La sintesi cosmica di litio, berillio e...

4
La sintesi cosmica di litio, berillio e boro A differenza degli altri elementi, formatisi nelle fornaci stellari, litio, berillio e boro avrebbero avuto origine dalla collisione dei raggi cosmici con le nubi di gas e polvere a bassa densità degli spazi interstellari di Victor E. Viola e Grant J. Mathews uasi tutti gli elementi chimici che costituiscono il sistema solare si sono formati nel corso del- l'evoluzione stellare. Il processo ebbe inizio miliardi di anni fa quando nubi di materia primordiale cominciarono a condensare formando le prime stelle gio- vani. All'interno di queste fornaci stel- lari, l'idrogeno e altri elementi leggeri subirono la fusione, formando nuclei più pesanti, che vennero poi espulsi nello spazio, o durante un'esplosione di super- nova (che conclude la vita di una stella di grande massa) oppure alla morte di una gigante rossa, il tipo di stella in cui il Sole si trasformerà tra circa cinque mi- liardi di anni. Al termine di questa prima fase, il ciclo ricominciò, con la nascita di una seconda generazione di stelle dalla composizione chimica più ricca. Sebbene descriva con successo la mag- gior parte di questi fenomeni, la teoria che abbiamo appena esposto non riesce a spiegare l'esistenza di tre elementi leg- geri: litio, berillio e boro. I nuclei di que- sti elementi, che contengono rispettiva- mente tre, quattro e cinque protoni, si disintegrerebbero rapidamente nell'am- biente caldo, denso e violento che carat- terizza l'interno di una stella. In effetti, tutti gli atomi di litio, berillio o boro che fossero presenti inizialmente nel nucleo di una stella appena formata verrebbero distrutti non appena la stella stessa ini- ziasse a contrarsi, riscaldandosi. Come hanno potuto formarsi, allora, questi elementi? Per molto tempo il problema si è dimostrato insolubile. Recentemente, però, gli sforzi riuniti di astrofisici teorici e di fisici nucleari delle energie medio-basse hanno comin- ciato a dare una risposta. Si ritiene ora che litio, berillio e boro siano stati pro- babilmente sintetizzati non nell'interno delle stelle, ma nelle immense nubi di gas e polvere a bassa densità che riem- piono lo spazio interstellare della nostra galassia, costituendo nell'insieme il mez- zo interstellare. I raggi cosmici, costituiti principalmente da protoni di alta ener- gia, che negli ultimi 10 o 15 miliardi di anni hanno continuàmente attraversato il mezzo interstellare, hanno dato inizio alle reazioni che producono i tre elemen- ti leggeri. Sembra inoltre che una per- centuale notevole di uno di questi ele- menti, il litio, sia stata prodotta nella nucleogenesi avvenuta nel corso dei pri- mi momenti dell'espansione cosmica se- guita al big bang, l'esplosione primordia- le verificatasi circa 15 miliardi di anni fa, alla quale si fa risalire la nascita del- l'universo. La relativa scarsità di litio, berillio e boro, ciascuno dei quali ha un'abbon- danza inferiore a un miliardesimo di quella dell'elemento più diffuso in natu- ra, l'idrogeno, e di molti ordini di gran- dezza minore di quella dell'elio, del car- bonio, dell'azoto e dell'ossigeno, non ne diminuisce affatto l'importanza. La stra- ordinaria origine di questi tre elementi li rende affascinanti testimoni della storia dell'universo. A mano a mano che si vanno accumulando le informazioni for- nite dagli esperimenti di laboratorio che simulano la produzione in natura di que- sti elementi, i modelli della loro sintesi cosmica diventano tanto precisi da for- nire anche dati che possono aiutare a decidere se l'universo si espanderà per sempre o se alla fine collasserà nuova- mente in una palla di fuoco calda e densa di particelle elementari. L'interazione dei raggi cosmici con il mezzo interstellare si è prospettata via via come la più plausibile tra le spiega- zioni della sintesi cosmica di litio, beril- lio e boro. Quasi 30 anni fa, E. Margaret Burbidge, Geoffrey Burbidge, William A. Fowler e Fred Hoyle, allora al Cali- fornia Institute of Technology, fecero notare che la facilità di frammentazione caratteristica dei tre elementi comporta necessariamente che siano stati sintetiz- zati in un mezzo poco denso e a tempe- rature abbastanza basse da impedire ai nuclei di frantumarsi poco dopo la for- mazione. Gli studiosi postularono che sorgente di questi elementi fosse un «processo» non meglio definito, ipotiz- zando che essi si fossero potuti formare in reazioni nucleari che comportano la frammentazione di nuclei pesanti per collisione con nuclei leggeri di alta ener- gia all'interno di un opportuno ambiente a bassa densità. U n ambiente di questo tipo avrebbe potuto essere, per esempio, la su- perficie del Sole appena formato o di un'altra stella giovane durante una fa- se iniziale di intensa attività, ricca di brillamenti. Un'altra plausibile sede di formazione avrebbe potuto essere l'in- volucro esterno di gas e materia conden- sata che circondava il Sole nel momento in cui cominciava a formarsi il sistema solare, come Fowler, Jesse L. Green- stein Donald S. Burnett e Hoyle propo- sero in una serie di articoli pubblicati tra il 1962 e il 1965. L'involucro doveva con- tenere a quell'epoca una grande quantità di carbonio, azoto e ossigeno. Durante il periodo iniziale di intensa attività so- lare, protoni e particelle alfa (nuclei di elio, costituiti da due protoni e due neu- La grande nebulosa nella costellazione di Orione è una regione in cui avviene forse la sintesi di litio, berillio e boro. La nube interstellare in figura è illuminata dalle stelle appena formate che si trovano dietro. Si ritiene che raggi cosmici di elevata energia, passando attraverso le nubi di gas e polveri della Galassia, diano luogo alle reazioni nucleari in cui si producono i tre elementi. 25

