra di indipendenza, ma si estesero con la formazio-ne di una più completa teorizzazione da parte dei c.d. «cosmopoliti», ovvero quanti proclamavano la ne-cessità di abolire la condizione di reciprocità al fine di evitare la disparità di trattamento degli stranieri61.

33. Nel pensiero di Mancini «l’espressione diritto internazionale privato divenne la parola d’or-dine contro un trattamento degli stranieri discriminatorio nel campo dei diritti civili»62, che riceve ade-guata codificazione nell’art. 6 delle disp. prel. c.c. secondo il quale «Lo stato e la capacità delle persone, ed i rapporti di famiglia, sono regolati dalla legge della nazione cui esse appartengono». Con la formu-lazione di norme di conflitto bilaterali il trattamento dei cittadini e degli stranieri viene parificato senza trascurare la diversità della fattispecie.

34. Tali principi sono stati però alquanto ridimensionati nelle disp. prel. al c.c. del 1942, in cui l’in-fluenza delle opposte idee di anziloTTi, che diversamente da Mancini aveva impostato la propria costruzio-ne del diritto internazionale sulla sovranità dello Stato cui l’individuo è subordinato, hanno condotto alla codificazione del principio di reciprocità nell’ambito dell’art. 16 disp. prel. c.c. allo scopo di subordinare l’applicazione di diritti a favore dei cittadini stranieri alla verifica del trattamento riservato nelle medesime circostanze nell’ambito dell’ordinamento di appartenenza dello straniero. Tale limite si pone infatti come questione distinta rispetto al contenuto dei diritti riconosciuti agli stranieri in base alla legge individuata dalle norme di conflitto italiane: vale infatti relativamente al contenuto materiale dei diritti reciprocamente attribuiti ai cittadini italiani nell’ordinamento di appartenenza del soggetto di cui si tratta63.

35. La riforma del diritto internazionale privato del 1995 apparentemente non ha toccato tale disposizione, come suggerito da parte della dottrina64, pur abrogando gli artt. 17-31 delle disp. prel. c.c., ponendo così alcuni problemi interpretativi: in materia di riconoscimento delle società straniere, si è ad es. discussa la possibilità di riconoscere le persone giuridiche straniere costituite secondo la legge del luogo di costituzione; in ordine all’esercizio di altri diritti civili, quale ad es. il risarcimento dei danni derivanti da un incidente sul lavoro di un congiunto si è negato il riconoscimento di tale pretesa in as-senza di prova certa del rispetto della reciprocità65.

60 P.S. Mancini, «Rapporto a l’Institut de droit international», 31 agosto 1874, cit., p. 169 e ss. Per un’analoga teorizzazione rivolta a criticare ogni forma di reciprocità, in quanto «(…) obstacle à la grande circulation des capitaux, aux progrès du com-merce et de l’industrie», si veda P. eSPerSon, «Le droit international privé», cit., p. p. 339.

61 Si veda ad es.: a. Paroldo, «Saggio di codificazione del diritto internazionale», Torino, 1851; P. eSPerSon, Le droit international privé, cit., p. 339.; f. laurenT, «Études sur le droit international privé», in Journal du Droit International, 1878, p. 343 ss. Differente l’approccio degli studiosi dei paesi di common law, vincolati per ragioni storiche e ideologiche all’applicazione generalizzata della lex fori nella soluzione dei conflitti di legge.

62 e. JayMe, «Pasquale Stanislao Mancini», cit., p. 24.63 Sul principio di reciprocità, si veda in generale a. Giardina, «Commento all’art. 16 disp. prel.», in Commentario al

codice civile, a cura di Scialoja – Branca, Roma – Bologna, 1978, p. 11; B. naSciMBene, «Cittadinanza, apolidia e condizione giuridica dello straniero nella giurisprudenza italiana», in Comunicazioni e Studi, 1980, XVI, p. 805 ss.; G. coneTTi, «Reciproc-ità e diritti fondamentali del lavoratore straniero», in Riv. giur. lav. e prev. soc., 1989, p. 130 ss.; c. STorTi STorchi, «Il ritorno alla reciprocità di trattamento. Profili storici dell’art. 16, 1° co., disp. prel. del codice civile del 1942», in I cinquant’anni del codice civile, Milano, 1993, p. 501 ss.

