La via della Plata in bicicletta -...

26
La via della Plata in bicicletta Sono passati quasi 5 anni da quando abbiamo fatto il cammino francese da S. jean Pied de Port a Finisterre. E’ stata una esperienza splendida, sia per me che per mia moglie. Appena tornati ci siamo proposti di fare il cammino della via della Plata. Per un motivo o per l’altro in questi anni abbiamo sempre rimandato il progetto. Ma la pulce che ti e’ entrata nell’orecchio e mi rivolgo a chi ha fatto l’esperienza del cammino di Santiago, e’ sempre li che te lo ricorda. Quest’inverno abbiamo deciso e programmato, con molte difficolta’, questa ultima esperienza. Ho preparato per bene le bici, smontate, impacchettate e cercato di salvare il piu’ possibile le parti delicate, come cambio, raggi delle ruote, ecc. Ho adoperato perfino fogli di compensato per miglior protezione. Finalmente partiamo. 11 maggio 2011. Lo zio Luigi ci porta per l’ennesima volta all’aeroporto di Treviso e ci imbarchiamo, non senza controllare che i nostri voluminosi pacchi siano stati caricati sull’aereo. Il volo e’ stato tranquillo; arriviamo a Siviglia dopo 2 ore e mezza. All’aeroporto di Siviglia incontriamo un ragazzo da Mestre che fa il nostro stesso giro in bici, ma lui deve partire subito, con un amico spagnolo, mentre noi ci fermiamo nel pomeriggio e notte a Siviglia per visitarla per la seconda volta. In un salone dell’aeroporto mi metto d’accordo con un inserviente per montare le bici e consegnargli i cartoni. Con grande disponibilita’ e gentilezza mi dice che i cartoni ci pensa lui ad eliminarli. Subito la sorpresa: la bici di Carla ha il fanale disintegrato e quel che e’ peggio il perno anteriore della ruota della mia bicicletta e’ fuori uso: completamente piegato. Impossibile montare la ruota: siamo immobilizzati a 15 km da Siviglia. Chiedo aiuto ad un uomo che lavora all’aeroporto. Dopo un quarto d’ora arrivano 3 persone, con diversi attrezzi e riusciamo, con mia somma soddisfazione a montare la ruota. I signori non vogliono saperne di ricompense e rifiutano anche la mia proposta di offrire a tutti qualcosa da bere. Si sentono appagati del loro intervento ed io ancor di piu’. Partiamo per Siviglia. Gia’ la periferia, rispetto alle nostre citta’ e’ tenuta bene. La gente e’ gentile, disponibile ed ha simpatia per gli Italiani. In questi giorni di maggio molti viali della citta’ si presentano con alberi stupendamente fioriti di azzurro. Sono alberi grandi, specie di acacie. Giriamo per Siviglia, visitando ancora la Cattedrale, la Giralda, piazza di Spagna, ecc. Andiamo a Siviglia: Torre dell’oro e la Giralda fra viali fioriti Siviglia: piazza di Spagna

Transcript of La via della Plata in bicicletta -...

La via della Plata in bicicletta

Sono passati quasi 5 anni da quando abbiamo fatto il cammino francese da S. jean Pied de Port a Finisterre. E’ stata una esperienza splendida, sia per me che per mia moglie. Appena tornati ci siamo proposti di fare il cammino della via della Plata. Per un motivo o per l’altro in questi anni abbiamo sempre rimandato il progetto. Ma la pulce che ti e’ entrata nell’orecchio e mi rivolgo a chi ha fatto l’esperienza del cammino di Santiago, e’ sempre li che te lo ricorda. Quest’inverno abbiamo deciso e programmato, con molte difficolta’, questa ultima esperienza. Ho preparato per bene le bici, smontate, impacchettate e cercato di salvare il piu’ possibile le parti delicate, come cambio, raggi delle ruote, ecc. Ho adoperato perfino fogli di compensato per miglior protezione. Finalmente partiamo.

11 maggio 2011.

Lo zio Luigi ci porta per l’ennesima volta all’aeroporto di Treviso e ci imbarchiamo, non senza controllare che i nostri voluminosi pacchi siano stati caricati sull’aereo. Il volo e’ stato tranquillo; arriviamo a Siviglia dopo 2 ore e mezza. All’aeroporto di Siviglia incontriamo un ragazzo da Mestre che fa il nostro stesso giro in bici, ma lui deve partire subito, con un amico spagnolo, mentre noi ci fermiamo nel pomeriggio e notte a Siviglia per visitarla per la seconda volta. In un salone dell’aeroporto mi metto d’accordo con un inserviente per montare le bici e consegnargli i cartoni. Con grande disponibilita’ e gentilezza mi dice che i cartoni ci pensa lui ad eliminarli. Subito la sorpresa: la bici di Carla ha il fanale disintegrato e quel che e’ peggio il perno anteriore della ruota della mia bicicletta e’ fuori uso: completamente piegato. Impossibile montare la ruota: siamo immobilizzati a 15 km da Siviglia. Chiedo aiuto ad un uomo che lavora all’aeroporto. Dopo un quarto d’ora arrivano 3 persone, con diversi attrezzi e riusciamo, con mia somma soddisfazione a montare la ruota. I signori non vogliono saperne di ricompense

e rifiutano anche la mia proposta di offrire a tutti qualcosa da bere. Si sentono appagati del loro intervento ed io ancor di piu’. Partiamo per Siviglia. Gia’ la periferia, rispetto alle nostre citta’ e’ tenuta bene. La gente e’ gentile, disponibile ed ha simpatia per gli Italiani. In questi giorni di maggio molti viali della citta’ si presentano con alberi stupendamente fioriti di azzurro. Sono alberi grandi, specie di acacie. Giriamo per Siviglia, visitando ancora la Cattedrale, la Giralda, piazza di Spagna, ecc. Andiamo a

Siviglia: Torre dell’oro e la Giralda fra viali fioriti

Siviglia: piazza di Spagna

procurarci la credenziale dagli amici del cammino di Santiago. E’ bello girovagare a Siviglia e in genere nelle citta’, con la bicicletta: vedi tanto e con poca fatica. Andiamo a dormire tardi e stanchi.

12 maggio.

Il cielo e’ nuvoloso. Andiamo alla Cattedrale per la partenza di rito. Qui troviamo un gruppo di Veneti che ci chiede di fare insieme una foto, perche’ ci ammirano colle nostre attrezzature che iniziamo il cammino. La cosa ci inorgoglisce un

po’. Partiamo. Passiamo il ponte Isabella seconda ed entriamo nel quartiere di Triana. Passato il quartiere, lungo la strada Carlos terzo, distratti, perdiamo i segni gialli che indicano la strada del cammino. Ci troviamo a discutere animatamente e con tono della voce non certo basso, sul bel ponte moderno che scavalca il canale del Guadalquivir. In quel momento si ferma un giovane che subito non riconosciamo per gli occhiali che porta. Poi capiamo che e’ il titolare dell’albergo dove abbiamo dormito stanotte. Anche lui ciclista stava facendo un giro in direzione contraria alla nostra. Ha voluto giovarci e accompagnarci indietro a fare il cammino segnato e poi ci ha accompagnato ancora fino all’attraversamento del rio, poco prima di Guillena, per circa 20 km. Non abbiamo parole

per questa gente dell’Andalusia. Subito dopo Guillena, nella zona industriale ci prende un po’ di pioviggine, senza grande disturbo. Prendiamo la strada in salita, fra bei uliveti. Si entra poi in un ambiente molto bello fra la natura integra. Cominciano le prime querce da sughero e si procede a tratti su viottoli completamente dissestati e in salita, che ci obbligano a spingere le biciclette con gran fatica (vista la zavorra che ci portiamo dietro). Si arriva in una radura dove si pompa una acqua ristoratrice e fresca, ma io mi bevo subito una cerveza, che ho nella borsa. Arriviamo finalmente a Castilblanco de los Arroios. Lieve pioviggine. A Castilblanco prendiamo la strada provinciale, che con un percorso fortemente ondulato e faticoso, in un ambiente di pascoli, ci porta all’entrata del parco de los Berrocales. In una regione selvaggia si procede, col bel tempo, lungo una strada sterrata per circa 15 km. La luce della sera, le fioriture di maggio, le lepri, i fagiani, le pernici che trovi dopo ogni curva, ti danno in questo luogo emozioni e sensazioni paradisiache. Ma alla fine ci aspetta una breve, ma impegnativissima salita. Impossibile farla in bici. Le spingiamo con tutta la nostra zavorra. Arriviamo sfiniti in cima al Cerro del Calvario. Un vero calvario, dopo 78 km sulle gambe. E per scendere ad Almaden de la Plata la cosa non e’ da meno. Sembra di scendere per un burrone. Ad Almaden troviamo un ospitalero gentilissimo; ci beviamo insieme una cerveza conversando amabilmente. Sono molto stanco e vado a letto contento.