Transcript of La sintesi cosmica di litio, berillio e...

Page 1: La sintesi cosmica di litio, berillio e borodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1987_227_2.pdf · La sintesi cosmica di litio, berillio e boro A differenza degli altri

La sintesi cosmicadi litio, berillio e boro

A differenza degli altri elementi, formatisi nelle fornaci stellari, litio,berillio e boro avrebbero avuto origine dalla collisione dei raggi cosmicicon le nubi di gas e polvere a bassa densità degli spazi interstellari

di Victor E. Viola e Grant J. Mathews

uasi tutti gli elementi chimici checostituiscono il sistema solaresi sono formati nel corso del-

l'evoluzione stellare. Il processo ebbeinizio miliardi di anni fa quando nubidi materia primordiale cominciarono acondensare formando le prime stelle gio-vani. All'interno di queste fornaci stel-lari, l'idrogeno e altri elementi leggerisubirono la fusione, formando nuclei piùpesanti, che vennero poi espulsi nellospazio, o durante un'esplosione di super-nova (che conclude la vita di una stelladi grande massa) oppure alla morte diuna gigante rossa, il tipo di stella in cuiil Sole si trasformerà tra circa cinque mi-liardi di anni. Al termine di questa primafase, il ciclo ricominciò, con la nascita diuna seconda generazione di stelle dallacomposizione chimica più ricca.

Sebbene descriva con successo la mag-gior parte di questi fenomeni, la teoriache abbiamo appena esposto non riescea spiegare l'esistenza di tre elementi leg-geri: litio, berillio e boro. I nuclei di que-sti elementi, che contengono rispettiva-mente tre, quattro e cinque protoni, sidisintegrerebbero rapidamente nell'am-biente caldo, denso e violento che carat-terizza l'interno di una stella. In effetti,tutti gli atomi di litio, berillio o boro chefossero presenti inizialmente nel nucleodi una stella appena formata verrebberodistrutti non appena la stella stessa ini-ziasse a contrarsi, riscaldandosi. Comehanno potuto formarsi, allora, questielementi? Per molto tempo il problemasi è dimostrato insolubile.

Recentemente, però, gli sforzi riunitidi astrofisici teorici e di fisici nucleari

delle energie medio-basse hanno comin-ciato a dare una risposta. Si ritiene orache litio, berillio e boro siano stati pro-babilmente sintetizzati non nell'internodelle stelle, ma nelle immense nubi digas e polvere a bassa densità che riem-piono lo spazio interstellare della nostragalassia, costituendo nell'insieme il mez-zo interstellare. I raggi cosmici, costituitiprincipalmente da protoni di alta ener-gia, che negli ultimi 10 o 15 miliardi dianni hanno continuàmente attraversatoil mezzo interstellare, hanno dato inizioalle reazioni che producono i tre elemen-ti leggeri. Sembra inoltre che una per-centuale notevole di uno di questi ele-menti, il litio, sia stata prodotta nellanucleogenesi avvenuta nel corso dei pri-mi momenti dell'espansione cosmica se-guita al big bang, l'esplosione primordia-le verificatasi circa 15 miliardi di anni fa,alla quale si fa risalire la nascita del-l'universo.

La relativa scarsità di litio, berillio eboro, ciascuno dei quali ha un'abbon-danza inferiore a un miliardesimo diquella dell'elemento più diffuso in natu-ra, l'idrogeno, e di molti ordini di gran-dezza minore di quella dell'elio, del car-bonio, dell'azoto e dell'ossigeno, non nediminuisce affatto l'importanza. La stra-ordinaria origine di questi tre elementi lirende affascinanti testimoni della storiadell'universo. A mano a mano che sivanno accumulando le informazioni for-nite dagli esperimenti di laboratorio chesimulano la produzione in natura di que-sti elementi, i modelli della loro sintesicosmica diventano tanto precisi da for-nire anche dati che possono aiutare a

decidere se l'universo si espanderà persempre o se alla fine collasserà nuova-mente in una palla di fuoco calda e densadi particelle elementari.

