L’adolescenza un’età ancora da studiare

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L’adolescenza un’età ancora da studiare Prof.ssa Raffaella Frezza Pedagogista, Counsellor e mediatrice familiare IIS «Matilde di Canossa» Reggio Emilia [email protected]

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L’adolescenza un’età ancora da studiare

Prof.ssa Raffaella FrezzaPedagogista, Counsellor e mediatrice familiare

IIS «Matilde di Canossa» Reggio Emilia

[email protected]

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L’adolescenza costituisce un periodo della vita che solo in un’epoca relativamenterecente è divenuta oggetto di indagine scientifica.

1. Il primo che ha studiato in modo organico l’adolescenza è l’americano GranvilleStanley Hall. Questi pubblicò nel 1904 un’opera che si intitolava l’”Adolescenza“,in cui per la prima volta veniva proposta una interpretazione generale delsignificato e dell’influenza che questo periodo ha nella vita dell’uomo.

• S. Hall considera anzitutto L’ADOLESCENZA quasi come una <<nuova nascita»intesa come un rinnovamento radicale di tutti gli aspetti della personalità.

• Il bambino, egli osserva, è tutto orientato verso il mondo esterno, mentrenell’adolescente è presente una capacità di introspezione che lo porta a viveresoprattutto dentro di sé.

A questa prima tesi di una netta contrapposizione tra il mondo mentale del bambino equello dell’adolescente è direttamente collegata una seconda tesi:

• il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e lo svolgersi stesso dell’adolescenza,avrebbe luogo, secondo S. Hall, in forma drammatica e tempestosa.

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• L’adolescente sarebbe IL REGNO DEI CONTRARI, la scoperta dell’esistenza di unmondo interiore che è costituito da sentimenti o impulsi che insorgonospontaneamente, nell’ambito del quale deve avere luogo la scelta tra diversi idealidi vita.

• La terza tesi, dello psicologo americano, consiste nel considerare ilCAPOVOLGIMENTO DI ATTEGGIAMENTO, che avrebbe luogo nel passaggiodall’infanzia all’adolescenza, ed il carattere drammatico e contraddittorio che sulpiano della vita mentale caratterizzerebbe quest’ultimo periodo come fenomenideterminati soprattutto biologicamente e pertanto inevitabili, nel modo stesso percui risulta inesorabile la crescita fisica.

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• La tesi di S. Hall, sulla contrapposizione tra la vita mentale dell’infanzia e quelladell’adolescenza, è stata ripresa e modificata dallo psicologo J. J. Piaget.

• Questi elimina tale contrapposizione e introduce il concetto di continuità tra glistadi della crescita.

• A suo avviso, il periodo adolescenziale sarebbe caratterizzato dallo sviluppo di unnuovo tipo di pensiero: il pensiero ipotetico-deduttivo.

• Tale pensiero consente di compiere rappresentazioni mentali di situazioni possibilie ipotetiche e di cogliere in modo astratto i rapporti logici tra le possibili cause.

• Lo sviluppo di questa nuova capacità del pensiero completa le precedenticonquiste che hanno accompagnato la crescita del soggetto.

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• Secondo la psicanalisi, si riattiva temporaneamente anche il complesso di Edipo,che è uno dei compiti evolutivi fondamentali che il preadolescente e l’adolescentedevono affrontare.

• Secondo Anna Freud, gli adolescenti devono risolvere il definitivo rapportoconflittuale con i genitori, spostando il loro <<investimento libidico >> dalla figuradi uno dei due genitori (madre per il figlio, padre per la figlia) verso una figuraesterna al mondo familiare.

• La dimensione dell’eros si estrinseca nella richiesta e nell’offerta di vicinanza e diaffetto, nelle prime curiosità libidiche, nelle prime forme di innamoramentodestinate a rimanere nel fondo dei propri vissuti emotivi: esperienze incancellabilidella personale storia affettiva.

