Lagi A. - Il tesoro della Principessa (2002)

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A. Lagi, Il tesoro della principessa. La tomba degli ori a Buccino, estratto da Campania Felix, anno 4, n. 1 (maggio 2002), pp. 48-50

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DEI MONUMENTI

NAPOLI, I LUOGHIDELLA PIETANAPOLI, I LUOGHIDELLA PIETA

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LA TOMBA DEGLI ORIA BUCCINOI GIARDINI

DELLA MINERVA A SALERNOMICCO SPADARO

IL CASTELLODI CICALA

GLI ANTICHI TRATTURIDELLA DAUNIA

VENTAROLI, S. MARIAIN FORO CLAUDIOVENTAROLI, S. MARIAIN FORO CLAUDIO

FRIGENTOANTICHE PRESENZEFRIGENTOANTICHE PRESENZE

BENEVENTOL’ARCO DI TRAIANOBENEVENTOL’ARCO DI TRAIANO

POLLA, IL SANTUARIODI S. ANTONIOPOLLA, IL SANTUARIODI S. ANTONIO

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Dalla scoperta, dalla tutela e dallavalorizzazione del PatrimonioArcheologico, Architettonico eAmbientale, la strada maestra perun vero e duraturo sviluppo econo-mico e culturale della comunitàbuccinese.In una più ampia visione, l’ideazio-ne e i l f inanziamento di unProgetto Integrato Territoriale(PIT) denominato “ItinerarioTerritorio Antica Volcei”, progettoapprovato dalla Regione Campanianell’ambito del P.O.R. Campania2000-2006 Asse II-Beni Culturali.Tale itinerario coinvolge intorno alPolo Archeologico di Volcei-Buccino altri quindici paesi facentiparte dell’ager Volceianus.A Buccino è già stato assegnato ilf inanziamento di 7.390.000,00Euro per la realizzazione del MuseoArcheologico e di 2.070.000,00Euro per la valorizzazione delParco Archeologico dell’anticaVolcei.

Arch. Giovanni Sacco

Comune di BuccinoAssessorato al Patrimonio Archeologico,Architettonico e Ambientalevia Vittime del 16 Settembre 194384021 Buccino (SA)tel. +39.0828.951008 • 0828.752311 gr

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plastica a foglie e boccioli di loto;o il candelabro con la lucerna, di-sposto vicino alla porta e i moniliprobabilmente poggiati sul corpodella defunta. Proprio il letto fune-bre e gli oggetti personali deposticon la defunta sembravano aversubito il maggiore sconvolgimentoa causa della frana, tanto che ilcranio della defunta e i frammentidella corona della stessa si rinven-nero fuori della sepoltura. Fortunatamente, i blocchi dellaparete in sito avevano trattenutoun prezioso set di vasi in metallopregiato, probabilmente parte diun servizio per cosmesi d’argento,comprendente una bottiglia e unacoppa in argento decorate concorone di edera lavorate a niello,uno strigile, alcune pinzette e spa-toline, due laminette d’argentodorato con grifi e leoni affrontati,una conchiglia portabelletti del

genere cardium. Insieme a questierano gli ornamenti personalicostituiti da una ricca parure dioreficeria di produzione tarantina:due orecchini a doppia protome dileone e di ariete, due borchie cir-colari decorate da motivi vegetaliin filigrana, una collana a magliapiatta e pendenti lanceolati, unbracciale in lamina con anima inrame e terminazioni a protomileonine, decorate a filigrana esmalto colorato, due anelli digita-li, uno dei quali conservava ancorail castone in corniola incisa conAfrodite ed Eros. Alcune testine inargento potrebbero far parte diuna collana simile a quella rinve-nuta nella tomba di Roccagloriosa,o essere decorazioni dell’abito o diuna cintura.Il vasellame in bronzo era invecedisposto a lato del letto funebre:due vasi per liquidi (olpai) con

coperchio e colino, un bacile condoppia ansa con attacco a palmet-te traforate, e un’applique con unleone che assale un cervo, un can-delabro con piedi leonini nascentida teste di grifo. Un bell’esempla-re di specchio a teca, con coper-chio ornato da una figura diTritone che cavalca un mostromarino, doveva far parte dell’in-sieme per cosmesi, anche se furinvenuto presso l’angolo sud-ovest della tomba. La presenza ditombe di grande ricchezza - latomba 104, a pochi metri didistanza da quella degli ori, harestituito, tra l’altro, un vaso fir-mato dal ceramografo pestanoAssteas - denota l’emergere, allametà del IV sec. a.C., di un nuovoceto dominante, da identificare,verosimilmente, con quello che“fondò” la città ed eresse le murasul finire dello stesso secolo. Di

