La robotica educativa nella scuola primaria

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LA ROBOTICA EDUCATIVA NELLA SCUOLA PRIMARIA Donatella Merlo ____________________________ 1

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Resoconti di esperienze didattiche di robotica educativa con i kit Lego RCX, NXT WeDo

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LA ROBOTICA EDUCATIVA NELLA SCUOLA PRIMARIA

Donatella Merlo

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INDICE

PRIMA PARTEINTRODUZIONE ALLA ROBOTICA EDUCATIVAChe cosa è la robotica educativaLa robotica educativa e gli obiettivi di apprendimento della scuola primaria

• Obiettivi dell’area linguistico-artistico-espressiva • Obiettivi dell’area matematico-scientifico-tecnologica

SECONDA PARTELE ATTIVITÀ DI ROBOTICA EDUCATIVA NELLA SCUOLA PRIMARIA I materiali e gli strumenti

• Il kit WeDo • Il kit Lego Mindstorms NXT • Il kit Lego RCX

Il laboratorio di robotica: uno sguardo alla metodologia di lavoroTERZA PARTEESPERIENZE NELLA SCUOLA PRIMARIA In classe prima

• Il mondo di Quark• Il portiere matematico• La storia di Pilù

In classe seconda• Acrobot, un animale-robot

In classe terza• Il leone, il coccodrillo e la giostra degli uccellini• Programmare senza computer • Riciclor, un robot per capire la raccolta differenziata

In classe quarta• Robotolo, un cane robot• Distruggere per ricostruire• Ingranaggi

In classe quinta• Inventorbot gioca a basket

APPENDICEDalla scuola primaria alla scuola dell’infanzia

BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

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PRIMA PARTE

INTRODUZIONE ALLA ROBOTICA EDUCATIVA

Che cosa è la robotica educativa

L’idea di far costruire robot ai bambini con kit appositi non è nuova. Sono molti anni che da semplice giocattolo, sovente copia di personaggi dei cartoni animati, i robot sono entrati nelle scuole come artefatti utili per l’apprendimento. Progettare e costruire un robot mette in gioco molteplici abilità ed è un’attività che si svolge in un ‘laboratorio’ per il cui allestimento non servono spazi diversi dall’aula. É sufficiente aprire la scatola e il ‘gioco’ può cominciare. Sì, perché di gioco si tratta e come tale è vissuto dai bambini, anche se fatto a scuola, un gioco che diventa contesto di apprendimento grazie all’intenzionalità dell’insegnante che sa cogliere gli aspetti importanti per far evolvere le capacità dei suoi allievi in tutte le direzioni che il mezzo suggerisce. E, come vedremo, sono tante.I robot sono artefatti particolari perché simulano il comportamento di un vivente, uomo o animale. Questo fa sì che vengano percepiti come esseri dotati di un’intelligenza propria, con cui si può comunicare e quindi instaurare una sorta di ‘relazione’. Questo aspetto, dal punto di vista educativo, è molto potente perché, proprio grazie al legame particolare che si instaura fra l’oggetto e chi lo costruisce, contribuisce a creare una motivazione negli allievi.Il ‘gioco’ della robotica educativa prevede che gli allievi si costruiscano il giocattolo, cioè il robot. Dall’ideazione alla realizzazione concreta, che comprende anche la programmazione dei comportamenti che si vogliono ottenere dal robot, passa diverso tempo, il gioco non è immediatamente a disposizione. Prima di giocare bisogna investire in attenzione, impegno, collaborazione, capacità organizzativa e mettere a frutto abilità più specifiche legate alle diverse operazioni da svolgere. L’allievo deve mettere insieme i pezzi seguendo le istruzioni, ma deve anche saper attendere il proprio turno; deve scrivere il programma per ottenere il risultato voluto ma, se non succede quel che deve succedere, deve cercare l’errore e provare di nuovo. È quindi il percorso che si fa per raggiungere l’obiettivo che conferisce valore educativo all’attività. Questo ambiente di apprendimento è ricco di situazioni di problem solving e richiede da parte degli allievi capacità di concentrazione sul compito e di

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riflessione, ma non un lavoro ‘individuale’: il mezzo per giungere alla soluzione dei diversi problemi, che si incontrano durante il percorso, è sempre la discussione tra pari, nel piccolo gruppo e nel gruppo classe. Come si configura allora il ruolo dell’insegnante? Il suo compito diventa aiutare gli allievi a raccogliere le idee, a rielaborarle o a organizzarle in modo coerente per raggiungere lo scopo, senza sostituire il loro pensiero con il suo; la situazione è coinvolgente anche per un adulto e, se l’insegnante vive quest’attività come gioco ed esce momentaneamente dal suo solito ruolo, riesce anche a svolgere il suo compito con più efficacia. La robotica può diventare un modo per rompere con la didattica tradizionale perché fa scoprire nuovi modi di organizzare il rapporto tra insegnanti, alunni e sapere.Rileggendo alcuni vecchi materiali sulla robotica ho ritrovato un pezzo scritto da Resnick (Resnick et al., 1996) dove si raccontano le prime esperienze con il Mattoncino Programmabile, il futuro Lego Mindstorms. Mi hanno colpita queste frasi1: “Nel nostro lavoro siamo interessati a cose che pensano non perché possono compiere particolari mansioni più facilmente, economicamente o intelligentemente, ma perché possono rendere la gente capace di pensare alle cose in modo nuovo. Cioè le cose che pensano ci interessano di più quando agiscono anche come ‘cose con cui pensare’. Crediamo che il M.P. agisca giusto in questo modo, permettendo ai bambini di svolgere nuovi tipi di esplorazioni e di esperimenti e di impegnarsi in nuovi tipi di pensiero.”Queste poche parole riassumono ciò che ho sperimentato con i miei allievi ogni volta che ho proposto loro di lavorare con i robotini. Nello stesso testo gli autori producono anche un elenco di ‘Venti cose da fare con un Mattoncino Programmabile’. Scorrendo l’elenco mi sono accorta che con i kit Lego è possibile fare praticamente tutto ciò che lì è elencato: una caratteristica che distingue questo materiale da altri kit in commercio è proprio la sua flessibilità cioè la possibilità di creare qualsiasi oggetto ci venga in mente.La ventesima cosa dell’elenco è: ‘Pensare ad altre venti cose da fare con un Mattoncino Programmabile’. Spero che la lettura di questo libro stimoli in tal senso sia gli insegnanti che gli alunni.

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1 riporto la traduzione in italiano in mio possesso, probabilmente opera di Gabriella Garofalo dell’ex-IRRE Lombardia.

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La robotica educativa e gli obiettivi di apprendimento della scuola primaria

Le indicazioni per il curriculum della scuola primaria, nel definire l’ambiente di apprendimento, richiamano in modo esplicito la necessità di “Realizzare percorsi in forma di laboratorio, per favorire l’operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa. Il laboratorio è una modalità di lavoro che incoraggia la sperimentazione e la progettualità, coinvolge gli alunni nel pensare-realizzare-valutare attività vissute in modo condiviso e partecipato con altri.” (MPI, 2007, p. 46). Le attività di robotica sono necessariamente attività di laboratorio perché hanno come obiettivo la realizzazione di un prodotto, il robot. Per costruirlo, come vedremo, occorrono abilità manuali, intellettuali e sociali. Una strategia di insegnamento che conduca gli allievi a formarsi queste abilità può essere presa in considerazione da parte degli insegnanti a patto che, a obiettivi di carattere generale, se ne accompagnino altri più definiti a livello disciplinare. Questa affermazione deriva dal fatto che è sempre più difficile far coincidere i tempi della scuola con quelli di apprendimento degli alunni e quindi gli insegnanti devono imparare a economizzare sul tempo, dando rilevanza ad attività che consentano un ‘rapido’ raggiungimento degli obiettivi. L’esperienza fatta sul campo con il laboratorio di robotica mi ha permesso di elaborare dei percorsi di apprendimento con obiettivi disciplinari ben precisi sia nell’area linguistico-artistico-espressiva sia in quella matematico-scientifico-tecnologica. Facendo riferimento alle indicazioni è possibile quindi progettare unità di apprendimento che si sviluppino a partire dai robot. Ma qual è il valore aggiunto di queste attività rispetto ad altre, ugualmente importanti, che si possono realizzare sempre in un’ottica laboratoriale? Oltre al fattore delle motivazioni, a cui si accennava prima, determinato dal rapporto privilegiato che si stabilisce fra l’allievo e il suo prodotto, la robotica offre una possibile soluzione ad un problema generale dell’apprendimento, quello della contestualizzazione delle conoscenze. I saperi devono essere incorporati in campi di esperienza significativi per acquistare senso nella mente di chi apprende, perché solo in questo modo gli allievi possono gradualmente ri-costruire le conoscenze che consentono loro di comprendere i fatti del mondo. Capire è sempre a carico dell’allievo, ma cercare contesti, che mettano in gioco conoscenze e diano nello stesso tempo motivazioni al capire, è a carico dell’insegnante. I robot possono aiutare perché sono oggetti che

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fanno parte della cultura attuale in cui i nostri allievi sono immersi fin dalla nascita. Le conoscenze incorporate in fatti di esperienza, e quindi anche negli artefatti che li accompagnano, sono intrecciate tra di loro e non si possono separare. Si possono solo adottare di volta in volta punti di vista differenti con cui leggere i fatti che succedono o le azioni che si compiono in quel contesto. La robotica, sia quella ‘adulta’ sia quella ‘scolastica’, come vedremo più avanti, è un’attività tipicamente interdisciplinare: per costruire e programmare un robot occorrono tante competenze diverse. Ma come si fa allora ad entrare nello specifico di una disciplina? Non è necessario che l’alunno ne sia subito consapevole: è l’insegnante che al momento giusto evidenzia la specificità di una disciplina, nascosta dentro un aspetto particolare dell’attività che gli alunni stanno svolgendo, e fa prendere loro coscienza del sapere in gioco. In seguito, sempre l’insegnante, lavora con i suoi alunni per rendere quel sapere via via più stabile e trasferibile a nuove situazioni cercando altri contesti che lo rendano nuovamente significativo.

Obiettivi dell’area linguistico-artistico-espressiva

Le attività che propongo in questo libro mettono in evidenza come la robotica permetta di sviluppare tutte le competenze linguistiche di base dal parlato all’ascolto, dalla fruizione alla produzione della lingua scritta. Mentre si progetta o si costruisce un robot si parla e si discute con i compagni e con l’insegnante. La discussione in classe è lo strumento per condividere idee e significati, per fare previsioni e spiegare funzionamenti. Durante la discussione nascono i conflitti tra gli alunni che diventano stimoli per cercare spiegazioni sempre più coerenti e giungere poco per volta a padroneggiare conoscenze. Ma quale linguaggio si sviluppa nel corso di questa attività? Si forma un linguaggio per capire, un linguaggio che aiuta il pensiero, perché l’esigenza di comunicare con altri obbliga a chiarire anche a se stessi ciò che si pensa e, nel farlo, ci si appropria di quel sapere.Si ascolta e si parla quando si costruisce in piccoli gruppi; quando, dopo aver costruito, si spiega alla classe ciò che si è fatto; quando chi ha in mano il libretto delle istruzioni spiega al compagno come mettere insieme i pezzi; quando si ‘chatta’ con gli amici di un’altra scuola per chiedere aiuto ai più esperti. I diversi contesti in cui avviene la comunicazione rappresentano anche differenti registri e modalità comunicative. Da quelli sincopati e gestuali del dialogo a due a quelli più formali e complessi della discussione collettiva.

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Si legge per entrare nel contesto della robotica attraverso letture stimolanti, ad esempio i racconti di Asimov; ma si legge anche per informarsi su aspetti tecnici, sull’uso di nuove tecnologie, sulle scoperte scientifiche. O si legge semplicemente per conoscere una storia scritta da altri che ha come protagonista un robot. Si scrive per spiegare strutture, funzionamenti usando, quando serve, anche il disegno; per produrre elenchi di istruzioni per costruire o per far funzionare; per fare inventari di pezzi. Ma anche per comunicare, raccontare, condividere un'esperienza attraverso un testo scritto o, di nuovo, per raccontare storie. Un aspetto sempre difficile da trattare, soprattutto nella scuola primaria, è la riflessione sulla lingua. Se durante l’attività si producono diversi tipi di testi è ovvio che si avranno molti materiali da rielaborare, ma ciò che mi interessa sottolineare è come la scrittura in contesti di questo tipo favorisca naturalmente l’evolversi dei costrutti linguistici. Dall’uso prevalente di proposizioni coordinate (e poi ... e poi ... e poi), tipiche del racconto sequenziale di azioni e di procedure, le situazioni forzano all’uso di strutture più complesse come i diversi tipi di subordinate (se ... allora, perché, finché, mentre...) per esprimere relazioni di causa/effetto, relazioni spazio-temporali, dipendenze di variabili... Se l’attività è condotta in una situazione di cooperazione tra classi, l’esigenza di comunicare, abitua ad un controllo continuo della struttura logica delle frasi e del testo per renderli chiari e comprensibili a tutti.Non mi soffermo sui possibili collegamenti con la lingua straniera, in particolare l’inglese, e con l’educazione artistica perché gli esempi di attività li renderanno comunque espliciti.

Obiettivi dell’area matematico-scientifico-tecnologica

Tra le esperienze extrascolastiche già fortemente matematizzate che fanno parte della vita di tutti i giorni nel curriculum proposto dall’Unione Matematica Italiana nel 2001 (UMI, 2001) sono citate le ‘macchine’ che comprendono sia la bicicletta sia il frullatore o il distributore di bibite. Una macchina di solito incorpora molte conoscenze matematiche e, quando se ne costruisce una, bisogna occuparsi di ingranaggi e meccanismi e dei loro funzionamenti.Tutto ciò, opportunamente guidato dalla mano esperta di un insegnante, conduce allo sviluppo di “competenze relative all’ordine in cui si verificano certi eventi (es. il distributore di bevande; il lettore dei biglietti dell’autobus), alla forma, collegata alla funzione (es. la bilancia a due piatti, le pinze, il cavatappi, il frullatore a mano, la centrifuga scola-insalata, la bicicletta), a

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relazioni tra numeri (i numeri di giri nel cambio della bicicletta, le composizioni di pesi nella bilancia a due piatti).” (UMI, 2001). Secondo me, il robot offre le stesse possibilità di queste ‘macchine’ con, forse, qualche vantaggio in più. Immaginiamo allora un’attività di robotica durante la quale gli allievi devono imparare a distinguere i pezzi uno dall’altro in base al numero di denti (ingranaggi) o di buchi (travi) oppure devono calcolare il rapporto ottimale fra due ruote dentate per ottenere un certo risultato con un ingranaggio. Immaginiamo i nostri piccoli allievi mentre costruiscono e leggono le istruzioni e si pongono problemi di orientamento e di punti di vista o si accorgono che, ragionando sulla simmetria delle parti, si procede più rapidamente e senza errori. Infine immaginiamo il robot che si muove nello spazio dell’aula mentre gli allievi prestano attenzione alle forme dei percorsi, ai cambiamenti di direzione e agli angoli… La fase di programmazione richiede ancora competenza matematica, in particolare abilità logiche e capacità di utilizzare le unità di misura. La programmazione del robot è a oggetti e quindi ogni elemento è gestito tramite un pannello di controllo: per scegliere l’opzione giusta bisogna conoscere misure di lunghezza, di tempo, di ampiezza degli angoli... Ad esempio la rotazione di un motore si controlla con tre modalità differenti: si può determinare misurando un tempo, impostando un numero di rotazioni o un numero di gradi di rotazione dell’asse del motore. Ma come facciamo a prevedere quanta strada farà un robot con una rotazione se le sue ruote hanno un diametro di 5 cm? E se fossero solo di 2 cm? È necessario ragionare su diametri e circonferenze.La struttura di un programma, che richiama i diagrammi di flusso, obbliga ad una particolare attenzione alle procedure perché non sempre si ottiene immediatamente il risultato voluto: è necessario ragionare sui feedback e cercare le cause di un certo comportamento per poter correggere il programma. Spesso la causa dell’errore è nella struttura logica del programma: ciò che ha senso per il nostro linguaggio, non è detto che coincida con quello che la macchina interpreta attraverso il suo. In altri casi è sufficiente modificare un tempo, una lunghezza. L’errore diventa stimolo all’azione e al ripercorso delle proprie azioni sviluppando capacità cognitive di alto livello perché occorre tenere sotto controllo tanti differenti parametri.La discussione intorno a problemi di costruzione del robot, di funzionamento di sue parti o di programmazione, stimola alla produzione di congetture e argomentazioni. Queste abilità, che nel curriculum dell’UMI sono considerate basilari nell’attività matematica, sono sovente trascurate, soprattutto da chi è ancorato a un modello di insegnamento/apprendimento

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della matematica di tipo trasmissivo e meccanico. Questo tipo di abilità si esercita solo in contesti in cui gli allievi siano chiamati a risolvere veri problemi, a raccogliere sfide e a risolvere conflitti cognitivi. La robotica offre in continuazione situazioni di questo tipo.

