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L’evoluzione felina di OS X Da Cheetah a Lion, passando per NeXTSTEP e Rhapsody

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L’evoluzione felina di OS X

Da Cheetah a Lion, passando per

NeXTSTEP e Rhapsody

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Indice

Prefazione 5

Le origini e la Public Beta 7

Mac OS X 10.0 Cheetah 12

Mac OS X 10.1 Puma 15

Mac OS X 10.2 Jaguar 18

Mac OS X 10.3 Panther 21

Mac OS X 10.4 Tiger 24

Mac OS X 10.5 Leopard 29

Mac OS X 10.6 Snow Leopard 33

OS X 10.7 Lion 37

iTunes, Safari, iLife e iWork 43

Da iTools a iCloud 56

Tabella temporale NeXT/Apple/Microsoft 59

Bibliografia e note legali 61

Versione 1.0 – Pubblicata il 3 agosto 2011

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Prefazione

Una serie davvero lunga, quella di OS X, conosciuto ancor meglio prima di Lion come

Mac OS X. Il sistema operativo di Apple ne ha fatta di strada, da quel lontano 24

marzo 2001, quando venne rilasciata la prima versione, la 10.0, nome in codice

Cheetah. Lo scopo di questo eBook è appunto di fare un viaggio a ritroso, partendo

dagli albori di NeXTSTEP per arrivare fino a Lion stesso. Questo eBook rappresenta

una versione leggermente estesa di quanto è disponibile sul sito di SaggiaMente:

contiene alcune immagini in più e soprattutto alcuni articoli in più, precisamente

quello dedicato a Lion, che è stato inserito per completezza nella collana e quello

dedicato a storici companion che hanno affiancato OS X in tutta la sua storia, come

Safari, iTunes, iLife, iWork e i servizi online offerti da Apple.

Prima di incominciare, desidererei fare un ringraziamento a Maurizio Natali, il

grande autore di SaggiaMente, il sito su cui scrivo per quanto riguarda il mondo

Apple, che ha sostenuto l’idea, pur rimanendo all’oscuro quasi fino all’ultimo di

questo libro. In effetti, sembra strutturato davvero come un libro, questo perché ho

voluto divertirmi a farlo somigliare il più possibile a un libro stampato. Com’è nata

questa idea? Quasi per caso: in realtà, avevo pensato a una cosa del genere

inizialmente per la sezione Apple del forum di Tom’s Hardware Italia, del quale sono

utente. Non era per celebrare Lion, ma più per festeggiare appunto i dieci anni di OS

X, che ricorrono proprio quest’anno. Una simile iniziativa era stata fatta sempre da

me lo scorso anno nella sezione Windows per i venticinque anni del sistema

operativo Microsoft. Purtroppo mi sono perso in altre cose e non ci ho più pensato,

fino a qualche settimana fa. Le vacanze incombevano e mi spiaceva lasciare

SaggiaMente senza articoli per quindici giorni, lasciando tutto il carico al solo

Maurizio. Così gli ho lanciato la proposta. Da proposta l’ho tramutata in realtà.

Anche fin troppo: l’eBook non era previsto, avrei dovuto fermarmi a otto articoli sul

sito già programmati per la pubblicazione e basta. Se però decido di voler fare una

cosa è difficile che mi fermi. Così è stato ed è nato questo eBook. Il libro è una vera e

propria “one more thing”, da conservare, ovviamente se si vuole. La disposizione

delle pagine è stata studiata anche per la stampa fronte-retro, proprio come un

libro.

Nel crearlo ho cercato di farlo il meglio possibile, non eccedendo con termini tecnici

e tenendo sotto controllo ortografia e grammatica anche grazie al correttore

dell’elaboratore di testi. Inoltre, non è certamente completo, delle cose mi possono

essere sfuggite o state volontariamente saltate perché poco influenti. Spero sia di

gradimento per il lettore, almeno quanto ho gradito io a crearlo e curarlo. Qualora

non fosse così, me ne dispiace ma la vita, in fondo, continua lo stesso. Terrò conto

delle critiche per eventuali iniziative successive.

Buona lettura.

“Razziatore”

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Le origini e la Public Beta

Eccoci dunque all’inizio di questa serie, che in contemporanea col lancio di Lion ci

porterà a fare un viaggio nel tempo tra i vari Mac-felini, partendo dagli inizi per

arrivare fino a Snow Leopard. Come direbbe Roberto Giacobbo di Voyager: “Spero

siate comodi, il viaggio sta per cominciare!”

NeXTSTEP in azione

Come iniziare senza fare una breve citazione degli antenati di OS X? Il primo tra tutti

è sicuramente NeXTSTEP. Creatura della NeXT Computer di Steve Jobs, già “esiliato”

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da Apple alcuni anni prima, mostrò subito una notevole modernità ai tempi del suo

lancio. Correva l’anno 1988, anno in cui il must in ambito Apple era il System 6

mentre in ambito Microsoft il sistema di riferimento era Windows 2.0, che mandò su

tutte le furie l’azienda di Cupertino al punto che si aprì una vera e propria battaglia

legale che si chiuderà solo molti anni dopo. A Jobs tutto questo poco interessava,

adesso era a tutti gli effetti competitor dell’azienda che egli stesso aveva contribuito

a fondare. Il nuovo sistema operativo fu lanciato il 12 ottobre di quell’anno in una

versione preliminare, la 0.8. Il rilascio stabile, 1.0, arrivò il 18 settembre 1989.

NeXTSTEP presentava molte delle caratteristiche che ancora oggi sono ben visibili in

OS X: fondamenta UNIX, basato sul microkernel Mach, un linguaggio di

programmazione chiamato Objective-C e un elemento peculiare e davvero

distintivo della sua interfaccia grafica, chiamato Dock. Suona tutto alquanto

familiare, vero? NeXTSTEP, che ai tempi girava sui processori Motorola 68000,

esattamente come faceva Apple con i Macintosh, era un sistema davvero molto

avanzato: quell’interfaccia con elementi tridimensionali e in full color era qualcosa

di nuovo nel panorama dei sistemi operativi, sino a allora più funzionali che belli. Il

sistema di Jobs mirava a un ambiente operativo funzionale e bello, cosa che gli

riuscì piuttosto bene: forniva ottime basi per la programmazione, la tipografia e

anche per la produzione audio/video. NeXTSTEP ha avuto anche un importante

ruolo nella formazione di Internet come lo conosciamo oggi: il primo browser,

WorldWideWeb, fu sviluppato dal CERN proprio sul sistema di Jobs.

WorldWideWeb, il primo browser

La vita di NeXTSTEP andò formalmente verso la conclusione nel 1995 con la release

3.3, in grado di girare sia sui computer NeXT basati sui Motorola 68000 sia sui PC

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Intel x86. Jobs aveva già altri piani: collaborava con altre aziende, tra cui Sun

Microsystems, alla creazione di un sistema operativo ancor più raffinato del

precedente, che potesse addirittura diventare un punto di riferimento anche per le

altre piattaforme esistenti, grazie a librerie utilizzabili su sistemi come Solaris e

Windows NT. Nacque così OpenSTEP, quello che doveva essere, negli intenti di

NeXT, il successore di NeXTSTEP. Vi fu il tempo di una Beta per la versione 4.0, poi la

vita fece una svolta improvvisa: un’Apple sempre più a rischio fallimento decise di

giocarsi il tutto per tutto, annunciando il 20 dicembre 1996 e perfezionando il 24

febbraio 1997 l’acquisizione di NeXT Computers con conseguente reintegro di Jobs

nell’organico di Cupertino. Nel giro di pochi mesi Steve tornò al timone di Apple,

come CEO. Curioso notare come la carica doveva essere ad interim, quando oggi

ormai è una certezza assoluta di Apple.

Finisce così commercialmente la vita di NeXTSTEP e OpenSTEP, ma la fine

commerciale non corrispose anche alla fine tecnica. Nel 1998, infatti, sulle ceneri di

OpenSTEP nacque Rhapsody, che si potrebbe definire il primo vero progenitore di

OS X. Il sistema era infatti a marchio Apple, basato sul look’n’feel del

contemporaneo Mac OS 8 ma con il cuore derivato direttamente dal nuovo know-

how portato in dote dal ritorno di Jobs. Il parco applicativo era invece costituito da

un mix dei due sistemi, con alcuni come Mail e TextEdit portati direttamente da

OpenSTEP, altri come QuickTime portati da Mac OS e altri ancora che provenivano

da un “meglio di”, come il nuovo Finder che era basato sul “collega” Workspace

Manager proveniente da OpenSTEP. La prima dimostrazione di Rhapsody avvenne al

WWDC del 1997, seguita da ben cinque Developer Preview, di cui le prime due

disponibili non solo per i PowerPC, da qualche anno adottati da Apple, ma anche per

i normali PC Intel x86. Era un mondo tutto nuovo, che si distaccava nettamente dal

vecchio Mac OS. A far da ponte tra il vecchio e il nuovo c’era la Blue Box, una copia

“virtualizzata” di Mac OS 8 per PowerPC che consentiva l’uso in emulazione di

programmi nati per il vecchio sistema operativo. Per chi intendesse sfruttare tutte le

nuove potenzialità offerte da Rhapsody, c’era Yellow Box, un set di librerie. Pensato

anche per il mercato consumer, Rhapsody ottenne un interesse alquanto tiepido, al

punto che Jobs decise di mettere temporaneamente nel cassetto le intenzioni in

ambito consumer per concentrarsi sui server. Da questa decisione, nel 1999

nacquero sul lato consumer Mac OS 9, che proseguiva sul tradizionale filone e sul

lato server Mac OS X Server 1.0, che invece godeva dei benefici di Rhapsody.

La resa di Steve sul lato consumer fu solo temporanea. I lavori per un nuovo Mac OS,

completamente basato sulle solide fondamenta portate da NeXT e affinate da

Rhapsody, erano già in corso. Il cuore del nuovo sistema fu chiamato nel 2000

Darwin, nome che porta ancora adesso. Nel frattempo, iniziarono a essere

distribuite internamente le Developer Preview, che furono quattro in tutto. A giugno

dello stesso anno Jobs sul palco del MacWorld Expo presentò una versione

dimostrativa pienamente funzionante di Mac OS X, il nuovo sistema operativo

consumer di Apple, previsto per l’uscita nel corso del 2001. La presentazione fu

particolare, perché per dimostrare al meglio le capacità del nuovo sistema operativo

Jobs avviò una applicazione appositamente difettata chiamata Bomb. Al contrario di

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quanto faceva Mac OS 9, che in caso di crash di una applicazione costringeva al

riavvio di tutto il sistema, Mac OS X chiudeva semplicemente l’applicazione andata

in crash, lasciando inalterate le altre già in esecuzione grazie alle tecnologie per la

memoria protetta incluse nelle sue fondamenta. Oltre a questo, Mac OS X

presentava finalmente un multitasking moderno, di tipo “a pre-rilascio”, cosa non

disponibile nei precedenti sistemi operativi Apple. Anche l’interfaccia era cambiata,

presentandosi com’è in parte conosciuta ancora oggi: Aqua. Icone nuove, finestre

totalmente rifatte nel look, animazioni e trasparenze. Ancor più importante di ciò

era la presenza della Dock, grande eredità di NeXTSTEP e OpenSTEP, che adesso

sfoggiava un aspetto moderno e ancor più funzionale di prima. Tutto ciò dava un

pesante sapore di antico al principale concorrente, Windows, che solo con XP iniziò

a rimodernarsi nel look, ma non allo stesso livello di profondità cui è giunto Mac OS

X. Il 13 settembre venne rilasciata finalmente la Public Beta, la prima versione di test

di Mac OS X disponibile al pubblico.