64 r. luzzaTTo, «Stato e capacità delle persone», in Problemi di riforma , cit., p. 425 ss.65 Trib. Vicenza, 27 aprile 2000, in Rivista di diritti internazionale privato e processuale, 2000, p. 130 ss.: si trattava

dell’azione esercitata dai genitori di un cittadino bosniaco dipendente di una ditta italiana deceduto in ambito lavorativo, i quali risiedevano a Fiume a seguito delle note vicende del conflitto in Bosnia.

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36. Alle critiche già ampiamente rivolte in dottrina in ordine alla ricostruibilità di un’abrogazio-ne implicita del principio di reciprocità sulla base della rilevanza costituzionale dei diritti fondamentali dell’individuo, ovvero dei valori sottesi alla nuova codificazione di diritto internazionale privato66, che potrebbero, nel caso in cui non si ammetta la prima ipotesi comunque condurre alla revisione dell’ambito di applicazione della reciprocità67, pare possa certamente aggiungersi la considerazione dei principi man-ciniani che oggi si ricordano in occasione dell’unità di Italia: il rispetto della cittadinanza degli stranieri e del principio di uguaglianza, e il riconoscimento automatico delle decisioni straniere, da leggersi coerente-mente con il principio dell’apertura ai valori giuridici stranieri, dovrebbero poter sostenere tali conclusioni.

VI. La circolazione dei giudicati

37. Le idee liberali di Mancini e la parità degli ordinamenti giuridici dallo stesso teorizzata si pongono alla base del sistema dallo stesso ideato di automatico riconoscimento delle decisioni, che pre-scinde dalla reciprocità, quale è stato codificato nel c.p.c. del 1865.

38. Quanto alla circolazione dei giudicati, la teorizzazione di Mancini ha avuto due meriti: unificare la procedura civile all’epoca differente nei differenti Stati preunitari68, e segnare una notevole apertura verso i valori giuridici stranieri.

39. Tali idee si ricollegano alla più ampia teorizzazione manciniana, rivolta alla creazione di regole di diritto internazionale privato uniforme, obiettivo fondamentale delineato da Mancini già nel 1874 durante la prima sessione dell’Institut de droit international (Ginevra) di cui fu il primo presidente, e successivamente espresse in maniera più ampia con l’ideazione di una Conferenza internazionale per la conclusione di una convenzione generale sulla circolazione dei giudicati che Mancini, in qualità di Ministro degli esteri (1881), voleva convocare a Roma nel 1884, avendo già in passato intrapreso dei negoziati a tal fine69. Tale Conferenza non si tenne mai, a causa dell’epidemia di colera all’epoca scop-piata (che determinò la convocazione di una conferenza sanitaria), e rimase così inalterata la disciplina prevista dal c.p.c. del 1865, che pur contiene gli spunti per quel processo di uniformazione della circola-zione dei giudicati che, partito con la Convenzione di Bruxelles del 1968, è tuttora in evoluzione verso la c.d. abolizione dell’exequatur con i nuovi regolamenti dell’Unione europea.

40. Il presupposto su cui Mancini fonda le proprie teorie in merito all’unificazione del diritto inter-nazionale privato è la circostanza in base alla quale la comunanza del diritto tra persone di diversa nazio-nalità è impossibile; al fine di superare le differenze nelle decisioni di casi simili, Mancini propone invece di unificare il diritto internazionale privato, applicando leggi straniere sulla base di criteri uniformi70.

41. Relativamente al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni, le idee liberali di Mancini, ovvero la parità e l’uguaglianza tra ordinamenti si erano tradotte, come si è detto71, nell’art. 10 disp.

66 c. caMPiGlio, «Abrogazione dell’art. 16 delle preleggi per nuova disciplina?», in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2000, p. 45 ss.; id, «Reciprocity in the treatment of aliens in Italy: good reasons for its abolition», in The Italian Yearbook of International Law, 2001, p. 125 ss.

67 G. coScia, «Condizione di reciprocità e diritto internazionale privato», in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2000, p. 557 ss.