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SECONDA PARTE

LE ATTIVITÀ DI ROBOTICA EDUCATIVA NELLA SCUOLA PRIMARIA

I materiali e gli strumenti

Per costruire un robot funzionante occorre un kit di costruzione. Le esperienze presentate in questo libro prevedono l’utilizzo di due kit prodotti dalla Lego, Mindstorms e WeDo. Alcune attività propedeutiche alla robotica si possono svolgere con giochi di simulazione2 e utilizzando materiali di recupero, ma la costruzione di un ‘vero’ robot ha indubbiamente valenze educative in più.Come affrontare il problema dell’acquisto dei kit? Di solito per le scuole non è difficile procurarsi i fondi per acquistarne uno in modo da far partire l’attività in una o due classi. Nel corso degli anni ho sperimentato, e visto sperimentare, diverse strategie per acquisire risorse finanziarie. Ne elenco alcune: • creare una rete di scuole per mettere in comune dei fondi e procedere

all’acquisto di un certo numero di kit da utilizzare a rotazione; • partecipare a bandi regionali, nazionali e internazionali sulle attività

scientifiche e tecnologiche3; • presentare progetti agli Assessorati Istruzione e Pari opportunità4 degli

Enti locali (Comuni, Province, Comunità montane); • presentare progetti a Enti privati (Banche, imprese locali che operano nel

campo dell’automazione, centri commerciali)

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2 Il Progetto Roberta (cfr. pag. 19) prevede l’uso di un simulatore – RobertaSim – cioè di un software che riceve un programma e mostra a video il risultato della programmazione sul robot; un altro software Lego Digital Designer, scaricabile gratuitamente dal sito Lego, permette di progettare il robot usando la grafica in 3D e di produrre automaticamente, a partire dal disegno realizzato, le istruzioni per la costruzione.

3 La robotica educativa può coinvolgere diverse aree disciplinari e quindi permette, a seconda del taglio che si dà al progetto, di avere uno spettro abbastanza ampio di contenuti (scienze, informatica, ICT… ma anche matematica, attività espressive, comunicazione ecc.)

4 Il Progetto Roberta (cfr. pag. 19) ha come obiettivo l’incremento dell’interesse delle ragazze per le materie scientifiche e tecnologiche, ha quindi un taglio relativo al genere che può interessare gli Assessorati alle Pari Opportunità.

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• realizzare attività con gli allievi finalizzate al reperimento di fondi (mercatini, mostre).

  Tutte queste modalità sono state sperimentate con successo dalle classi con cui ho avuto contatti. Quindi un’esperienza che inizialmente può apparire condizionata dalla mancanza della ‘materia prima’ in realtà si rivela molto più fattibile di quanto non si possa credere. In alcuni casi, agli insegnanti che, essendo già formati, desideravano avviare l’attività con le loro classi, sono stati dati in prestito i kit da parte di Scuola di Robotica5. Questo ha consentito ad alcuni insegnanti di mostrare ai colleghi che cosa si poteva fare e in breve tempo ne sono stati coinvolti altri. Il prestito dei kit ha funzionato: ciò che sembrava irrealizzabile, perché sconosciuto, è diventato praticabile, mobilitando così risorse ed energie.Ora esamineremo brevemente i tre kit che ho utilizzato nel corso degli anni a cominciare dal più recente.

Il kit WeDo

Il kit comprende più di cento mattoncini Lego colorati, ingranaggi e pulegge, un motore, un sensore di movimento e un sensore di inclinazione, un hub USB che si collega direttamente a un PC per permettere il controllo dei

sensori e del motore. Il software per la programmazione e l’Activity Pack, che contiene istruzioni di costruzione e guida didattica per svolgere 12 attività, sono venduti a parte.Le attività sono strutturate in 4 temi, ciascuno focalizzato su un ambito disciplinare: Macchine sorprendenti

sulle Scienze fisiche, Animali selvaggi sulla Tecnologia, Giocare a calcio sulla Matematica, Storie di

avventura sul Linguaggio. Il kit consente la realizzazione di modelli statici che hanno la possibilità di compiere movimenti in uno spazio limitato e di utilizzare dei sensori.

La scatola del kit e un modellino costruito

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5 Scuola di Robotica è un’associazione no profit con sede a Genova che si occupa di robotica educativa e di roboetica, è ente riconosciuto dal MIUR per la formazione degli insegnanti.

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La vocazione del kit è prettamente didattica e focalizzata sul curriculum della scuola primaria. Per questo è stato realizzato un manuale per l'insegnante molto dettagliato, una vera guida didattica che suggerisce il lavoro fase dopo fase.Per sviluppare le attività si organizza la classe in piccoli gruppi, ognuno dotato di un kit e di un computer oppure si fa svolgere l’attività a rotazione, come negli esempi che illustrerò. Ogni attività prevede due livelli, uno base e uno avanzato, che di solito richiede costruzione e programmazione aggiuntiva. Terminata la costruzione base del modello, oggetto dell'attività, l'insegnante può utilizzare le schede, fornite nel manuale, per far riflettere gli alunni e guidarli verso determinati apprendimenti.Le attività della sezione Guida introduttiva (Getting started) sono centrate sullo studio degli elementi costruttivi (ingranaggi, motori, sensori...) o dei blocchi di programmazione (Ripeti, Input casuale ecc.); aiutano gli allievi a comprendere meglio sia il funzionamento delle varie parti di cui si compone un robot sia le tecniche di programmazione, mettendoli così in condizione di inventare e produrre nuovi modellini. Di solito basta un breve addestramento perché allievi, anche molto piccoli, riescano a svolgere tutte le fasi di costruzione e programmazione senza aiuto. Le attività invitano gli allievi non solo a costruire e programmare, ma anche a fare ricerche, scrivere, comunicare. Sul manuale sono specificati gli obiettivi, suddivisi per ambito disciplinare, così l'insegnante può scegliere il modellino che sviluppa meglio i concetti previsti dalla sua programmazione.Un breve cartone animato, da guardare sul computer, introduce l’argomento e consente di collocare il modello dentro una situazione o una storia fornendo la motivazione per la costruzione. Un altro modo per collegare la realizzazione del robot con le esperienze degli allievi è la proposta di inventare e poi drammatizzare una storia che abbia come protagonisti i due personaggi guida, Mia e Max, impersonati dai bambini stessi, che utilizzano il modello.

I dodici modellini da costruire con le indicazioni contenute nell’Activity Pack

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Dopo l'animazione compare una breve presentazione dell'attività, in lingua inglese, poi si susseguono le istruzioni per la costruzione del modello. L'esempio di programma da scrivere si apre in una pagina divisa a metà per consentire agli allievi di copiarlo nella parte inferiore dello schermo.Il manuale presenta tutto il percorso didattico e suggerisce le domande da porre agli allievi o semplici esperimenti da fare per guidarli verso la costruzione delle nuove conoscenze. Nelle pagine finali si trovano ulteriori attività di ampliamento, destinate agli allievi più esperti o più creativi.

Il modello metodologico, seguito nelle indicazioni didattiche, è detto delle '4 C' dalle iniziali delle parole Connect (Collegare con l’esperienza), Construct (Costruire e programmare), Contemplate (Riflettere), Continue (Continuare): é chiaramente un modello costruttivista. Il processo è ciclico perché ogni volta che termina un’attività ne può partire una nuova che sviluppa altre competenze e permette di reinvestire quelle appena

acquisite.

Il kit Lego Mindstorms NXT

Il kit comprende tre componenti: il set base con i materiali per costruire il robot, il software e il trasformatore carica-batteria.Il set base è composto da 431 elementi tra cui il mattoncino programmabile NXT, la batteria ricaricabile al litio, 3 servomotori con sensori di rotazione integrati, 3 lampadine, 5 sensori (2 di contatto, 1 di luce, 1 ad ultrasuoni che misura distanze e

La pagina per la programmazione con il modello di programma aperto in alto, in basso i blocchi programma da trascinare.

Il modello metodologico delle 4 C

Il kit Lego NXT: i mattoncini e gli elementi costruttivi Lego Technic

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può riconoscere oggetti in movimento, 1 sensore audio), un cavo USB per collegare il mattoncino al computer, centinaia di pezzi di montaggio alcuni appositamente studiati per il kit. Il software NXT in italiano è basato su Labview6, consente di programmare tramite icone dal significato molto intuitivo. Inoltre contiene un tutorial con decine di esempi di costruzione e di programmazione organizzati per livelli di difficoltà. È disponibile anche una guida

on-line integrata con il software nel caso si debbano risolvere problemi specifici o sia necessario accedere a funzioni più sofisticate. Il mattoncino è programmabile anche con linguaggi testuali (C++, Java, NQC) con opportuni accorgimenti.L’ultima versione del software, la 2.0, contiene anche un modulo di Data logging per la registrazione di dati tramite i sensori e la produzione in tempo reale di grafici riferiti alla variabile misurata in funzione del tempo. Questo amplia notevolmente il campo di applicazione del kit soprattutto in ambito matematico e scientifico. Il trasformatore permette di alimentare il mattoncino senza usare batterie: si collega il mattoncino alla rete e si ricarica la batteria, un

Il software per la programmazione: a sinistra i blocchi di programmazione da trascinare nella parte quadrettata per comporre il programma; in basso il pannello di controllo dei blocchi e, a destra, i pulsanti per trasferire il programma al robot.

Un esempio di grafico creato con il modulo di Data logging e il sensore ad ultrasuoni

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6 Labview è un software della National Instrument molto conosciuto e utilizzato per la programmazione di dispositivi elettronici e la simulazione del loro funzionamento in diversi campi.

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segnalatore luminoso indica quando la ricarica è avvenuta. In alternativa è sempre possibile usare normali batterie (ne servono 6) inserendole al posto della batteria ricaricabile con un coperchio in dotazione. Il kit NXT consente la realizzazione di robot che si muovono autonomamente e reagiscono all’ambiente tramite i loro sensori. Le possibilità sono praticamente infinite, unico limite la fantasia dei costruttori. Essendo un materiale molto flessibile consente un utilizzo a diversi livelli di complessità. La programmazione di base di motori e sensori si può effettuare senza il computer, utilizzando il display e i 4 tasti presenti sul mattoncino. Sul manuale base, fornito su carta, ci sono esempi di programmi che si possono realizzare con molto facilità. Il manuale di istruzioni completo, fornito su cd-rom, è molto particolareggiato ma è di tipo tecnico, quindi non sono fornite indicazioni didattiche specifiche come per il kit WeDo.

Il kit Lego RCX

Il mattoncino programmabile RCX 2.0 è meno evoluto del nuovo NXT, ma offre ugualmente ampie possibilità dal punto di vista didattico.

Per alcuni aspetti può essere addirittura preferibile, ad esempio per l’uso dei motori. Mentre nel nuovo kit gli ingranaggi che riducono il numero di giri sono integrati nel blocco motore, e quindi invisibili per gli allievi, con RCX è necessario costruire tutto il sistema di ingranaggi ragionando sul loro funzionamento. Inoltre occorre prestare maggiore attenzione alla solidità della costruzione trovando modi per tenere

ben assemblate le varie parti, soprattutto se si

Il mattoncino NXT con motori e sensori collegati alle rispettive porte.

I pezzi del kit Lego RCX

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programma il robot per reagire al contatto con ostacoli di vario genere.Il kit fornisce due motori e tre sensori, due di contatto e uno ottico. Per trasferire i programmi  si usa un trasmettitore a raggi infrarossi e non è previsto il collegamento diretto tra mattoncino e computer. Per programmare il robot si deve sempre utilizzare il software. Per l’alimentazione occorrono sei batterie.Interessante il contenuto del CD-Rom che, oltre al software per la programmazione, contiene anche una serie di attività di addestramento da eseguire in sequenza per imparare come si costruisce e come si programma il robot. Ad un livello più avanzato ci sono invece le ‘sfide’, cioè situazioni di problem solving strutturate a partire da un obiettivo da raggiungere, cioè qualcosa che deve fare il robot, e alcuni suggerimenti per la costruzione (fotografie di particolari costruttivi) e per la programmazione (esempio di programma), ma tutta la responsabilità della progettazione e realizzazione è demandata agli allievi.Le sfide appassionano gli allievi che gareggiano tra di loro per trovare soluzioni originali.

