La Sincronizzazione Nelle Reti Numeriche Di Trasporto

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38 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 2 - Agosto 1993 La sincronizzazione nelle reti numeriche di trasporto M. Carbonelli, D. De Seta, D. Perucchini (*) (*) ing. Marco Carbonelli, ing. Domenico De Seta, ing. Daniele Perucchini - Fondazione Ugo Bordoni - Roma Parte prima: le reti di trasporto negli anni ‘80 (1) A partire dalla seconda metà degli anni ’80 si è sviluppata un’intensa attività di ricerca e standardizzazione riguardante i sistemi e le reti basate sulla gerarchia di multiplazione numerica sincrona SDH. Tale sviluppo è stato favorito dalla concreta necessità di dare risposta alle crescenti esigenze, manifestate sia dall’utenza sia dai gestori di reti e servizi, di maggiore capacità e flessibilità delle reti numeriche pubbliche e private. Il progetto della nuova gerarchia di multiplazione ha dato l’occasione di riconsiderare, sia in ambito scientifico che in ambito normativo, i problemi connessi con la distribuzione dei segnali di sincronismo: in questo articolo, suddiviso in tre parti, si vuole tentare una panoramica dei più importanti aspetti connessi con la sincronizzazione delle reti numeriche, al fine di fornire ad un lettore non specialista in materia gli strumenti indispensabili per una buona comprensione dell’argomento. In questa prima parte, dopo aver richiamato la terminologia e i concetti fondamentali riguardanti i segnali numerici, si affrontano, anche da un punto di vista storico, i principali problemi connessi con la sincronizzazione delle reti numeriche di trasporto basate sull’attuale gerarchia plesiocrona. Nella seconda parte, l’esame di tali problematiche di sincronizzazione è esteso alle future reti basate sulla gerarchia numerica sincrona. Nella terza parte, che verrà pubblicata in un prossimo numero del Notiziario, vengono presentati, ad un livello molto generale, lo stato dell’arte delle strategie di sincronizzazione e i metodi per la caratterizzazione dei dispositivi di generazione e rigenerazione di cronosegnali di elevata qualità; infine, dopo la descrizione della strategia di sincronizzazione delle centrali numeriche di commutazione della rete nazionale, vengono forniti alcuni cenni sullo stato della normativa sulla sincronizzazione delle reti di trasporto basate sull’SDH. Il progetto dell’SDH ha dato l’occasione di riconsiderare tutta una serie di problemi inerenti al funzionamento dei sistemi numerici di trasmissione, e di concepire nuove soluzioni che sfruttano le conoscenze raggiunte in anni di esperienza in campo sul comportamento di apparati e sistemi. Tanto per citare uno degli aspetti fondamentali della nuova gerarchia, che riflette l’intento di fare tesoro dei passati errori, ricordiamo la grande profusione di byte di overhead previsti nella trama SDH in misura largamente superiore alle necessità individuate al momento del progetto, al fine di poter fronteggiare future nuove richieste di canali di servizio, funzionali alle esigenze del gestore o dell’utente. 1. Introduzione Nel corso degli ultimi anni si è sviluppata una formidabile attività di ricerca e standardizzazione riguardante i sistemi e le reti basate sulla gerarchia di multiplazione numerica sincrona, universalmente nota come SDH (Synchronous Digital Hierarchy). Tale sviluppo è stato favorito dalla concreta necessità di dare risposta alle crescenti esigenze, manifestate sia dall’utenza sia dai gestori di reti e servizi, di maggiore capacità e flessibilità delle reti numeriche pubbliche e private, a fronte di evidenti e sostanziali limitazioni intrinseche delle strutture degli apparati e delle potenzialità gestionali delle attuali reti. (1) Lavoro eseguito nell’ambito della Convenzione in atto tra l’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e la Fondazione Ugo Bordoni.

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M. Carbonelli, D. De Seta, D. Perucchini - La sincronizzazione nelle reti numeriche di trasporto - Parte prima: le reti di trasporto negli anni ‘80

38 Notiziario Tecnico SIP - Anno 2 - n. 2 - Agosto 1993

La sincronizzazione nelle reti numerichedi trasporto

M. Carbonelli, D. De Seta, D. Perucchini (*)

(*) ing. Marco Carbonelli, ing. Domenico De Seta, ing. DanielePerucchini - Fondazione Ugo Bordoni - Roma

Parte prima: le reti di trasporto negli anni ‘80(1)

A partire dalla seconda metà degli anni ’80 si è sviluppata un’intensa attività di ricercae standardizzazione riguardante i sistemi e le reti basate sulla gerarchia di multiplazionenumerica sincrona SDH. Tale sviluppo è stato favorito dalla concreta necessità di darerisposta alle crescenti esigenze, manifestate sia dall’utenza sia dai gestori di reti eservizi, di maggiore capacità e flessibilità delle reti numeriche pubbliche e private. Ilprogetto della nuova gerarchia di multiplazione ha dato l’occasione di riconsiderare, siain ambito scientifico che in ambito normativo, i problemi connessi con la distribuzionedei segnali di sincronismo: in questo articolo, suddiviso in tre parti, si vuole tentare unapanoramica dei più importanti aspetti connessi con la sincronizzazione delle retinumeriche, al fine di fornire ad un lettore non specialista in materia gli strumentiindispensabili per una buona comprensione dell’argomento. In questa prima parte,dopo aver richiamato la terminologia e i concetti fondamentali riguardanti i segnalinumerici, si affrontano, anche da un punto di vista storico, i principali problemi connessicon la sincronizzazione delle reti numeriche di trasporto basate sull’attuale gerarchiaplesiocrona. Nella seconda parte, l’esame di tali problematiche di sincronizzazione èesteso alle future reti basate sulla gerarchia numerica sincrona. Nella terza parte, cheverrà pubblicata in un prossimo numero del Notiziario, vengono presentati, ad un livellomolto generale, lo stato dell’arte delle strategie di sincronizzazione e i metodi per lacaratterizzazione dei dispositivi di generazione e rigenerazione di cronosegnali dielevata qualità; infine, dopo la descrizione della strategia di sincronizzazione dellecentrali numeriche di commutazione della rete nazionale, vengono forniti alcuni cennisullo stato della normativa sulla sincronizzazione delle reti di trasporto basate sull’SDH.