68 Ad es. nel Granducato di Toscana le sentenze di altri Stati avevano solo valore indicativo; nel Granducato di Modena invece si procedeva al riesame del merito solo se il convenuto impugnava la sentenza straniera; nel Granducato di Parma si distingueva se la sentenza riguardava un cittadino dello Stato di Parma oppure no: nel primo caso si procedeva a un nuovo giudizio.

69 Già nel 1867, Mancini era stato incaricato dal governo italiano di proporre un primo progetto di convenzione di diritto uniforme ai vari governi europei. Sul fallimento dello stesso, e sugli esiti successivi si veda T.M. c. aSSer, «Droit international privé et droit uniforme», in Revue de droit international et de législation comparée, 1880, p. 14 ss.

70 P. S. Mancini, Utilità di rendere obbligatorie, cit., p. 377 ss.71 Si veda sul punto supra il par. 1.

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prel .c.c. secondo il quale si disponeva come esclusiva la disciplina per rendere esecutive in Italia le sentenze straniere secondo le forme e le regole del c.p.c., ovvero l’art. 941 che prevedeva in materia un giudizio di delibazione dinanzi alla Corte d’appello nella cui giurisdizione le sentenze dovevano essere eseguite. Tale procedimento era però necessario solo nel caso in cui si dovesse procedere a esecuzione forzata (cui venne poi assimilata l’idoneità a dar luogo a iscrizioni o trascrizioni nei pubblici registri); nelle ipotesi in cui la sentenza straniera dovesse essere meramente riconosciuta (come ad es. le sentenze dichiarative che accertano l’inesistenza di un diritto), non era invece previsto alcun procedimento. Ciò in corrispondenza agli assunti manciniani, che avevano ugualmente ispirato l’adozione di norme di conflit-to perfettamente bilaterali e che aveva condotto ad accordare allo straniero i diritti civili senza il limite della reciprocità. Il giudizio di delibazione venne in seguito definito, dapprima con la riforma MorTara del 1919, che modifica l’art. 941, 1° co. C.p.c., nel senso di intendere la competenza internazionale con riguardo ai criteri fissati dalle preleggi, estendendone però l’efficacia al riconoscimento di ogni effetto della cosa giudicata, e successivamente con una propria completa autonomia determinata dall’influenza del principio della sovranità dello Stato, propria di anziloTTi, travolgendo la costruzione manciniana.

42. La riforma del 1995 ha eliminato la necessità generale del giudizio di delibazione ritornando così alle indicazioni manciniane, coerentemente con il principio di apertura ai valori giuridici stranieri che caratterizza il nuovo sistema italiano di diritto internazionale privato. Evidente pertanto l’influenza del pensiero di Mancini sull’automatico riconoscimento delle sentenze straniere attualmente previsto.

43. In via interpretativa, l’influenza delle idee di Mancini si può inoltre apprezzare in merito alle possibili integrazioni della disciplina attualmente vigente, nelle ipotesi in cui sia incerta la riconoscibi-lità dei provvedimenti stranieri; ciò accade ad es. relativamente alla riconoscibilità dei provvedimenti stranieri in materia di status e di rapporti di famiglia delle persone, per i quali l’art. 65 della l. 218/95 prevede un riconoscimento a condizioni più agevolate rispetto alla disciplina generale per i provvedi-menti provenienti dagli Stati la cui legge è richiamata dalle disposizioni italiane di conflitto. Nei casi in cui, come ad es. in materia di diritto al nome, tale ampia riconoscibilità rischi di essere limitata dalla previsione di disposizioni che escludano la riconoscibilità di provvedimenti provenienti da ordinamenti diversi da quello italiano, in presenza della cittadinanza italiana del soggetto di cui si tratta, si può ritene-re che il richiamo dei principi manciniani renda possibile una differente soluzione orientata a favorire la circolazione dei giudicati e l’apertura ai valori giuridici stranieri, anche al fine di una più efficace tutela di un diritto fondamentale dell’individuo72.

VII. Osservazioni conclusive

44. L’analisi dei rapporti tra Italia e resto del mondo nel pensiero di Mancini ovvero della di-sciplina dei rapporti civilistici interindividuali transnazionali ha evidenziato il legame forte tra l’unità d’Italia e la sistematica costruzione del diritto internazionale privato dallo stesso proposta. Nonostante l’evoluzione che tale disciplina ha subito secondo le sollecitazioni internazionali ed europee, o forse proprio a causa di tali circostanze, il legame si può apprezzare anche oggi, e non solo per l’occasione contingente delle celebrazioni del 150° anniversario, ma anche per il rilievo generalmente attribuito ai principi su cui si fonda tale legame: uguaglianza e nazionalità.

