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1 Scuola di Dottorato in Biologia Cellulare e dello Sviluppo XXII Ciclo Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo L’ACETILCOLINA MODULA LA PROLIFERAZIONE E IL DIFFERENZIAMENTO DI CELLULE GLIALI MIELINIZZANTI: STUDIO COMPARATIVO IN OLIGODENDROCITI E CELLULE DI SCHWANN Coordinatore della Scuola di Dottorato Prof. Rodolfo Negri Docente Guida Candidato Prof.ssa Ada Maria Tata Federica De Angelis Tutor Prof.ssa M.Egle De Stefano Anno Accademico 2008-2009

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Scuola di Dottorato in

Biologia Cellulare e dello Sviluppo

XXII Ciclo

Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo

L’ACETILCOLINA MODULA LA PROLIFERAZIONE E

IL DIFFERENZIAMENTO DI CELLULE GLIALI

MIELINIZZANTI: STUDIO COMPARATIVO IN

OLIGODENDROCITI E CELLULE DI SCHWANN

Coordinatore della Scuola di Dottorato

Prof. Rodolfo Negri

Docente Guida Candidato

Prof.ssa Ada Maria Tata Federica De Angelis

Tutor

Prof.ssa M.Egle De Stefano

Anno Accademico 2008-2009

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INDICE

Capitolo 1 ....................................................................................................... 7

LA GLIA ......................................................................................................... 7

1.1LE CELLULE GLIALI ...................................................................................... 7

1.2Cross-talk neurone-glia .......................................................................... 14

Capitolo 2 ..................................................................................................... 19

GLI OLIGODENDROCITI ......................................................................... 19

2.1 L’origine e il differenziamento. ............................................................. 19

Capitolo 3 ..................................................................................................... 35

I NEUROTRASMETTITORI DURANTE LO SVILUPPO DEL SN ............. 35

3.1L’ACETILCOLINA ....................................................................................... 39

3.2 Acetilcolina e cellule di Schwann. ................................................................... 50

3.3 Acetilcolina e oligodendrociti………………………………..………..…….50

Capitolo 4 ..................................................................................................... 55

SCOPO DELLA RICERCA .......................................................................... 55

Capitolo 5 ..................................................................................................... 59

MATERIALI E METODI .............................................................................. 59

5.1 ALLESTIMENTO DELLA COLTURA DI OLIGODENDROCITI. ............................ 59

5.2 Incorporazione di timidina triziata ........................................................ 61

5.3 SAGGI DI VITALITÀ CELLULARE. ................................................................. 62

5.4 ESTRAZIONE DELL’RNA TOTALE. .............................................................. 63

5.5 RT-PCR. ................................................................................................. 64

5.6 REAL-TIME PCR. ..................................................................................... 65

5.7 SAGGIO DI RNASE PROTECTION (RPA). ................................................... 68

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5.8 IMMUNOLOCALIZZAZIONE INDIRETTA. ........................................................ 69

5.9Western Blotting su gel di poliacrilammide……………………………….69

5.10 Analisi dei dati………………………………………………………………69

CAPITOLO 6………………………………………………………………..…….73

RISULTATI…………………………………………………………..……………73

6.1 Caratterizzazione delle colture primarie di oligodendrociti………...…73

6.2Espressione e caratterizzazione dei recettori muscarinici nei progenitori

e negli oligodendrociti maturi…………………………………………..………75

6.3 L'attivazione dei recettori muscarinici incrementa la proliferazione dei

progenitori oligodendrocitari……………………………………….…………..78

6.4L'attivazione del recettore M2 ha effetto sulla vitalita' cellulare degli

OPCs………………………………………………………………………………..81

6.5 I recettori muscarinici modulano l'espressione del

PDGFRalfa…………………………………………………………………….….85

6.6 I recettori muscarinici modulano negativamente l'espressione

delle proteine della mielina……………………………………...……………..87

6.7 La transizione da progenitore a oligodendrocita maturo: analisi

dell'espressione dei fattori OLIG e dei recettori

ERbB…………………………………………………………..…..…………….....90

6.8 Analisi dell'espressione di proteine della mielina

in cellule di Schwann…………………..………………………………………..94

6.9 La transizione da Schwann immatura a Schwann mielinizzante;

analisi di espressione del fattore di trascrizione Sox10……………………..99

Capitolo7……………………………………………………………………..…..101

DISCUSSIONE……………………………………………………….………….101

Bibliografia……………………………………………………...……………….115

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“Ancor più affascinate della Foresta Vergine, era la giungla che

avevo di fronte: Il Sistema Nervoso Centrale”

Rita Levi-Montalcini (1988)

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PREFAZIONE

Le conoscenze riguardo la funzione e l’organizzazione del cervello,si

basano sulla “dottrina neuronale”,che considerava i neuroni ed i contatti

sinaptici il vero ed unico centro del sistema nervoso.(Verkhratsky e

Butt,2007).Tale dottrina assegnava alla glia un ruolo passivo di supporto

secondario per i neuroni, e con nessuna implicazione all’interno degli

scambi informazionali nelle complesse reti neurali.

Durante la metà del 1800 il patologo Rudolph Virchow nell’ambito di

osservazioni sul sistema nervoso centrale, fu il primo che descrisse la

presenza di cellule diverse dai neuroni, parlando di un tessuto connettivale

funzionalmente inattivo al quale diede il nome di

“neuroglia”(Virchow,1846). Tuttavia nell’ultimo decennio la visione

riguardo l’organizzazione funzionale del cervello è stata completamente

rivoluzionata dai nuovi risultati ottenuti in campo scientifico, che ci hanno

portato a riconsiderare il postulato della “dottrina

neuronale”precedentemente citato.Ora sappiamo che le cellule gliali

costituiscono la popolazione cellulare più abbondantemente presente nel

sistema nervoso.Tali cellule partecipano attivamente alle fisiologiche

attività del cervello stimolando così un grande interesse scientifico per lo

studio di patologie del sistema nervoso legate alle disfunzioni di questa

importante popolazione cellulare.Le cellule gliali sono necessarie per un

corretto sviluppo del SN e per lo svolgimento delle funzioni cellulari nei

neuroni maturi,inoltre l’abilità della glia di rispondere alle variazioni

dell’ambiente cellulare ed extracellulare evidenzia come questi due tipi

cellulari siano tra loro strettamente dipendenti e necessari per il corretto

funzionamento del sistema nervoso.

In questo contesto è interessante sottolineare che anche i

neurotrasmettitori,sono stati per decenni considerati unicamente come

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neuromediatori chimici nella trasmissione dell’impluso nervoso,e in quanto

tali localizzabili solo a livello delle sinapsi.Successivamente per essi si

sono consolidati ruoli aggiuntivi e non convenzionali di fattori di crescita,di

regolatori della migrazione e soprattutto di modulatori della gliogenesi e

neurogenesi. Pertanto né le cellule gliali, né i neurotrasmettitori, vanno

definiti alla luce del significato etimologico dei loro nomi, evidentemente

più che mai oggi restritivo, per non essere indotti a sottovalutare le loro

reali potenzialità sia durante lo sviluppo embrionale che nell’adulto.

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Capitolo 1

LA GLIA

1.1 Le cellule gliali.

Nel sistema nervoso, sia centrale (SNC) che periferico (SNP) i neuroni

sono circondati da cellule gliali.Inizialmente si pensava che questi due tipi

cellulari derivassero da cellule staminali embrionali distinte, ora, invece si

ritiene che derivino da stessi precursori embrionali e che in presenza di

determinati programmi di sviluppo, vengano indirizzati verso la via

neuronale o gliale (Fig.1).

L’attivazione del recettore Notch , ad esempio, promuove un’identità gliale,

il mantenimento dello stato proliferativo e la formazione di astrociti

nell’ippocampo adulto (Tanigaky et al.,2001) e delle cellule di Schwann nel

SNP (Morrison et al.,2000).

Le cellule gliali, nel loro insieme, rappresentano la popolazione più

abbondante dell’encefalo e,quando furono scoperte, si credeva che

svolgessero soltanto funzioni di sostegno e di supporto metabolico per i

neuroni.Studi recenti, invece, hanno riconosciuto svariati ruoli funzionali

delle cellule gliali nei riguardi dei neuroni, sia durante la neurogenesi che

nel sistema nervoso adulto.

Fig.1:Visione schematica generale della progressione delle linee

precoci di discendenza nel SNC e

le loro possibili correlazioni partendo

da un precursore staminale

neurale comune (NSC).Abb:NB

neuroblast, APC astrocyte precursor cells,

GBGlioblast,OPC oligodendrocyte

Progenitor cells.(modificato da

Nguyen et al.,2001).

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A differenza dei neuroni, le cellule gliali possono essere sostituite

nell’adulto grazie alla presenza di precursori gliali e della loro capacità

proliferativa.Analogamente ai neuroni, le cellule gliali hanno canali ionici

voltaggio-dipendenti e recettori per molteplici neurotrasmettitori,ciò

nonostante non sono in grado di generare impulsi nervosi (Nicholls et al.,

1997).Tuttavia la presenza di canali ionici, permette alla glia di risentire

dell’attività elettrica neuronale, monitorando i cambiamenti prodotti dai

neuroni, nel micro-ambiente circostante.

Le cellule gliali si comportano passivamente in risposta ad una corrente

elettrica, il potenziale di membrana gliale è più grande di quello dei neuroni

e dipende principalmente dallo ione potassio (K+).Le cellule gliali, inoltre

sono collegate tra loro tramite connessioni a bassa resistenza che

permettono lo scambio di ioni e piccole molecole.I neuroni e le cellule della

glia sono separati tra loro da spazi extracellulari molto esigui (circa 20

nanometri di ampiezza) in grado di impedire alle correnti derivate dagli

impulsi nervosi di estendersi alle cellule vicine.Tuttavia i neuroni

influenzano le cellule gliali liberando potassio negli spazi intercellulari

durante la conduzione degli impulsi e depolarizzando così la membrana

gliale (Kandel et al., 1994).

Le cellule gliali sono suddivise in due principali categorie (1) cellule della

nevroglia (nome mantenuto dalla prima identificazione di queste cellule

data da Virchow R.) nell’encefalo, ulteriormente classificate in

oligodendrociti, astrociti, microglia e cellule ependimali, e (2) cellule di

Schwann, cellule satelliti e teloglia nel sistema nervoso periferico.

Nel loro insieme, le cellule della nevroglia costituiscono almeno la metà del

volume dell’encefalo, e sono di gran lunga la popolazione numericamente

più abbondante di tutto il sistema nervoso.

Gli astrociti e gli oligodendrociti rappresentano le cellule gliali più studiate

nell’ambito del sistema nervoso centrale.Queste risultano inoltre coinvolte

in processi quali la sinaptogenesi, la regolazione dell’attività elettrica dei

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neuroni, nel regolare il calibro assonale etc…(Kettenmann and Ransom,

2005).

Gli astrociti emettono lunghi processi radiali che circondano il corpo

cellulare e la fibra dei neuroni residenti sia nell’encefalo sia all’interno del

canale vertebrale.Nel cervello dei roditori adulti, un singolo astrocita è in

grado di sostenere funzionalmente e strutturalmente circa dieci mila contatti

sinaptici (Bushong et al., 2004).Nell’encefalo inoltre esiste una peculiare

associazione tra i capillari sanguigni e gli astrociti (Fig.2) che rende questi

ultimi determinanti nella selezione dei nutrienti che possono e devono

arrivare ai neuroni, essi infatti,sono i costituenti fondamentali di un sistema

filtrante identificato come barriera emato-encefalica.

Fig.2:Gli astrociti supportano troficamente i neuroni e sono in contatto da un lato con i

vasi del sistema circolatorio, dall’altro con il soma e gli assoni dei neuroni. Grazie a

questo loro ruolo, gli astrociti assieme alle cellule endoteliali dei vasi vanno a costituire

la barriera emato-encefalica.

La comunicazione bidirazionale neurone-glia a livello dei siti sinaptici si

svolge in maniera fine e controllata in quanto molti neurotrasmettitori

rilasciati dai neuroni quali il glutammato, la norepinefrina, l’istamina,

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l’acetilcolina, l’ATP ed il GABA, possono legarsi a specifici recettori

presenti sulla membrana degli astrociti causando in essi svariate risposte

metaboliche (Hansson and Ronnback, 2003; Verkhratsky and Toescu 2006).

Gli astrociti avvolgono i terminali pre e post-sinaptici e pertanto si prestano

alla rimozione in loco dei neurotrasmettitori, assicurando un meccanismo di

controllo diretto sulla cinetica d’azione del neurotrasmettitore che può o

essere riciclato o trasformato in substrato metabolico.

Le onde dei potenziali di azione causano un aumento della concentrazione

extracellulare di potassio che risulterebbe letale se non venisse

adeguadamente tamponata dagli astrociti, che sono in grado di captare

questo ione in modo rapido poiché presentano per esso un’elevata

permeabilità di membrana.

Gli oligodendrociti, meno numerosi degli astrociti, sono cellule gliali post-

mitotiche, destinate a migrare all’interno della zona bianca encefalica, da

cui emergono le fibre assonali dei neuroni del sistema nervoso centrale.Essi

sono distinguibili dagli astrociti perché di dimensioni più piccole (circa

4µm) e un nucleo che occupa gran parte della cellula e non presentano

estroflessioni citoscheletriche stellate.Il differenziamento dei progenitori

immaturi OPCs (Oligodendrocyte Progenitor Cells) avviene con

meccanismi di controllo molecolare assai complessi che dipendono in gran

parte dai fattori di sopravvivenza come neuroeguline, PDGF, IGF-1, NT-3,

CNTF, rilasciati dai neuroni e dagli astrociti circostanti (Baumann and

Pham-Dinh 2001).Gli oligodendrociti maturi sono cellule altamente

specializzate nella produzione di una membrana plasmatica multilamellare

dotata di proprietà di isolante elettrico, chiamata guaina mielinica, il cui

ruolo è quello di avvolgere gli assoni migliorando l’efficienza e la velocità

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Fig.3: Schema raffigurante la modalità di mielinizzazione degli assoni ad opera

di un oligodendrocita maturo.

della trasmissione dei potenziali d’azione a lunga distanza (Fig.3).

Nel sistema nervoso periferico (SNP) le cellule gliali possono essere così

classificate:

1. cellule di Schwann: avvolgono le fibre periferiche motorie e

sensoriali.Gli assoni di diametro pari o superiore ad 1 µm vengono

mielinizzati mentre quelli più piccoli vengono circondati dalla

membrana della cellula di Schwann senza che contemporaneamente

avvenga la sintesi delle proteine e dei lipidi tipici della mielina.

2. glia enterica: circonda i neuroni della rete intestinale.

3. cellule satelliti: proteggono i corpi cellulari dei neuroni che si trovano

all’interno dei gangli autonomi ( simpatici e parasimpatici) e

sensoriali (DRG).

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4. glia perisinaptica: si trova a livello della giunzione neuromuscolare e

partecipa attivamente alla trasmissione dell’impulso nervoso, viene

anche detta teloglia.

Nonostante la funzione degli oligodendrociti e delle cellule di Schwann sia

identica esistono importanti differenze tra questi due tipi cellulari: da un

punto di vista morfologico, le sezioni al microscopio elettronico, mostrano

che una singola cellula di Schwann è in grado di mielinizzare un singolo

tratto di un solo assone, mentre l’oligodendrocita può mielinizzare

contemporaneamente anche più di 40 assoni (Fig. 4).Inoltre le cellule di

Schwann possono tornare a proliferare anche quando sono differenziate in

fenotipi mielinizzanti e non mielinizzanti, questo succede, ad esempio, in

seguito a lesioni del nervo (Fig.5). Al contrario gli oligodendrociti del SNC

non sono in grado di svolgere questa funzione. Quando ad esempio viene

lesionato il midollo spinale i vuoti lasciati dagli assoni degenerati vengono

presto riempiti dalle cellule gliali (astrociti e microglia) rendendo

impossibile la ricrescita degli assoni.

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Fig.4: Schema di rappresentante il processo di mielinizzazione nel sistema nervoso

periferico (SNP) a sinistra e nel sistema nervoso centrale (SNC) a destra. Si può vedere

come nel SNP una singola di Schwann sia in grado di mielinizzare un tratto di un unico

assone, a differenza invece di un oligodendrocita che nel SNC è in grado di mielinizzare

contemporaneamente più tratti di un unico assone e di assoni diversi.

Molti studi che riguardano il sistema nervoso centrale nascono con

l’obiettivo di identificare i meccanismi che impediscono il recupero delle

funzioni neuronali perdute a causa di patologie.Molteplici studi indicano

che proteine come NogoA e Tenascina inducono la formazione della

cosiddetta cicatrice gliale il cui scopo è sia quello di bloccare la crescita de

novo della fibra nervosa sia di favorire la proliferazione massiccia degli

astrociti nei siti interessati dal trauma (Jessen 2004;Yiu & He. 2006).

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Fig.5: Quando nel SNP un assone viene lesionato esso degenera (mentre il soma del

neurone rimane integro). Le cellule di Schwann che circondavano l’assone rimangono

nella loro posizione e riprendono a proliferare, dopo un po' il soma produce un nuovo

abbozzo di assone, le cellule di Schwann fanno da guida segnalando la via

precedentemene occupata.Dopo la ricrescita esse daranno origine nuovamente alla

guaina mielinica.

La grande plasticità delle cellule di Schwann costituisce una stimolante

sorgente di ricerca.La loro unicità nel garantire il ripristino dei circuiti

neuronali interrotti le ha rese nel passato frontiera per lo studio delle

malattie neurodegenerative e, nel presente, un modello applicativo per il

recupero delle stesse.

1.2 Cross-Talk Neurone-Glia.

Numerose ossevazioni compiute negli ultimi anni, dimostrano l’esistenza di

una comunicazione bidirezionale tra le cellule della glia e i neuroni,

essenziale per la conduzione e la trasmissione sinaptica è richiesta fin dalle

prime fasi dello sviluppo embrionale, per la corretta formazione del sistema

nervoso centrale e periferico.Uno degli obiettivi centrali della biologia dello

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sviluppo è di comprendere i meccanismi che sono in grado di specificare

determinati tipi cellulari durante lo sviluppo animale.Il sistema nervoso

centrale (SNC) in particolare, rappresenta uno dei modelli più studiati a

riguardo.All’interno di un contesto come quello rappresentato dal SNC

infatti, le interazioni cellula-cellula sono di fondamentale importanza nella

organizzazione e il mantenimento della sua complessa citoarchitettura

(Gomez et al., 2001).Per lungo tempo le cellule gliali sono state considerate

cellule passive con solo supporto trofico per i neuroni.Ad oggi, dopo più di

un secolo dalla loro prima descrizione ad opera del patologo tedesco

Virchow (v. prefazione), notevoli evidenze accumulate negli anni

testimoniano che i neuroni e la glia sono in intima correlazione morfologica

e funzionale, riuscendo così a controllare diversi processi importanti

durante lo sviluppo come: (1) la proliferazione e il differenziamennto, (2) la

mielinizzazione, (3) la formazione delle sinapsi (4) e la trasmissione

neuronale.

Molti fattori solubili secreti sia dalle cellule gliali che dai neuroni sono

implicati nella mutua influenza che queste cellule esercitano le une sulle

altre.Tra le molecole coinvolte sono stati identificati ioni,

neurotrasmettitori, ormoni, fattori di crescita e molecole di adesione (Fig.6).

La maggior parte delle conoscenze riguardo le interazioni neurone-glia si

riferiscono a quanto osservato durante la morfogenesi neuronale, tuttavia

notevoli evidenze riguardano anche la mutua influenza che questi due tipi

cellulari possono avere nella loro intima comunicazione (Gomez et al.,

2001).Molti dati riguardano le interazioni neuroni-oligodendrociti,

soprattutto in seguito alla scoperta di un peptide del cervello il GPF (glia-

promoting factor) identifcato inizialmente nel sistema visivo del pesce

rosso (Giulian et al., 1986)e poi nel SNC umano (GPF1 e GPF3).Tale

fattore secreto dai neuroni rappresenta una sorgente di attivazione per

l’inizio dell’oligodendrogenesi.

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Inoltre studi sul nervo ottico di ratto hanno ampiamente dimostrato che la

sopravvivenza, la proliferazione e il differenziamento degli oligodendrociti

sono strettamente dipendenti dall’attività elettrica e dal rilascio di fattori

solubili dai neuroni (Barres, et al., 1994;1999).

Fig.6: Schema delle interazioni neurone-glia .La secrezione di fattori di crescita dai

neuroni e dai diversi tipi di cellule gliali può influenzare i diversi stadi sia della

neurogenesi che della gliogenesi.(mod. da Gomez et al.,2001)

L’assotomia del nervo ottico durante le prime fasi dello sviluppo, si traduce

in una riduzione del numero di progenitori oligodendrocitari ma non di

astrociti, suggerendo così una dipendenza della sopravvivenza di queste

cellule dai fattori rilasciati dai neuroni.Mentre la recisione del nervo adulto

comporta una sostanziale riduzione dell’espressione dei geni correlati alla

mielina, indicando che gli assoni regolano il differenziamento degli

oligodendrociti.Quindi i neuroni e i fattori da essi rilasciati sono in grado di

avere un effetto mitogeno sugli oligodendrociti immaturi (Canoll et al.,

1996).Utilizzando come modello sperimentale, colture primarie di

oligodendrociti di ratto (v.Cap.5) sono stati identificati alcuni fattori

mitogeni, attivi nei diversi step maturativi necessari affinchè da una cellula

indifferenziata e proliferante (O2-A) si passi all’oligodendrocita maturo in

grado di mielinizzare un’assone (v.Cap.2).Tra questi i più caratterizzati

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sono sicuramente il PDGF (Platelet Derived Growth Factor), importante

nelle prime fasi dell’indirizzamento della linea oligodendrocitaria, e per la

proliferazione dei progenitori (O-2A:oligodendrocyte/type-2astrocyte

progenitor), (Noble et al., 1988; Richardson et al., 1988) e il bFGF.Altri

fattori che promuovono la proliferazione e/o la sopravvivenza (od entrambi)

degli O2-A sono la neurotrofina-3 (NT-3) (Barres et al.,1997) e l’insulin

growth factor (IGF).Tutti questi fattori sembrano essere rilasciati dagli

astrociti, ma in particolare sembra che il PDGF e il bFGF siano prodotti e

rilasciati anche dai neuroni (Dutly and Schwab, 1991; Hardy and Reynolds,

1993a; Pettman et al., 1986; Yeh et al., 1991).Il candidato più probabile del

controllo neuronale della proliferazione dei progenitori degli

oligodendrociti sembra essere il GGF2 (glial growth factor 2) della famiglia

delle neuroeguline (Canoll et al., 1996).La famiglia delle NDF/neureguline

(Neu Differentiation Factor) comprende più di una dozzina tra fattori di

crescita e di differenziamento.Le neuroeguline si legano in modo elettivo a

recettori tirosina chiansi erB (EGF-like) ma con affinità differenti.Il GGF2

risulta essere un potente mitogeno e un fattore di sopravvivenza per i

progenitori degli oligodendrociti, mentre inibisce il loro

differenziamento.Diversi studi dimostrano come una cooperzione fra il

GGF e il PDGF sia necessaria per regolare la proliferazione nei primi stadi

di sviluppo di questa linea cellulare mentre il GGF e l’FGF sarebbero

importanti per gli stadi differenziativi più tardivi (Canoll et al.,

1996).Anche per la cellule di Schwann,le cellule responsabili della

mielinizzazione nel sistema nervoso periferico, è stato visto il

coinvolgimento di un controllo neuronale per la loro proliferazione e nel

differenziamento.In particolare, il GGF sembra essere un forte mitogeno per

queste cellule (Dong et al., 1995; Maurel & Salzer, 2000), le quali in coltura

rilasciano molecole neurotrofiche come NGF, NT3, GDNF,BDNF in

quantità paragonabile a quella misurata in vivo dopo taglio assonale.Questi

fattori di crescita possono stimolare i neuroni a rilasciare neureguline, allo

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scopo di garantire la proliferazione delle cellule di Schwann, in risposta

probabilmente ad un intricato circuito di comunicazione bidirezionale tra

neurone e glia.E’ importante sottolinerare che nei topi Knockout per la

neuroegulina-1 (una specifica isoforma delle neureguline) oppure per i

recettori erbB2/erB3, si verifica la perdita delle cellule di Scwhann, seguita

dalla morte sia dei neuroni sensoriali che motori (Esper et al., 2004).I fattori

trofici finora citati, in particolar modo, le neureguline, possono promuovere

la proliferazione e modulare la fase di mielinizzazione sia nel sistema

nervoso centrale che nel periferico, testimoniando così il ruolo cruciale

svolto da queste molecole durante lo sviluppo, nel garantire un esatto

bilanciamento fra il numero delle cellule mielinizzanti e non, monitorando

in tal modo il corretto svolgimento dei processi di differenziamento e

specificazione cellulare all’interno di tutto il sistema nervoso.Un’altra

classe di molecole emergenti che sembrano avere grande importanza nel

cross-talk neurone-glia, sono i neurotrasmettitori, molti di questi negli

ultimi anni hanno assunto il ruolo non convenzionale di morfogeni, cioè

molecole in grado di regolare eventi chiave durante lo sviluppo ad esempio:

la proliferazione, il differenziamento e la sopravvivenza cellulare sia

durante le fasi dello sviluppo che nella vita adulta.Tra i neurotrasmettitori

più studiati in questo contesto troviamo il glutammato, il GABA e

l’acetilcolina (v.Cap.3).