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• Un contributo teorico altrettanto rilevante è stato portato dallo studioso K. Lewin ilquale ha cercato di considerare l’adolescenza, un <<terreno intermedio>> tra lafanciullezza e l’età adulta, e l’adolescente come un individuo <<marginale>> .

• Lewin definisce, dunque, l’adolescente con il termine MARGINALE in quanto ilsoggetto si trova a far parte contemporaneamente di due categorie bendistinte; non vuole più essere incluso nella prima e non si sente, d’altronde,pienamente accettato nella seconda.

• Questo si verifica perché sia dal punto di vista fisico che psichico questi per moltiaspetti conserva ancora una condizione simile a quella in cui si trovano i bambini,per altri somiglia ormai del tutto agli adulti.

• Lewin ha cercato di cogliere in questa condizione di <<marginalità>> alcuni deimotivi di insoddisfazione e conflittualità tipici di questa età.

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• Per analizzare tale periodo di vita particolarmente carico di situazioniconflittuali e di tensione, K. Lewin afferma che una situazione di conflitto sidetermina tutte le volte che su un individuo agisconocontemporaneamente due <<forze psichiche>> d’intensità più o menouguale, ma di senso opposto.

• Secondo K. Lewin, tali <<forze psichiche>>, in base a come si verrebbero acomporre, influenzerebbero il normale procedere dell’individuo,disorientandolo.

• A livello psicologico possono comparire un senso di ansia, di tensione o diinquietudine, di <<incapacità di prendere una decisione>> o anche di farequalcosa, o il senso di <<essere come dilaniato>> da più forze contrastanti,un’emozione di paura, o un senso di colpa (come in certe situazioni di tiponevrotico in cui, per esempio, il desiderio di uscire in strada, o di salire sultreno, è contrastato da un sentimento di angoscia di cui non si è in gradodi conoscere le cause reali).

• A livello comportamentale si è contraddittori , confusi, irrequieti: che puòtradursi in un <<và e vieni>>, o in un <<fare e disfare>>, o anche in certicasi in una immobilità completa.

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• Il lavoro dell’insegnante, di per se stesso complicato, siproblematizza ancora di più qualora si rivolge a soggetti “difficili”.

• Mettere l’alunno <<in contatto diretto con i problemi pratici…, conargomenti di carattere personale, con i problemi dellaricerca>>, secondo Rogers <<è uno dei modi più efficaci dipromuovere l’apprendimento>>, in quanto egli parteciparesponsabilmente al processo educativo, cioè : cerca di scoprire leproprie possibilità di apprendimento, formula i propri problemi….

• Le situazioni conflittuali in cui un adolescente viene a trovarsi, glistati di tensione e le improvvise crisi cui esse possono dare originesono in larga misura dipendenti, per quanto riguarda il loro sorgereo l’intensità che raggiungono, da alcune caratteristichedell’ambiente familiare, scolastico, sociale, culturale in cui egli èvissuto e vive; dalle esperienze che ha avuto modo di compiere (giàa partire dall’infanzia); dallo stato delle sue conoscenze, oltre che,naturalmente, da alcuni tratti della sua personalità.

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“L’atmosfera educativa“ che l’educatore crea è la base per la riuscita di una sana relazione

educativa. In tale maniera si stabilirà una comunicazione che non è <<un semplice scambio diintenzioni e di contenuti verbali, ma creazione di relazioni reciproche che determinano ciò che puòessere chiamata la piattaforma della comprensione>>.

• Il processo rieducativo si configura come rapporto tra due individui in una relazionecostruttiva orientata all’autonomia personale.

• Un educatore che riesce a creare, durante l’intervento, un’atmosfera democratica, quindi, e asoddisfare i bisogni di valorizzazione, aiuto, comprensione dei suoi allievi, ponendosi nei loroconfronti come una <<presenza>> disponibile all’ascolto ma non mai intrusiva, non solo creacondizioni assai favorevoli allo svolgimento del suo lavoro, ma acquisisce prestigio, puòsuscitare ammirazione e venire vissuto dagli allievi come <<un modello positivo di adulto>>.