Mac OS X Public Beta

Bisogna proprio dire che era alquanto da coraggiosi spendere 29,95 $ con la

consapevolezza che i bug erano all’ordine del giorno e che il sistema era ben lungi

dall’essere completo. Non si poteva stampare, gli ambienti di sviluppo per le

applicazioni non Cocoa, sia Classic sia Carbon, erano ancora in uno stato primitivo e

per navigare in Rete bisognava affidarsi a delle Beta di Internet Explorer, che ai

tempi era il browser predefinito dei sistemi Apple in virtù di famosi accordi con

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Microsoft stabiliti nel 1997, oppure a OmniWeb di OmniGroup, l’unica variazione

concessa rispetto al browser di Redmond per la Public Beta di Mac OS X. Anche

alcuni aspetti dell’interfaccia grafica furono piuttosto criticati, come il menu Apple

al centro, che fu riposizionato per il rilascio finale nel suo posto usuale, alla sinistra

prima dei menu. Per il resto, la dotazione comprendeva varie applicazioni che

ancora oggi sono conosciute e utilizzate: Anteprima, Mail, Rubrica Indirizzi,

Stickies, TextEdit e altre ancora. Ancora sconosciuto, per un po’ di mesi, sarà

iTunes, che viene temporaneamente anticipato da un più generico e scarno Music

Player. I lavori proseguirono sempre più alacremente, portando più maturità al

sistema e alle sue applicazioni. Il 24 marzo 2001, mentre la Public Beta si avvicinava

alla scadenza prevista da Apple, fu rilasciato finalmente Cheetah, la versione 10.0 di

Mac OS X. Ma di questo si parlerà nel prossimo capitolo.

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Mac OS X 10.0 Cheetah

Ecco il primo felino della nuova serie Apple. Cheetah, in italiano ghepardo, fu

rilasciato il 24 marzo 2001. La prima versione di Mac OS X, la 10.0. Al prezzo di 129

$, Cheetah rappresentava un notevole aggiornamento rispetto alla Public Beta, i cui

utenti erano stati ricompensati del testing con uno sconto sul sistema in versione

definitiva pari al prezzo pagato per la Beta, ossia 29,95 $. A onor del vero, va detto

come agli inizi Apple usasse i felini solo come nome in codice per i sistemi in fase di

sviluppo, senza poi riutilizzarli anche per il rilascio commerciale. Questa tradizione

sarà utilizzata a livello di marketing solo da Jaguar in poi.

I requisiti minimi ufficiali di sistema per l’epoca erano discretamente equilibrati: si

partiva da un processore G3 con 128 MB di RAM e 800 MB di spazio libero su hard

disk. In realtà c’erano alcune cose cui prestare attenzione. La prima era lo spazio su

disco richiesto: 800 MB sì, ma solo per l’installazione minimale! Il requisito per

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un’installazione completa di Mac OS X era di 1,5 GB. L’altro aspetto critico era la

RAM. In media, la memoria installata di default sui Mac dell’epoca era di 64 MB,

contro i 128 richiesti da Cheetah. Ciò provocò un po’ di mugugni tra gli utenti, che

si sentivano in parte presi in giro da questo requisito. In realtà, Apple era conscia

che molti dei suoi Mac rischiavano di essere tagliati fuori e se da un lato dichiarava

come requisito 128 MB di RAM dall’altro permetteva tranquillamente l’installazione

e l’uso del sistema anche con 64 MB.

Mac OS X 10.0 Cheetah

Come scritto in precedenza, Cheetah si basava sui feedback della Public Beta e

presentava vari miglioramenti. Oltre alle caratteristiche già viste con la Beta, tra cui

l’interfaccia Aqua, la Dock e applicazioni come Mail e TextEdit fu introdotto il

supporto ai PDF e AppleScript. Non fu solo NeXTSTEP a contribuire al sistema

operativo: molti contributi arrivarono anche da Mac OS Classic, come il file system

HFS+, Aggiornamento Software e il sistema di ricerca Sherlock, antenato di

Spotlight. L’esecuzione delle applicazioni compilate per i vecchi sistemi Apple era

garantita da Classic, in sostanza una macchina virtuale con Mac OS 9.

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Sherlock

Tuttavia, il fatto che si trattava di una prima release era ben visibile, al punto che

Apple non si fidò a mandarlo allo sbaraglio e fu affiancato in dual boot dal più

collaudato Mac OS 9.1. Scelta saggia: il sistema si rivelò piuttosto instabile, con

kernel panic e problemi di performance soprattutto relativi all’interfaccia grafica,

ma soprattutto mancante di moltissime funzionalità presenti nella precedente

versione. La riproduzione dei DVD e la masterizzazione dei CD, ad esempio, erano

possibili con Mac OS 9.1 ma non con Mac OS X 10.0. Per quanto riguarda la

masterizzazione, il problema fu parzialmente risolto con la 10.0.2, anche se si

trattiva solamente di un supporto minimo alla masterizzazione di CD audio da fare

tramite l’appena nato iTunes. Anche l’uso in ambiti aziendali era di fatto

impossibile: non dialogava con i vecchi Mac OS poiché era sprovvisto del protocollo

AppleTalk e non dialogava nemmeno con i sistemi Windows giacché non supportava

ancora il protocollo SMB. A tutto ciò si aggiungevano dei grossi problemi di

compatibilità con l’hardware dell’epoca, soprattutto stampanti. Insomma, un

debutto alquanto disastroso.

Mac OS X 10.0 fu rilasciato in due versioni: 1Z e 2Z. A livello funzionale erano

identiche, cambiavano le lingue presenti. Il primo CD, 1Z, conteneva solo le otto

lingue principali, tra cui l’italiano. Il supporto a molte lingue asiatiche, come il

cinese e il coreano, fu delegato al secondo CD, 2Z. Anche quest’aspetto rese il

sistema operativo piuttosto confusionario, al punto che già dalla versione

successiva si decise di evitare questi problemi e di includere tutte le quindici lingue

previste in un unico supporto. Per quanto riguarda gli aggiornamenti, ve ne furono

in totale quattro. Si partì con la 10.0.1 il 14 aprile 2001 e si terminò con la 10.0.4

appena due mesi dopo, il 21 giugno. L’impatto disastroso del sistema portò Apple a

creare un aggiornamento molto più corposo, che alla fine divenne una nuova

versione del sistema operativo. Si trattava di Puma, Mac OS X 10.1, di cui si parlerà

nel prossimo capitolo.

Canzone del welcome video: Sofa Surfers – Sofa Rockers (Richard Dorfmeister

Remix), in uso fino a Mac OS X 10.2 incluso

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Mac OS X 10.1 Puma

Al contrario di Cheetah, Puma si rivelò una versione di Mac OS X molto più matura.

La 10.1 fu rilasciata il 25 settembre 2001 e, per farsi perdonare per le delusioni

della 10.0, Apple decise di rilasciarla come aggiornamento completamente gratuito

per la versione precedente. In realtà il rilascio del 25 settembre fu una sorta di

anteprima poiché gli impiegati Apple distribuirono le prime copie ai partecipanti del

keynote di presentazione tenuto da Jobs alla conferenza Seybold tenutasi a San

Francisco. Il vero debutto avvenne un mese dopo, il 25 ottobre, quando finalmente

fu distribuita presso gli Apple Store e preinstallata sui nuovi Mac di fabbrica.

I requisiti minimi erano gli stessi di Cheetah: processore G3 e 128 MB di RAM.

L’unica mezza variazione avvenne riguardo allo spazio su disco richiesto: essendo

gli 800 MB indicati in precedenza piuttosto ingannevoli poiché erano per

un’installazione minimale, ora il minimo era diventato lo stesso che in precedenza

era indicato per l’installazione completa, ossia 1,5 GB. Esattamente come la

precedente versione era anche la possibilità di installare il sistema avendo soli 64

MB di RAM invece che i 128 ufficialmente richiesti.

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Mac OS X 10.1 Puma

La nuova versione risolse molti dei problemi che avevano afflitto la 10.0. Finalmente

le prestazioni erano migliorate di netto, soprattutto in ambito grafico. Ora è

presente anche un migliore supporto a CD e DVD grazie a nuovi strumenti per la

masterizzazione e la riproduzione integrati nel sistema operativo. Anche la scarsità

di driver per stampanti fu presa di petto, con nuovi driver per oltre 200 prodotti. A

tutto ciò si aggiunse una nuova versione di ColorSync, un sistema di strumenti e

librerie per la gestione dei colori e Acquisizione Immagine, strumento per acquisire

da scanner e fotocamere digitali. AppleScript Studio garantiva invece un ambiente

grafico più confortevole per la creazione di script nel nuovo linguaggio messo a

disposizione con Mac OS X.

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Ancora Puma in azione

Puma non fu però esente da critiche: le principali lamentele riguardavano ancora

una volta i settori in cui già era debole la 10.0. Le prestazioni non erano ancora

ritenute all’altezza di quanto il sistema prometteva e il supporto hardware rimaneva

sotto la media. Tuttavia Apple decise di dare molta più fiducia al suo nuovo sistema

operativo, eleggendolo dalla 10.1.2 come ambiente di default in cui si avviavano i

Mac, pur mantenendo anche Mac OS 9.2 in dual boot.

Gli aggiornamenti per Puma furono in totale cinque. Il primo, 10.1.1, fu rilasciato il

12 novembre 2001, mentre l’ultimo, 10.1.5, arrivò il 5 giugno 2002. A quel punto

non c’era più bisogno di proseguire con aggiornamenti. I pensieri erano ora rivolti a

Jaguar, oggetto del prossimo capitolo.

Canzone del welcome video: come Mac OS X 10.0

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Mac OS X 10.2 Jaguar

Mac OS X 10.2, nome in codice Jaguar, giaguaro, fu rilasciato il 24 agosto del 2002,

dopo essere stato presentato al WWDC dello stesso anno. Fu la versione della svolta,

per Mac OS X. Apple riteneva infatti il sistema sufficientemente maturo per potersi

sbarazzare del vecchio Mac OS 9.2.2, giunto ormai al limite delle sue possibilità. Per

celebrare il cambiamento di rotta definitivo, Steve Jobs simulò un funerale per il

vecchio Mac OS 9, con tanto di bara, fiori, musica funebre e commiato! Jaguar fu

inoltre la prima versione a introdurre varie novità arrivate sino ai tempi più recenti.

La prima fu il Family Pack, una edizione a prezzo maggiorato del sistema operativo

che consentiva l’installazione del prodotto su un massimo di cinque Mac. La

seconda, in uso tutt’oggi, fu la trasformazione del nome in codice felino da

semplice identificativo in fase di sviluppo a vero e proprio nome commerciale.

Stavolta niente aggiornamento gratis: come dimostrato anche dall’esistenza del

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Family Pack, Apple decise che le nuove versioni di Mac OS X dovevano tornare a

essere a pagamento. Un altro segno che a Cupertino si credeva fortemente nella sua

maturità.

I requisiti minimi di sistema non erano cambiati poi più di tanto rispetto ai

precedenti sistemi: il processore richiesto era un G3 da 233 MHz, affiancato da 128

MB di RAM. Il consiglio di Apple era però quello di fornire maggiore memoria al

sistema operativo: l’ideale erano 256 o addirittura 512 MB. I più coraggiosi

potevano anche utilizzarlo con soli 96 MB di RAM, ma i risultati non erano certo dei

più soddisfacenti.

Mac OS X 10.2 Jaguar

Tante furono le novità introdotte con Jaguar. Vi furono netti miglioramenti

prestazionali e nuove funzionalità per gli applicativi già esistenti. I contatti di

Rubrica Indirizzi erano ora utilizzabili per qualsiasi applicazione ne facesse

richiesta, mentre Mail fu dotato di un filtro anti-spam. Anche il Finder ebbe dei

miglioramenti, con una barra di ricerca direttamente integrata nella sua finestra.