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Capitolo 2

GLI OLIGODENDROCITI

2.1 L’origine e il differenziamento.

Gli oligodendrociti, che insieme agli astrociti formano la macroglia,

derivano da precursori staminali che emergono dalla zona subventricolare

(SVZ) del sistema nervoso centrale (CNS) durante il suo sviluppo (Ragheb,

1999).Queste cellule, sono principalmente responsabili della

mielinizzazione degli assoni nel sistema nervoso centrale, ma esistono

anche oligodendrociti satelliti, che sono perineuronali e responsabili della

regolazione e del monitoraggio costante del microambiente intorno ai

neuroni (Penfield, 1932; Ludwin, 1997).

Il termine oligodendrocita, ( o meglio oligo-dendro-glia) fu introdotto da

Rio Hortega nel 1928, per descrivere queste cellule gliali che avevano pochi

processi (dal greco oligos=scarso, poco).Egli classificò queste cellule in

quattro categorie (I-IV), in relazione al numero dei loro processi,alla

morfologia e al calibro degli assoni che mielinizzano.Morfologicamente i

tipi I e II sono molto simili, hanno un corpo cellulare piccolo e tondo ed

emettono fino a sei processi con i quali avvolgono e mielinizzano circa 10-

30 assoni di piccolo calibro (diametro< 2 µm) (Fig.7A).Il tipo I si trova

soprattuto nel: proencefalo,cervelletto e midollo spinale, mentre il II è stato

trovato solamente nella sostanza bianca ( corpo calloso,nervo ottico,

sostanza bianca cerebellare)(Fig.7B).Il tipo III invece ha un corpo cellulare

abbastanza grande e diversi processi molto spessi, con i quali può

avvolgere da cinque a più assoni, anch’essi di calibro abbastanza grande

(Fig.7C) (diametro tra i 4 e i 15 µm) presenti soprattutto nei peduncoli

cerebellari.Infine il tipo IV è privo di processi (Fig.7D) e forma un unico

avvolgimento di mielina, che può essere lungo circa 1000µm sugli assoni

con un diametro molto grande, come possono essere ad esempio quelli

intorno alle radici dei nervi nel sistema nervoso centrale, ricordando molto

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il modello di mielinizzazione delle cellule di Schwann nel sistema nervoso

periferico ( Lazzarini,2004;Kettenmann and Ransom, 2005;Verkhratsky and

Butt, 2007).

Fig.7:Nelle foto sopra riportate vengono mostrati i diversi tipi di

oligodendrociti (I-IV)

Identificati per la prima volta da Rio Hortega utilizzando la tecnica

dell’impregnazione argentica.Come si può vedere dalle foto i tipi I (A) e

II(B) hanno molti processi (il tipo I più del II)ed avvolgono piccoli

assoni,mentre il tipo III (C) ha pochi processi ma che avvolgono assoni di

grande diametro,infine il tipo IV (D) ha il corpo cellulare privo di processi e

che si avvolge sull’assone ricordando quasi una cellula di Schwann.

Durante lo sviluppo i diversi tipi di oligodendrociti (I-IV), originano da

cellule progenitrici comuni (OPCs: oligodendrocyte progenitor cells).I

A B

C D

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fattori che regolano il destino dei diversi tipi di oligodendrociti, non sono

ancora ben noti, ma si ritiene che siano gli assoni a rilasciare le molecole

segnale necessarie ad indirizzare lo specifico differenziamento degli OPCs,

regolandone così le divergenze morfologiche.Tale indirizzamento è di

grande importanza, poiché le diverse dimensioni della guaina mielinica, a

seconda del diametro dell’assone, determinano le corrette proprietà di

conduzione dell’impulso nervoso.Alcune differenze possono essere rilevate

anche in base alla eterogenità del citoplasma,ed alla condensazione della

cromatina, infatti analisi al microscopio elettronico, evidenziano una

diversa densità del citoplasma in base alla quale gli oligodendrociti possono

essere distinti in: chiari, medi e scuri (Mori and Leblond, 1970).Quelli scuri

mostrano un citoplasma più denso.Marcando con timitida triziata gli

oligodendrociti di giovani ratti nel corpo calloso, si è evidenziato come

questi, siano proliferativamente i più attivi,(oligondendrociti chiari)ed

andando avanti nel differenziamento questi modificano progressivamente il

loro aspetto morfologico(da chiari diventano scuri). Gli oligodendrociti

scuri,sono evidentemente quelli arrivati al loro differenziamento finale e

quindi non più proliferanti.

Tutte le cellule neurali (neuroni e macroglia) derivano dal neuroepitelio,

che forma il tubo neurale.Tali cellule sono pluripotenti, nel senso che, sono

in grado di differenziare con la stessa probabilità, sia in cellule neuronali

che in macroglia.Queste cellule progenitrici primarie vengono definite

“Progenitori Neurali”,(poiché provengono dal neuroepitelio).Tali

progenitori, danno origine sia a precursori neuronali che gliali, neuroblasti e

glioblasti rispettivamente, che ciclicamente differenziano in neuroni e

macroglia( Verkhratsky and Butt 2007).Per molti anni si è ipotizzato che sia

i neuroblasti che i gliobalsti fossero presenti già nei primissimi stadi di

sviluppo, (Richardson et al. 1997) formando due distinti ed non-

intercambiabili committed pools di cellule.

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E’ stata ulteriormente presa in considerazione, l’ipotesi, che il pool dei

precursori sia totalmente esaurito intorno alla nascita, e che la neurogenesi

sia completamente assente nel cervello maturo.Recentemente, invece,

questo paradigma è stato modificato, e ciò che sembra più evidente ad oggi

è che, sia la linea neuronale che quella gliale, siano molto più strettamente o

reciprocamente dipendenti di quanto non sembrasse inizialmente, e non

meno importante, che, nel cervello adulto siano ancora presenti numerose

cellule totipotenti per il ri-popolamento neuronale.Il moderno schema dello

sviluppo dei precursori neurali e gliali,è mostrato in Fig.8, dove vengono

messe a confronto le due diverse teorie riguardo il differenziamento di

queste popolazioni cellulari.

Fig.8:Nella figura è schematizzata la moderna visione dello sviluppo delle cellule

neurali(ds),contrapposta a quella classica (sn) dove, un unico precursore, dal

neuroepitelio, genera progenitori neuronali e gliali, evidenziando una precoce

divisione delle due linee cellulari, che poi procedono indipendentemente verso il

loro cammino differenziativo.Nella nuova teoria, dal neuroepitelio si origina la

linea della glia radiale (che rappresenta quindi la vera linea totipotente),dalla quale

si differenziano sia i precursori neuronali che gliali: oligodendrociti ed astrociti

(vedi testo per maggiori spiegazioni a riguardo).

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Originariamente si ipotizzava che all’apice di tutte le linee cellulari neurali

ci fosse un unico progenitore neuroepiteliale (Fig.8 sn).

Molto precocemente, durante lo sviluppo, i progenitori neurali, danno

origine alle cellule della glia radiale,che sono infatti le prime cellule che

possono essere distinte tra le cellule del neuroepitelio.I corpi cellulari della

glia radiale sono localizzati nella zona ventricolare (VZ) e subventricolare

(SVZ) del tubo neurale, mentre i processi si estendono verso la pia madre

(Fig.9).Queste cellule sono gli elementi centrali per la fase succesiva di

neurogenesi (Verkhratsky and Butt 2007),infatti agiscono non solo come i

principali progenitori neurali durante lo sviluppo, dando origine a precursori

neurali e gliali:(oligodendrociti ed astrociti), ma costituiscono le

impalcature attraverso le quali i progenitori neurali raggiungono

migrando,le loro destinazioni definitive.La maggior parte degli

oligodendrociti, comunque, originano da precursori gliali generati in sedi

specifiche del cervello e del midollo spinale.

Fig.9: Le cellule della glia radiale, nella zona ventricolare e subventricolare, formano

delle impalcature che, sostengono ed assistono, la migrazione neuronale durante lo

sviluppo.I progenitori neurali migrano lungo i processi delle cellule della glia radiale per

raggiungere le loro destinazioni finali.Numerosi fattori rilasciati sia dai neuroni che dalla

glia regolano questo processo di migrazione,come proteine di membrana e molecole

della matrice extracellulare.

Astrociti ed oligodendrociti originano da precursori gliali precedentemente

indirizzati, (committed) attraversando intervalli definiti, che sono stati

caratterizzati in vitro, utilizzando anticorpi specifici.Il primo stadio di

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sviluppo comune agli astrociti ed agli oligodendrociti, è rappresentato da un

progenitore bipotenziale, originariamente chiamato O-2A (oligodendrocyte-

type2astrocyte progenitor cell), che può dare origine ai due tipi gliali

(Price, 1994; Raff et al., 1990).Questi precursori gliali sono cellule di

piccole dimensioni, con pochi processi ciò conferisce loro una grande

capacità migratoria,proprietà utilizzata per colonizzare l’intero sistema

nervoso centrale (CNS) (Fig.10.).

Fig.10: A: Nel midollo spinale di topo circa l’85% dei precursori oligodendrocitari sono

generati nella parte ventrale della zona ventricolare (1 ) nel periodo embrionale

paragonabile all’incirca ad E12.5.Una seconda onda di sviluppo e migrazione di

oligodendrociti si ha intorno allo stadio E15 in una zona più dorsale(zona 2)ed a partire

da trans-differenziamento della glia radiale.B:Nel telencefalo, la maggior parte dei

precursori ventrali (1) vengono prodotti intorno allo stadio E12.5 così pure è per i

precursori nelle zone più dorso-laterali (2).Mentre la produzione di precursori derivati

dalla corteccia (3) avviene dopo la nascita.

Tali cellule possono essere evidenziate attraverso l’espressione di alcuni

marcatori specifici il più caratterizzato è sicuramente il recettore per il

fattore di crescita, PDGF-AA (platelet-derived growth factor), in particolare

il sottotipo α,(Pringle and Richardson, 1993),in aggiunta all’espressione di

diversi componenti associati alla mielina inclusi i trascritti per il CNP

(2’,3’-cyclic-nucleotide-3’-phosphodiesterase) e il DM20 (una isoforma per

la proteina protolipidica della mielina PLP) e l’antigene riconosciuto

dall’anticorpo per i gangliosidi di membrana A2B5 (stadi più precoci dello

sviluppo) ed O4 (stadi intermedi dello sviluppo).Più recentemente,

l’identificazione di nuovi fattori di trascrizione della famiglia OLIG, in

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particolare OLIG1 ed OLIG2 (Lu et al., 2002), ha confermato che l’origine

degli oligodendrociti sia legata a regioni ristrette e specifiche del sistema

nervoso centrale cosi come il loro precoce indirizzamento (Zhou et al.,

2000; Zhou and Anderson, 2002).Il midollo spinale non rappresenta l’unica

sede in cui gli oligodendrociti originano da aree ristrette (Fig.11),infatti

anche in diverse regioni rostrali del CNS i precursori oligodendrocitari

appaiono localizzati in domini definiti della zona ventricolare e

subventricolare nei diversi stadi di sviluppo (Ono et al., 1997a).Per

esempio, gruppi di cellule nel mantello ventricolare del diencefalo ventrale

di ratti E13 esprimono mRNA per il PDGF-αR (platelet derived growth

factor receptor alpha) (Pringle and Richardson, 1993),durante le fasi

successive dello sviluppo tali precursori sembrano migrare sia verso

regioni del talamo e dell’ipotalamo che in siti dorsali del cervelletto.Le

origini ristrette a zone molto specifiche del CNS, per quel che riguarda i

precursori oligodendrocitari, suggerisce che vi siano dei segnali molecolari

localizzati,alcuni dei quali sono oggi noti, in modo tale che queste cellule

originino in punti definiti e poi raggiungano le loro sedi definitive durante

le fasi dello sviluppo del sistema nervoso(Miller, 2002).Studi su trapianti

ectopici di tessuto, dimostrano che la presenza degli oligodendrociti nel

midollo spinale è legata a segnali provenienti dalla notocorda (Orentas et

al., 1999; Pringle et al 1996).La notocorda è una della strutture derivate dal

mesoderma dorsale, ed è localizzata ventralmente al tubo neurale;i segnali

provenienti da questa sono responsabili della formazione dell’asse dorso-

ventrale durante lo sviluppo del CNS (Van Straaten et al., 1989).Lo

stabilirsi della polarità dorsale e ventrale porta alla successiva

specificazione di diverse popolazioni di neuroni nella regione ventrale del

del midollo spinale.Se si effettua un trapianto ectopico di una notocorda

addizionale adiacente alla porzione dorsale del midollo spinale, il risultato

è l’induzione di popolazioni neuronali ventrali in posizione dorsale,

paragonabili a quelle normalmente indotte dalla notocorda correttamente

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posizionata, (regione sottostante al tubo neurale) (Yamada et al., 1991) ed

all’induzione ectopica dei corrispondenti cluster di precursori

oligodendrocitari (Maier and Miller, 1997).La maggior parte delle proprietà

induttive della notocorda sono dipendenti dalla presenza e dalla secrezione

della proteina sonic hedgehog (Shh), localizzata successivamente anche a

livello della lamina del pavimento (Roelink et al., 1994) (Fig.11). In vitro,

sonic hedgehog induce lo sviluppo della regione basale del neuroepitelio

contribuendo al differenziamento di più classi di motoneuroni in maniera

dose-dipendente (Roelink et al., 1994;1995) attraverso l’attivazione o la

repressione di fattori di trascrizione specifici (Jessell, 2000).

Fig.11: A) Le cellule neuroepiteliali, nella regione ventrale del midollo spinale sono

indotteda segnali locali come sonic hedgehog (Shh) a divenire precursori di

motoneuroni/ oligodendrociti (MN/O).Le cellule che rimangono Olig2+/Ngn1-2+

(Ngn=Neurogenina) si differenzieranno in motoneuroni mentre la co-espressione

dell’espressione di Olig2 e dell’altro fattore di trascrizione Nkx2.2 darà origine al

differenziamento gliale (Oligo).B).Le cellule dell’asse dorso-ventrale sono in grado di

originare sia precursori neurali(N) che limitati precursori gliali(GRP)questi ultimi

generano soprattutto astrociti (Ast1-Ast2) provenendo dalle regioni più dorsali ed

intermedie del midollo spinale, ed oligodendrociti (Olig) derivando invece dalle regioni

più ventrali.

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L’inibizione dei segnali induttivi di Shh, nel range temporale

immediatamente precedente a quello di origine dei precursori

oligodendrocitari , è in grado di bloccare la specificazione di queste cellule

mentre sembra avere solo un lieve effetto sul pool dei precursori dei moto

neuroni (Orentas et al.,1999).Da ulteriori studi, si è evidenziato che la

capacità di Shh, di indurre l’indirizzamento delle cellule neuroepiteliali

verso la linea oligodendrocitaria, sia in realtà legata ad un’ulteriore

induzione di specifici fattori di trascrizione della famiglia OLIG.

Inoltre studi in vitro suggeriscono che la sopravvivenza dei precursori

oligodendrocitari, più che la loro proliferazione, sia legata alla presenza

continua di Shh (Davies and Miller, 2001). Conseguentemente

all’indirizzamento iniziale i precursori oligodendrocitari iniziano a

proliferare attivamente nelle zone di origine cioè nella zona ventricolare e

subventricolare (VZ e SVZ).Tuttavia la fase di proliferazione avviene

soprattutto dopo che le cellule migrano verso la sostanza bianca (Miller et

al., 1997); in quest’area la sopravvivenza e la proliferazione degli

oligodendrociti è supportata da una serie di fattori di crescita.Studi in vitro

dimostrano che la precoce generazione di oligodendrociti da colture di

cellule staminali di corteccia viene amplificata dalla presenza di crescenti

concentrazioni di FGF-2 (fibroblast growth factor-2) (Qian et al.,

1997),suggerendo il possibile coinvolgimento di questo fattore di crescita

nell’indurre tali cellule staminali verso un destino gliale.In realtà i fattori di

crescita coinvolti durante lo sviluppo degli oligodendrociti sono diversi

(Fig.12) in particolare oltre all’ FGF si evidenziano il PDGF (platelet-

derived growth factor) e la NRG (neuroegulina-1).

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Fig.12:Rappresentazione schematica degli stadi principali del differenziamento

degli oligodendrociti e dei fattori di crescita importanti nei diversi step.Gli

oligodendrociti immaturi si sviluppano in regioni distinte del tubo neurale e

rapidamente acquisiscono l’espressione del ganglioside di membrana A2B5, a questo

stadio le cellule sono bipolari e molto mobili, i diversi fattori di crescita che agiscono in

questo stadio sono il PDGF, l’FGF, la NRG e la chemichina CXCL1.Quando gli

oligodendrociti si avvicinano alla fase pre-mielinizzante acquisiscono l’espressione di un

altro ganglioside l’O4 perdendo la capacità di rispondere al PDGF.La maturazione

definitiva degli oligodendrociti è accompagnata dall’espressione delle componenti della

mielina come l’MBP (myelin basic protein) a la PLP ( proteolipid protein) necessarie

per l’assemblamento della guaina mielinica.

Una volta indirizzati verso la via oligodendrocitaria i precursori iniziano ad

esprimere sulla superficie marker specifici quali A2B5;l’acquisizione di

tale marcatore coincide con il passaggio alla fase bipotenziale di queste

cellule, che per questo motivo vengono indicati con la sigla O2-A (Price,

1994; Raff et al., 1990), in quanto in grado di generare sia oligodendrociti

che astrociti di tipo-2.Andando avanti nel cammino differenziativo i

progenitori migrano e possono essere identificati da altri marcatori di

superficie come O4 e Gal-C (Fig.12) ma anche da vistosi cambiamenti

morfologici; in questa fase infatti le cellule perdono l’aspetto bipolare

caratteristico dello stadio di progenitori per acquisire la morfologia tipica

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del pre-oligodendrocita, caratterizzato dalla presenza diversi processi e da

un corpo cellulare più tondeggiante.

Nel sistema nervoso centrale (CNS), gli oligodendrociti maturi sono

equamente distribuiti, mentre nelle fasi precoci del loro sviluppo emergono

da aree ben ristrette e specifiche (Fig.10).La separazione spaziale tra le

regioni di origine e quelle di maturazione, suggerisce che il normale

differenziamento di queste cellule sia dipendente dal lungo percorso di

migrazione sebbene i meccanismi molecolari che regolerebbero tale

processo non son ancora ben noti.Tra i fattori maggiormente implicati a

riguardo, sono state identificate le proteine della famiglia SOX in

particolare del gruppo SOXE.(Finzsch et al., 2008). Tra queste, Sox10

sembra essere la più importante per le fasi finali del differenziamento degli

oligodendrociti (migrazione e differenziamento)(Stolt et al., 2002).Per

meglio comprendere i ruoli svolti da queste proteine sono stati effettuati

studi su topi ko Sox10-/- dove si è osservato che sebbene vi sia inizialmente

un normale sviluppo degli oligodendrociti questi vanno incontro

rapidamente ad uno sviluppo aberrante ed a morte cellulare.Ciò sembra

essere collegato soprattutto all’alterazione dei pattern molecolari implicati

nella migrazione ed alla diminuzione o perdita dell’espressione del recettore

per il sottotipo alpha del PDGF(Finzsch et al., 2008).La migrazione degli

oligodendrociti durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale (CNS) è

stata ben studiata nel nervo ottico (Ono et al., 1997b; Sugimoto et al., 2001)

e nel midollo spinale.Gli oligodendrociti che popolano il nervo ottico

migrano dal cervello durante le fasi tardive dello sviluppo embrionale e nel

primo periodo postnatale.L’origine degli oligodendrociti e la loro

migrazione lungo il nervo ottico è stato visualizzato marcando le cellule con

marcatori fluorescenti a livello della loro zona di origine (pavimento del

terzo ventricolo nell’embrione di pollo) (Ono et al., 1997b).Contrariamente

a quanto accade per il ratto, il topo e l’uomo dove gli oligodendrociti

rimangono ristretti nella regione del nervo ottico,nel pollo e nel coniglio

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questi sono in grado di arrivare alla retina dove mielinizzano gli assoni della

regione prossimale del ganglio della retina.Attraverso simili metodiche

sperimentali è stato possibile dimostrare la migrazione dei progenitori

oligodendrocitari dalle regioni ventrali a quelle dorsali del midollo spinale

di ratto (Warf et al., 1991).Anche nelle regioni rostrali del CNS la

migrazione degli oligodendrociti è spiccata durante lo sviluppo della

corteccia cerebrale.Negli stadi più tardivi del differenziamento invece i

progenitori gliali (inclusi gli oligodendrociti) migrano dalla zona

subventricolare in direzione radiale e tangenziale, attraverso la superficie

della pia madre, per raggiungere tutte le regioni della corteccia (Kakita and

Goldman, 1999).

Il numero finale di oligodendrociti, nelle diverse regione del CNS, è

dipendente dalla sopravvivenza dal differenziamento dei precursori

iniziali.Il differenziamento, è dipendente soprattuto dagli ormoni tiroidei e

dai loro derivati, sebbene il loro meccanismo di azione non sia ancora ben

noto (Barres et al., 1994).La regolazione del numero finale degli

oligodendrociti maturi, risulta comunque essere legata al controllo della

morte cellulare; infatti nel nervo ottico la sopravvivenza dei progenitori

degli oligodendrociti è dipendente dalla concentrazione dei fattori di

crescita prodotti localment, come il PDGF (Barres et al., 1994)e la

neuregulina probabilmente derivata dagli assoni (Fernandez et al., 2000).Il

numero degli oligodendrociti, in alcune regioni del CNS diventa

direttamente dipendente dal numero degli assoni che devono essere

mielinizzati,questa diretta correlazione appare evidente nell’aumento del

numero degli oligodendrociti nel nervo ottico di animali dove è stato

consideravolmente aumentato il numero degli assoni, inibendo la morte

cellulare (Burne et al., 1996).Contrariamente, rimuovendo gli assoni si

ottiene la diminuzione nel numero degli oligodendrociti (Ueda et al., 1999).

