La scomparsa di Carlo Bergonzi L’É FNÌDA ADELE, È … scomparsa di Carlo Bergonzi L’É FNÌDA...

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La scomparsa di Carlo Bergonzi L’É FNÌDA ADELE, È FINITA Il più grande tenore verdiano del Novecento è scomparso nella notte tra il 25 e il 26 luglio all’Auxologico di via Mosè Bianchi, a Milano, dove era ricoverato da tempo - Aveva compiuto 90 anni il 13 luglio - Diceva spesso: “A n’ gh’la fagh pu, mi fa male vedermi così” - È stato assistito fino all’ultimo dalla moglie Adele, che divideva la stanza d’ospedale con lui - Una vita di trionfi in tutto il mondo di ACHILLE MEZZADRI “L’é fnìda, Adele, è finita”. Non ce la faceva più Carlo Bergonzi, il più grande tenore verdiano del Novecento, 90 anni compiuti il 13 luglio. Dolori lancinanti alle gambe l’avevano ormai paralizzato completamente, tormentandolo fino all’ultimo. Da tempo entrava e usciva dall’ospedale. Prima costretto alla carrozzina, poi al letto. Inutili le cure dei medici dell’Auxologico di via Mosè Bianchi 90, a Milano, a due passi da casa sua, in via Albani. Insufficiente il conforto di Adele, dei figli Maurizio e Marco che facevano avanti e indietro, in questi ultimi tempi, da Parma e da Busseto. È stato lungo e irto di difficoltà l’addio alla vita di questo grande artista di Busseto (come Verdi, il grande Verdi che lui ha amato così tanto e che chiamava “il nonno”) che ha trionfato in tutto il mondo. L’ho visto l’ultima volta il 10 luglio, tre giorni prima del suo novantesimo compleanno. Era stanco, affaticato, il tubicino dell’ossigeno lo teneva ancora attaccato alla vita. Però lo sguardo era ancora MEZZADRI&CO. 1

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La scomparsa di Carlo Bergonzi

L’É FNÌDA ADELE, È FINITA Il più grande tenore verdiano del Novecento è scomparso nella notte tra il 25 e il 26 luglio all’Auxologico di via Mosè

Bianchi, a Milano, dove era ricoverato da tempo - Aveva compiuto 90 anni il 13 luglio - Diceva spesso: “A n’ gh’la fagh pu, mi fa male vedermi così” - È stato assistito fino

all’ultimo dalla moglie Adele, che divideva la stanza d’ospedale con lui - Una vita di trionfi in tutto il mondo !

di ACHILLE MEZZADRI “L’é fnìda, Adele, è finita”. Non ce la faceva più Carlo Bergonzi, il più grande tenore verdiano del Novecento, 90 anni compiuti il 13 luglio. Dolori lancinanti alle gambe l’avevano ormai paralizzato completamente, tormentandolo fino all’ultimo. Da tempo entrava e usciva dall’ospedale. Prima costretto alla carrozzina, poi al letto. Inutili le cure dei medici dell’Auxologico di via Mosè Bianchi 90, a Milano, a due passi da casa sua, in via A lban i . Insu f f i c i en te i l conforto di Adele, dei figli M a u r i z i o e M a r c o c h e facevano avanti e indietro, in questi ult imi tempi, da Parma e da Busseto. È stato lungo e irto di difficoltà l’addio alla vita di questo grande artista di Busseto (come Verdi, i l grande Verdi che lui ha amato così tanto e che chiamava “il nonno”) che ha trionfato in tutto il mondo. L’ho visto l’ultima volta il 10 luglio, tre giorni prima del s u o n o v a n t e s i m o compleanno. Era stanco, a f f a t i c a t o , i l t u b i c i n o del l ’oss igeno lo teneva ancora attaccato alla vita. Però lo sguardo era ancora MEZZADRI&CO. �1

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quello del Carlo che conoscevo e del quale avevo avuto la fortuna di diventare, negli ultimi anni, amico. Aveva ancora la forza, Carlo, di parlare di lirica, della sua amata Inter, della Nazionale di calcio che aveva seguito ai mondiali, alla Tv. Ma erano gli ultimi lampi. Quando l’ho salutato gli ho dato un bacio sulla fronte, sapevo che sarebbe stato l’ultimo. E sono partito per le vacanze con il timore che qui, in Val Seriana, mi sarebbe arrivata “una” telefonata. Purtroppo è arrivata, pochi minuti fa. Mi ha telefonato, tra le lacrime, Adele. “Achille”, mi ha detto “Carlo non c’è più. E’ morto nella notte. Volevo che tu lo sapessi subito”.