Da Guillena a Castilblanco de los Arroyos

Parco de los Berrocales

13 maggio

Ad Almaden de la Plata troviamo persone disponibili e gentili verso di noi e ci danno volentieri indicazioni a seconda dei nostri bisogni.C’e’ da dire che pur non conoscendo lo spagnolo, per noi basta parlare veneto e “se se intende”, come dicono anche loro. Subito dopo Almaden ci inoltriamo, con salite e repentine discese, in una regione di boschi di querce da

sughero. Si entra in diverse fazende aprendo e chiudendo cancelli. Da qui si cominciano a vedere gli allevamenti liberi di maiali. Sono maiali piccoli, magri, scuri, al pascolo liberi. Sono i produttori dell’ottimo Jamon di queste terre. In un piccolo avallamento cado dalla bici per la prima volta senza conseguenze, ma non senza pronunciarmi con forti improperi. La guida che portiamo con noi ci sconsiglia di proseguire con la bici sull’itinerario del cammino e quindi prendiamo la provinciale per El Real de la Jara. Questa strada e’ tutto un sali scendi faticoso in una zona di pascoli boscati e querce. Il tempo e’ bello. Siamo in mezzo ad uno spettacolo della natura. Non passa una macchina. La natura in questa parte di

Spagna in questo mese e’ veramente bella. A El Real de la Jara facciamo delle spese alimentari e soprattutto ci riforniamo di bevande. Fa caldo, il sole picchia, si continua a sudare e a bere. Subito dopo prendiamo una strada sterrata molto lunga, la canada real, che ci porta verso Monasterio, in uno splendido ambiente di pascoli e boschi di querce. Il terreno e’ nello splendore delle piu’ variegate fioriture. Ritroviamo uno spagnolo da Granada che ha dormito con noi ieri sera ad Almaden e ci ha preceduto a piedi per un mucchio di km (chissa a che ora e’ partito stamane). Gli diciamo che “tiene el motor nelle gambe” e lui

sembra gradire il complimento. Passando fra pascoli piu’ aperti arriviamo presso S. Isidro, (quattro case). Qui notiamo un centinaio di tendoni. Chiedo a un giovane: qe se passa a qui? Lui mi risponde che c’e’una grande festa in onore del patrono S. Isidro. Ci dice di entrare nella sua tenda per bere una cerveza. Non me lo faccio dire 2 volte!. Accoglienza grandiosa, indimenticabile!. Birre, coche cole, Jamon, salami locali fra i piu’ vari, cibarie di ogni tipo e infine foto ricordo. Tutto questo solo perche’ siamo pellegrini di passaggio per Santiago e forse anche per la simpatia che hanno gli spagnoli per noi italiani. Erano quattro ragazzi e non li potro’ dimenticare. Proseguendo poi, ben pasciuti ed abbeverati, abbiamo affrontato la salita fino al centro di Monasterio. Da Monasterio, incontrando sempre pellegrini con cui conversi ed hai un bel rapporto, ci inoltriamo in un territorio molto ondulato, con gran sole e caldo. Si vedono all’inizio le

.

Maiali al pascolo fra Almaden e Monasterio

Fioriture di maggio fra Monasterio e Fuente de Cantos

Carla taglia lo jamon alla festa di s. Isidro.

varieta’ di fiori piu’ inaspettate, con scorci paesaggistici spettacolari, allevamenti liberi di suini, pecore e tori. Poi, a meta’ strada per Fuente de Cantos il paesaggio cambia, diventa agricolo, con grandi ondulazioni del terreno e coltivazioni di frumento, orzo ed avena. Tutto un su e giu’, con la strada sterrata sinuosa che scende verso rii e risale pendenze in una natura senza neanche una abitazione per tanti km. Mi viene male a pensarmi che potrei avere qualche danno irreparabile alle

bici. La luce e’ abbagliante; e’ tutto uno spettacolo! Dopo adeguate sudate troviamo un albergo molto confortevole e ci riposiamo beatamente.

14 maggio.

Sono qui stasera a Torremejia, in Estremadura in un ottimo albergo per pellegrini. In due-tre giorni mi sono fatto l’idea che le attrezzature per ospitare i pellegrini sulla via della Plata sono migliori di quelle

sul cammino francese. Carla sta male; gia’ ieri aveva nausea, oggi ha avuto una

giornataccia. E’ stata molto brava ad arrivare fino a qui; non so se io, nelle sue condizioni, ne sarei stato capace. La ammiro per questo e soprattutto per ben altre cose. Il tempo e’ stato bello, ma noi non siamo abituati a questo sole caliente e a questo riverbero di luce. Da mezzogiorno e anche prima fino alle 17, si fa doppia fatica a pedalare, specialmente in salita. Stamani a Fuente de Cantos in un bar dove abbiamo fatto la prima colazione, vecchietti del paese, come sempre cordiali, ci hanno indicato la strada. Capiamo

quasi tutto di quello che ci dicono e noi sentiamo su di noi una certa ammirazione e simpatia. Dopo Fuente ci si inoltra in un paesaggio pieno dei piu’ variopinti fiori, per viottoli attraversando colline e coltivi variegati fino a Calzadilla de los Barros. Qui sulla piazza una bella fonte, ma con acqua come sempre non potabile. La gente ti indica il cammino. Questi villaggi sono tutti agglomerati di case bianche e sono belli. Ti danno un senso di decoro, di dignita’, di ordine e di pulizia, sia in Andalusia sia in sud Estremadura. Sono agglomerati di case distanti uno dall’altro dai 10 ai 20 km e in mezzo niente, solo natura. Dal momento che sono agglomerati con abitazioni non disperse nel territorio, le infrastrutture sono efficienti. Non si vedono pali del telefono o della luce, le strade sono quasi sempre acciottolate, coi relativi marciapiedi e fognature. La gente vive dignitosamente prevalentemente di attivita’ agricole. Qui si respira una dimensione del vivere umana. In questi paraggi non si vedono fabbriche

Carla appena dopo Calzadilla de los Barros

Poco prima di Fuente de Cantos.

Si attraversa un rio dopo Calzilla de los Barros

o sistemi di produzione o commercializzazione di grandi beni di consumo. Dopo Calzilla de los Barros abbiamo passato a stento una valle fangosa con erbe alte come un uomo. Meno male che non pioveva! Abbiamo attraversato 2 rii e in uno io mi sono bagnato tutte le estremita’, mentre mia moglie e’ scivolata con mezza gamba nella melma. Siamo andati ovviamente avanti, fra colline fiorite, in un su e giu’, dentro e fuori faticoso, ma eccitante fino ad arrivare a Zafra. Dopo aver fatto diversi acquisti, fra cui ottimo vino di Almedralejo, abbiamo visitato il centro storico col castello di Zafra. Dopo Zafra, sotto una pianta di more, ci siamo riposati all’ombra e abbiamo mangiato, (almeno io) diversi boccadilli a base di Jamon locale. Sono due giorni che ne mangio come un porco, ma soprattutto lo annaffio per bene coll’ottimo vino che producono da queste parti: e poi mi lamento che faccio fatica e do la colpa al caldo! Subito dopo Carla ha bucato per la prima volta. In questo posto e’ difficile trovare un albero da stare

all’ombra, comunque dopo 500 m ci siamo messi sotto un cespuglio e ho aggiustato la ruota. Poi salita sotto il sole cocente e discesa fino a Los Santos de Maimona. Si prosegue sempre su stradine non asfaltate e per sentieri sconnessi. Passiamo colline con estese coltivazioni di olivi, vite e qualche coltivo cerealitico. Poi il paesaggio cambia, diventa selvatico e a pascolo in qualche tratto. In questo posto sto bene, mi sento libero; questo ambiente ti da’ la voglia di vivere e di liberta’. Arriviamo ad Almazara. Qui ci sono le “fieste” con gran numero di tende e

gran movimento in tutto il paese. Faccio la proposta a Carla di andare a bere una cerveza in onore di S.

Isidro, ma lei non ne puo’ piu’. Continuiamo. Arriviamo a Villafranca de los Barros. In piazza vedo da distante una fonte con quattro canne che gettano acqua copiosamente. Non mi par vero! Ma l’acqua ovviamente non e’ potabile; almeno mi lavo i piedi e altro. Ci ristoriamo presso un bar del centro. Carla non ne puo’ piu’. Propongo di fermarci qui, ma lei, visto che la guida dice che il prossimo tratto e’ semipianeggiante, vuole proseguire fino a Torremejia. Da Villafranca a Torremejia in un paesaggio appena un poco ondulato c’e’ un percorso sterrato di 28 km in cui si vedono solo viti; viti a perdita d’occhio e nessuna costruzione. E’ la tierra de Barros, il cui centro vinicolo e ’Almendralejo. Le viti sono tutte basse, senza nessun sostegno, con buona produzione di raspi. Anche oggi abbiamo trovato diversi pellegrini: 3 da Vienna, 3 spagnoli, 1 canadese, 2 tedeschi. Ci si incontra e ci si parla in qualche maniera, con espressioni le piu’ disparate, ma sempre cordiali. Un pellegrino di Madrid ci e’ stato appresso fin quasi a Villafranca. Fa di media 45 km a piedi, con punte di 50. Lui dice che sta bene cosi’. Noi lo abbiamo chiamato ”gamba de fierro”. Domani non so come sara’ con Carla; per ora vado a letto, dopo che abbiamo percorso 74 km.

15 maggio.

Carla fra Los Santos de Maimona e Almazara

Estensione di vigneti nella tierra de Barros.