Non tutti gli oligodendrociti differenziano durante il periodo embrionale o

alla nascita.Il sistema nervoso centrale adulto, contiene un numero

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significativo di progenitori oligodendrocitari, che mantengono capacità

proliferativa.

Tale presenza ha risvolti significativi non solo per quel che riguarda il

turnover cellulare, ma soprattuto se si considerano le diverse patologie del

CNS, come ad esempio quelle associate alla degenerazione della guaina

mielinica.Il pool di progenitori oligodendrocitari non sembra tuttavia in

grado di ri-mielinizzare gli assoni danneggiati. Per questo negli ultimi anni

si sono sviluppate diverse linee di ricerca, allo scopo di capire ed

identificare quali siano le cause primarie che limitano le possibilità

rigenerative dei precursori oligodendrocitari, in seguito a degenerazione

della guaina mielinica, cercando di individuare i meccanismi molecolari

critici per lo sviluppo e il differenziamento di queste cellule nel CNS

adulto.

2.2 La mielina

La guaina mielinica attorno agli assoni, costituisce la struttura più

abbondante costituita da membrana nel sistema nervoso dei vertebrati.

La sua composizione unica, ricca di lipidi specifici, e tale da permettere la

conduzione saltatoria degli impulsi nervosi. Nell’uomo acquisisce grande

importanza poichè la mielina e le sue componenti sono frequente bersaglio

di malattie neurologiche come, le leucodistrofie e la sclerosi multipla nel

sistema nervoso centrale e le neuropatie periferiche nell’SNP (es. Charcoot-

Marie-Tooth) (Baumann and Pham-Dinh, 2001).

Nei roditori, la mielinizzazione avviene dopo la nascita e comporta un

notevole dispendio energetico per le cellule gliali interessate. I meccanismi

molecolari considerati importanti nella regolazione degli stadi precoci della

mielinizzazione risultano essere influenzati dall’attività elettrica dei

neuroni. Studi di elettrofisiologia, condotti allestendo co-colture di neuroni

dei gangli della radice dorsale ed oligodendrociti immaturi, dimostrano che,

in seguito alla genesi dei potenziali d’azione, gli assoni rilasciano una

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elevata quantità di ATP che, indirettamente, provoca l’aumento del numero

delle cellule mielinizzanti. Inoltre, in queste condizioni sperimentali, si

osserva un incremento dell’espressione di alcune proteine della mielina che

risulta essere significativo rispetto alle colture non stimolate, oppure

stimolate in presenza di TTX, tossina che blocca i canali del sodio,

responsabili della genesi dei potenziali d’azione (Ishibashi et al., 2006).

La mielina, nel SNP, è generata in seguito a vistosi cambiamenti della

membrana plasmatica delle cellule di Schwann che avvolge l’assone

numerose volte determinando una struttura spiraliforme intorno ad esso.

Subito dopo la nascita ha inizio il processo di mielinizzazione che nei

roditori aumenta notevolmente tra la seconda e la terza settimana di vita. I

lipidi maggiormente accumulati nella mielina comprendono colesterolo,

cerebrosidi, sulfatidi, fosfatidilcolina, fosfatidilserina e sfingomieline

(Inouye e Kirschner, 1988). Le proteine svolgono prevalentemente una

funzione strutturale necessaria al mantenimento della compattezza delle

lamelle di mielina.

Il 60% delle proteine che compongono la guaina isolante comprendono

glicoproteine, mentre il 20-30% è costituito da proteine basiche, il

rimanente 10-20% include diverse altre proteine.

Tra le glicoproteine le più importanti comprendono la proteina zero (P0) di

28 KDa, la proteina periferica della mielina di 22 KDa (peripheral myelin

protein 22, PMP22) (Kitamura et al., 1976), prevalentemete espresse nel

SNP e la periassina di 170 KDa, la glicoproteina associata alla mielina di

100 KDa (myelin-associated glycoprotein, MAG) (Sternberger et al., 1979),

e la caderina epiteliale (Epithelial cadherin, E-cadherin) (Fannon et al.,

1995).

Per quanto riguarda le proteine basiche, ad oggi le più importanti risultano

essere la proteina basica della mielina (myelin basic protein, MBP) e la

proteina 2 (P2) mentre altre proteine importanti sono la proteina

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proteolipidica (proteolipidic protein, PLP/DM10), la connexina 32

(connexin 32, Cx32) (Fig. 13).

Compito principale della guaina mielinica è quello di isolare gli assoni che

avvolge, isolamento necessario per favorire una rapida conduzione

dell’impulso nervoso.

Tuttavia questo isolamento mielinico non avrebbe un simile effetto se

rivestisse completamente l’assone. Infatti la lunghezza dei segmenti

mielinizzati varia tipicamente tra 200 µm e 2 mm, risultando interrotti da

brevi tratti non mielinizzati detti nodi di Ranvier. È proprio in

corrispondenza di queste limitate aree della membrana prive di mielina che

i potenziali d’azione vengono innescati; ne risulta la cosiddetta conduzione

saltatoria, una serie di depolarizzazioni rigenerative e discontinue che

avvengono solo nei nodi di Ranvier. Saltando da un nodo all’altro; la

conduzione saltatoria è supportata dalla preferenziale localizzazione dei

canali per il sodio soprattutto a livello di queste regioni.

Nel sistema nervoso centrale dei mammiferi, la mielinizzazione si completa

dopo la nascita. Il processo di mielinizzazione postnatale è correlato ad un

periodo di rapida proliferazione degli oligodendrociti. Nel cervello di questi

animali la mielina e/o i suoi componenti sono, infatti rilevabili solo alcuni

giorni dopo la nascita. La mielinizzazione del SNC procede in senso caudo-

rostrale, dalla base del cervello verso le regioni rostrali (Campagnoni and

Macklin, 1988). La maggior parte delle proteine della mielina sopra

descritte per il sistema nervoso periferico sono presenti anche nel CNS ad

eccezione della PMP22 e della P0. Ciò che risulta importante sottolineare

per gli oligodendrociti è che alcune proteine della mielina possono essere

considerate marcatori specifici di questa popolazione gliale anche nelle

prime fasi del differenziamento questo vale per alcune proteine come la 2’-

3’-nucleotide-ciclico-fosfodiesterase (CNP) e la glicoproteina

oligodendrocitaria della mielina (MOG) (Winterstein et al., 2008). Inoltre

gli oligodendrociti sono in grado di mielinizzare più tratti di un unico

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assone o di assoni diversi, cosa che invece non avviene per le cellule di

Schwann (Fig.4 cap.1).Risulta infine importante ricordare come nel SNP, le

cellule di Schwann siano invece in grado di guidare la crescita di un assone

rigenerato, e di tornare indietro nel loro cammino differenziativo ri-

attivando la proliferazione cellulare e la successiva formazione di nuova

mielina attorno all’assone rigenerato; ciò risulta molto interessante se si

pensa alla rigenerazione nervosa propria del SNP.

Figura 13: Composizione proteica della mielina compatta e mielina non compatta

(Arroyo e Scherer, 2000).

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35

Capitolo 3

I NEUROTRASMETTITORI DURANTE

LO SVILUPPO DEL SISTEMA NERVOSO

Nel sistema nervoso adulto, i neurotrasmettitori mediano la comunicazione

all’interno dei circuiti neuronali.Nei tessuti in sviluppo, e negli organismi

più primitivi, i neurotrasmettitori contribuiscono alla regolazione della

crescita e del differenziamento cellulare (Lauder and Schambra, 1999),ciò

suggerisce, che tali molecole non possono essere più considerate

semplicemente come mediatori chimici a livello delle sinaspi(Buznikov et

al., 1996).Questa ipotesi viene ulteriormante avvalorata dal fatto che

l’espressione di molti neurotrasmettitori, e dei loro corrispondenti recettori,

avviene in uno stadio molto precoce della neurogenesi, prima ancora della

comparsa di sinapsi stabili.L’armonico sviluppo del sistema nervoso

centrale (CNS) dei mammiferi, nelle diverse fasi dell’embriogenesi, è

quindi dipendente dall’accurata attivazione dei specifici pattern genetici,in

risposta ad adeguate interazioni derivate dai molteplici segnali che vengono

prodotti in specifici microambienti (Nguyen et al., 2001).

In questo contesto la ricerca si è molto impegnata per caratterizzare i fattori

intrinsechi ed estrinsechi che regolano il comportamento dei progenitori

neurali durante la maturazione del sistema nervoso centrale. Studiando lo

sviluppo del telencefalo, (Cameron et al., 1998a), si è visto che diverse sono

le molecole secrete, coinvolte nella estrinseca regolazione della

proliferazione cellulare, tra queste vi sono:fattori di crescita, ormoni e

neurotrasmettitori.Questi ultimi risultano essere i maggiori candidati legati

ai segnali intercellulari, che possono influenzare lo sviluppo delle cellule

del CNS (Miranda-Contreras et al., 1999).

I classici neurotrasmettitori quali l’acetilcolina, la dopamina, la

norepinefrina, la 5-idrossi triptamina e l’acido γ-amino butirrico, agiscono

come segnali di sviluppo in molte specie animali (Lauder and Schambra,

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1999).Studi in vitro evidenziano la capacità dei neurotrasmettitori di

controllare: la proliferazione, la sopravvivenza e il differenziamento nei

diversi tipi neuronali,in funzione di opportuni gradienti (Nguyen et al.,

2001) suggerendo così, un loro ruolo come morfogeni durante lo sviluppo

del Sn .Con il termine morfogeni, si intendono quei segnali di sviluppo, che

esercitano effetti specifici su cellule infatti,sulla base della loro

concentrazione a cui sono presenti, dal momento in cui diffondono dalla

loro sorgente di origine, creando un gradiente di concentrazione decrescente

che influisce in modo diverso sulle cellule in via di sviluppo (Lauder,

1988;1993).

L’azione morfogenetica dei neurotrasmettitori è mediata dal legame di

questi con i recettori espressi sulla membrana delle cellule; tale interazione

attiva meccanismi di trasduzione del segnale analoghi a quelli che

ritroviamo nel sistema nervoso adulto, come ad esempio la variazione della

concentrazione intracellulare di secondi messaggeri: quali il calcio,cascata

di fosforilazione e attivazione di cAMP.

I neurotrasmettitori, svolgono la loro azione morfogenetica a diversi livelli:

possono promuovere o inibire la proliferazione cellulare,ad esempio,in tale

contesto, è stato a lungo studiato, l’effetto dei neurotrasmettitori sulla

proliferazione neurale e la loro interazione con i fattori di crescita (Cameron

et al., 1998a). Negli embrioni di ratto, le cellule progenitrici corticali

mostrano una diminuzione della proliferazione in presenza di glutammato,

mediata probabilemte da recettori non-NMDA (Lo Turco et al., 1995).Il

GABA sembra avere lo stesso effetto del glutammato sulle cellule

progenitrici della corteccia, ma la sua azione viene garantita dalla presenza

di bFGF necessario per l’espressione dei recettori per il GABA

(Antonopoulos et al., 1997).Per quanto riguarda il sistema colinergico, è

stata osservata nel topo immunoreattività per la colina acetilransferasi

(ChAT) in cellule in divisione delle zone germinali ventricolari (Schambra

et al., 1989) e nel midollo spinale di ratto in neuroni pre-migratori o in fasi

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precoci del processo migratorio (Phelps et al., 1990).Più recentemente è

stato dimostrato che alcuni neurotrasmettitori come l’ACh e il glutammato

possono modulare la proliferazione e il differenziamento di precursori

neurali (Ma et al, 2004; Zhaw et al, 2004).

La presenza di recettori muscarinici nel sistema nervoso centrale di ratto è

stata ben dimostrata, fin dal quattordicesimo giorno di vita embrionale

(E14), per autoradiografia usando 3[H]-metil-scopolamina come ligando

(Schlumpf et al., 1991).E’stato inoltre dimostrato che, durante la

neurogenesi, ed in particolare in riferimento alla crescita delle fibre,

l’acetilcolina può avere un effetto stimolatorio, sulla crescita delle fibre dei

neuroni sensoriali (Tata et al., 2003),ma contemporaneamente avere un

effetto inibitorio sulla neuritogenesi in neuroni spinali.Ad oggi esistono un

gran numero di evidenze sperimentali, derivate sia da studi in vivo che in

vitro, che confermano, per i neurotrasmettitori, un ruolo fondamentale

soprattutto nello sviluppo del sistema nervoso centrale, come molecole

regolatrici di svariati processi. Dall’insieme di questi dati, si può quindi

ipotizzare che, l’attuale funzione svolta dai neurostrasmettitori, come

mediatori della funzione sinaptica,potrebbe derivare da una più antica, e

cioè quella di essere molecole capaci di mediare prima di tutto la

comunicazione intercellulare (Lauder, 1993).

Infine l’abilità dei neurotrasmettitori di agire sulle cellule gliali stimolando

la produzione di fattori di crescita è una ulteriore prova a favore dell’ipotesi

del loro ruolo come regolatori globali del programma di sviluppo (Biagioni

et al., 1999).

I neurotrasmettitori, rivestono inoltre, un ruolo di primaria importanza

nell’interazione tra neuroni e glia (vd.cap.1).Le cellule gliali sono in grado

di esprimere un’estesa varietà di espressione di recettori per

neurotrasmettitori, così come i neuroni, in questo modo la glia, è in grado di

ricevere le informazione derivate dal rilascio dei neurotrasmettitori, anche

durante la trasmissione sinaptica.Le cellule gliali, similmente ai neuroni,

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esprimono recettori sia ionotropici che metabotrobici per la maggior parte

dei neurotrasmettitori, in maniera differente a seconda del tipo cellulare

considerato (Verkhratsky and Butt, 2007).

L’azione dei neurotrasmettitori inizia con il loro legame a recettori

specifici sulla cellula competente, e con la successiva attivazione di una

cascata di eventi intracellulari che ne influenzano il comportamento

cellulare.Ad esempio l’effetto del glutammato è legato all’attivazione di

diversi recettori (Fig.14),se l’amminoacido si lega a recettori AMPA è in

grado di bloccare la proliferazione dei precursori degli oligodendrociti,

inducendo in essi un sensibile aumento di espressione di geni della rispsota

precoce (c-fos;c-jun;jun-B), nonché delle proteine p21/Kip e p27/Cip1,

ambedue inibitori della ciclina D1, in grado di arrestare il ciclo cellulare

nella fase G1 (Gallo et al., 1996;Ghiani et al., 1999; Nguyen et al., 2001).

Numerosi studi hanno evidenziato che, per quanto riguarda le cellule gliali,

la maggior parte dei recetterori: glutammatergici, purinergici e gabaergici

sono espressi dagli astrociti, e che sono collegati al rilascio paracrino dei

neurotrasmettitori.In aggiunta gli astrociti esprimono diversi recettori per

neuropeptidi, citochine e chemochine, particolarmente importanti per

regolare crescita, differenziamento cellulare e attivazione gliale in seguito a

condizioni patologiche (Verkhratsky and Butt, 2007).Gli oligoendrociti

esprimono una minore quantità di recettori per neurotrasmettitori, se

paragonati agli astrociti, in particolare, troviamo molto abbondanti i

recetttori purinergici metabotropici P2Y che sono collegati al controllo

delle variazioni di Ca2+

intracellulare, i quali risultano essere molto

importanti per la migrazione sia degli OPCs (oligodendrocyte progenitor

cells) che per il processo di mielinizzazione degli oligodendrociti maturi

(Agresti et al., 2005; Butt, 2006). Progenitori ed oligodendrociti maturi

esprimono inoltre recettori per il glutammato: AMPA/KA e NMDA, (Gallo

et al., 1996) mentre recettori gabaergici sembrano avere un ruolo importante

per il differenziamento in vitro di queste cellule (Kirchhoff et al., 1992). Tra

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tutte le vie di trasduzione del segnale attivate dal legame neurotrasmettitore-

recettore quella che coinvolge il cAMP sembra essere quella più importante

nella mediazione dell’azione dei neurotrasmettitori.In genere i fenomeni

proliferativi richiedono l’attivazione delle proteine G inibitrici

dell’adenilato ciclasi,( con conseguente diminuzione dei livelli intracellulari

di cAMP) oppure attivatrici della fosfolipasi C (PLC). I neurotrasmettitori

che provocano l’aumento di cAMP intracellulare inibiscono, di solito, la

proliferazione ed attivano il differenziamento neuronale (Lauder, 1993).

3.1 L’acetilcolina

L’acetilcolina (ACh) è uno dei principali neurotrasmettitori del sistema

nervoso dei vertebrati e degli invertebrati.

Il grandioso lavoro di Loewi del 1921, sul nervo vago e il cuore di rana,

(Fig.14) fu la prima prova sperimentale a favore della trasmissione dei

segnali nervosi per via chimica, e da quell’anno a seguire, l’cetilcolina è

stata intensamente studiata come il più classico esempio di

neurotrasmettitore.

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Fig.14: Eperimento di Otto Loewi (1921): fu prelevato il cuore da due rane,mantenendo

intatta l’innervazione; entrambi i cuori furono collegati ad un congegno per misurarne la

frequenza del battito cardiaco.Successivamente il nervo vago del cuore 1 fu stimolato

con conseguente diminuzione della frequenza cardiaca, e la soluzione di perfusione del

cuore 1 veniva trasferita al cuore 2 non stimolato elettricamente,si osservò ugualmente

riduzione della frequenza nel cuore 2 sebbene il nervo vago di questo non fosse

elettricamente stimolato.In questo modo Loewi dimostrò che una sostanza chimica

rilasciata dal cuore “donatore” era sufficiente per ridurre la frequenza del cuore

“ricevente”.

Negli ultimi 50 anni si sono accumulate un numero sempre maggiore di

conoscenze circa i molteplici ruoli di questa molecola che, rilasciata dai

neuroni centrali, periferici e parasimpatici, egisce legandosi a recettori

specifici (nicotinici e muscarinici) ampiamente distribuiti nell’organismo.

Tale interazione scatena una serie di risposte cellulari implicate in varie

funzioni biologiche quali, per esempio, quelle che sono alla base del

funzionamento e della regolazione del sistema motorio, di quello

sensoriale, del controllo autonomo del sistema cardiovascolare,

gastrointestinale, respiratorio ed urogenitale e di complesse funzioni

neuronali quali la memoria e l’appredimento (Wessler et al., 1998).

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L’ACh è una molecola appartenente alla famiglia dei neurotrasmettitori a

basso peso molecolare che comprendono le amine biogene: catecolamine,

serotonina, istamina e amminoacidi quali: Acido γ-aminobutirrico, glicina,

glutammato (Fig.15). Sette di loro sono amminoacidi o derivano da questi

ultimi; ne consegue che questi messaggeri chimici hanno in comune molte

caratteristiche biochimiche (Kandell et al., 1994). Gli effetti dell’ACh

sono mediati dal legame a specifici recettori detti colinergici, e classificati

in nicotinici (nAChR) e muscarinici (mAChR), rispettivamente dai nomi

dei due alcaloidi, nicotina e muscarina, che selettivamente vi si legano

provocandone l’attivazione.I recettori nicotinici (nAChR) appartengono

alla superfamiglia dei recettori-canale a controllo di ligando, e sono

costituiti da cinque subunità proteiche aggregate a formare un canale non

selettivo ai cationi. Le varie isoforme delle subunità (α,β,γ,δ,ε,) mostrano

un’elevata omologia e si assortiscono in combinazioni differenti per la

costruzione di canali funzionali (Fig.16) (Karlin 2002). L’acetilcolina si

lega alla subunità α causando l’apertura del canale e il passaggio delle

correnti depolarizzanti. Sul sito di legame dell’ACh si lega l’α-

bungarotossina che, insieme alla d-tubocurarina, è uno dei classici

antagonisti dei nAChR. I recettori nicotinici dei neuroni gangliari sono

simili a quelli espressi dalla sinapsi neuromuscolare, tuttavia alcuni studi

hanno dimostrato che i recettori nicotinici disposti sui neuroni contengono

solo due tipi di subunità α e β. Le diverse combinazioni che ne risultano

fanno si che esistano recettori-canale per l’ACh con conduttanza, cinetica

e proprietà farmacologiche diverse (Numa, 1989; Alkodon and

Albuquerque, 1993). Studi di binding hanno inoltre dimostrato che

esistono due classi di recettori neuronali nicotinici: quelli sensibili all’α-

bungarotossina e quelli insensibili ad essa.

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Fig.15: Schema dei neurotrasmettitori oggi conosciuti, sono indicate anche le purine

(ATP) e i neuropeptidi (Met-encefalina) scoperti successivamente.

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Fig:16.Struttura del recettore nicotinico.

I RECETTORI MUSCARINICI (mAChR) vengono selettivamente

attivati dalla muscarina e inibiti dall’atropina, sono presenti nel SNC

(sistema nervoso centrale) e nel SNP (sistema periferico), nel muscolo

cardiaco e liscio e in alcune ghiandole esocrine; essi possono mediare

un’ampia gamma di risposte intracellulari, grazie all’attivazione di diverse

vie di trasduzione del segnale. Sono glicoproteine di membrana con 7

domini idrofobici transmembranali, costituiti ciascuno da 20-30

amminoacidi, connessi tramite tre domini extracellulari e tre “loop”

intracellulari. Appartengono alla famiglia dei recettori accoppiati alle

proteine G trimeriche (αβγ) poiché attivano un sistema di secondi

messaggeri (Fig.17).Una serie di studi farmacologici ha inizialmente

suggerito che potesse esistere più di un sottotipo di recettore

muscarinico.In particolare, l’utilizzo della pirenzepina, una droga che

agisce come specifico antagonista dei mAChR in alcune regioni del

sistema nervoso centrale, ha permesso di classificare due sottotipi

recettoriali, M1 e M2.Il sottotipo M1, con elevata affinità per la

pirenzepina, è localizzato principalmente nel tessuto nervoso,in particolare

nella corteccia cerebrale.

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Fig.17: Struttura del recettore muscarinico (a sinistra), disposizione dei domini

transmembranari (a destra) a formare il recettore.Il legame con l’agonista attiva la via

di trasduzione del segnale accoppiata alle proteine G.

I recettori di tipo M2, con bassa affinità per la pirenzepina sono ben

rappresentati nella muscolatura liscia e in quella cardiaca (Hosey,

1992).Sebbene questi sottotipi recettoriali definiti farmacologicamente

fossero caratterizzati da differenti distribuzioni tissutali e diverse risposte

funzionali, non era chiaro se essi rappresentassero una o più proteine,

finchè il clonaggio dei geni per i mAChR ha stabilito l’esistenza di cinque

differenti sequenze geniche, ognuna codificante per una classe di recettori

(M1-M5) (Bonner, 1989).In generale i recettori di classe dispari attivano la

fosfolipasi C (PLC) tramite una proteina Gq insensibile alla tossina della

pertosse (PTX), mentre i recettori di classe pari inibiscono l’adenilato

ciclasi tramite una proteina Gi PTX-sensibile (Tab.1) (Fig.18).

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Tab.1: Esempi di recettori accoppiati a proteine G.

Non si tratta, comunque, di una specificità assoluta, perché i recettori pari,

quando espressi ad alti livelli, possono attivare la PLC (Ashkenazi et al.,

1989).La stimolazione con agonisti muscarinici può avere l’effetto di

aumentare la conduttanza di membrana per lo ione potassio con

conseguente iperpolarizzazione della membrana stessa tramite una proteina

Gi PTX-sensibile (Nathason, 1996) (Fig.18).