In questi ultimi anni di sofferenza avevo incontrato Carlo più volte. Tre anni fa mi a v e v a d e t t o : “Achille non è vita que s t a . Non m i muovo più, sono pr ig ioniero del la p o l t r o n a , d e l passeggino, e va ancora bene che

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adesso è estate e posso stare in terrazza, ma dopo... che cosa farò. Il dramma, vedi, è che ho la mente ancora lucida, di testa sto bene, ecco, ma sono un uomo vivo in un corpo morto. E mi fa male vedermi così. A n’ gh’la fagh pu”. Tre anni fa. Da allora la situazione era andata avanti deteriorandosi giorno per giorno. Dalla poltrona al passeggino, alla carrozzina, al letto. Da casa all’ospedale, all’Auxologico di via Mosè Bianchi, che purtroppo era diventata la sua seconda casa. Nel dicembre scorso mi aveva detto: “Spero di s t a r e m e g l i o p e r i l compleanno, in luglio, così f e s t e g g i a m o ” . . . . A l novantesimo c’è arrivato, m a . . . c ’ e r a p o c o d a festeggiare. Era nata una bella amicizia fra noi, anche se di data r e c e n t e . P r i m a c i sent ivamo abbastanza spesso al telefono, poi MEZZADRI&CO. �3

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sono andato più volte a trovarlo a casa sua, a passare pomeriggi di chiacchiere o nel suo grande salone o in terrazza. Lui, io, e l’inseparabile Adele, la compagna della sua vita, la donna che è stata al suo fianco 69 anni. Sono stato testimone del suo declino finale. Già era pieno di acciacchi, ma solo fino a quattro anni fa camminava ancora sulle sue gambe, seppur appoggiato al fido bastone il cui pomello era il

vo l to, in a rgento, d i Giuseppe Verdi. Quattro anni fa aveva potuto goders i , ass ieme al la moglie e ai figli Maurizio e M a r c o , u n t r i o n f o tributatogli all’Arena di Verona, quando ricevette l’Oscar della musica. Così c o m e e r a s t a t o protagonista di una grande

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serata in suo onore alla Fenice di Venezia, quando ricevette il premio Rubinstein. Poi, piano piano, il crollo. “La fisioterapia non mi dà più benefici. Non mi reggo più in piedi, Achille. Sono prigioniero di questo aggeggio qui”. E mi indicava, allora, il passeggino al quale doveva aggrapparsi per muoversi. Nel dicembre 2009 mi ha aveva concesso una bella intervista video nella sua casa. C’ero andato con mio figlio Steve, autore di un breve servizio fotografico e del video. Carlo si era alzato dalla poltrona e, appoggiandosi al bastone, riusciva ancora reggersi in piedi accanto al pianoforte. Raccontò la sua vita con voce ferma, a tratti squillante, infervorandosi nei momenti in cui ricordava gli episodi salienti della sua vita. Il timbro di voce... quella voce che aveva esaltato le folle... Carlo, al lora, era ancora moderatamente ottimista. MEZZADRI&CO. �5

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Sperava in un recupero, seppure parziale. Contava di tornare nell’estate seguente nella sua bella casa di Bordighera. Pensava alla primavera. “Quando tornerà il bel tempo Achille andiamo insieme, io e Adele e tu e tua moglie, al Ribot. Sono di casa lì”... Desideri mai più realizzati. E l’addio alla casa di Bordighera.