Tanto per rimanere in tema di ricerche, la nuova versione 3 di Sherlock era in grado

di cercare contenuti in Rete attraverso vari canali di riferimento, inclusi eBay e molti

altri. Per ciò che concerne invece le novità assolute, quanto fu introdotto servì a

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risolvere in modo definitivo, almeno nelle speranze di Apple, i problemi che avevano

afflitto le versioni precedenti di Mac OS X. Per l’annoso problema delle poche

stampanti si decise di effettuare un altro prestito dalla base UNIX che accomunava

almeno in parte Mac OS X ad altri sistemi. Il prestito fu un vero successo: il modulo

di stampa CUPS si rivelò molto più efficiente dei precedenti tentativi di Apple, al

punto che l’azienda di Jobs nel 2007 assunse il suo sviluppatore Michael Sweet e

acquistò anche il codice, mantenendolo comunque Open Source. Per quanto

riguarda il supporto alle reti Windows, Jaguar beneficiò di decise migliorie, con tutti

i nuovi strumenti offerti da Samba, l’implementazione Open Source del protocollo

SMB utilizzato da Microsoft. Furono poi risolti definitivamente i problemi di

performance dell’interfaccia grafica grazie a Quartz Extreme, che consentì di

spostare l’onere di disegnare le finestre e i vari elementi dell’interfaccia dal

processore alla scheda grafica. Per terminare il paragrafo riguardante le novità, due

nuove applicazioni fecero il loro debutto con Jaguar: iChat, l’applicazione per la

messaggistica istantanea inizialmente pensata per il circuito di America On Line e

poi espansa a molti altri usi e Inkwell, un sistema di riconoscimento della scrittura a

mano libera. Anche la schermata di boot cambiò, assumendo il logo grigio Apple

presente ancora tutt’oggi.

Jaguar rappresentò un rilascio sicuramente fortunato per Apple, che ebbe

recensioni molto più favorevoli rispetto alle precedenti versioni. Rimasero tuttavia

delle critiche concernenti le performance del sistema, che ancora non convincevano

tutti. Per quanto riguarda gli aggiornamenti, il sistema operativo ne ebbe in totale

otto, anche se uno, 10.2.7, fu riservato solo a determinati Mac e mai distribuito per

gli altri. Il primo, 10.2.1, fu rilasciato il 24 agosto 2002, mentre l’ultimo, 10.2.8,

arrivò il 3 ottobre 2003. Molte cose in quell’anno stavano cambiando: Apple aveva

deciso di alzare il livello della sfida con Microsoft, smarcandosi definitivamente da

Internet Explorer per lanciare il suo browser proprietario, Safari. Disponibile anche

per Mac OS X 10.2, vedrà la sua consacrazione solo con Panther, oggetto del

capitolo successivo.

Canzone del welcome video: come Mac OS X 10.0

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Mac OS X 10.3 Panther

Mac OS X Panther, versione 10.3, fu presentato al WWDC 2003 e rilasciato il 24

ottobre dello stesso anno. Il nome del felino scelto è piuttosto curioso: non molti

sanno, infatti, che la pantera, come animale… Non esiste! Il termine pantera è solo

un sinonimo comune per diversi altri tipi di felini nelle varie zone del mondo: in

Africa e Asia, la pantera è sinonimo di leopardo, mentre nell’America settentrionale

la pantera è il puma e in quella centro-meridionale è il giaguaro. Quella in foto è una

pantera nera: più specificatamente, l’esemplare della foto non è altro che un

giaguaro con il pelo nero. Insomma, probabilmente Apple è stata poco attenta nella

scelta del nome, poiché pantera può essere sinonimo valido per più felini, secondo

la zona della Terra in cui ci si trova.

Terminando la digressione zoologica e tornando in territorio Apple, i requisiti

minimi di Panther erano, di fatto, gli stessi di Jaguar: processore G3 da almeno 233

MHz, 128 MB di RAM, 1,5 GB di spazio su disco. Sempre come Jaguar, la RAM

consigliata per far girare al meglio il sistema era di 512 MB. Alcune caratteristiche

aggiuntive richiedevano altri requisiti minimi, come una webcam e una connessione

a Internet sempre attiva. Da segnalare inoltre che Panther richiedeva un nuovo tipo

di firmware ROM presente nei Mac, chiamato New World. Tuttavia, con alcuni trucchi

il sistema funzionava anche sui vecchi Mac con la cosiddetta Old World ROM.

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Mac OS X 10.3 Panther

Apple affermò di avere introdotto con Jaguar oltre 150 nuove funzionalità.

Naturalmente, non si possono riportare tutte quante, perciò saranno descritte

quelle principali, che comunque non sono per niente poche. L’interfaccia in primis

ebbe numerosi ritocchi, che coinvolsero soprattutto l’aspetto delle finestre,

diventate ora di metallo spazzolato rispetto alle trasparenze mostrate nelle

precedenti versioni. Il Finder si arricchì di nuovi elementi, come la cancellazione

sicura, le etichette per i file e il supporto agli archivi ZIP. TextEdit guadagnò il

supporto ai file di Microsoft Word, mentre Anteprima migliorò molto le sue

prestazioni con il rendering dei PDF. iChat, lanciato con Jaguar, ora aveva il

supporto audio/video, consentendo agli utenti di effettuare conversazioni non più

solo testuali. Non sono state arricchite le features già esistenti: tante altre ne sono

state aggiunte. La prima diverrà un must di Mac OS X: Exposé, che forniva all’utente

un quadro d’insieme di tutte le finestre e le applicazioni aperte presentandole sotto

forma di piccole anteprime cliccabili. Altra applicazione ufficialmente introdotta con

Panther fu Safari, il nuovo browser di Apple basato su WebKit che sostituì

definitivamente Internet Explorer. Anche FileVault, applicazione per proteggere con

crittografia la cartella home dell’utente, è una novità di Panther. Per finire, si

segnalano miglioramenti all’interoperabilità con Windows, tra cui il supporto per le

VPN con SecurID e la possibilità di inviare e ricevere fax con le applicazioni incluse

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nel sistema operativo.

Exposé

Mac OS X 10.3 ebbe nove aggiornamenti. Il primo, 10.3.1, fu rilasciato il 10

novembre 2003, a poche settimane dalla messa in vendita del prodotto. L’ultimo,

10.3.9, arrivò il 15 aprile 2005, a ridosso della nuova versione di Mac OS X, Tiger. Se

Panther, come testimoniato dalle nuove funzionalità presenti, ha dimostrato di

essere un rilascio di notevole consolidamento per Mac OS X, Tiger si rivelerà un

progetto molto più ambizioso, che cambierà radicalmente Apple e i suoi utenti. Di

questo però si occuperà il prossimo capitolo.

Canzone del welcome video: Röyksopp – Eple; in norvegese, lingua nativa del gruppo

musicale, eple significa proprio apple, mela

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Mac OS X 10.4 Tiger

Mac OS X Tiger, versione 10.4, è un sistema operativo che merita di essere

approfondito leggermente di più rispetto agli altri, perché è stato protagonista di un

cambiamento davvero forte che ancora oggi si riflette nel mondo Mac. La tigre,

annunciata al WWDC 2004 sotto forma di Developer Preview e rilasciata il 29 aprile

2005, poco tempo dopo la sua uscita diverrà protagonista di un vero e proprio

cambio di architettura e di piattaforma.

Il teatro dell’annuncio è il WWDC 2005, svoltosi tra il 6 e il 10 giugno. Nessuno

sembrava sapere cosa sarebbe stato presentato durante il consueto keynote

inaugurale di Steve Jobs. Non c’erano molti indizi su qualcosa di veramente nuovo in

arrivo a tal punto da meritare il palcoscenico del Moscone West, lo storico teatro di

tutti i WWDC degli ultimi anni, compreso quello del 2011 passato da appena un

mese. Alcune indiscrezioni che parlavano di un’imminente transizione ai processori

Intel da parte di Apple già circolavano, ma ben pochi ci davano peso, poiché i

PowerPC sembravano ancora soddisfare nonostante qualche mugugno riguardante i

processori a 64-bit ancora non disponibili per i portatili e la roadmap futura non del

tutto chiara di IBM. Nessuno immaginava che quei rumors erano veri. Quel mattino,

ora di San Francisco, del 6 giugno, Jobs prese la parola e dopo i soliti dati statistici e

finanziari di rito, sganciò la bomba: Mac OS X, sin dalla sua prima versione, aveva

una doppia vita. Accanto alle compilazioni ufficiali per i Mac con PowerPC, vi erano

delle build fatte per processori Intel x86. Dopo avere annunciato questa doppia vita

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di Mac OS X, Steve ruppe gli indugi: per Apple era ora di cambiare. Da PowerPC si

passava a Intel, la stessa piattaforma alla base dei PC con Windows e tenuta lontana

da Apple per tanto tempo. Il passaggio fu spiegato da Jobs come necessario: la

roadmap di IBM per PowerPC in ambito consumer era troppo fumosa, piena di

promesse mai mantenute, quali i già citati processori a 64-bit per i portatili e il

raggiungimento dei 3 GHz. Gli approcci con Intel avevano fatto inoltre emergere

come il rapporto prestazioni/consumi dei processori di Santa Clara fosse

nettamente superiori rispetto alle controparti per PowerPC, garantendo anche uno

sviluppo costante e duraturo. La transizione sarebbe iniziata da quello stesso

giorno per gli sviluppatori e si sarebbe completata nell’arco di due anni. In aiuto,

Apple offrì un Developer Transition Kit che comprendeva un PowerMac modificato

dotato di processore Intel, alla “modica” cifra di 999 $. Per gli utenti, la transizione

iniziò ufficialmente a gennaio 2006 con i primi MacBook e MacBook Pro basati sulla

piattaforma Core Duo e terminò piuttosto rapidamente con l’arrivo di Xserve a

ottobre dello stesso anno. Tiger fu il primo sistema operativo Apple ufficialmente

disponibile per PowerPC e x86, onorando la promessa dell’azienda di supportare la

vecchia piattaforma ancora per molti anni. Analizzando il tutto con lucidità come

tanti anni possono dare, non doveva poi così essere una sorpresa, comunque, che

Mac OS X fosse già pronto per sbarcare su Intel: è una eredita diretta dei suoi

antenati, NeXTSTEP prima e Rhapsody dopo, perfettamente in grado di girare anche

sull’architettura x86.

Transizione a parte, il focus iniziale di Tiger era sicuramente sui PowerPC già

esistenti. I requisiti minimi di sistema erano più pretenziosi rispetto a Panther: il

processore minimo richiesto era un G3 da 300 MHz, mentre la RAM doveva essere di

256 MB. Anche qui, come altre volte, ciò che Apple consigliava era notevolmente di

più: 512 MB o addirittura 1 GB. Come altre volte, poi, c’era la possibilità di eseguirlo

con una quantità di memoria minore rispetto a quello indicato come minimo e Tiger

poteva girare anche con soli 128 MB, seppur non fosse un fulmine di guerra. Per

quanto riguarda lo spazio su disco, tre erano le scelte: un’installazione minimale da

2 GB, una installazione completa da 3 GB, un’installazione ancor più completa da 4

GB comprendente gli strumenti di programmazione forniti da Xtools. Mac OS X 10.4

fu la prima versione a richiedere il DVD come supporto d’installazione. Dalla data di

rilascio fino al 20 marzo 2007 fu comunque offerta la possibilità di ottenere i CD al

posto dei DVD, nel caso il proprio Mac non supportasse questi ultimi. Tale

possibilità non fu più replicata in futuro, poiché ormai il CD per Apple era questione

del passato. Alcuni anni dopo la sorte sta toccando anche ai DVD, come in un ciclo

continuo di arrivi e partenze.