PROTEINE G RECETTORI PER: EFFETTORI

GS Amine β-

Adrenergiche,istam

ina, 5-HT,

glucagone,calcitoni

na

↑adenilatociclasi

(>AMPc)

Gi1, Gi2, Gi3 Amine α-adrenergiche,

Ach(M2-M4)

5-HT, oppioidi e molti altri

↓adenilatociclasi

(<AMPc)

Apertura canali

k+(↓frequenza

cardiaca)

Gq Ach(M1-M3-M5) 5-HT,

Bombesina,Bradichinina

Prostaglandine (PGE2)

↑fosfolipasiC (↑IP3,

↑DAG,

↑Ca2+

citoplasm.)

Go Neurotrasmettitori cerebrali

(non ancora

specificat.identificat

i)

Non ancora chiaro

Gt, Go Fotoni ↓GMPc (fototrasduzione)

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Fig.18: Vie di trasduzione del segnale attivate dai diversi sottotipi recettoriali

muscarinici.a)I recettori di classe dispari attivano la via di traduzione mediata dalle

proteine Gq mentre quelli di classe pari b)la via che richiede le proteine Gi.

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La stimolazione dei recettori muscarinici produce quindi una serie di

mediatori intracellulari, (cAMP, diacilglierolo (DAG), inositolo-1,4,5-

trifosfato (IP3), modificazioni della concentrazione di calcio citosolico) dai

quali dipendono numerose vie di traduzione del segnale.Ad esempio il

DAG insieme allo ione calcio può attivare la protein chinasi C (PKC), con

effetti sull’attività dei canali ionici, sulla secrezione e sulle risposte

contrattili (Taylor e Brown, 1994).Si può quindi affermare che il sottotipo

recettoriale ed il complemento delle proteine trasduttrici presenti nella

cellula determinano le conseguenze fisiologiche della stimolazione dei

mAChR ed è proprio la somma dei due tipi di corredi di cui la cellula è

fornita a determinare quali siano gli eventi controllati dalla stimolazione

colinergica.

Moltepli studi indicano che l’acetilcolina è in grado di regolare sia in vivo

che in vitro, diversi aspetti della morfogenesi del sistema

nervoso.L’attivazione del recettore nicotinico α7 induce la crscita neuritica

sia in colture di neuroni dissociati di bulbo olfattivo di ratti neonati

(Coronas et al., 2000), sia in neuroni corticali isolati dalla corteccia

embrionale (Zheng et al., 1994; Nguyen et al., 2001). L’ipotesi più accettata

è che l’acetilcolina svolga una chemiotassi positiva sui coni degli assoni

emergenti ed in essi moduli la concentrazione del calcio intracellulare,

critico per la motilità e per la crescita della fibra nervosa (Zheng et al.,

1994; Nguyen et al., 2001).

Nell’ambito del cervello e del midollo spinale i cinque sottotipi recettoriali

muscarinici hanno diversa localizzazione. Allo scopo di calcolare la loro

abbondanza relativa, la loro distribuzione e funzione in alcune aree

importanti del sistema nervoso centrale, sono state messe a punto sofisticate

tecniche immunologiche che hanno permesso ad Allan Levey di creare

anticorpi ad elevata specificità capaci di discriminare epitopi chiave nei

cinque sottotipi recettoriali, espressi nel ratto (Levey et al., 1991).

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Saggi di immunoprecipitazione mostrano che nella corteccia di ratti, 15

giorni dopo la nascita, i sottotipi M1 ed M2 rappresentano ciascuno il 40%

dei recettori muscarinici totalmente espressi mentre M4 è presente solo per

il 15% del totale. L’immuno-istochimica, usando i medesimi anticorpi,

rivela che i neuroni sono marcati a livello del corpo cellulare e lungo i

processi assonali ma nessuna marcatura è stata osservata sulla componente

gliale circostante (Levey et al., 1991).

Topi knock-out hanno permesso di investigare circa il significato funzionale

dell’espressione in vivo di questi recettori (Burckely et al., 1988). Anzitutto

è emerso che il recettore M1 è particolarmente presente nella corteccia e

nell’ippocampo; M2 nel talamo e nel midollo spinale, M4 nello striato.

Sembra che l’attivazione del recettore M1 sia legata a fenomeni di

apprendimento e memoria, mentre quella del sottotipo M2 appare coinvolta

nel regolare la temperatura corporea e la risposta al dolore. Il sottotipo M4 è

implicato nella regolazione dell’attività motoria, insieme al recettore per la

dopamina, con cui localizza a livello delle proiezioni dello striato.

Alcuni gruppi di ricerca ritengono che l’attivazione dei recettori muscarinici

in alcune aree del midollo spinale possa provocare potenti effetti

antidolorifici paragonabili a quelli che si conoscono per oppioidi, anche

nell’uomo (Gomeza et al., 1999).

L’alterata innervazione colinergica provoca l’insorgenza di gravi malattie

come Alzheimer e Parkinson, per questo motivo il quadro di espressione dei

recettori muscarinici nel sistema nervoso centrale è molto studiato.

Nel nostro laboratorio da molti anni si studia il ruolo dell’acetilcolina

durante lo sviluppo embrionale del sistema nervoso periferico (ultimamente

anche del sistema nervoso centrale) e si sono accumulati dati a favore

dell’azione di questo neurotrasmettitore nella regolazione di importanti

eventi maturativi. Studi di immunocitochimica al microscopio elettronico su

sezioni di DRG di pollo, hanno dimostrato che i recettori muscarinici sono

localizzati sulla membrana plasmatica del soma dei neuroni, nelle cellule

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satelliti perineurali e nelle Schwann sia mielinizzanti che non. La marcatura

risulta essere più abbondante in fasi precoci della gangliogenesi suggerendo

che la stimolazione colinergica, in questo distretto del sistema nervoso

periferico, sia particolarmente richiesta durante le fasi maturative

(Bernardini et al., 1998; Biagioni et al., 1999). Indagini di microscopia

elettronica condotte nel ratto, hanno poi evidenziato che i recettori M2 ed

M4 sono molto espressi sulle fibre sensoriali periferiche, responsabili della

percezione del dolore e della sua trasmissione al midollo spinale

(Bernardini et al, 1999). Approcci di tipo elettrofisiologico hanno in seguito

confermato che i recettori muscarinici, presenti a livello delle terminazioni

periferiche delle fibre sensoriali del DRG, inibiscono il rilascio dei

neurotrasmettitori eccitatori necessari per propagare il segnale dolorifico a

livello centrale (Bernardini et al 2001).

L’importanza funzionale dell’acetilcolina durante lo sviluppo embrionale

non è secondaria ma acquista notevole significato alla luce di ulteriori dati:

l’acetilcolina è in grado di indurre la crescita neuritica nei neuroni sensoriali

prelevati dai gangli della radice dorsale di embrioni di pollo ed è in grado di

aumentare sia la sintesi di proteine neuro-specifiche, come i neurofilamenti,

sia l’espressione di fattori trascrizionali notoriamente associati al

differenziamento dei neuroni, come c-jun, c-fos ed egr-1 (Tata et al. 2003).

Alla luce di questi risultati, l’acetilcolina si candida ad essere una molecola

chiave per la maturazione delle cellule neuronali. Tuttavia, le

immunomarcature allestite per la microscopia elettronica (Bernardini et al.,

1998) mostrano che anche le cellule gliali satelliti, localizzate intorno al

corpo cellulare dei neuroni dei gangli della radice dorsale, e le cellule di

Schwann esprimono recettori muscarinici durante le prime fasi dello

sviluppo embrionale. Il medesimo esperimento rivela che le cellule gliali

perdono l’espressione dei recettori muscarinici con il procedere dello

sviluppo suggerendo che l’acetilcolina presente abbia una rilevanza

funzionale per le cellule gliali nelle fasi più precoci dello sviluppo

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embrionale. Studi condotti sull’uomo dimostrano che i cheratinociti sono in

grado di sintetizzare, rilasciare e degradare l’acetilcolina (Grando et al.,

1993). Attivando simultaneamente i recettori nicotinici e muscarinici,

l’acetilcolina induce morte apoptotica a livello delle cellule disposte sulla

superficie epidermica e destinate ad essere fisiologicamente eliminate.

L’attivazione selettiva dei recettori nicotinici provoca la diminuzione della

capacità migratoria dei cheratinociti in modo inversamente proporzionale

all’aumento della concentrazione citosolica di calcio, suggerendo che

l’acetilcolina in vivo possa modulare l’adesione alla matrice agendo di

conseguenza sulla motilità anche in un modello cellulare, i cheratinociti,

piuttosto lontano da quello neuronale (Sharma & Vijayaraghavan, 2002).

Queste premesse lanciano nuove tematiche di studio nell’ambito

dell’interazione neurotrasmettitori-cellule gliali durante lo sviluppo e

offrono lo spunto per cercare di capire quale sia il meccanismo molecolare

attraverso cui l’acetilcolina potrebbe avere i suoi effetti sulle cellule gliali.

3.1 Acetilcolina e cellule di Schwann.

Come già precedentemente il sistema nervoso dei mammiferi è

caratterizzato da 5 recettori di tipo muscarinico: M1, M2, M3, M4 e M5.

Studi recenti, condotti nel laboratorio da me frequentato, hanno dimostrato

che le cellule di Schwann, nel sistema nervoso periferico, esprimono questi

recettori in percentuali diverse: M1 (25%), M2 (36%), M3 (30%), M4

(0.4%) (Loreti et al., 2006).

Il sottotipo muscarinico M2 è risultato essere quello più abbondantemente

espresso in queste cellule; una volta attivato attraverso il trattamento con

arecaidina, suo agonista, produce un abbassamento del livello del cAMP

intracellulare paragonabile a quello misurato in presenza della muscarina,

agonista colinergico in grado di legarsi a tutti i sottotipi muscarinici. Poiché

le cellule di Schwann immature esprimono, in vitro, il recettore M2 e non

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presentano livelli rilevabili del recettore M4, l’attivazione del recettore M2

sembra essere responsabile, in queste cellule, del significativo

abbassamento dei livelli di cAMP (Loreti et al., 2006).

Il ciclico AMP svolge un ruolo primario nella “vita” delle cellule di

Schwann, infatti per la proliferazione di queste cellule sono richiesti discreti

livelli di cAMP che risulterebbero necessari a modulare l’espressione, in

queste cellule, dei recettori ErbB per la neuregulina-1, rendendo così le

cellule di Schwann in grado di rispondere al loro fattore di crescita (Fregien

et al., 2004).

Attraverso l’incorporazione di [3H]-Timidina e analisi al FACS su colture

primarie di cellule di Schwann, ottenute dal nervo sciatico di ratto neonato,

si è visto che queste cellule trattate con agonisti colinergici smettono di

proliferare, escono dal ciclo cellulare e rimangono accumulate nella fase

G1; questo effetto risulta ancora più vistoso in presenza dell’agonista

arecaidina, selettivo per il sottotipo M2.

Infatti in presenza di arecaidina il numero delle cellule presenti nella piastra

di coltura, dopo 72 ore di trattamento, è paragonabile al numero delle

cellule seminate, indicando che in questa condizione sperimentale le cellule

di Schwann perdono la capacità di dividersi. Questi studi dimostrano,

dunque, che l’attivazione dei recettori muscarinici M2 interferisce con la

capacità proliferativa delle cellule di Schwann immature perché quando

queste vengono trattate con arecaidina si dimostrano incapaci di sintetizzare

DNA. Tuttavia, l’arecaidina non attiva vie che portano al blocco

irreversibile del ciclo cellulare, poiché è sufficiente rimuoverla dal mezzo di

coltura per garantire alle cellule di Schwann la possibilità di riprendere a

proliferare. La rimozione dell’arecaidina evidentemente è sufficiente ad

assicurare che la concentrazione del cAMP ritorni ai livelli necessari per

garantire la ripresa ed il mantenimento dello stato proliferativo nelle

Schwann immature. Il blocco della proliferazione indotto da agonisti

colinergici è ulteriormente confermato dalla modulata espressione di diversi

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marcatori del ciclo cellulare quali c-myc, p53, p21 e ciclica D1.

Rimuovendo l’agonista arecaidina dal mezzo di coltura, le cellule di

Schwann recuperano la capacità di entrare nella fase S; per questo il blocco

in G1, indotto da arecaidina, risulta essere reversibile (Loreti et al., 2006).

Inoltre come recentemente dimostrato con studi di real time-PCR e Western

blotting l’attivazione del recettore M2 causa nelle cellule di Schwann un

abbassamento dei livelli di espressione del fattore di crescita gliale

(GGF/NRG1) e dei suoi recettori ErbB2/ErbB3 ed un loro accumulo a

livello perinucleare.

Ciò ha consentito di ipotizzare che l’acetilcolina, attraverso l’attivazione

del recettore muscarinico M2, possa bloccare la capacità proliferativa delle

cellule di Schwann riducendo l’espressione in membrana dei recettori

ErbB; ciò renderebbe la cellula di Schwann incapace di legare il fattore di

crescita neuregulina-1 con conseguente arresto del ciclo cellulare (Loreti et

al., 2006).

L’insieme di questi dati suggerisce che l’acetilcolina nelle cellule di

Schwann potrebbe essere richiesta nel controllo della transizione tra la fase

proliferativa a quella differenziativa.

3.2 Acetilcolina e oligodendrociti.

Così come descritto nel paragrafo precedente per le cellule della glia del

SNP anche nel CNS troviamo popolazioni gliali in grado di rispondere alla

stimolazione colinergica, ad esempio si è visto come colture di astrociti

ottenuti da cervello di topi neonati sono in grado di sintetizzare acetilcolina

(Wessler et al., 1997) e rispondono al trattamento colinergico attraverso

recettori di tipo muscarinico e nicotinico. Si ipotizza che in vivo

l’acetilcolina venga rilasciata dai neuroni dell’ippocampo (Araque et al.,

2004), che comunicano con le circostanti cellule gliali utilizzando

l’acetilcolina come molecola di interazione cellula-cellula piuttosto che

come classico neurotrasmettitore.

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Analisi in RT-PCR ed immunocitochimica dimostrano che i precursori

degli oligodendrociti (cellule chiamate O2A/OPC, A2B5+) esprimono

recettori nicotinici per l’acetilcolina (Rogers et al., 2001) ed in vitro

rispondono selettivamente al trattamento con la nicotina aumentando la

concentrazione di calcio intracellulare a cui segue la sintesi ed il rilascio del

glutammato. Si suppone che, in vivo, il significato funzionale di tale evento

sia legato al controllo del numero delle cellule gliali destinate a maturare in

oligodendrociti in quanto l’espressione del recettore nicotinico aumenta

preferenzialmente nelle cellule O2A che muoiono per apoptosi. Le

oscillazioni di calcio indotte dalla nicotina potrebbero attivare secondi

messaggeri che aumentano l’espressione della proteina pro-apoptotica p53

(Gallo et al., 1996; Berger et al., 1998; Rogers et al., 2001). Basse

concentrazioni di nicotina inducono apoptosi anche nei progenitori dei

neuroni dell’ippocampo, pertanto l’acetilcolina potrebbe essere una delle

molecole coinvolte per eliminare l’eccesso di progenitori neurali durante lo

sviluppo embrionale (Berger et al., 1998).

Inoltre i precursori oligodendrocitari rispondono all’acetilcolina; come

suggerito da studi in vitro il carbacolo, agonista colinergico dei recettori

muscarinici e nicotinici, in condizioni di privazione di fattori di crescita

induce una evidente diminuzione dell’espressione della proteina pro-

apoptotica caspasi-3 (Cui et al., 2006). La via della PI3K/Akt è critica per la

sopravvivenza dei precursori degli oligodendrociti ed il carbacolo è in grado

di attivare proprio questa via di segnalazione, candidando l’acetilcolina a

svolgere un ruolo attivo nella protezione dallo stress indotto dalla carenza di

fattori di crescita (Cui et al., 2006).

Il possibile effetto che l’acetilcolina svolge sulla maturazione dei precursori

degli oligodendrociti è ancora oggetto di studio. Come precedentemente

detto, l’acetilcolina attiva la via pro-apoptotica, a seguito del legame sui

recettori nicotinici, e la via anti-apoptotica a seguito del legame sui recettori

muscarinici. Evidentemente la risultante è l’effetto combinato e bilanciato

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delle due vie di trasduzione contemporaneamente presenti. Si deve poi

pensare che in vivo esistono sottopopolazioni cellulari che possiedono una

diversa capacità di risposta ad un medesimo fattore diffusibile a seconda

della quantità e della entità dei recettori colinergici espressi. Di

conseguenza la capacità di risposta all’acetilcolina varia in relazione allo

spettro di recettori presenti sulla membrana dei progenitori degli

oligodendrociti, parametro che cambia in relazione alle possibili

sottopopolazioni gliali presenti in un medesimo distretto, e che evolve in

funzione dello stadio maturativo studiato. Negli oligodendrociti maturi

l’attivazione dei recettori muscarinici provoca l’inibizione dell’adenilato

ciclasi, idrolisi dei fosfoinositidi, mobilizzazione di calcio, e l’attivazione

della chinasi ERK e della proteina CREB, aumento dell’espressione del

proto-oncogene c-fos (Larocca & Almazan, 1994; Cohen et al., 1996). È

bene ricordare che soprattutto in coltura è molto elevata la possibilità di

creare e/o selezionare sottopopolazioni cellulari, e questo potrebbe

giustificare i risultati contrastanti che si hanno circa l’effetto del trattamento

colinergico sulla sopravvivenza e la proliferazione dei precursori degli

oligodendrociti.

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Capitolo 4

SCOPO DELLA RICERCA

Data l’espressione di neurotrasmettitori nelle fasi più precoci della

neurogenesi, antecedente alla comparsa di contatti sinaptici, nel corso degli

ultimi anni si è affermata l’ipotesi di un loro ruolo come morfogeni durante

lo sviluppo.

Prove sperimentali hanno dimostrato un ruolo di queste molecole come

fattori promuoventi il differenziamento cellulare ed, in particolare

l’acetilcolina, si è mostrata molto efficace nel dirigere, ad esempio, i

processi di crescita neuritica e di espressione di proteine neuro-specifiche

durante lo sviluppo di neuroni sensoriali e in modelli cellulari come il

neuroblastoma (Tata et al., 2003; Salani et al, 2009). L’analisi della

distribuzione dei recettori per l’acetilcolina (ACh) ha mostrato che quelli di

tipo muscarinico sono presenti, oltre che sui neuroni sensoriali, anche sulle

cellule gliali circostanti, (cellule satelliti e cellule di Schwann) (Bernardini

et al., 1998;Loreti et al., 2006) suggerendo che l’ACh possa essere una delle

molecole di segnale attive nel circuito neurone-glia. Dati recenti ottenuti nel

nostro laboratorio hanno evidenziato l’esistenza di un controllo colinergico

sulla proliferazione della cellule di Schwann (Loreti et al., 2007).Questo

controllo proliferativo si esplica attraverso l’attivazione del sottotipo

recettoriale di classe pari M2, il quale una volta attivato causa una

diminuzione dei livelli di cAMP, un secondo messaggero necessario alla

proliferazione delle cellule di Schwann (Loreti et al, 2007).

Dati di letteratura hanno inoltre suggerito la presenza di mRNA per i

recettori nicotinici (Rogers et al, 2001)e muscarinici anche in progenitori e

oligodendrociti maturi (Ragheb et al.,2001; Rogers et al., 2001;Molina-

Holgado et al., 2003), infatti in queste cellule la stimolazione con il

carbacolo, un analogo dell’acetilcolina, sembra far aumentare i livelli

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dell’inositolo 1,4,5 trifosfato e del calcio intracellulare, mentre vengono

ridotti i livelli di cAMP (Choen e Almazan, 1994).

Essendo gli oligodendrociti le cellule deputate alla mielinizzazione nel

sistema nervoso centrale (CNS), c’è molto interesse scientifico nei riguardi

di questa popolazione cellulare, poiché molte malattie neurodegenerative e

demielinizzanti sono accompagnate da una degenerazione mielinica e da

una compromissione della glia mielinizzante, la quale non riesce a

recuperare il danno e a produrre nuova mielina.

Alla luce, quindi, dei risultati precedentemente ottenuti nel nostro

laboratorio per ciò che riguarda le cellule di Schwann, e visti i dati di

letteratura precendentemente citati riguardo agli oligodendrociti, ci è

sembrato interessante andare ad investigare i possibili effetti prodotti

dall’acetilcolina sulla proliferazione e sul differenziamento nella

popolazione oligodendrocitaria.

Benchè la colinocettività dei progenitori oligodendrocitari sia stata già

documentata (Choen e Almazan, 1994), al momento mancava una chiara

caratterizzazione dei recettori muscarinici espressi negli oligodendrociti.Per

questo motivo, nell’ambito di questa tesi, abbiamo prima di tutto analizzato

l’espressione dei vari sottotipi muscarinici, sia nei progenitori

oligodendrocitari, che nelle cellule mature, mediante analisi realtime PCR

ed immunocitochimica.Come modello sperimentale abbiamo utilizzato

colture purificate di progenitori derivate da cervello di ratto a 24h dalla

nascita, e mantenute nel loro stato proliferativo grazie all’aggiunta di fattori

di crescita importanti per queste cellule, quali il PDGF-AA e il

bFGF(vedi.cap.2) e, quando necessario, indirizzate verso il loro cammino

maturativo aggiungendo agenti differenzianti come gli ormoni tiroidei T3 e

T4.In seguito abbiamo valutato, mediante differenti approcci

sperimentali,quali fossero gli effetti di agonisti ed antagonisti colinergici

sulla proliferazione, sopravvivenza e differenziamento di progenitori

oligodendrocitari.

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Parallelamente, come già detto, essendo noto da dati precedentemente

ottenuti nel nostro laboratorio che, nelle cellule di Schwann, la selettiva

attivazione del recettore muscarinico M2 determina un arresto della

proliferazione cellulare ed un accumulo delle cellule in G1 (Loreti et al,

2007), abbiamo voluto valutare se questo determinasse un avanzamento

delle cellule di Schwann verso la fase differenziativa. Le cellule di Schwann

quando differenziano possono orientarsi verso due differenti fenotipi: le

Schwann dette mielinizzanti, che producono la guaina mielinica che

avvolge assoni di medio e di grande calibro, e le Schwann non

mielinizzanti, che non formano mielina, ma che comunque si accollano ad

assoni di piccolo calibro (Jessen e Misky, 1999).

Allo scopo di valutare se la stimolazione colinergica fosse in grado di

modulare il differenziamento di queste cellule, abbiamo valutato

l’espressione di marcatori caratteristici della glia mielinizzante valutando

sia l’espressione di proteine della mielina, sia di fattori di trascrizione

specificamente attivati nelle cellule mielinizzanti. A tale scopo abbiamo

utilizzato come modello sperimentale, colture di cellule di Schwann

ottenute da nervo sciatico di ratto 2 giorni post natale mantenute in vitro in

presenza di un terreno condizionato da 2 M foscolina, per favorire la

proliferazione di queste cellule.

I dati ottenuti ci hanno permesso di poter comparare gli effetti prodotti da

agonisti muscarinici sulle due popolazioni cellulari deputate alla

mielinizzazione nel sistema nervoso centrale e periferico.