Il progetto dell’SDH ha dato l’occasione diriconsiderare tutta una serie di problemi inerenti alfunzionamento dei sistemi numerici di trasmissione, e diconcepire nuove soluzioni che sfruttano le conoscenzeraggiunte in anni di esperienza in campo sulcomportamento di apparati e sistemi. Tanto per citare unodegli aspetti fondamentali della nuova gerarchia, cheriflette l’intento di fare tesoro dei passati errori, ricordiamola grande profusione di byte di overhead previsti nellatrama SDH in misura largamente superiore alle necessitàindividuate al momento del progetto, al fine di poterfronteggiare future nuove richieste di canali di servizio,funzionali alle esigenze del gestore o dell’utente.

1. Introduzione

Nel corso degli ultimi anni si è sviluppata unaformidabile attività di ricerca e standardizzazioneriguardante i sistemi e le reti basate sulla gerarchia dimultiplazione numerica sincrona, universalmente notacome SDH (Synchronous Digital Hierarchy). Talesviluppo è stato favorito dalla concreta necessità di darerisposta alle crescenti esigenze, manifestate siadall’utenza sia dai gestori di reti e servizi, di maggiorecapacità e flessibilità delle reti numeriche pubbliche eprivate, a fronte di evidenti e sostanziali limitazioniintrinseche delle strutture degli apparati e dellepotenzialità gestionali delle attuali reti.

(1) Lavoro eseguito nell’ambito della Convenzione in atto tral’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni e laFondazione Ugo Bordoni.

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Attualmente uno dei più importanti problemi allo studioriguardanti l’introduzione dell’SDH è il progetto della retedi sincronizzazione richiesta al fine di utilizzare pienamentele potenzialità della nuova gerarchia. In particolare occorrescegliere un’opportuna strategia di sincronizzazione,tenendo anche conto dei problemi connessi con latransizione dalle attuali reti di trasporto basate sui sistemiplesiocroni a quelle basate sull’SDH: ed è appunto talelegame tra PDH (Plesiochronous Digital Hierarchy) edSDH a porre alcuni seri problemi sia al progettista degliapparati sia al progettista della rete di sincronizzazione.

In questo articolo, suddiviso in tre parti, traendospunto dal rinnovato interesse per i problemi disincronizzazione portato dall’introduzione dell’SDH,si vuole tentare una panoramica dei più importantiaspetti connessi con la sincronizzazione delle retinumeriche, al fine di fornire ad un lettore non specialistain materia gli strumenti indispensabili per una buonacomprensione dell’argomento. Questa prima parte èdedicata alla rete numerica di trasporto che si è venutasviluppando nel corso degli anni ’80: dopo un breverichiamo dei concetti fondamentali e della terminologiariguardante i segnali numerici (par.2), con particolareenfasi sulle proprietà degli associati cronosegnali,vengono analizzati i problemi di sincronizzazione nellereti numeriche di trasporto basate sulla gerarchia dimultiplazione plesiocrona PDH (par.3). Nella secondaparte, sono illustrate le principali caratteristiche dellanuova gerarchia di multiplazione sincrona SDH e degliapparati basati su tale standard: successivamente, vienedescritta la struttura tipica di una rete di trasportosincrona con particolare attenzione ai problemi legatialla sua sincronizzazione e alla prevista interconnessionecon la rete PDH. Nell’ultima parte, che verrà pubblicatain un prossimo numero del Notiziario, vengono presi inesame gli aspetti più importanti del progetto di una retedi distribuzione di cronosegnali per la sincronizzazionedi reti di telecomunicazione, considerando le possibilistrategie e i dispositivi per mezzo dei quali si realizza ladistribuzione del cronosegnale; infine, vengonointrodotti i parametri e i criteri comunemente utilizzatiper valutare la qualità degli orologi e della rete disincronizzazione, dando qualche cenno sugli attualiorientamenti della normativa internazionale.

2. Richiami sui segnali numerici

In questo articolo, dedicato come si è detto allasincronizzazione delle reti numeriche, si faràfrequentemente riferimento a segnali numerici. Purritenendo il lettore familiare con il concetto di segnalenumerico, è opportuno tentare una definizione che aiutia meglio impostare le necessarie considerazioni suisistemi di trasmissione e di commutazione che trattanosegnali numerici.

Un segnale numerico è costituito dalla somma disegnali elementari che si susseguono nel tempo, aciascuno dei quali è associata un’informazioneattraverso una delle caratteristiche del segnaleelementare stesso (ampiezza, durata, forma d’onda,etc.): aspetto essenziale dei segnali numerici è lanatura discreta dell’informazione associata. Esempidi segnali numerici generati da sorgenti intrinsecamentediscrete sono quelli scambiati tra calcolatori, i segnalidi tipo telex (teletext, videotel, televideo, etc.), lasegnalazione telefonica: in tutti questi casi l’insiemedei simboli che la sorgente può emettere è limitato enoto. Laddove l’effettiva sorgente di informazione siaintrinsecamente analogica e tempo-continua ènecessario, al fine di generare un segnale numerico,prevedere le operazioni di campionamento equantizzazione. Con l’operazione di campionamentoil segnale generato dalla sorgente viene osservato incorrispondenza ad istanti che si susseguono nel tempo(istanti di campionamento) al fine di generare unasequenza di valori (campioni del segnale): si realizzacosì la discretizzazione del segnale sull’asse dei tempi.La successiva quantizzazione dei campioni così ottenuticonsiste nel rappresentare tutti i valori compresi in unassegnato intervallo dell’asse delle ampiezze con ununico valore convenzionale, detto livello diquantizzazione, realizzando così la discretizzazionedel segnale sull’asse delle ampiezze. Esempi ben notidi segnali numerici generati a partire da sorgentiintrinsecamente analogiche sono il segnale telefoniconumerico a 64 kbit/s, i segnali prodotti dai codec televisivia 34 Mbit/s, e dai codec musicali a 384 kbit/s.