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Mac OS X 10.4 Tiger

Come per Panther, anche qui Apple dichiara oltre 150 novità. Le innovazioni portate

alle applicazioni preesistenti sono veramente tante. Safari 2 introdusse molte

migliorie tra cui il supporto ai feed RSS. iChat AV era ora in grado di gestire

videoconferenze fino a quattro partecipanti e conferenze solo audio fino a 10,

introducendo inoltre il supporto al protocollo XMPP utilizzato inizialmente da GTalk

e poi anche dall’allora emergente Facebook. Anche Mail fu rinnovato, con una nuova

interfaccia grafica e l’uso delle Smart Mailbox, che organizzavano i contenuti delle

proprie caselle di posta basandosi su parametri di ricerca e controlli parentali. La

nuova versione 7 di QuickTime supportava il codec H.264/AVC, assieme a numerosi

accorgimenti per il Player di sistema. Esattamente come fu per Panther, ancor più

numerose furono le nuove applicazioni introdotte. La più famosa fu sicuramente

Spotlight, il sistema di ricerca e indicizzazione basato su metadati, molto più

performante rispetto all’appena deprecato Sherlock. Altra peculiarità di Tiger fu la

Dashboard, un nuovo sistema di widget basato sull’uso di HTML, CSS e JavaScript

per la creazione di queste mini-applicazioni. Altre novità da ricordare furono inoltre

VoiceOver, un sistema completo di strumenti per l’accessibilità, Automator,

un’applicazione per creare script automatizzati e Dizionario, software per cercare

termini presso vari dizionari ed enciclopedie in lingua inglese. Così tanti, in

generale, furono i miglioramenti funzionali e anche prestazionali che è impossibile

poterli elencare tutti.

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Non si possono però evitare di elencare i due cambiamenti che hanno riguardato le

sole edizioni per Intel. Il primo è Rosetta, un sistema di emulazione per le

applicazioni sviluppate per PowerPC, che in questo modo potevano essere eseguite

su Intel pur con qualche perdita di prestazioni. Il secondo è Boot Camp, un

assistente al partizionamento e al dual boot con Windows. Poiché i Mac avevano, di

fatto, la medesima componentistica di un PC, Apple capì subito che molti avrebbero

sfruttato questa peculiarità per usare il sistema operativo di Microsoft anche sul

Mac, che tornava utile in caso di applicazioni disponibili solo per Windows, oppure

per i giochi, terreno storicamente difficile per i Mac. Boot Camp fu però una feature

temporanea: per Tiger era disponibile solo una Beta, che scadde il 31 dicembre

2007. La feature in pianta stabile arrivò solo con il successore di Tiger. Da

segnalare, oltre alle aggiunte, anche una rimozione: Classic, l’ambiente virtuale che

consentiva di eseguire applicazioni pensate per Mac OS 9, non fu disponibile per

Intel. La stessa sorte sarebbe toccata ai PowerPC con Leopard.

La Dashboard di Tiger

Mac OS X 10.4 fu un rilascio davvero ben riuscito da parte di Apple, anche sotto il

punto di vista delle recensioni. Non tutti sanno inoltre che il sistema fu alla base

della prima Apple TV, nascosto sotto un layer grafico semplificato. In totale ha avuto

undici aggiornamenti. Ancora oggi è l’unico Mac OS X ad aver superato la barriera

dei nove aggiornamenti ricevuti. Il primo, 10.4.1, arrivò il 16 maggio 2005, a quasi

un mese di distanza dal rilascio iniziale. L’ultimo, 10.4.11, fu rilasciato il 14

novembre 2007. La cosa curiosa di quest’aggiornamento è che arrivò dopo il

rilascio della nuova versione di Mac OS X, Leopard. Anche qui, dunque, un primato

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per Tiger, che a oggi è l’unico ad aver ricevuto un rilascio di aggiornamento anche

dopo l’arrivo della nuova versione di Mac OS X. Se questi primati non bastavano, ve

ne fu persino uno di durata: Tiger fu sul mercato per ben 30 mesi, cosa mai riuscita

a nessun’altra versione del sistema operativo Apple giacché il ciclo medio di

sostituzione è tra i 18 e i 24 mesi. Insomma, Tiger fu un po’ una sorta di XP di Apple.

Quei trenta mesi di attesa però valsero la pena. Il loro frutto sarà trattato nel

prossimo capitolo.

Canzone del welcome video: Weevil - Bytecry

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Mac OS X 10.5 Leopard

Un’attesa veramente lunga, quella tra Tiger e Leopard. La versione 10.5 del sistema

operativo Apple uscì il 20 ottobre 2007, dopo vari rinvii. Annunciato brevemente nel

corso del WWDC 2005 e presentato nel dettaglio l’anno successivo, il leopardo era

previsto per l’uscita tra fine 2006 e inizio 2007. Un nuovo dispositivo Apple, però,

concentrò tutta l’attenzione dell’azienda su di sé: l’iPhone. La new entry della

famiglia di Cupertino richiese, infatti, molta “manodopera”, che portò

inevitabilmente a rimandare Leopard molto più in là rispetto ai piani previsti.

Riprendendo un paragone fatto in precedenza, se Tiger si può considerare in

piccolo una sorta di XP per Apple, Leopard fu, sempre nel suo piccolo, una sorta di

Vista. Ovviamente si parla solo dal punto di vista temporale e non da quello

qualitativo, dove vi furono ben note differenze tra i percorsi di Apple e Microsoft.

Se già Tiger rappresentò un notevole salto in avanti rispetto ai suoi predecessori,

Leopard era ancor più ambizioso e primi testimoni di ciò erano i suoi requisiti

minimi di sistema. Unica versione di Mac OS X disponibile in vendita sia per PowerPC

sia per Intel, poiché per Tiger il DVD della scatola era solo per i PowerPC, richiedeva

almeno un processore G4 da 867 MHz, 512 MB di RAM e nove GB di spazio su disco.

Per chi intendesse sviluppare con Leopard, il requisito RAM consigliato era di un GB.

Al contrario di Tiger, inoltre, era necessario il lettore DVD: il programma di scambio

per ottenere i CD d’installazione al posto dei DVD non fu replicato per il nuovo

sistema operativo. Come accaduto anche per le versioni precedenti, Leopard poteva

essere eseguito su hardware differente rispetto a quello per cui era stato progettato.

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In ambito PowerPC, tramite alcuni trucchi era possibile installare e utilizzare il

sistema anche alla presenza di un processore G4 inferiore a 867 MHz. In sostanza,

questi trucchi facevano credere al processo d’installazione di Leopard che il

processore in uso fosse più veloce di quanto effettivamente risultasse. Pollice verso,

invece, per i G3: con Leopard non c’era verso di poterli utilizzare. I pochi Mac con G3

che poterono usufruire del nuovo sistema operativo erano in realtà stati aggiornati

con un G4. Andando invece in ambito Intel, principalmente l’uso su hardware non

supportato riguardava i cosiddetti hackintosh. Pratica iniziata già con Tiger, solo

con Leopard conobbe una vera e propria esplosione, con un botta e risposta tra

Apple e le communities dedite all’hackintosh. Nonostante gli sforzi fatti

dall’azienda di Cupertino, l’installazione di Leopard è pienamente possibile su una

vasta gamma di PC non Apple, grazie ai “contro-sforzi” fatti dagli utenti di

hackintosh e dalle varie distribuzioni nate per far girare Mac OS X al di fuori dei Mac.

Ancora gli utenti di Mac PowerPC ignoravano il futuro fato, ma Leopard sarebbe

stato il canto del cigno per i loro computer: a partire dalla versione successiva, Mac

OS X sarà compilato solo per processori Intel.

Mac OS X 10.5 Leopard

Non erano solo i robusti requisiti di sistema a far capire l’importanza del passaggio

da Tiger a Leopard: Apple pubblicizzò oltre 300 nuove funzioni implementate.

L’interfaccia, in primis, aveva subito numerosi ritocchi: le finestre persero l’aspetto

di metallo satinato a favore di un grigio chiaro più “plasticoso”. Introdotto, a dire il

vero, già ai tempi di Tiger, solo con Leopard divenne l’aspetto predefinito. La barra

del menu divenne trasparente, mentre la Dock assunse un aspetto tridimensionale e

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introdusse le Pile, un nuovo modo per aprire le cartelle direttamente dalla Dock

quando aggiunte a essa. Il Finder si concesse numerosi ritocchi estetici, ispirandosi

a iTunes, la cui versione era in quel periodo la 7. Presa da iTunes era anche la nuova

modalità di visualizzazione Cover Flow, che presentava grandi anteprime degli

elementi di una posizione in orizzontale e con un effetto tridimensionale. Novità

assoluta era invece Time Machine, una nuova applicazione di backup automatizzato

che consentiva il recupero di file persi o sostituiti tramite un’interfaccia grafica di

alto impatto. Anche Spaces fece il suo debutto con Leopard, portando su Mac OS X

un’applicazione integrata per la gestione e l’uso di desktop virtuali, con la

possibilità di spostare e assegnare le applicazioni tra i vari desktop. QuickLook,

invece, si propose come sistema di anteprima rapida per moltissimi file, evitando

l’apertura dei programmi cui sono associati in caso di consultazioni veloci. Non

erano delle vere e proprie novità, poiché già viste come parti opzionali, ma per la

prima volta integrate nel sistema operativo furono Front Row, un media center

modellato sull’interfaccia dell’Apple TV e Photo Booth, una applicazione per la

cattura di foto e filmati tramite la webcam iSight integrata nei Mac. Anche Boot

Camp, di cui si è parlato già nel capitolo riguardante Tiger, fu ufficializzato con

Leopard. Una serie di miglioramenti coinvolse poi le applicazioni preesistenti: Mail

guadagnò il supporto ai feed RSS e la creazione di note e to-do, mentre iChat si

arricchiva con funzioni quale il login multiplo e Theater, che consentiva di

condividere tra i partecipanti alla chat moltissimi contenuti come file multimediali e

documenti. Per quanto riguarda le parti fondamentali, fu posto l’accento sul

supporto alle applicazioni a 64-bit sviluppate in Cocoa, che consentì a Leopard di

iniziare un percorso che sarebbe stato completato solo con la versione successiva.

La sicurezza fu migliorata con l’introduzione della casualizzazione parziale delle

librerie usate dal sistema nella memoria, delle sandbox e di un nuovo firewall

operante in base alle applicazioni, le quali potevano ricevere o no dati secondo le

impostazioni dell’utente. Le migliorie incluse furono così tante che ci vorrebbero

troppe pagine per scriverle: quelle riportate sono solo una piccola selezione.

Cover Flow e QuickLook in azione

L’accoglienza di Leopard fu piuttosto buona, anche se non mancarono le critiche su

alcuni aspetti del sistema. L’interfaccia rivisitata non fu gradita da tutti: i più critici

ritennero come fosse un netto passo indietro rispetto alla precedente. Nemmeno

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Time Machine sfuggì a recensioni negative: l’applicazione era priva di molte

funzionalità presenti in software alternativi e non era in grado di salvare backup su

dischi collegati alle postazioni AirPort. Questa limitazione fu superata in un

aggiornamento successivo al rilascio di Leopard. Anche la sicurezza fu un aspetto

piuttosto criticato, su cui si sostenne come gli sforzi di Apple non fossero per nulla

adeguati e il nuovo firewall fosse notevolmente peggiore di quello precedente. Un

altro punto critico, infine, fu il file system ZFS. Sviluppato da Sun, sembrava essere il

candidato ideale per sostituire HFS+, considerato meno efficiente rispetto al nuovo

file system. Apple, dopo alcuni approcci iniziali, decise di abbandonare gran parte

dei piani riguardanti ZFS, limitandosi solo a un supporto in lettura nella versione

Server.

