La rivoluzione copernicana e le variazioni Goldberg · ... 75/77 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)...

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Editoriale ................................................................................................................................................................... pag. 3

di Cristina Negroni ........................................................ pag. 4

La rivoluzione copernicana e le variazioni Goldberg di Massimo Bartoli .................................................................................................. pag. 8

di Francesco Palla ................................ pag. 14

di Lucia Alessio ........................................................................................................................................................................... pag. 18

Le vetrate istoriate nell’architettura gotica di Fabio Sottili ..................................................................................... pag. 22

di Sandra Balsimelli ................................... pag. 28

di Silvio Biagi ............................................................................................................................................................................... pag. 31

di Paolo Boncinelli ................................................................................................... pag. 36

di Lorenzo Brandi e Antonio Restivo ....... pag. 43

di Alessandro Dei ....................................................................................................................................................................... pag. 47

Indice

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Tecnolibri Distribuzione s.r.l.Via del Pratignone, 13/4 -50019 Sesto Fiorentino (FI)Tel. 055.88.26.698Fax 055.88.25.822E-mail: [email protected]

Numero monograficoa diffusione interna

Hanno collaborato a questo numero:

Liceo Scientifico Statale “Piero Gobetti”Via Roma, 75/77 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)tel. 055 6510035 - fax 055 [email protected] - www.lsgobetti.it

Stampa: IT.COMM. S.r.l. - Via di Ripoli, 48-50r - FirenzeTel. 055 680648

Questa pubblicazione è stampata interamentesu carta riciclata Cyclus Offset Polyedra.

La realizzazione grafica e l’impaginazione di questo numerosono state curate dagli studenti del Liceo Gobetti che hannopartecipato allo stage di formazione professionale.

Coordinatore dello stage: Prof. Giovanni De LorenzoAssistente tecnico: Teresa Santarelli

Lucia AlessioSilvio BiagiSandra BalsimelliMassimo BartoliPaolo BoncinelliLorenzo BrandiAlessandro DeiCristina NegroniFrancesco PallaAntonio RestivoFabio Sottili

realizzato con il contributo di Gli studenti che con il loro impegnoe la loro creatività hanno realizzatoquesto numero:

in copertina:foto di Sara Faeti

Filippo Bartolini 3a ALorenzo Cappugi 3a AElena Caramelli 1a EClaudia Cerbureanu 3a EIlaria Esposito 1a ESara Faeti 5a FTommaso Fanetti 4a CAsia Giudici 1a ADafina Krasniqi 5a FSara Luckenbach 1a AViola Mangiantini 3a CSusi Mannozzi 5a EGuia Martinelli 5a EValentina Mikeli 4a CElena Parrini 1a EGiulia Vestri 3a CLucia Zagni 3a E

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Dopo la Luna, il Sole. La rivista “il Gobetti”, a seguito del numero dedicato alla Luna del 2010, torna a contemplare il cielo,procedendo sulla via tracciata a partire dal 2008, col numero monografico dedicato ai saperi scientifici, quando abbiamo sentitoil desiderio di aprire la nostra rivista a una prospettiva pluridisciplinare. Ed eccoci proiettati nello spazio “vuoto”, rifiutatodagli antichi e oggi popolato di nuovi soli e nuovi mondi, alla fin fine, dunque, meno vuoto di quanto credevamo. Eccocipassare dalla mitologia alla cosmologia, dall’universo chiuso aristotelico alla fisica moderna, zigzagando tra poesia, astronomia,arte, storia e filosofia, come si conviene in quel grande laboratorio di saperi rappresentato dal Liceo.È inevitabile che il Sole, uno dei simboli universali di vita ed energia, sia stato fonte di ispirazione per molti: per la poesiareligiosa di San Francesco; per i mirabili artefici delle vetrate, che ne hanno catturato i raggi al fine di evocare la presenza di Dionelle cattedrali; per un filosofo utopista come Campanella, che aveva desiderio di rifondare i valori religiosi e politici dellatravagliata Europa del primo Seicento. Simbolo di regalità evocata nell’utopia del frate calabrese (che aveva creduto di vederein Luigi XIV l’incarnazione del nuovo sovrano universale) esso diviene l’emblema del “Re Sole”, il sovrano assoluto parexcellence, il quale, con metafora copernicana, vedeva se stesso come il Sole e la sua corte girare attorno a lui come i pianetiattorno alla loro stella. Non poteva mancare un accenno alla rivoluzione copernicana e galileiana, all’origine di quella svolta delpensiero occidentale che tanto potere ci ha dato nel dominare la natura, al prezzo, però, della rinuncia al posto privilegiato chel’uomo aveva fino a quel momento creduto di avere nel disegno dell’universo. Tale radicale trasformazione non potevasfuggire a Leopardi, che dedica una delle sue mirabili Operette Morali al dialogo fantastico e ironico tra Copernico e il Sole.Forse altre rivoluzioni si annunciano: grazie alla possibilità di analizzare lo spettro della luce emessa dai corpi celesti è statopossibile conoscere la composizione ed evoluzione del nostro Sole, analizzando fenomeni come il vento solare; allo stessomodo è stato anche possibile individuare pianeti simili alla terra orbitanti attorno ad altre stelle. Su tale argomento gli studentidel Gobetti hanno avuto modo di seguire una conferenza del professore ordinario di astronomia dell’Osservatorio Astrofisicodi Arcetri, Francesco Palla, che ci ha inoltre cortesemente concesso la possibilità di ospitare un suo articolo sui pianetiextrasolari.Infine il Sole è al centro di due esperienze che hanno coinvolto gli studenti del nostro Liceo: il progetto Verso una nuova erasolare, in collaborazione con la Provincia, finalizzato al risparmio energetico e alla eventuale costruzione di un impiantofotovoltaico; la realizzazione di una meridiana, un sistema complesso e antico di misurare il tempo, che ha impegnato i ragazzidel triennio in calcoli e osservazioni astronomiche di grande interesse, facendo loro toccare con mano l’unità dei saperi e delletecniche, obiettivo e fine della nostra scuola e della nostra rivista.