Il laboratorio di robotica: uno sguardo alla metodologia di lavoro

Un primo aspetto a cui l’insegnante deve attribuire importanza è la contestualizzazione dell’esperienza cioè il robot si deve costruire con uno scopo. Non è difficile trovare nessi fra le attività programmate a scuola e la robotica. Facciamo un esempio: un robot può simulare il comportamento di un essere vivente, uomo o animale, e quindi progettare un robot nel contesto di un’attività di scienze può aiutare a mettere in evidenza funzionamenti e sistemi di controllo che hanno punti di contatto abbastanza significativi con quanto succede negli organismi viventi. Pensiamo ad esempio al ruolo dei sensori e al parallelo possibile con il funzionamento degli organi di senso in alcune specie animali.La robotica è una scienza che si è sviluppata fin dalle origini con il contributo di diverse discipline e nella didattica è inevitabile che le discipline coinvolte si intreccino l’una con l’altra. Anche a scuola, quindi, è consigliabile lavorare in modo interdisciplinare. Ad esempio l’attività didattica può iniziare con la lettura di un racconto di fantascienza o la visione di un film e coinvolgere così l’ambito linguistico-espressivo, mentre, in fasi successive, può focalizzarsi su problemi matematici o scientifici aprendo verso nuove acquisizioni.Come abbiamo già sottolineato la robotica presenta situazioni complesse e quindi più adatte di altre a creare contesti favorevoli allo sviluppo di nuove

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competenze e al potenziamento di quelle esistenti. Ma non basta costruire e programmare il robot, ciò che conta a fini didattici è il processo che si mette in moto. La costruzione concettuale risulta più efficace se è sostenuta dalla produzione di oggetti concreti come i robot. Ma le conoscenze non possono essere trasmesse già pronte da una persona all’altra: occorre far leva sulle idee spontanee e intuitive dagli allievi e sulle conoscenze in loro possesso. A partire da queste, per successive approssimazioni e con la guida dell’insegnante, si costruiscono conoscenze nuove. Non tutte le conoscenze però possono essere costruite a partire da quelle esistenti, in molti casi si tratta di dare informazioni o stimolare modi di guardare che non nascono spontaneamente dall’esperienza del bambino. L’insegnante quindi deve anche usare strategie per attivare quei saperi ancora in costruzione che hanno bisogno di essere ‘risvegliati’ perché fanno parte della zona di sviluppo prossimale: nelle situazioni che si creano in laboratorio questo avviene in modo naturale. La prima fase di un processo di apprendimento si basa quasi sempre sull’imitazione: si guarda quel che fa l’esperto e poi si prova a fare la stessa cosa, finché si acquisisce piano piano la necessaria autonomia e competenza. Per questo motivo il modello dell’apprendistato cognitivo risulta a volte più adeguato di quello tipicamente costruttivista a descrivere i processi di costruzione di conoscenza che avvengono in laboratorio, quando un ‘esperto’ (non necessariamente l’insegnante) si affianca ad un allievo che muove i primi passi in un ambito ancora sconosciuto.Il processo di apprendimento, perché si sviluppi in modo efficace, deve svolgersi in un contesto sociale di negoziazione e di condivisione di significati. Per costruire un robot è necessario organizzare la classe a gruppi di 4–5 allievi che si suddividano i compiti e collaborino per raggiungere un obiettivo comune. Nel momento del lavoro di gruppo avvengono molti scambi tra gli allievi che, per sostenere le loro idee, imparano ad argomentare e quindi ad esplicitare in forma verbale il perché e il come avvengono certi fatti. In questo modo, insieme ad abilità sociali e di comunicazione, si sviluppa il pensiero autonomo. La motivazione degli allievi a portare a compimento il robot è molto forte e aiuta, nel momento del conflitto, non sempre solo cognitivo, a superare divergenze e difficoltà.

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Lavorando in gruppo gli allievi comprendono che certe azioni si possono compiere solo aiutandosi a vicenda e che la costruzione del robot si può accelerare se il modello è suddiviso in due o tre parti che si possano costruire separatamente e poi assemblare.Durante l’attività l’insegnante deve porre molta attenzione alle dinamiche che si creano nel gruppo e dare regole precise che tutti devono rispettare. Ad esempio un allievo ha l’incarico di scegliere i pezzi dalla scatola e un altro ha quello di assemblarli, ma nel corso del lavoro i ruoli devono essere scambiati; chi osserva un compagno che costruisce non può toccare con le sue mani l’oggetto in costruzione, ma può intervenire verbalmente suggerendo strategie o facendo notare errori. Nello scambio il linguaggio si arricchisce sia dal punto di vista lessicale che sintattico perché è necessario individuare le parti di cui si compone il robot con un nome univoco e condiviso e formulare frasi complesse per spiegare il funzionamento di meccanismi e sensori.La discussione in classe è il punto di forza dell’attività: per superare difficoltà e risolvere problemi occorre rendere esplicito il proprio pensiero e condividere le proprie conoscenze. É quindi indispensabile che l’insegnante dia importanza ai momenti di discussione collettiva e li strutturi in modo che ciò che è avvenuto nel piccolo gruppo diventi patrimonio comune e fattore di crescita per tutta la classe.L’attività costruttiva è sempre affiancata da produzioni scritte. I prodotti degli allievi nelle diverse fasi dell’attività sono documenti preziosi perché nei disegni e nei testi gli allievi esprimono idee e pensieri significativi collegati con la loro esperienza. L’insegnante cura il fatto che siano, non solo logicamente strutturati e coerenti con il sapere in costruzione, ma anche interessanti dal punto di vista creativo ed estetico. Le esperienze di invenzione di storie ‘robotiche’, i disegni di robot immaginati e progettati a partire dalle idee spontanee degli allievi, la costruzione di robot in 3D con materiali poveri rivelano di solito una grande capacità inventiva che va sfruttata e incoraggiata.Se un’attività è coinvolgente sia gli allievi che l’insegnante hanno voglia di raccontarla ad altri. La documentazione del lavoro svolto è un

Collegare due pulegge tendendo un elastico si fa meglio con quattro mani.

Robot costruito con materiali di recupero.

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procedimento che va avanti parallelamente al lavoro ed è gestito sia dall’insegnante che dagli allievi.Gli allievi registrano sul quaderno, o su altri tipi di supporto, ad esempio su un wiki7, i vari momenti della loro esperienza, fissando così le conoscenze acquisite. L’insegnante che produce, passo passo, un diario di bordo, al termine dell’attività consegna ai colleghi un percorso già sperimentato. La documentazione elettronica richiede abilità non solo nella scrittura con un editor di testi ma anche nella digitalizzazione di immagini e filmati. Brevi filmati si possono produrre con la fotocamera digitale e con il cellulare e, convertiti in formati adeguati, si possono subito inserire nelle pagine prodotte. Anche semplici file audio hanno una loro efficacia per evidenziare momenti significativi delle discussioni condotte in classe e possono facilmente trasformarsi in podcast da diffondere sia tramite la rete sia tramite cellulari e lettori mp3.Lo scambio a distanza è un altro elemento importante che fa parte della mia esperienza di lavoro con i robot a scuola. I contatti, con il telefono e la posta (ordinaria o elettronica) o con Skype8, avvengono sia con altre classi, per allacciare amicizie sulla base di un interesse comune o per scambiare idee e confrontare metodi di costruzione e di programmazione, sia con esperti, per approfondire un argomento, porre domande su aspetti poco conosciuti o risolvere problemi. Ad esempio durante la costruzione con il kit Lego RCX di Robotolo, il cane robot protagonista di una storia di Asimov (1974), si è presentato un problema nel movimento della bocca: occorreva prestare attenzione all’incastro di alcuni mattoncini perché le istruzioni di costruzione non erano chiare.La mia classe quarta si è messa in contatto con la classe quinta di un altro plesso, che aveva già costruito il robot, per ricevere aiuto e così ha risolto il problema. Gli allievi, in situazioni di comunicazione di questo tipo, si sforzano di trovare una terminologia efficace per nominare i pezzi e farsi capire e cercano di adeguare i costrutti linguistici alla complessità delle spiegazioni. Skype offre anche la possibilità di inviare dei file, ad esempio fotografie, programmi per i robot, testi; lo scambio avviene così in tempo reale sull’onda della discussione.Un ultimo aspetto che è importante sottolineare riguarda l’attenzione al genere. Questo elemento è emerso con forza, per quanto riguarda la

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7 wiki è un sistema di scrittura in rete o in locale che consente con semplici operazioni di inserire parole calde nei testi che quindi si ampliano in base all’evoluzione del discorso su un determinato tema; l’esempio più noto è wikipedia.

8 Skype è il programma di chat utilizzato più di frequente soprattutto per l’audio e il video.

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robotica, in seguito alla diffusione del Progetto Roberta. Questo progetto è nato in Germania, finanziato dal Ministero dell’Istruzione, con l’obiettivo di avvicinare le ragazze alle discipline scientifiche e tecnologiche e pare che, dalla sua apparizione nel 2001 e in seguito alla sua diffusione nelle scuole, abbia prodotto già i primi risultati, leggibili in un aumento delle iscrizioni a facoltà tecnico-scientifiche da parte delle ragazze. In Italia siamo solo all’inizio, ma le osservazioni che stiamo conducendo con Scuola di Robotica9 durante le attività svolte in diversi ordini scolari, ci hanno convinti che questa sia una delle strade da seguire per tentare di eliminare il divario esistente tra maschi e femmine in questi settori. Alcune peculiarità ‘femminili’ o campi di interesse particolari possono essere sfruttati e valorizzati nello svolgimento delle attività di robotica a scuola contribuendo alla presa di coscienza da parte delle ragazze delle proprie potenzialità in campo scientifico e tecnologico. Nella scuola elementare, inoltre, gli insegnanti sono in maggioranza femmine. Forse proprio per motivi di genere inizialmente sono scettiche nei confronti della robotica e pensano di non essere in grado di proporla nelle loro classi perché hanno paura di trovarsi in situazioni che richiedano famigliarità con questioni tecniche. Con la costruzione del primo robot le paure svaniscono perché le competenze richieste sono naturalmente alla loro portata. Spesso le insegnanti sanno giocare con i robot come e più dei loro allievi e si riappropriano così di una loro dimensione creativa molto spesso trascurata.

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9 Scuola di Robotica è responsabile del Progetto Roberta in Italia.

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TERZA PARTE

ESPERIENZE NELLA SCUOLA PRIMARIA

In classe prima

Il mondo di QuarkEsperienze con il kit Lego RCX condotta in classe prima dall’insegnante Paola Sgaravatto con la collaborazione dell’insegnante di lingua Anna Avataneo – Scuola Primaria Vincenzo Lauro di Abbadia Alpina 1° circolo didattico di Pinerolo.

L'attività sul mondo di Quark10 comprende alcune situazioni problematiche che introducono alle strutture additive, cioè ai problemi di addizione e sottrazione, in classe prima. La metafora dei robot fornisce un contesto significativo in cui sviluppare le idee che stanno alla base della

comprensione del significato delle due operazioni matematiche. Agli allievi l’insegnante racconta una storia di robot e poi chiede loro di rappresentarla: “Nel mondo di Quark vivono degli strani omini: ognuno di essi è capace di fare un solo lavoro. Omino-magnetico, ad esempio, è capace di attirare le palline di ferro, invece Omino-ventosa cattura tutte quelle di gomma. Per la strada ci sono tante palline: Omino-magnetico ne raccoglie 3 di ferro, mentre Omino-ventosa ne raccoglie 5 di gomma. poi vanno insieme alla fabbrica dei robot e li depositano nel magazzino.”

I robot raccolgono le palline

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10 La parte matematica dell'attività è stata progettata nel Nucleo di Ricerca Didattica del Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino e sperimentata sia da me sia da altri membri del gruppo, il resto dell’attività è originale.

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In questa prima fase sono gli allievi stessi che interpretano la parte dei robot e raccolgono le palline che l'insegnante sparge sul pavimento. Alla fine l'insegnante chiede loro quante palline hanno raccolto di ogni tipo e quante palline ci sono in tutto. Al termine gli allievi rappresentano la situazione.Successivamente l'insegnante pone un nuovo problema: "Nel magazzino devono contare le palline che portano i robot: come deve essere fatta la macchina che conta le palline?" Gli allievi elaborano i loro progetti di 'macchina conta-palline' che poi sono confrontati e discussi fino ad elaborare un progetto definitivo che l'insegnante ha il compito di realizzare. In questa fase del lavoro si producono anche interessanti descrizioni del funzionamento della macchina che l'insegnante trascrive per gli allievi, se non padroneggiano ancora a sufficienza la scrittura. La macchina conta-palline, costruita dall’insegnante tenendo conto delle idee espresse dagli allievi, è costituita da una scatola di cartone con due fori posteriori per introdurre le palline di ferro e di gomma, un’apertura sul davanti, in cui far comparire dei cartoncini con i numeri e i segni delle operazioni – rappresenta un ‘display’ – e una fessura da cui far uscire lo stampato finale dell'operazione effettuata, una specie di ‘scontrino’. Per farla funzionare occorrono diverse serie cartoncini con i numeri da 0 a 20 e i segni delle operazioni e un buon numero di cartoncini bianchi per scrivere di volta in volta gli scontrini.Quando l’insegnante presenta alla classe la macchina conta-palline, prima ne illustra le varie parti poi, nella finestra in cui compaiono i numeri, mette un biglietto su cui c’è scritto il numero zero. A questo punto chiede ad una coppia di bambini di fare il gioco dei robot usando la macchina. Quando gli allievi mettono le palline dei due tipi nelle fessure posteriori chiede: “Che cosa deve comparire nella finestra dopo che sono state depositate le palline?” La scrittura dell'addizione nella forma a + b (con o senza l'uguale), pur se forzata dall’insegnante, è consonante con l’idea

Due progetti di macchina conta-palline

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intuitiva di addizione che hanno gli allievi e quindi viene accettata senza discussioni. Il gioco prosegue con la conta di tutte le palline, quindi dalla finestra scompare l’indicazione della somma e compare solo più il risultato. Ma se il guardiano del magazzino vuole sapere, ogni volta, quante palline hanno trovato i due robot, che cosa può fare la macchina? Sorge l'esigenza di documentare in qualche modo il conteggio di palline. L’insegnante introduce quindi la scrittura dell'addizione completa nella forma canonica: a + b = c sullo scontrino che esce dalla fessura predisposta.Un'attività analoga, ma con una macchina in parte modificata, conduce poi alla scoperta della sottrazione e alla sua scrittura. La nuova macchina ha il compito di separare le palline che si presentano ora di due grandezze diverse: le più piccole passano attraverso un foro e cadono sul fondo mentre le più grandi rimangono sul vassoio forato. La storia che racconta l'insegnante è quindi leggermente diversa: “Omino-ventosa e Omino-magnetico sono come ogni giorno a caccia di palline. Omino-magnetico raccoglie 8 palline di ferro e Omino-ventosa 9 di gomma, però alcune sono più grandi e altre più piccole. Gli omini le portano come il solito alla fabbrica dei robot. Per costruire i robot servono solo quelle più piccole, le altre vengono scartate. La macchina che conta le palline è stata modificata in modo da poter fare anche questo lavoro." Gli allievi osservano il lavoro della macchina e lo descrivono per scritto corredando il testo di  rappresentazioni spontanee della situazione vissuta. Quando l'insegnante chiede: “Quante palline vengono scartate?” gli allievi devono contare mentalmente il numero di palline cadute nella parte bassa della macchina che non è visibile. Questo li costringe a trovare strategie di conteggio adeguate alla nuova situazione.  L'attività con i due tipi di macchina prosegue per diverso tempo facendo lavorare gli allievi anche su situazioni inverse (Moser, 1985) per cui occorrono un certo numero di foglietti già compilati da inserire nel display, e altri foglietti bianchi.Durante il primo gioco gli allievi mettono nella finestra un foglietto compilato da loro stessi con addizioni nell'ambito del 10 e poi chiedono ai compagni di ricostruire che cosa è successo prima, mimando il lavoro dei robot. Sovente questa attività porta a utili riflessioni sulla proprietà commutativa. Per il secondo gioco si utilizzano i biglietti per la macchina con i numeri da zero a 10, cioè quelli dei risultati. Gli allievi mettono nella finestra un numero a caso (anche lo zero) e chiedono ai compagni di spiegare ogni volta che cosa è successo prima. Il terzo gioco diventa un esercizio di scrittura e di calcolo delle addizioni o delle sottrazioni: “La macchina conta-palline si è rotta e sugli scontrini

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manca il risultato. Aiuta il guardiano a fare i conti sugli scontrini della settimana. In quale giorno i robot hanno trovato più palline? Perché?” Un'altra attività, collegata alla storia dei robot, riguarda l'orientamento e i percorsi. Si tratta di creare semplici mappe del mondo di Quark in cui ogni robot ha il suo territorio e su cui gli allievi individuano regioni interne ed esterne e confini.Su una mappa quadrettata il gioco si arricchisce di nuovi contenuti: ad esempio gli allievi disegnano un percorso sul foglio quadrettato usando le frecce e poi lo descrivono in modo sintetico indicando il numero e l’orientamento delle frecce, oppure fanno il lavoro inverso. Infine inventano battaglie 'spaziali' inserendo sulla mappa le coordinate e le sagome di alcune navicelle da colpire nello spazio dei robot. Fino a questo momento i robot sono stati interpretati dagli allievi stessi che ne hanno anche imitato posture e movimenti. Ma perché

non costruire veramente i robot? Parte così una nuova attività: gli allievi vengono interrogati su che cosa serve per costruire un robot? L'insegnante porta a scuola scatole di diverse forme e grandezze e oggetti di recupero di vario genere e i robot prendono forma.Gli allievi attaccano le scatole con colla e nastro adesivo cercando le forme più adatte per le varie parti del corpo e poi le dipingono, infine aggiungono elementi che servano a caratterizzare ogni robot. Nascono i personaggi del mondo di Quark: Omino-magnetico, Omino-ventosa, Omino di vetro,

Omino di polistirolo e infine Omino di legno. Quest’ultimo robot un giorno porta ai bambini un regalo: il primo abaco per contare. La

Un esempio di mappa

I quattro robot in costruzione

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maestra chiede anche di disegnare il robot, facendo capire quali sono le forme solide che lo compongono, e poi di indicare il tipo e il numero di solidi utilizzati. Infine gli allievi cercano le caratteristiche simili fra i solidi usati e giungono ad una prima classificazione: tipi rotondi e tipi spigolosi, che rotolano o che strisciano e così via.A mano a mano che i robot acquisiscono personalità, l’attività si amplia e coinvolge anche altri aspetti, ad esempio quelli linguistici, con l’invenzione di storie i cui protagonisti sono i robot che vivono nei loro strani paesi fatti di materiali diversi. Ecco alcuni esempi di storie che rispecchiano le idee ancora molto ingenue degli allievi.