L'interazione dei raggi cosmici con ilmezzo interstellare si è prospettata viavia come la più plausibile tra le spiega-zioni della sintesi cosmica di litio, beril-lio e boro. Quasi 30 anni fa, E. MargaretBurbidge, Geoffrey Burbidge, WilliamA. Fowler e Fred Hoyle, allora al Cali-fornia Institute of Technology, feceronotare che la facilità di frammentazionecaratteristica dei tre elementi comportanecessariamente che siano stati sintetiz-zati in un mezzo poco denso e a tempe-rature abbastanza basse da impedire ainuclei di frantumarsi poco dopo la for-mazione. Gli studiosi postularono chesorgente di questi elementi fosse un«processo» non meglio definito, ipotiz-zando che essi si fossero potuti formarein reazioni nucleari che comportano laframmentazione di nuclei pesanti percollisione con nuclei leggeri di alta ener-gia all'interno di un opportuno ambientea bassa densità.

Un ambiente di questo tipo avrebbepotuto essere, per esempio, la su-

perficie del Sole appena formato o diun'altra stella giovane durante una fa-se iniziale di intensa attività, ricca dibrillamenti. Un'altra plausibile sede diformazione avrebbe potuto essere l'in-volucro esterno di gas e materia conden-sata che circondava il Sole nel momentoin cui cominciava a formarsi il sistemasolare, come Fowler, Jesse L. Green-stein Donald S. Burnett e Hoyle propo-sero in una serie di articoli pubblicati trail 1962 e il 1965. L'involucro doveva con-tenere a quell'epoca una grande quantitàdi carbonio, azoto e ossigeno. Duranteil periodo iniziale di intensa attività so-lare, protoni e particelle alfa (nuclei dielio, costituiti da due protoni e due neu-

La grande nebulosa nella costellazione di Orione è una regione in cui avviene forse la sintesi dilitio, berillio e boro. La nube interstellare in figura è illuminata dalle stelle appena formate chesi trovano dietro. Si ritiene che raggi cosmici di elevata energia, passando attraverso le nubi digas e polveri della Galassia, diano luogo alle reazioni nucleari in cui si producono i tre elementi.

25

Page 2: La sintesi cosmica di litio, berillio e borodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1987_227_2.pdf · La sintesi cosmica di litio, berillio e boro A differenza degli altri

SEGNALEDI TEMPORIZZAZIONERAPIDA

LAMINADI CARBONIO

NUCLEI DI LITIO,BERILLIO E BORO

BERSAGLIO

FASCIODI PROTONI I

RIVELATORIDI SILICIO

Il dispositiv o ideato dagli autori all'Indiana University Cyclotron Fa-cility (in alto) viene usato per determinare i prodotti di collisioni nu-cleari di media energia in laboratorio. Le collisioni si ottengono produ-cendo un fascio di protoni o di nuclei di elio in un acceleratore diparticelle e dirigendolo contro un bersaglio fisso che contiene elio, car-bonio, azoto oppure ossigeno (nel disegno). All'uscita dalle collisioni,

le particelle attraversano una lamina sottile di carbonio (in basso alcentro) e ne espellono degli elettroni che fanno partire un orologio diprecisione. L'orologio si blocca quando le particelle arrivano su unrivelatore a semiconduttore di silicio (in basso a sinistra), che ne misuraanche l'energia. Conoscendo l'energia di una particella e il tempo im-piegato per compiere il percorso, è possibile determinarne la massa.

IDROGENO

ELIOCARBONIO, AZOTO, OSSIGENO

FERRO

A

LITIOSCANDIO

BORO

BERILLIO

10

20

30NUMERO ATOMICO

10

9

8

7

—1

—2

troni) potrebbero essere stati acceleratia energie abbastanza alte da frammenta-re i nuclei più pesanti presenti nell'invo-lucro esterno, producendo così litio, be-rillio e boro. Dato che la superficie el'involucro esterno delle stelle sono mol-to meno caldi dell'interno, i prodotti direazione sarebbero sopravvissuti entran-do a far parte del sistema solare.

All'epoca della formulazione, il mo-dello sembrava abbastanza plausibile,sulla base delle abbondanze relative de-gli elementi e della probabilità di certereazioni nucleari. Purtroppo, però, sa-rebbe occorsa una percentuale notevoledell'energia gravitazionale totale del So-le per accelerare i protoni e le particellealfa a una velocità sufficiente a creareanche i piccoli quantitativi di litio, be-rillio e boro presenti attualmente innatura.

Rendendosi conto delle difficoltà in-contrate dal modello, nel 1970 HubertReeves, dell'Institut d'Astrophysique diParigi, Fowler e Hoyle proposero il mec-canismo basato sui raggi cosmici, che findall'inizio parve interessante per diverseragioni. Innanzitutto, le abbondanze dellitio, del berillio e del boro nello spettrodei raggi cosmici galattici sono ben unmilione di volte maggiori rispetto a quel-le normali del mezzo interstellare. Leabbondanze degli elementi nei raggi co-smici si conoscono sin dalla fine degli

anni cinquanta, allorquando Phyllis S.Freier, Cecil J. Waddington e colleghidell'Università del Minnesota e dell'U-niversità di Bristol riuscirono a misurarlecon attrezzature montate su palloni ae-rostatici fatti volare ad alta quota. In se-condo luogo, come è stato osservato daSam M. Austin della Michigan StateUniversity, date l'energia e l'intensitànote dei raggi cosmici galattici e la com-posizione e la densità attuali del mezzointerstellare, è inevitabile che si assistaalla produzione di litio, berillio e boro.Inoltre, se l'interazione dei raggi cosmicicon il mezzo interstellare si è svolta inin-terrottamente per tutta la vita della Ga-lassia (all'incirca una decina di miliardidi anni), il tempo trascorso è stato piùche sufficiente perchè avvenisse la sinte-si di questi tre elementi.