La redazione

Editoriale

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Fratello o sorella sole?

Come appare dalla breve citazione deltitolo, San Francesco dà per scontatal’attribuzione al sole del genere ma-schile (messor lo frate sole), e pocopiù avanti di quello femminile allaluna, ma se andiamo più indietro neltempo, specialmente nelle cultureorientali (cfr. Egitto e Giappone) enell’antica Germania (Sunna, Sunne eFrau Sunne, comunemente chiamateSol) e nelle tradizioni scandinave, ledivinità solari erano femminili, men-tre quelle lunari erano maschili. Maanche gli aborigeni australiani inter-pretavano l’eclissi di sole come l’unio-ne tra la luna-uomo e il sole donna.Sembra addirittura che le divinità so-lari femminili siano più diffuse dellecontroparti maschili, le quali ultimesi “normalizzano” nella tarda Greciaclassica e nella tarda mitologia roma-na.

Il culto del Sole tra mitologia, re-ligione e storia

L’importanza fondamentale del solenella vita dell’uomo è nota fin dallapreistoria, come il famoso cerchio me-galitico di Stonehenge ci testimonia,pur con tutti i misteri che ancora l’av-volgono. Pertanto non è strano che siabbiano documenti di culti del Solein tutte le culture, in cui mito, religio-ne e storia si mescolano, dandoci nar-razioni spesso suggestive.Ragioni di spazio mi consentono soloun rapido excursus attraverso i piùcuriosi di questi racconti.

Presso gli Aztechi il dio del Sole -Huitzilopochtli – era celebrato con fe-ste ed anche sacrifici umani, che eranoritenuti necessari per tenere l’astro inmovimento. In Egitto il Faraone eravisto come figlio del Sole, i moti del

quale erano do-vuti alla lot-ta fra l’animadel faraone e

Osiride.

Durante la quinta dinastia ebbe il mas-simo sviluppo il culto solare legato aldio Ra. Sotto la diciottesima dinastiail faraone Akhenaton, dopo un asproscontro con il clero di Amon, pro-mosse il passaggio ad una forma dimonoteismo con il culto del dio Aton,la cui unica immagine era il Disco So-lare, cioè un sole i cui raggi sono brac-cia terminanti con mani, alcune dellequali reggono l’ankh, simbolo dellavita. Tale religione, tuttavia, non duròa lungo dopo la morte del faraone.Il dio del Sole in Grecia era Elio (fi-glio di Iperione e Teia ), raffiguratoalla guida del carro del Sole, che ognigiorno sorgeva dall’Oceano per por-tare il sole nel cielo da oriente ad occi-dente. Il mito ci racconta poi che ilfiglio di Elio – Fetonte – ottenne dalpadre il permesso di guidare il carro,ma i cavalli si imbizzarrirono e, pri-ma, salirono senza controllo nellavolta celeste e ne bruciarono una par-te, dando origine alla Via Lattea; poi,precipitarono sulla terra in Libia, chediventò un deserto. La corsa di Fetontefu interrotta da un fulmine di Zeus,che lo fece cadere vicino al fiumeEridano.A Roma il culto del Sole fu introdot-to dall’Imperatore Eliogabalo, che loimportò dalla Siria, dove ne era sacer-dote. Questo culto si fuse con quellolocale del Sol Indiges prima, e nel II-III secolo Sol Invictus. Aureliano sene proclamò sacerdote e in questa ve-ste guidava le celebrazioni della nasci-ta del sole il 25 dicembre, quando icelebranti uscivano a mezzanotte daisantuari per annunciare che la Vergine