Gli aggiornamenti rilasciati per Leopard furono in totale otto. Il primo, 10.5.1, arrivò

il 15 novembre 2007, mentre l’ultimo, 10.5.8, fu rilasciato il 5 agosto 2009. Alla

data di pubblicazione di questo libro, Leopard riceve ancora periodici piccoli

aggiornamenti riguardanti la sicurezza da parte di Apple. Il 10.5.8 fu l’ultimo dei

grossi aggiornamenti per Leopard anche perché il successore era in arrivo. Il

leopardo stava per evolversi.

Canzone del welcome video: Honeycut – Exhodus Honey, riutilizzata anche per Mac

OS X 10.6

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Mac OS X 10.6 Snow Leopard

Eccola, l’evoluzione di Leopard. Snow Leopard. Ovviamente, in natura il leopardo

delle nevi è solo una variante e non un’evoluzione del leopardo, ma per Apple si

tratta di un importante avanzamento tecnico, necessario per proiettare Mac OS X su

un nuovo livello. Mac OS X 10.6 Snow Leopard, rilasciato il 28 agosto 2009, ha avuto

il compito di svecchiare il sistema operativo e al contempo innovarlo con novità di

rilievo. Sebbene il tutto fosse quasi invisibile agli occhi dell’utente, questa versione

di Mac OS X fu un’autentica ristrutturazione, le cui fondamenta saranno illustrate

nel corso di questo capitolo. Una ristrutturazione che durò parecchi mesi, partendo

dal WWDC 2008 e passando per varie Developer Preview, fino a quel 28 agosto.

Mac OS X 10.6 ha segnato un punto di svolta definitivo nella transizione verso i

processori Intel: è stata la prima versione di Mac OS X a non essere compilata per

PowerPC. Snow Leopard ha così terminato un supporto che durava dal marzo 1994,

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con il rilascio del System 7.1.2. E dire che agli inizi, cioè ai tempi del WWDC 2008,

sembravano ancora esserci speranze: si rincorrevano voci secondo cui Apple non

avrebbe mollato i PowerPC con Snow Leopard. Queste speranze durarono ancora

per parecchi mesi, finché non diventò chiaro che erano speranze vane. I requisiti

minimi di sistema erano stavolta rivolti ai soli processori Intel: qualsiasi Mac con

x86 andava bene, accompagnato da un GB di RAM e da cinque GB di spazio libero su

disco. Altri requisiti, in particolare relativi alla scheda grafica, erano richiesti per

l’uso di determinate funzionalità. Esattamente come Leopard, anche il nuovo

sistema è stato oggetto d’interesse da parte del mondo hackintosh. Un interesse

che Apple ha tentato di spezzare in tutti i modi, soprattutto con l’aggiornamento

10.6.2, che ha tagliato ufficialmente qualsiasi supporto di sistema ai processori

Intel Atom, cercando così di evitare la trasformazione di netbook in Mac a basso

costo. Tentativi infruttuosi, perché non solo le limitazioni sono state aggirate in

poco tempo, ma addirittura la tecnica si è così evoluta al punto che ormai oggi è

pratica quasi comune con i giusti accorgimenti poter installare in maniera stabile

una qualsiasi copia originale di Mac OS X Snow Leopard su un PC ben compatibile, al

punto che la differenza prestazionale rispetto a un Mac reale diventa in vari casi

nulla o addirittura a vantaggio dell’hackintosh.

Mac OS X 10.6 Snow Leopard

Snow Leopard fu presentato da Apple come un sistema con zero nuove funzionalità.

Tale annuncio, al WWDC 2008, generò molte sorprese e anche qualche malumore,

essendo in molti abituati alle centinaia di novità che ogni nuova versione di Mac OS

X portava. Le intenzioni di Apple erano di rimuovere il vecchio, cioè i rimasugli

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dell’era PowerPC, snellire il sistema e dotare le fondamenta di consistenti

innovazioni, in modo che Snow Leopard fosse una buona base per le versioni future.

Per invogliare gli utenti al passaggio al nuovo sistema, Apple decise di far leva sul

basso prezzo: 29 € invogliano certamente più al passaggio rispetto ai 129 che

richiedeva Leopard. Nonostante il buon successo dell’iniziativa, Snow Leopard ha

comunque mantenuto un po’ una nomea da piccolo aggiornamento, al punto che da

alcuni, non solo vicini all’area Microsoft ma anche nello stesso mondo Apple, è stato

canzonato paragonandolo a una riedizione a pagamento dell’aggiornamento tipico

del mondo Windows, il Service Pack. Le nuove funzionalità introdotte, però, non

erano proprio zero e non erano nemmeno da semplice Service Pack. Snow Leopard

ha segnato l’introduzione definitiva dei 64-bit in Mac OS X, terminando il percorso

che aveva lasciato in sospeso Leopard, il quale a sua volta partì dalle prime basi

poste da Tiger. Altra grande novità della 10.6 è stata Grand Central Dispatch, una

tecnologia che ottimizza l’uso dei processori a più core, ormai standard da diverso

tempo sui Mac. Sempre nella ricerca di maggiore efficienza e maggiori prestazioni,

Snow Leopard introduce il supporto a OpenCL, un set di librerie che consentono di

sfruttare la scheda video anche per i cosiddetti calcoli “general purpose”, quelli che

solitamente sono compito esclusivo del processore. Il rinnovamento ha riguardato

non solo le fondamenta ma anche le applicazioni. Il più toccato è stato QuickTime,

che con la versione X ora sfrutta appieno le tecnologie di Mac OS X e le schede

grafiche supportate, principalmente nVidia, per ottenere maggiori prestazioni nella

riproduzione e nella decodifica dei video. Anche il Finder ha subito profondi

cambiamenti ed è stato riscritto in Cocoa a 64-bit per usufruire delle innovazioni

portate da Snow Leopard. Per Mail è stato introdotto il supporto a Microsoft

Exchange ed è stato implementato un sistema di controllo basato su definizioni

aggiornate periodicamente per la rimozione dei malware conosciuti e disponibili

per Mac OS X.

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Snow Leopard in azione

Mac OS X Snow Leopard ha avuto comunque un buon riscontro anche nelle

recensioni, nonostante alcuni bugs fastidiosi abbiano minato il sistema operativo

agli inizi. In particolare, quello che fu rinvenuto nella gestione dell’account Ospite,

che poteva portare a perdite di dati per gli altri utenti, ebbe molta risonanza.

Fortunatamente, il baco fu sistemato con l’aggiornamento 10.6.2. In totale Snow

Leopard ha ricevuto a oggi otto aggiornamenti. Il primo, 10.6.1, è arrivato davvero

rapidamente, il 10 settembre 2009. L’ultimo, 10.6.8, è stato rilasciato non molto

tempo fa, il 23 giugno 2011. Snow Leopard è ancora pienamente supportato,

dunque benché sia poco probabile che escano grosse novità, l’aggiornamento

10.6.8 è da considerarsi per ora ultimo solo in senso temporale e non tecnico. Di

particolare interesse è stato l’aggiornamento 10.6.6 del 6 gennaio di quest’anno,

che ha introdotto il nuovo Mac App Store, di cui si parlerà anche nel prossimo

capitolo, quello che porterà alla conclusione di questo lungo percorso: Lion.

Canzone del welcome video: come Mac OS X 10.5

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OS X 10.7 Lion

Ottenuta una solida base per proseguire il cammino di Mac OS X con Snow Leopard,

per Apple è tornato il momento di concentrarsi sull’introduzione di nuove

funzionalità nel suo sistema operativo. Lion, versione 10.7, è il frutto di questo

lavoro, volto a tornare a preferire l’innovazione visibile all’occhio dell’utente e non

solo quella più nascosta. Presentato all’evento “Back to the Mac” del 20 ottobre

2010, il leone ha fatto capire subito che non sarebbe stata la “solita” edizione di Mac

OS X. Infatti, non ha tratto lezioni solo da Snow Leopard ma anche da iOS, il sistema

cugino dedicati ai dispositivi mobile di Apple come iPhone e iPad. Dopo quattro

Developer Preview e vari aggiornamenti per esse, il sistema ha raggiunto lo stato di

Gold Master, ossia uno stato praticamente definitivo, il 1° luglio 2011. Il rilascio è

avvenuto il 20 dello stesso mese, portando due importanti novità: la prima è la

perdita del prefisso Mac, rinominandosi commercialmente solo OS X; la seconda è il

metodo di distribuzione, tramite il nuovo Mac App Store. Presentato nello stesso

evento di ottobre scorso insieme a Lion e rilasciato per Snow Leopard il 6 gennaio di

quest’anno con l’aggiornamento 10.6.6, il Mac App Store consente, come il cugino

per iOS, l’acquisto e l’installazione di nuovo software per il Mac. Software tra cui c’è

anche Lion, distribuito tramite il nuovo metodo in via esclusiva, almeno

inizialmente, al prezzo di 23,99 €. Prossimamente arriverà anche su drive USB.

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I requisiti minimi di sistema di Lion sono ben definiti: processore Core 2 Duo, 2 GB

di RAM, 4 GB di spazio su disco e… Snow Leopard. Arrivando dal Mac App Store,

disponibile appunto solo per Snow Leopard, è necessario partire da lì per

acquistarlo, scaricarlo e poi eseguire l’aggiornamento. In particolare, Lion richiede

Mac OS X 10.6.8, ossia l’ultimo aggiornamento a disposizione per il leopardo delle

nevi, poiché porta alcuni accorgimenti specifici per Lion riguardanti il Mac App

Store. Ne consegue che l’aggiornamento diretto da sistemi precedenti come Tiger o

Leopard non è possibile: bisogna passare da Snow Leopard e dal Mac App Store.

Volendo, è comunque possibile fare un’installazione pulita, masterizzando

l’immagine DMG di Lion su un DVD, tuttavia rimarrebbe il problema di come

acquistarlo e ciò significherebbe che le operazioni di acquisto, download e

masterizzazione andrebbero svolte su un altro Mac. Pollice verso per i primi Mac

con processori Intel, quelli dotati di Core Solo e Core Duo: Lion è un sistema

operativo puramente a 64-bit. Volendo, con alcuni accorgimenti è possibile

eseguirlo su sistemi non supportati, ma i risultati sono poco efficienti e anche

incompleti. I migliori risultati si possono ottenere solo su macchine passate a un

processore Core 2 dal Core originale, ma anche qui nessuna certezza di riuscita.

Nessun problema invece per gli hackintosh, che ci hanno messo ancor meno tempo

delle altre volte a far girare Lion su computer non Apple.

OS X 10.7 Lion

Lion porta oltre 250 nuove funzionalità, in gran parte piuttosto interessanti.

Soffermandosi su quelle illustrate più dettagliatamente da Apple, non si può non

iniziare dal lavoro svolto sull’interfaccia grafica, che presenta nuovi elementi visivi,

animazioni rinnovate e la sostituzione delle classiche barre di scorrimento con un

nuovo tipo grigio dal funzionamento simile a quello riscontrabile su iOS.

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L’attenzione è stata posta su un utilizzo del sistema con elementi d’input multi-

touch: non si tratta però di schermi, come nel caso di iOS, bensì di dispositivi come

il Magic Trackpad, che consente l’esecuzione di gesti con più dita

contemporaneamente. L’ispirazione di iOS si fa notare anche su altri aspetti del

sistema, come nell’aspetto di alcune applicazioni, ricalcanti le loro omologhe sul

sistema operativo mobile e nella possibilità di ingrandirle a tutto schermo,

ottenendo così una visuale non molto dissimile da quella dell’iPad e offrendo una

maggiore concentrazione sul lavoro o sulla navigazione in corso. Un’altra

ispirazione è visibile anche nel Launchpad, un nuovo lanciatore di applicazioni a

tutto schermo con funzionalità simili a quelle offerte dalla schermata home di iOS,

con gestione, installazione e rimozione di applicazioni e organizzazione in Cartelle.