Nonostante l'interesse suscitato dalmeccanismo dei raggi cosmici, la formu-lazione di teorie diverse continua. Il li-tio, il berillio e il boro potrebbero esserestati prodotti in esplosioni di supernova,secondo un modello proposto per la pri-ma volta da Stirling A. Colgate del LosAlamos National Laboratory. Duranteuna esplosione di supernova, le regioniinterne di una stella di grande massa im-plodono, formando una stella di neutro-ni assai densa, mentre le regioni esterneesplodono, producendo una nebulosa,ossia una nube di gas e polveri, tutt'in-

torno (si veda l'articolo Come esplodo-no le supernove di Hans A. Bethe e Ge-rald Brown in «Le Scienze» n. 203, lu-glio 1985). Durante il passaggio dell'on-da d'urto dell'implosione attraverso glistrati esterni della stella si potrebberoformare litio, berillio e boro. Thomas A.Weaver e George F. Chapline, Jr.. delLawrence Livermore National Labora-tory hanno però dimostrato che questoscenario è poco plausibile perché la tem-peratura dietro il fronte dell'onda d'urtoprobabilmente è troppo bassa per pro-durre le particelle di alta energia neces-sarie per sintetizzare questi tre elementi.Naturalmente, si possono proporre altresedi di nucleosintesi degli elementi leg-geri, tra cui le regioni intorno a pulsarappena formate, le regioni dense dei nu-clei galattici attivi e le zone vicine ai qua-sar, galassie che scagliano nello spaziogetti di particelle di alta energia.

per stabilire la validità dei vari mecca-1- nismi proposti per la nucleosintesi dilitio, berillio e boro, si potrebbe pensareche sia necessario esaminare tutte le pos-sibili reazioni nucleari capaci di produrretali nuclei in un determinato ambienteastrofisico, un'impresa che, data la pre-senza nel sistema periodico di un centi-naio di elementi, risulterebbe davverosoverchiante. Per fortuna, è sufficienteconsiderare solo gli elementi più abbon-danti e le probabilità che questi intera-giscano in modo da produrre gli elementileggeri; di conseguenza, il problema sipuò ridurre in breve tempo a un insiemerelativamente piccolo di reazioni nuclea-ri. L'analisi mostra infatti che le reazionidei protoni e delle particelle alfa dei rag-gi cosmici con i nuclei di carbonio 12,azoto 14 e ossigeno 16 sono predominan-ti in tutti i modelli di sintesi proposti. (Ilnumero che segue il nome di ciascun ele-mento è quello totale dei protoni e neu-troni che sono contenuti in un nucleo diquell'elemento. Nuclei con lo stesso nu-mero di protoni, cioè di cariche elettri-che positive, ma con un numero diversodi neutroni appartengono allo stesso ele-mento e si chiamano isotopi. Per esem-pio, il carbonio 12 e il carbonio 14 sonoisotopi e quest'ultimo possiede due neu-troni in più.)

Anche se le abbondanze relative deglielementi sono note con buona precisio-ne già da parecchi anni, le conoscenzesulle probabilità delle reazioni nucleari,indispensabili per la valutazione dei di-versi modelli, sono rimaste frammenta-rie fino a tempi piuttosto recenti. Questasituazione è dovuta in gran parte alle dif-ficoltà che si incontrano nella misurazio-ne dei prodotti di reazione pertinenti ealla mancanza di acceleratori di particel-le che abbraccino tutta la gamma dienergie di bombardamento relative aivari meccanismi di produzione.

Negli ultimi quindici anni un intensosforzo sperimentale in molti laboratoriha permesso di stabilire tutte le proba-bilità relative alle più importanti reazio-

Le abbondanze degli elementi nel sistema solare (in nero) e nei raggi cosmici di elevata energia(in colore) permettono di notare che litio, berillio e boro sono più abbondanti in questi ultimi.

26

27

Page 3: La sintesi cosmica di litio, berillio e borodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1987_227_2.pdf · La sintesi cosmica di litio, berillio e boro A differenza degli altri

CARBONIO 12 BORO 11

AZOTO 14

BERILLIO 9

CARBONIO 12

LITIO 7

BORO 10

I modelli delle interazioni tra i raggi cosmici e il mezzo interstellare sono stati verificati grazieagli acceleratori di particelle. Gli esempi di reazioni in figura illustrano alcuni dei tipi di colli-sione nucleare che potrebbero produrre litio, berillio e boro nello spazio esterno. Non sonomostrate reazioni in cui i bersagli sono atomi di ossigeno 16, neo 20, silicio 28 e ferro 56.