IL PAESE DI VETRO (Fabio, Mattia, Lorenzo, Nausika)Il paese di vetro è fragile, ha molti vetri perché è il paese di vetro. Ma quando cammini devi fare attenzione perché si scivola in alcuni punti. Le case sono trasparenti e gli abitanti quando passano per la strada si vedono mentre fanno la doccia e si vede il sedere. Le automobili vanno forte e si scontrano e si rompono in mille pezzi. Anche gli abitanti si rompono in mille pezzi e vanno all'ospedale.

IL PAESE DI GOMMA (Stefano M., Francesco, Davide, Filippo)Nel paese di gomma ci sono gli alberi di gomma invece che di legno. Le porte sono di gomma, quando sbattono rimbalzano e vanno in faccia. I robottini devono stare molto attenti quando saltano perché rimbalzano cento volte. I bar sono di gomma, quando cadono gli occhiali rimbalzano e ti vanno in faccia. Gomma-bal è il gioco più bello della città: si deve tirare la palla all'avversario e chi viene colpito è eliminato. Il paese è di tanti colori.

POLISTIROLINO (Cristina G. Cristina B. Nicole)La mamma dice di andare a fare la spesa. Il robottino Polistirolino va a comprare prosciutto, mozzarella, pane e uova. Tutte le cose sono di polistirolo e scrocchiano sotto i denti. Poi torna a casa, salta sul tappeto e sprofonda e finisce al piano di sotto. “Scusi signorina Polistirilla, ho saltato un pò troppo sul tappeto!” “Va bene, ti perdono”. Polistirolino va a casa con il piede rotto. La mamma lo sgrida. Va a dormire con il piede ingessato. Anche il gesso è di polistirolo.

GOMMO (Matteo Francesco C. Silvia Francesco A)Il robot Gommo salta talmente in alto che tocca il cielo. Il sole gli sorride e gli dice ciao. Mentre salta in cielo incontra gli uccellini di gomma e quando gli uccellini sbattono contro una nuvola cadono in mezzo alla strada. Gommo rimbalza sulla strada e salva gli uccellini e li porta di nuovo nel cielo e gli uccellini dicono “Cip cip!”.

METALLONE (Chiara Alessio Alessia Sara)Il robot Metallone cammina per la strada e sente dei rumori provenire dal bosco. Si avvicina e vede un serpente di ferro con la bocca spalancata. Lo sta per morsicare e poi lo morsica talmente forte che va all’ospedale di ferro e lo bendano con le bende di ferro. Esce con la gamba fasciata e decide di non andare più nel bosco e di restare in città, però deve stare molto attento ai gatti e ai cani che hanno i denti aguzzi.

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L'attività di robotica in classe prima di solito non prevede la costruzione dei robot con i kit Lego ma un giorno la bidella bussa alla porta e consegna un pacco misterioso. Da dove arriva il pacco? Dalle classi quarte di un'altra scuola del circolo.

Il pacco contiene due robot, uno con il sensore di contatto e uno con il sensore ottico, in parte sono smontati, ma sono accompagnati da una lettera che chiede ai bambini di provare a rimontarli e a farli funzionare. Dopo vari tentativi, ogni gruppo riesce nell’intento. Per capire meglio e dare risposte ad alcune domande, l’insegnante installa, su uno dei computer del laboratorio di informatica, il Cd-rom contenuto nel kit Lego Mindstorms; navigando fra i menù del Cd-rom gli allievi trovano le istruzioni per verificare il funzionamento dei motori e dei sensori. In breve tempo, acquisite le informazioni necessarie, i due robot sono in grado di 'camminare', evitare ostacoli e seguire una linea nera. Ma ciò che incuriosisce maggiormente gli allievi è capire come fa il robot a comportarsi così. Chi dice loro cosa fare se non c'è nemmeno un telecomando come per le macchinine? L'insegnante mostra il programma che lo fa agire in quel modo e così, anche se non era previsto, i bambini imparano i primi rudimenti della programmazione per far muovere i robot come desiderano: andare avanti, indietro, a destra, a sinistra, ballare, andare a zig-zag, suonare e sperimentano anche l’uso del trasmettitore per il download del programma dal computer al mattoncino che viene assimilato al telecomando.

Uno dei robot diviso in tre pezzi: ruote, paraurti e RCX

Il robot precedente ricostruito

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La scoperta della variabile ‘tempo’ ha rappresentato un momento significativo dell’attività: gli allievi infatti hanno capito che occorre stabilire per quanto tempo si devono muovere in un certo modo e valutare se va bene oppure se è troppo o troppo poco per ottenere il risultato voluto. Cambiare i valori, scaricare il nuovo programma e verificare se il robot si comporta nel modo previsto, diventa un fatto naturale e immediatamente alla portata di tutti.  Gli allievi hanno dimostrato notevole interesse per l’attività e ottime capacità di ragionamento raccontando il funzionamento dei robot e intervenendo sulla loro programmazione: ora attendono il momento di costruire il 'loro' robot.

Il portiere matematicoEsperienze con il kit Lego WeDO condotte in classe prima dagli insegnanti Elisa Meoni e Donatella Merlo – Scuola Primaria Nino Costa 1° circolo didattico di Pinerolo.

Per questa classe è la prima esperienza con i robotini. Siamo nei primi mesi di scuola, i bambini stanno imparando a scrivere e a contare. Decido quindi di proporre loro la costruzione del portiere perché nel kit WeDo, che anch’io sto iniziando a sperimentare, viene presentata come un’attività

collegata con la Matematica.Dopo aver visto l’animazione iniziale che mostra Max e Mia, i due personaggi guida delle attività, mentre giocano a calcio, propongo ai bambini di costruire il personaggio mancante nella storia che è proprio il portiere.La classe è organizzata normalmente a gruppi per cui non è difficile proporre

un’alternanza: un gruppo per volta tutti gli allievi contribuiranno alla costruzione del portiere. Mentre attendono il loro turno disegnano la storia immaginando che cosa succederà con l’ingresso del nuovo personaggio. Il computer e la scatola dei pezzi viaggiano da un gruppo all’altro. Purtroppo il tempo a disposizione è limitato quindi non potrò far ripercorrere agli allievi le diverse fasi del lavoro per porre problemi e stimolare riflessioni, mi limiterò alla costruzione e al gioco con il ‘portiere-robot’.

Mia e Max e la porta vuota

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Terminata la costruzione spiego come si fa a collegarlo al computer per farlo funzionare e mostro loro il programma; poi invito un bambino a tirare la pallina di carta. Tutti si accorgono che occorre cercare una posizione adatta per riuscire ad evitare il portiere e poi si meravigliano quando sul video compaiono i punti. Ma qualche volta i punti aumentano anche se non si fa goal: come mai? Entra in gioco il sensore di movimento che è programmato in modo che ad ogni passaggio della pallina (o di qualsiasi altro oggetto entro il suo raggio di azione) i punti siano aumentati di uno.Gli allievi danno le loro interpretazioni sul funzionamento dei sensori, su come si trasmette il movimento dal motore e sui trasferimenti di energia. Questa, ad esempio, è la spiegazione di una bambina:“Quando la palla passa in mezzo qua ci sono dei buchi elettrici (indica il sensore di movimento) che fanno contare al computer il numero con tutti i cavi che vanno lì (indica i cavi che partono dal modellino e vanno alla porta USB del computer) e così tocchi lì e fa il numero.”La spiegazione è molto intuitiva e non tiene conto del fatto che tutto ciò non succederebbe se non ci fosse un programma.Con due bambini incontrati durante alcune giornate di attività con Scuola di Robotica a Genova, ho provato a modificare il programma mettendo i segni di altre operazioni aritmetiche nel contatore dei punti. Partendo da giochi puramente aritmetici, i bambini hanno scoperto alcune proprietà delle operazioni e

l’esistenza dei numeri negativi e decimali. Ad esempio se il contatore parte da 0 e il segno è X (moltiplicazione), non è possibile fare punti anche se si moltiplica per un numero grandissimo; se invece il contatore parte da 1 e il calcolo indicato è la sottrazione, compaiono strani numeri con il segno meno davanti, come quelli del termometro. Questo portiere-robot è quindi un ... portiere-matematico.

Come fare goal

Il primo programma comanda il motore che fa muovere il portiere, il secondo calcola i punti.

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La storia di Pilù

Esperienze con il kit Lego WeDO condotte da Donatella Merlo in classe prima con l’insegnante Antonella Pignatiello – Scuola Primaria San Pietro Val Lemina – e in una sezione di cinquenni con l’insegnante Elena Lantelme – Scuola dell’Infanzia Rodari – 1° circolo didattico di Pinerolo.

La classe prima di San Pietro Val Lemina sta studiando gli animali e l’insegnante mi chiede di andare in classe di proporre ai bambini la costruzione di un uccello-robot.Dopo una breve conversazione per introdurre l’argomento, mostro l’animazione che presenta l’uccello e poi i bambini cominciamo a costruirlo: a turno vanno alla cattedra dove si trova il computer con le istruzioni e il kit con i pezzi. Mentre aspettano, i bambini rimasti nei banchi inventano la storia di Pilù.Terminata la costruzione bisogna capire che cosa può fare questo uccello: perché succeda qualcosa bisogna fare le mosse giuste. Non è banale capire che abbassando la coda si ottiene un suono e invece, alzandola, e facendo quindi abbassare la testa, se ne ottiene un altro. I due suoni corrispondono a un rumore di battito d’ali nel primo caso e a un pigolio nel secondo. Ma chi provoca quei suoni? Per i più piccoli, con cui ho sperimentato la stessa attività, è una magia, i più grandicelli invece si accorgono subito della presenza dei due sensori collegati con l’hub e abbozzano delle spiegazioni.Alcuni giorni dopo, Pilù fa un viaggetto fino alla sezione dei cinquenni della scuola dell’infanzia. Con questi bambini non lavoro alla costruzione, che hanno già sperimentato in un laboratorio precedente, ma con il sensore di movimento mettendolo

I disegni della storia di Pilù e le scritture spontanee degli allievi.

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su animaletti costruiti con le costruzioni in uso nella sezione. Registro le loro voci con il computer – è una delle possibilità offerte dal software – per far capire che i rumori non sono prodotti dall’oggetto, ma provengono dal computer e possono essere cambiati a piacimento; la produzione del suono però è collegata al sensore e bisogna capire quali sono le azioni da compiere per farlo produrre. Tutti i bambini ci provano avvicinandosi al sensore con i loro animaletti: qualcuno capisce che occorre una distanza ben definita altrimenti non succede niente.

In classe seconda

Acrobot, un animale-robotEsperienze con il kit Lego RCX condotta in classe seconda dall’insegnante Paola Sgaravatto – Scuola Primaria Vincenzo Lauro di Abbadia Alpina 1° circolo didattico di Pinerolo.

Siamo in seconda. Dopo l'esperienza dell'anno precedente11 l'insegnante pensa di proporre alla classe la costruzione di Acrobot, un robot abbastanza semplice, con sensore di contatto e di luce. L'attività si suddivide in diverse fasi.La prima fase consiste nell'inventario dei pezzi della scatola e nella loro classificazione. Gli allievi osservano con attenzione tutti i pezzi cercando anche di individuare la loro funzione con il duplice obiettivo di usarli in modo consapevole e di mantenere la scatola in ordine con i pezzi negli scomparti giusti. Fatto questo, gli allievi progettano il robot: la consegna è di disegnare un robot simile ad un animale, indicando anche cosa sa fare e come fa a farlo. Questo è un brano della discussione:

Rachele: il mio cane sa camminare, ballare. La testa ha la forma di draga, ha le ali, ha la coda, ha le ruote e le orecchie. Si chiama TOM.

Il bambino deve avvicinare il delfino (a sinistra) al sensore di movimento per sentire il suono “Splash!”.

3011 cfr. l’attività 'Il mondo di Quark'

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Margherita: è un ragno che se schiacci il pulsante con la R fa la ragnatela e se schiacci il pulsante con la A va avanti e quello con la I va indietro. Si chiama RAGNO CAPIR.Francesco: è un drago, sa volare, sa camminare, sputa fuoco. Si chiama GOQU. Ha la coda, ha dei denti appuntiti, ha le ali.Ha il collo lungo Ha quattro zampe.Alessia: è un cane, sa camminare, sa mangiare, muove la testa su e giù, sa riconoscere i colori, sa correre, sa ballare. Si chiama SABI.Gaia: sa mangiare, camminare, urlare, scrivere e cantare. Si chiama GT DRAGONBALL.Federica: si chiama ORSETTO POLARE, è un cane. Sa camminare, sa cantare, sa arrampicarsi, sa pulire.Stefano M.: è un elefante che si chiama ELEFANTIX. Se schiacci il tasto A va avanti, I indietro, se schiacci S prende le cose e le tira su. Ha una proboscide di lego, ha delle ruote collegate con l'altra ruota. Ha una coda. Ha anche due occhi che riconoscono se le cose sono grandi o piccole. Ha le orecchie grandi. Può anche prendere la roba da mangiare e tirarla su. Davide: si chiama VEGETA SUPER SAYAN. E' una macchina: se schiaccio V va veloce come un fulmine, se schiaccio S salva la gente quando cade giù dal balcone. Ha 4 ruote. Ha il numero della velocità: 760.

Dopo aver raccolto e analizzato i disegni l'insegnante mostra alcuni modelli di robot che si basano su Acrobot e sono abbastanza simili agli animaletti disegnati dagli allievi. Visto il modello si passa alla suddivisione dei compiti: nel  gruppo, di circa 10 bambini, si lavora a coppie per costruire una piccola parte del robot, che sarà assemblato e completato alla fine con l'aiuto dell'insegnante. Ogni coppia utilizzerà la 'Constructopedia', il manuale a colori con le istruzioni per la costruzione; l'insegnante dà alcune regole da seguire: prima si devono cercare i pezzi necessari che sono indicati nella pagina del

Il ragno-robot di Margherita.

Il cane di Filippo Il progetto di Fabio: è una tartaruga.