Occorre sottolineare come per un segnale numericosia di fondamentale importanza l’individuazione degliistanti caratteristici in cui hanno significato i valori delsegnale ai fini dell’associazione e del riconoscimentodell’informazione in esso contenuta. Da questo punto divista un segnale numerico può essere classificato, conriferimento alla tipologia di sincronismo in esso presente,come segnale isocrono o segnale anisocrono. Un segnalenumerico è detto isocrono quando gli intervalli ditempo fra istanti caratteristici consecutivi hanno lastessa durata o durate che sono multipli interi delladurata più breve: in pratica sono ammesse variazioni, dientità massima specificata, della durata di detti intervalli.Quando tali condizioni non sono necessariamenteverificate il segnale è detto anisocrono. I segnaliisocroni sono di prevalente interesse nell’ambito delletecniche numeriche di trasmissione e commutazione, ein particolare si considerano quasi esclusivamente quelliin cui gli intervalli tra istanti caratteristici consecutivihanno la stessa durata. Al fine di rappresentare inmaniera esplicita la successione degli istanti caratteristicidi un segnale numerico isocrono è utile introdurre ilconcetto di cronosegnale: idealmente questo è un segnaleavente una forma d’onda particolarmente semplice, in

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cui gli istanti caratteristici sono associati ad “eventi”facilmente individuabili sul segnale. In Figura 1 sonomostrate tre possibili realizzazioni di un cronosegnale,tra le più comunemente utilizzate nell’analisi dei sisteminumerici: il cronosegnale sinusoidale, in cui gli istanticaratteristici sono rappresentati dagli attraversamentidello zero con pendenza positiva (o negativa) di unasinusoide; il cronosegnale ad onda quadra, nel quale gliistanti significativi cadono in corrispondenza al frontedi salita (o discesa); il cronosegnale impulsivo, i cuiistanti caratteristici sono rappresentati dalla posizionedi impulsi matematici.

La grandezza fondamentale che caratterizza uncronosegnale è la frequenza nominale F=1/T dove T è ilperiodo di tempo che intercorre tra istanti caratteristicisuccessivi: in un cronosegnale ideale la frequenza è costantenel tempo, cioè il cronosegnale è rigorosamente periodico.

Nel campo delle telecomunicazioni si indica coltermine orologio un dispositivo in grado di generare icronosegnali necessari al funzionamento degli apparati:nella terza parte dell’articolo verranno dati dei brevicenni sulle tipologie di orologi utilizzati.

Gli orologi reali sono in grado di generare solocronosegnali pseudo-periodici. Un modello matematicoche descrive un cronosegnale sinusoidale s(t) pseudo-periodico è

s(t ) = A sin (Φ(t )) ,

dove Φ(t)è la fase totale istantanea. Per definizione, lafrequenza istantanea f(t) del cronosegnale è data da

f (t) = 12π

dΦ(t)dt

.

Tale modello, come vedremo in seguito, risulta digrande utilità per caratterizzare la precisione e la stabilitàdegli orologi nel dominio della frequenza e nel dominiodel tempo.

Nella pratica i cronosegnali che vengono utilizzatinei sistemi numerici sono inevitabilmente affetti dafluttuazioni della posizione temporale degli istantisignificativi: tale fenomeno è denominato jitter conriferimento alle fluttuazioni veloci, e wander perquelle lente, laddove il confine che separa i duefenomeni è fissato in maniera convenzionale intornoalla frequenza di 10 Hz. Il wander costituisce, comevedremo in seguito, un problema particolarmenteimportante nella sincronizzazione delle reti numerichee richiede metodi d’analisi e contromisure “ad hoc”,che si differenziano profondamente da quelle adottateper il jitter.

Quanto detto sinora fa riferimento alla tipologia disincronismo di un singolo segnale numerico: importanticonsiderazioni nascono nell’esaminare la relazione trai cronosegnali associati a due diversi segnali numerici.A tale riguardo si possono individuare quattro importanticasi, descritti come segue:a) segnali sincroni: due segnali numerici si dicono

sincroni quando la fase tra i corrispondenti istanticaratteristici dei cronosegnali associati è costante;

b) segnali mesocroni: due segnali numerici si diconomesocroni se i rispettivi cronosegnali associatihanno esattamente la stessa frequenza media;

c) segnali plesiocroni: due segnali numerici si diconoplesiocroni se i rispettivi cronosegnali associatihanno frequenze che differiscono da un assegnatovalore, detto frequenza nominale, entro limitispecificati;

d) segnali eterocroni: due segnali numerici si diconoeterocroni quando i rispettivi cronosegnali associatihanno frequenze nominali diverse.

Per completezza d’informazione sulla terminologiacorrente occorre ricordare che con il termine asincronosi intende genericamente riferire una condizione diassenza di sincronismo tra segnali.

Nel campo delle reti numeriche, i due tipi di segnaledi maggiore interesse pratico sono i segnali mesocronie quelli plesiocroni. Infatti, la condizione di perfettosincronismo implicita nella definizione data al punto a)non è praticamente realizzabile tra segnali trasportati inuna rete geograficamente estesa, a causa delle variazionidi fase accumulate lungo i collegamenti tra i nodi dellarete. Quindi, segnali che nascono in un nodo di reterigorosamente sincroni, generati cioè a partire da unstesso orologio, possono al termine del loro percorsonella rete risultare fortemente degradati dal punto divista delle relazioni di sincronismo, pur mantenendo nellungo termine la caratteristica di avere la stessa frequenzamedia. I principali meccanismi che causano talidegradazioni nelle reti numeriche sono:

t

t

Posizione degli istanti caratteristici

t

T =1/F

Figura 1 Possibili realizzazioni di un cronosegnale: a)cronosegnale sinusoidale; b) cronosegnalead onda quadra; c) cronosegnale impulsivo

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- le fluttuazioni del tempo di propagazione dovute adescursione termica dei mezzi trasmissivi;

- i meccanismi di giustificazione presenti nelle tecnichedi multiplazione;

- i meccanismi di estrazione della temporizzazionerichiesti per la rigenerazione dei segnali numerici;

- le instabilità intrinseche nel funzionamento degliorologi asserviti.In una rete numerica i segnali comunemente

denominati ‘sincroni’ devono perciò intendersi piùpropriamente ‘mesocroni’.

3. Sincronizzazione nella rete di trasporto deglianni ’80

La struttura raggiunta dalle attuali reti pubbliche ditelecomunicazione nei paesi a più elevato sviluppoeconomico e tecnologico è il risultato di una lungaevoluzione iniziata alla fine del secolo scorso. Senzaalcuna pretesa di voler tentare una storia della telefonia,le tappe di questa evoluzione possono essere individuatenei seguenti punti:1880 realizzazione dei primi collegamenti telefonici

a breve distanza su linee aeree in rame,commutati manualmente da operatore mediantel’uso di “cordoni telefonici”;

1892 prima centrale automatica di commutazione ingrado di sostituire l’operatore per l’istradamentodel traffico locale;

1900 estensione geografica delle reti telefoniche, resapossibile dall’uso della pupinizzazione dei cavi;

1915 impiego dell’amplificazione, che consente lacopertura geografica dei continenti;

1930 introduzione della tecnica di multiplazione adivisione di frequenza (FDM) per latrasmissione simultanea di più canali su unostesso portante nella rete di giunzione a mediae lunga distanza;

1957 introduzione dei cavi sottomarini amplificati edei satelliti, che rendono possibile la retemondiale;

1962 introduzione commerciale delle tecniche dimultiplazione a divisione di tempo (TDM) esviluppo dei primi sistemi di trasmissione basatisulla modulazione ad impulsi codificati (PCM);

1975 introduzione delle prime centrali numeriche dicommutazione e sviluppo della gerarchianumerica di multiplazione plesiocrona (PDH).