• L’educatore, osserva Freud, <<lavora su un materiale plastico, accessibile ad ogniimpressione, e dovrà imporsi di non sollecitare la formazione della giovane vita psichicasecondo i suoi ideali personali, ma secondo le disposizioni e la possibilità proprie delsoggetto>>.

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• Erikson concentra la propria attenzione sull’interazione tra individuo-ambientetanto che definisce gli stadi di sviluppo stadi psico-sociali.

• Scopo fondamentale dell’uomo è la ricerca di una propria identità, che purvariando nel tempo, è caratterizzata dall’esigenza di un coerenza dell’Io tale dapermettergli un rapporto valido e creativo con l’ambiente sociale.

Gli aspetti fondamentali del pensiero di Erikson si possono riassumere in tre punti:

1. Il ciclo vitale dell’individuo è caratterizzato da una serie di tappe evolutive (stadi)che comprendono una coppia antinomica: una conquista ed un fallimento. Questosituazione è definita “QUALITÀ DELL’IO”.

2. Questi stadi non sono, come Freud, definiti da specifici momenti biologici, bensì daparticolari modalità sociali.

3. Ogni tappa deve portare al rinforzo della specifica qualità positiva dell’Io: solo inquesto modo il soggetto può accedere validamente allo stadio successivo.

Erikson concettualizza il ciclo di vita come una serie dei periodi critici dello sviluppoche implicano un conflitto da affrontare e risolvere prima di procedere in avanti. Lepolarità di ogni stadio prevedono una crisi, un punto di passaggio cruciale,attraversando il quale lo sviluppo evolve per il meglio o per il peggio nell’orientamentodella persona verso il contesto storico – sociale.

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Gli stadi che vengono proposti da Erikson sono otto e comprendono il periodo compreso dallanascita alla vecchiaia:

1.stadio: Fiducia – sfiducia (da 0-1 anno)

2.stadio: Autonomia. Dubbio – vergogna ( 2-3 anni )

3.stadio: Iniziativa – senso di colpa ( dai 4 anni ai 5 anni )

4.stadio: Industriosità. Senso d’inferiorità (6-12 anni )

5.stadio: Identità. Confusione di ruoli (13-18 anni )

• E’ il periodo della pubertà e dell’adolescenza.

• In questo stadio Erikson definisce la differenza tra infanzia e adolescenza: laformazione dell’identità è un processo adolescenziale ben diverso dai processi di introiezionee di identificazione che avvengono nell’età infantile.

• E’ soltanto quando il soggetto è in grado di selezionare alcune fra le sue identificazioniinfantili scartandone altre, in accordo con i propri interessi, talenti e valori che egli giunge aformare la propria identità. La formazione dell’identità per l’adolescente non consistesoltanto nell’incorporare un Io sicuro, evoluto come individuo autonomo, capace di iniziare ecompletare compiti soddisfacenti modellati da altri significativi, ma richiede anche che ilsoggetto trascenda tali identificazioni per produrre un Io sensibile ai propri bisogni e talenti,che lo renda capace di occupare un proprio spazio nel contesto sociale circostante. Un erratosviluppo dell’identità, in questa fase, può degenerare nei casi più gravi in forme di psicosi o digravi psicopatie.

6.stadio: Intimità - Isolamento (19-25 anni)

7.stadio: Generatività – Stagnazione (26-40 anni)

8. stadio: Integrità dell’Io. Disperazione (da 41 anni in poi )

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Le ultime ricerche mettono in evidenza come l’adolescente odierno abbia «fame» di relazioni«verticali», cioè profonde, con adulti competenti: «Ha da porre loro domande cruciali per la crescitae li deve interrogare per ottenere risposte su questioni essenziali a proposito di alcuni segreti daiquali si sente escluso.

L’adolescente chiede agli adulti competenti di riferimento di svolgere un rilevante sostegno allacrescita.