Stamane a Torremejia l’ospitalero ci ha fatto molta accoglienza, perche’ sua sorella ha sposato uno di Bassano. Siamo partiti per ultimi, verso le 9 perche’ Carla stava ancora male. Ieri sera ho chiuso le bici con la chiave e stamane non la trovavo piu’. La memoria a volte mi inganna. Dopo averla tanto cercata, con commenti sarcastici di mia moglie, stavo per tagliare la fune antifurto, quando mi viene in mente finalmente che la ho messa nella custodia della macchina fotografica. Si parte. Dopo 200 metri di strada Carla si ritrova con la ruota anteriore a terra: sono un gran bravo meccanico! Si

pompa in attesa di pompare poi certamente ancora. Usciamo dal villaggio; la gente che si incontra ci saluta sempre e ci augura “buen camino”. Dobbiamo fare un tratto di statale deserta e poi si entra per campi coltivati , soprattutto ancora a viti, per un sentiero sconnesso, in saliscendi fino a Merida. A Merida, vicino al ponte romano, in un bel parco ci riposiamo e specialmente io, perche’ Carla non e’ in forma, do fondo a varigate cibarie e bevande. Visitiamo il centro storico: il tempio di Diana, l’anfiteatro, l’acquedotto romano, ecc. Merida e’ una gran bella citta’: ordinata, pulita, moderna, con un grande patrimonio storico. Da Merida simo passati attraverso la pista ciclabile, all’embalse di Proserpina: il lago artificiale costruito dai romani per derivare in circa 12 km l’acqua alla citta’. Lungo la strada abbiamo gustato (piu’ io), ottimi boccadilli ed in particolare olive speciali, nonche’ ci siamo abbondantemente dissetati. Il lago di Proserpina e’ molto bello e conserva ancora la

diga originale costruita dai romani. Qui, sempre per distrazione abbiamo perso il cammino e lo abbiamo ritrovato dopo mezz’ora. Ora si sale per una strada asfaltata completamente deserta. Entriamo poi in salita su viottoli sabbiosi nel parco del Cornalvo. Qui lo spettacolo paesaggistico non si puo’ descrivere, e basta. Si va su e giu’ tra colline e vallecole a pascolo con vacche e pecore in una natura vasta e incontaminata. Qui regna la pace piu’ completa, accompagnata da una luce abbagliante. Il parco e’ percorso da un sentiero sabbioso, faticoso da percorrere, tutto dissestato, lungo per non so quanti km, ma molto gratificante. Qui oggi mi sono sentito veramente felice ed appagato. E’ lo spirito vero del cammino. Queste cose le ho gia’ sperimentate sul

percorso Francese, Carla si e’ un po’ ripresa e spero per domani, anche nel tempo.

16 maggio.

Siamo stasera in riva al lago artificiale de Alcantara. E’ stata una giornata splendida, piena di luce abbagliante. Stamane, fuori dell’albergo di Alcuescar la gomma della ruota di mia moglie e’ ancora giu’. La aggiusto per la ennesima volta: chissa’ che sia l’ultima!. Si parte dopo una colazione misera fatta al bar del paese. Si va verso Casas de Don Antonio fra

Carla e Raffaele al ponte romano di Merida

Il tepio di Diana a Merida

Il lago di Proserpina vicino a Merida

coltivi e una lunga vallata. Al ponte romano di Casas de Don Antonio troviamo il professore danese che parla l’italiano perfettamente e che abbiamo conosciuto ieri sera. E’ una persona molto distinta ed e’ piacevole parlare insieme. Continuiamo in un percorso dove troviamo diversi miliari romani della via della Plata. Carla sta ancora male e non riesce ad andare avanti; ci fermiamo al paesucolo di Aldea del Cano. Qui in una frutteria parliamo con gran cordialita’ col gestore del negozio, che ci fa tanti auguri di buon cammino. Diversi pellegrini tedeschi, francesi, spagnoli, sono nostri compagni per poco tempo, perche’ vanno quasi tutti a piedi. In particolare una ragazza tedesca, figlia di siciliani, che abbiamo conosciuto ieri sera. Sotto una quercia ci fermiamo. L’acqua di questi paesi e’ pessima, a causa del cloro che vi mettono per la potabilizzazione; ma purtoppo bisogna bere e tanto. Il vino invece, e’ a dir poco speciale. Io preferisco di gran lunga questo, con un consumo giornaliero che credo sia meglio diminuire nei prossimi giorni. Da Aldea del Cano a Valdesalor il paesaggio e’ inselvatichito, con pochi pascoli e sempre tutto un su e giu’. Carla non mangia e se non mangi non puoi andare avanti. Dopo Valdesaor c’e’ una salita

impegnativa, con caldo sole e sentiero sconnesso. Si deve smontare e spingere quasi sempre. Carla va avanti a caramelle e non so come faccia. Lei ha solo carattere da ammirare e qualche volta da invidiare. Io invece mi nutro sempre abbondantemente e vado su facilmente, come un treno. Da Valdesalor a Caceres si credeva che il tragitto fosse piano e invece e’ tutto un pessimo su e giu’con sentieri quasi impraticabili e sole cocente. A Caceres ci siamo persi, nel senso che uno e’ andato da una parte e uno dall’altra. Finalmente ci siamo ritrovati nella piazza maggiore, con baruffa colossale e numerosi locali e turisti che ci guardavano esterefatti. Caceres l’abbiamo gia’ vista anni fa e

quindi la rivisitiamo in fretta, con gli esiti della arrabbiatura. Verso le 2 ci siamo fermati in una taverna a mangiare tapas e bevande varie, per poi ripartire per Casar de Caceres. Difficolta’ a trovare il cammino all’uscita di Caceres. A Casar ci fermiamo davanti al municipio, dove c’e’ l’albergo dei pellegrini. Dalla finestra dell’albergo si affaccia uno che ci ha sentito parlare in veneto; e’ un padovano. Argomentando che da Caceres a Casar, per circa 12 km, non si trova una pianta da ripararsi all’ombra, lui ci dice che per questo ci sono 2 alternative: 1)prenderci un ombrello e fare il cammino con bici e ombrello aperto. 2)andare la’ davanti, al bar che “ombre” ce ne sono in quantita’. Subito dopo il gestore di una bottega di generi alimentari ci dice che “con pan e vin se fa el camin”. Ce lo dice in spagnolo, ma non sa che ce lo ha detto in perfetto veneto ed ha ragione. Da Casar de Caceres attraversiamo un territorio di 22 km, selvaggio, senza abitazione alcuna, con numerosi pascoli, attraverso colline,

Ponte romano dopo Casas de D. Antonio

Bovini al pascolo prima del lago de Alcantara

Caceres

in un su e giu’ continuo; poi attraverso un crinale molto lungo, panoramico, con tanti allevamenti. C’e’ qualche quercia, ma ci sono specialmente tanti cespugli con fioriture gialle profumatissime, in un tripudio di sole e di luce. Sento di stare bene con me stesso e la natura che mi circonda. Sento le gambe girare senza fatica e l’entusiasmo di vivere dentro. In lontananza si vede il lago di Alcantara. Arriviamo all’albergo dei pellegrini, posto in una posizione incantevole davanti al lago,

dopo 74 km. Troviamo gli ultimi 2 posti. L’albergo e’ un cesso. Dicono che domani

piovera’. Carla stasera almeno ha mangiato una bella terrina di insalata. Io invece ho mangiato e bevuto ben altro!!.

17 maggio.

Notte d’inferno; in un albergo dove c’e chi russa, chi si alza alle 3 svegliando tutti e sbattendo la porta. Sono quasi tutti olandesi; non c’e’ nessun rispetto per il prossimo. E’ strano che chi fa tanta fatica non comprenda e rispetti chi ne fa altrettanta. Alle 5 si accendono le luci e con un fracasso infernale qualcuno parte. Carla si alza e mette tutti in riga con frasi inglesi che non ripeto. La tregua dura poco. Intanto fuori tuona e piove a dirotto. Stanchissimo, mi alzo un po’ tardi e quando andiamo a fare colazione non troviamo piu’ niente; solo piatti sporchi. Gli ultimi spagnoli pasciuti mi dicono che resta un po’ di caffe’ freddo e che bisogna lavarsi anche le scodelle. Alla fine qualcosa abbiamo mangiato. L’ospitalero ovviamente e’ uccel di bosco e si parte sotto una fresca pioviggine. Questa volta si sale lungo la statale 630 verso l’abitato di Cagnaveral. In questo pueblo facciamo acquisti. Di quelli che hanno dormito con noi stanotte e che sorpassiamo per strada non salutiamo nessuno. Poi ci aspetta ancora salita fino al passo, a circa 400 m. Carla sta un po’ meglio, ma e’ sempre fiacca nelle

salite. Arriviamo a Grimaldo e ci rifugiamo sotto una pensilina del bus perche’ piove. Da Grimaldo prendiamo una variante del cammino per Rio Lobos, asfaltata, molto lunga. In circa 12 km non abbiamo trovato una macchina; tutto un saliscendi. A Holguera e Riolobos chiediamo informazioni ai pensionati di turno. Tutti ci fermano e vogliono sapere da dove siamo e da dove siamo partiti e quando: non si va avanti. Tutti danno appropriate informazioni utilissime. Subito dopo Riolobos su