L’introduzione dei cosiddetti ripartitori automaticinumerici (RED), già avviata a partire dalla secondametà degli anni ottanta, e il successivo sviluppo dellagerarchia numerica sincrona (SDH) renderannopossibile l’automatizzazione delle operazioni dipermutazione dei circuiti numerici dedicati e deiflussi numerici della rete pubblica commutata. Nel

seguito verranno approfonditamente analizzate lecaratteristiche e la struttura della rete di trasportofocalizzando l’attenzione, in particolare, sulleproblematiche di sincronizzazione identificabili nellediverse fasi dell’evoluzione che tale rete ha subitonegli ultimi venti anni.

Da questa breve rassegna delle innovazionitecnologiche che hanno determinato l’enorme sviluppodelle reti telefoniche, emerge come tale processoevolutivo abbia sempre ruotato intorno alle due funzionifondamentali di una rete telefonica: la trasmissione ela commutazione. La trasmissione è l’insieme delletecniche che consentono di trasferire informazione tradue nodi di rete posti a sensibile distanza l’unodall’altro. La commutazione è l’insieme delle tecnicheche consentono di assegnare in modo dinamico i canalitrasmissivi di una rete al fine di interconnettere gliutenti sulla base delle loro richieste.

Prima dell’introduzione delle tecniche numerichel’impatto di ogni innovazione ha di volta in voltainteressato una o l’altra di tali funzioni primarie,mantenendone chiaramente distinte la natura el’utilizzazione negli apparati presenti in rete:l’introduzione delle tecniche FDM, per citare unesempio, ha enormemente potenziato le capacitàtrasmissive delle reti di giunzione, non influenzandoaffatto le caratteristiche e le funzionalità delle centralidi commutazione. Con l’avvento delle tecnichenumeriche e particolarmente con l’impiego dellamultiplazione a divisione di tempo dei canali telefonici,introdotta per meglio utilizzare le capacità trasmissiveproprie dei portanti metallici e hertziani, ha avutoinizio un processo di graduale integrazione delletecniche di trasmissione e commutazione. La strutturadi trama del segnale multiplo PCM a 2,048 Mbit/s,costituita dall’interallacciamento di trentadue ottetti,di cui trenta dedicati al trasporto di canali telefonicia 64 kbit/s, rende possibile sfruttare anche per leoperazioni di commutazione il principio delladivisione di tempo. Nasce così l’autocommutatorenumerico che fonda il suo principio di funzionamentosull’operazione di trasferimento di un campione disegnale, in forma di ottetto di cifre binarie (byte), daun intervallo di tempo (time slot) ad un altro di duetrame distinte: una trama entrante e una uscentedall’autocommutatore, rispettivamente. Unadescrizione dettagliata delle tecniche utilizzate negliautocommutatori numerici esula dagli scopi di questoarticolo: ci limiteremo a richiamare solo alcuni aspettifondamentali che hanno un impatto determinantesulle prestazioni all’interfaccia con i sistemitrasmissivi.

Per poter effettuare la commutazione numericaoccorre portare tutti i flussi entranti ad avere una stessafrequenza di simbolo, e quindi una stessa frequenza diottetto, derivata dall’orologio dell’autocommutatore

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(orologio di centrale o locale), cosicché sia possibilerendere le trame temporalmente allineate (in fase),come illustrato in Figura 2.

Tali operazioni vengono effettuate in un sistema diterminazione della centrale denominato unità di linea(o anche terminale di centrale): lo schema a blocchiesemplificativo delle funzioni svolte nell’unità di lineaè mostrato in Figura 3.

Al lato trasmittente, sul flusso binario di ottetti fornitiin uscita dal multiplatore di centrale, vengono effettuatele seguenti funzioni:1) inserzione della segnalazione nel time slot 16;2) inserzione della parola di allineamento nel time

slot 0;3) codifica di linea (da binario unipolare a HDB3).

Al lato di ricezione il segnale di linea a 2,048 Mbit/s èsottoposto alle seguenti operazioni:4) decodifica di linea (da HDB3 a binario unipolare);5) estrazione della temporizzazione di bit;6) allineamento e sincronizzazione di trama;7) estrazione della segnalazione(2).

Senza entrare nel merito delle singole funzioni,possiamo limitarci, per le considerazioni che interessanola sincronizzazione di rete, ad esaminare più in dettaglioi punti 5) e 6).

3.1 Sincronizzazione nelle unità di linea delle centralinumeriche

Come si è detto, le funzioni di elaborazione svoltenegli autocommutatori numerici sono controllate da uncronosegnale di centrale fornito da un orologio locale.Perché la trasmissione e la commutazione dei segnalinumerici afferenti alla centrale abbiano luogo in manierada garantire l’integrità dell’informazione da essitrasportata è necessario che i cronosegnali del multiplexe della centrale siano mesocroni, cioè, secondo ladefinizione adottata in CCITT, sia verificatal’uguaglianza delle rispettive frequenze medie a lungotermine. Per chiarire meglio il significato e leimplicazioni di tale requisito consideriamo dapprima lasemplice situazione schematizzata in Figura 4, in cuiuna coppia di multiplex PCM è collegata “back-to-back” tramite un sistema di linea numerico bidirezionale.

PA PA

PA

PA

PA

.

.

.

.

.

.

PA

PA

PA

PA = Parola d'allineamento di trama

Flussi numerici entranti

Flussi numerici sincronizzati

Figura 3 Schema a blocchi esemplificativo dell’unità di linea di una centrale numerica

Decodificatoredi linea

Estrattore di temporizzazione

Segnale multiplex Allineatore

di tramaMemoria tampone

Codificatore di linea

Inserzione parola d'allineamento

Estrazione della

segnalazione

Inserzione della

segnalazione

Mat

rice

dico

mm

utaz

ione

PC

M

Segnale multiplex

Orologiolocale

ƒs ƒl

(2) L’inserzione e l’estrazione della segnalazione può non essererichiesta nel caso d’impiego della segnalazione su canalecomune (CCITT n. 7).