• Secondo Gustavo Pietropolli Charmet, nel bisogno dell’adolescente di essere ammiratodall’adulto di riferimento: «Il bisogno di ammirazione da parte di un adulto ritenuto competentein un determinato settore della crescita decolla in concomitanza con l’affermarsi, nella menteprofonda dell’adolescente, dei valori dell’identità di genere e dei misteri correlati al processo dinascita sociale e di assunzione di responsabilità».

• Mentre tutto lascerebbe pensare che egli stia lavorando per prendere le distanze dagli adulti, dalpunto di vista sia emotivo che normativo e relazionale, in realtà, quasi paradossalmente,l’adolescente, nel corso del proprio processo di «seconda nascita», ha il particolare bisogno chele sue azioni vengano rispecchiate dagli adulti.

• Viene spesso sottovalutata questa essenziale funzione di «ammirazione» verso i più grandi,mentre, citando ancora Charmet, si è prestato più attenzione alla necessità dell’adolescente disfidare gli adulti……..

• «L’adulto destinato a legittimare aspetti cruciali anche se segreti o comunque clandestini dellacrescita adolescenziale è super investito alla pari di un idolo ed è segretamente temuto, atteso eper certi versi odiato, proprio perché suscita dipendenza e attesa di legittimazione […]. Si pensiad esempio alla singolare funzione di alcuni insegnanti, rinnegati ufficialmente maprofondamente nominati come testimoni del proprio eventuale valore, magari non nelladisciplina che insegnano, ma in qualche altra cruciale materia fondamentale della vita […]

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Robert James Havighurst (1900 -1991) delinea alcuni specifici problemi chel’adolescente deve fronteggiare, il cui superamento pone le basi per acquisire quellasicurezza indispensabile per affrontare le difficoltà future:

• instaurare relazioni nuove e più mature con i coetanei di entrambi i sessi;

• acquisire un ruolo sociale femminile o maschile

• accettare il proprio corpo ed usarlo in modo efficace

• conseguire indipendenza emotiva dai propri genitori e dagli altri

• raggiungere la sicurezza di indipendenza economica

• orientarsi e prepararsi per un’occupazione o professione

• prepararsi al matrimonio e alla vita familiare

• sviluppare competenze intellettuali e conoscenze necessarie per la competenzacivile

• desiderare ed acquisire un comportamento socialmente responsabile

• acquisire un sistema di valori e una coscienza etica come guida al proprio

comportamento.

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DIANA BAUMRIND( 1971): GLI STILI EDUCATIVI• Elabora 4 stili educativi correlati a caratteristiche specifiche dei bambini e degli

adolescenti. Tali stili sono caratterizzati dall’interazione di alcune dimensioni:permissività – severità, sollecitudine - ostilità, chiarezza comunicativa e aspettativeverso il figlio in termini di autonomia o immaturità.

• 1) Lo stile autoritario: fondato sul potere dell’adulto con una dimensioneemozionale distaccata e severa. I genitori cercano di controllare il comportamentodei figli per ottenere l’obbedienza alle regole imposte senza la possibilità di unadiscussione o mediazione della norma; raramente sollecitano l’opinione delbambino impedendo lo sviluppo di qualsiasi forma di dialogo; non apprezzano omostrano piacere per i risultati che ottiene; sono direttivi ed esigenti e puniscono ifigli in caso di trasgressioni, senza dar loro spiegazioni.

• 2) Lo stile permissivo: si caratterizza per un basso livello di controllo dei genitori,nella convinzione che i bambini debbano imparare a comportarsi sulla base dellapropria esperienza, con una deresponsabilizzazione dell’adulto dal compito diprendere decisioni disciplinari. I genitori permissivi esprimono affetto, machiedono pochi risultati ai loro figli, sono meno rigidi rispetto all’obbedienza delleregole, sono poco coerenti nella disciplina, e generalmente lasciano ai bambinigrande libertà nell’organizzare la propria giornata, consultandoli sulle strategie diconduzione familiare.