di Cristina Negroni

Ra, il dio egizio del sole

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aveva partorito il sole, raffiguratocome un neonato. Questo momentodel culto sembra essere alla base delNatale cristiano.Con l’imperatore Costantino fu sta-bilito che il “giorno del Sole”, cioè ilsettimo della settimana, fosse dedica-to al riposo; successivamente, conTeodosio (383 d.C.), si passò dal DiesSolis al Dies Dominica, cioè giornodel Signore.

Il sole nell’immaginario popolare ela voce della scienza

Se per la luna abbiamo una quantità dimateriale che testimonia quanto, dailontani tempi dei primi lunari ai giorninostri, l’astro della notte sia considera-to importante nell’organizzazione del-le attività contadine e nei comportamen-ti umani, nonostante la scienza ne ne-ghi qualsiasi legame con l’andamentodel ciclo naturale, per il sole ci dobbia-mo affidare soltanto a poche “pillole”di saggezza popolare, e anche questenon specificamente attinenti al mondocontadino.

Anche per il sole, la scienza è abba-stanza “impietosa” nell’ammettereuna influenza determinante ; l’unicacosa verificata è che l’irraggiamentovariabile con la stagione possa deter-minare cambiamenti di umore emeteopatia, mentre l’irraggiamentovariabile con il ciclo solare (11 anni)determina cambiamenti di clima, tem-peste magnetiche ed aurore boreali. Èinoltre ipotizzato che esista una rela-zione tra l’attività del sole e le manife-stazioni sismiche; infine, come la luna,il sole è responsabile del fenomenodelle maree.Tornando alle “pillole” di saggezza

popolare, dobbiamo dire che la mag-gior parte dei detti legati al sole riguar-dano l’aspetto meteorologico, con ilmese di marzo che la fa da protagoni-sta: Marzo fiol de ‘na baldracca, ungiorno piove, uno fa el sol e ‘n altrofioca; Marzo pazzarello, guarda ilsole e prendi l’ombrello; Marzo solee guazzo; “Sole di marzo cuocimi lenatiche e non cuocermi altro”. Que-st’ultima “invocazione” si riferisce adun’usanza contadina di salire sul tettodi casa per voltare le spalle al sole mo-strando solo quella parte del corponuda, declamando a voce alta la suddet-ta “preghiera”: il rituale sembra essere

Sol Invictus, il dioromano del sole.

Stonhenge. Sede da millennidi celebrazioni del solstizio d’estate

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necessario per abbronzare la pelle inmodo non pericoloso, e per allontanarele malattie.Il dato comune degli altri detti “mete-reologici” è il potere del sole di esseredeterminante nel portare o meno lapioggia e anche la neve. In questo sen-so, famosa è la tiritera sulla Candelora,presente nella cultura di molte regioniitaliane:Quando vi è la Candelora(2 febbraio)dall’inverno siamo fora...se c’è il sole e solicellosiamo sempre a mezzo inverno...

Interessanti perché riconducibili alle cre-denze e ai rituali relativi al solstiziod’estate, sono i due proverbi:Quando piove e c’è il sole, il diavolofa all’amore, e quando piove col solesi pettinano le streghe.

Il solstizio d’estate e la notte di SanGiovanni

Un discorso a parte, e più documenta-to, va fatto per il solstizio d’estate (21-22 giugno), cioè il giorno in cui il solesembra fermarsi (da qui il nome), ed èpiù lungo della notte; per questo in tut-te le civiltà del passato era considerato“magico”ed era accompagnato da ap-parizioni di folletti, maghi e streghe. Lefeste solstiziali culminano nella nottedi San Giovanni Battista ( 24 giugno),per cui esse acquisiscono una definizio-ne di origine cristiana, legata al fatto chequel giorno cade esattamente sei mesidopo il Natale.In epoca pre-cristiana si credeva che nelgiorno del solstizio il sole (visto comefuoco) si sposasse con la luna (acqua):da ciò hanno origine i riti dei falò e dellarugiada nella tradizione contadina epopolare; riti che sono continuati an-che in epoca cristiana dato che fuoco ed