Figura 2 Sincronizzazione di trama nelle unità di lineadelle centrali numeriche

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Ognuno dei due multiplex utilizza un suo orologiolocale per generare le temporizzazioni necessarie allamultiplazione, mentre ricava dal segnale multiplexproveniente dal terminale lontano quelle richieste per

demultiplare i tributari in ricezione: in questo schema,quindi, le sezioni di multiplazione e demultiplazionepossono funzionare correttamente in manieraplesiocrona, cioè con due orologi indipendenti aventifrequenze f1 e f2 prossime alla frequenza nominale f0entro una assegnata tolleranza ∆f. Se si passa aconsiderare il caso di Figura 5, in cui i due multiplexsono interconnessi tramite una centrale numerica perconsentire la commutazione dei tributari affasciati, siosserva subito che un problema di sincronizzazionenasce all’interfaccia tra multiplex e centrale, perché,come si è detto, nella centrale occorre utilizzare ununico cronosegnale (a frequenza fc) per temporizzare iflussi in ingresso e in uscita alla rete di commutazione.

Una prima esigenza che si manifesta è quella diprevedere un’adeguata memorizzazione dei flussientranti al fine di assorbire le inevitabili differenze difase con cui le relative trame giungono in centrale, siaa causa dei differenti percorsi di propagazione siaperché nei multiplex non c’è in generale alcunapreassegnata relazione di fase fra le trame in ricezionee in trasmissione. Nello schema a blocchi di principiodell’unità di linea mostrato in Figura 3 questa operazionedi “rifasatura” delle trame entranti è realizzata nellamemoria tampone (buffer), che, come indicato, vienescritta con una frequenza fs derivata dal cronosegnaleestratto dal flusso ricevuto e letta con una frequenza flricavata dall’orologio di centrale. Una sia pur piccoladifferenza tra le frequenze fs e fl causa una periodicaperdita o ripetizione di ottetti in transito nella memoria

12...M

TX

12...M

RX

RX

TX

12...M12...M

ET

ET

f1 f1'

f2f2'

Multiplex 1 Multiplex 2

ET Estrattore della temporizzazione

Orologio locale

RX Ricevitore TX Trasmettitore

Figura 4 Schema di temporizzazione dei multiplexPCM

Figura 5 Temporizzazione di multiplex collegati tramite una centrale numerica

12...M

TX

12...M

RX

RX

TX

12...M12...M

ET

ET

f1 f c''

f2f c

'

ET Estrattore della temporizzazione

Orologio locale

Multiplex 1 Multiplex 2

Centralenumerica di

commutazione

fc

RX Ricevitore TX Trasmettitore

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tampone: questi eventi prendono il nome di slip disincronizzazione. In Figura 6 è illustrato il caso disvuotamento di una memoria tampone a quattro celle(bit) in cui l’orologio di lettura è più veloce di quello discrittura, cosicché periodicamente si verifica la riletturadi quattro bit consecutivi.

Il tasso di slip Fslip è funzione del numero di N di celle(bit) di memoria e della differenza tra le frequenze dilettura e di scrittura. Esprimendo queste ultime in hertz,la relazione che fornisce il tasso di slip è data da

Fslip = 86400f1 − f2

N(slip / giorno)

Se per gli orologi di scrittura e lettura sono specificatele tolleranze relative ∆fs e ∆fl rispetto alla frequenzanominale f0, si può facilmente ricavare che il tasso dislip Fslip è limitato dalla disuguaglianza

Fslip ≤ 86400(∆fs + ∆fl )f0

N(slip / giorno)

L’impiego di una memoria sufficientemente grandeconsente di ridurre il tasso di slip entro limiti prefissati,per ogni assegnata precisione degli orologi. Se siassume che l’orologio di centrale abbia caratteristichedi precisione molto migliori di quelle dei multiplex(∆fl <<∆fs ), per i quali la tolleranza è fissata a 50 partiper milione (∆fs = 50.10-6) nella Racc. G. 703 delCCITT e si prevede di memorizzare una sola trama(3)

(N = 256 bit), risulta che per f0 = 2,048 MHz il tasso di

slip può raggiungere valori fino a 24 slip al minuto.Tale valore è assolutamente inaccettabile anche per iservizi che meglio sopportano la presenza di slip dicentrale: tanto per fissare le idee, i requisiti di reteindicati come obbiettivo dal CCITT stabiliscono, nellaRacc. G.822 [10], una soglia di 5 slip/giorno, mentreun funzionamento caratterizzato da valori maggiori di30 slip/ora è valutato inaccettabile.

Per ovviare a tale situazione, nel caso di Figura 5, ènecessario sincronizzare i flussi numerici in ingresso alnodo di commutazione, asservendo all’orologio dicentrale gli orologi presenti nelle sezioni di trasmissionedei multiplex ad essa collegate. Questo in effetti è soloil primo provvedimento di sincronizzazione richiestoper il corretto funzionamento di una rete integrata: èevidente infatti che problemi del tutto analoghi sipresentano con riferimento alle relazioni mutue di fasetra più centrali interconnesse mediante sistemi numericidi trasmissione. Questo è un problema certamente ancorpiù complesso la cui soluzione costituisce in sostanzal’obbiettivo primario delle tecniche di sincronizzazionedella rete di commutazione.

3.2 Sincronizzazione nelle reti di trasporto basatesulla PDH

L’esigenza di sfruttare i supporti fisici dell’esistenterete di giunzione tra centrali di commutazione haportato a sviluppare la cosiddetta gerarchia dimultiplazione plesiocrona, che, partendo dal segnalemultiplo a 2,048 Mbit/s, si è progressivamente articolatasu tre ulteriori livelli (a 8,448 Mbit/s, 34,368 Mbit/s e139,264 Mbit/s). Questo sviluppo della rete numericadi trasporto, termine con cui possiamo designarel’insieme delle risorse trasmissive destinate a

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

IV

III

II

IIndi

rizzo

di m

emor

ia

Tempo<

Processo di scrittura (periodo T = 1/f )Processo di lettura (periodo T = 1/f )

Ts Ts

LT

LT

Inizio slip (Rilettura dei bit 4, 5, 6 e 7)

4

5

7

6

L

ss

L

Figura 6 Diagramma esemplificativo del meccanismo di formazione degli slip in una memoria elastica a quattro celle

(3) Una dimensione della memoria elastica pari a una o più trameconsente di ottenere slip controllati, cioè ripetizioni o perditedi un numero intero di trame: tale meccanismo garantisce ilmantenimento dell’allineamento di trama, limitando ledegradazioni conseguenti al verificarsi degli slip.