Al fine di offrire una migliore gestione di finestre e applicazioni aperte, sia full

screen sia non, è stato implementato Mission Control, un sostituto per Exposé e

Spaces, che li racchiude in un unico posto, insieme alla Dashboard e ai suoi widget.

Le novità, però, non si limitano ai soli aspetti grafici del sistema. Riprendi, Autosave

e Versioni fanno parte di un pacchetto di funzioni legate tra loro: la prima consente

di ricominciare il lavoro dal punto in cui si era interrotto, in caso di spegnimenti del

Mac o di riavvii per aggiornamento; la seconda e la terza offrono rispettivamente un

salvataggio automatico continuo dello stato dei file aperti e la navigazione tra i vari

salvataggi, per ripescare eventualmente informazioni scritte in precedenza. Di

tutt’altro tipo è AirDrop, un pratico sistema per lo scambio di file tra Mac totalmente

senza fili. La nuova versione di Mail, 5, offre invece, oltre a un aspetto ottimizzato

per le novità di Lion, anche interessanti accorgimenti come la vista “Conversazioni”

e miglioramenti come il supporto a Exchange 2010. Le nuove funzioni introdotte da

Lion sono davvero tante, però: Safari 5.1 con il motore di rendering WebKit 2,

FileValut 2 con crittografia estesa all’intero hard disk e anche a supporti esterni,

QuickTime X arricchito di funzionalità non presenti in Snow Leopard e disponibili

invece nelle precedenti versioni, le nuove voci di sistema ad alta qualità firmate da

Nuance, una nuova partizione di ripristino da cui avviare il sistema in caso di

problemi, la tecnologia di sicurezza ASLR, FaceTime incluso nel sistema... L’elenco

potrebbe durare ancora per tante pagine ma è meglio fermarsi. La certezza è che,

per i 23,99 € richiesti, Lion fornisce un set completo di novità che in passato si

doveva pagare 129 €. Anche la versione Server, in passato molto costosa, ha ora un

prezzo notevolmente più politico: 39,99 €, in aggiunta al prezzo base di Lion.

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Mail 5 in azione

Per tante funzioni che arrivano, però, alcune sono state rimosse. Front Row,

presentato su alcuni Mac già dai tempi di Tiger e incluso nel sistema da Leopard, è

stato definitivamente rimosso dopo un’agonia durata per parecchio tempo, senza

veri e propri aggiornamenti. Anche Java, presenza storica in Mac OS X sin dalla

prima versione, è stato rimosso: Apple non si occuperà più del suo mantenimento,

affidandolo nelle mani dell’azienda titolare di Java, Oracle, che ha acquisito Sun

assieme ai suoi prodotti. Infine, se Snow Leopard aveva già dato una svolta

definitiva alla transizione PowerPC-Intel, Lion si può dire assesti il colpo di grazia

finale tramite la rimozione di Rosetta. Termina così in maniera quasi totale

l’esperienza di Apple con i PowerPC: Safari 5 e iTunes 10 sono ancora supportati

sulla vecchia architettura poiché disponibili anche per Leopard. Con le prossime

versioni, probabilmente, finirà anche quest’ultimo supporto concesso da Apple ai

PowerPC.

Per finire, un’altra rimozione è stata fatta: quella del “welcome video”, una

tradizione che andava avanti ormai dai tempi di Mac OS 8. Tale motivo spiega

dunque la mancanza del consueto “Canzone del welcome video” presente alla

conclusione di tutti i precedenti capitoli riguardanti le varie versioni di Mac OS X.

Con questa rimozione termina anche il lungo viaggio temporale proposto da questa

serie. Mac OS X, da quella Public Beta, ne ha fatta tanta, di strada. Oggi è un sistema

apprezzato e usato da molti, che nonostante l’incedere di nuove tecnologie

provenienti dalla stessa Apple come l’iPad continuerà a essere per lungo tempo il

sistema di riferimento dei Mac e anche di qualche PC che vuole giocare a fare il Mac.

Ed è certo che la storia di OS X non finirà con qualche ruggito. Di certo, se termina

qui il viaggio temporale tra le varie versioni di Mac OS X, lo stesso non vale per

questo libro: ci sono ancora alcuni piccoli capitoli aggiuntivi, dedicati ad

applicazioni e servizi che sono diventati aggiunte storiche per il sistema operativo di

Cupertino.

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iTunes, Safari, iLife e iWork

Proseguiamo con un capitolo dedicato ad alcuni storici “companion” di Mac OS X,

guardando il loro percorso fino a oggi.

iTunes

La storia di questo player prima musicale e poi anche video è alquanto lunga. Infatti,

le sue origini risalgono al 1999 e non da Apple. Il programma si chiamava SoundJam

MP, sviluppato e rilasciato dall’azienda Casady & Greene.

SoundJam MP

Nel 2000, Apple era alla ricerca di un player multimediale già pronto, per rispondere

alle nuove esigenze degli utenti e non imbarcarsi nemmeno in un lungo e

costosissimo sviluppo da zero. I primi contatti avvennero con una società

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concorrente di SoundJam MP, Panic, che produceva Audion. In seguito agli scarsi

risultati con Panic, l’azienda di Cupertino si rivolse a Casady & Greene, che fu invece

più malleabile e arrivò a un accordo economico per la cessione di player e

sviluppatori. La prima versione di iTunes, basata su SoundJam MP “camuffato” con

una nuova interfaccia e funzioni non presenti prima, fu rilasciata il 7 gennaio 2001

per Mac OS 9. Qui sotto, il CD d’installazione.

Il CD di iTunes 1.0

iTunes 2.0, uscita nove mesi dopo, segnò due punti di svolta: il supporto a Mac OS X

e al recente riproduttore di MP3 lanciato da Apple, l’iPod. Oggi sarebbe limitante

definirlo un riproduttore di MP3, ma allora l’iPod era un prodotto che si affacciava in

un mercato già occupato da molti altri produttori, come Creative. Le vendite furono

buone sin da subito e dopo qualche anno avrebbe mostrato tutto il suo vantaggio

sui competitors.

Torniamo a iTunes. La 3.0 fu rilasciata a luglio del 2002, chiudendo la breve

parentesi del supporto a Mac OS 9 e introducendo alcune nuove caratteristiche

come un sistema di valutazione dei brani e le smart playlist. Ancor più importante

della 3.0 fu la versione successiva, perché valorizzò il binomio iTunes+iPod: il 28

aprile 2003, contestualmente a iTunes 4.0, fu introdotto il Music Store. Per il

successo definitivo della piattaforma, però, mancava una cosa: il supporto a

Windows. Supporto che puntualmente arrivò nello stesso anno, con la versione 4.1.

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La versione 4.6 introdurrà il supporto ai video, mentre la 4.9 porterà i podcast e il

supporto al Motorola ROKR E1. Il ROKR fu il primo tentativo di portare iTunes nel

mercato mobile da parte di Apple, anche se appoggiandosi a un’azienda esterna

come Motorola. Non fu un tentativo felicissimo e la partnership tra le due aziende si

esaurì in poco tempo, con appena tre telefoni Motorola dotati di supporto a iTunes.

L’esperienza sarà comunque molto importante in vista del nuovo tentativo Apple

nel 2007, molto più ambizioso perché stavolta giocava totalmente in casa: l’iPhone.

I fatti le daranno ragione.

La 5.0, rilasciata a settembre 2005, a parte il supporto per l’iPod Nano, che diverrà

uno dei maggiori successi di Apple, non offre nulla di particolarmente significativo.

Lo stesso varrà per la 6.0, rilasciata appena un mese dopo la precedente versione. Di

questa versione, l’unico fatto veramente da ricordare è che fu, dall’aggiornamento

6.0.2, la prima applicazione di tipo Universal Binary, ossia eseguibile sia su PowerPC

sia su Intel. iTunes 7.0, rilasciata il 12 settembre 2006, porterà nuovo vigore

all’applicazione, introducendo novità nell’interfaccia grafica, le playlist a

riproduzione ininterrotta o anche gapless e soprattutto la modalità di navigazione

Cover Flow. Con la 7.3, a giugno 2007 arrivò anche il supporto per l’iPhone, mentre

la 7.4 di settembre introdusse l’iPod Touch tra i dispositivi Apple supportati.

Cover Flow

La versione 8.0, rilasciata nel settembre 2008, portò le nuove playlist Genius, che

generavano una lista di canzoni da riprodurre partendo da un brano di partenza e

cercandone altri simili, gli show televisivi in alta definizione e un nuovo visualizer,

un effetto animato mostrato durante la riproduzione dei brani.

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Il nuovo visualizer di iTunes 8

iTunes 9, rilasciata furbamente il 9 settembre 2009 o anche 9/9/09, introdusse i

Genius mix, un’ulteriore miglioramento alla funzione Genius implementata nella

precedente versione e iTunes LP, contenuti aggiuntivi per gli album acquistati

tramite l’iTunes Store. La versione 9.1 porterà il supporto all’iPad e alla

sincronizzazione di libri elettronici acquistati sul dispositivo tramite iBooks. Lo

stesso supporto sarà portato con la 9.2 anche a iPhone e iPod Touch, dotate di una

loro versione di iBooks.

Finisce questo excursus arrivando a iTunes 10, rilasciata il 1° settembre 2010 e

contenente varie novità, tra cui Ping, un nuovo social network musicale targato

Apple e AirPlay, per lo streaming di contenuti con altri dispositivi Apple o dotati di

supporto a iTunes. La versione più recente è la 10.4 del 20 luglio 2011. Disponibile

però anche la Beta di iTunes 10.5, che introduce il supporto a iOS 5, anch’esso in

Beta e per la prima volta nella storia di iTunes è stata rilasciata a 64-bit per Mac OS

X. Esiste da anni una versione a 64-bit per Windows, tuttavia solo alcuni elementi

sono stati ricompilati per questa architettura, mentre il resto, applicazione

compresa, è rimasto a 32-bit.

Versioni abbinate a Mac OS X:

1.1, Mac OS X 10.0

1.1.2, Mac OS X 10.1

3.0, Mac OS X 10.2

4.1, Mac OS X 10.3

4.7.1, Mac OS X 10.4

7.4.2, Mac OS X 10.5

8.2.1, Mac OS X 10.6

10.3.1 (10.4 disponibile come aggiornamento immediato), OS X 10.7

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iTunes 10

Safari

La questione browser è stata per anni spinosa, per Apple. L’azienda di Cupertino

fece un primo tentativo tra il 1996 e il 1997, con Cyberdog, che similarmente a

Netscape forniva non solo un browser ma anche altri elementi come un client di

posta elettronica. Ritornato Jobs, Cyberdog fu messo in soffitta per necessità:

l’azienda aveva urgente bisogno di liquidità e di supporti importanti e l’unica

soluzione fu allearsi col nemico storico, Microsoft. L’accordo, che previde oltre 250

milioni di $ investiti dall’azienda di Redmond in azioni Apple, garantì a Microsoft

non solo libertà d’azione per quanto riguarda Office ma anche la scelta come

browser predefinito di Internet Explorer, allora disponibile anche per Mac. Questo

accordo inizierà con Mac OS 8.1 nel 1998 e durerà fino a Mac OS X 10.2 Jaguar nel

2002, che sarà l’ultimo sistema operativo Apple a ospitare il browser Microsoft

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come scelta predefinita. Il 7 gennaio 2003, infatti, all’annuale conferenza MacWorld

Steve Jobs presentò la 0.8 Beta del primo vero browser fatto in casa da Apple: Safari.