AZOTO 14

+

ni significative per questo problema. Ne-gli anni settanta, Austin e colleghi allaMichigan State University e David D.Bodansky e William W. Jacobs dell'U-niversità di Washington hanno svolto in-dipendentemente importanti studi sullebasse energie. I loro dati sono valori es-senziali ai fini del calcolo della produzio-ne di litio, berillio e boro dovuta a raggicosmici di bassa energia, a onde d'urtodelle esplosioni di supernova e all'attivi-tà superficiale di protostelle. Grant Rai-sbeck e F. Yiou del Laboratorio RenéBernas di Orsay, in Francia, Harry H.

N + NELIO 4 ELIO 4

Heckman e colleghi del Lawrence Ber-keley Laboratory e il nostro gruppopresso l'Università dell'Indiana, l'Uni-versità del Maryland e il Livermore La-boratory hanno raccolto una grandequantità di dati sulle energie elevate, cheriguardano la sintesi a opera di raggi co-smici galattici altamente energetici. Gra-zie a questi studi sistematici, da qualchetempo è divenuto possibile valutare levarie teorie sulla nucleosintesi di litio,berillio e boro sulla base di previsioniquantitative.

Le misurazioni necessarie sono diffici-

PROTONE —•

LITIO 6

NEUTRONE —O

li da realizzare, come spesso avviene pergli studi sulle probabilità delle reazioninucleari di interesse astrofisico. Pur nonessendo ardui quanto le misurazioni delflusso di neutrini solari o delle reazionitra protoni nei cicli di fusione stellare, glistudi su questi elementi leggeri richiedo-no comunque, per ottenere i dati speri-mentali necessari, la messa in opera ditecniche raffinate. In laboratorio, l'am-biente della nucleosintesi astrofisica è si-mulato da collisioni generate da un fa-scio di protoni o di particelle alfa prove-niente da un acceleratore di particelle. Ilfascio viene diretto contro un bersagliofisso che contiene elio, carbonio, azotooppure ossigeno; l'energia delle particel-le accelerate deve variare da pochi mi-lioni a diversi miliardi di elettronvoltper riprodurre lo spettro delle particelledi alta energia associateai brillamenti,alle onde d'urto e ai raggi cosmici galat-tici. Di conseguenza, si è fatto uso disvariati tipi di acceleratori, fra i quali ge-neratori di Van de Graaff abbinati, ci-clotroni e sincrotroni.

Unodei problemi principali legati al-la misurazione sperimentale delle

probabilità di produrre litio, berillio eboro nelle reazioni nucleari sta nel fattoche una caratteristica dei nuclei di questielementi è di emergere dalle reazionicon poca energia e quindi di essere didifficile identificazione. Una tecnica as-sai valida elaborata per identificare par-ticelle di energia così bassa ricorre a unalamina sottile di carbonio (spessa circaun decimillesimo di millimetro) e a unrivelatore a semiconduttore di silicio. Lalamina è collocata lungo la traiettoria deiframmenti emessi dal bersaglio e il rive-latore si trova circa 20 o 30 centimetri avalle rispetto a essa. Attraversando lalamina, i frammenti ne espellono alcunielettroni, che fanno partire un orolo-gio di precisione; quest'ultimo si fermaquando i frammenti arrivano al rivelato-re di silicio, che misura anche l'energiadelle particelle. Conoscendo l'energia diuna particella e il tempo che ha impiega-to per spostarsi dalla lamina al rivelato-re, risulta relativamente facile calcolar-ne la massa e quindi identificarla.

Queste misurazioni sistematiche han-no portato alla compilazione di una seriedi probabilità di reazione in funzionedell'energia delle particelle incidenti,per reazioni indotte da protoni e parti-celle alfa su elio 4, carbonio 12, azoto 14e ossigeno 16. Tali probabilità sono statesuccessivamente utilizzate come para-metri in ingresso nei calcoli destinati averificare i vari modelli della nucleosin-tesi del litio, del berillio e del boro. Icalcoli mostrano che il modello dei bril-lamenti e quello delle onde d'urto nonriescono a riprodurre le abbondanze os-servate dei tre elementi mentre, al con-trario, il modello dei raggi cosmici ottie-ne un buon successo.

Buona parte del lavoro di elaborazio-ne del modello dei raggi cosmici è sta-

to compiuto in origine da Maurice Me-neguzzi e Jean Audouze dell'Institutd'Astrophysique e da Reeves e, indipen-dentemente, da Henry E. Mittler, il qua-le, a quell'epoca, lavorava allo Har-vard-Smithsonian Center for Theoreti-cal Astrophysics. Secondo il modello, iraggi cosmici che si spostano attraversola Galassia producono litio, berillio eboro quando collidono con i nuclei rela-tivamente più pesanti del mezzo inter-stellare.