acqua sono gli attributi di San Giovan-ni Battista “nell’esercizio delle sue fun-zioni”.I falò (presenti sia nelle civiltà euro-pee che in Africa) venivano accesi suidossi o in cima alle colline in onoredel sole e con essi si incendiavano dellefascine che erano poi fatte rotolare lun-go queste alture tra canti e grida. Neifalò si bruciavano cose vecchie perchéil fumo tenesse lontani gli spiriti ma-ligni e le streghe che, si diceva, in queigiorni erano in giro per cercare delleerbe (specialmente iperico, aglio, rutae artemisia). Da qui l’uso di raccoglie-re le “erbe di San Giovanni” e portar-ne addosso dei mazzetti per tenerelontani gli spiriti e le streghe.A volte nel fuoco bruciava anche un fan-toccio, che rappresentava la malasorte.Le varianti dei falò erano dei fuochi ac-cesi agli incroci, o – come in Germania -una ruota infuocata che era fatta rotola-re fino al fiume, e se arrivava ancora ac-

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I fuochi di volpi, conosciutianche come sole di mezzanotte.Qui sotto una serie di foto che ne

mostra le varie fasi

cesa nell’acqua, era un segnale di buonaugurio.Dei fuochi e dei falò resta oggi una trac-cia negli spettacoli pirotecnici che, comea Firenze, chiudono le celebrazioni del-la festa di San Giovanni, patrono dellacittà.La rugiada serviva a purificare e fecon-dare: nei paesi scandinavi se una donnavoleva molti figli si sdraiava o si rotola-va nuda sull’erba bagnata.

Quando il sole scompare

La scomparsa del sole durante la nottee la minore durata dei giorni in invernoè vissuta in molte culture come un “mi-stero” quasi sempre associato alla reclu-sione, all’esilio o alla morte.In Grecia, per esempio, il mito diDemetra e di sua figlia Persefone –probabile divinità solare – rapita daAde, ci racconta che la dea, per vendi-care questa scomparsa, scatena un du-

rissimo interminabile inverno.In Egitto il dio Ra trascorre agli inferiogni notte per garantirsi, con la sconfit-ta di Apep nell’oscurità, di poter sorge-re ad est ogni mattina; ma anche neiculti di tutti i popoli indoeuropei ladivinità del sole è vista in collegamentocon gli Inferi. Nella mitologia giappo-nese la divinità solare Amaterasu è inlotta con il fratello Susanoo e si nascon-de in una caverna, lasciando il mondonell’oscurità fino a quando non decidedi uscirne.Quanto all’eclissi, le spiegazioni che nevengono date coincidono con quelle perl’eclisse lunare: si parla di un animale odi un essere mostruoso che tenta di di-vorare l’astro, e per spaventarlo e scon-figgerlo vengono prodotti rumori vio-lenti.Nel mondo babilonese erano addiritturasette gli esseri malvagi che attaccavano ilsole, per cui il fenomeno era vissuto conparticolare terrore e sgomento.

…. e quando non scompare

Di magia in magia, facendo un balzonelle regioni oltre il circolo polare, ci tro-viamo di fronte al sole che non scom-pare per giorni e giorni (il periodo variaa seconda delle latitudini): è il cosiddet-to Sole di Mezzanotte.Lascio agli scienziati il compito di darnela spiegazione “tecnica”; a me piace evo-care l’aspetto romantico del paesaggiocreato dal fenomeno, e vorrei chiuderecitando una credenza finlandese cheidentifica le “luci del nord” con scintillesulla pelliccia delle volpi: da qui il nomerevontulet, ossia fuochi di volpi, con cuiil Sole di Mezzanotte è comunementechiamato.

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HORRORVACUILa rivoluzione copernicana e le variazioni Goldberg

“La verità è figlia del tempo nondell’autorità”.Così Francesco Bacone vissuto tra il1561 e il 1626, filosofo e strenuo difen-sore della rivoluzione scientifica, sinte-tizza la sua fede nel metodo induttivo,quale strumento di ricerca scientifica estudio della meccanica della natura edanche come, in fondo, nascostamentetra le pieghe del tempo, alberghi l’av-vertimento che la giustezza delle cosetravalichi spesso la fantasia e i desideriumani.Una notazione questa tipicamente filo-sofica e che accende da sempre un di-battito aperto e mai chiuso sui compitie sulla natura della scienza la quale nellalettura del progresso umano sembravivere di vita propria. Quasi che l’uo-mo nella continua indagine causale emeccanica delle cose, stabilisca con essaun percorso transitivo dal soggetto al-l’oggetto e viceversa. Insomma, sareb-be stata scoperta la Penicillina se nonfosse esistito Alexander Fleming? Osemplicemente il grande scienziato è ar-rivato prima degli altri. E se è così, forse