Prima del lago di Alcantara

Raffaele fra Carcaboso e Oliva de Plasencia

All'albergue de Oliva de Plasencia

per una mulattiera troviamo un pellegrino spagnolo con le mani in tasca e uno zainetto grande come una mano, a cui ha legato un ombrello. Non ha altro. Ci dice che nella vita non serve portarsi dietro tante cose, perche’ quello che e’ essenziale e necessario e’ ben poco, il resto e’ superfluo e pesante. Credo che in parte abbia ragione. Ci ho pensato a quanto mi ha detto, ma non posso neanche buttare in un fosso i nostri 4 pesanti borsoni!. Passiamo paesaggi sempre ondulati, ci spostiamo in sentieri che attraversano zone impervie, brulle, con qualche pascolo fino a Galisteio. Qui piove. Procediamo lo stesso lungo il rio Jerte, in una regione ricca di aziende agricole, ma non bella. Ci fermiamo in un bar ristorante e consumiamo le solite tapas molto buone. Finalmente Carla comincia a mangiare dei bocconcini di baccala’ e coscette di pollo e altre cose buone. Non si paga praticamente niente. Abbiamo una amena conversazione col gestore e figlio, che si prodigano a darci informazioni sul tempo dei prossimi giorni e sul percorso ancora da fare. Usciamo da Carcaboso e ci inoltriamo per una stradina sterrata in continua salita per Oliva de Plasencia. Da qui il paesaggio e’splendido. E’ ritornato il sole su un altopiano ondulato in mezzo a pascoli fioriti e querce. La stradina diventa un sentiero di circa 15 km, liscio, ben percorribile colle bici, in un posto straordinario. Questa e’ stata la piu’ bella zona che abbiamo incontrato finora da Siviglia a qui. Poco prima di Oliva de Plasencia, in una regione a pascolo con querce e tanti laghetti abbiamo visto una quntita’ impressionante di cicogne. Qui la natura e’ ancora integra e pura. All’albergue dei pellegrini di Oliva de Plasencia abbiamo mangiato insieme ad un tedesco di Amburgo (ci ha prestato il telefonino), a due cordialissimi francesi, a 2 spagnoli, a 2 brasiliani, di cui uno oriundo dalle nostre zone (si chiama Zilio di cognome, un suo avo e’ partito dal Veneto nell’800). Bella e allegra cena comunitaria gestita da Monica l’ospitalera simpatica. Foto e promesse si sprecano. Oggi abbiamo fatto 74 km.

18 maggio.

Stasera siamo a Calzada de Bejar a 800 metri di altitudine. Il caminetto dell’albergue e’ acceso. E’ stata una giornata faticosa, con tempo pessimo. A Oliva siamo partiti per ultimi, dopo ottima e abbondante colazione. Qui i pellegrini si servono da se e quando siamo partiti abbiamo lasciato tutto in ordine, spento le luci e chiuso la porta. Monica ci ha detto ieri sera di fare cosi e cosi abbiamo fatto. Siamo stati molto bene in questo albergo, soprattutto da un punto di vista umano. I prezzi degli alberghi e dei generi di prima necessita’ lungo tutto il cammino sono

calmierati e praticamente nessuno ne approfitta. Per strada alla partenza, sotto un cielo plumbeo, incontriamo tutti quelli della sera prima e salutandoci cordialmente, come veri amici, ci facciamo promesse varie. E’ questo lo spirito del cammino. Dopo pochi km comincia a piovere. Attraversiamo diversi rii con difficolta’ a causa del peso delle bici. Ad un certo punto perdiamo il sentiero, subito dopo l’arco di Caparra. Dobbiamo per forza andare sulla statale per un breve tratto, per poi riprendere il sentiero in questo tratto estremamente disagevole, mezzo allagato per circa 8 km e sotto la pioggia. Sotto un cavalcavia della autostrada ci fermiamo , sperando che il tempo cambi. Al contrario:

Carla poco prima di Oliva de Plasencia

L'arco di Caparra

piove sempre di piu’ e intensamente. Ci avviamo verso Adeanueva del Camino e entriamo in un bar a ristorarci e facciamo spesa. Piove in una maniera veramente intensa e pensiamo di andare avanti lo stesso, visto anche che alcuni ciclisti spagnoli partono e non ci sentiamo da meno. Si deve fare la nazionale fino a Bagnos de Montemayor, sotto una pioggia forte e controvento, con la tuta antipioggia che, se da una parte non ci bagnamo esternamente, dall’altra, per la fatica e il sudore in salita, ci bagnamo internamente come polli. La salita al passo e’ lunga e faticosa. Non ho capito quanto dislivello abbiamo

fatto, ma sotto la pioggia mi e’ sembrato tanto. Vicino al passo ha finito di povere. La regione qui e’ verdissima, ci sono moltissimi frassini e altre latifoglie. Si vedono i primi fiori di digitalis purpurea. Sembra di essere in Galizia. Subito dopo il passo si scende per una vallata verdissima con prati a pascolo e boschi di frassino e querce fino al ponte della Magdalena sul rio Cuerpo de Hombre. C’e’ il sole e non piove piu’. Si

sale poi con tanta fatica, spingendo quasi sempre la bici, su un tracciato con fossati e sassi per circa 4 km. La valle e’ bella, piena di prati verdi, piante e fiori fra i piu’ vari, con bovini liberi al pascolo. Si arriva finalmente a Calzada del Be’Jar. Qui l’ospitalera dell’albergue e’ molto cordiale e ci saluta e accoglie con simpatia. Subito dopo entrati comincia a piovere a dirotto. A 800 m di altitudine e’ bello veder piovere a dirotto, mentre si e’ al coperto, al caldo del camino e in bella compagnia. Mangiamo bene e conversiamo con pellegrini specialmente spagnoli, in particolare con un ragazzo di Bilbao che fa il cammino da solo con la bici. Poi con altri spagnoli, 2 belgi e 2 del Canton Ticino. Sono tutti entusiasti della loro esperienza, come noi due. Ci abbeveriamo abbondantemente e andiamo a letto come

sempre stanchi. La mia bici segna stasera, dall’aeroporto di Siviglia, 521 km, fatti quasi tutti sul cammino.

19 maggio.

Stasera siamo a Salamanca: Splendida citta’ universitaria che gia’ conoscevo. La citta’ di Lazzzarillo e’ piena di giovani e di vita ed e’ molto pulita e tenuta bene. Siamo arrivati qui dopo aver percorso 84 km. Ci ha accolto un ospitalero volontario dell’ Uruguai anziano, che conosce molte lingue. Persona gentile e distinta; parliamo con lui in italiano. Si chiama Fernando e ci assegna una stanza con soli due letti. L’albergue e’ dietro la cattedrale e i pellegrini se vogliono fanno una offerta per

Presso il ponte della Magdalena.

Salita a Calzada de Be'jar

Case a Calzada de Be'jar

dormire qui, altrimenti pace e bene. In qesto spirito del cammino spesso non ho parole. Stamane Manuela a Calzada del Be’jar ci ha fatto una buona colazione e siamo partiti

penultimi. Manuela ci ha salutato baciandoci, perche’ ha detto che,

cosi’ facendo, si stirano le rughe. Cielo plumbeo. Il pueblo di Calzada del Be’jar e’ fatto di 4 case basse, con poggioli caratteristici. Alla mattina attraverso la piazzetta conducono le vacche al pascolo. E’ un paese che mi ricorda tempi della mia infanzia. Subito dopo un abitante ci dice che il cammino, per la pioggia di stanotte e’ allagato ed e’ meglio fare un giro di 2 km per evitare fatiche inutili e cosi’ facciamo. Sorpassiamo tutti i pellegrini di ieri sera e ci salutiamo cordialmente, in particolare i francesi (lui ha 73 anni). Siamo sugli 800 m, fa freddo e ogni tanto pioviggina. Cielo nero. Si arriva in salita a Valverde de Valdelacasa, poi si sale ancora, fra frassini, querce e pascoli fino a 950 m di Fuenterroble de Salvatierra. Piove a tratti. Qui ci fermiamo a fare spesa in un negozietto di piccolo paese, dove la signora ci dice che ha fatto il tratto Assisi-Roma con un asino, assieme ad altre persone e le e’ rimasto un ricordo indelebile dell’Umbria, Lazio e degli italiani. C’e’ molta semplicita’ e dignita’ negli abitanti di questi paesi. Mi sento bene con questa gente e mi ritrovo, dopo ogni colloquio, sempre sereno e in pace: sara’ lo spirito del cammino. Certo credo che la sua parte ce l’ ha. Da Fuenterroble inizia una strada sterrata su un altipiano prativo con poche piante e molto lunga. Fa freddo, ma c’e’ una pausa nel piovere. Si apre il cielo, che inonda luce limpida d’alta montagna il paesaggio. Ad un cippo miliario della via della Plata facciamo una sosta mangiando qualcosa sotto un albero, vicino ad un grosso falco, che ci guarda senza scomporsi.

Siamo seduti sul cordolo della antica via romana della Plata, che qui e’ tale e quale come era un tempo. Ci circondano vacche al pascolo in quantita’ in un silenzio e solitudine totale. Mi sembra una situazione primordiale e irreale. Siamo contenti. Credo che si dovrebbe vivere cosi, come ora. Si sale ancora, evitando per poco il Pico de la Duegna

a circa 1150 m e quindi ci perdiamo, vagando per paesi che non ricordo, fino ad arrivare, grazie ad indicazioni di persone di vari puebli, a S. Pedro de Rozados. Da qui ritorniamo a Morille, raggiunta precedentemente. Per sterrati variegati, in un continuo su e giu’, con abbastanza rilevanti dislivelli si punta su Salamanca. Da S. Pedro a Salamanca lo sterrato di 24 km e’ circondato da un

Salamanca A Salamanca davanti al monumento a Lazzarillo

Bovini al pascolo prima di Salamanca

Sull'altipiano, prima del Pico de la Duegna.

territorio splendido, con immensi spazi aperti, si attravesano rii in successione, prati fioriti con querce e ci sono tanti animali al pascolo. Ad un certo punto, dal margine dell’altipiano, compare Salamanca e sembra li a due passi, ma ci vogliono ancora tante pedalate per raggiungerla. Scendendo dall’altipiano, fra dolci colline coltivate a grano, a segala e a orzo, nella luce della sera, con le guglie della cattedrale di Salamanca davanti agli occhi, mi sono commosso.