La nuova applicazione si basava su WebKit, un nuovo motore di rendering per le

pagine web, alternativo a quelli più conosciuti di Microsoft e Opera. A dire il vero,

nuovo non lo era poi tanto. Si trattava di una riedizione di un motore preesistente,

KHTML, sviluppato per l’interfaccia desktop per Linux KDE. Il fatto suscitò molto

scalpore e anche molte polemiche, che convinsero Apple nel 2005 a rilasciare il

codice di WebKit in forma Open Source, così da poter essere utilizzato da altri tra cui

il famoso Google Chrome. Safari 1.0 arrivò in versione definitiva il 23 giugno 2003 e

incluso a ottobre nel debuttante Mac OS X 10.3 Panther. Confrontato con Internet

Explorer, il browser Apple fu subito molto più avanzato ed efficiente, grazie a

funzionalità come le tab e il maggior supporto agli standard web, allora non

disponibili nel browser Microsoft.

La versione 2.0 fu rilasciata il 29 aprile 2005, con tantissime novità. Chiamata Safari

RSS, nel nome rispecchiava la funzione principale introdotta con questa versione del

browser: il supporto ai feed RSS. E non fu l’unica: Safari 2.0 introdusse la

navigazione privata, consentendo all’utente di evitare che dati e cronologia di

navigazione rimanessero nel Mac. Per la sua particolarità, la funzione fu

soprannominata scherzosamente “Porn Mode”. Con l’aggiornamento 2.0.2 di

ottobre, Safari divenne poi il primo browser a superare il test ACID2, certificandolo

così per la compatibilità con tutti gli standard web più usati all’epoca. A titolo di

confronto, Microsoft otterrà lo stesso risultato solo tre anni e mezzo dopo, con

Internet Explorer 8.

La versione 3.0 di Safari arriva l’11 giugno 2007. La cosa più particolare e

interessante della 3.0 è che si tratta in realtà di una Beta: la versione definitiva sarà

considerata la 3.0.4, rilasciata a ottobre, in concomitanza con Leopard. Tra le tante

novità, compreso il supporto alle immagini in formato SVG e l’abilità di creare

widgets per la Dashboard dai contenuti delle pagine web grazie a Web Clips, spicca

il supporto per Windows. Questo supporto fu fondamentale per due motivi: il primo

è prettamente commerciale, poiché Apple sperava di aumentare così la diffusione di

Safari; il secondo è invece più tecnico, per consentire anche agli sviluppatori web

operanti su Windows di vedere come i siti apparivano su Safari, con la possibilità di

creare siti web visibili in modo corretto da tutti i browser.

La storia di Safari 4.0 fu piuttosto lunga. La prima versione di sviluppo, quasi

identica alla 3.0, presentò un nuovo motore di JavaScript, nome in codice

SquirrelFish, che garantì notevoli miglioramenti prestazionali nell’esecuzione di

codice. Alcuni mesi dopo, a febbraio 2009, quel motore fu rinominato Nitro e

incluso nella Public Beta di Safari 4.0, con tante novità, più di 150, soprattutto

nell’aspetto grafico. Le tab erano ora presentate nella barra del titolo e non più sotto

a quella dei segnalibri. All’apertura di una nuova tab si accede a una particolare

funzione chiamata Top Sites, che consente di richiamare i siti più frequentemente

visitati su una sorta di pannello tridimensionale. Anche Cover Flow fa il suo debutto

in Safari, per la navigazione tra i segnalibri e nella cronologia. La versione stabile di

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Safari 4.0 fu rilasciata l’8 giugno 2009 nel corso del WWDC, con una novità o meglio

un ripensamento: le tab tornarono sotto la barra dei segnalibri, segno che il

cambiamento effettuato nella Beta non era stato gradito dagli utenti. Curioso notare

come la presenza delle tab nella barra del titolo farà la fortuna di Chrome e sarà

esportata nel giro di poche versioni prima in Opera e poi anche in Firefox.

Finiamo la parte dedicata a Safari parlando della versione 5.0. Presentata e rilasciata

il 7 giugno 2010 durante il WWDC di quell’anno, è stata la prima versione di Safari a

non legarsi specificatamente a una versione contemporanea di Mac OS X.

Disponibile per Leopard, Snow Leopard e anche per Windows, non lo sarà invece per

Tiger, che si dovrà accontentare di una 4.1 con molte delle funzionalità. Le novità

introdotte sono state tutte di rilievo: Safari 5.0 ha posto l’accento sull’HTML5,

tecnologia emergente per il futuro del web.

Anche Reader fa il suo debutto in Safari: questa funzione consente la lettura di

articoli in un modo molto simile a quella dei documenti, impaginandoli con un

layout favorevole al lettore e rimuovendo elementi in surplus come banner

pubblicitari e altro ancora. Con l’aggiornamento 5.0.1 sono state inoltre

ufficialmente introdotte le estensioni, un sistema di aggiunte e plug-in per il

browser già presente con successo in Firefox.

Safari Reader in azione

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Ora il futuro di Safari è nelle mani della versione 5.1, disponibile nella sua versione

definitiva in contemporanea con quella di Lion. La novità principale è costituita dal

nuovo motore WebKit 2, che oltre a maggiori prestazioni, fornisce un rinnovato

supporto agli standard web, soprattutto l’emergente CSS3 e migliore stabilità grazie

alla suddivisione delle tab in singoli processi indipendenti l’uno dall’altro. In

precedenza, solo i plug-in, come Flash, potevano usufruire di tale possibilità.

Assieme a WebKit 2 è stata introdotta anche la Reading List, che consente di mettere

pagine e articoli in una lista speciale per poterli richiamare in seguito e leggerli con

più calma. La nuova versione di Safari è stata rilasciata il 20 luglio 2011.

Versioni abbinate a Mac OS X:

1.0: Mac OS X 10.3

2.0: Mac OS X 10.4

3.0: Mac OS X 10.5

4.0: Mac OS X 10.6

5.1: OS X 10.7

Safari 5.1

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iLife

Rilasciata per la prima volta il 3 gennaio 2003, iLife è la storica suite per la

produzione multimediale legata a Mac OS X e più in generale ai Mac. Disponibile sia

inclusa con i Mac venduti che separatamente come suite aggiuntiva a pagamento

per Mac OS X, consiste di tre applicazioni principali: iMovie, iPhoto e GarageBand.

Incluse ancora, ma non più aggiornate con nuove versioni, le applicazioni iDVD e

iWeb. La versione più recente è iLife ’11, rilasciata durante l’evento “Back to the Mac”

del 20 ottobre 2010 al prezzo di 49 €. I singoli programmi sono disponibili anche

sul Mac App Store.

iMovie è stata la prima storica applicazione della suite. La versione 1.0 dell’editor

video consumer di casa Apple risale al 1999, inizialmente proposta in Mac OS 8

insieme all’iMac DV, il primo Mac dotato di porta FireWire. In seguito fu resa

disponibile anche per il download gratuito. La versione 3.0 sancirà il suo passaggio

a pagamento e l’inclusione in iLife. Con la versione 7.0, fu fatta una riscrittura

completa del software, che portò a numerose critiche poiché priva di molte delle

caratteristiche presenti nella precedente versione. Per ricucire lo strappo, Apple

permise il download gratuito di iMovie HD 6.0 a tutti i possessori di iLife ’08. Molte

delle funzionalità furono ripristinate con la versione 8.0, presente in iLife ’09. La

versione attuale è iMovie 9.0.4 ed è stata introdotta con iLife ’11. Presenta molte

novità come il riconoscimento facciale e la disponibilità di effetti in stile

cinematografico per trasformare filmati amatoriali in produzioni quasi da film vero.

Inoltre, è possibile caricare i propri filmati anche su Facebook e Vimeo, in aggiunta a

YouTube.

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iMovie 9.0

iPhoto è stato il secondo prodotto a essere introdotto in iLife. Anche la sua vita è

iniziata come applicazione gratuita, nel 2002, per poi finire sin dalla versione 2.0 a

pagamento nella suite insieme a iMovie. iPhoto consente l’organizzazione e la

modifica delle foto digitali, con la capacità di importarle direttamente dalle

macchine fotografiche. L’applicazione consente di compiere molti interventi di base

sulla foto, come la rimozione degli occhi rossi, ritagli e altro ancora. Il risultato

finale può essere pubblicato su gallerie fotografiche come quelle di Flickr e

Facebook. La versione attuale è la 9.1.5, introdotta con iLife ’11 e con una nuova

modalità a tutto schermo per lavorare sulle immagini senza distrazioni.

iPhoto 9.0

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GarageBand è stato introdotto nel 2004 in iLife e offre un ambiente completo per la

produzione di brani musicali amatoriali e podcast. L’applicazione comprende un

editor multi-traccia per comporre i brani, sia tramite i loop disponibili sia mediante

l’uso di strumenti reali in MIDI. Per chi è a digiuno di nozioni musicali, sono

disponibili lezioni create da Apple e anche da famosi artisti come Sting, Norah Jones

e altri ancora. La versione più recente è la 6.0.4 e include nuove funzionalità tra cui

Flex Time che consente di correggere il ritmo globale di un brano, così come altri

effetti per chitarre e amplificatori.

GarageBand 6.0

iDVD e iWeb hanno fatto anche loro parte attiva di iLife per molto tempo. Il primo,

un software per la creazione di DVD interattivi, ha avuto le sue origini nel 2001, con

la commercializzazione del primo PowerMac G4 dotato di SuperDrive,

masterizzatore per CD e DVD. Dal 2003 è stato incluso in iLife insieme a iMovie e

iPhoto. Nuove funzionalità non sono più incluse in iDVD a partire da iLife ’09 e

l’ultima versione è la 7.1.2. iWeb è invece nato nel 2006 come editor di siti web

rivolto soprattutto a una utenza casalinga grazie alla sua semplicità d’uso. Non ha

ricevuto novità con iLife ’11 e la versione più recente è la 3.0.4.

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iWork

iWork è la suite per la produttività d’ufficio pensata da Apple per Mac OS X.

Introdotta sul mercato per la prima volta nel 2005, si compone ad oggi di tre

elementi: Keynote, Pages e Numbers. iWork ha sostituito una suite preesistente,

AppleWorks, commercializzata sin dal 1984 col nome di ClarisWorks, cambiato poi

nel 1998 per adeguarlo agli altri prodotti Apple. L’edizione più recente è iWork ’09

ed è acquistabile al costo di 79 €. Le singole applicazioni sono disponibili anche sul

Mac App Store.

Keynote è l’applicazione con la storia più lunga tra le tre. La sua carriera è iniziata,

infatti, “da solista” nel 2003, presentata durante la conferenza MacWorld di

quell’anno. Solo dalla 2.0 formò, insieme a Pages, la suite iWork. Keynote è un

software per la creazione di presentazioni ad alto impatto grafico e multimediale. I

file possono essere salvati nel formato .PPT di PowerPoint così come in quello

proprietario di Keynote. La versione più recente è la 5.1 e fa parte di iWork ’09.

Keynote 5

Pages fu introdotto con iWork ’05. Si tratta di un programma di videoscrittura molto

completo con capacità anche di desktop publishing, che consente la creazione di

una vasta gamma di documenti, dalla semplice lettera alla tesi di laurea passando

per brochure e cartoline d’auguri. I documenti prodotti possono essere esportati nel

formato .DOC di Microsoft Word così come nel formato proprietario di Pages e

addirittura anche nei formati PDF ed ePub. La versione più recente disponibile è la

4.1 ed è inclusa in iLife ’09.