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realizzare il trasferimento di informazione medianteflussi numerici con frequenza di cifra normalizzata, hacomportato al suo nascere una fondamentale scelta tra latecnica di multiplazione sincrona e la tecnica dimultiplazione plesiocrona. Nella prima si assume che isegnali tributari e il segnale multiplo siano sincroni traloro: solo in questa condizione è possibile garantirel’integrità delle informazioni trasportate, limitare il tempodi ritardo attraverso il multiplatore-demultiplatore e ridurrela complessità dell’apparato stesso. Tuttavia la condizionedi sincronismo ideale non è praticamente realizzabileanche laddove si utilizzi una rete di distribuzione dellasincronizzazione: come vedremo nel seguito, quando siconsidererà la gerarchia numerica sincrona, il meglio chesi riesce ad ottenere è una situazione di mesocronia tra isegnali numerici presenti in rete. Perciò, all’epoca in cuivennero sviluppati i primi sistemi di multiplazione diordine superiore al primo livello gerarchico la complessitàdei problemi connessi con la sincronizzazione di reterichiesta dalle tecniche sincrone indusse a sviluppare latecnica di multiplazione plesiocrona basata sull’adozionedel meccanismo di giustificazione positiva. Come è noto,nella tecnica plesiocrona si ammette che i cronosegnaliassociati ai tributari e al segnale multiplo possano averefrequenze diverse dal loro valore nominale: prima diaffasciare bit a bit i tributari è necessario perciò portarli auna stessa frequenza, superiore a quella nominale e sincrona

con il segnale multiplo, mediante un’operazione diritemporizzazione svolta nel cosiddetto sincronizzatore.Questo dispositivo, come mostrato in Figura 7, comprendeun buffer per ciascun tributario nel quale i bit sono scrittialla frequenza del cronosegnale di tributario e letti a unafrequenza maggiore di quella di scrittura: per evitare losvuotamento del buffer che si avrebbe in conseguenza ditale differenza di frequenza, è necessario inibire, incorrispondenza di prefissati punti della trama d’uscita(opportunità di giustificazione positiva), la lettura dellamemoria e inserire nel segnale multiplo un bit che nontrasporta informazione di tributario (bit di riempimento).La giustificazione è preannunciata mediante opportunasegnalazione (bit di segnalazione di giustificazione) presentenella trama del segnale multiplo. Da quanto detto risultache nella trama del segnale multiplo, accanto ai bit deitributari, sono presenti bit di informazione ausiliaria chepermettono la segnalazione di giustificazione: come è notoaltri bit ausiliari sono destinati ad altri scopi come, adesempio, l’indicazione dell’inizio di trama (parola diallineamento) e la gestione degli allarmi. L’insieme dei bitausiliari è comunemente denominato overhead della trama.

Al lato ricezione, il riconoscimento della parolad’allineamento consente d’individuare la posizione deibit di overhead, in particolare quelli che segnalano lagiustificazione dei tributari affasciati, e la posizione deibit di tributario: il compito di ricostruire ciascun segnale

Figura 7 Schema funzionale dell’inserimento di un tributario plesiocrono nel segnale multiplo

Overhead

GENERATORE TEMPI

DI TRAMA

OROLOGIOMULTIPLEX

Inibizione per

overhead e altri

tributariCONTROLLOGIUSTIFICAZIONE

ESTRAZ.TEMP.

CONTAT.SCRITT.

CONTAT.LETT.

BUFFER

~

SINCRONIZZATORE

TRIBUTARIO

Altri tributari

SEGNALEMULTIPLO

OROLOGIO"BUCATO"

Giustificazione

Indirizzoscrittura

Gestione dell'opportunitàdi giustificazione

OROLOGIO"REGOLARE" Inibizione per

giustificazione

OROLOGIO"REGOLARE"

Indirizzolettura

+ -+

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tributario è svolto nel relativo desincronizzatore il cuischema di principio è mostrato in Figura 8.

I bit di tributario individuati nella trama multiplavengono scritti in un buffer sotto il controllo di unorologio “bucato”, ottenuto inibendo il cronosegnaleestratto dal segnale multiplo negli istanti caratteristicipertinenti sia all’overhead, sia ai bit di giustificazione,sia agli altri tributari: tale orologio viene anche utilizzatoin un circuito ad aggancio di fase (PLL = Phase LockedLoop) per ricavare l’orologio di lettura del buffer(orologio regolare) e deve perciò riprodurre con lamassima fedeltà possibile il cronosegnale originariodel tributario. Puntando l’attenzione sugli aspetti disincronizzazione delle operazioni sopra descritte èimportante sottolineare come il processo dimultiplazione-demultiplazione plesiocrona consentedi trasportare, insieme al contenuto informativo deiflussi tributari, anche l’associata temporizzazione. Inpratica, mentre per il contenuto informativo la qualitàdel trasporto è influenzata esclusivamente dalledegradazioni introdotte dal mezzo trasmissivo checonnette multiplatore e demultiplatore, il trasferimentodell’informazione di temporizzazione associata aciascun tributario è affetto anche dalle fluttuazioni difase legate al meccanismo di giustificazione, che ilPLL non riesce a filtrare completamente (jitter datempo d’attesa). Al fine di minimizzare l’ampiezza ditali fluttuazioni di fase residue, occorre individuareopportuni valori per la frequenza media nominale dilettura del buffer del sincronizzatore e per le tolleranzedi frequenza dei tributari e del segnale multiplo. Per lagerarchia plesiocrona europea, basata come si è dettosul segnale primario a 2,048 Mbit/s, i valori delletolleranze di frequenza ammesse sono riportati inTabella 1.

L’introduzione dei vari livelli della gerarchiaplesiocrona ha reso possibile il graduale sviluppo di unarete di giunzione numerica basata sull’impiego dimultiplatori e sistemi di linea alle diverse frequenze dicifra normalizzate. Tale rete ha assunto configurazioniprogressivamente più complesse via via che ladisponibilità di nuovi apparati ha consentito un maggiornumero di tipologie di collegamento: solo a titolod’esempio, in Figura 9 sono schematizzati alcunipossibili collegamenti numerici basati sulla PDH.

Al fine di contenere le degradazioni del segnalenumerico trasportato in una rete PDH è stato necessariospecificare un certo numero di parametri di interfacciaatti a caratterizzare il segnale stesso, e progettare gliapparati in modo tale da soddisfare i requisiti di qualitàall’interfaccia di ingresso e di uscita, prevedendo senecessario l’adozione di dispositivi capaci di ridurre le

PLL

CONTAT.SCRITT.