Ho pensato alla mia vita, con i piedi sempre sotto alla scrivania, ho

realizzato che ho sbagliato tante cose. Credo che la vita sia fare piu’ spesso quello che ho fatto e visto in questi giorni. La fatica che ho fatto oggi e’ stata grande, ma stasera mi resta solo la luce di spazi aperti, di meravigliosi paesaggi, di belle persone che ho incontrato e la gioia di vivere.

20 maggio.

Sono qui stasera nella romanica citta’ di Zamora. Qui non ero mai stato e la citta’ vecchia si presenta con tutto il suo fascino appena passi il ponte medievale sul Duero. Arriviamo nel pomeriggio, col sole che inonda le chiese e gli edifici storici. All’albergo, ristrutturato molto bene, subito sopra il ponte medievale, ci accoglie con gentilezza una signora ospitalera volontaria svizzera. Ci sembra tutto bello, con tutte le comodita’. Carla lava per l’ennesima volta gli indumenti che si mettono ad asciugare. Chi vuole si fa da mangiare: ci sono tutte le

attrezzature. Oggi abbiamo fatto 72 km tutti in saliscendi, con qualche salita non lunga.

In vista di Salamanca.

Prima di Salamanca

Prima di Salamanca

Da Salamanca fino a Castellanos il territorio e’ coltivato a frumento e segala, le stradine sterrate sono lunghe, dritte e tutte ondulate fra colline. Dopo Calzada de Valdunciel il cammino percorre un tratto molto faticoso, disagevole e a contatto con l’autostrada per circa 18-20 km. Fuori dal paese di El Cubo de Tierra del Vino rompo il portapacchi della bici. Evidentemente ho caricato poco!. Per fortuna che ho appresso il necessario, perfino filo di ferro e in qualche maniera me lo

aggiusto. Facendo questo mi viene in mente il pellegrino con le mani in tasca e lo zainetto grande

come una mano; come avrebbe fatto in questo frangente? Sarebbe stato certamente bloccato, perche’ non aveva niente con se; ma e’ anche vero che non avendo niente con se non avrebbe rotto il prtapacchi per il peso…mah!!... Subito dopo si sale su colline e si scende in vallate bellissime, tutte coltivate a cereali e perfino a piselli. Non si incontra nessuno; per km e km non c’e’ una abitazione. I colori della natura sono fra i piu’ belli che ho visto e molto variegati. La luce del pieno sole e’ qui intensissima; difatti stasera a Zamora sono rosso come un peperone e per l’insolazione non mi sento per niente bene. Vedremo domani.

21 maggio.

Giornata anche oggi faticosa. Stamane a Zabora la signora svizzera da Closters ci ha preparato la colazione. Come sempre si parte lasciando un donativo. Non ti chiedono neanche quello!. La giornata e’ fresca, c’e’ il sole e si attrversano campagne coltivate a cereali, come al solito, su stradine sterrate, in continuo salscendi,

che ci tagiano le gambe. Troviamo, fra gli altri pellegrini, due anziani di Nimes con cui abbiamo condiviso

Fiori di lavanda selvatica dopo Salammanca

Paesaggio dopo El Cubo de Tierra del Vino

Cespugli fioriti lungo il cammino Carla dopo El Cubo de Tierra del Vino

la stanza. Lui porta al collo una busta di plastica trasparente con dentro uno spartito (non so perche’ e non glielo ho domandato). Persona amabile; pero’stanotte ha russato, senza disturbarmi piu’ di tanto, dal momento che avrei dormito anche su un sasso. Carla invece si e’ un po’ lamentata. Siamo passati per Montamarta, misero paese agricolo, vicino al paese di Ricobayo; poi percorso durissimo tra sentieri sassuti di

campagna collinare, con deviazioni impervie a causa di lavori per

strade. Infine ci troviamo in riva al lago di Ricobayo, dove i segni gialli sono stati a tratti interrotti, con alternative approssimative e di difficile percorrenza, fino alle imponenti rovine della fortezza di

Castrotorafe. Si prosegue sempre per sentieri di

campagna non tanto bella per Fontanilla de Castro e Riego del cammino. Da qui si sale tra colline e immensi campi di frumento a Granja de Moreruela. Qui ci ristoriamo con tapas e bevande varie e ci consigliano sul cammino. Incontriamo altri ciclisti spagnoli e facciamo poi un tratto insieme. Qui il cammino si divide: a nord

Paesaggio prima di Zamora

Cespugli in fiore dopo Moreruela Verso il lago di Rocobayo

Gregge di pecore presso le rovine di Castrotorate

si va ad Astorga e poi a Santiago per il cammino francese; a ovest si va a Santiago attraverso il cammino Sanabrico. Noi prendiamo questo. Subito dopo Granja de Moreruela si sale, tanto per cambiare, in un ambiente sterminato di cespugli con infiorescenze bianche. In questo mese di maggio e’ un vero spettacolo della natura, che da noi ci sogniamo. Poi si scende ripidamente al rio Elsa, con relativo bel lago. Passato il ponte i ciclisti sono costretti a proseguire fino a Foramontanos su strada asfaltata in saliscendi. Da qui si arriva a Tabara che ci accoglie con la bella chiesa romanica di S. Martin. L’albergo dei pellegrini e’ pieno e quindi ci rivolgiamo ai gestori del bar in piazza che hanno anche una pensione appena trecento metri dal centro e qui dormiamo e

mangiamo con prezzi ragionevoli. Oggi abbiamo fatto 72 km. Domani il tempo dovrebbe essere bello. Carla mangia, beve e

rompe spesso le palle: vuol dire che sta bene!

22 maggio.

Oggi abbiamo trascorso ancora una giornata faticosa e percorso 72 km. Stasera sono finito; credo di avere la febbre, ho mal di gola e male alle articolazioni: virosi. Comunque sono arrivato fino a qui; domani si vedra’. Stamani siamo partiti presto da Tabara e, per un errore, ci siamo avviati sulla statale per diversi km. Qui le strade nazionali e provinciali, come avevo constatato negli anni scorsi, sono tenute molto bene. Oggi e’ domenica e vedi circolare una macchina ogni “morte di papa”. L’asfalto e’ quasi tutto antipioggia,

non ci sono rattoppi o ancor meno buche. Non manca un catarinfrangente e la sgnaletica e’ semplice ed efficiente come in Germania. Mi viene da piangere a pensare alle nostre strade nel Veneto e in particolare alla SS della Valsugana di domenica in questo periodo. In tutto il giorno non ho visto una sola industria. I paesi sono piu’ frequenti che in Andalusia ed Estremadura e le case sono fatte, quelle vecchie, con blocchi di pietra granitica enormi, come qua vicino in Portogallo. Il territorio non e’ bello piu’ di tanto. Non ci sono

coltivazioni di cereali, ma boschi di roverella e, da Santa Marta de Tera, tante ginestre, in un tripudio di fioriture gialle. In ogni paese si trovano belle e antiche chiese romaniche, che si distinguono per la sobrieta’. A Monbuey, davanti alla bella chiesa romanica costruita dai templari nel 12° secolo, pochi abitanti del paese si riuniscono, col prete, per la messa e ci chiedono come al solito da quanto tempo siamo in vaggio e da dove arriviamo… Si parla

Tabara: la chiesa di san Martin

Mombuey: la chiesa romanica

Dopo Mombuey

sempre con cordialita’ e respiri dalla gente un qualcosa di benevole. Se incontri una macchina ti suonano o ti salutano dai finestrini e noi simo contenti e ci sentiamo importanti. Le campane di questo campanile disperdono nell’aria un suono che sembra quello di due battacchi che battono dentro a due bidoni di latta. Questo bel romanico campanile, unico nel suo genere, meriterebbe di esprimersi con ben altri suoni!. Da un paese all’altro c’e’ un mare di ginestre in fiore: e’ uno

spettacolo! In diversi paesi ci siamo fermati a bere qualcosa e qui mangi

sempre delle tapas e bocconcini, che sono sempre diversi, i piu’ vari e sempre molto buoni. I prezzi sono buoni e nessuno ne approfitta coi pellegrini. A Otero de Sanabria ho discusso con mia moglie sulla “bella Otero” di cui abbiamo sentito parlare; chi era costei? Mah… Otero e’ un paesucolo dove abbiamo incontrato una anziana signora che ci ha detto che qui vivono trenta persone in estate e primavera e in inverno vive da sola. Oggi ci sono le elezioni e lei si lamenta che a Madrid “comano” molto e a lei

pensionata, dopo tanti anni di lavoro non resta piu’ niente. Non sa perche’ va a votare ed e’ sfiduciata della situazione politica spagnola. Le rispondo che in Italia e’ lo stesso, se non peggio. Un’altra signora oggi, presso S. Marta de Tera, visto che le abbiamo detto che veniamo dalla zona di Venezia, vuole sapere assolutamente se Venezia sprofonda per il peso dei palazzi o perche’ si alza il mare. Le rispondo che la cosa non cambia, anche

perche’ fra poco (accenno a forse fra 200 anni), avremo il Mose, che rimediera’ a tutto, con buona pace di Venezia. Non mi crede.