Nel giugno del 1995 a Buccino, inun piccolo campo posto ai marginidell’area archeologica di SantoStefano, un aratro riportò insuperficie un blocco di pietrasquadrata. Fortunatamente, unodei primi a vederlo fu un collabo-ratore locale della SoprintendenzaArcheologica di Salerno, che notòla somiglianza tra questo e lelastre di calcare con cui eracostruita la tomba 104, scavatanegli anni Ottanta a poca distanzada lì, all’epoca dei lavori eseguitidopo il terremoto e che, per laprima volta, avevano rivelato lagrande ricchezza archeologicadell’area. Ebbe così inizio, grazie aquesta casualità, ma graziesoprattutto all’attenzione che siera venuta creando nella comuni-tà buccinese per la ricerca archeo-logica in corso in quegli anni, loscavo della tomba 270, la tomba

degli ori, la più ricca tra quellescavate finora a Buccino. La possi-bilità di un intervento tempestivofu garantita dalla grande disponi-bilità dei proprietari del terreno,che lo misero immediatamente adisposizione della Soprintendenzae che, con cordialità e partecipa-zione, ci seguirono giorno pergiorno, tanto che negli occhi ceru-lei della nonna, vera matriarcadella famiglia, divenuta per tuttinoi “zia Filomena”, vedemmo pas-sare l’ansia della ricerca, l’aspetta-tiva e la certezza del risultato e,infine, l’orgoglio delle radici ritro-vate. Lo scavo, nelle prime fasi,mise in luce un cumulo di pietre didiverse dimensioni, testimonianzadi un’enorme frana che avevacoinvolto, come scoprimmo piùtardi, tutta l’area del Santuario diSanto Stefano. Dopo aver rimossogli strati di crollo, finalmente,

vedemmo emergere dal terreno iprimi blocchi in situ di un edificio,che si rivelò essere una tomba acamera di cui restavano la paretesud e parte della parete est dove lastruttura era stata ricavata da unaroccia emergente dal terreno, cosìcome l’accesso (dromos) allasepoltura. Al di sotto di un sottilestrato di calce, residuo dell’intona-co delle pareti, era conservato ilcorredo, organizzato per gruppiomogenei (le ceramiche, i bronzi, imonili), ordinatamente dispostointorno al letto funebre e sulladefunta, fermato al suo posto epreservato da violazioni, dal crollodella struttura stessa. Così le cera-miche a vernice nera, tutte di pro-duzione apula, di diverse forme,erano disposte intorno al vaso piùsignificativo: il bel lèbes gamikòs,il vaso della sposa, dalla complica-ta costruzione, con la decorazione

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In alto:monili della tomba

degli ori.Pagina successiva.

In alto:ricostruzione della

tomba degli ori,nell’Antiquarium di

Buccino-VolceiIn basso:

parte di un servizioper cosmesi

d’argento.

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I LUOGHI DELLA MEMORIA

Il tesoro della PrincipessaLa tomba degli ori a Buccino

testo: Adele Lagi*foto: Soprintendenza Archeologica

di Salerno

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tale classe dominante era dunquemembro la signora degli ori.Ancora più intrigante e complessosembrò il suo ruolo quando l’am-pliamento dello scavo nell’areacircostante la tomba mise in luce,a pochissimi metri di distanza, unastruttura sacra cui essa non pote-va non essere legata. In una piazza lastricata con basolidi pietra locale e delimitata damuri in opera poligonale (grossiblocchi irregolari montati a secco)erano ricavati due pozzi per l’ac-qua, mentre uno stretto podio,leggermente rilevato, conduceva auna vasca, quasi una depressionenel piano basolato, dove si racco-glieva l’acqua proveniente da unospeco nel muro, vasi per attingerel’acqua erano invece dispostilungo i muri perimetrali. La fun-zione sacra dell’area, confermatadal rinvenimento di alcuni oggettivotivi, risulta chiaramente legataalla presenza dell’acqua e per ilconfronto con simili complessi interritorio lucano (per esempio ilSantuario di Macchia di Rossanodi Vaglio) è possibile ipotizzare unculto di Mefite, una divinità che fada tramite tra il cielo e la terra,colei che sta in mezzo (osco mefiaequivale al latino media e al grecomese) e dunque divinità dei vivi edei morti, sempre legata alla pre-