Sono state proposte diverse sorgentidi raggi cosmici: onde d'urto in plasmi incollisione, supernove e pulsar, ma laquestione è ancora discussa (si veda l'ar-ticolo Raggi cosmici da Cygnus X-3 di P.Kevin MacKeown e Trevor C. Weekesin «Le Scienze» n. 209, gennaio 1986).A prescindere da quali potranno risulta-re le vere sorgenti, il flusso osservato èdescritto adeguatamente da una funzio-ne esponenziale decrescente dell'ener-gia relativistica totale delle particelle,pari alla somma della massa e dell'ener-gia cinetica di ciascuna particella. Inol-tre, nello spettro può esistere una com-ponente di bassa energia. La versionepiù semplice del modello postula che lacomposizione e lo spettro d'energia deiraggi cosmici siano rimasti costanti nelcorso dei 10 o 15 miliardi di anni dellastoria della Galassia, un'approssimazio-ne che si è rivelata sorprendentementevalida.

T a formazione del litio, del berillio edel boro può avvenire in due diversi

modi, ossia per interazione di raggi co-smici leggeri (protoni e particelle alfa)con nuclei pesanti (carbonio, azoto e os-sigeno) del mezzo interstellare, oppure,viceversa, di raggi cosmici pesanti connuclei leggeri del mezzo. In entrambi icasi, occorre tener conto della capacitàdel mezzo interstellare di arrestare i pro-dotti di reazione. Nonostante la densitàbassissima del mezzo interstellare, infat-ti, i raggi cosmici vi percorrono distanzetalmente grandi che il verificarsi di rea-zioni nucleari risulta abbastanza proba-bile. Nelle reazioni indotte dai raggi co-smici leggeri sui nuclei pesanti, quasi tut-to il litio, il berillio e il boro prodottivengono inglobati nel mezzo interstella-re. Nelle reazioni indotte da raggi cosmi-ci pesanti sui nuclei leggeri, al contrario,la maggior parte dei nuclei dei tre ele-menti riceve un'energia cinetica elevatae quindi entra a far parte dei raggi co-smici. Questo spiega la grande abbon-danza di litio, berillio e boro nei raggicosmici.

Questa abbondanza è diventata, in ef-fetti, uno degli indicatori più importantiriguardo alla natura dell'ambiente attra-versato dai nuclei dei raggi cosmici nelloro percorso entro la Galassia. In par-ticolare, le abbondanze relative deglielementi permettono la valutazione del-la quantità di materia interstellare attra-versata dai raggi cosmici prima di rag-giungere la Terra; quanto più materiale

LITIO 6

LITIO 7

BERILLIO 9

BORO 10

BORO 11

LITIO 7

BORO 11

LITIO 6

BORO 10

BORO 11 LITIO 6 BORO 10

BERILLIO 9

BERILLIO 9

BERILLIO 9

ABBONDANZE OSSERVATE BRILLAMENTI

STELLARIONDE D URTO

11.1 RAGGI COSMICI GALATTICI CON FORTE COMPONENTE DI BASSA ENERGIA

Il confronto tra le abbondanze di litio, berillio e boro previste da tre modelli teorici e quelleosservate indica che, con ogni probabilità, i tre elementi vengono prodotti durante l'interazionedei raggi cosmici galattici con le nubi di gas e polveri del mezzo interstellare. Risultano menoprobabili gli scenari nei quali la sintesi di tali elementi avviene a causa di brillamenti stellarioppure di onde d'urto provenienti, per esempio, da un'esplosione di supernova. L'incapacitàdel modello dei raggi cosmici di prevedere esattamente la quantità di litio 7 osservata (in alto)si può spiegare inserendo nel modello gli effetti del big bang; si ritiene infatti che questo isotoposia stato prodotto in abbondanza durante le prime fasi di vita dell'universo. La discrepanza travalori previsti e osservati nel caso del rapporto tra boro 11 e boro 10 (in basso) può esse-re giustificata ammettendo l'esistenza di una componente di bassa energia dei raggi cosmici.

I I RAGGI COSMICI GALATTICI

28

29

Page 4: La sintesi cosmica di litio, berillio e borodownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1987_227_2.pdf · La sintesi cosmica di litio, berillio e boro A differenza degli altri

Il destino dell'universo, che attualmente si sta espandendo, dipendedalla sua densità totale di massa. Se la densità è inferiore al valore limiteper cui la forza di gravità potrebbe fermare l'espansione, allora l'uni-verso è aperto e si espanderà per sempre. Se la densità è abbastanzagrande perché l'energia potenziale gravitazionale superi quella cineticadell'espansione, l'universo è chiuso: smetterà di espandersi e alla fine

collasserà, formando una palla di fuoco densa e calda di particelleelementari. Se, infine, la densità dell'universo è tale che l'energia po-tenziale gravitazionale è esattamente pari all'energia cinetica dell'e-spansione, allora l'universo si dice piatto. I dati relativi al litio 7 fannopensare che l'universo sia aperto, ma la questione non è affatto risolta;le teorie più accreditate, infatti, affermano che l'universo sia piatto.

UNIVERSOAPERTO

UNIVERSOPIATTO

UNIVERSOCHIUSOSo

7•••4

attraversano, tanto più litio, berillio eboro vengono prodotti. La presenza neiraggi cosmici di nuclei radioattivi, comequello del berillio 10, può inoltre essereutilizzata per misurare quanto a lungo iraggi cosmici rimangano a far parte del-l'ambiente galattico prima di sfuggiredalla Galassia o di essere distrutti in unacollisione: un tempo pari a circa 10 mi-lioni di anni.