Queste informazioni permettono di classificare l’acetilcolina come una

molecola importante nei meccanismi di cross talk neurone-glia e acquistano

una certa rilevanza ai fini della comprensione dei meccanismi che

modulano la proliferazione e il differenziamento delle cellule gliali durante

lo sviluppo del sistema nervoso. Queste conoscenze potrebbero avere

inoltre una ricaduta anche in patologie che vedono compromesse le cellule

di Schwann o gli oligodendrociti come ad esempio le neuropatie periferiche

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o le patologie demielinizzanti; infatti la conoscenza sempre più avanzata dei

meccanismi che controllano i processi proliferativi e maturativi delle cellule

gliali mielinizzanti permetterebbe di disegnare protocolli terapeutci nel

tentativo di recuperare le popolazioni compromesse e cercare di alleviare, se

non curare, le sintomatologie prodotte da queste patologie.

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Capitolo 5

MATERIALI E METODI

5.1 Allestimento della coltura di Oligodendrociti.

Animali: Sono stati usati ratti Wistar di entrambi i sessi ad un giorno di vita

postnatale. Per una preparazione standard si è partiti da 10-11 animali.

Colture primarie: Inizialmente si procede alla preparazione del substrato

necessario per il piastramento delle cellule, piastre da 60 mm di diametro

vengono trattate con poli-L-lisina (polimeri con PM>50 Kda), per un’ora a

temperatura ambiente, al termine la soluzione viene aspirata e le piastre

vengono fatte asciugare sotto cappa.

I ratti neonati vengono sacrificati,per decapitazione ed i cervelli

rapidamente prelevati ed immersi nel terreno di coltura completo (DMEM,

Dulbecco’s modified Eagle medium) contenente 10% di siero fetale bovino

(FBS), 10 µg/ml di penicillina/streptomicina, 2 mM di glutammina e 2

µg/ml di fungizone. Si procede quindi alla completa rimozione delle

meningi, per evitare la contaminazione da parte dei fibroblasti.Dopo

dissociazione meccanica degli emisferi cerebrali, setacciandoli attraverso un

filtro di nylon sterile di 83 µm di porosità, l’omogenato viene ulteriormente

dissociato facendolo passare per 8-10 volte attraverso una siringa da 5 ml

con un ago di calibro 23G.

Le cellule dissociate vengono diluite in un volume finale di 1ml di terreno

completo ed aggiunte alle piastre di coltura, precedentemente trattate con

poli-L-lisina, contenenti 4 ml di terreno completo.Le cellule vengono

incubate a 37°C al 9% di CO2.Il terreno viene cambiato il giorno successivo

e in seguito ogni 3-4 giorni.

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Colture secondarie: Dopo 10-11 giorni in coltura, i precursori degli

oligodendrociti vengono isolati dalle colture primarie, come descritto da

Agresti e colleghi (1996).Si aspira il terreno, si aggiungono 2 ml di terreno

fresco per piastra e si distaccano meccanicamente, in modo delicato con la

pipetta Pasteur, le cellule adese al monostrato cellulare confluente,è

costituito prevalentemente da astrociti.Le cellule staccate vengono filtrate

attraverso un filtro di nylon sterile di 27 µm di porosità. La sospensione

cellulare viene aggiunta a flasks da 175 cm2

non trattate e tenute per 1 ora a

37°C.In seguito, le flasks vengono agitate manualmente, per staccare solo le

cellule più piccole con forma tondeggiante, non adese e lasciando invece

quelle di tipo macrofagico/microgliale (più grandi e scure) fortemente adese

alla superficie della flask.La sospensione cellulare raccolta viene

centrifugata a 1000rpm per 10 minuti a TA.Il pellet viene risospeso in 1 ml

di terreno e un’aliquota della sospensione cellulare viene colorata con

Trypan Blue allo scopo di discriminare le cellule vive da quelle morte.Il

numero di cellule vive viene poi contato mediante la camera di Thoma.Le

cellule ottenute vengono seminate alla densità di 104 cellule/cm

2.Dopo la

semina le cellule vengono mantenute con il DMEM completo per 2 ore al

9% di CO2 a 37°C prima di sostituire il terreno con un terreno privo di siero

(SF-DMEM, Serum-free-DMEM, preparato utilizzando DMEM e HAM-

F12 (4:1), con aggiunta di 5,6mg/ml di glucosio, 5 µg/ml di insulina,

100µg/ml di transferrina umana, 100µg/ml di siero albumina bovina

(BSA), 0,06 ng/ml di progesterone, 40 ng/ml di sodio selenite, 16µg/ml di

putrescina, 50µg/ml di penicillina/streptomicina, 2mM di glutammina

(Agresti et al., 1996) e 10 ng/ml di fattori di crescita PDGF (platelet-

derived-growth factor) e b-FGF (basic fibroblast growth factor).Le cellule

vengono incubate in queste condizioni per 2 giorni (2DIV) o per 8 giorni (8

DIV).In questo ultimo caso i fattori di crescita vengono rimossi e vengono

eggiunti come fattori differenzianti gli ormoni tiroidei T3 e T4

(10ng/ml).Per gli esperimenti finalizzati alla raccolta di RNA e per le

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analisi di incoporazione di 3[H]-timidina, i fattori di crescita vengono

omessi e le cellule vengono mantenute in assenza di fattori per 18 ore

prima del trattamento con la muscarina (agonista colinergico non-selettivo)

10-4

M(concentrazione finale) o con l’arecaidina, agonista selettivo del

sottotipo recettoriale muscarinico M2 (vd.cap.3) (concentrazioni finali 10-4

-

10-7

M).

5.2 Incorporazione di 3[H]-timidina.

Per questo esperimento, le cellule vengono piastrate in pozzetti da 24mm di

diametro ad una densità pari a 50.000 cellule/pozzetto.

Dopo 18 ore dalla semina gli oligodendrociti, privati dei fattori di crescita

per diminuire i livelli basali di proliferazione, vengono incubati con la

muscarina (conc.finale 10-4

M) e la [3H]metil-timidina (1µCi/ml) (attività

specifica 82Ci/mmol; Amersham Pharmacia Biotech).Per caratterizzare i

recettori muscarinici direttamente coinvolti nella proliferazione cellulare,

gli esperimenti sono stati eseguiti anche in presenza degli antagonisti

selettivi dei diversi tipi recettoriali, ad una concentrazione simile alla Ki di

ogni antagonista come precedentemente riportato da Ragheb e colleghi

(2001): pirenzepina (10-6

M) per il sottotipo M1;gallammina (10-6

M) per il

sottotipo M2;tropicammide (10-7

M) per il sottotipo M4; 4-DAMP (10-8

M)

per il sottotipo M3 e atropina (10-6

M) per bloccare tutti i sottotipi

muscarinici.

Dopo 18 ore si rimuove il terreno e si fanno due lavaggi con PBS 1X (pH

7,4) al fine di eliminare la timidina in eccesso che non è stata incorporata.

Le cellule vengono solubilizzate per 10 minuti, a temperatura ambiente, in

200μl di Triton all’1%. La sospensione ottenuta viene trasferita in provette

di boro-silicato ed in ognuna di esse vengono aggiunti 400μl di TCA al

10%; si lascia a precipitare per 15 minuti, in ghiaccio. L’uso di una pompa

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da vuoto, consente di intrappolare la radioattività dei campioni su filtri di

lana di vetro WHATMAN GF/C pre-imbevuti di TCA al 10%.

Il precipitato, ottenuto da ogni campione, viene versato su un

corrispondente filtro di lana di vetro in modo che la radioattività,

proporzionale alla quantità di timidina triziata incorporata dalle cellule,

possa essere assorbita e misurata direttamente sui filtri. Questi ultimi,

vengono deposti all’interno di particolari provette ed immersi in 10 ml di

liquido di scintillazione (Filter-Count, Packard). La corrispondente

radioattività viene letta dopo 24 ore allo scintillatore (Tri-Carb 2100TR,

Packard).

5.3 Saggi di vitalità cellulare.

MTT:La vitalità cellulare è stata misurata utilizzando l’MTT [3-(4,5-

dimetil triazolo-2-y1)-2,5-difenil tetrazolio di bromide] in accordo con il

protocollo di Mosmann (1983).Le cellule sono state incubate per 4 ore in

presenza di MTT, quindi il terreno è stato rimosso ed 100 µl di DMSO sono

stati aggiunti per la completa dissoluzione dei cristalli.La densità ottica

(OD) è stata di seguito misurata effettuando la lettura allo spettofotometro

alla lunghezza d’onda di 570 nm.

COLORAZIONE CON IODURO DI PROPIDIO: la morte cellulare

(apoptosi e necrosi) è stata valutata esponendo le cellule per 60 min a 37°C

al colorante nucleare Hoechst 33258 ( 1µg/ml) e durante gli ultimi 20 min

di incubazione è stato aggiunto lo ioduro di propidio (IP).Le cellule sono

state poi lavate con PBS e fissate con paraformaldeide 4%, la morfologia

nucleare è stata osservata usando un microscopio a fluorescenza (Axiophot-

Zeiss).L’Hoechst viene incorporato dal DNA e pertanto questa colorazione

permette di evidenziare eventuali frammentazioni nucleari presenti.L’IP è

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un colorante che viene assunto solo da cellule morte pertanto la colorazione

permette di evidenziare cellule morte per necrosi o tarda apoptosi.

5.4 Estrazione dell’RNA totale.

Le cellule destinate all’estrazione dell’RNA totale vengono seminate in

piastre da 60 mm di diametro.

Prima del trattamento le cellule vengono lavate con PBS 1X pH 7.4 sterile e

asciugate.L’RNA totale è estratto usando una procedura sperimentale che

prevede la modifica del protocollo di Chomczynski e Sacchi (1987). Le

cellule vengono staccate e lisate con 1 mL/piastra di TRIZOL (Gibco)

contenente 250 µg/mL di glicogeno (Sigma);

La sospensione ottenuta per tutti i campioni viene poi passata più volte

attraverso l’ago di una siringa da 1mL, al fine di ottenere la lisi totale.

Viene fatta una centrifugazione a 10.000 rpm a 4ºC per 10 minuti. Al

sovranatante recuperato vengono aggiunti 200 µL di cloroformio, si procede

ad un’agitazione manuale e si attendono 5 minuti a temperatura

ambiente.Viene effettuata una seconda centrifugazione a 10.000 rpm a 4ºC

per 15 minuti, dopodiché il sovranatante viene aggiunto a 500 µL di

isopropanolo. Dopo aver agitato, il campione viene conservato a -20°C

overnight per favorire una più efficace precipitazione e purificazione

dell’RNA.Il giorno dopo segue un’altra centrifugazione a 10.000 rpm a 4ºC

per 15 minuti.

Il pellet così ottenuto viene lavato con 1 mL di etanolo al 75%, di nuovo

centrifugato (10 minuti a 4ºC a 10000 rpm) ed infine asciugato.

Il pellet una volta asciutto, viene risospeso in 10-15 µL di H2O (a seconda

della dimensione del pellet).

Segue poi il trattamento con DNAsi (Ambion), 1 ora a 37ºC, dopo il quale

viene fatta la lettura allo spettrofotometro per valutare la concentrazione e la

purezza del campione.

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64

5.5 RT-PCR

RETROTRASCRIZIONE: per ogni campione, un totale di 2 µg di RNA +

1 µg di random esameri (Promega), in un volume finale di 17 µL di H2O,

vengono riscaldati per 5 minuti a 70ºC e velocemente posti in ghiaccio.

Successivamente, vengono aggiunti 5 µL del tampone di reazione (M-MLV

5X Reaction buffer: 250mM tris-HCl pH 8.3, 375 mM KCl, 15 mM MgCl2,

50 mM DTT; Promega), 25 U di un inibitore delle RNAsi (RNAsi OUT,

Invitrogen), 2 mM di dNTP (Promega) e 200 U della trascrittasi inversa (M-

MLV, Promega) per arrivare a un volume totale finale di 25 µL. Ciascun,

campione viene incubato per 1 ora a 37ºC, e poi riscaldato a 95°C per 5

minuti e velocemente posto in ghiaccio. Al termine della reazione vengono

aggiunti 75 µL di H2O.

Altri 2 µg di RNA di ciascun campione vengono trattati allo stesso modo

eccetto che per l’assenza della trascrittasi inversa (al suo posto viene

aggiunto un ugual volume di H2O), in modo da avere per ogni campione un

controllo negativo per poter escludere una possibile contaminazione di

DNA genomico durante le reazioni di amplificazione della PCR. Un

ulteriore campione di controllo viene preparato mettendo tutti i reagenti,

tranne l’RNA.

PCR: viene eseguita su 5 µL del prodotto della retrotrascizione, a cui

vengono aggiunti i reagenti necessari per l’amplificazione:

5 µL di tampone (5X Green GoTaq buffer, Promega), 0.2 mM di ciascun

dNTP (Promega), 0.4 µM di ogni primer (vedi sotto) e 1 U di Taq DNA

polimerasi (Go Taq, Promega), in un volume finale di 25µL.

Viene fatto un primo step di 2 minuti a 95 ºC, dopodiché viene effettuata

l’amplificazione:

per GAPDH: 30 secondi a 95 ºC, 30 secondi a 60 ºC e 30 secondi a

72 ºC per 25 cicli

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65

per PDGFRα : 30 secondi a 95 ºC, 30 secondi a 60 ºC e 30 secondi

a 72 ºC per 35 cicli

seguita da un ultimo step di 5 minuti a 72 ºC.

I prodotti della PCR vengono infine fatti correre su gel d’agarosio all’1.5-

1.8 % (Sigma) a cui viene aggiunto bromuro d’etidio (1 μg/ml) per

permetterne la rivelazione.Le sequenze dei primers utilizzati sono riportate

nella Tab.2.

Tab.2:Sequenze dei primers utilizzate per la PCR semi-quantitiva RT-PCR

(*from Jian-Guo Hu et al.,2004).

5.6 Real-Time PCR.

Per ogni reazione di “Real time PCR” sono stati usati 10ng di cDna (2,5µl)

che vengono aggiunti alla “Mix SYBER-Green Super” (12,5 µl per

campione); i primers per GAPDH e per M1-M5 (conc finale di 0,3 µM)

vengono aggiunti al colorante standard interno, e ad essi viene aggiunta la

quantità di acqua necessaria per arrivare al volume totale di reazione di 25

µl. Le reazioni di PCR sono condotte utilizzando il termociclatore I-

CYCLER BIORAD. Le modalità con cui è stata effettuata la reazione di

amplificazione sono riportate qui di seguito:

Primer name Sequence (5’-3’) bp

PDGRFα sense* GCCAGGAGACGAGGTATCAA 426

PDGRFα antisense* TGTTCCCAATGCCAAGGTC

GAPDH sense TGGCATTGTGGAAGCGCTCATGAC 188

GAPDH antisense ATGCCAGTGAGCTTCCCGTTCAGC

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Cycle 1: ( 1X)

Step 1: 95.0ºC for 03:00

Cycle 2: ( 50X)

Step 1: 95.0ºC for 00:30

Step 2: 58.0ºC for 00:30

Step 3: 72.0ºC for 00:45

Cycle 3: ( 1X)

Step 1: 95.0ºC for 01:00

Cycle 4: ( 1X)

Step 1: 55.0ºC for 01:00

Cycle 5: ( 90X)

Step 1: 55.0ºC for 00:10

Per la quantificazione è stato usato il metodo dei CT (“CT= Threshold cycle

value”). Il valore di CT è stato calcolato effettuando la media dei CT ottenuti

per ogni campione.Il ΔCT del campione è la differenza tra il CT del

campione e quello dell’housekeeping (GAPDH): ΔCTcampione=CTcampione-

CTgapdh.

Il risultato finale viene determinato come: 2-ΔΔCT

dove ΔΔCT= ΔCT

campione-ΔCT calibratore. Il calibratore è un campione preso come

riferimento.Le sequenze utilizzate per gli esperimenti di Real Time sono

elencate nella Tab.3.

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Tab.3:Sequenze dei primers utilizzati per Real-Time.(*from Brattelid T. et al.,2007 per i recettori muscarinici)

Primer name Sequence (5’-3’)

GAPDH sense TGGCATTGTGGAAGGGCTCATGAC

GAPDH antisense ATGCCAGTGAGCTTCCCGTTCAGC

M1 sense* CCATGGAGTCCCTCACATCCT

M1 antisense* ATCTACCATGGGCATCTTGATCA

M2 sense* ATCTACCATGGGCATCTTGATCA

M2 antisense* CGAAGTGGAAACTGTGTTTTCAT

M3 sense* TCCATCCTCAACTCTACCAAGCT

M3 antisense* TTGTGAGCATTTCTCTCCACATC

M4 sense* CACTCTGCAATGCCACTTTCAA

M4 antisense* CTGTGCCGATGTTCCGATACT

M5 sense* ACCCGGACTGAAAACAGTGACT

M5 antisense* ATCGGAACTAGGCAACACACTT

ErbB3sense TGTTTAGGCCAAGCAGAGGT

ErbB3 antisense ACTTTGTTTGCCTTCTCGCTT

OLIG1 sense AGGACATTTCCAGACTTCTCA

OLIG1 antisense ACTTCTGGCTCAAACTGGT

OLIG2 sense AAGTAGTGAGAGCACTTGGA

OLIG2 antisense AAAGTCAGTTTTTAGACTTCCT

MBP sense ACAAGAACTACCCACTACG

MBP antisense CTTGGGATGGAGGGGGTGT

PMP22 sense ACCCAGTGAATTTAGCAGGA

PMP22 antisense AATCTATAGCACCATTTCACA

P0 sense CTACCCCAGCTATGGCTCCT

P0 antisense AATGGAGCCATCCTTCCAG

ErbB4 sense GCTTCTCAGTCAGTGTGCCGGAAC

ErbB4 antisense GATCTCCAGGTTGCCCATGACTACC

SOX10 sense ACTGGGAACAGCCAGTATATA

SOX10 antisense ACCAAACTCCTCCTTTGCCA

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5.7 Saggio di RNAase (RPA).

L’RNA totale è estratto usando una procedura sperimentale che prevede la

modifica del protocollo di Chomczynski e Sacchi (1987)(vd.par.5.4). I

campioni di RNA (10µg), utilizzati per il saggio, dopo precipitazione in

etanolo, vengono uniti alla soluzione di ibridazione (20µl) (80% di

formamide; 40mM PIPES pH6.8; 400mM di sodio acetato pH 6.4 e 1Mm

EDTA) contenente 250,000 cpm di cRNA 32

[P]-marcato per la sonda della

proteina basica della mielina (MBP) o per la MAL (Myelin and

Lymphocyte protein) e 50,000 cpm 32

[P]-marcato per la sonda del 18S. La

sonda per il cRNA antisenso per l’MBP è stata generata in vitro dalla

trascrizione del plasmide pCR II-TOPO contente l’inserto per MBP (380

bp) o per la MAL (554 bp) rispettivamente. Mentre la sonda per il 18S è

stata generata della trascrizione in vitro del plasmide Ptri-rRNA (Ambion,

Austin, USA). L’attività specifica delle sonde è >108 cpm/ µg.

I campioni sono stati riscaldati a 85°C per 10 minuti e incubati overnight a

45°C, successivamente sono stati diluiti in 200 µl del tampone di digestione

per l’RNAase (300 mM NaCl, 10mM Tris-HCl pH 7.4, 5 mM EDTA pH

7.4) contenente un cocktail di Rnase ( 1 µg/µl RNase A e 20U/µ di Rnase

T1) nella diluizione 1:400 e incubati per 30 minuti a 30°C.In seguito 10µg

di proteinasi K e SDS al 20% sono stati aggiunti ai campioni e il mix è stato

poi incubato a 37°C per 15 minuti.

I campioni sono stati poi estratti con fenolo-cloroformio e precipitati, il

pellet idratato, sciolto nel loading buffer e bolliti a 95°C per 5

minuti.Separati poi in un gel al 5% di poliacrilammide in condizioni

denaturanti (7M di urea).I frammenti sono stati visualizzati con

autoradiografia e le loro dimensioni sono state determinate usando

frammenti di una sonda radiomarcata di 32

P terminale (T4 polinucleotide

chinasi) pBR322.I livelli di mRNA per l’MBP la MAL e il 18S sono stati

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69

calcolati misurando i picchi dell’area densitometrica dell’autoradiografia

(analizzati con Epson Scanner).

5.8 Immunolocalizzazione indiretta.

Al termine della stimolazione, (muscarina 10-4

M) le cellule vengono fissate

con Paraformaldeide al 4% in PBS, per 15 min. a T.A.

Dopo fissazione, le piastre vengono lavate per 3 volte in PBS 1X e pre-

incubate, per 45 min., a t.a., con un tampone costituito da PBS, 1% BSA,

0.2% Triton e quando richiesto 10% NGS (Siero Normale di Capra). Il siero

di capra non immunizzato viene utilizzato per mascherare eventuali siti

antigenici che potrebbero essere riconosciuti in modo aspecifico, in

particolare dall’anticorpo secondario.L’NGS viene sostituito da NDS

(Normal Donkey Serum) e da NRS (Normal Rabbit Serum) a seconda della

natura dell’anticorpo secondario.

Terminata la pre-incubazione e rimosso l’eccesso di tampone, le cellule

vengono incubate overnight a 4°C con l’anticorpo primario (Mouse IgG

monoclonale anti-MBP (Chemicon) dil. 1:100; Rabbit IgG anti-PDGFRα

(Santa Cruz) dil. 1:100; Goat IgG anti-M1, anti-M2, anti-M3, anti M4,

dil.1:50 Santa Cruz) diluito in un tampone di incubazione costituito da PBS,

1% BSA, 0.2% Triton e 1% NGS.

Dopo tre lavaggi con PBS + 1% BSA, le cellule vengono incubate con gli

anticorpi secondari (anti-Rabbit IgG coniugato con Tetrametil rodamina

isotiocianato, TRITC; anti-Mouse IgG coniugato con FITC; anti-Goat IgG

coniugato con TRICT Jackson) dil. 1:100 per 1 ora a T.A., al buio.

Al termine vengono effettuati tre lavaggi in PBS + 1% BSA,e i nuclei

vengono marcati con 1 µg/ml Hoechst 33258, dopo altri tre lavaggi in

PBS+1% BSA si aggiungono alcune gocce di Glicerolo/PBS 3:1 (v/v); le

piastre, dunque, vengono chiuse con un vetrino coprioggetto e osservate al

microscopio a fluorescenza o al confocale (per la visione al confocale

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70

Apotome Zeiss le cellule vengono piastrate su un vetrino coprioggetti e poi

al momento della chiusura in glicerolo il vetrino viene capovolto su un

normale vetrino portaoggetto da microscopia).

5.7 Western Blotting su gel di poliacrilammide.

L’elettroforesi su gel di TrisHCl-SDS-poliacrilammide consente la

separazione delle proteine contenute in un lisato cellulare, in funzione del

loro peso molecolare. Gli estratti ottenuti, dopo l’omogenazione delle

cellule, vengono caricati in ogni corsia del gel a parità di concentrazione

proteica, il cui valore è ricavato tramite il saggio Bradford (1976,

modificato da Gogstad e Krutnes nel 1982). Utilizzando questa metodica si

costruisce una retta di taratura utilizzando concentrazioni note e crescenti di

BSA (Albumina Bovina Sierica, Sigma) e leggendo allo spettrofotometro

(lunghezza d’onda di 595 nm) la relativa assorbanza dovuta al legame del

colorante Coomassie Brillant Blue ai residui aromatici delle proteine stesse.

È possibile determinare il contenuto proteico dei campioni utilizzando la

curva standard ottenuta interpolando i valori della lettura delle

concentrazioni crescenti di BSA usata come standard.

I campioni, prima di essere corsi sul gel, vengono diluiti secondo un

rapporto 3:1 in un tampone che ha la seguente composizione: (250mM Tris-

HCl pH=6,8; 8% SDS; 40% Glicerolo; 20% β-mercaptoetanolo; 0.002% di

Blu di Bromofenolo). Successivamente vengono denaturati per 5 minuti a

100°C e prontamente messi in ghiaccio.