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Numbers è il più giovane elemento della suite. Questo software per fogli di calcolo è

stato introdotto per la prima volta con iWork ’08. Numbers consente la creazione di

tabelle e grafici in modo più semplice e intuitivo, sia per l’uso in ufficio che per

quello casalingo. I file possono essere salvati sia nel formato .XLS nativo di Excel sia

nel formato proprietario di Numbers. La versione più recente è la 2.1 ed è inclusa in

iWork ’09.

Numbers 2

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Da iTools a iCloud

La storia dei servizi online di Apple è stata davvero lunga e ha le sue origini

addirittura nel 2000, con iTools. Da lì, un lungo percorso fatto di aggiunte e

rebranding, per arrivare infine a iCloud nel 2011. Ripercorriamo brevemente la

storia di questi servizi.

iTools

iTools fu il primo tentativo di Apple nel mondo dei servizi online. Presentato il 5

gennaio 2000 nel corso dell’annuale conferenza MacWorld, il servizio fu disponibile

per i primi anni in forma completamente gratuita. Tra le caratteristiche di spicco

c’era la casella di posta, con il famoso @mac.com, utilizzabile tramite un client di

posta elettronica come Outlook Express o in seguito anche Mail. Presenti anche

iCards, un servizio per la creazione di cartoline d’auguri, HomePage, per la

creazione un proprio sito web personale e iDisk, per l’archiviazione di file sui server

Apple in modo da poterne usufruire su qualsiasi Mac.

.Mac

La nuova versione del servizio fu presentata il 17 luglio 2002 e ribattezzata come

.mac. La prima novità fu il costo: addio gratuità, ora era ad abbonamento annuale.

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Le funzioni erano pressoché le stesse di iTools, con una aggiunta: Backup, una

soluzione che consentiva il salvataggio dei propri dati personali su iDisk o supporti

ottici. Nel 2007 sarà aggiunta la Web Gallery, uno strumento per pubblicare le

proprie foto, accessibili da qualsiasi browser web.

MobileMe

Reso disponibile il 9 luglio 2008, MobileMe raccolse l’eredità di .mac fornendo

pressoché simili servizi. Alcuni terminarono la propria esistenza, come iCards,

mentre molti altri furono aggiornati. Particolari gli strumenti Find My Mac e Find My

iPhone, che consentivano di rintracciare e controllare da remoto i propri dispositivi

Apple. Find My iPhone sarà l’unico dei servizi di MobileMe a essere reso disponibile

in forma gratuita.

iCloud

Dopo un lungo periodo di stallo per MobileMe, in cui ha ricevuto solo aggiornamenti

minori, divenne chiaro che il servizio sarebbe profondamente cambiato. E così è

stato: il 6 giugno 2011, al WWDC, Steve Jobs ha presentato iCloud, il suo

successore, stavolta in forma completamente gratuita come alle origini. Oltre al

principale servizio di posta elettronica, condiviso con il vecchio MobileMe, iCloud

fornisce altri servizi aggiuntivi, quali Photo Stream, uno strumento per condividere

automaticamente la propria galleria fotografica tra i vari dispositivi dotati di iCloud,

iTunes in the Cloud, un servizio simile a quello di Photo Stream ma rivolto all’ambito

musicale e altri ancora relativi alla condivisione di documenti tramite iWork e di libri

elettronici con iBooks. iCloud tiene inoltre uno storico di tutti gli acquisti effettuati

sugli App Store per OS X e iOS, consentendo l’installazione delle applicazioni

acquistate su tutti i dispositivi in proprio possesso. Parzialmente legato a iCloud ma

a pagamento è iTunes Match, un servizio che aggiunge dallo Store fino a 25.000

tracce alla propria liberia musicale partendo da quelle fornite dall’utente e

trovandone di genere simile, condividendo il tutto nel cloud tra i vari dispositivi che

supportano iTunes. iCloud è per il momento in Beta e sarà reso disponibile in

versione finale durante l’autunno, assieme a iOS 5 e alla 10.7.2 di Lion, in

preparazione.

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Tabella temporale NeXT/Apple/Microsoft

Qui sotto è riportata una tabella per riepilogare tutti i rilasci effettuati da NeXT e

Apple, comparandoli con quelli effettuati da Microsoft nello stesso periodo.

NeXT Apple Microsoft

1988 NeXTSTEP 0.8/0.9 1989 NeXTSTEP 1.0 1990 NeXTSTEP 2.0 1991 NeXTSTEP 2.1 1992 NeXTSTEP 3.0 1993 NeXTSTEP 3.1/3.2 1995 NeXTSTEP 3.3

1984 System 1.0/1.1 1985 System 2.0/2.1 1986 System 3.0/3.1/3.2 1987 System 4.0/4.1/5.0 1988 System 6.0 1991 System 7.0 1992 System 7.1 1994 System 7.5 1997 Mac OS 8.0 1998 Mac OS 8.1/8.5 1999 Mac OS 9.0 2001 Mac OS X 10.0/10.1 2002 Mac OS X 10.2 2003 Mac OS X 10.3 2005 Mac OS X 10.4 2007 Mac OS X 10.5 2009 Mac OS X 10.6 2011 Mac OS X 10.7

1985 Windows 1.0 1987 Windows 2.0 1988 Windows 2.1 1990 Windows 3.0 1992 Windows 3.1 1993 Windows NT 3.1 1994 Windows NT 3.5 1995 Windows 95 1996 Windows NT 4.0 1998 Windows 98 2000 Windows 2000/ME 2001 Windows XP 2007 Windows Vista 2009 Windows 7

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Bibliografia e note legali

Per aiutare la mia memoria, ho utilizzato gli articoli di Wikipedia edizione inglese

riguardanti le varie versioni di Mac OS X, così come per NeXTSTEP, OpenSTEP,

Rhapsody e anche per i capitoli riguardanti i companion del sistema e i servizi web.

Le informazioni sono state selezionate e interpretate a mia cura.

I capitoli nella versione web sul sito di SaggiaMente e in questo testo sono forniti

con licenza Creative Commons 2.0, nella seguente forma:

Tu sei libero:

di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest'opera

Alle seguenti condizioni:

Attribuzione — Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.

Non commerciale — Non puoi usare quest'opera per fini commerciali. Non opere derivate — Non puoi alterare o trasformare quest'opera, ne' usarla

per crearne un'altra.

Prendendo atto che:

Rinuncia — E' possibile rinunciare a qualunque delle condizioni sopra descritte se ottieni l'autorizzazione dal detentore dei diritti.

Pubblico Dominio — Nel caso in cui l'opera o qualunque delle sue componenti siano nel pubblico dominio secondo la legge vigente, tale condizione non è in alcun modo modificata dalla licenza.

Altri Diritti — La licenza non ha effetto in nessun modo sui seguenti diritti:

Le eccezioni, libere utilizzazioni e le altre utilizzazioni consentite dalla legge sul diritto d'autore;

I diritti morali dell'autore;

Diritti che altre persone possono avere sia sull'opera stessa che su come l'opera viene utilizzata, come il diritto all'immagine o alla tutela dei dati personali.

Nota — Ogni volta che usi o distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza.

Per quanto riguarda le immagini dei vari software, sono usate in osservanza

dell'articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del

diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, modificata dalla legge 22

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maggio 2004 n. 128, poiché trattasi di «riassunto, citazione o riproduzione di brani

o di parti di opera» utilizzati «per uso di critica o di discussione», o per mere finalità

illustrative e per fini non commerciali, poiché la loro presenza in Wikipedia e in

questo testo non costituisce «concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera».

In osservanza del comma 3, deve sempre essere presente la «menzione del titolo

dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del

traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta». Questa immagine

non può essere utilizzata per altri scopi senza il previo assenso dell'azienda o

dell'autore titolare dei diritti.

Animali

Le immagini di Cheetah, Leopard e Lion sono rese disponibili sotto la licenza

Creative Commons 2.0 Generic:

Tu sei libero:

di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest'opera

di modificare quest'opera

di usare quest'opera per fini commerciali

Alle seguenti condizioni:

Attribuzione — Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.

Prendendo atto che:

Rinuncia — E' possibile rinunciare a qualunque delle condizioni sopra descritte se ottieni l'autorizzazione dal detentore dei diritti.

Pubblico Dominio — Nel caso in cui l'opera o qualunque delle sue componenti siano nel pubblico dominio secondo la legge vigente, tale condizione non è in alcun modo modificata dalla licenza.

Altri Diritti — La licenza non ha effetto in nessun modo sui seguenti diritti:

Le eccezioni, libere utilizzazioni e le altre utilizzazioni consentite dalla legge sul diritto d'autore;

I diritti morali dell'autore;

Diritti che altre persone possono avere sia sull'opera stessa che su come l'opera viene utilizzata, come il diritto all'immagine o alla tutela dei dati personali.

Nota — Ogni volta che usi o distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza.

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Page 63: L’evoluzione felina di OS X - SaggiaMenteevoluzione felina di OS X.pdfL’evoluzione felina di OS X Da Cheetah a Lion, passando per NeXTSTEP e Rhapsody . Indice Prefazione 5 Le origini

L’immagine originale di Cheetah è stata caricata su Flickr dall’utente James Temple

il 2 dicembre 2006.

L’immagine originale di Leopard è stata caricata su Flickr dall’utente Ed

Glickman/edg1 in data 9 gennaio 2008.

L’immagine originale di Lion è stata caricata su Flickr dall’utente yaaay in data 26

luglio 2004.

Le immagini di Jaguar, Panther, Tiger e Snow Leopard sono rese disponibili sotto la

licenza Creative Commons 3.0 Attribution-Share-Alike:

Tu sei libero:

di riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare quest'opera

di modificare quest'opera

di usare quest'opera per fini commerciali

Alle seguenti condizioni:

Attribuzione — Devi attribuire la paternità dell'opera nei modi indicati dall'autore o da chi ti ha dato l'opera in licenza e in modo tale da non suggerire che essi avallino te o il modo in cui tu usi l'opera.

Condividi allo stesso modo — Se alteri o trasformi quest'opera, o se la usi per crearne un'altra, puoi distribuire l'opera risultante solo con una licenza identica o equivalente a questa.

Prendendo atto che:

Rinuncia — E' possibile rinunciare a qualunque delle condizioni sopra descritte se ottieni l'autorizzazione dal detentore dei diritti.

Pubblico Dominio — Nel caso in cui l'opera o qualunque delle sue componenti siano nel pubblico dominio secondo la legge vigente, tale condizione non è in alcun modo modificata dalla licenza.

Altri Diritti — La licenza non ha effetto in nessun modo sui seguenti diritti:

Le eccezioni, libere utilizzazioni e le altre utilizzazioni consentite dalla legge sul diritto d'autore;

I diritti morali dell'autore;

Diritti che altre persone possono avere sia sull'opera stessa che su come l'opera viene utilizzata, come il diritto all'immagine o alla tutela dei dati personali.

Nota — Ogni volta che usi o distribuisci quest'opera, devi farlo secondo i termini di questa licenza, che va comunicata con chiarezza.

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L’immagine originale di Jaguar è stata caricata su Wikipedia dall’autore Bjørn

Christian Tørrissen in data 17 dicembre 2010.

L’immagine originale di Panther è stata caricata su Wikipedia dall’utente Cburnett in

data 30 settembre 2006.

L’immagine originale di Tiger è stata caricata su Wikipedia dall’autore Bjørn

Christian Tørrissen in data 10 aprile 2010.

L’immagine originale di Snow Leopard è stata caricata su Wikipedia dall’autore

Bernard Landgraf in data 29 gennaio 2005.

L’immagine di Puma rappresenta una produzione del Dipartimento per l’Agricoltura

statunitense. Essendo produzione del Governo Federale degli Stati Uniti, l’immagine

è di pubblico dominio.

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