È degno di nota che il modello deiraggi cosmici, così semplice, offra previ-sioni sulle abbondanze assolute di litio 6,berillio 9, boro 10 e boro 11 vicine dalpunto di vista quantitativo a quelle os-servate. Tale accordo pone vincoli pre-ziosi sui parametri inerenti l'evoluzionedella Galassia. In particolare, sembre-rebbe possibile escludere che la cadutadi materiale extragalattico primordialenella Galassia e le variazioni dell'attivi-tà dei raggi cosmici nel corso della suastoria abbiano superato certi limiti, per-ché fenomeni simili avrebbero probabil-mente dato luogo a deviazioni significa-tive rispetto alle previsioni del modellodei raggi cosmici. Questa conclusione ècorroborata dai numerosi dati raccoltisulla presenza di elementi leggeri (inparticolare del berillio, che risulta ilpiù agevole da misurare) sulla superficiedelle stelle più vecchie, come hannomesso in luce per primi Jean-Paul Meyerdel Service d'Astrophysique e Reeves.(La materia interstellare è stata ingloba-ta in tali stelle all'inizio della loro con-densazione.) Queste stelle, alcune dellequali sono vecchie quasi come la Galas-sia stessa, fungono da «archivio» dellaproduzione di litio, berillio e boro nelpassato.

Dalle osservazioni si deduce che, do-po un periodo iniziale di crescita, le ab-bondanze dei nuclei di berillio non sonovariate di più di un fattore due negli ul-timi 10 miliardi di anni. Questo risultatocomporta che la produzione di elementileggeri si sia mantenuta approssimativa-mente costante per tutta la storia dellaGalassia. Si è però verificata, probabil-mente, una certa diluizione di questi ele-menti in seguito all'effetto combinatodell'espulsione dalle stelle di materialeimpoverito di berillio e della caduta dimateriale extragalattico.

enché spieghi con successo la forma-" zione dei tre elementi leggeri, il mo-dello dei raggi cosmici presenta due ca-renze. Innanzitutto, pur prevedendo ab-bastanza bene le abbondanze assolute diboro 10 e boro 11, il modello non riescea giustificare il rapporto tra le abbondan-ze dei due isotopi, un parametro notocon un livello di precisione molto mag-giore delle abbondanze assolute. Il valo-re previsto per il rapporto tra boro 11 eboro 10 è pari a 2,5, mentre quello mi-surato è 4,05. In secondo luogo, il mo-dello prevede l'esistenza di una quantitàdi litio 7 dieci volte inferiore a quellaosservata in realtà.

L'incapacità da parte del modello dei

raggi cosmici di prevedere con precisio-ne il rapporto tra i due isotopi del borosi supera per lo più attribuendola a unascarsa conoscenza del numero di parti-celle di bassa energia presenti nei raggicosmici. L'intensità della radiazione co-smica di bassa energia, infatti, non saràveramente nota fino a quando non siavranno misurazioni da satelliti nellospazio esterno, a una distanza pari adalmeno 100 unità astronomiche. (L'uni-tà astronomica è uguale alla distanza me-dia della Terra dal Sole.)

La sonda spaziale più lontana, Pio-neer 10, che negli ultimi tempi è uscitadal sistema solare e adesso si trova a unadistanza di circa 40 unità astronomiche,ha già Cominciato a incontrare flussi im-previsti di particelle di bassa energia, co-me gli intensi campi di radiazione checircondano Giove. Prima che sia possibi-le osservare il vero spettro dei raggi co-smici di bassa energia, però, il veicolodovrà spingersi oltre la vastissima zonad'influenza del campo magnetico solare.Se l'ipotesi dell'esistenza di flussi intensidi raggi cosmici interstellari di bassa e-nergia si rivelasse esatta, quelli di ener-gia particolamente ridotta potrebberoformare l'eccesso di boro 11 necessarioper produrre il giusto rapporto tra isoto-pi senza modificare il resto della teoria.

L'anomalia relativa al litio 7, dal cantosuo, si può spiegare quantitativamenteinserendo nel modello gli effetti del bigbang. I calcoli compiuti per la prima vol-ta da Robert V. Wagoner della StanfordUniversity, Fowler e Hoyle indicano cheil big bang avrebbe potuto produrre laquantità di litio 7 occorrente per spiega-re l'abbondanza di questo elemento innatura. La proposta si scontra però conuna difficoltà: F. Spite ed M. Spite del-l'Observatoire de Paris-Meudon hannoinfatti riferito negli ultimi tempi i risul-tati dei loro studi sull'abbondanza di litioalla superficie delle stelle vecchie dell'a-lone, che si trovano fuori dal disco dellaGalassia. Questa abbondanza, se non ècambiata nel corso dell'evoluzione dellestelle, potrebbe essere indicativa di quel-la residua dal big bang.