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• 3) Lo stile autorevole: i genitori riconoscono i desideri dei loro bambini,esercitano responsabilmente un costante controllo nei loro confronti conl’uso di tecniche non punitive, incoraggiando la comunicazione e gli scambiverbali e rispettando le opinioni dei bambini. Questi genitori nonestremizzano l’obbedienza all’autorità come una virtù in sé ma spiegano icriteri delle loro regole di condotta, utilizzando sia modalità di potere chedi ragionamento, ed accettano che i bambini possano esprimere il propriopunto di vista. La relazione che si instaura è caratterizzata da un affettomanifestato in modo caldo e intenso, da molto dialogo e senso diprotezione trasmesso al bambino.

• 4) Lo stile trascurante e di rifiuto: si contraddistingue per il disimpegno siasul fronte del controllo che su quello affettivo. Questi genitori non sono néricettivi né esigenti, non guidano, né controllano le attività dei bambini,non forniscono un sostegno limitandosi ad offrire loro pochi strumenti dicomprensione del mondo o delle regole sociali.

Se si considerano le correlazioni tra i comportamenti dei figli e gli stiligenitoriali (autoritario, permissivo, autorevole e trascurante), si può osservareche i bambini con i genitori autoritari mancano di competenza sociale inparticolare nei confronti degli altri bambini; raramente prendono iniziative;mancano di curiosità e di spontaneità; possono manifestare aggressività peridentificazione della figura parentale autoritaria.

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• I figli di genitori permissivi mostrano una certa immaturità, difficoltà a controllare iloro impulsi, ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, sono poco assertivie generalmente poco interessati ai risultati dei propri comportamenti.

• I figli di genitori che rifiutano tendono ad essere i meno maturi per quantoconcerne sia la sfera cognitiva che la sfera sociale, e sono spesso caratterizzati daun sentimento di insicurezza nelle relazioni sociali.

• I bambini cresciuti in un clima autorevole mostrano fiducia in se stessi,autocontrollo, curiosità e competenza sul piano sociale.

• I genitori chiedono loro di impegnarsi per raggiungere mete elevate, favoriscono lacomprensione nei bambini delle regole sociali, producono sentimenti di autostima,sicurezza, indipendenza, altruismo, motivazione all’impegno per ottenere ilsuccesso.

• Lo stile autorevole sembra dare risposte ai genitori che sentono il conflitto fra ledimensioni del controllo e dell’affetto: l’elemento cruciale che li lega può esseresolo la comunicazione e la cooperazione, che consentono ad un genitore dimantenere la relazione con il figlio, sia comunicando l’affetto, sia prendendoposizioni di autorità.

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TEORIE DELLO SVILUPPO MORALE A CONFRONTO: PIAGET E KOHLBERG

• PIAGET si focalizzò sulla morale dei bambini studiando il modo in cui giocano per capirecome si evolve il concetto di bene e di male. Scoprì, in questo modo, chela moralità può considerarsi un processo evolutivo: i bambini cominciano con losviluppo di una morale basata sulla stretta aderenza alle regole, dettata dallaconvinzione che a un’azione errata segua automaticamente una punizione, esuccessivamente, attraverso l’interazione con altri bambini, scoprono che uncomportamento strettamente aderente alle regole può talvolta essere problematico.

• Piaget ritiene che il ragionamento morale esplicito del bambino sia una sorta di presa di coscienza dell’attività morale. Questa presa di coscienza va intesa come una ricostruzione delle nozioni già sviluppate effettuata anche in base alle nuove capacità cognitive.Uno degli aspetti fondamentali di questa teoria è la distinzione tra due forme di moralità, che pur essendo prevalenti in successive fasi dello sviluppo, possono convivere in varie forme: il realismo morale e il relativismo morale.