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manuale in un rettangolo apposito, e poi si mettono insieme guardando bene i disegni e soprattutto orientando correttamente l'oggetto.La costruzione non presenta particolari difficoltà, gli allievi imparano a collaborare e a rispettare i turni con pazienza, nessuno deve sostituirsi a un compagno, tutti devono fare il loro lavoro nel tempo richiesto, senza fretta. Quando il robot è costruito lavorano sul computer alla programmazione e cercano subito altre possibilità di movimento, un po' più complesse rispetto a quelle sperimentate l’anno precedente con il Roverbot. In particolare vogliono capire come utilizzare il paraurti semplice, che comprende un sensore di contatto, e il sensore di luce che chiamano ‘occhio.. A tale scopo sono utilizzate anche le 'sfide' contenute in una sezione del Cd-rom che guida nella programmazione ponendo obiettivi semplici e chiari e fornendo anche esempi che aiutano a risolvere i problemi. Gli allievi imparano da soli, l'insegnante si limita a dare indicazioni sull'uso del software.Il lavoro viene completato in quattro incontri di due ore circa. L’esperienza consente di sviluppare capacità di osservazione e attenzione, nello stesso tempo esercita la manualità fine. Gli allievi, poco per volta, procedendo per tentativi ed errori, scoprono nuove potenzialità del programma. Un gruppo di alunni, in entrambe le classi in cui si è svolta l'attività, rivela ottime doti sia nella costruzione del robot sia nel ragionamento sulle modalità di programmazione del movimento in base alle necessità.Chiaramente i livelli di competenza raggiunti risultano molto diversificati, ma anche per gli allievi meno abili si tratta di un'esperienza positiva e gratificante, soprattutto per la concretezza del prodotto realizzato e il legame che si è creato tra gli allievi e il ‘loro’ robot.

Acrobot pronto per essere programmato.

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In classe terza

Il leone, il coccodrillo e la giostra degli uccelliniEsperienze con il kit WeDO condotte in classe terza dall’insegnante Paola Sgaravatto – Scuola Primaria Vincenzo Lauro di Abbadia Alpina 1° circolo didattico di Pinerolo.

Nel circolo didattico, nell’anno scolastico 2008/09 prende il via la sperimentazione del nuovo kit Lego Wedo, pensato per bambini dai 7 anni in poi. Il kit è utilizzato anche con bambini di età inferiore12 con la guida dell’insegnante, ma la classe terza rappresenta l’età più adatta per un uso autonomo del kit da parte degli allievi, questa attività è quindi un banco di prova importante per la sperimentazione.Introduco l'argomento facendo raccontare agli allievi ciò che sanno della savana e degli animali che la popolano finché la conversazione si focalizza sul leone e sulle sue caratteristiche.La classe è composta da una ventina di alunni e quindi non è possibile far lavorare tutti contemporaneamente con un solo kit: l’insegnante spiega quindi alla classe che si formeranno due gruppi. Il primo gruppo dovrà costruire, con i mattoncini Lego e gli altri pezzi contenuti nella scatola, che viene ora mostrata agli allievi, un leone che possa attuare almeno uno dei

comportamenti descritti durante la conversazione. Il secondo gruppo dovrà inventare un storia che si possa poi rappresentare usando il leone costruito dal primo gruppo. In un incontro successivo i ruoli saranno scambiati e si costruirà un altro animale. L’attività viene filmata in modo che resti traccia del lavoro svolto per mostrarlo ad altri insegnanti.Prima di iniziare il lavoro gli allievi esaminano i pezzi nella scatola. Il motore e i sensori sono pezzi particolari: quale sarà il loro ruolo? E l’hub da connettere al computer

a che cosa servirà mai? Gli allievi formulano le loro ipotesi che successivamente saranno confermate o meno

La videata con le istruzioni: a sinistra in alto la parte di modellino da costruire, sotto i pezzi da cercare, in centro il modellino con i pezzi inseriti.

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12 cfr. attività ‘La storia di Pilù’ a pag. 26 e gli esempi in appendice.

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nel momento del collaudo del robot: è importante che ci sia una discussione anche su questo per condividere le idee e acquisire nuove conoscenze. Tre allievi si alternano nelle spiegazioni:“Serve per far girare (ha il motore in mano)... Se ci metti un pezzo di questi qua (prende degli assi e delle rotelline) e lo infili qua fa girare (con le dita mima il movimento di rotazione)”“Questo fa girare (indica il motore che ha già collegato con l’hub) oppure c’è questo pezzo che fa vedere...”“... che è l’occhio (prende in mano il sensore di movimento)”Dopo questa esplorazione collettiva, gli allievi dei due gruppi si mettono al lavoro: gli scrittori cominciano ad inventare la storia e la illustrano mentre i costruttori, a turno, seduti intorno ad un tavolo procedono alla costruzione. Le storie scritte sono poi inserite nel blog Rob&Ide13. Il filone delle ‘storie robotiche‘ è un momento significativo di scambio fra tutte le scuole della rete di Robot@Scuola14. Eccone una molto semplice ma significativa:“Il leone Luigino un giorno incontrò un leone robot e gli disse: “Vediamo chi è il leone più forte”. Iniziarono a fare tante sfide e il leone robot vinceva sempre. Il leone Luigino pensò che solo in una sfida poteva batterlo, cioè chi nuotava meglio. Il leone robot si tuffò e andò in corto circuito. E così il leone Luigino vinse!!!”Per costruire in modo ordinato l’insegnante stabilisce alcune regole: mostra le istruzioni sul computer e dice che ogni alunno deve completare il lavoro illustrato in una videata, cioè cercare i pezzi e assemblarli interpretando correttamente la figura che compare sullo schermo, i compagni vicini possono aiutarlo, ma solo verbalmente cioè suggerendo quali pezzi prendere e come attaccarli fra loro. Questo esercizio di comunicazione è molto utile perché obbliga gli allievi a trovare nomi per i pezzi e a descrivere le azioni da compiere in una forma adeguata. Finito il compito, gli allievi ruotano intorno al tavolo in senso orario come stabilito in precedenza e la costruzione procede. Si fanno i conti con l’inesperienza di chi costruisce e l’impazienza di chi aspetta il suo turno, ma nessuno osa lamentarsi o criticare i compagni perché sa che tra poco toccherà a lui. L’insegnante ha un atteggiamento fermo e rassicurante. Durante la costruzione pone frequentemente domande agli allievi e li invita a riflettere

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13 http://blog.edidablog.it/blogs/index.php?blog=275

14 La rete Robot@Scuola è nata nel 2005 con un impegno finanziario del MIUR per le scuole che volevano attivare laboratori di robotica ed è stata coordinata da Scuola di Robotica di Genova. La rete non è stata più finanziata dopo il primo anno ma ha continuato la sua attività fino ad oggi elaborando nuovi progetti e partecipando a molte manifestazioni di robotica nazionali e internazionali.

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su alcuni aspetti, ad esempio sul fatto che il disegno sul monitor va osservato con calma per orientare correttamente il pezzo in costruzione, altrimenti il risultato non sarà corretto.Terminata la costruzione il gruppo presenta il leone-robot alla classe, mostrandone il funzionamento. Prima di iniziare l’attività, avevamo guardato sul computer l’animazione che introduce l’attività: i due ‘bambini’ protagonisti, Max e Mia, sono nella savana e vedono il leone, quando lo sentono ruggire si spaventano, trovano un osso e glielo lanciano per calmarlo. I bambini si aspettano quindi che succeda qualcosa di simile.Il leone appena costruito ha due comportamenti distinti: il primo dipende solo dal movimento del motore perché, avviando il programma il leone si alza sulle zampe e ruggisce; il secondo prevede l’uso di un sensore che

rileva il cambiamento di inclinazione dell’oggetto a cui è attaccato.Scuotendo l’osso il leone smette di ruggire e comincia a russare: subito pare non funzionare bene perché né gli allievi né gli insegnanti si accorgono che nel programma bisogna scegliere il tipo di azione che deve rilevare il sensore. Questo sensore rileva quattro differenti inclinazioni e, in più, l’orizzontalità e lo scuotimento. In questo caso doveva essere programmato per lo scuotimento ma l’azione del sensore non era stata scelta correttamente, quindi non si capiva a quale movimento reagisse il robot.Come era stato preannunciato, nell’incontro successivo un nuovo gruppo di costruttori entra in azione con l’obiettivo questa volta di costruire un coccodrillo-robot, rimanendo sempre nel contesto degli animali feroci. Il gruppo è formato da sole femmine, cioè rispecchia le caratteristiche del

A sinistra il modello con il solo motore, a destra quello con l’osso-sensore.

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Progetto Roberta15 : siccome mi interessa vedere come procedono le bambine in una situazione in cui i maschi non possono interferire, si lavora, per questa volta, fuori dalla classe. Gli allievi rimasti in classe scelgono un altro animale della savana, lo disegnano e lo ‘robottizzano’, disegnando e descrivendo anche i pezzi di Lego necessari alla costruzione.Le costruttrici sono molto brave ma ... litigano spesso perché si spazientiscono quando una compagna non è abbastanza svelta nell’assemblare i pezzi o si dimostra poco abile. Portano comunque a termine il lavoro facendo anche in questo caso molte osservazioni interessanti sul collegamento e sul funzionamento delle varie parti di cui è composto il coccodrillo.

Ins. A che cosa serve il sensore che avete messo lì?- Per fargli aprire la bocca.Ins. Ma di che cosa si accorge secondo te?- Che davanti ha qualcosa... - È tipo come il leone... - È come uno scatto... Lo fa scattare.Ins. Ma chi è che gli fa aprire la bocca? Il motore o il sensore?- Tutte e due.Terminata la costruzione entrano trionfanti in classe e presentano il cocco-robot ai compagni che giocano a fargli mangiare tutti gli oggetti che capitano loro a portata di mano perché capiscono subito che chiude la bocca quando si accorge della presenza di un oggetto; questo comportamento è dovuto alla presenza del sensore ad ultrasuoni, quindi a turno si fanno prove e poi si discute sul suo funzionamento per capire quali siano le mosse giuste da fare per farlo reagire. Ovviamente non è necessario usare un oggetto perché il sensore rilevi un movimento a una

I pezzi per costruire la giraffa progettata da Rachele.

Rachele: questa giraffa col computer cammina dorme mangia e si sente il suo rumore.

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15 per il Progetto Roberta cfr. pag. 19

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certa distanza, si può anche usare un dito... e bisogna fare attenzione a non farselo pizzicare dalla bocca vorace del coccodrillo.

Per completare l’attività con questa classe le insegnanti decidono di proporre la costruzione di un terzo gioco: una specie di giostra con due uccellini. L’obiettivo che si propongono è di far lavorare gli allievi sia sulla programmazione sia sul funzionamento di ingranaggi e pulegge.La costruzione viene realizzata da un gruppo misto composto da 8 maschi e 2 femmine. Questa volta il resto della classe sarà impegnato nella descrizione del programma che i due uccellini devono eseguire.

Ad ogni allievo viene consegnata una fotocopia della videata con le istruzioni e sotto a ciascuno dei blocchi di programma bisogna scrivere che cosa fa succedere. Infine devono disegnare il movimento che si aspettano dai due uccellini.

Due fasi della costruzione: a sinistra le allieve si aiutano per montare il motore, a destra ‘leggono’ le istruzioni sul monitor.

A sinistra il programma con le spiegazioni delle icone date da un gruppo di allieve, a destra le ipotesi sul movimento che produrranno gli uccellini con quel programma.

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Quando gli uccellini sono pronti il gruppo di costruttori mostra agli altri come funzionano così possono ricevere la conferma o meno dell'interpretazione dei comandi: è molto interessante la discussione che prende spunto da questo momento di verifica che suggerisce poi agli insegnanti di far seguire a questa attività pratica un momento di riflessione utilizzando la scheda proposta dal manuale dell’insegnante allegato al kit. Questa attività è condotta dall'insegnante di classe: la scheda presenta tre diversi modi di costruire il movimento degli uccellini con due pulegge (uguali o diverse) e un elastico (lineare o incrociato). Ognuno ipotizza cosa succederebbe nei tre casi e poi, tutti insieme, si fanno delle prove, cambiando i vari pezzi, per capire chi ha ragione.Dopo questa esperienza gli allievi sono esperti e così l’insegnante decide di proporre al piccolo gruppo che svolge Attività Alternativa di costruire e programmare un nuovo robot che fa il portiere. In questo caso gli allievi seguono autonomamente a turno le istruzioni di costruzione e inventano da soli un programma per farlo muovere. Solo in un momento successivo pongono a confronto il loro programma con quello fornito dal software, per verificare congruenze ed errori. Scoprono così che aggiungendo un sensore il computer può anche contare i goal (cfr. attività sul portiere in classe prima). L’insieme delle attività svolte in questa classe hanno condotto gli allievi a interessanti riflessioni sugli ingranaggi e sui sensori, sui concetti di velocità, direzione, attrito,.... e sul significato del numero in diversi contesti: numero-etichetta (per identificare un suono o una musica), numero-tempo (numero di volte, numero di secondi,..), numero-forza/potenza (numero più grande=maggiore potenza) e altri ancora. Inoltre hanno favorito l'adeguamento a diverse forme di organizzazione: un gruppo a rotazione lavora sul materiale, gli altri individualmente svolgono attività creative o riflessioni tecnologiche, oppure a gruppi ipotizzano spiegazioni, poi osservano ciò che il primo gruppo ha prodotto. Anche il gruppo che lavora rispetta la regola dell'aspettare il proprio turno per montare o programmare o collaudare, sviluppando così le proprie competenze sociali.

Una scheda compilata.

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Programmare senza computer Esperienze con il kit Lego NXT condotte in classe terza dall’insegnante Paola Sgaravatto – Scuola Primaria Vincenzo Lauro di Abbadia Alpina 1° circolo didattico di Pinerolo e dall’insegnante Franca Fenoglio – Scuola Primaria Giovanni XXIII 2° circolo didattico di Pinerolo

Gli allievi della scuola di Abbadia Alpina, che hanno realizzato questa attività, sono al terzo anno di esperienza con la robotica. L’insegnante ha formato quattro gruppi misti delle due classi terze: gli allievi lavoreranno con un robot già costruito e quindi solo sulla programmazione, per dare spazio alla formulazione di ipotesi e alla discussione tra gli allievi. Sperimenteranno il nuovo kit Lego Mindstorms con NXT, programmando il robot con i tasti presenti sul mattoncino, quindi senza l’uso del software. Questo è importante perché permette di lavorare in classe senza il computer. La possibilità di programmare direttamente il robot consente riflessioni e confronti con il lavoro svolto gli scorsi anni con il vecchio kit Lego RCX. Le prime attività riguardano la conoscenza del nuovo kit. Il percorso didattico ha quindi inizio con un’osservazione attenta dei pezzi già classificati e ordinati nella scatola: gli allievi, mentre osservano, confrontano i nuovi pezzi con quelli del vecchio kit, formulano ipotesi sulle funzioni dei vari pezzi e fanno alcune prove di assemblaggio parziale, ad esempio provano ad unire i pezzi tra loro usando i diversi tipi di connettori.In un incontro successivo l’insegnante presenta il robot già montato ed equipaggiato con tutti i sensori. La prima domanda che pone è: “Come funziona?”. Gli allievi osservano e formulano ipotesi basandosi non solo sulle esperienze precedenti ma anche su conoscenze extrascolastiche. Mentre spiegano l’insegnante filma i loro interventi uno per uno con la fotocamera digitale.