Il gel di poliacrilammide è costituito, a sua volta, da un gel detto “stacking”

che consente di ricavare i pozzetti all’interno dei quali i campioni iniziano

la corsa elettroforetica, e da un gel detto “running” dove avviene la

separazione elettroforetica delle proteine. La percentuale di acrilammide

con cui viene fatto polimerizzare il gel è funzione del peso molecolare della

molecola di interesse: per proteine comprese tra 185KDa e 30KDa vengono

utilizzati “running” gel all’8% di poliacrilammide, per valori compresi tra

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20 e 10 KDa si passa ad un gel al 12% di poliacrilammide, con maglie di

selettività più strette.

L’intero gel viene immerso in un tampone di corsa (0,025M Tris-HCl pH

8,3; 0,192M Glicina; 0,1% SDS) e sottoposto ad una corrente continua di

20mA. Le proteine, dopo essere state separate nel “running gel”, vengono

trasferite su una membrana di nitrocellulosa (Protran-Schleicher & Schuell)

in uno specifico tampone (25mM Tris-HCl pH 8,3; 5,5% Glicina; 20%

metanolo) all’interno di una camera elettroforetica alimentata da 350 mA.

Avvenuto il trasferimento delle proteine, il relativo filtro viene incubato per

un’ora a temperatura ambiente nella soluzione di blocco (50mM Tris-HCl

pH 7,5; 150mM NaCl, 1%BSA, 30% Antifoam; 1% BSA oppure 5% latte

in polvere, a seconda dell’anticorpo utilizzato). Di seguito si aggiunge

l’anticorpo primario, opportunamente diluito nella soluzione di blocco ed

incubato per tutta la notte a 4°C. Al termine di questa incubazione,

l’eccesso di anticorpo non legato viene rimosso effettuando più lavaggi in

T-TBS (50mM Tris-HCl pH=7,5; 150mM NaCl; 0,05% Tween20).

L’anticorpo secondario (Pierce Biotechnology), coniugato con la

perossidasi e diluito 1:20000 in T-TBS, viene lasciato per 1 ora a

temperatura ambiente. L’eccesso non legato viene, anche in questo caso,

rimosso con i lavaggi in T-TBS. La rivelazione del legame dell’anticorpo

primario alla proteina oggetto di studio viene effettuata con metodo ECL

(Enhancement Chemiluminescent, Pierce). Il kit della Pierce fornisce due

soluzioni substrato, una contenente il luminolo e l’altra contenente il

perossido di idrogeno che devono essere miscelate in rapporto 1:1. Il filtro

contenente le proteine separate dall’elettroforesi viene incubato in questa

miscela per 5 minuti al buio, poiché successivamente all’ossidazione del

luminolo avviene l’emissione di un segnale luminoso nel sito in cui si è

legato l’anticorpo primario, evento rivelabile perché in grado di

impressionare una lastra fotografica (Amersham Hyperfilm ECL).

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72

La rivelazione può avvenire usando anche anticorpi secondari coniugati con

la fosfatasi alcalina: in questo caso funge da substrato la miscela di reazione

NitroBlueTerazolium/5Bromo4Cloro3IndoilFosfato (NBT/BCIP: 0,48mM

NBT; 0.56mM BCIP 10mM; Tris-HCl pH 9,2; 59,3mM MgCl2,

SigmaB6404). L’anticorpo secondario coniugato con l’enzima fosfatasi

alcalina viene aggiunto per 4 ore, a temperatura ambiente, diluito 1:1500

nella soluzione di blocco. Al termine di questa incubazione, il filtro viene

lavato in T-TBS e poi immerso nella suddetta soluzione di sviluppo: non

appena compaiono i relativi segnali di immunomarcatura si lava il filtro con

20mM EDTA in PBS, pH 8.

Tab. 4: Anticorpi usati in Western Blotting

Analisi statistica

I valori riportati sono stati ottenuti come valore medio degli esperimenti ±

l’errore standard della media (SEM). I dati ottenuti sono stati poi

confrontati tra loro con il test statistico non parametrico del “t di Student”

mediante il programma “GraphPad Prism 4”.

I risultati sono considerati statisticamente significativi quando p<0,05

(*p<0,05; **p<0,01; ***p<0,0001). L’analisi densitometrica è stata

ottenuta mediante il programma “IMAGE J”.

Anticorpo Fornitore Diluizione anticorpo

primario

Diluizione anticorpo

secondario

Rabbit-αPo Gent.offerto dal

Dott. Magnaghi

1:200 1:15000

Rabbit-

αMBP

Sigma-Aldrich 1:500 1:15000

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73

Capitolo 6

RISULTATI

6.1Caratterizzazione delle colture primarie di Oligodendrociti.

Il differenziamento degli oligodendrociti (OL) sia in vivo che in vitro, è

caratterizzato da cambiamenti morfologici e dall’espressione sequenziale di

marcatori molecolari specifici ( Stallcup, 1981; Sommer and Schachner,

1981; Dubois-Dalcq et al, 1986; Levi et al., 1987). Infatti lo stadio di

progenitore è caratterizzzato da una forma bipolare del corpo cellulare,

mentre quello di pre-oligodendrocita si differenzia per la presenza di più

processi che poi evolveranno, aumentando notevolmente di numero ed

acquisendo la capacità mielinizzante caratteristica della fase matura. Allo

scopo di valutare se le nostre colture primarie di progenitori

oligodendrocitari mantengano in vitro le stesse proprietà, oltre alla

morfologia, abbiamo valutato l’espressione di alcuni marcatori di

superficie. Gli OL nello stadio di progenitore corrispondente allo stadio due

giorni in vitro (2DIV) risultano positivi per il ganglioside LB1 (anti

ganglioside GD3)(Fig.19A) mentre la positività per l’antigene del

ganglioside di membrana O4 risulta evidente nello stadio di pre-

oligodendrocita corrispondente ai quattro giorni in vitro (4 DIV)(Fig.19B).

Infine come marcatore dello stadio maturo, che si realizza dopo otto giorni

in vitro (8DIV), abbiamo utilizzato un anticorpo anti- MBP (myelin basic

protein) (Fig.19C). Inoltre, analizzando i trascritti per le due isoforme

dell’MBP, la 18 e la 21 kDa, attraverso un saggio di RNasi protection,

abbiamo evidenziato come atteso che i livelli basali delle due isoforme sono

più bassi nello stadio a 2DIV rispetto a quello a 8 DIV, sia per quanto

riguarda l’isoforma a 18 kDa (Fig.19D) che quella a 21 kDa (Fig.19E).

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Fig.19: L’analisi immunocitochimica (A,B,C,) permette di caratterizzare gli stadi

maturativi delle colture primarie di OL: stadio di progenitore (2DIV), pre-

oligodendrocita (4 DIV) e oligodendrocita maturo (8 DIV). Questo è confermato

dall’uso di anticorpi che caratterizzano lo stadio maturativi: LB1 (A) per il 2 DIV, O4

(B) per il 4 DIV e MBP (C) per lo stadio maturo(160X). I livelli dei trascritti per l’ MBP

sono stati ulteriormente analizzati con saggi di RNAsi protection,., Come evidenziato dai

grafici i livelli dei trascritti delle due isoforme sono bassi a 2DIV ed aumentano

notevolmente nello stadio maturo di 8 DIV a dimostrazione del fatto che il nostro

modello sperimentale rispecchia quanto avviene in vivo.(***p<0,0001;**p<0,001)

Questo ci conferma che le colture rispecchiamo le fasi maturative dello

sviluppo degli oligodendrocivi ed evidenzia che la sola permanenza in vitro

consente un avanzamento nel programma maturativo di queste cellule.

2DIV 8DIV

0

100

200

300

400

500

600

700

***

MBP 18kDA

O.D

. arb

itra

ry u

nit

s

2DIV 8DIV

0

250

500

750

**

MBP

21kDA

O.D

. ar

bit

rary

un

its

A B C

D E

LB1 O4 MBP

2DIV 4DIV 8DIV

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75

6.2 Espressione e caratterizzazione dei recettori muscarinici

nei progenitori e negli oligodendrociti maturi.

I progenitori e gli oligodendrociti maturi rispondono ad agonisti colinergici

e l’analisi farmacologica ha suggerito la presenza di diversi sottotipi

muscarinici (Ragheb et al., 2001). In mancanza di una chiara

caratterizzazione abbiamo prima di tutto cercato di verificare quali recettori

muscarinici sono espressi negli oligodendrociti. Usando tecniche di Real-

Time PCR abbiamo evidenziato la presenza dei livelli di trascritto per i

diversi sottotipi recettoriali muscarinici. Come riportato nella Fig.20A

abbiamo osservato che i progenitori oligodendrocitari esprimono tutti i

recettori muscarinici in particolare il sottotipo più espresso risulta essere

l’M3 seguito poi dal sottotipo M1> M4, mentre l’M2 e l’M5 risultano

essere i meno espressi.

Negli oligodendrociti maturi, abbiamo osservato che non si evidenziano

particolari differenze nell’espressione dei cinque sottotipi recettoriali, infatti

essi risultano avere livelli di trascritto tra loro paragonabili fatta eccezione

per M4 che sembra essere il sottotipo meno espresso a questo stadio

(Fig.20B).

L’analisi immunocitochimica ha confermato l’espressione dei recettori nei

progenitori e nelle cellule mature, e sebbene tale tecnica non permetta

un’analisi quantitativa, abbiamo comunque osservato una maggiore

espressione dei recettori M3, M1 e M4 rispetto all’M2 per quanto riguarda

lo stadio a due giorni in vitro (2DIV)(Fig.21 colonna sin.). E’ interessante

notare come la marcatura evidenzia anche una diversa distribuzione dei

recettori nei progenitori; in particolare l’M1 e l’M3 risultano distribuiti sia

nel corpo cellulare che sui processi oligodendrocitari, mentre l’M4 appare

distribuito solo nel corpo cellulare (Fig.21 colonna sin.). Nello stadio

maturo rappresentato dagli otto giorni in vitro (8DIV)(Fig.21 colonna ds.)

abbiamo evidenziato infine una generalizzata diminuzione dei livelli di

proteina per tutti i sottotipi recettoriali. Forse solo il sottotipo M2 sebbene

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76

poco espresso, sembra essere comunque immutato come espressione tra lo

stadio di progenitore e l’oligodendrocita maturo.

Fig.20: Espressione dei trascritti per i recettori muscarinici analizzati attraverso Real-

Time PCR in colture di oligodendrociti immaturi (2DIV) (A) e di cellule mature (8 DIV)

(B). Il valore del CT di ogni campione è stato normalizzato rispetto al CT

dell’housekeeping considerato (GAPDH). I dati ottenuti sono stati comparati prendendo

come valore di riferimento quello relativo al valore di M1 (calibratore).

Espressione dei recettori muscarinici (2DIV)

M1 M2 M3 M4 M5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

arb

itra

ry u

nit

s 2

-ct

M1 M2 M3 M4 M50.0

0.5

1.0

1.5

2.0

Espressione dei recettori muscarinici (8DIV)

AR

BIT

RA

RY

UN

ITS

2-

C

A

B

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77

Fig.21: Espressione dei recettori muscarinici: M1,M2,M3,M4 mediante analisi

immuno citochimica in colture di progenitori (colonna a sin.) e di oligodendrociti

maturi (colonna a ds.). Gli anticorpi primari sono stati rivelati usando un anticorpo

secondario coniugato con la rodamina (TRITC). I nuclei sono stati marcati con il

colorante nucleare Hoechst 33258.(252X)

M1

M2

M3

M4

2DIV 8DIV

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78

6.3 L’attivazione dei recettori muscarinici incrementa la

proliferazione dei progenitori oligodendrocitari.

Dati precedenti avevano dimostrato che l’agonista carbacolo determina nei

progenitori oligodendrocitari (OPC) un incremento di p42/MAPK,

suggerendo che la stimolazione colinergica potrebbe indurre negli OPC, un

incremento della proliferazione cellulare (Cohen et al., 1996; Ragheb,

2001). Poichè il carbacolo è in grado di legare sia i recettori muscarinici che

i recettori nicotinici, per meglio caratterizzare quali fossero i recettori

muscarinici coinvolti e soprattutto stabilire se la loro stimolazione

colinergica moduli la proliferazione cellulare, abbiamo misurato

l’incorporazione di 3[H]-timidina dopo stimolazione di colture di

progenitori oligodendrocitari con muscarina, un agonista non selettivo di

tutti i recettori muscarinici.

Come si può evidenziare dalla Fig. 22, si osserva un aumento significativo

dell’incorporazione di timidina dopo trattamento con muscarina 10-4

M, se

confrontati con il controllo (Ctrl), mantenuto in assenza di muscarina. Lo

stesso effetto è osservabile sia in OPC mantenuti sia in assenza (Fig.22) che

in presenza (Fig. 23) di fattori di crescita. L’atropina (1µM), bloccando tutti

i sottotipi recettoriali, è in grado di contrastare gli effetti della muscarina,

riportando i valori di 3[H]-timidina a valori paragonabili al controllo.

Utilizzando insieme al trattamento con muscarina, antagonisti selettivi per i

diversi sottotipi muscarinici, abbiamo cercato di valutare quale fosse il

sottotipo recettoriale coinvolto nella modulazione della proliferazione degli

oligodendrociti. Il 4-DAMP, antagonista del sottotipo recettoriale M3,

risulta contrastare gli effetti della muscarina, riportando i valori di

incorporazione paragonabili al controllo e all’atropina, suggerendo un forte

coinvolgimento di questo recettore nella modulazione della proliferazione

in progenitori oligodendrocitari (Fig.22). Effetti analoghi al 4-DAMP anche

se di minore entità, si osservano in presenza di pirenzepina, antagonista del

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79

recettore M1 e tropicammide, antagonista del recettore M4, suggerendo un

coinvolgimento anche di questi recettori nella modulazione della

proliferazione cellulare in OPC (Fig.22). E’ importante ricordare che i

sottotipi M3, M1 ed M4 sono i sottotipi più espressi nei progenitori

oligodendrocitari (vedi par. 6.2).

Solo la gallammina, antagonista del recettore M2, non sembra invece avere

alcun effetto sull’aumentata incorporazione di timidina triziata indotta da

muscarina, suggerendo che il sottotipo muscarinico M2 non è coinvolto

nella modulazione della proliferazione (Fig.22).

Fig.22: Livelli di incorporazione di

3[H]-timidina in progenitori oligodendrocitari

(2DIV) mantenuti in assenza di fattori di crescita per 18 ore, ed in presenza della sola

muscarina 10-4

M o in presenza di muscarina e antagonisti dei diversi sottotipi recettoriali

utilizzati a concentrazioni simili alle Ki di inibizione (Choen et al,1994). La pirenzepina

è stata usata come antagonista del recettore M1, la gallamina per l’M2, la tropicamide

per l’M4, il 4-DAMP per l’M3 e l’atropina per bloccare tutti i sottotipi

recettoriali.(***

p<0,0001 musc vs ctrl; atropina vs musc; pinzepina, 4-damp e

tropicammide vs musc).

ctrl

musc

arin

e10-

4M

piren

zepin

e10-

6M

galla

min

e10-

6M

tropic

amid

e10-

7M

4dam

p10-8

M

atro

pine1

0-6M

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000 ***

******

***

***

cp

ma/w

ell

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80

Benché i dati ottenuti con la gallammina abbiamo escluso un

coinvolgimento del sottotipo M2 nella modulazione della proliferazione

cellulare, saggi di incorporazione di 3[H]-timidina condotti in presenza dell’

agonista selettivo per il recettore M2, hanno tuttavia evidenziato una

significativa riduzione dell’incorporazione di timidina triziata, suggerendo

un effetto negativo del recettore M2 sulla proliferazione degli OPCs (Fig.

23).

Fig.23: Livelli di incorporazione di 3[H]-timidina in progenitori oligodendrocitari

(2DIV) mantenuti in presenza di fattori di crescita per 48 ore, ed in presenza della

muscarina (10-4

M) e dell’agonista M2, arecaidina (10-4

M). .(***

p<0,0001 musc e arec vs

ctrl).

Ctrl M-4

Musc10

M-4

Arec10

0

1500

3000

4500

6000

7500***

***

***P<0,0001 CTRL vs Arec and Musc

48 H

CPM

A/P

OZZ

ETTO

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81

6.4 L’attivazione del recettore M2 ha effetto sulla vitalità

cellulare degli OPCs.

Allo scopo di elucidare se l’effetto dell’arecaidina fosse realmente associato

ad una riduzione delle capacità proliferative degli OPC, abbiamo condotto

un’ analisi della vitalità cellulare mediante il saggio MTT. Il saggio MTT

(sale di tetrazolio) è un saggio colorimetrico standard per la misurazione

dell'attività degli enzimi che riducono l'MTT [3-(4,5-dimetil triazolo-2-y1)-

2,5-difenil tetrazolio di bromide] a formazano, conferendo alla sostanza un

colore blu/violaceo.Questa azione avviene a livelllo dei mitocondri,

pertanto questo saggio può essere utilizzato per determinare la citotossicità

di farmaci o altri tipi di sostanze chimicamente attive e potenzialmente

tossiche.

Le colture di oligodendrociti vengono quindi mantenute per 18 ore in

presenza di muscarina 10-4

M e di arecaidina, agonista del recettore M2; per

quest’ultima vengono utilizzate concentrazioni diverse comprese nel range

da 10-4

M fino a 10-7

M.

La Fig.24A evidenzia come non vi sia alterata funzionalità mitocondriale in

colture trattate con la muscarina, contrariamente a quanto accade invece per

quelle trattate con arecaidina. Nel caso dell’agonista M2 si osserva un

effetto di tossicità dose dipendente con un effetto significativo di ridotta

attività mitocondriale in particolare alla concentrazione di 10-4

M, mentre

l’effetto sembra essere meno evidente sebbene significativo a

concentrazione più basse (10-5

M, 10-6

M e 10-7

M) (Fig.24A).

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82

Fig.24: La vitalità cellulare è stata valutata mediante saggio MTT in colture di

oligodendrociti a due giorni in vitro (2DIV), trattate per 24 ore con diverse

concentrazioni di arecaidina, agonista M2. Effetti di tossicità sono evidenti solo in

seguito al trattamento con alte dosi di arecaidina (10-4M)(A). L’effetto tossico

dell’arecaidina viene contrastato dall’antagonista gallamina (10-6M) (B). I livelli di 3[H]-timidina incorporata in presenza delle concentrazioni di arecaidina non tossiche per

le cellule non mostrano significative differenze rispetto al controllo confermando che

questo sottotipo recettoriale non è coinvolto nel modulare la proliferazione cellulare

(*p<0,05 arec vs ctrl; **p<0,001 galla+arec vs arec).

Gli effetti tossici dell’arecaidina, vengono annullati dal trattamento con

gallammina (10-6

M), antagonista selettivo per il recettore M2 (Fig.24B),

suggerendo che questo sottotipo recettoriale muscarinico sia direttamente

coinvolto nella modulazione della sopravvivenza degli OPC.

La conferma che il sottotipo M2 non sia invece coinvolto nella

proliferazione cellulare degli OPC deriva da esperimenti di incorporazione

Ctrl M-5

arec

10M-6

arec

10M-7

arec

10

0

1000

2000

3000

4000

cp

ma/w

ell

A B

C

ctr M-4

arec

10M-6

galla

10

galla

+ a

rec

0

25

50

75

100

125

*

**

% o

f ctr

CRTL M-4

arec

10M-5

arec

10M-6

arec

10M-7

arec

10

0

50

100

150

**

* **

% c

ells

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83

di timidina triziata condotti in presenza di concentrazioni meno tossiche di

arecaidina (10-5

M, 10-6

M e 10-7

M) che dimostrano come l’arecaidina usata a

queste concentrazioni non modifichi la incorporazione di timidina triziata

(Fig.24C). Questi dati suggerirebbero che la ridotta incorporazione di

timidina triziata osservata in presenza di alte dosi di arecaidina (Fig. 23) era

dovuta a un minore numero di cellule vitali presenti in questa condizione

sperimentale.

Gli effetti di tossicità, dovuti all’arecaidina vengono ulteriormente

confermati dalle marcature nucleari effettuate utilizzando l’Hoechst e la

colorazione con ioduro di propidio (Fig.25). Infatti, le cellule trattate con

arecaidina 10-4

M mostrano un maggior numero di nuclei frammentati

rispetto alle cellule di controllo e un maggior numero di cellule colorate con

ioduro di propidio (Fig. 25C e D) (cellule marcate in rosso) se paragonate

alle cellule non trattate (Fig.24 A e B).

Questi dati quindi confermano che il trattamento con arecaidina induce un

aumento di cellule apoptotiche e necrotiche rispetto alle cellule di controllo

(Fig. 25D)

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84

Fig.25: Progenitori oligodendrocitari vengono trattati per 24 ore con arecaidina

10-4

M(B). Le cellule che presentano frammentazione nucleare vengono valutate dopo

essere state marcate con il colorante nucleare Hoechst 33258 (blue)(A,B)(160X).Le

cellule necrotiche vengono valutate dopo la marcatura con lo ioduro di propidio

(rosso).In D è riportata la percentuale di cellule apoptotiche e necrotiche nelle cellule

trattate con arecaidina e in cellule di controllo (*p<0,005 arec vs ctr).

A

B

C

D

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85

6.5 I recettori muscarinici modulano l’espressione del

PDGFRα.

Poiché la proliferazione degli oligodendrociti è direttamente legata alla

presenza di fattori di crescita come il PDGF e il bFGF (vd.cap.2), ed inoltre

il PDGFRalpha è uno dei marcatori molecolari più considerati per

identificare lo stadio di progenitore oligodendrocitario, abbiamo voluto

vedere se l’attivazione dei recettori muscarinici in seguito a trattamento con

l’agonista colinergico muscarina, potesse in qualche modo avere un effetto

sull’espressione del recettore per il PDGFR . Analisi mediante RT-PCR

hanno evidenziato che il trattamento colinergico è in grado di up-regolare

l’espressione di questo recettore negli OPC (lane 3) rispetto a cellule non

stimolat (lane 2) (Fig.26A). L’incremento di espressione è confermato

dall’analisi densitometrica delle bande normalizzate rispetto all’

housekeeping GAPDH (Fig. 26B). L’analisi immunocitochimica ha

dimostrato che l’incremento di espressione per il PDGFR indotto da

muscarina è mantenuto anche a livello proteico. Infatti le cellule trattate con

muscarina mostrano un incremento dei livelli di marcatura delle cellule

trattate rispetto alle cellule di controllo (Fig. 27).

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86

Fig.26:Analisi mediante RT-PCR semi-quantitativa evidenzia come il trattamento con la

muscarina (Lane 3) sia in grado di aumentare in modo significativo i livelli del trascritto

per il PDGFR se paragonato al campione non trattato (Lane 2). Come controllo

negativo sono state utilizate cellule staminali di topo (NCs) che non esprimono il

recettore. (B) Analisi densitometrica delle bande ottenute normalizzando le bande degli

amplificati ottenuti con quelle delle bande per la GAPDH.

Fig.27: analisi immunocitochimica per il PDGFR in OPC (2DIV); si evidenzia che

nelle cellule mantenute in presenza di muscarina 10-4

M si ha un aumento

dell’espressione del recettore rispetto alle cellule non trattate. Il legame dell’anticorpo

primario è stato rivelato usando un anticorpo secondario coniugato con il FITC

(verde).(80X)

Ctrl

Musc

10-4

M

PDGFR-α DAPI MERGE

A

PDGFalfa

426bp

GAPDH

188bp

1 2 3

CTRL MUSC

0

1

2

3

O.D

. ar

bitr

ary

units

B

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87

6.6 I recettori muscarinici modulano negativamente

l’espressione delle proteine della mielina.