Prima di arrivare a Puebla di Sanabria, passiamo in una zona dove c’e’ una specie di brughiera fiorita, da fermarsi a guardare e da fotografare! All’albergo dei pellegrini di Puebla troviamo una signora anziana e gentile , che ci assegna i posti in una camera a tre. L’albergo e’ tenuto molto bene, ma qui non si mangia. Ognuno deve arrangiarsi. Qui ho trovato un pellegrino italiano di Lodi con cui abbiamo parlato di diverse cose. Ho capito di aver trovato una brava persona, portatore di valori che condivido. Anche lui e’ partito da Siviglia assieme ad altre due persone, che hanno dovuto tornare a casa per malattia. Lui ha proseguito da solo e credo abbia fatto bene. E’ entusiasta, come tutti quelli che incontri, che hanno fatto questa esperienza. Ho notato che i pellegrini raramente si lamentano delle cose che non vanno, della pioggia, del mangiare quando capita, delle varie privazioni, del dormire a volte in maniera precaria, ecc. I pellegrini parlano delle cose buone e belle del cammi

Ginestre lungo il cammino

A Cernadilla

Brughiera fiorita prima di Puebla de Sanabria

no ed esprimono tutti determinazione di arrivare alla meta e carattere; e quando hai affrontato le privazioni piu’ diverse e a volte importanti, il solo essere al riparo dalle intemperie e con qulcosa in bocca, ti senti appagato, ma soprattutto ti senti piu’ disponibile verso chi ha bisogno. Credo che l’essenza del cammino sia questa.

23 maggio.

Stanotte sono stato male, tanto che stamane ero indeciso di partire. Poi siamo montati in bici in mezzo alla nebbia. Il primo tratto del percorso lo abbiamo fatto parte in strada statale e poi prima di Requejo, in un sentiero melmoso, con rapidi strappi, paludi acquitrinose e con acque scorrevoli sul sentiero. Un vero disagio. A Requejo, dopo aver fatto colazione e spesa, affrontiamo il passo Perdonelo a quota 1360 m circa. Gran sole e gran sudata. Continuo ad avere momenti di gran caldo e gran freddo: in pratica sto male. In discesa andiamo ad Aciberos e poi, ancora in discesa dentro una valle verdissima di castagni, fino ad attraversare il rio Pedro. Risaliamo alle 4 case di Hedroso e poi a Lubian. Qui le case vecchie sono coperte di lastre di ardesia. I muri delle case, almeno quelle vecchie, sono fatte con grossi sassi di granito squadrato, con architravi di porte e finestre giganteschi e massicci. Sono molto caratteristiche, anche perche’ in tante si adoperano poggioli di legno. Il territorio e’ verde e boscato. Da Lubian siamo scesi al rio Tuela e da questo posto fino al passo A Canada abbiamo fatto il percorso di non so quanti metri di dislivello piu’ micidiale da Siviglia a qui. Nella parte bassa il sentero e’ tutto allagato e melmoso, poi corre in salita fra grandi sassi, in mezzo a muri, dove insieme scorre un torrentello. Si fa fatica a procedere a piedi, immaginarsi con 2 bici stracariche di borse pesanti. (in qesto frangente mi sono pensato spesso di quello con le mani in tasca e lo zaino grande come una mano!). Fra balze e salti da non riuscire neanche a portarci appresso le bici, in qulche maniera, tutti trafelati, infangati e bagnati di sudore, siamo arrivati in cima con le nostre bici e le

nostre 4 borse di peso non ben definito, ma rilevante. Ci abbiamo messo tre ore e mezza. Non faro’ mai piu’ una esperienza simile. Carla e’ stata bravissima e anche io, perche’ non sto per niente bene. Si scende a Vilavella e qui ci ristoriamo adeguatamente e mangiamo il pulpo galliego (siamo appena entrati in Galizia). Subito dopo ho ripreso le forze e attraverso un paesaggio di ginestre gialle e

Fontana a Aciberos

Case a Lubian

Le scarpe di Carla dopo tanto camminare portando la bici

bianche e grossi massi di granito rotondi, levigati dal vento, siamo arrivati alla Gudigna. All’albergo ci sono molte persone con cui ci si scambiano esperienze: tedeschi, un ciclista di San Sebastian, uno di Lanzarote, un signore da Bergamo, uno della val di Cembra. Parliamo sempre del cammino, mangiamo e andiamo a letto in un camerone dove ci sono 22 letti. Credo che stanotte ci saranno dei bei cori di russamento. Comunque lascia che russino, io certo non li sentiro’, con la stanchezza che ho

addosso.

24 maggio.

E cosi’ e’ stato: notte di totale profondo riposo. Cosa sia successo stanotte attorno a me non lo so. Stamane sto bene: difatti io e Carla discutiamo animatamente per cose futili; vuol dire che si puo’ partire in forma. Subito ci troviamo da fare una salita nel freddo mattino con una bellissima giornata. Nelle valli si vedono le nebbie. Ci si innalza, sudando sotto il maglione, fino a un vertice di 1100 m. Si va poi in su e giu’ lungo un crinale dove si vedono panorami con grandi spazi, fra le montagne della Galizia, in posti fuori dal mondo. Come sempre, partiti per ultimi, incontriamo le nostre conoscenze della sera prima e ci fermiamo per scambiarci qualche facezia, promesse ed auguri. Passiamo per paesucoli e gruppi di case di montagna come Venda do Espigno, V. Teresa, V. da Capela, V. Bolagno, Campobecerros, dove non abita quasi piu’

nessuno, se non qualche vecchio, che con cordialita’ ti saluta e ti racconta la situazione di questi luoghi. Sono

abitati spopolati, non ho visto giovani e le vecchie dignitosissime case di pietra e coperte con ardesia, sono in gran parte diroccate. Ti coglie un senso di disaagio e pena per queste comunita’ che, nei secoli passati hanno strappato alla brughiera della montagna qualche lembo di prato per pecore e vacche. Ora va tutto a finire. Questi luoghi mi ricordano la vita del mio paese di montagna 50 anni fa. Qui in proporzione e’ la stessa cosa. Ma la verde e bella Galizia da qui ti da’ panorami mozzafiato. Fra l’altro la vista del lago artificiale de Las Portas ti accompagna per molti km e lungo tutto il lungo crinale, fino a Campobecerros. Questo e’ un paese che deve aver vissuto ben altre glorie, rispetto ad ora. La gente e’ poca e arriviamo quando in piazza le capre e le pecore si riuniscono, uscendo dalle porte delle stalle del paese, lungo la via principale, per andare al pascolo. Sono condotte da una pastora, che ci da’ informazioni su dove comprare il pane: fra 20 km!. Le piazze e le strade, soprattutto vicino alle fontane dei

Le montagne della Galizia, subito dopo La Gudigna.

Campobecerros: si conducono le pecore al pascolo

I simpatici ciclisti di Barcellona trova ti ad As Eiras

piccoli paesi della Galizia sono sempre piene di escrementi di vacche e di pecore. Mi commuovo, perche’ questo mi ricorda il paese

della mia infanzia. Qui non esistono

industrie, botteghe artigianali, turismo, attivita’ commercili, giovani; capisci che qui tutto sta morendo, come del resto e’ successo in tante nostre comunita’ di montagna. In questo paese, passando vicino ad una casa, abbiamo sentito trasmettere il giornale radio con un volume molto alto, nel piu’ completo silenzio circostante. Incuriositi, ci siamo fermati per capire l’arcano. Semplice: il proprietario di un cigliegio con frutti maturi, ha attaccato

l’altoparlante della radio sull’ albero e ha cosi’ inventato un geniale ed efficace spaventapasseri. Da Campobecerros saliamo ancora per un piccolo passo fra poche coltivazioni e ambiente inselvatichito e arriviamo al paese di Porto Camba. Qui saliamo ancora con un bel sole caliente alla croce posta in onore dei pellegrini morti lungo il cammino. Poi ad As Eiras troviamo un gruppo di ciclisti da Barcellona, che sono partiti a Santiago e vanno a Siviglia in senso contrario. Sono dei veri simpaticoni; ci fermiamo e ridiamo molto in loro compagnia; sono in 10, compresa una donna secca. Di un cigliegio del pueblo hanno fatto completa razzia: sull’albero non e’ rimasto un frutto, solo foglie per terra. Facciamo una foto ricordo e mi metto d’accordo che gliela mando al gruppo “ladrones” di Barcellona. Ad As Eiras inizia

una lunga discesa su strada sterrata fra montagne impervie, alcune forre e numerose piantagioni di pini: bei posti. E’ lunga e ci vuole diverso tempo per scendere a Lasa, a circa 450 m di altitudine. Lasa e’ un centro abbastanza grosso e qui facciamo spesa. Poi verso mezzogiorno, ci avviamo per la salita che porta su ai circa 1000 m della croce di Albergueria. Si va su dopo aver mangiato, con una temperatura e un sole caldo di cui non sono abituato. A meta’ percorso c’e’ una specie di barco, con una fonte che getta abbondante, fresca e buonissima acqua. Mi lavo perfino la cabeza, con grande refrigerio, ma per arrivare in cima ci vuole ben altro! Con questo calore non si arriva mai su. Al piccolo centro di Albergueria, tutti trafelati e bagnati di sudore, con gli idumenti che sembrano essere stati messi in ammollo, entriamo al bar Rincon del Peregrino per ristorarci. Bella accoglenza da parte del gestore: subito mette su una musica Italiana (il sole in un

Carla col proprietario del bar Rincon del Peregrino La conchiglia lasciata al bar

Rincon

Dopo Albergueria.