che la verità delle cose sia sempre stata adisposizione di tutti, ma per motivi anoi sconosciuti o inutili da conoscere,si riveli al mondo secondo una tempi-stica misteriosa? Un dibattito immenso come vedete e

se vogliamo insolubile. Terreno idealeper volare col pensiero in intriganti di-spute di metafisica ma impervio e inac-cessibile per il relativismo di oggi. Unrelativismo dettato più dalle nuove te-orie in campo matematico e fisico chenon da una spontanea volontà umana.Che bisogno c’era di sapere se è il Sole agirare intorno alla terra o è la terra chegira intorno al Sole? Ma sull’utilità ef-fettiva di essere a conoscenza e, quindidi avere la consapevolezza della realemeccanica dei pianeti, potremmo pren-dere in considerazione le conclusionisbalorditive, ma quantomeno lucide erazionali di Sherlock Holmes, perso-naggio notoriamente intelligente edacuto, il quale nella sua prima avventurada detective, Uno studio in rosso, ammet-te senza nessun imbarazzo di non es-sere a conoscenza dell’universo di Co-pernico lasciando come prevedibile il suofido amico Watson di stucco. “Ma sitratta dell’universo!” - insiste Watson.E la risposta di Sherlock Holmes faonore alla logica più pura così com’è,giustappunto, ‘elementare’. “Il nostro

di Massimo Bartoli

Una sfera armil lare (nota anchecome astrolabio sferico) è un modellodella sfera celeste.

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cervello caro Watson non è una soffittadove gettare di tutto alla rinfusa, senzaun criterio” - più o meno queste le sueparole - “perché poi risulta difficile equasi impossibile ritrovare quello che ciserve in quel momento. Molto meglioordinare tutto il materiale e fare a menodi nozioni superflue che mai ti potran-

no veramente essere di aiuto. Lei diceche giriamo intorno al sole, bene… Maper quanto mi riguarda potremmo gi-rare intorno alla luna e sarebbe la stessacosa.” La stessa cosa dunque, e comepotergli dare torto. Ma allora perché,verrebbe da chiedersi, perché l’uomo dasempre ha cercato di scoprire la realeforma e meccanica dell’universo?. Voi sapete cari lettori, come già le civil-tà antiche dei Sumeri, dei Babilonesi,degli Assiri e degli Egiziani, avesseromaturato notevoli conoscenze astrono-miche messe a frutto con lunghi e me-todici periodi di osservazione. Tuttavial’aspetto magico e soprannaturale hasempre avuto il sopravvento nell’inter-pretazione del mondo così che gli even-ti naturali erano risolti attraverso quelloche chiamiamo animismo. È invece conl’avvento della civiltà Greca che vieneproposta una lettura della realtà fonda-ta su presupposti logico-razionali. Perquasi duemila anni il mondo è statospiegato dalla cosmologia Aristotelica-Tolemaica con la terra al centro dell’uni-verso e intorno ad essa i pianeti traspor-

tati da sfere invisibili all’occhio umanooltre alle sfere delle stelle fisse. L’inge-gno umano tocca vertici altissimi inquesti anni ed uno di questi vertici èsenz’altro Eratostene di Cirene, mate-matico Greco, mi piace citarlo, che nelIII secolo avanti cristo riuscì a calcolarecon un errore irrisorio il diametro dellaterra usando semplicemente l’ombra diun bastone. Possiamo ben dire che lafantasia e la matematica scorrazzavanocome bambini in un parco giochi doveil parco giochi è il mondo intero e dovetutto era ancora da conoscere. Perciòcontinue osservazioni avevano portatoTolomeo a riprendere i lavori e le cono-scenze astronomiche del mondo grecoper elaborare una delle più complesse eaffascinanti cosmologie. Tutto natural-mente girava intorno alla terra come giàdetto, ma per spiegare le evidenti ano-malie di calcolo sulle orbite dei pianeti,Tolomeo, convinto assolutamente chei pianeti non potessero che percorrereorbite circolari data la perfezione del-l’universo, strutturò una teoria secon-do la quale i pianeti oltre alla loro con Niccolò Copernico