Allo scopo di voler valutare la possibile azione dell’acetilcolina, sul

differenziamento degli oligodendrociti, abbiamo analizzato l’espressione

dei trascritti per alcune delle proteine della mielina, in particolare la

proteina basica della mielina (MBP) e la proteina linfocitaria della mielina

(MAL), mediante RNAase protection (RPA).

Tale analisi è stato utilizzata per analizzare prima di tutto i trascritti per le

due isoforme della MBP, la 18.5 kDa e la 21.5 kDa (Fig.28/29). L’MBP è

una delle proteine della mielina più abbondanti nel sistema nervoso

centrale (Norton e Cammer, 1984). Attraverso splicing alternativo vengono

prodotte due diverse isoforme che vengono differenzialmente regolate

durante lo sviluppo del sistema nervoso (Campagnoni e Campagnoni,

2004). L’isoforma di 18.5 kDa appare tardivamente durante il processo di

mielinizzazione, al contrario di quanto si verifichi invece per l’isoforma

21.5 kDa ( Campagnoni e Campagnoni, 2004). Come già evidenziato nella

Fig.19 le due isoforme dell’MBP sono espresse negli oligodendrociti

immaturi e maturi (2DIV e 8 DIV) in vitro. Nella Fig.28 e 29 si evidenzia

come il trattamento con la muscarina è in grado di diminuire i livelli dei

trascritti per le due isoforme dell’MBP, sia negli oligodendrociti immaturi

(2DIV) che in quelli mielinizzanti (8DIV). Mediante analisi

immunocitochimica, condotta utilizzando un anticorpo contro la proteina

MBP su oligodendrociti maturi, è stato inoltre possibile osservare che il

trattamento con la muscarina determina una riduzione del numero di cellule

MBP positive rispetto al campione non trattato (Fig. 29 bis), confermando

che l’attivazione dei recettori muscarinici determina una ridotta espressione

di questa proteina.

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88

Fig.28: Espressione dei trascritti per le due isoforme della proteina della mielina

MBP(Lane 1 OPC non trattate; Lane 2 OPCs trattate con la muscarina 10-4

M per 24h;

Lane 3 OLs,maturi non trattati,Lane 4 OLs maturi trattati con la muscarina 10-4

M).

MBP

18kDa

MBP

21 Kda

18s

1 2 3 4

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89

Fig.29:Analisi densitometrica delle bande per i trascritti della MBP ottenute mediante

RPA (fig.27). Il pannello superiore riguarda l’isoforma 18 kDa mentre quello inferiore la

21 kDa. Le bande sono state normalizzate utilizzando come houseekiping il trascritto per

il 18S.(*p<0,05 e **p<0,001 musc vs ctrl).

Fig.29bis:Analisi immunocitochimica per la proteina MBP (myelin basic protein)

condotta su oligodendrociti maturi (8Div) non trattati (Ctrl), e mantenuti in presenza

di muscarina per 24 ore (Musc 10-4

M).(160X)

CTRL MUSC0

50

100

150

MB

P/1

8s

CTRL MUSC0

50

100

150

MB

P /18s

CTRL MUSC0

50

100

150

MB

P /18s

CTRL MUSC0

50

100

150

MB

P/1

8s

*

A B

C D

18 kDa

MBP

21 kDa

MBP

2DIV 8 DIV

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90

Abbiamo inoltre analizzato l’epressione della MAL, una proteina associata

alla menbrana di cellule che producono mielina come ad es. gli

oligodendrociti e le cellule di Schwann (Scharen-Wiemers et al., 2004;

Buser et al., 2009). Nella figura 30 è riportata l’analisi densitometrica delle

bande relative ai trascritti per la MAL; è possibile osservare che il

trattamento con la muscarina è in grado di aumentare i livelli dell’RNA per

la MAL negli oligodendrociti immaturi ma non in quelli mielinizzanti.

Fig.30: Analisi densitometrica delle bande ottenute nel saggio RPA per l’analisi dei

trascritti per la proteina MAL in oligodendrociti immaturi (2DIV) a sinistra e maturi

(8DIV) a destra. Le bande sono state normalizzate rispetto all’housekeeping

18S.(*p<0,05 musc vs ctrl).

6.7 La transizione da progenitore a oligodendrocita maturo:

analisi dell’espressione dei fattori Olig e dei recettori ErbB.

Numerosi studi hanno evidenziato un’importante ruolo dei geni OLIG

(fattori di trascrizione bHLH), durante la oligodendrogenesi dalla zona

ventrale del tubo neurale (vedi cap.2 par.2.1). I precursori destinati a

divenire progenitori oligodendrocitari esprimono i fattori di trascrizione

OLIG, in particolare Olig1/2, già dalle primissime fasi dello sviluppo (Lu et

CRTL

Mus

c

0

100

200

300

MA

L/1

8s

CRTL

MUSC

0

50

100

150

200

250

MA

L/1

8s

*

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91

al., 2002;Zou et al., 2002). Tali fattori sono responsabili dell’indirizzamento

dei precursori neurali verso la via gliale e la loro espressione in

combinazione con altri marcatori quali Nkx2.2 favorisce la via

oligodendrocitaria (Lu et al.,2002). Se l’espressione dei fattori OLIG ora

descritti, risulta essere importante per il passaggio da precursore neurale a

progenitore oligodendrocitario, ugualmente si può affermare per i recettori

erbB (recettori per le neureguline) nella fase di passaggio da pre-

oligodendrocita ad oligo maturo, in particolare per quel che riguarda i

recettori erbB3/4. Questi recettori (vedi cap.2/3) sono molto importanti per

regolare l’espressione delle proteine della mielina; è stato osservato infatti,

che nello stadio O4+ i pro-oligodendrociti mostrano un aumento

dell’espressione dei recettori erbB3/4 e una diminuzione dell’erbB2

(Fig.12.cap.2)(Adlkofer and Lai,2000). Inoltre dati di letteratura

suggeriscono che una ridotta espressione dei recettori erbB è in grado di

compromettere la corretta mielinizzazione nel SNC (Taveggia et al, 2008;

Sussman et al,2005). Per poter quindi investigare circa il meccanismo

attraverso il quale la muscarina possa determinare una ridotta espressione

della MBP, abbiamo condotto un’analisi di espressione mediante Real-Time

PCR per i trascritti di Olig1 ed Olig2 e dei recettori erbB3/4 in presenz o in

assenza di muscarina. Come si può vedere dai grafici riportati nelle figure

31 e 32 il trattamento colinergico è in grado di aumentare

significativamente i livelli dei trascritti per i fattori Olig1/2 (***p<0,0001

Ctrl vs Musc 10-4

M) e di diminuire quelli per i recettori erbB3/4

(***p<0,001 Ctrl vs Musc 10-4

M per ErbB3;**p<0,0015 Ctrl vs Musc 10-

4M per ErbB4). Questo risultato suggerisce la possibilità che l’acetilcolina

possa avere un ruolo nel consolidamento dello stadio di progenitore

oligodendrocitario (aumento dei trascritti di Olig) ma arrestare o quanto

meno rallentare il loro programma differenziativo.

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92

Fig.31:Analisi dei trascritti per i fattori Olig1/2, valuatata mediante Real-Time PCR. Lo

stadio considerato è quello dei 2DIV rappresentativo dei progenitori oligodendrocitari .Il

valore del Ct è stato normalizzato utilizzando come housekeeping la GAPDH

(***P<0.001 Musc vs Crtl).

Ctrl Musc10-4

M

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

***

un

ità a

rbit

rari

e 2

-C

tOlig1

Ctrl Musc10-4

M

0

1

2

3

***

un

ità

arb

itra

rie

2-

Ct

Olig 2

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93

Fig.32:Analisi dell’epressione dei trascritti per i recettori erbB3/B4 mediante Real-Time

PCR. Il valore del Ct è stato normalizzato utilizzando come housekeeping la GAPDH

**P<0.01, Musc vs Crtl).

Ctrl Musc0.0

0.5

1.0

1.5

***

Epressione del recettore erbB3

un

ità a

rbit

rari

e 2

-C

t

Ctrl Musc0.0

0.5

1.0

1.5

**

Espressione del recettore erbB4

un

ità a

rbit

rari

e 2

-C

t

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94

6.8 Analisi dell’espressione di proteine della mielina in cellule

di Schwann.

Come precedentemente descritto, l’attivazione del recettore M2 da parte

dell’arecaidina, nelle cellule di Schwann, non provoca ridotta

sopravvivenza, come nei progenitori oligodendrocitari, ma determina un

accumulo delle cellule in G1 e un blocco della proliferazione nella fase

G1/S (Loreti e al, 2007).

I precursori delle cellule di Schwann originano, intorno allo stadio E14/E15,

dalle cellule della cresta neurale ormai indirizzate al fenotipo gliale (Le

Douarin and Kalcheim, 1999): proliferano e migrano lungo le fibre nervose

in formazione fino a che, nello stadio E16/E17, differenziano

irreversibilmente in Schwann immature (Jessen, 2005). Dopo la nascita le

cellule di Schwann immature divergono in fenotipi mielinizzanti oppure

non mielinizzanti, a seconda che, oltre ad avvolgere la fibra nervosa per

tutta la sua lunghezza, la rivestano di una guaina mielinica la cui

organizzazione e compattezza è favorita dalla presenzsa di proteine della

mielina, quali Po, PMP22 e in forma minore da MBP (Protein Zero,

Peripheral Myelin Protein 22, Myelin Basic Protein).

Dal momento che il trattamento con l’arecaidina arresta la proliferazione

delle cellule di Schwann, abbiamo cercato di investigare, se

contestualmente al blocco della proliferazione, l’attivazione del sottotipo

recettoriale M2 potesse indirizzare le cellule verso un cammino

differenziativo, e nel qual caso se di tipo mie linizzante o non mielinizzante.

Mediante analisi real-time PCR, abbiamo valutato se l’arecaidina è in grado

di regolare il livello di espressione dei trascritti per le proteine della mielina

(P0, PMP22, MBP)(Fig.33).

Gli esperimenti in figura 33, mostrano che i livelli dell’RNA che codifica

per la proteina zero della mielina (P0) aumentano notevolmente nelle

cellule trattate con arecaidina in modo altamente significativo dopo solo 24

ore di trattamento, rispetto a quelli misurati nelle cellule di controllo;

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95

aumento che risulta essere proporzionale all’aumento del tempo di

trattamento (***p<0,0001 CTL vs Are 24, 48, 72 ore).

Per quanto riguarda il trascritto per la proteina della mielina periferica 22

(PMP22) si evidenzia un discreto aumento del livello del trascritto nelle

cellule trattate con arecaidina per tempi più brevi (24 e 48 ore) (*p<0,05

Ctrl vs Are 24, 48 ore), aumento che diventa maggiore nelle cellule trattate

con arecaidina per 72 ore (**p=0,0063) (Fig.33).

L’analisi del trascritto della proteina basica della mielina (MBP), come si

può osservare in figura 33 , evidenzia che, anche per questa proteina della

mielina, i livelli del trascritto aumentano in modo altamente significativo

nelle cellule trattate (***p<0,0001 Ctrl vs Are 24, 48, 72 ore). In questo

caso l’aumento è significativo già dopo 24 ore e non sembra variare

aumentando il tempo di trattamento.

Da questi risultati deduciamo che il trattamento colinergico è in grado di

aumentare i livelli dei trascritti per le proteine della mielina e quindi

possiamo ipotizzare che l’attivazione di M2 comporti l’indirizzamento delle

cellule di Schwann verso il fenotipo mielinizzante.

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96

P0

Figura 28: Analisi Real Time PCR per i trascritti per la P0, PMP 22 e MBP in

cellule di Schwann. Nelle cellule trattate con Arecaidina 10-4

M si osserva un

significativo aumento per il trascritto per le proteine della mielina, un aumento in genere

proporzionale all’aumento del tempo di trattamento. I livelli di espressione presenti nelle

cellule non trattate (Ctrl) sono presi come valori unitari di riferimento.

Ctrl: DMEM + 10% FCS + 2µM Foscolina. Are 10-4

M : DMEM + 10% FCS + 2µM

Foscolina + 10-4

M Arecaidina per 24h, 48h, 72h.

CTRL ARE 24h ARE 48h ARE 72h -FSK 48h +H89 48h

0

1

2

3

4

5

6

un

ità a

rbit

rari

e 2

-DD

ct

***

***

***

CTRL

M 2

4h

-4

ARE 1

0

M 4

8h

-4

ARE 10

M 7

2h

-4

ARE 10

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

unit

à ar

bitr

arie

2-D

Dct

PMP22

CTRL

M 24h

-4

ARE 10

M 48h

-4

ARE 10

M 72h

-4

ARE 10

0

1

2

3

4

5

un

ità a

rb

itraria

2-

ct

MBP

*** *** ***

*

*

+

+

**

**

*

*

+

**

* *

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97

Allo scopo di verificare se la variazione di trascritto osservata per le

proteine della mielina in seguito a trattamento colinergico porti ad una

differente espressione proteica, abbiamo valutato, mediante Western

Blotting, i livelli di proteina zero (P0) e di proteina basica della mielina

(MBP) in cellule di Schwann trattate con arecaidina. Le cellule sono state

preparate in due condizione di crescita, una condizione di controllo (CTRL)

in cui le cellule sono mantenute in presenza del normale terreno di crescita

(DMEM + 10% FCS + 2µM foscolina) e una condizione di trattamento con

arecaidina 10-4

M per 48 ore. Come si vede in figura 34 l’espressione di P0

e di MBP è influenzata dall’agonista colinergico. Sia P0 che MBP risultano,

infatti, aumentate dopo il trattamento anche se l’arecaidina sembrerebbe

aumentare in modo più significativo la proteina P0. Questo aumento è

confermata dall’analisi densitometrica delle bande sia per P0 (*p=0,0184

Ctrl vs Are 10-4

M 48h) che per la MBP (*p=0,0414 Ctrl vs Are 10-4

M

48h). La normalizzazione è stata effettuata utilizzando l’actina

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98

Fig.34 : Western Blotting per le proteine della mielina P0 ed MBP in cellule

di Schwann trattate per 48 ore con 10-4

M Arecaidina.

Il trattamento con l’arecaidina induce l’aumento di espressione di due importanti

proteine della mielina, quali la proteina zero della mielina e la proteina basica della

mielina. La normalizzazione della quantità delle proteine caricate (40μg/pozzetto) è stata

effettuata utilizzando l’actina.

CTRL: DMEM+10%FCS+2μM Foscolina.

ARE 10-4

M: DMEM+10%FCS+2μM Foscolina+10-4

M Are 48ore.

P0 MBP

CTR

L

M 4

8h

-4

ARE 1

0

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

*

CTR

L

M 4

8h

-4

ARE 1

0

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

*

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99

6.9 La transizione da Schwann immatura a Schwann

mielinizzante: analisi di espressione del fattore di trascrizione

Sox10.

Il passaggio dalla fase proliferativa a quella differenziativa è caratterizzato

nelle cellule di Schwann dalla presenza di diversi fattori trascrizionali, i cui

livelli influenzano fortemente il loro destino. Dati di letteratura, infatti,

dimostrano che le cellule indirizzate verso un destino mielinizzante sono

contraddistinte da diversi circuiti regolatori che influenzano il processo di

mielinizzazione nel sistema nervoso periferico.

I maggiori fattori coinvolti in questo controllo sono Oct6 e Sox10 che

regolano Krox20/Egr2 e guidano la transizione dalla fase pro-mielinizzante

a quella mielinizzante. Sox10 è un fattore trascrizionale espresso

specificatamente nelle cellule di Schwann e nelle altre popolazioni cellulari

derivate dalla cresta neurale, ed è richiesto per la specificazione delle

cellule di Schwann proprio dalla cresta neurale (Britsch et al., 2001). Sox10

regola anche l’entrata delle cellule nella fase pro-mielinizzante

influenzando l’induzione di Krox20/Egr2 richiesto a sua volta nel processo

di mielinizzazione (Jessen and Mirsky, 2008).

Le cellule di Schwann possono, però, in assenza di contatto assonale,

ritornare indietro nel loro programma differenziativo verso la fase

immatura. Questo stadio de-differenziativo è caratterizzato da una riduzione

di tutti quei fattori implicati nella fase mielinizzante (Oct6/Scip, Sox10,

Krox20/Egr2) e ad un’aumento di fattori trascrizionali che regolano

negativamente lo stadio di mielinizzazione. Questi fattori, tra gli altri,

comprendono c-Jun e Notch (Jessen and Mirsky, 2008).

Alla luce di queste informazioni, quello che noi ci aspettiamo e che, dal

momento che l’arecaidina aumenta l’espressione delle proteine della

mielina, facendo supporre un avanzamento verso lo stato differenziativo

delle cellule di Schwann, questo influenzi anche quei fattori caratteristici

della fase mielinizzante.

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100

Per questo motivo abbiamo valutato se l’espressione del trascritto per

Sox10, fattore implicato nello stato mielinizzante, fosse condizionato dal

trattamento con arecaidina.

Come osservabile in Fig. 35, il trattamento colinergico porta ad un

significativo aumento del trascritto per Sox10 rispetto alla situazione di

controllo (**p=0,0015 Ctrl vs Are 10-4

M 48h) (Fig.35).

I dati ottenuti quindi supportano l’idea che nelle cellule di Schwann, la

stimolazione del sottotipo muscarinico M2, modulando positivamente

Sox 10 e le proteine della mielina, determini un avanzamento delle cellule

di Schwann nel loro programma differenziativo, privilegiando il fenotipo

mielinizzante.

CTRL ARE 10-4

M 48h0

1

2

3

4

**

un

ità a

rbit

rari

e 2

-ct

**p=0,0015 Ctrl vs Are 10

-4 M 48

Fig. 35 : Real Time-PCR per il fattore trascrizionale Sox10 in cellule di

Schwann.

Nelle cellule trattate con Arecaidina 10-4

M per 48h, si osserva un significativo aumento

per il trascritto di Sox10 rispetto ai valori del controllo (Ctrl), che sono presi come valori

unitari di riferimento.

Ctrl: DMEM + 10% FCS + 2µM Foscolina.

Are 10-4

M 48h: DMEM + 10% FCS + 2µM Foscolina + 10-4

M Arecaidina per 48h.

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101

Capitolo 7

DISCUSSIONE

Gli oligodendrociti e le celleule di Schwann sono responsabili della

mielinizzazione nel sistema nervoso centrale e periferico rispettivamente

(Fig.4).

Gli oligodendrociti derivano da un precursore neuroepiteliale dal quale

differenziano i precursori oligodendrocitari (O2A) ed gli astrociti di tipo-2;

attraverso successive fasi differenziative identificate da markers molecolari

specifici, queste cellule maturano fino ad acquisire la capacità di

mielinizzare gli assoni (Baumann and Pham-Dinh 2001).

Le cellule di Schwann rappresentano la popolazione più abbondante nel

sistema nervoso periferico dei roditori. Si originano dalla cresta neurale del

tronco attraverso un processo noto come gliogenesi che specifica le cellule

della cresta a diventare precursori delle cellule di Schwann (SCPs) intorno

allo stadio E14/E15. I SCPs migrano lungo la fibra nervosa in formazione

fino a differenziare in cellule di Schwann immatura allo stadio E16/E17

(Dong et al., 1995; Jessen et al., 1994). Nell’adulto si possono originare due

sotto-popolazioni di cellule di Schwann, a seconda che il loro destino

maturativo le indirizzi a produrre, oppure no, la mielina.

I segnali che garantiscono la sopravvivenza e che regolano la maturazione

delle due popolazioni gliali provengono dai neuroni circostanti. Ad

esempio, i precursori delle Schwann durante l’embriogenesi muoiono in

assenza di segnali neuronali poiché la loro sopravvivenza dipende dal

fattore di crescita neuregulina-1 rilasciato dagli assoni (Jessen et al., 2004;

Riethmacher et al., 1995). Anche la mielinizzazione si verifica solo quando

la cellula gliale è in stretta vicinanza con la fibra nervosa poiché il fattore

critico necessario nell’indirizzamento della cellula di Schwann verso il

fenotipo mielinizzante è dato dal contatto con l’assone e in base al diametro

assonale.

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102

La corretta comunicazione tra neurone e cellula gliale durante lo sviluppo

del sistema nervoso periferico ha una rilevanza indiscussa; la corretta

interazione risulta fondamentale per garantire la sopravvivenza, la

proliferazione e il differenziamento di ambedue le popolazioni cellulari. Ad

esempio la glia guida e stimola la crescita assonale, al contrario il neurone

può controllare nella cellula gliale la proliferazione e il processo di

mielinizzazione. Negli ultimi anni è emerso che i neurotrasmettitori

svolgono ruoli non secondari durante il differenziamento del sistema

nervoso centrale e periferico ( Field, 2003). Nel sistema nervoso adulto, i

neurotrasmettitori mediano la comunicazione all’interno dei circuiti

neuronali. Nei tessuti in sviluppo, e negli organismi più primitivi, i

neurotrasmettitori contribuiscono alla regolazione della crescita e del

differenziamento cellulare (Lauder and Schambra, 1999); ciò suggerisce che

tali molecole non possono essere più considerate semplicemente come

mediatori chimici a livello delle sinaspi (Buznikov et al., 1996). Questa

ipotesi viene ulteriormante avvalorata dal fatto che l’espressione di molti

neurotrasmettitori, e dei loro corrispondenti recettori, avviene in uno stadio

molto precoce della neurogenesi, prima ancora della comparsa di sinapsi

stabili. L’armonico sviluppo del sistema nervoso dei mammiferi, nelle

diverse fasi dell’embriogenesi, è quindi dipendente dall’accurata attivazione

dei specifici pattern genici, in risposta ad adeguate interazioni derivate dai

molteplici segnali che vengono prodotti in specifici microambienti (Nguyen

et al., 2001).

Nei nostri laboratori si studia da molto tempo il ruolo svolto

dall’acetilcolina durante lo sviluppo del sistema nervoso periferico

(Bernardini et al., 1999; Bernardini et al., 2004; Tata et al., 2004). Nel corso

degli ultimi anni si è dimostrato che l’ACh è un neurotrasmettitore

implicato in varie funzioni fisiologiche ed è in grado di esercitare azioni

morfogenetiche regolando diverse fasi del differenziamento neuronale

(Biagioni et al., 2000; Tata et al., 2003).

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103

Esperimenti condotti in vivo, tramite microscopia elettronica ed ibridazione

in situ, hanno dimostrano che i gangli della radice dorsale di ratto, pur non

essendo innervati da terminazioni colinergiche, esprimono sia sulla

componente gliale (cellule satelliti e Schwann), sia su quella neuronale,

recettori muscarinici e nicotinici per l’acetilcolina (Bernardini et al., 1999;

Tata et al., 2000).

Inoltre, i neuroni dei gangli della radice dorsale sono in grado, sia nel pollo

che nel ratto, di sintetizzare, accumulare e degradare l’acetilcolina (Biagioni

et al., 2000; Tata et al., 2004; Bernardini et al., 2004).

Studi in vitro hanno indicato che l’acetilcolina è in grado di potenziare la

neuritogenesi dei neuroni sensoriali in embrioni di pollo aumentando

contemporaneamente l’espressione di alcuni tipici marcatori del

differenziamento neuronale, come la proteine dei neurofilamenti e i fattori

trascrizionali c-jun, c-fos ed egr-1, classicamente associati al

differenziamento neuronale (Tata et al., 2003).