Dopo l’incontro - intervista con Steve ero tornato da lui con mia moglie, che aveva subito fraternizzato con Adele. Poi un giorno, una domenica pomeriggio, andai in via Albani per una chiacchierata “allargata”, con un altro mito della lirica mondiale, Magda Olivero, ultracentenaria, grande amica di Carlo e di Adele. Due artisti straordinari uno accanto all’altra, a ricordare episodi delle loro magiche carriere... Da allora sono tornato più volte in quella casa, ma ogni volta il declino di Carlo mi era apparso più evidente. “La va mäl Achille, non mi reggo più in piedi, e ho dolori che mi fanno impazzire”. Al momento dei saluti Adele mi prendeva da parte e mi diceva: “E’ messo, siamo messi male. Car lo ha do lo r i che l o d i s t r u g g o n o . S p e s s o l o sorprendo nel suo studio mentre piange. E appena si accorge che sono lì, mi caccia via: “Cosa fai, vai via...”. Sapessi che pena Achille”. Carlo era interista. Quando poteva si vedeva ancora tutte le p a r t i t e , a l l a T v , e l e commentava, e si infervorava c o n d i s c o r s i d a t i f o s o . All’Auxologico, poche settimane prima di morire, aveva visto a l la Tv molte part i te de l mondiale di calcio. “Ci sono state tante belle partite”, mi

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disse con un fil di voce il 10 luglio “peccato per l’Italia... E Balotelli è un bluff...”. Così come, su Rai5, amava vedere le opere. Oppure, quando ancora era nella sua casa di via Albani, si chiudeva nel suo studio e ascoltava musica. Poi... Poi basta, non era stimolato più da niente. “Vedi, amico mio”, mi diceva quando ancora ci incontravamo nel suo terrazzo “ho perso interesse a tutto. A volte cerco di reagire, prendo un cd, cerco di ascoltarmi un’opera, ma poi mollo, mi metto a piangere... E la televisione non la guardo nemmeno più. O pochissimo”. Ricordo che un giorno Adele, in uno dei nostri incontri - chiacchierata all’ora del te, aveva detto che non capiva perché Carlo non aveva mai voluto scrivere un’autobiografia. Come hanno fatto e fanno tanti grandi artisti, che si appoggiano, per la bisogna a un amico scrittore o giornalista. “Non per vanità”, diceva Adele “ma perché penso che sia giusto che di un artista di valore mondiale come Carlo resti un’opera, un documento scritto, e con foto...”. Ma lui aveva ribattuto con decisione. “No, no e poi no. Primo perché questi libro qui ormai non hanno pubblico, sono rivolti a nicchie. Poi MEZZADRI&CO. �7

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perché non ho più voglia di mettermi qui a ricordare uno dopo l’altro, gli episodi della mia vita. Sarebbe un tormento. No, no, non mi interessa. Sarebbe una sofferenza”. Nel suo terrazzo, pieno di piccioni che venivano ogni giorno a “fare colazione”, Carlo guardava il cielo azzurro e alternava le parole a momenti di silenzio, di riflessione. “Io non ho paura di morire, Achille, non è questo il problema. Tutti, nessuno escluso, dobbiamo affrontare questo viaggio. Ma è brutto andare via così. Con queste sofferenze terribili, con questo decadimento lento ma incessante. Con ricordi che mi martellano nella testa, la mia carriera, i miei trionfi. Un abisso tra il mio passato e il mio presente: ero un cantante acclamato in tutto il mondo, ora sono un povero vecchio praticamente in carrozzina”. Poi i reiterati ricoveri all’Auxologico di via Mosè Bianchi. Sempre più frequenti. Quando andavo a trovarlo spesso gli passavo al telefono amici comuni, Michele Pertusi, Alberto Michelotti... Erano i momenti in cui abbandonava ogni malinconia e sembrava felice. Ma poi, quando andavo via, dopo l’abbraccio di saluto, si incupiva. E Adele, accompagnandomi, mi diceva mestamente: “Ecco Achille, adesso arriverà la notte, e Carlo la passerà tra i dolori. E a piangere...”. Achille Mezzadri !LE FOTO pag. 1 - Carlo Bergonzi (by Steve Mezzadri) pag. 2 - a) Carlo nella sua casa con la moglie Adele Aimi - b) Il tenore nel suo studio, quattro anni fa (by Steve Mezzadri) pag. 3 - a) Bergonzi con il grande soprano Magda Olivero, ultracentenaria; b) Bergonzi con Magda Olivero e Achille Mezzadri pag. 4 - a) Carlo Bergonzi in famiglia; b) Bergonzi nel terrazzo della sua casa con la moglie e i figli Maurizio e Marco pag. 5 - a) e b) Il tenore a Busseto, quando ancora poteva tornare nella sua terra pag. 6 - a) Bergonzi nella sua casa; b) Il tenore premiato a Verona pag. 7 - Bergonzi, Il più grande tenore del Novecento

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