senza dell’acqua. Sembra chiaraconferma dell’aspetto ctonio (sot-terraneo, legato al mondo deimorti) del culto, il rinvenimento diun melograno carbonizzato tra iresti di un sacrificio su un altaresotterraneo, identificato nel recin-to sacro che aveva preceduto, inetà tardo arcaica (fine VI-inizi Vsec. a.C.), la piazza lastricata.La signora degli ori, membro del-l’aristocrazia dominante, fu vero-similmente sacerdotessa di Mefite

nel complesso del grande San-tuario a terrazze di Santo Stefano,e per questo fu sepolta nell’ambi-to della stessa area sacra, cosìcome avvenne per il defunto depo-sto nella tomba 104 sulla terrazzasuperiore del santuario, dove sem-bra attestato l’aspetto maschiledel culto.*Funzionario della Soprintendenza Archeologicaper le province di Salerno, Avellino e Benevento

Info pag. 78English extract page 72

La vasta zona qui consideratacomprende l’estremità orientaledell’avellinese, racchiusa tra i corsifluviali del Miscano, del Cervaro,del Calaggio, dell’Ufita e delCalore. In questo territorio, in granparte collinoso, si trovano i princi-pali valichi della Campania ches’affacciano al Tavoliere, lungo iquali si è progressivamente svilup-pata la viabilità antica, passandodai primitivi tratturi alle vie roma-ne, dalle strade medievali allemoderne autostrade. In questaarea - che spazia dalle zone meri-dionali ai rilievi del Sannio, dallegreggi del Tavoliere occidentale aquelle del Molise meridionale -transitava una via, poco conosciu-ta dallo stradario delle “consolari”romane e che, indicata come laMinucia (o Minutia), da un’anticae nobile famiglia romana, prose-guiva nelle stesse direzioni dellerotte tansumanti. Ma, ancor prima

che i Romani frequentassero que-sti territori, i Sanniti trovaronoquesti percorsi già modificati dal-l’uomo e già battuti dalle greggi.Dopo la romanizzazione delSannio, i coloni edificarono le lorodimore nelle vallate, costellando ilpaesaggio di una miriade di pagi(villaggi), che determinarono ladeviazione della vecchia stradaEgnazia (che scorreva sui crinalimontuosi) e la creazione di altricollegamenti. In seguito, i Romaniproposero una regolamentazioneper queste vie armentizie, definen-dole calles pubblicae (vie pubbli-che) ed emanando leggi e decretiche tutelavano, lungo il loro per-corso, mandrie e mandriani, peco-re e pastori, ben intuendo l’enormericchezza che poteva derivare daqueste attività. Fu così che ildestino dei tratturi divenne stret-tamente collegato all’evoluzionedella transumanza. Queste piste

erano di vitale importanza per losviluppo della pastorizia, e ad essefu destinato un razionale sfrutta-mento delle locazioni, relativo aiterritori riservati al pascolo. Lungoqueste vie, numerosi furono queipunti di sosta (conosciuti oggicome taverne) individuati comestationes, lungo i quali sono anda-te formandosi le attuali contradedi campagna. Dal XVI secolo in poile tracce dei tratturi cominciaronoprogressivamente a scomparire,sostituite da coltivazioni. L’architettura di questo paesaggiooggi è costituita essenzialmenteda dolci declivi collinari ricchi divegetazione arborea. Coloro cheoggi vivono in quest’area - il cuiricco sottosuolo ha restituito allaluce antiche monete, servite sicu-ramente come dazio per il passag-gio - si raccolgono in pochi e spar-si nuclei familiari, dislocati in unpaesaggio che, durante i bianchi e

testo e foto: Andrea Perciato

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Ai confini della DauniaAlla ricerca degli antichi tratturi

I declivi di Fiegovisti dal RegioTratturo.

In alto:parte del corredo

funerario.In basso:

frammentodi lekythoscon firma

del ceramografoAssteas,

IV sec. a.C.

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NATURA DA SCOPRIRE