Più recentemente è stato dimostrato che anche le cellule gliali sono in grado

di rispondere a stimoli colinergici, suggerendo che l’acetilcolina è in grado

di partecipare al differenziamento anche delle cellule gliali. Studi condotti

precedentemente hanno dimostrato che l’ACh è in grado di modulare la

proliferazione delle cellule di Schwann, determinando un progressivo

accumulo delle cellule in fase G1 (Loreti et al 2007).

Benché le cellule di Schwann esprimano diversi sottotipi recettoriali di tipo

muscarinico (M1, M2, M3, M4), l’effetto sopra descritto risulterebbe

dipendente dall’attivazione del sottotipo muscarinico M2 (Loreti et al.,

2006). Infatti il trattamento con arecaidina, agonista del sottotipo M2,

produce un abbassamento del livello del cAMP intracellulare contrastando

così l’aumento di cAMP indotto nelle cellule da foscolina, un diterpene in

grado di attivare direttamente l’adenilato ciclasi, richiesto dal protocollo

sperimentale per mantenere le cellule di Schwann in fase di proliferazione

(Rahmatullah et al., 1998; Fregien et al., 2005). E’ noto infatti dalla

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104

letteratura che i recettori muscarinici pari M2 ed M4 sono accoppiati ad una

proteina G che agisce bloccando l’adenilato ciclasi (Peralta et al., 1988;

Siegel, 2006); infatti è stato dimostrato che questi recettori quando attivati

nelle cellule di Schwann, abbassano i livelli del cAMP modulando in questo

modo la capacità proliferativa delle cellule attraverso la mancata attivazione

di importanti chinasi, quali la PKA (Loreti et al, 2006; 2007).

Partendo da questi dati precedentemente ottenuti nel nostro laboratorio, ci è

sembrato interessante andare a verificare quali fossero gli effetti del

trattamento colinergico anche su oligodendrociti. In particolare siamo

andati a verificare il possibile ruolo dell’acetilcolina nel modulare la

proliferazione, sopravvivenza e differenziamento degli oligodencrociti e

parallelamente la possibilità che questa molecola, possa modulare la fase

differenziativa nelle cellule di Schwann.

La colinocettività dei progenitori oligodendrocitari era stata

precedentemene dimostrata; infatti essi sono in grado di rispondere al

trattamento con nicotina ed carbacolo (Rogers et al.2001;Larocca and

Almazan, 1997) e contemporaneamente l’analisi farmacologica ha suggerito

la presenza di diversi sottotipi recettoriali sia muscarinici che nicotinici

(Ragheb et al., 2001). Sulla base dei dati ottenuti sulle cellule di Schwann e

in mancanza di una chiara caratterizzazione dei recettori muscarinici,

abbiamo prima di tutto cercato di verificare quali fossero i sottotipi

recettoriali espressi negli oligodendrociti. Mediante Real-Time PCR

abbiamo evidenziato la presenza dei livelli di trascritto per i diversi sottotipi

recettoriali muscarinici. Come riportato nella Fig.20A, abbiamo osservato

che i progenitori oligodendrocitari esprimono tutti i recettori muscarinici in

particolare il sottotipo più espresso risulta essere l’M3 seguito poi dal

sottotipo M1> M4, mentre l’M2 e l’M5 risultano essere i meno espressi.

Negli oligodendrociti maturi, abbiamo osservato che non si evidenziano

particolari differenze nell’espressione dei cinque sottotipi recettoriali, infatti

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105

essi risultano avere livelli di trascritto tra loro paragonabili fatta eccezione

per M4 che sembra essere il sottotipo meno espresso a questo stadio

(Fig.20B).

L’analisi immunocitochimica ha confermato l’espressione dei recettori nei

progenitori e nelle cellule mature, e sebbene tale tecnica non permetta

un’analisi quantitativa, abbiamo comunque osservato una maggiore

espressione dei recettori M3, M1 e M4 rispetto all’M2 per quanto riguarda

lo stadio di progenitore (2DIV)(Fig.21). E’ interessante notare come la

marcatura evidenzia anche una diversa distribuzione dei recettori nei

progenitori oligodendrocitari; in particolare l’M1 e l’M3 risultano distribuiti

sia nel corpo cellulare che sui processi oligodendrocitari, mentre l’M4

sembra essere distribuito solo nel corpo cellulare (Fig.21). Al momento non

è possibile ipotizzare se questa differente distribuzione sia correabile ad una

differente funzione di questi sototipi recettoriali. Nello stadio maturo

rappresentato dagli otto giorni in vitro (8DIV)(Fig.21) abbiamo evidenziato

una generalizzata diminuzione dei livelli di proteina per tutti i sottotipi

recettoriali. Forse solo il sottotipo M2 sebbene poco espresso, sembra essere

comunque immutato come espressione tra lo stadio di progenitore e

l’oligodendrocita maturo. Data la differenziale espressione dei recettori

muscarinici durante il differenziamento oligodendrocitario, questo

suggerisce un loro maggiore coinvolgimento durante lo stadio di

progenitore piuttosto che negli oligo maturi.

Dati precedenti avevano dimostrato che l’agonista carbacolo determina nei

progenitori oligodendrocitari (OPCs) un incremento di p42/MAPK,

suggerendo che la stimolazione colinergica, potesse indurre negli OPCs, un

incremento della proliferazione cellulare (Cohen et al., 1996; Ragheb,

2001). Abbiamo quindi valutato la proliferazione cellulare trattando le

nostre cellule con la muscarina, agonista di tutti i recettori muscarinici.

Mediante il saggio di incorporazione di 3[H]-timidina, abbiamo osservato

un aumento significativo dell’incorporazione di timidina nei campioni

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106

trattati con la muscarina 10-4

M, se confrontati con il controllo (Ctrl),

mantenuto in assenza dell’agonista colinergico. Lo stesso effetto è

osservabile sia in OPCs mantenuti sia in assenza (Fig.22) che in presenza

(Fig. 23) di fattori di crescita. L’atropina (1µM), bloccando tutti i sottotipi

recettoriali, è in grado di contrastare gli effetti della muscarina, riportando i

valori di 3[H]-timidina a valori paragonabili al controllo.

Utilizzando antagonisti selettivi per i diversi sottotipi muscarinici, abbiamo

cercato di valutare quale fosse il sottotipo recettoriale coinvolto nella

modulazione della proliferazione degli oligodendrociti. Il 4-DAMP,

antagonista del sottotipo recettoriale M3, risulta contrastare in modo più

significativo gli effetti della muscarina, riportando i valori di incorporazione

paragonabili al controllo e all’atropina, suggerendo quindi un forte

coinvolgimento di questo recettore nella modulazione della proliferazione

dei progenitori oligodendrocitari (Fig.22). Effetti analoghi al 4-DAMP

anche se di minore entità, si osservano in presenza di pirenzepina,

antagonista del recettore M1 e tropicammide, antagonista del recettore M4,

suggerendo un coinvolgimento anche di questi recettori nella modulazione

della proliferazione cellulare in OPC (Fig.22). E’ importante ricordare che i

proprio i sottotipi M3, M1 ed M4 sono i sottotipi più espressi nei

progenitori oligodendrocitari (vedi par. 6.2).

Solo la gallammina, antagonista del recettore M2, non sembra invece avere

alcun effetto sull’aumentata incorporazione di timidina triziata indotta da

muscarina, suggerendo che il sottotipo muscarinico M2 non sia coinvolto

nella modulazione della proliferazione dei progenitori oligodendrocitari

(Fig.22).

Benché i dati ottenuti con la gallammina abbiamo escluso un

coinvolgimento del sottotipo M2 nella modulazione della proliferazione

cellulare, saggi di incorporazione di 3[H]-timidina condotti in presenza dell’

agonista selettivo per il recettore M2, avevano tuttavia evidenziato una

significativa riduzione dell’incorporazione, suggerendo un effetto negativo

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del recettore M2 sulla proliferazione degli OPCs (Fig. 23). Volendo meglio

investigare questo effetto, abbiamo condotto un’analisi della vitalità

cellulare attraverso il saggio con MTT. Le colture di oligodendrociti sono

state quindi mantenute per 18 ore in presenza di muscarina 10-4

M o di

arecaidina, agonista del recettore M2; per quest’ultima abbiamo utilizzato

concentrazioni diverse comprese nel range da 10-4

M fino a 10-7

M.

I dati ottenuti hanno evidenziato come non vi sia alterata funzionalità

mitocondriale in colture trattate con la muscarina, (Fig.24A) contrariamente

a quanto accade invece per quelle trattate con arecaidina. Nel caso

dell’agonista M2 si osserva infatti, un effetto di tossicità dose dipendente; la

sopravvivenza cellulare è fortemente compromessa alla concentrazione di

10-4

M, mentre l’effetto sembra essere meno evidente sebbene significativo a

concentrazione più basse (Fig.24A).

Gli effetti tossici dell’arecaidina, vengono annullati dal trattamento con

gallammina (10-6

M), antagonista selettivo per il recettore M2 (Fig.24B),

suggerendo che questo sottotipo recettoriale muscarinico sia direttamente

coinvolto nella modulazione della sopravvivenza degli OPC.

La conferma che il sottotipo M2 non sia invece coinvolto nella

proliferazione cellulare degli OPC deriva da esperimenti di incorporazione

di timidina triziata condotti in presenza di concentrazioni meno tossiche di

arecaidina (10-5

M, 10-6

M e 10-7

M) che hanno dimostrato come l’arecaidina

usata a concentrazioni più basse non modifichi i livelli di incorporazione di

timidina triziata (Fig.24C). Questi dati suggerirebbero che la ridotta

incorporazione di timidina triziata osservata in presenza di alte dosi di

arecaidina (Fig. 23) in realtà era dovuta a un minore numero di cellule vitali

presenti in questa condizione sperimentale e non ad un reale effetto di

riduzione della capacità proliferativa.

Gli effetti di tossicità, dovuti all’arecaidina sono stati ulteriormente

confermati dalle marcature nucleari effettuate utilizzando l’Hoechst e la

colorazione con ioduro di propidio (Fig.25). Infatti, le cellule trattate con

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arecaidina 10-4

M mostrano un maggior numero di nuclei frammentati

rispetto alle cellule di controllo e un maggior numero di cellule colorate con

ioduro di propidio (Fig. 25C e D) (cellule marcate in rosso) se paragonate

alle cellule non trattate (Fig.24 A e B).

Questi dati quindi confermano che la selettiva stimolazione del sottotipo

M2 causa una ridotta sopravvivenza cellulare con un aumento di cellule

apoptotiche e necrotiche rispetto alle cellule di controllo (Fig. 25D).

I dati fin qui discussi evidenziano quindi, la capacità dell’acetilcolina di

attivare la proliferazione dei progenitori oligodendrocitari, in particolare

attraverso l’attivazione dei recettori M3,M1,M4 che tra l’altro sono i

recettori maggiormente espressi a questo stadio. Inoltre alte dosi di

arecaidina (agonista del recettore M2) risultano essere dannose per queste

cellule inducendo in vitro un significativo incremento della morte cellulare.

Considerando che i livelli di espressione del recettore M2 sembrano

prevalere rispetto agli altri sottotipi recettoriali nella fase di oligo maturo,

questo suggerirebbe che la stimolazione di questi recettori potrebbe risultare

compromettente per la sopravvivenza degli oligo maturi.

Poiché la proliferazione degli oligodendrociti è direttamente legata alla

presenza di fattori di crescita come il PDGF e l’ FGFb (vd.cap.2), ed

essendo il PDGFR-alpha uno dei marcatori molecolari più considerati per

identificare lo stadio di progenitore oligodendrocitario, abbiamo voluto

valutare se l’attivazione dei recettori muscarinici mediante muscarina,

potesse in qualche modo avere un effetto sull’espressione del recettore per

il PDGFR . Analisi mediante RT-PCR hanno evidenziato che il trattamento

colinergico è in grado di aumentare significativamente l’espressione dei

trascritti per questo recettore negli OPCs, rispetto a cellule non stimolate

(Fig.26A). L’analisi immunocitochimica ha dimostrato che l’incremento di

espressione per il PDGFR indotto da muscarina è mantenuto anche a

livello proteico. Infatti le cellule trattate con muscarina mostrano una

maggiore immunopositività rispetto alle cellule di controllo (Fig. 27).

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Tale risultato suggerisce che, probabilmente i progenitori oligodendrocitari,

in seguito a trattamento colinergico, siano in grado di rispondere in maniera

più efficace al fattore di crescita PDGF-AA e questo comporterebbe un

incremento del numero di cellule indotte a proliferare.

Poichè proliferazione e differenziamento cellulare sono eventi

assolutamente in opposizione in qualsiasi tipo cellulare, sulla base dei dati

ottenuti abbiamo voluto valutare il possibile effetto dell’agonista muscarina

sulla modulazione del differenziamento degli oligodendrociti. A tale scopo

abbiamo analizzato l’espressione delle proteine della mielina in particolare

la proteina basica della mielina (MBP) e la proteina linfocitaria della

mielina (MAL) attraverso saggi di RNAase protection (RPA).

Tale saggio è stato utilizzato per analizzare i trascritti per le due isoforme

della MBP, la 18.5 kDa e la 21.5 kDa (Fig.28/29). L’MBP è una delle

proteine della mielina più abbondanti nel sistema nervoso centrale (Norton

e Cammer,1984). Attraverso splicing alternativo vengono tradotte diverse

isoforme che vengono regolate in maniera diversa durante lo sviluppo

(Campagnoni e Campagnoni, 2004). L’isoforma di 18.5 kDa appare

tardivamente durante il processo di mielinizzazione, al contrario di quanto

si verifichi invece per l’isoforma 21.5 kDa ( Campagnoni e Campagnoni,

2004). Come già evidenziato nella Fig.19 le due isoforme dell’MBP sono

espresse negli oligodendrociti immaturi e maturi (2DIV e 8 DIV) in vitro.

Nella Fig.28 e 29 si evidenzia come il trattamento con la muscarina è in

grado di diminuire i livelli dei trascritti per le due isoforme dell’MBP

considerate, sia negli oligodendrociti immaturi (2DIV) che in quelli

mielinizzanti (8DIV).

L’espressione della MAL non sembra mostrare significative differenze tra

le cellule trattate e quelle di controllo. Solo in alcuni casi si osserva una

aumentata espressione del trascritto. Poichè l’aumentata espressione della

MAL non risulta favorire la mielinizzazione almeno nel sistema nevoso

periferico (Buser et al, 2009), i dati ottenui per la MBP e per la MAL ci

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fanno ipotizzare che lo stimolo colinergico contrasti la mielinizzazione

negli oligodendrociti.

Numerosi studi hanno evidenziato un’importante ruolo dei geni OLIG

(fattori di trascrizione bHLH), durante la oligodendrogenesi dalla zona

ventrale del tubo neurale (vedi cap.2 par.2.1). I precursori destinati a

divenire progenitori oligodendrocitari esprimono i fattori di trascrizione

OLIG, in particolare Olig1/2,già dalle primissime fasi dello sviluppo (Lu et

al., 2002; Zou et al., 2002). Tali fattori sono responsabili

dell’indirizzamento dei precursori verso la via gliale e benchè risultino

essere importanti anche per quella neuronale, in realtà si è visto che

l’espressione dei fattori Olig1/2 si mantiene costante durante tutte le fasi del

differenziamento solo nei precursori neurali indirizzati a progenitori

oligodendrocitari e la loro espressione è successivamente accompagnata da

altri geni (es. Nkx2.2) (Lu et al.,2002). Se l’espressione dei fattori OLIG,

risulta essere importante per il passaggio da precursore a progenitore

oligodendrocitario, i recettori erbB (recettori per le neureguline) e la

neuregulina di tipo III sono importanti nel passaggio da pre-oligodendrocita

ad oligo maturo, in particolare per quel che riguarda i recettori erbB3/4.

Questi recettori (vedi cap.2/3) sono molto importanti per regolare

l’espressione delle proteine della mielin sia nel SNC che nel SNP; è stato

osservato infatti, che un aumento dell’espressione dei recettori erbB3/4 e

una diminuzione dell’erbB2 viene osservata nello stadio differenziativo O4+

(Fig.12.cap.2)(Adlkofer and Lai,2000) che identifica l’oligodendrocita pro-

mielinizzante. Abbiamo quindi investigato, a tal riguardo, se di nuovo lo

stimolo colinergico fosse in grado di modulare l’espressione dei fattori

OLIG, e dei recettori erbB3/B4 attraverso analisi Real-Time PCR (Fig.31 e

32). Come si può osservare il trattamento con muscarina è in grado di

aumentare significativamente i livelli dei trascritti per i fattori Olig1/2 e di

diminuire quelli per i recettori erbB3/4.

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Questi dati supportano l’ipotesi che l’acetilcolina possa avere un ruolo

importante nel reclutare e mantenere gli oligodendrociti nello stadio di

progenitore e garantirne la loro proliferazione, arrestando o semplicemente

rallentando il processo di maturazione degli oligodendrociti in cellule in

grado di produrre mielina.

Visto i dati ottenuti sugli oligodendrociti abbiamo cominciato a valutare un

confronto degli effetti prodotti dalla stimolazione colinergica nel SNP.

Come precedentemente descritto, l’attivazione del recettore M2 da parte

dell’arecaidina, nelle cellule di Schwann, non provoca ridotta

sopravvivenza, come nei progenitori oligodendrocitari, ma determina un

blocco della proliferazione (Loreti et al, 2007).

Dopo la nascita le cellule di Schwann immature divergono in fenotipi

mielinizzanti oppure non mielinizzanti, a seconda che, oltre ad avvolgere la

fibra nervosa per tutta la sua lunghezza, la rivestano di una guaina mielinica

la cui organizzazione e compattezza è favorita dalla presenza di proteine

della mielina, quali Po, PMP22, MBP (Protein Zero, Peripheral Myelin

Protein 22, Myelin Basic Protein).

Dal momento che il trattamento con l’arecaidina arresta la proliferazione

delle cellule di Schwann, abbiamo cercato di investigare, se

contestualmente al blocco della proliferazione, l’attivazione del sottotipo

recettoriale M2 potesse indirizzare le cellule verso un cammino

differenziativo, in particolare verso il fenotipo mielinizzante.

Quindi, mediante analisi real-time abbiamo valutato se l’arecaidina è in

grado di regolare il livello di espressione dei trascritti per le proteine della

mielina (P0, PMP22, MBP)(Fig.33).

I dati ottenuti e mostrati in figura 33, mostrano che i livelli dell’RNA che

codifica per la proteina zero della mielina (P0) aumentano notevolmente

nelle cellule trattate con arecaidina in modo altamente significativo dopo

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solo 24 ore di trattamento, rispetto a quelli misurati nelle cellule di

controllo; aumento che risulta essere proporzionale all’aumento del tempo

di trattamento.

Per quanto riguarda il trascritto per la proteina della mielina periferica 22

(PMP22) si evidenzia un discreto aumento del livello del trascritto nelle

cellule trattate con arecaidina per tempi più brevi (24 e 48 ore) (Fig.33).

L’analisi del trascritto della proteina basica della mielina (MBP), come si

può osservare in figura 33 , evidenzia che, anche per questa proteina, i

livelli del trascritto aumentano in modo altamente significativo nelle cellule

trattate. In questo caso l’aumento è significativo già dopo 24 ore e non

sembra variare aumentando il tempo di trattamento.

Da questi risultati possiamo quindi ipotizzare che l’attivazione di M2

comporti l’indirizzamento delle cellule di Schwann verso il fenotipo

mielinizzante. Il passaggio dalla fase proliferativa a quella differenziativa

nelle cellule di Schwann, è caratterizzato dalla presenza di diversi fattori

trascrizionali, i cui livelli influenzano fortemente il destino delle cellule di

Schwann. Dati di letteratura, infatti, dimostrano che le cellule indirizzate

verso un destino mielinizzante sono caratterizzate dall’accensione di fattori

di trascrizione che influenzano il processo di mielinizzazione nel sistema

nervoso periferico (Jessen e Mirsky, 2008).

I maggiori fattori coinvolti in questo controllo sono Oct6, Sox10 che

regolano Krox20/Egr2 e guidano la transizione dalla fase pro-mielinizzante

a quella mielinizzante. Sox10 è un fattore trascrizionale espresso

specificatamente nelle cellule di Schwann e nelle altre popolazioni cellulari

derivate dalla cresta neurale, ed è richiesto per la specificazione delle

cellule di Schwann proprio dalla cresta neurale (Britsch et al., 2001). Sox10

regola anche l’entrata delle cellule nella fase pro-mielinizzante

influenzando l’induzione di Krox20/Egr2 richiesto a sua volta nel processo

di mielinizzazione.

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113

Le cellule di Schwann possono, però, in assenza di contatto assonale,

ritornare indietro nel loro programma differenziativo verso la fase

immatura. Questo stadio de-differenziativo è caratterizzato da una riduzione

di tutti quei fattori implicati nella fase mielinizzante (Oct6/Scip, Sox10,

Krox20/Egr2) e ad un’aumento di fattori trascrizionali che regolano

negativamente lo stadio di mielinizzazione. Questi fattori, tra gli altri,

comprendono c-Jun e Notch (Jessen and Mirsky, 2008).

Alla luce di queste informazioni, quello che noi ci aspettiamo e che, dal

momento che l’arecaidina aumenta l’espressione delle proteine della

mielina facendo supporre un avanzamento verso lo stato differenziativo

delle cellule di Schwann, influenzi anche quei fattori caratteristici della fase

mielinizzante.

Per questo motivo abbiamo studiato se l’espressione del trascritto per

Sox10, fattore implicato nella fase mielinizzante, fosse condizionato dal

trattamento con arecaidina.

Come osservabile in Fig.35 il trattamento colinergico porta ad un

significativo aumento del trascritto per Sox10 rispetto alla situazione di

controllo.

I dati ottenuti quindi rafforzano ancora di più l’idea che nelle cellule di

Schwann, la stimolazione del sottotipo muscarinico M2, modulando

positivamente Sox 10 e le proteine della mielina, determini un avanzamento

delle cellule di Schwann nella fase differenziativa, privilegiando il fenotipo

mielinizzante.

In conclusione i risultati ottenuti in questa tesi ci hanno permesso di poter

comparare gli effetti prodotti da agonisti muscarinici, sulle due popolazioni

cellulari deputate alla mielinizzazione nel sistema nervoso centrale e

periferico. L’acetilcolina attraverso la attivazione di differenti sottotipi

muscarinici (M3 per gli oligodendrociti e M2 per le cellule di Schwann) è in

grado di avere effetti assolutamente opposti nel SNC e SNP. Infatti negli

oligodendrociti l’attivazione di recettori muscarinici favorisce la

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proliferazione dei progenitori oligodendrocitari e ritarda la fase di

differenziamento; nelle cellule di Schwann al contrario sfavorisce la

proliferazione e determina un avanzamento nel programma differenziativo

verso il fenotipo mielinizzante.

Queste informazioni permettono di classificare l’acetilcolina come una

molecola importante nei meccanismi di cross talk neurone-glia e acquistano

una certa rilevanza ai fini della comprensione dei meccanismi che

modulano la proliferazione e il differenziamento delle cellule gliali durante

lo sviluppo del sistema nervoso.

Queste conoscenze potrebbero avere inoltre una ricaduta anche in patologie

che vedono compromesse le cellule di Schwann o gli oligodendrociti come

ad esempio le neuropatie periferiche o le patologie demielinizzanti; infatti la

conoscenza sempre più avanzata dei meccanismi che controllano i processi

proliferativi e maturativi delle cellule gliali mielinizzanti potrebbe

permettere di disegnare protocolli terapeutci nel tentativo di recuperare le

popolazioni compromesse e cercare di alleviare, se non curare, le

sintomatologie prodotte da queste patologie.

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