Mappa di Eratostene

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sueta orbita compissero una secondaorbita, epiciclo, che aveva il suo centrosulla circonferenza dell’orbita di raggiomaggiore intorno alla terra. Una danzacome dire, che prima ancora di spiegarela meccanica celeste dava soddisfazionedi un bisogno estetico e geometrico chegli antichi avvertivano nella contempla-zione dell’universo come peraltro nellacomposizione architettonica. Il cosmodi Tolomeo e quello di Aristotele è quin-di un cosmo a misura d’uomo e a mi-sura della sua propensione all’armonia.È un cosmo finito dove ogni sua parteè in equilibrio con l’altra e dove la mate-ria la fa da padrona. La natura infatti perAristotele aborre il vuoto ed è con que-st’ultimo concetto che possiamo me-glio capire come l’universo degli antichirispecchi in fondo la fragilità umana.Nondimeno questa paura del vuotoperché simbolo di imperfezione, que-sta costrizione del mondo in un uni-verso finito e perfetto, ebbe come risul-tato quello di scatenare la mente umanain teorie e congetture di altissimo livel-lo formale. E non solo, il sistema Tole-maico aveva nonostante tutto i caratteridella coerenza e della compiutezza talida permettere, ed è questa la ragionedella sua lunghissima esistenza, previ-sioni molto precise sulla posizione dei

pianeti. Così che le cosmologie antichesono innanzi tutto dei veri e propri po-emi la cui metrica ferrea non impedì maanzi finì per favorire la costruzione dimondi e di percorsi impensabili che trag-gono il loro motivo di essere dalla stes-sa logica con cui sono stati pensati ecostruiti. E quindi, al pari dei grandipoemi come ad esempio la Divina Com-media il cui universo è giustappuntoquello Aristotelico - Tolemaico, le gran-di cosmologie antiche si giustificano peril loro rigore formale attraverso il qualela mente umana poteva esplorare in as-soluta libertà lo spazio e l’essenza stes-sa delle cose. Naturalmente questa li-bertà era dovuta all’assioma che la terrafosse ferma e che fosse il centro dell’uni-verso, e dunque la ricerca era confinata aricercare i meccanismi attraverso i qualiquesto universo funzionava. Cosicchédinanzi alle innumerevoli anomalie cheper forza di cose il cammino dei pianetipresenta all’osservatore, questi non fa-ceva altro che aggiungere altre conclu-sioni che giustificassero quella anoma-lia. Capirete cari lettori, che seppure lamente umana poté in quegli anni svet-tare per le cime più alte dell’ingegno purdi rendere plausibile la teoria della terraal centro di tutto, le continue revisioni epostille apportate ad un testo errato in

partenza non fecero altro che appesan-tirlo a dismisura fino a farlo cadere sot-to il suo stesso peso.Tuttavia lo stesso Niccolò Copernico,1473 – 1543, fu molto attento a nonabbandonare del tutto la visione aristo-telica dell’universo rimanendo ancora-to alle tesi fondamentali come la sferici-tà e finitezza dell’universo e giustifican-do l’immobilità del sole con la sua na-tura divina. Ma seppure le capacità pre-dittive dei due sistemi fossero sostan-zialmente equivalenti dato che ancheCopernico era convinto delle orbite cir-colari dei pianeti, gli sviluppi che gli as-sunti fondamentali della teoria Coper-nicana hanno avuto sulla storia del pen-siero, sulla storia della scienza e sullastoria della civiltà tutta sono enormi edi fatto, come lo stesso Copernico siaspettava e temeva forse, niente sareb-be stato più come prima dopo la pub-blicazione del suo ‘De Rivolutionibus Or-bium’, che perciò fece attendere fino al-l’ultimo anno della sua vita. In essocome sapete oltre l’aver posto la terra incircolo con gli altri pianeti allora cono-sciuti intorno al sole, visione già questasconvolgente per le conseguenze nontanto strettamente scientifiche ma teo-logiche e filosofiche, sempre al suo in-terno Copernico gettava le basi per ul-teriori scoperte di cui lui stesso proba-

Galileo Galilei

Giovanni Keplero

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bilmente non si sarebbe atteso o nenutriva la segreta speranza. La sempliceperfezione con la quale si disegnava ilcammino planetario, ricordiamo ancorache secondo Copernico i pianeti si muo-vevano di moto circolare uniforme, sug-geriva infatti correzioni ed estensionidella teoria che immancabilmente arri-varono. Galileo Galilei col suo cannoc-chiale produsse le prime prove scienti-fiche dell’esattezza della teoria coperni-cana scoprendo i satelliti di Giove, se-gno evidente che l’universo non girasolamente intorno alla terra.Dunque l’uomo non era più il centrodell’universo ma era soltanto un esserevivente sperduto su un frammento diroccia che vaga nello spazio. Come faràDio a ritrovarlo? E neppure di motocircolare uniforme poi, come comprese