Ecco le spiegazioni di tre bambini:- Qui c’è questa specie di microfono che quando sente qualcosa (il robot) parte o si spegne. Qua invece (indica il sensore di luce) non so se fa la luce quando gli dai il via e ha questa specie di pulsante dietro che se tocca non va avanti, torna indietro e poi gira.- Questo robottino qui (indica il sensore a ultrasuoni) ha delle specie di occhi perciò può vedere dove va,

I bambini formulano le loro ipotesi sul ruolo dei diversi componenti.

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poi qui hanno ragione Fabio e Nausika c’è un microfono e qui fa la luce.- Qui (indica il sensore ad ultrasuoni) ha due occhi che quando c’è il buio si accendono le due luci.Già a robot spento gli allievi espongono tante idee, poi ci si sofferma sul display del mattoncino: “Come funziona? Che cosa fa vedere?” Gli allievi liberamente schiacciano i quattro tasti – arancione, grigio, freccia destra e sinistra – ed esplorano i menù che compaiono all’accensione intuendone le diverse funzioni, osservano le icone e descrivono le azioni che queste suggeriscono, riconoscono la porta USB e l’icona che indica il Bluetooth. Un allievo molto esperto dice:“Il bluetooth non devi collegare nessun cavo mentre con la USB devi collegare il cavo e attaccarlo al computer e poi con le cose che hai dentro al computer le inserisci dentro il robotino” Il momento più interessante però è quello della programmazione che avviene attraverso il mattoncino usando i tasti: di nuovo gli allievi esplorano liberamente, fanno prove e controprove per capire e impadronirsi dello strumento. Scoprono, ragionando insieme, la possibilità di programmare i movimenti e le reazioni del robot, utilizzando anche i programmi-esempio già memorizzati.

Al termine di questa attività tutti gli allievi sono in grado di descrivere la funzione dei tasti e le azioni principali che si possono programmare: movimenti, suoni, pause, uso dei sensori. Per mettere a fuoco le potenzialità di questa programmazione e progettare una sequenza di azioni ben strutturata, gli allievi ‘disegnano’ individualmente dei diagrammi di flusso: l’insegnante per supportare questo lavoro ha preparato una serie di cartoncini che riproducono le icone dei vari comandi che gli allievi possono manipolare provando le sequenze prima di riportarle sul loro foglio.

Un allievo spiega la funzione dei tasti e commenta le immagini che compaiono sul display.

Un allievo collega il cavo il USB al robot e spiega come si collega al computer.

Il bluetooth funziona un po’ come il trasmettitore a raggi infrarossi del vecchio kit RCX.

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Non essendo state definite regole precise, gli allievi producono sequenze lunghissime di comandi seguendo un loro progetto e immaginando le azioni che otterranno.Le prove che seguono li aiutano a definire le regole di programmazione: scoprono così le possibilità ma anche le incompatibilità tra istruzioni nella

creazione di un programma; si rendono conto che possono utilizzare solo cinque istruzioni perché poi le caselline a disposizione sono finite; fanno tante prove e capiscono quali modifiche siano necessarie perché il programma funzioni, ad esempio che l’istruzione finale deve essere o uno ‘stop’ o un ‘ripeti sempre’ (ciclo).In questa fase si capisce quale sia la potenzialità di questa attività per gli allievi: possono verificare una loro ipotesi in tempo reale e trovare una soluzione da soli o ascoltando i suggerimenti di un compagno. L’insegnante agisce sempre sullo sfondo, sono gli allievi i veri protagonisti.Il lavoro è frenetico e molto ricco dal punto di vista della produzione di idee, l’insegnante si rende conto però che usando solo i cartoncini le possibilità di elaborazione sono ancora limitate, occorrerebbero più serie di ogni cartoncino per consentire a tutti gli allievi di fare esperimenti. Pensa allora

I cartoncini con le icone per programmare il robot.

A sinistra un esempio dei programmi inventati dgli allievi e a destra il display con un programma.

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di utilizzare un software che gli allievi conoscono, Micromondi16 . Il programma consente di inserire tutte le icone dei comandi di

programmazione di NXT come forme di tartaruga che in questo modo sono spostabili a piacimento sullo schermo, così le sequenze di comandi si costruiscono molto velocemente. Ma c’è anche una possibilità in

più: scrivere dentro le caselle di testo poste sotto ogni tartaruga-icona la spiegazione scritta delle azioni previste.Al termine dell’esperienza gli allievi delle due classi, sia pure a livelli diversi, hanno raggiunto una buona autonomia, sono quindi in grado di sfruttare le principali potenzialità offerte dai kit Lego e di gestire la programmazione di un robot, anche senza l’intervento diretto dell’adulto. Le attività sperimentate con i gruppi sovente sono il frutto di interessi ed esigenze emersi di volta in volta. Gli allievi hanno sempre agito con strategie personali per ‘tentativi ed errori’, correggendo i comandi errati in base alla verifica diretta del comportamento del robot. Anche per i bambini con maggiori difficoltà si è trattato di un'esperienza positiva e gratificante, in cui hanno potuto trovare spazio i loro modi di ragionare e di risolvere problemi.

Nella classe terza di un’altra scuola, dove l’insegnante ha appena frequentato il corso di robotica e quindi si sente ancora un po’ inesperta, si procede in un modo diverso. Io fungerò da ‘esperto esterno’ e interverrò alcune volte in classe, all’inizio per introdurre l’attività e successivamente in fase di programmazione. La costruzione è gestita invece dall’insegnante.Questa modalità è stata utilizzata anche in altre situazioni perché di solito gli insegnanti inizialmente sono timorosi, hanno paura di non farcela, credono di dover affrontare problemi che non sono in grado di risolvere. In realtà non è così. Tutti gli insegnanti che hanno sperimentato l’attività si sono resi conto che i problemi che si presentano sono pochi e, quando ci

Un esempio di programma creato con Micromondi.

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16 Micromondi è una versione ‘multimediale’ del classico Logo: utilizza le tartarughe che si muovono sullo schermo per far apprendere i principi base della programmazione.

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sono, gli allievi trovano da soli una strategia per risolverli. Spesso sono più esperti degli insegnanti e sono sicuramente meno condizionati dalla paura di sbagliare. Gli insegnanti che sperimentano una volta la robotica continuano poi a proporre l’attività perché il clima che si crea in classe è unico: c’è collaborazione, interesse, motivazione a lavorare anche oltre il tempo stabilito e soprattutto si pensa, si discute, si ragiona, si imparano cose nuove e si capiscono meglio anche argomenti già affrontati in classe di matematica o di scienze. Ma torniamo al racconto dell’attività.Il giorno stabilito porto le scatole dei kit in classe e, dopo averne aperta una, chiedo agli allievi che cosa sono secondo loro i robot e a che cosa servono, voglio capire che cosa sanno in generale sull’argomento. Ecco una sintesi della discussione fatta trascritta dall’insegnante:Anna: il robot può pulirci la casa, può accorgersi quando c’è silenzio e se gli metto un computerino può parlare.Alessia: può tagliare l’erba e cucinare.Federica: può fare lavori e aiutare gli uomini a cercare sottoterra le persone.Samuele B.: può aiutare a costruire le case.Alessandro: si accorge di tutto perché ha una specie di cervello che non è come il nostro, ma ha una specie di computerino che gli fa accorgere di tutto quello che deve fare.Francesco: aiuta le persone a fare i letti se hanno mal di schiena e non riescono a farlo.Alice: i robot servono anche nelle fabbriche per i lavori che fa l’uomo.Leonardo: possono aiutare i malati quando stanno male.Beatrice: i robot possono aiutare a pulire la casa.Paolo: possono farti i compiti.Chiara: il robot è una specie di computer che se devi fare qualcosa lui capisce tutto e lo fa.Sofia C.: i robot riescono a fare cose che gli uomini non riescono a fare.Lorenzo: possono portare i bagagli in aeroporto.Alex: possono vedere se c’è qualche arma nei bagagli.Federica: hanno dei super-razzi per spedire le cose lontano.Zacaria: alzano i pesi.Francesco: se non hai fratelli con cui giocare può giocare con te. Può fare compagnia.Anna: il robot ti aiuta a togliere il dente.Maestra Franca: secondo voi come fanno i robot a fare le cose che avete detto ammesso che siano tutte fattibili?Lorenzo: si installa un programma nel computerino del robot.Chiara: devi collegare il robot al computerino e scrivergli quello che vuoi che faccia e lui lo fa.Anna: ha delle antenne che ti fanno memorizzare la ‘roba’ nel computer e poi sa cosa deve fare.Zacaria: attacchi dei fili al computer, schiacci i bottoni e fa quello che vuoi che faccia.Alex: il robot ha un computerino di bordo. Scrivi una cosa al computer, viene registrata sul computerino che ha sull’addome e fa quello che vuoi.Federica: si ricorda tutto ciò che gli diciamo prima di farlo perché è intelligente.Le idee sono tante: gli allievi fanno riferimento a tutte le loro esperienze e anche, sicuramente, ai film che hanno visto. In un incontro successivo,

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divisi in gruppi, costruiscono tre robot, seguendo le istruzioni contenute nel kit. Ogni robot è dotato di sensori, ma non tutti hanno gli stessi. Ogni robot ha un nome diverso che compare sul display quando viene acceso: tramite il software è possibile infatti personalizzare il nome. Si chiameranno Alex, Leonardo e Ilaria.Si progetta un’attività, condensata in due incontri, che permette agli allievi di impadronirsi dei principi base della programmazione. Questa attività è gestita dall’insegnante e da me in compresenza.Un allievo ha portato a scuola il robot-giocattolo Wall-E che simula il comportamento del personaggio dell’omonimo film. I bambini lo confrontano con uno dei robot costruiti e capiscono che, mentre Wall-E funziona in base ad un programma già predisposto dal costruttore, il robot costruito da loro potrà essere programmato seguendo le loro idee. Quindi fanno delle prove per capire come funziona il robot NXT e capire il ruolo dei tasti. Provano anche, con l’aiuto dell’insegnante, a scrivere qualche programma e a far agire il robot in classe. Il robot si lancia in strane evoluzioni sul pavimento della classe. Ecco qualche brano della conversazione che avviene fra gli allievi:

[...] Donatella: Che cosa potrà fare secondo voi?Noi: si muove; parla e tira la pallina; se gli metti un omino davanti non lo investe; quando sbatte contro qualcosa ritorna indietro.Donatella: Per muoversi di che cosa ha bisogno?Noi: la ruota e il pulsante.Donatella: Ma è sufficiente?Noi: no.Donatella: Che cosa manca?Noi: le batterie.Donatella: Che cosa sono?Noi: sono cose che danno energia.[...] Donatella: Il motore che cosa fa?Noi: è attaccato alla ruota e la fa girareDonatella: Cosa sono i sensori?Noi: danno senso ai robot; può vedere con una luce; ha due occhi; c’è un sensore che gli permette di parlare: no, da lì puoi parlare e lui fa quello che gli dici; sensori viene dalla parola senso.Donatella: Allora bisogna capire se il sensore di suono serve a fargli dire delle cose o a ricevere delle coseNoi: per tutte e due le cose. [...]

I tre robot costruiti.

Alla lavagna si schematizzano alcune idee.

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Le prove continuano ancora per un po’ di tempo. Poi chiedo loro di elaborare delle idee su ‘che cosa potrebbe fare il robot’ che condividono in una breve discussione in classe durate la quale io presento anche i principali comandi accessibili tramite la programmazione con il display riprodotti su grandi fogli. Gli allievi condividono il fatto che motori e sensori hanno un ruolo diverso e quindi ciascun dovrà essere programmato in coerenza: il motore deve essere fatto girare, i sensori devono ricevere informazioni dall’ambiente. Poi con carta e penna ogni allievo scrive un programma che deve rispettare queste regole: essere composto di cinque comandi di cui l’ultimo deve essere un ‘ripeti sempre’ o

uno ‘stop’.I prodotti individuali diventano poi oggetto di discussione nei gruppi che rilevano errori, modificano la sequenza dei comandi e scrivono che cosa si aspettano che faccia il robot.

Ora i programmi sono solo più quattro. Si procede quindi alla verifica scrivendo con i tasti il programma di ogni gruppo sui robot: chi è riuscito a inventare un programma funzionante?Come era prevedibile non tutti i programmi funzionano ma, fatte le prove, cominciano a chiarirsi le

regole da seguire. Modifichiamo alcuni programmi ma… purtroppo il

I comandi da usare sul display e lo schema a blocchi da riempire.

Due esempi di programmi scritti dagli allievi.

Un programma rielaborato nel gruppo.

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tempo è scaduto e dobbiamo salutarci.Per concludere il lavoro, i robot vengono ‘vestiti’ usando carta crespa e cartoncino e diventano due robot maschi e uno femmina. Questo aspetto della personalizzazione dei robot è molto importante, soprattutto nelle classi impegnate nel Progetto Roberta, dove viene attribuito un ruolo particolare alle ragazze.

Riciclor, un robot per capire la raccolta differenziataEsperienza condotta in una classe terza dall’insegnante Marina Gallo – Scuola Primaria di Buriasco 3° circolo didattico di Pinerolo

La classe terza di questa scuola primaria è impegnata in un progetto di educazione ambientale e deve sviluppare il tema del riciclaggio. In classe sono arrivati i robotini grazie all’insegnante di lingua che ha partecipato ad uno dei corsi di formazione del Progetto Roberta. Marina è stata anche mia collega per cinque anni e quindi ha visto spesso robotini girare per la classe. La sua scuola ha comprato due kit, utilizzando fondi raccolti con il contributo dei genitori, e la prima parte del lavoro è stata condotta interamente da lei: i bambini hanno costruito il robot seguendo le istruzioni contenute nel kit stesso. Quando è nata l’idea di usare il robot per la mostra di fine anno per la ricerca sul riciclaggio sono stata subito coinvolta perché l’idea degli allievi era di costruire un robot che intervenisse nella fase della raccolta differenziata. Secondo loro doveva separare la carta dalla plastica.L’insegnante ha avviato l’attività chiedendo ai bambini di immaginare come poteva essere questo robot. Le idee, scritte e accompagnate da disegni esplicativi, sono state molte e molto variegate, eccone alcune:“Mettere sul robot un sensore della luce. Un bambino ha una pila e la punta sul cassonetto giusto, il robot con plastica o carta in mano segue la luce nella giusta direzione.”“Sensore nella pinza che tiene il rifiuto: pinza più aperta il robot si muove verso il cassonetto della plastica, pinza più chiusa verso il cassonetto della carta.”“Sensore del rumore: pinza con bottiglia di plastica la prende, la schiaccia sente il rumore e va verso il

I robot ‘vestiti’.

Uno dei disegni prodotti per illustrare il particolare della pinza.