Purtroppo, l'abbondanza di litio misu-rata nelle stelle dell'alone è pari soltantoal 10 per cento circa di quella misuratanelle stelle del disco galattico. Si conti-nua a discutere se questa bassa abbon-danza di litio sia davvero indicativa diquella del materiale primordiale prodot-to dal big bang. Se così fosse, però, sa-rebbe necessario trovare un'altra sor-gente per la maggior parte del litio 7 os-servato nella Galassia. Può darsi che unruolo di questo tipo possa essere soste-nuto dalle stelle giganti rosse o anchedalle esplosioni di supernova, come èstato suggerito da A. G. W. Camerondello Harvard-Smithsonian Center e daFowler. È bene comunque sottolineareche, qualora esistesse anche un'altra sor-gente di litio 7, è improbabile che la suapresenza infici la validità del modello deiraggi cosmici.

Quali sono le conclusioni che si pos-

v-Z sono trarre sull'universo nel suocomplesso dall'abbondanza degli ele-menti leggeri? Le abbondanze di deute-rio (idrogeno 2), elio 3, elio 4 e litio 7prodotte nel big bang dipendono princi-palmente dalla densità dei barioni, laclasse di particelle che annovera comemembri più importanti il protone e ilneutrone, presenti all'epoca della nu-cleosintesi. È quindi possibile utilizzarele abbondanze di questi elementi per ri-cavare la densità iniziale di barioni nel-l'universo. Calcolata questa densità, èpoi possibile ricavare quella attuale del-l'universo.

La densità di massa totale calcolatadell'universo si esprime di solito in ter-mini di un parametro adimensionale in-dicato dalla lettera greca omega. Omegaè il rapporto fra la densità dell'universocalcolata e quella critica, che è la densitàminima per la quale la forza gravitazio-nale sarebbe sufficiente a fermare l'e-spansione dell'universo oggi in corso. Seomega vale meno di 1 l'universo vienedetto aperto e si espanderà per sempre.Se omega è maggiore di 1 l'universo èchiuso e prima o poi comincerà a con-trarsi. Se omega è uguale a 1 l'universocontinuerà a espandersi, ma la velocitàdi espansione diminuirà asintoticamentetendendo a zero.

Le abbondanze di deuterio e di litio 7sono particolarmente importanti quan-do si voglia valutare la densità inizialedei barioni e quindi il valore di omega.La produzione di deuterio nel big bangcala rapidamente con il crescere delladensità, mentre per il litio 7 vale esatta-mente il fenomeno inverso. Facendocorrispondere le abbondanze osservatedi deuterio e di litio 7 alle previsioni dellateoria della nucleosintesi nel big bang,si può compiere una valutazione abba-stanza precisa della densità di barionidell'universo.

L'analisi del rapporto tra litio 7 e deu-terio indica che omega è minore o ugualea 0,05, circostanza dalla quale si inferi-sce che l'universo sia aperto. Il risultatoè approssimativamente equivalente aquanto gli astronomi hanno potuto de-durre dai moti delle galassie. Vi sono,tuttavia, numerose ragioni per dubitaredel fatto che l'universo sia realmenteaperto. La principale tra queste è la cir-costanza che le teorie più accreditate for-niscono notevoli indicazioni a favore diun valore di omega pari a 1 (si veda l'ar-ticolo L'universo inflazionario di AlanH. Guth e Paul J. Steinhardt in 't-<LeScienze» n. 191, luglio 1984). Se omegaè davvero uguale a 1 bisogna tener contodella massa mancante, la materia oscu-ra, che sfugge a qualsiasi rilevamento.Per coerenza con i risultati dei calcolisulla nucleosintesi nel big bang, si ritienein genere che questa materia oscura nondebba essere costituita da barioni; sullasua natura sono state avanzate diverseproposte (si veda l'articolo La materiaoscura nell'universo di Lawrence M.

Krauss in «Le Scienze» n. 222, febbraio1987).

Nonostante tutte queste considerazio-ni, però, non si può eliminare la possibi-lità che la materia oscura, se esiste, siacostituita da barioni. Negli ultimi tempiuno di noi (Mathews) e collaboratori alLivermore Laboratory e altri ricercatoridi vari enti hanno cominciato a esamina-re in maniera approfondita la possibilitàche si sia formata materia oscura di que-sto tipo in seguito a disomogeneità nelladensità di barioni dell'universo durante

il big bang. Oggi la materia oscura ba-rionica si troverebbe in regioni che sonocollassate in residui invisibili, come i bu-chi neri. Uno scenario di questo generesarebbe comunque coerente con la nu-cleosintesi degli elementi leggeri nel bigbang.

T a varietà delle teorie sottolinea come1-1 il problema dell'apertura o dellachiusura dell'universo non si possa risol-vere in maniera definitiva allo stato at-tuale delle conoscenze, ma i risultati

provvisori indirizzano verso altri studidai quali potrebbe, alla fine, venire unarisposta. Inoltre, l'origine dei tre ele-menti particolari, litio, berillio e boro,fornisce una vasta messe di indizi sull'o-rigine e la natura dell'universo. Dai mes-saggi enigmatici trasmessi dalla radiazio-ne cosmica che continua a bombardarela Terra fino all'enigma sempre nuovodella nascita del cosmo, è evidente chequesti tre elementi hanno avuto in qual-che modo parte in tutti gli eventi di altaenergia dell'universo.

30

31