45. L’uguaglianza tra cittadini e stranieri è la premessa interpretativa della disciplina, rimasta inalterata nel corso dell’evoluzione temporale appena considerata: se allo straniero non fossero ricono-sciuti i diritti civili, non si porrebbe nemmeno il problema di determinare la legge ad essi applicabile, questione fondamentale del diritto internazionale privato.

72 Si veda in tal senso S. Tonolo, Il riconoscimento di atti e provvedimenti stranieri concernenti il diritto al nome nell’ordinamento italiano, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2009, p. 849 e ss.

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46. I presupposti attuali del funzionamento e dell’applicazione delle norme del diritto interna-zionale privato si riconducono ancora, in linea di principio, superati alcuni diversi assunti del positivi-smo, alla teoria di Mancini concernente l’uguaglianza tra lex fori e diritto straniero, che deve orientare la scelta del diritto applicabile senza discriminazioni di alcun genere. Evidente la connessione così svi-luppata, sulla base di tali presupposti, tra diritto internazionale privato e tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Il diritto internazionale privato attuale si intreccia infatti spesso con i temi della tutela internazionalmente garantita dei diritti dell’uomo73, basti pensare alla nozione di ordine pubblico positi-vo, sempre più spesso utilizzata per affermare la necessaria rilevanza di posizioni giuridiche soggettive fondamentali, o all’automatica riconoscibilità dei provvedimenti in materia di status e di diritti della personalità74.

47. Quanto alla nazionalità, nonostante l’apparente declino del concetto di cittadinanza come criterio di collegamento75, non si può non notare la nuova recente considerazione dello stesso, a seguito dell’introduzione della nozione di cittadinanza europea.

48. A partire dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, e ancor più a seguito del Trattato di Amsterdam, che ha precisato come la cittadinanza europea «completa» quella nazionale, si sono posti vari problemi concernenti il rapporto tra le prerogative della cittadinanza europea e il diritto internazio-nale privato. La cittadinanza europea è funzionale all’esercizio di prerogative fondamentali dell’indivi-duo, garantite, quanto al funzionamento, dal principio di non discriminazione.

49. Restano da risolvere alcuni interrogativi circa la sua interrelazione con le cittadinanze nazio-nali cui si aggiunge e che comunque sono destinate a risolvere i problemi di diritto internazionale priva-to quanto all’individuazione di legge applicabile e di giudice competente, come ad es. la determinazione di tale criterio in caso di plurima cittadinanza. La soluzione che viene individuata dalla giurisprudenza di Lussemburgo, ed è seguita anche nell’ambito dei singoli ordinamenti degli Stati membri, risulta in qualche modo coerente alla teorizzazione di Mancini. Si pensi, ad es., alla recente giurisprudenza concernente l’applicazione della cittadinanza come criterio di giurisdizione in caso di separazione e divorzio: in caso di duplice cittadinanza di un coniuge sussiste la competenza di entrambi i fori a scelta dell’attore76. La ricerca della cittadinanza più effettiva sulla base di altri criteri di collegamento concor-renti alla definizione di tale soluzione pare in tal senso coerente alla soluzione manciniana di definizione della cittadinanza in base alla coscienza della nazionalità, e in qualche modo corrispondente alle risa-lenti indicazioni di Mazzini: «così facendo, sarete italiani, e vi troverete per legge di cose, europei»77.

73 P. Mayer, «La Convention européenne des droits de l’homme et l’application des normes étrangères», in Revue critique de droit international privé, 1991, p. 659 ss.

74 P. haMMie, Droits fondamentaux et ordre public, in Revue critique de droit international privé, 1997, p. 9 e ss.75 Sul quale, si veda supra il par. 376 Sentenza 16 luglio 2009, causa C - 168/09, Hadadi, cit., p. 176 e ss.77 G. Mazzini, Dell’Unità italiana, in G. Mazzini, Dell’Unità italiana e altri scritti politici, a cura di o. Micucci, Ancona,

2011, p. 28.

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