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cassonetto giusto.”“Luce nella pinza: se la pinza ha la bottiglia di plastica che è trasparente la luce passa e il robot si muove verso il cassonetto della plastica; con la carta la luce non passa e il robot va verso l’altra direzione.”Gli allievi usano un linguaggio molto articolato per descrivere funzionamenti e ipotizzare soluzioni: questo permette all’insegnante di sfruttare l’attività per la riflessione linguistica. Anche in molti altri momenti dell’attività, gli allievi devono spiegare, discutere, confrontare le loro idee e produrre testi scritti di vario tipo: un ottimo contesto quindi per attività linguistiche non banali e soprattutto motivate. In alcuni casi il disegno accompagna il testo, in altri è il testo a completare il disegno.Le conoscenze sul funzionamento dei robot sono già abbastanza evolute ma la difficoltà sta nel programmarlo. Gli allievi immaginano funzionamenti dei tasti e del display ma non sanno come fare concretamente. Fanno delle prove ma non trovano soluzioni ai loro problemi. Anch’io subito non so come procedere, so che il robot dovrà usare il sensore ottico per distinguere i due materiali ma bisogna anche immaginare che cosa fare dell’oggetto una volta classificato. Realizzo un prototipo e lo programmo per riconoscere la plastica usando un vasetto dello yogurt vuoto di colore bianco e poi decido di usare una lattina come secondo materiale perché la carta è anche bianca e il robot non la distinguerebbe. Quindi il mio robot differenzierà plastica e metallo. La plastica verrà spinta in avanti dal corpo del robot e il metallo lanciato lateralmente da un braccio che ruota. Seguo le istruzioni per costruire il robot che riconosce e colpisce la pallina rossa che si trova nel tutorial del software. Devo solo modificare la posizione del sensore ottico perché sia all’altezza giusta per il vasetto di yogurt.

Un allievo descrive il funzionamento di Riciclor.

Un esempio di testo scritto in cui gli allievi formulano ipotesi su come programmare il robot usando i tasti che vedono sul mattoncino.

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Gioco un intero pomeriggio e poi finalmente posso mandare la risposta ai miei piccoli amici: pubblico il filmato del robot in azione su Facebook e invio un messaggio alla maestra che poi il giorno dopo si collega ad Internet da scuola e mostra il robot a tutta la classe. Decidiamo però di provare con carta e metallo perché a Buriasco la plastica e il metallo vanno nello stesso cassonetto.Dopo alcuni giorni gli allievi costruiscono il robot che si chiamerà Riciclor e con il mio aiuto fanno anche le modifiche necessarie. Poi illustro loro il programma: passo direttamente alla programmazione con il software che spiego molto sommariamente agli allievi. Purtroppo non c’è tempo per un’attività più approfondita. Ma

l’insegnante sfrutta comunque la situazione e chiede di spiegare il programma che io consegno loro già pronto dando a tutti una copia dell’immagine che compare sul video. Ciò che scrivono gli allievi è molto interessante e dimostra con quanta facilità si possa interpretare una programmazione ad icone. Quando arriva il giorno tanto atteso della mostra il robot è pronto e gli allievi preparano il tavolo per esporlo sotto un gazebo all’esterno dell’edificio scolastico. Purtroppo ci accorgiamo subito che non funziona bene, la luminosità del posto è diversa da quella della classe e il sensore di luce andrebbe calibrato17, ma non c’è tempo... Gli allievi pensano allora di mettere un pezzo di carta nera sul fondo della lattina per cambiare la luce riflessa e pare funzioni meglio, ma basta un lieve cambiamento nella luce dell’ambiente perché il robot sbagli. Intervengo allora sui valori di soglia del sensore e dopo alcune prove sembra funzionare con più regolarità; mi ripropongo di approfondire con gli allievi il discorso ‘sensori’ perché

Il contatto tramite Facebook.

I fumetti spiegano le icone del programma.

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17 I sensori si possono calibrare in base alla situazione ambientale usando i menù del software e collegando il robot con il cavo USB al computer.

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purtroppo in quell’occasione sono rimasti abbastanza spettatori anche se qualcuno ha capito benissimo cosa stava succedendo e lo spiega con una certa ‘professionalità’ ai visitatori che si affollano intorno al tavolo incuriositi.

In classe quarta

Robotolo, un cane robotEsperienza condotta in una classe quarta e in una classe quinta usando il kit Lego RCX e con collaborazione in rete fra le due classi tramite la chat – insegnanti Paola Sgaravatto e Donatella Merlo – 1° circolo didattico di Pinerolo

La storia di Robotolo è diventata un classico per introdurre le attività di robotica perché fa riflettere gli allievi sulle differenze tra viventi e robot e pone anche problemi di tipo etico. Perché un bambino deve preferire un cane vero a un cane robot? Sono gli allievi stessi a dare consigli al piccolo Jimmy protagonista della storia18.

Ciao Jimmy,Secondo me, non devi dare via Robotolo perchégli sei affezionato e perché non cambia niente tra Robotolo e un cane normale. Robotolo è furbo, intelligente e tecnologico e ha anche il radar. Convinci tuo papà che non deve dare via robotolo. Ciao! Adriele

Caro Jimmy,devi provare a capire che un cane vero e uno come Robotolo sono diversi. Ti aiuto a capire, un cane vero ha bisogno di cibo e di aria per vivere invece un cane robotico non ha bisogno di aria a differenza del cane vero che ne ha bisogno proprio come te.Poi, dato che i tuoi genitori vogliono dare Robotolo a un altro bambino, puoi andare da lui a trovare il tuo cane meccanico.Ciao da Gabriele

Riciclor in azione durante la mostra.

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18 I testi e di segni realizzati al computer sono della classe quarta dell’insegnante Patrizia Priano di cui racconto l’esperienza a pag. 51.

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Caro Jimmy,mi chiamo Lorenzo e voglio aiutarti. Da quello che ho capito i tuoi genitori vogliono farti cambiare cane, però tu sei indeciso, quindi io ti consiglio di prendere Robotolo. Comunque non voglio obbligarti. In poche parole ti dico di non prendere la novità al volo, perché non devi dargli da mangiare e il cane meccanico capisce di più. Ciao!!!!!!! Da Lorenzo

I racconti di Asimov19 e i film di fantascienza sono ricchi di situazioni di questo tipo che mettono in gioco la nostra visione del mondo e a volte ci

spaventano presentandoci un mondo in cui i robot in certe situazioni si comportano meglio di noi. Sovente la lettura di un racconto è un buon punto di partenza per innescare discussioni e sviluppare progetti, per riflettere sul ruolo dei robot nella società attuale e in quella futura.L’attività su Robotolo comincia a gennaio con due classi quarte. É la prima esperienza per

questi miei alunni. Dopo la lettura della storia chiedo ai bambini di disegnare come

immaginano questo "cane robot" tenendo conto anche della descrizione fatta sul testo. In classe, con l'insegnante di Italiano, la storia è analizzata dal punto di vista linguistico perché la sua comprensione richiede alcune competenze di tipo inferenziale che non tutti i bambini padroneggiano a questa età. I disegni sono molto interessanti: non solo i bambini tengono conto della descrizione ma quasi tutti arricchiscono il cane robot di strumenti aggiuntivi (lettori di DVD, cellulari, lavatrice!) ricorrendo a tutte le loro conoscenze tecnologiche.Ci soffermiamo anche sul modo di muoversi del cane robot. Alcuni disegnano molle per farlo saltare o rotelle per farlo correre, e le articolazioni sono risolte in vari modi, con rotelline e ingranaggi, con chiodi e viti e così via. Dentro il robot gli allievi immaginano ‘chip’ e fili elettrici, tubi, ingranaggi... un po' di tutto. Poi, quando

Uno dei disegni di Robotolo.

Aibo, il cane robot della Sony.

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19 In particolare è interessante il racconto “Circolo vizioso” (Asimov, 1942) per l’introduzione delle tre leggi della robotica.

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confrontano i loro disegni con i robot della Sony, i famosi Aibo, e si accorgono di non essere andati molto distanti con la loro immaginazione! Quando finalmente aprono la scatola del kit Lego Mindstorms intuiscono subito il ruolo delle varie parti: il trasmettitore a raggi infrarossi è paragonato ad un telecomando e l'RCX al nostro cervello.Poi inizia la costruzione: ogni gruppo di 4–6 alunni riceve le istruzioni e si suddivide al suo interno in due sottogruppi di 2–3 bambini: uno costruisce la parte motori e l'altro il "corpo", la parte più complessa. In alcuni casi devono correggere le istruzioni perché trovano degli errori o non capiscono bene che tipo di pezzo impiegare. Un gruppo termina la costruzione ma trova anche un difetto nel funzionamento della bocca che cerca di correggere. Il 5 maggio c’è il contatto via Skype con la quinta della scuola Lauro che è più avanti nella costruzione ed è anche più esperta, avendo già lavorato l’anno precedente alla costruzione del Roverbot. La sessione è registrata in un file audio ed inserita sul wiki del portale della scuola e può essere riascoltata anche da casa. Gli allievi della Lauro spiegano a voce che cosa si deve fare per correggere l’errore della bocca e poi mandano via e-mail le

foto del robot in funzione e dell'ingranaggio incriminato: si vede come passa l'elastico nelle tre pulegge successive, come devono girare i pezzi

Le ultime fasi della costruzione.

Un momento della chat.

Il robot della classe di Abbadia e le foto dell’ingranaggio sbagliato.

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ovali, le camme, e dove sono attaccati (anche se le foto sono un po’ sfocate!!!) Noi in cambio mandiamo il programma realizzato dall’altra classe quarta che però non sembra funzionare. In un collegamento successivo ci mandano il loro programma che scarichiamo sul robot.Finalmente siamo al collaudo: tutti intorno a Robotolo per vedere se obbedisce ai nostri comandi e soprattutto se succede quel che ci aspettiamo.Sembra incredibile ma funziona! Bisogna solo che ci siano le condizioni di luce ambientale ottimali, in questo caso un po’ di penombra.

Distruggere per ricostruireEsperienza di ‘reverse engineeering’ condotta in una classe quarta dall’insegnante Patrizia Priano – Scuola Primaria Lauro di Abbadia Alpina 1° circolo didattico di Pinerolo con kit Lego RCX

Per imparare veramente a costruire un robot il modo migliore è smontarne uno già costruito20. Ma per farlo occorre prendere degli appunti mentre si fa

A sinistra il programma della classe quarta e a destra quello corretto della classe quinta.

Il trasferimento del programma e il collaudo.

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20 Questa attività fa riferimento all’esperienza condotta da M. Bianchi nell’ambito del progetto ‘Io bambino tu robot’ e documentata sul sito http://old.irrelombardia.it/robotica/.

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l’operazione di smontaggio. Questa attività molto ricca dal punto di vista logico e matematico è anche, in realtà, un ottimo esercizio di uso della lingua o meglio di integrazione fra due linguaggi, quello iconico e quello testuale.L’esperienza è stata condotta in una classe quarta che aveva già esperienze precedenti di costruzione di robot con il kit Lego RCX. In particolare in terza gli allievi avevano costruito il Roverbot. Il robot da ri-costruire ora è Robotolo, nella versione già sperimentata da altre classi.Gli allievi si mettono al lavoro suddivisi in 2 gruppi che al loro interno formano ancora 2 sottogruppi. Il robot è diviso in 3 pezzi e ogni bambino ha il suo compito: uno scrive, uno disegna, uno toglie i pezzi e uno specifica il tipo di pezzo e dice a che cosa serve.

Il lavoro si commenta da sè: rappresenta un’esperienza significativa rispetto all’utilizzo della robotica all’interno delle attività curricolari per l’alto livello di rielaborazione delle informazioni richiesto da un’attività di questo tipo. È un processo di problem solving in cui si intrecciano diversi aspetti: l’esigenza di comunicare con un linguaggio adeguato una procedura, la

Gli appunti e i disegni di un gruppo.

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capacità di re-interpretare ciò che prima si è tradotto in linguaggio iconico-verbale, la necessità della discussione tra pari per ri-negoziare il significato dei ‘segni’ prodotti. Il motore del processo è la motivazione data dall’obiettivo di costruire un oggetto concreto. La possibilità di visualizzare il risultato finale nella propria mente, e attraverso i disegni, permette di controllare ciò che si fa e trovare strada facendo elementi di validazione della procedura seguita nel ricostruire.

IngranaggiEsperienza di costruzione di un robot e di studio degli ingranaggi condotta in una classe quarta dall’insegnante Donatella Merlo – Scuola Primaria Nino Costa 1° circolo didattico di Pinerolo

Lo studio degli ingranaggi non può essere l’obiettivo unico dell’attività di robotica ma una fase intermedia o, per meglio dire, una finestra che si apre nel momento in cui si affrontano problemi costruttivi che richiedono una riflessione sul funzionamento delle ruote dentate. A quel punto conviene sfruttare la situazione anche per puntualizzare alcuni aspetti matematici incorporati nel discorso, tipicamente meccanico, della trasmissione del moto.

Anche nel kit WeDo vi sono alcune attività della Guida introduttiva focalizzate sul rapporto fra ruote di grande e piccolo diametro e sul loro scopo, ad esempio in questo modellino che illustra il caso della riduzione di velocità.La Guida dell’insegnante suggerisce di far ragionare i bambini in questo modo: il primo ingranaggio, collegato al motore, gira più velocemente del secondo, ma siccome il secondo ingranaggio è più grande per ogni rotazione

dell'ingranaggio primario questo fa solo 1/3 di rotazione riducendo la velocità nello stesso modo. Far capire ai bambini questo fatto non è molto semplice. La cosa più difficile è fare in modo che i bambini tengano sotto controllo più fatti contemporaneamente, in specifico la rotazione di tutte le ruote dentate. Per semplificare, nell’attività che voglio illustrare ho cominciato col far

Il robot ricostruito affronta il labirinto.

La costruzione suggerita nel kit WeDo.

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esaminare ingranaggi semplici con solo due ruote dentate, proprio come viene suggerito nella Guida di WeDo, ma facendo usare solo le mani per farli girare e lasciandoli liberi di sperimentare. La prima operazione è stata quella di contare i denti. Gli allievi avevano a disposizione ruote con 8, 16, 24 e 40 denti. Subito hanno capito che c'entrava in qualche modo la tabellina dell'8 e suonava strano che mancasse la ruota da 32 denti. Per capire meglio ho suggerito di costruire dei modellini dei diversi tipi di ingranaggio che si potevano ottenere con quelle ruote dentate.Se ad esempio una ruota da 8 con una da 24, mentre la ruota da 24 fa un giro, quella da 8 ne fa ben 3, quindi va più veloce. Ma che cosa succede se faccio girare quella da 8 e mi chiedo quanti giri fa quella da 24 mentre quella da 8 fa un giro? Subito i bambini capiscono che fa meno di un giro ma è abbastanza faticoso esprimere il rapporto dicendo che fa ‘un terzo di giro’.Ragionamenti analoghi si fanno anche per le altre situazioni: la difficoltà principale per gli allievi è usare la frazione per definire le parti di giro. Ad esempio nel caso di 16 e 24 denti, mentre la ruota da 16 fa un giro quella da 24 fa 2/3 di giro: questo rapporto crea ancora più difficoltà e ci spinge a definire in modo chiaro e matematicamente corretto il concetto di rapporto.Gli allievi provano a costruire altri tipi di ingranaggi usando ruote coniche e a corona per fare muovere gli ingranaggi ad angolo retto, cosa che incuriosisce molto. E anche la vite senza fine: la ruota dentata non

può girare, è come bloccata, invece, la vite può girare e il risultato è che la ruota dentata gira molto molto lentamente.Uno stralcio da qualche discussione:Ins: Immaginiamo che il motore sia collegato all'ingranaggio da 8 denti mentre invece le ruote sono collegate con quello

da 24. Voi dite che mentre la ruota da 8 denti fa un giro quella da 24 fa soltanto un terzo di giro. Sapete spiegare il perché?Gloria: è come se la ruota da 24 denti fosse divisa a metà

perché mezzo lo supera e quindi è un terzo di giro.Andrea DG: si conta la tabellina dell'8 fino a 24 e quindi si scopre che è un terzo

Un ruota da 24 denti ingrana con una da 8: se la ruota motrice è quella da 8 si ottiene una diminuzione del numero di giri.

Nel caso 16 e 24 denti il rapporto diventa 2/3.

La vite senza fine rallenta ancora di più il movimento.