• La prima forma, il realismo morale, prevalente fino agli otto anni, collegata con unaprospettiva egocentrica del mondo e con il predominare di un modo di pensare“realistico”: la validità dei principi, rigidi e immutabili, è determinata dall’autorità di chili ha emanati ( es. i genitori), e dalla capacità di questi ultimi di far rispettare tali principicon adeguate sanzioni in caso di trasgressione.

• Invece, nella forma del relativismo morale, descritta anche come moraledell’autonomia, l’intenzione e il contesto assumono un ruolo importante nellavalutazione dell’atto. Questa forma di moralità tende a prevalere dopo gli otto anni,anche se può coesistere con manifestazioni della morale eteronoma. I principi non sonopiù considerati immutabili, ma fondati e mantenuti dal consenso reciproco, e quindimodificabili in rapporto a situazioni e contesti diversi.

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LO SVILUPPO DELLA MORALITÀ SECONDO KOHLBERG

• Per Kohlberg è fondamentale il parallelismo tra gli stadi dello sviluppo intellettivo equelli dello sviluppo del pensiero morale; il possesso delle competenze cognitive di unostadio è una condizione necessaria ma non sufficiente perché siano presenti lecorrispondenti caratteristiche del giudizio morale.

• Kohlberg si è servito fondamentalmente di interviste in modalità analoghe a quelle diPiaget, proponendo ai suoi soggetti dei dilemmi morali, rappresentati da vicende nellequali il protagonista può prender diverse decisioni.

• Kohlberg ha delineato, in questo modo, una serie di stadi di sviluppo morale moltoarticolati, dall’infanzia all’età adulta. La nozione di stadio è strettamente legata a quelladi Piaget : lo sviluppo degli stadi va da un livello inferiore ad un livello superiore e ogniindividuo passa da uno stadio a quello successivo (invarianza della sequenza);la sequenza ideata da Kolberg prevede 3 livelli di giudizio morale, ognuno dei quali èdiviso in 2 stadi.

LIVELLO PRECONVENZIONALE: in questo livello (sotto i 9-10 anni), si considerano le norme che possono comportare una punizione: la motivazione sulla quale si basa la valutazione è legata al rischio di ricevere una punizione, e quindi all’obbedienza all’autorità. La prospettiva socio-cognitiva è quella egocentrica.

Stadio 1: orientamento premio-punizione non si tiene conto di possibili differenze nei punti di vista dai quali si valuta un dilemma morale, né si considerano adeguatamente le intenzioni che determinano un comportamento (valutato soprattutto in rapporto alle sue conseguenze sul piano fisico).Stadio 2: orientamento individualistico e strumentale: ciò che è giusto o sbagliato diventa più relativo, e non dipende più così radicalmente dalla sanzione dell’autorità.

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LIVELLO CONVENZIONALE: questo livello (dai 13/14 anni fino ai 20 anni) è caratterizzato dal rispetto di norme che sono state socialmente approvate, e non più dalle conseguenze immediate dell’azione individuale.

Stadio 3: orientamento del “bravo ragazzo”: assume importanza il rispetto delle norme in modo da rispondere alle aspettative positive della comunità della quale si condividono i valori.Stadio 4: orientamento al mantenimento dell’ordine sociale: le relazioni interindividuali vengono considerate nel contesto di un sistema, le cui regole non devono essere infrante. Le norme morali non valgono soltanto in quanto legate ad un gruppo con il quale si hanno legami affettivi ma sono connesse con il proprio ruolo all’interno della società, le cui leggi vanno rispettate in quanto garantiscono l’ordine sociale.• Livello post-convenzionale (regolato da principi): le norme morali vanno al di là

della società nella quale si vive, sono legate ad un sistema di principi astratti e di valori universali.Stadio 5: orientamento del contratto sociale: le regole morali non sono fisse e immutabili ma sono create e quindi modificabili in base ad una sorta di contratto sociale.Stadio 6: orientamento della coscienza e dei principi universali, che possono non essere scritti nelle leggi.