CONTAT.LETT.

ESTRAZ.TEMP.

ALLINEAT.TRAMA

BUFFER

SEGNALEMULTIPLO

DESINCRONIZZATORE

TRIBUTARIO

OROLOGIO"REGOLARE"

OROLOGIO"BUCATO"

CONTROLLOGIUSTIF.

OROLOGIO"REGOLARE"

Inibizione peroverhead e altri

tributari

Inibizione pergiustificazione

Indirizzoscrittura

Indirizzolettura

Figura 8 Schema funzionale dell’estrazione di un tributario plesiocrono dal segnale multiplo

Tabella 1 Valori delle tolleranze di frequenzaammesse per la gerarchia plesiocronaeuropea (ppm = parti per milione)

Frequenzanominale (MHz)

Tolleranza (ppm)

2,048 ±50

8,448 ±30

34,368 ±20

139,264 ±15

ppm = parti per milione

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degradazioni in eccesso. Riferendoci in particolareagli aspetti di temporizzazione degli apparatitrasmissivi, ricordiamo che le due più importantidegradazioni cui vanno soggetti i cronosegnali sono iljitter e il wander: entrambi sono costituiti da variazionidella posizione degli istanti significativi, e sidifferenziano tra loro per la velocità di tali variazioni,che sono rapide nel jitter e lente nel wander, e per lecause da cui hanno origine. Il jitter è essenzialmenteprodotto dai circuiti di estrazione della temporizzazionee da quelli di rigenerazione del segnale di linea,dall’impiego di tecniche di giustificazione neimultiplatori, dal rumore di fase presente negli oscillatoridegli orologi d’apparato; il wander è causato dallefluttuazioni di temperatura dei portanti fisici (che sitraducono in variazioni del tempo di propagazione),dalla deriva della lunghezza d’onda dei laser nei sistemiottici (variazioni del tempo di propagazione dovutealla dispersione cromatica delle fibre), dalle tecnichedi giustificazione. Jitter e wander sono a loro voltacausa di importanti degradazioni della qualità deltrasporto quali: incremento del tasso d’errore, slipnelle memorie elastiche presenti all’ingresso di moltiapparati numerici, distorsione dei segnali analogiciricostruiti in ricezione dopo la conversione numerico/analogico (ad esempio, per i servizi hi-fi e video).

3.3 Strategie di controllo del jitter e del wander nellereti numeriche

Per meglio comprendere gli aspetti quantitativi delcontrollo del jitter che verranno considerati in questoparagrafo, è utile richiamare brevemente il modello diriferimento che consente di definire il jitter come segnale.Le deviazioni temporali degli istanti caratteristici di unsegnale numerico, rispetto alle loro posizioni nominali,costituiscono una sequenza tempo-discreta di valorianalogici, definiti cioè in un insieme continuo: talesequenza può essere interpretata come la versionecampionata di un sottostante segnale analogicotempo-continuo che rappresenta la modulazione di fasedel cronosegnale sinusoidale associato al segnalenumerico. Quando si parla di ampiezza, frequenza, formad’onda, etc., del jitter ci si riferisce alle corrispondentigrandezze associate alla versione tempo-discreta o aquella tempo continua, in dipendenza dalle tecniche dirivelazione impiegate: queste, nel primo caso sono basatesulla misura delle variazioni degli intervalli di tempo traistanti significativi consecutivi, mentre nel secondo casosono basate sulla demodulazione di fase applicata alcronosegnale estratto dal segnale numerico.

Per attuare una strategia di controllo del jitter e delwander sono stati introdotti nelle raccomandazioni delCCITT, e in particolare nella G.823 [11], i seguenticriteri:1) identificazione dei limiti di rete che non debbono

essere superati in corrispondenza a qualsiasiinterfaccia gerarchica;

2) regolamentazione delle prestazioni dei singoliapparati numerici;

3) individuazioni di linee-guida per la valutazionedelle prestazioni in presenza di apparati in cascata(problemi di accumulazione) e per l’identificazionedi metodologie affidabili per la misura deiparametri.

Gli obiettivi di un simile approccio sono quelli direndere possibile una facile integrazione in rete di nuoviapparati e una gestione flessibile della rete numerica.

3.3.1 Limiti di rete per il jitter/wander

Con riferimento al primo punto ricordiamo che permisurare e caratterizzare il jitter e il wander presenti alleinterfacce gerarchiche si sono scelte due grandezzediverse: il jitter picco-picco misurato in una opportunabanda di frequenza, nel caso del limite di rete per il jitter;il Maximum Time Interval Error (MTIE) nel caso dellimite di rete per il wander: per la definizione di talegrandezza si rimanda il lettore alla terza partedell’articolo. La scelta di due grandezze distinte èstrettamente legata alla diversità delle tecniche di misuradisponibili per caratterizzare i due fenomeni.

a)

b)

140 Mbit/s

34 Mbit/s

2 Mbit/s8 Mbit/s

34 Mbit/s

c)

AUTOCOMMUTATORE NUMERICO

2 Mbit/s

8 Mbit/s

2 Mbit/sMUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX

MUX8 Mbit/s

2 Mbit/s

8 Mbit/s2 Mbit/s34 Mbit/s

8 Mbit/s2 Mbit/s

Figura 9 Esempi di connessione tra autocommutatorinumerici: a) collegamenti a 2 Mbit/s; b)collegamento a 8 Mbit/s; c) collegamenti a34 e 140 Mbit/s

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Per quanto riguarda il limite di rete per il jitterall’interfaccia gerarchica a 2,048 Mbit/s è prescritto cheil jitter picco-picco non superi 1,5 UI (Unit Interval =periodo di simbolo) quando è misurato nella banda20 Hz ÷ 100 kHz e 0,2 UI quando è misurato nella banda18 kHz ÷ 100 kHz: analoghe specifiche sono date nellaG.823 per gli altri livelli gerarchici.

Il limite di rete per il wander è stato finora fissato soloper le interfacce ai nodi di rete: l’MTIE su un periodod’osservazione di S >10000 s non deve eccedere ilvalore (10-2S +10000) ns. Tale specifica tiene contodelle caratteristiche fondamentali di propagazione deimezzi trasmissivi, dei fenomeni di instabilità deglioscillatori presenti negli orologi e delle caratteristichedi stabilità a lungo termine del master della rete.