Johannes Kepler o Giovanni Keplerocome dir si voglia, 1571 – 1630, mate-matico, astronomo e musicista tedesco.Ed è proprio la dimestichezza con lesimmetrie che convinse Keplero a ricer-care una armonia geometrica e musicalenella meccanica dell’universo. Keplero èconvinto del rapporto reciproco tra leorbite dei pianeti e concepisce che l’uni-verso sia stato creato seguendo il mo-dello dei cinque solidi perfetti o plato-nici, il tetraedro, l’ottaedro, il cubo, l’ico-saedro, e il dodecaedro, i soli a poteressere iscritti o circoscritti ad una sfera.Ora, poiché i pianeti erano diventatisei essendo la terra un pianeta al paridegli altri conosciuti, le distanze che liseparavano erano cinque e le loro or-bite non erano che le circonferenzemassime delle sfere contenute nei cin-

que solidi. Keplero, uno dei più gran-di scienziati della storia umana, è an-che terra di confine dove la scienzabene si accorda al desiderio di perfe-zione e di armonia. Tantomeno que-sta perfezione venne intaccata con lasua esatta figurazione delle orbite pla-netarie, facendo intendere che l’ellissee non il cerchio era la figura che domi-nava l’universo. La musica dell’uni-verso che doveva guidare i grandimovimenti celesti e che pure secondoquanto raccolto in infinite pagine dimatematica risultava esserci, ne fa l’ul-timo dei grandi mistici, un grande os-servatore della natura convinto che perquanto è possibile, spetti all’uomosondare i principi creativi di Dio e stu-diarne il linguaggio, chiaramente, es-senzialmente matematico.

La visione Tolemaica del cosmo

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In ogni caso apparve subito chiaro cheil lessico divino ben poco si occupavadella Terra ma la poneva anch’essa inuno stato di perenne equilibrio e sim-metria. E parte di un tutto, nel quale lalegge della gravitazione universale, conla quale Isaac Newton 1643 – 1727 de-scriveva il movimento dei pianeti cre-ando di fatto i fondamentali della mec-canica classica, la faceva da padrona. IlCosmo dunque era governato da forzefisiche legate alla massa dei pianeti inrelazione alla loro distanza.E’ interessante notare a questo punto,come l’idea dell’infinità dell’universonon sia più relegata alla filosofia e alledispute metafisiche ma inizi ad esseredibattuta in ambito scientifico ed anzi,ritenuta necessaria e conseguente allaluce delle nuove scoperte. D’altro can-to, è pure interessante notare come que-sta necessità sia in realtà stata soffertadall’uomo. Man mano che la conoscen-za allargava i propri confini l’uomo ve-

deva restringersi il pro-prio spazio. Tutto simuove e tutto si tra-sforma senza sosta ela verità, figlia del tem-po, appariva semprepiù come una veritàrelativa. Del resto giàGalileo Galilei aveva difatto limitato le leggidella fisica ai sistemi diriferimento inerziali.Come dire che l’unicovero giudice adesso èl’uomo, che può trarreforza dalla sua stessadebolezza per emanci-parsi e navigare in au-tonomia nel mare infi-nito dell’esistenza.I lettori vorrei tantoavessero inteso allorail senso sotteso diquesto mio scritto.Sapranno in ogni casoil carattere monografi-co di questa rivista e ladomanda che è nata

nel dibattere l’argomento, il Sole comesapete, è stata da parte mia quella di ca-

pire se la rivoluzione copernicana, quel-la breccia aperta sull’infinito e che ha stra-volto l’ottica e i capisaldi dogmatici del-la natura umana, quel volo fuori dalnido che l’uomo avrebbe intrapresodopo di essa, non lo abbia in realtà resopiù infelice seppure sia opinione diffu-sa l’esatto contrario. L’evoluzione scien-tifica e tecnologica percorsa dalla uma-nità nel corso dei secoli a ben vederepuò essere benissimo paragonata allefasi della vita di un solo uomo.E dunque a quale stato di crescita separagonata al vissuto dell’individuo sitrovava la civiltà all’epoca di Copernico