Abbeveraggio di mucche a Boveda

a stanza di Mina): Carla l’accompagna sottovoce. Poi ci prende una conchiglia del pellegrino e vuole che scriviamo i nostri nomi e la data di passaggio. Poi le attacca a un chiodo, assieme alle numerosissime altre, che ci sono nel locale. Lui dice che fa cosi’ con tutti i pellegrini che passano nel suo locale, ma io credo che lo faccia solo con i piu’ simpatici!. Si chiama Luis Sander Fernandez ed e’ una persona di poche parole, ma di grande simpatia, che mi

restera’ come caro ricordo. Da queste quattro case continuiamo lungo il

cammino e subito dopo ci troviamo impossibilitati a proseguire per l’acqua alta e il grande fango sul sentiero. Torniamo indietro e proseguiamo lungo la provinciale senza incontrare nessuno, prima in saliscendi, fra la brughiera fiorita e poi in discesa fino a Vilar de Barrio. Da qui proseguiamo per Xunqueira fra stradine di campagna in terra battuta, in un paesaggio ondulato e pianeggiante in alcune zone, con tante ginestre. Si passano tanti piccoli paesucoli. A El Barrio vediamo il primo tipico deposito di cereali antiroditori, che si usava fare in tutta la Galizia. A Boveda, nella fontana della piazza un vecchio sta abbeverando quattro magnifiche vacche e ci fermiamo a parlare con lui. Questi ambienti e questi atti mi fanno ritornare alla vita del mio paese in montagna, 50 anni fa, dove ho vissuto gli anni piu’ belli della mia vita. Subito dopo, tanto per non farci mancare niente, dopo 70 e piu’ km di montagne, ci perdiamo; come sempre in ambienti fortemente ondulati. Comunque, grazie ai consigli di due vecchi di non so quale paese, arriviamo a Xunqueira. Troviamo subito l’albergo dei pellegrini e andiamo a mangiare e bere copiosamente. E’ stata una bella e faticosa giornata.

25 maggio.

Partenza col fresco; subito il solito su e giu’. In tutto questo viaggio abbiamo fatto ben pochissimo tragitto in piano. Si va giu’ ad attraversare un rio e si ritorna su su un crinale per poi ridiscendere e rislire per innumerevoli volte, con continue sudate e gambe che si spezzano: questo e’ il cammino in Galizia. In questa regione ci sono diversi paesi e abitati. La natura e’ verde, con grandi alberi di querce e castagni. Si vedono

ancora tante magnifiche ginestre. In un su e giu’ continuo, ci caliamo poi nella grande citta’ di Orense. E’ questa una citta’ moderna, con industrie e commerci. Ci mettiamo poco a visitarla, perche’, oltre alla cattedrale ha poco di rilevante da vedere. Passiamo il ponte romano e da qui inizia una salita in costiera del sole ,

El Barrio

A Vilar de Barrio

Alberto da Bilbao e Raffaele Prima di Xunqueira

fra abitati, ripida e spaccagambe. A Cudeiro ci fermiamo per un ristoro e qui giunge Alberto, il ciclista basco che abbiamo conosciuto in precedenza. Ripartiamo sotto un sole e

caldo disumani, su una salita che ti costringe a

spingere la bici. Poi qualche respiro, ma nei pressi di Tamallancos, non ne posso proprio piu’, mi distendo sul sentiero , sotto una quercia e prendo sonno. Mi sveglia il temporale e quindi si continua, ancora in salita e poi in saliscendi. Poco prima di Viduedo ci fermiamo in un ristorante a mangiare qualcosa. L’oste ci dice che ci preparera’ un piatto adeguato per ciclisti che hanno bisogno di forze. Il carraffone di birra da litro sono riuscito a berlo e neanche con tanti sforzi, ma le altre portate di non so quante cibarie, non siamo riusciti a finirle. Alla fine abbiamo pagato ben poco, per quello che ci ha portato. Poi con fatica, ma senza sole, siamo arrivati a Cea, il paese del pane. Il paese e’ bello, con numerose vecchie case tipiche e ben conservate. All’albergue ci troviamo in un camerone da circa 40 posti. Oggi abbiamo fatto solo 45 km, ma sono stanco lo stesso; forse sto pagando per i giorni scorsi. La mia bici segna 1000 km dall’aeroporto di

Siviglia.

26 maggio.

Stasera siamo a Outeiro, a 16 km da Santiago e non mi pare vero. Siamo in un albergo per pellegrini in mezzo ai boschi, isolato. Abbiamo fatto oggi quasi 80 km, in mezzo a mezze montagne, attraversando innumerevoli corsi d’acqua. Qui ci troviamo insieme ad un gruppo di tedeschi sufficienti e numerosi altri pellegrini con la bocca cucita. Il clima di cordialita’ fra i pellegrini cambia piu’ ci si avvicina a Santiago. Questo avviene in maniera proporzionale al

numero dei pellegrini negli alberghi e quindi alla vicinanza a Santiago. Avevo notato questa cosa anche nel cammino francese. Difatti molti arrivano con l’aereo o il pulman a percorrere gli ultimi 100 km e fatica ne hanno poca sulle spalle e nelle gambe. Stamane ho visto un gruppo di giapponesi, erano una dozzina che procedevano con uno zainetto microscopico e qualcuno non aveva neanche quello, scarpe da ginnastica bianchissime e braghe bianche. Ovviamente non hanno dormito con noi all’albergo dei pellegrini, perche’ li avrei visti, ma in qualche altro albergo piu’ “decoroso”. Ognuno e’ libero di fare quello che vuole, ma io sono contento cosi, di fare quello che ho fatto finora da Siviglia, con tanta fatica, ma con grande soddisfazione. Stamani

All'albergo dei pellegrini di Cea Davanti l'albergo dei pellegrini di Cea

Antico forno per il pane a Cea

Il caro vecchio di Outerio

fuori Cea, paese bello, colle sue vecchie case e forni di granito, ci si e’ presentato, tanto per cambiare, un percorso in salita, in un trcciato di sentiero sconnesso, che ci ha costretto a spingere la bici per circa 4-5 km. Poi, lungo una stradina campestre asfaltata, abbiamo raggiunto, in forte salita il grandioso monastero di Oseira. Qui il frate ci ha fatto il timbro sulla credenziale, ma ci teneva che comprassimo liquori di erbe e dolcetti che producono loro; ma come portarci dietro tutto questo?. Il cielo e’ coperto e fa freddo. Le cime dei rilievi sono coperti dalle nebbie. Al monastero di Oseira facciamo una buona colazione, senza la quale non si sarebbe potuto salire il poggio sopra il monastero. Poi in discesa attraversiamo numerosi paesini ed abitati. Si vede qui l’anima della Galizia. L’anima vera, quella integra e uguale nella sua essenza da secoli. Vicino ad Outerio ci fermiamo a parlare con un vecchio. Lungo la strada sta conducendo 2 vacche, che trainano un carro, con caricato un aratro rudimentale, in forte salita. Ha la sua bella eta’ e quando gli chiediamo come va, ci risponde che deve sempre e solo “trabahar”, anche se e’ vecchio. Vedendoci che siamo pellegrini per Santiago, ci fa gli auguri piu’ sinceri e belli che il mio animo ha percepito fino ad ora. Quel momento per me e’ stato intenso e l’augurio sincero di quel povero vecchio di un pueblo della Galizia non lo dimentichero’ piu’. La Galizia e’ bella; per conoscerla bisogna fare il cammino. Il paesaggio e’ di montagna o mezza montagna, con tantissimi corsi d’acqua. Trovi acqua dappertutto, con fontane di granito in ogni villaggio. I boschi, onnipresenti e il verde ti riposano l’occhio. Le boscaglie sono costituite da grandi querce, con tronchi a volte enormi. Non so quanti secoli alcune abbiano, certamente certe hanno convissuto con i Celti, antichi abitanti di qeste terre. Poi ci sono tanti castagni, anch’essi enormi, alcuni secolari. Si vedono poi zone di eucalipti belli ed altissimi. Nelle radure in questo momento regna la ginestra, con fioriture mozzafiato. Ma il fiore che caratterizza in questo mese la Galizia e che trovi dappertutto e’ la digitalis purpurea. E’ qui ubiquitaria e nel nostro Veneto non l’ho mai vista. Da questa pianta si ricava la digitale, un farmaco molto tossico e che si usa specialmente in patologie cardiache. Fra i boschi si vedono qua e la’ radure prative, ma non estese, dove ci sono piccoli insediamenti umani, a volte di una sola piccola fattoria. In qesti ambienti rurali si vive ancora come una volta, in simbiosi con la natura. In genere non esistono fabbriche, ne’ commerci, salvo nei centri piu’ grossi. La gente vive di allevamento di gran belle vacche da carne; non esiste pero’ un allevamento industriale, con mangimi, ecc. (almeno nelle zone dove sono passato) e gli animali sono liberi al pascolo. Qui tutto e’ familiare, anche l’agricoltura: si vedono orti piu’ o meno grandi con coltivazione di cipolle, patate, carote, piselli e soprattutto una specie di

verza che arriva all’ altezza di un uomo e che qui, raccogliendo via via le foglie piu’ basse, con queste fanno una zuppa di cui non ricordo il nome. Le case dei contadini sono povere e dimesse; eppure, passando per tutti questi innumerevoli paesetti ed ambienti variegati, mi resta alla fine un senso di grande pace e serenita’. Ma anche di rammarico, perche’ sotto molti aspetti mi rendo conto delle cose positive che ha perduto la gente dalle nostre parti, solo in