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Marco: se provi fai una frazione con la tabellina dell'ottoMartina: quella da 8 è più piccola di quella da 24 quindi fa un terzo di giro su se stessaStefano: ho fatto nella mia mente la tabellina dell'8 fino a 24 ed è venuto fuori il 3Alessio: ho fatto la tabellina dell'8 fino a 24 ed è venuto 3 infatti 8 x 3 = 24Stefania: la ruota a 8 quando giri e arriva al punto di partenza ha fatto solo 3 giri ma non ha fatto tutto il giro della ruota a 24 dentiAndrea M: c'è una regola matematica che deve fare 8 x 3 = 24 cioè 24 denti della ruota più grandePer verificare la capacità o meno di ragionare sugli ingranaggi preparo alcune schede con esempi e domande, al termine raccolgo le risposte date sull'ingranaggio con le ruote da 8 e 24 collegate tra loro e imbastisco con ogni gruppo una discussione invitando gli allievi a riflettere sulle loro spiegazioni: l’obiettivo è definire in modo chiaro il funzionamento degli ingranaggi e le regole matematiche che lo governano.

In classe, collettivamente, riprendo poi il discorso cercando di far comprendere come l’uso degli ingranaggi influisca sulla velocità di rotazione. In questo modo si collega il discorso degli ingranaggi con

quello della trasmissione del moto ritornando al problema iniziale. L’attenzione agli ingranaggi è dovuta al fatto che il modellino di robot in costruzione ha le ruote collegate al motore ma se si collegano direttamente non è possibile manovrare il robot per fargli compiere movimenti controllati, occorrono quindi ingranaggi che riducano la velocità

del motore. Qui il problema da risolvere è relativo alla trasmissione del movimento e alla potenza del motore ma occorrono conoscenze matematiche per capire come variano le velocità in base al tipo di ingranaggio.Porre l’accento sull’aspetto matematico in particolare, sull’uso delle frazioni e sull’idea di rapporto, mette in gioco le conoscenze degli allievi su multipli e divisori e può anche mettere le basi per introdurre il concetto di minimo comune multiplo che si può simulare benissimo con gli ingranaggi. Immaginiamo due ruote dentate da 10 e 6 denti: le due ruote girano contemporaneamente ma mentre quella da 10 denti fa 1 giro, quella da 6 denti ne ha già fatto più di 1. Se segniamo con un pallino nero i due denti che si toccano all’inizio, vedremo che solo dopo 30 scatti i due denti tornano a combaciare e 30 rappresenta proprio il m.c.m. fra 10 e 6. Il ragionamento sugli ingranaggi quindi, può diventare uno strumento di

Le ruote dentate da 10 e 6 denti utilizzate per svolgere l’attività sui multipli (Georello Quercetti).

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pensiero per capire concetti matematici usando una metafora basata sul movimento che è, secondo me, molto concreta e molto embodied21.

In classe quinta

Inventorbot gioca a basketEsperienza di costruzione di un umanoide condotta in una classe quinta dall’insegnante Donatella Merlo – Scuola Primaria Nino Costa 1° circolo didattico di Pinerolo.

Nel 2006–07 la rete di Robot@Scuola ha portato avanti un nuovo progetto denominato Rob&Ide: per documentare l’attività delle diverse scuole coinvolte è stato creato un blog22 che ancora oggi funziona come punto di riferimento grazie al lavoro instancabile di Linda Giannini23 che ne è stata la creatrice e l’attenta compilatrice giornaliera. Il blog è praticamente un immenso archivio on-line di tutto ciò che è passato negli ultimi 3 anni attraverso le mail tra gli insegnanti e i contatti con Scuola di Robotica e con le altre istituzioni che di volta in volta ci hanno accompagnati nel nostro viaggio attraverso la robotica educativa.Parallelamente è stata creata anche una lista di discussione che è il nostro punto di incontro e di scambio quotidiano, insieme ai contatti su Skype.L’esperienza di Rob&Ide è stata molto complessa perchè ha coinvolto scuole di ogni ordine e grado di diverse regioni italiane tutte accomunate dall’idea di progettare e realizzare un androide. Mentre la scuola di Donato Mazzei, il Polo Tecnologico Professionale di Treviglio, progettava con un software apposito un braccio robotico, come parte di questo androide, la scuola dell’infanzia di Latina di Linda Giannini realizzava delle teste per i robot e noi, con il kit Lego RCX, costruivamo Inventorbot.Nel corso dell’anno scolastico ci sono stati scambi tra le tre scuole e Scuola di Robotica tramite la chat e ognuno ha portato avanti il suo progetto

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21 Embodied nel senso della embodied cognition (cfr. Lakoff, G., Núñez, R. E. (2000))

22 http://blog.edidablog.it/blogs/index.php?blog=275

23 Sul sito ‘La scatola delle Esperienze’ http://www.descrittiva.it/calip/ è documentata tutta l’attività di Linda Giannini.

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avvalendosi dei contributi di tutti gli altri. Non trascurabile la ricerca di siti che presentavano varie tipologie di umanoidi e simulazioni di movimenti.24

Nella mia classe l’attività era collegata a scienze e in particolare allo studio del movimento, dei muscoli, delle articolazioni. Infatti una delle prime attività svolte è stata la dissezione di una zampa di gallina per vedere

come erano collegate e come funzionavano le varie parti che costituivano un’articolazione. Da lì siamo passati alla progettazione di un arto robotico e qualcuno ha addirittura pensato ad un intero uomo robotizzato.Il passaggio al kit Lego è avvenuto quando abbiamo cercato di realizzare quanto era stato progettato su carta. I primi tentativi sono stati abbastanza infruttuosi rispetto all’obiettivo, ma ho lasciato che i bambini provassero liberamente le possibilità offerte dal materiale.Dopo aver cercato ‘ispirazione’ sulla Constructopedia, il manuale di istruzioni di

costruzione allegato al kit, i miei allievi si sono concentrati sulla costruzione di Inventorbot mentre quelli dell’altra classe quinta hanno

La dissezione della zampa di gallina.

Il progetto di umanoide.

Un esempio di articolazione realizzata con il lego.

Un braccio robotico.

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24 Per un resoconto completo dell’attività svolta nella mia scuola consultare la pagina http://trilussa.primocircolopinerolo.it/egw/wiki/index.php?page=OperazioneAndroide

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cominciato a costruire due piccoli umanoidi, il cui progetto è stato reperito su Internet.Ogni classe ha lavorato suddivisa in due gruppi e ogni gruppo ha realizzato il suo robot, differenziando il tipo di arti e il movimento. Gli umanoidi erano uno più basso e uno più alto e, dovendo imitare la camminata umana, sono sorti subito problemi di baricentro che sono stati affrontati, ma non del tutto risolti, con varie strategie.Nella mia classe sono stati realizzati tre robot del tipo ‘Inventorbot’ con caratteristiche leggermente diverse perché dovevano rivestire ruoli differenti nella simulazione di una partita di basket.Terminata la costruzione del robot si passa alla programmazione. È tutto da inventare quindi gli allievi cominciano con il definire i ruoli e le azioni da far compiere ai tre robot. Ecco le idee elaborate:Immaginiamo di essere ad una partita di basket.Il robot con cappello, braccio con pinza e sensore ottico si chiama Leonida ed è il bigliettaio. Quando il sensore ottico viene colpito dalla luce inizia a salutare e a usare la pinza per forare i biglietti di ingresso. (Federica D., Francesca, Matteo, Gianluca, Patrick)Il robot con braccio da stringere e da toccare e con sensore ottico è l’allenatore Willy. Il robot potrebbe comunicare con il suo compagno dicendogli qualcosa, ad esempio quando stringiamo il braccio destro fa una musichetta, quando tocchiamo il braccio sinistro comunica con il robot JT e gli dice di lanciare la palla. (Daniele, Filippo, Giorgia, Laura).Il robot con braccio che lancia, braccio da stringere e sensore ottico si chiama JT ed è il giocatore. Quando riceve il messaggio da Willy o quando gli si stringe il braccio, lancia la palla e suona una musichetta diversa a seconda di come ha ricevuto il messaggio. (Gabriele, Ciro, Elton, Chiara P., Federica S.)

Il robot che lancia la pallina e uno dei due robot che camminano.

Un’alunna cerca di far comunicare due RCX: occorrono due programmi, ‘invia’ sul robot che manda il messaggio e ‘ricevi’ sull’altro.

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Il momento più delicato della programmazione è stato quello in cui occorreva far comunicare i due robot: al primo tentativo gli allievi non ci sono riusciti, allora hanno provato a inclinare leggermente i robot in modo che non ci fossero ostacoli fra le due porte a infrarossi. Dopo alcune prove tutto ha funzionato, ma è sorto un nuovo problema: come fare canestro? Ne è risultata una partita di basket un po’ strana in cui a spostarsi era... il canestro mentre il lanciatore restava fermo perchè poteva solo ruotare su se stesso, ma non cambiare posizione.Un momento interessante del lavoro è stato lo scambio con la scuola di Treviglio che ha mostrato, tramite la webcam, il progetto di alcune parti del robot, mentre i miei allievi illustravano il funzionamento di Inventorbot.Ogni fase del lavoro ha avuto ripercussioni sul lavoro in classe perché attraverso il ‘fare’ del laboratorio sono emersi problemi non da poco, riguardanti, tra gli altri, concetti di matematica e di scienze. Nello stesso tempo la documentazione delle esperienze attraverso diari di bordo costruiti da alunni e insegnante insieme ha sviluppato nuove abilità sul piano linguistico espressivo e incrementato le competenze sull’uso degli strumenti informatici.Il fatto di avere a disposizione un computer in aula e il portale scolastico con wiki ha sicuramente facilitato le cose, ma occorre sempre da parte dell’insegnante una buona capacità organizzativa, oltre a competenze specifiche, per sfruttare al meglio tutte le risorse.Questo è il motivo per cui secondo me è importante non limitarsi a presentare agli insegnanti le possibilità offerte dal materiale ma far capire sia le correlazioni fra questa attività e i curricoli disciplinari sia la necessità di documentare il proprio lavoro per renderlo fruibile da altri. E per questo è indispensabile usare gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie. In questo senso la robotica può diventare un cavallo di troia per forzare gli insegnanti a impratichirsi nell’uso di vari strumenti, dallo scanner alla fotocamera

In chat con Treviglio: a sinistra il modello della spalla del robot, a destra i bambini la videata di Messenger e il microfono.

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digitale, dal software di montaggio video all’uso di programmi di fotoritocco, dall’uso di un software di programmazione a quello di una chat.

Alcuni momenti della preparazione dell’evento finale: il disegno del campo da basket regolamentare in scala, i vestiti per gli spettatori, le prove con canestro e pallina di carta, i personaggi pronti ... in attesa del campo.

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APPENDICE

Dalla scuola primaria alla scuola dell’infanzia

Alcune delle attività presentate nelle pagine precedenti sono state

realizzate coinvolgendo gli alunni della scuola dell’infanzia in vari

modi. Di solito sono stati portati in sezione i robot costruiti da bambini più grandi e i piccoli dovevano cercare di farli funzionare premendo i tasti giusti. Poi progettavano ambienti in cui farli agire o, con il supporto dell’insegnante, pensavano modifiche da fare.In altri casi, in particolare con il kit WeDo, sono

state sperimentate attività più articolate in cui i piccoli hanno costruiti i loro robot usando sia i mattoncini del kit sia quelli in uso nella sezione, e animando poi i personaggi con l’uso dei sensori.Altre modalità in fase di sperimentazione riguardano l’uso dei robot per far verbalizzare agli allievi i funzionamenti e le modalità di azione e introdurre elementi di logica, di aritmetica e di misura.Sicuramente è un’attività coinvolgente e gli insegnanti dovrebbero lavorare sempre con questo metodo, perché soprattutto nella scuola dell’infanzia attraverso il fare con le mani si impara a ragionare con la testa. Le capacità di ragionamento si stimolano facendo agire in situazioni concrete di esperienza in cui gli allievi sono invitati a esprimere le loro idee sui fatti che osservano, a formulare ipotesi sul come e sul perché le cose succedono in quel modo e non in un altro. Anche il recupero della manualità e del fare è un obiettivo primario perché sempre meno i nostri piccoli hanno occasioni vere di usare le mani per costruire o per ‘pasticciare’.Queste attività di robotica forse vanno nella direzione giusta.

Un progetto di percorso e il robot camuffato da cagnolino in azione.

Alcuni allievi di 4 anni alle prese con il coccodrillo.

Due cinquenni costruiscono il leone con il kit WeDo guardando le istruzioni sul video del computer.

Il robot lancia la pallina e gli allievi devono prevedere dove andrà a cadere per sistemare il ‘canestro’.

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http://www.robotascuola.net/ (Sito di Scuola di Robotica dedicato alla robotica educativa)

http://www.ciaorobot.org/ (Sito di Scuola di Robotica dedicato alla roboetica)

http://trilussa.primocircolopinerolo.it/circolo/?page_name=progetto_robotica (Pagina del sito del 1° circolo didattico di Pinerolo con tutte le attività di robotica illustrate e raccontate tramite i diari di bordo degli insegnanti, disegni, fotografie e filmati)

http://roberta.isii.it/ (Blog del Progetto Roberta con esperienze e documentazione di attività)

http://nuke.mcetorino.it/Robotica/tabid/482/Default.aspx (Pagina del sito del MCE Torino dedicata alla robotica)

http://blog.edidablog.it/blogs/index.php?blog=275 (Blog Rob&Ide che raccoglie tutte le attività degli insegnanti della rete nata dal progetto Robot@Scuola)

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http://www.roboitalia.com/download/ (Sito con guide e manuali sulla robotica)

http://thenxtstep.blogspot.com/ (Blog con novità e informazioni su Lego NXT)

http://www.nxtprograms.com/ (Sito che fornisce istruzioni di costruzione e programmi per i robot NXT)

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http://www.legolab.daimi.au.dk/ (Lego Lab, University of Aahrus, DK)

http://www.campustore.it/ (Sito del distributore italiano dei kit Lego Mindstorms NXT)

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RINGRAZIAMENTI

Questo libro è il risultato di un’attività condotta in gran parte nel Primo circolo didattico di Pinerolo in cui ho lavorato per 9 anni prima di andare in pensione. Ho iniziato l’attività di robotica nel 2001 con la mia classe quarta di allora e poi, nel corso degli anni, il mio esempio è stato seguito da un piccolo gruppo di insegnanti-pionieri che si è dato molto da fare, non solo nel lavorare concretamente con gli allievi ma anche nel documentare l’attività svolta per offrirla ai colleghi e alle famiglie. All’inizio di ogni attività compaiono i nomi degli insegnanti che le hanno svolte, con il mio aiuto o da soli. Un particolare ringraziamento a Paola Sgaravatto che si è spesa molto al di là di ciò che avrebbe dovuto, superando difficoltà e investendo tempo (molto tempo!) per la propria formazione, per la progettazione delle attività nel circolo, per indirizzare e incoraggiare i colleghi. Ringrazio il dirigente scolastico, Dott.ssa Margherita Drago, che ci ha sempre sostenuti nelle nostre sperimentazioni, investendo molte risorse e ... fidandosi molto di noi. Infine devo ringraziare Scuola di Robotica, in particolare Fiorella e Emanuele, che mi hanno dato la spinta necessaria, oltre a possibilità concrete, per diffondere la mia esperienza al di là dei confini della mia scuola.

Senza l’aiuto di tutte queste persone questo libro non sarebbe stato possibile. Grazie a tutti!

Donatella Merlo

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