3.3.2 Specifiche di jitter/wander per gli apparati

Per quanto riguarda le specifiche di jitter e wanderper gli apparati, l’approccio seguito è basatosull’identificazione di tre aspetti fondamentali:l’accettazione di jitter/wander in ingresso, lagenerazione di jitter/wander in uscita in assenza dijitter/wander in ingresso, la funzione di trasferimentodel jitter/wander.

Esaminiamo brevemente ciascuno di tali aspetti. Alfine di assicurare che un apparato possa essere connessoad ogni interfaccia gerarchica all’interno di una retenumerica è necessario prevedere che le porte d’ingressodell’apparato stesso possano accettare livelli di jitter/wander pari almeno al massimo valore presente inrete, cioè al limite di rete per il jitter/wander definitoal punto 1). Tuttavia, per consentire l’impiego diagevoli metodologie di prova degli apparati, le

Figura 10 Maschera di accettazione del jitter sinusoidalealle porte di ingresso a 2,048 Mbit/s degliapparati

f < 20Hz0 40 Hz

400 Hz 100 kHz

f

–19,5

Frequenza del jitter (Hz)

Gua

dagn

o di

jitte

r

0,5

dB

20 dB/decade

Figura 11 Caratteristica di trasferimento del jitter delmultiplatore del secondo livello gerarchicoa 8,448 Mbit/s

specifiche di accettazione del jitter sono definite intermini di ampiezza picco-picco a ciascuna frequenzadel jitter sinusoidale che, se presente in ingressoall’apparato, non deve provocare alcuna significativadegradazione di funzionamento. A titolo di esempio inFigura 10 è riportata la maschera di accettazione deljitter/wander sinusoidale per le porte d’ingresso a2,048 Mbit/s degli apparati. La congruenza di talemaschera con le specifiche del limite di rete per il jitterè assicurata dall’ipotesi ragionevole che il jitter picco-picco presente in rete a ciascuna frequenza siacomunque inferiore al jitter picco-picco in una bandache comprende la frequenza considerata.

Le specifiche sul jitter generato dagli apparati inassenza di jitter in ingresso sono date in termini diampiezza picco-picco misurata in una assegnata bandadi frequenza: per esempio per il multiplex PCMprimario a 2,048 Mbit/s il valore massimo consentitoè di 0,05 UI picco-picco quando misurato nella banda20 Hz ÷ 100 kHz (Racc. G.732) [8].

Per quanto riguarda infine la funzione di trasferimentodel jitter, definita come rapporto tra le ampiezze deljitter in uscita e di quello in ingresso all’apparato, cilimitiamo a riportare che le specifiche sono date permezzo di una maschera guadagno/frequenza del tipomostrato in Figura 11 con riferimento al multiplatorenumerico 2/8 Mbit/s.

3.3.3 Il problema della valutazione del jitter/wanderaccumulato nelle reti numeriche

La variabilità delle configurazioni di rete impediscela considerazione di tutti i possibili casi. Per analizzareuna particolare configurazione di rete è necessario

AAAAAA

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

AAAAAAAAAAAAA

AAA

20 Hz 2.4 kHz 18 kHz 100 kHz f

1,5

0,2

Frequenza del jitter (Hz)

Am

pie

zza

pic

co-p

icco

d

el j

itte

r (U

I)

36,9

1.2 10 Hz–5

scala log

sca

la lo

g

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usare le informazioni disponibili sulle caratteristichedi jitter/wander degli apparati che ne fanno parteunitamente ad appropriati modelli di accumulazione.Quest’ultimo aspetto è stato oggetto di numeroseindagini teoriche che hanno via via preso inconsiderazione vari aspetti del problema: i differentitipi di apparati (rigeneratori, multiplatori, etc.), idifferenti supporti fisici (cavi coassiali, ponti radio,fibre ottiche), le diverse caratteristiche di jitter(sistematico, non sistematico). I più significativi risultatial riguardo possono essere reperiti nell’Annesso B dellaracc. G.823.

4. Note conclusive

A conclusione di questa prima parte dedicata ad unapanoramica dei problemi di sincronizzazione nelle retinumeriche basate sulla PDH è utile riportarel’attenzione sugli aspetti storico-evolutivi legatiall’introduzione e al grande sviluppo della retenumerica di trasmissione. Da un impiego “sparso” deiprimi multiplatori e sistemi di linea numerici si èpassati a una progressiva diffusione di nuovi apparati,accompagnata dal progetto e dalla realizzazione digrandi strutture portanti nella rete a lunga distanza(dorsali in cavo coassiale e in fibra ottica). La retenumerica di trasmissione ha costituito perciò il nucleoiniziale del processo di numerizzazione e haprogressivamente incluso gli autocommutatorinumerici, via via che questi sono stati introdotti afianco o in sostituzione delle tradizionali centralielettromeccaniche, avviando quella integrazione ditrasmissione e commutazione che avrebbe dovutoportare alla realizzazione della cosiddetta rete numericaintegrata nelle tecniche (IDN=Integrated DigitalNetwork). Tale processo ha oggi raggiunto un elevatogrado di penetrazione nella rete pubblica nazionale,con una evoluzione analoga a quella seguita nella granparte degli altri Paesi della comunità internazionale apiù elevato sviluppo tecnologico. Come è stato descrittonelle linee essenziali in questo articolo, le scelte dibase che hanno caratterizzato lo sviluppo delle attualireti di trasporto sono chiaramente individuabilinell’impiego degli apparati trasmissivi plesiocroni daun lato, e, dall’altro, nella progressiva introduzione diapparati di commutazione tra di loro sincronizzati alfine di assicurare elevati livelli di qualità dei serviziofferti. Tuttavia, come vedremo nella seconda partedell’articolo, una nuova rivoluzione si è andatainnestando su tale processo, non ancora giunto al suocompletamento ma già caratterizzato da importantisegni di inadeguatezza rispetto alle crescenti esigenzedell’utenza e dei gestori di rete: la risposta a taliesigenze è stata individuata nelle potenzialità offertedalla nuova gerarchia di multiplazione sincrona.

Bibliografia

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connection. Rac. CCITT G.821, Ginevra, giugno 1992.

[10] Controlled slip rate objectives on an international digital

connection. Rac. CCITT G.822, Blue book, vol.III,

fascicolo III.5, Melbourne, 1988.

[11] The control of jitter and wander within digital networks

which are based on the 2048 kbit/s hierarchy. Rac.

CCITT G.823, Blue book, vol.III, fascicolo III.5,Melbourne, 1988.