Davanti a un vecchio forno a Cea

La Galizia nella zona di Outeiro

una generazione, di un modo di vivere antico. Si sale fino agli 800 m dell’alto de Santo Domingo. Cerchiamo del pane in questo paesucolo, ma una vecchia ci dice che dobbiamo andare avanti, molto avanti. Si sale e si scende sempre e non poco. Da Borralla a Taboada il cammino scende sul rio Deza e qui ci sembra di tonare ai tempi di Cristo. Si cammina trascinandoci le bici su un selciato di granito romano fino a un ponte romano, che solca il rio Deza. E’ un posto stupendo! Meno stupenda e’

la faticosa risalita sul lato opposto, sempre sulla strada romana lastricata, tale e quale come ai tempi di Cristo. Per arrivare a Puente Ulla non so quanti rii, con relative importanti salite e discese, abbiamo scavalcato. L’ambiente e’ sempre lo stesso: sei smpre in mezzo a bellissimi boschi e radure prative con

piccoli villaggi. Da Puente Ulla ad Outero abbiamo fatto l’ultima salita massacrante, molto impegnativa, spingendo a volte la bici, in quanto, per la ripidita’ della strada, pedalando si alzava la ruota anteriore. Grandiosa sudata. All’albergo Carla trova da dire con dei tedeschi. Questi sono arrivati prima di noi e si sono impossessati di cucina, pentole e altro: loro mangiano e se la prendono comoda. Per andare a mangiare da qualche parte qui bisogna telefonre a un taxi. Carla comunque cucina del riso con tonno e altre cose e mangiamo in barba ai tedeschi. Avevamo fame e ora stiamo bene.

27 maggio.

Gran vento stanotte, che ci ha svegliati col suo soffiare molto intenso. Stamane il cielo e’ limpidissimo e il vento ce lo abbiamo ovviamente contro. Si parte per l’ultma tappa; da una parte sono contento, dall’altra mi dispiace che stia per finire questa splendida esperienza. Come al solito, gli ultimi km sono tutto un su e giu’, fra

alte colline in mezzo ai

boschi. Siamo partiti alle sette e un quarto e non abbiamo trovato un bar aperto fino a Santiago. Via via che ci si avvicina a Santiago si vedono sempre piu’ abitazioni. Finalmente, al culmine dell’ennesimo dosso, vediamo in lontananza le guglie della cattedrale di Santiago! Ti prende uno struggimento. Si va avanti ancora in su e giu’ per discrete pendenze per un bel po’ e finalmente si inizia a salire per una strada ripida, verso il centro della citta’. Andiamo subito alla piazza della cattedrale e qui ci commoviamo, ci sentiamo in pace con noi stessi, rilassati, soddisfatti. Vedi tanti altri pellegrini, che

Sulla strada romana dopo Borralla

Il ponte romano dopo Borralla

La strada romana prima di Taboada

Hanno fatto la tua esperienza, con il viso raggiante, chi seduto sulla piazza, chi confabulando qua e la’ con i compagni di viaggio. E’ un momento particolare, molto intenso, che non si puo’ dimenticare. Non ti pare vero di aver realizzato un sogno e sei contento, sei solo contento. I sacrifici, le privazioni, le salite faticose, non esistono piu’, sei solo contento. E’ la terza volta che arrivo a Santiago su questa piazza, ma questa volta questo posto mi ha dato piu’ di sempre. Dedichiamo poi il resto del tempo della giornata a fare il chek-in per l’aereo via internet, a contattare, vicino a porta del cammino, un artigiano, che parla diverse lingue e si incarica di impacchettare le bici e mandarle col taxi all’aeroporto. Siamo andati anche a prendere la

compostela e qui una signorina ha analizzato attentamente tutti i sigilli fatti sui vari alberghi dei pellegrini sulle credenziali, da Siviglia a Santiago; ci ha fatto compilare una specie di questionario e poi ci ha fatto i complimenti. Mi sono sentito un po’ inorgoglito. La compostela non la danno a tutti, ma solo a chi ha fatto regolarmente almeno gli ultimi 100 km del cammino. Oggi abbiamo mangiato da Manolo, un ristorante consigliato ai pellegrini; come al solito, Carla azzecca sempre bene nella scelta del menu spagnolo, io non tanto. Stasera siamo qui all’albergo dei pellegrini di S. Lazzaro. Ci sistemiamo, ci laviamo e mangiamo insieme a diversi italiani di buona compagnia. C’e’ un giapponese di Osaka, che e’ venuto dal Giappone via aereo a Madrid, poi e’ andato a Pamplona e da qui a Roncisvalle per iniziare il cammino francese, Durante il cammino dice di aver imparato un po’ di spagnolo; in effetti in qualche maniera si fa capire in questa lingua. Dice sinceramente che qulche tratto del cammino lo ha fatto col bus. E’ piccolo, magro, simpatico, cordiale e furbo. In quattro e quattrotto ha fatto un origamo realizzando una rosa rossa, con relative foglie verdi, che ha regalato a mia moglie dicendole: mi piaci. Si chiama Yoshitaka Sugimoto ed ha 73 anni.

28 maggio.

Stamane abbiamo portato le bici al nostro amico e cosi’ siamo rimasti a piedi, con una borsa della bici a tracolla. Grande autonomia la bici!! Abbiamo girato per Santiago tutto il giorno perdendoci fra i monumenti della citta, gratificati da tante sensazioni ed umanita’. Siamo stati alla messa solenne per i pellegrini in cattedrale, con grande affollamento di gente. Alla fine il celebrante ci ha benedetto tutti col buttafumeiro, che viene fatto oscillare da una navata

Digitalis purpurea

Contenti alla meta di Santiago

Carla con Sugimoto

all’altra. Infine stasera abbiamo deciso di lasciare questo centro mistico. Sotto il portico della gloria un giovane suonava una musica celtica con la cornamusa. Sara’ stata la musica, sara’ stato l’ambiente, il momento della sera, ma mi ha preso un senso di mestizia e tristezza per la partenza, che non so capire del tutto. Tornero’ a Santiago? Rientriamo in albergo in attesa di progettare qualcosa per domani, dal momento che l’aereo parte il 30.

29 maggio.

Stamane decidiamo di partire per La Corugna, una

citta’ della Spagna dove non siamo mai stati. Anche perche’ e’ tradizione che il pellegrino, una volta raggiunto Santiago vada fino all’atlantico. Il cammino francese lo abbiamo concluso a Finisterre, questo pensiamo di concluderlo sulle coste dell’atlantico di La Corugna. Partiamo con l’autobus e in 40 minuti con

l’autostrada, siamo a destinazione. La Corugna e’ una grande citta’, moderna, con una quantita’ impressionante di banche. Presenta un grande e fiorente porto. Girovaghiamo tutto il giorno all’interno del cento storico, con la piazza de Maria Pita. La citta’ vecchia presenta edifici con caratteristici pergoli a vetrate, quasi tutti uguali e un poco simili a quelli della citta’ di La Valletta, solo che qui sono tutti bianchi. Facciamo a piedi tutto il lungomare dal porto fino alla torre di Ercole. Qesta punta e’ libera da abitazioni e si e’ a contatto con un vero ambiente atlantico del nord della Spagna. La torre di Ercole e’ il piu’ antico faro

romano, costruito al tempo di Traiano e rifatto in epoca recente, ancora funzionante. E’ in una posizione molto bella e panoramica. Ritorniamo in centro per il lungomare de l’Ensenada del Orzan e qui andiamo a mangiare qualcosa in un ristorante, col risultato che non rimaniamo tanto contenti: evidentemente siamo fuori dal tragitto del cammino di Santiago. Il cielo si rannuvola velocemente con temporale imminente e a stento arriviamo alla stazione degli autobus senza bagnarci. Si ritorna all’albergo dei pellegrini di Santiago. Qui troviamo ancora i 2 signori di Savona, quello di Melegnano e quelli di Bergamo tutti parcheggiati qui in attesa dell’aereo. Conversiamo ridiamo, passiamo una serata in piacevole compagnia.

Gli amici italiani all’albergo s. Lazzaro di Santiago

La torre de Hercules a L Corugna

Centro storico a La Corugna

30 maggio.

Oggi si parte. Col taxi e gli scatoloni delle biciclette andiamo all’aeroporto di Santiago e da qui a Barcellona e infine a Venezia, dove alla sera ci viene a prendere sempre lo zio Luigi.

Conclusioni.

Le splendide terre che abbiamo attraversato nel piu’ bel mese dell’anno e le persone che abbiamo incontrato ci hanno dato tanto. Torniamo a casa col ricordo di grandi emozioni, di spettacolari paesaggi, di rapporti umani speciali. Torniamo con l’animo in pace e sereno e con la gioia di vivere; tutto questo dovuto probabilmente allo spirito del cammino. Ci rimarranno ricordi indelebili e gia’ da adesso tanta nostalgia. Una ultima considerazione: in tutte le regioni attraversate, da Siviglia fino ad oltre Santiago il canto delle quaglie ci ha sempre accompagnato. E’ un canto che conosco bene e che appartiene alla mia infanzia. Oggi da noi le quaglie da tanto tempo, non cantano piu’.

Maccagnan Raffaele.

Bassano del Grappa 06 giugno 2011.

P.S.: Questo elaborato e’ la trascrizione integrale di annotazioni scritte ogni sera, nonostante la stanchezza, nel periodo di tutto il nostro viaggio.

le coste dell'atlantico a La Corugna. Fiori di prato in riva all'atlantico