viene da chiedersi. E quel salto fuori dalnido, non è un po’ come l’abbandonodell’infanzia per gettarsi felici e orgo-gliosi sulle prime, nel mondo adulto?.Come già detto all’inizio di questomio la ricerca scientifica, il progressoinsomma, come la vita umana sem-bra seguire la freccia del tempo. O permeglio dire la legge dell’entropia se-condo la quale in un sistema isolato ilgrado di disordine aumenta col tra-scorrere del tempo. E non solo, mache questo processo è anche un pro-cesso irreversibile perché segue appun-to la direzione degli eventi.I sistemi insomma compreso l’uomocosì come i complessi sociali sembranoprocedere nella loro storia verso gradidi complessità sempre maggiori e que-sta complessità porta con se un insiemedi problemi correlati. Nell’uomo adesempio possiamo far riferimento allefasi turbolente della crescita con il pas-saggio dall’età infantile all’età adulta. Unpassaggio questo necessario e inevita-bile, tanto desiderato da giovane e tan-to rimpianto da vecchio. Come sapete èquesto un crocevia fondamentale nellavita di una persona dove prendiamo co-scienza di noi stessi e dove prendiamo

coscienza di essere vittime e giudici delnostro destino. Tuttavia negli anni, vie-ne da chiedersi se le mete tanto sospira-te; il lavoro, la famiglia, la carriera. Isoldi!, seppure raggiunte non ti abbia-no in realtà reso più schiavo e non pro-prio felice come sarebbe stato lecito aspet-tarsi.Così, cari lettori, possiamo bene perquanto scritto, ritenere plausibile l’deaperaltro portata avanti anche da Freud enon solo, che l’uomo abbia pagato unprezzo molto alto alla conoscenza.L’universo copernicano e in seguito tut-to ciò che da questa teoria ne è derivato

“La verità è figlia del temponon dell’autorità”

Isaac Newton

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quello riscritto da Copernico e quellopoi che da questo ne è scaturito e che siè dilatato a dismisura per coprire distan-ze incontenibili dalla mente umana. Uncosmo altresì ancora in formazione se-condo la teoria del Big Bang e che siespande ancora sospinto da quella pri-migenia esplosione avvenuta quattor-dici miliardi di anni fa. Ed è propriodopo quell’antico boato che tutto si èvenuto a creare compresa la direzionedel tempo che seppure pieghi e rallenti,sempre Einstein appunto, come lo spa-zio in prossimità di masse gravitazio-nali, procede comunque e non si fermamai; ahimè.Ma, cari lettori, mi chiedo a questo pun-to se davvero la realtà di Copernico siapiù complessa di quella di Tolomeo ose invece sia solamente diversa, semprerestando nella teoria della Relatività.Immaginare e costruire cattedrali cosmo-logiche intorno all’uomo per giustifica-re la sua centralità, non è forse cosa piùsemplice che scrivere ad esempio la leg-ge della gravitazione universale. La pri-ma, è il trionfo dell’intelletto e dell’im-maginativa, un fare onore all’uomo solodinanzi al cosmo quale titolare di logica

in termini di scoperte e presa visionedel reale andamento della meccanica ce-leste, se da una parte ha esteso gli oriz-zonti non solamente fisici ma concet-tuali trasportando l’uomo nelle più lon-tane zone del cosmo come tra le nasco-ste realtà delle particelle subatomiche,dall’altra lo ha messo dinanzi alla suaesistenza fugace e cosa peggiore allaestraneità della natura al destino uma-no. Al rincuorante cosmo di Tolomeo edi Aristotele dove tutto era perfetto efinito e tale che la mente umana potevaabbracciarlo e pensarlo nella sua totali-tà, l’uomo, adesso, contrappone ununiverso infinito e se non infinito im-menso nel quale non esiste un centro ela terra compreso il nostro sole non èche una parte periferica e infinitesimale. La civiltà figlia di Copernico si confron-ta sì con l’assenza di punti di riferimen-to assoluti ma pur tuttavia anche conuna realtà dove le leggi della fisica val-gono per tutti i possibili sistemi di rife-rimento, inerziali, e dove il tempo, per-fino lui, non è assoluto ma relativocome dice Einstein e in più legato a stret-to giro con lo spazio.Un cosmo perciò molto più complesso

e di armonia. Mentre la seconda è il ge-sto di umiltà dell’uomo che osserva enon interpreta. E’ l’individuo che sipone in ascolto del vero linguaggio del-la natura la quale nel suo perenne ince-dere ben poco o niente pare occuparsidel destino umano ma se non altro,permette a questo animaletto dolce egentile (anche se ci sarebbe da discutere)di essere spettatore e lettore del miste-rioso spartito delle cose. Una partiturache la ricerca scientifica nei secoli dopoCopernico ha man mano tradotto cosìda permettere a l’uomo di interpretarele reali armonie del cosmo. Armonie chenon sono propriamente quelle creduteo sperate dall’uomo prima della rivolu-zione copernicana ed è qui la differenzafondamentale. La logica degli antichipensava di essere depositaria della gram-matica divina mentre dopo “quel volofuori dal nido”, si è inteso che l’uomonon è che un piccolo essere che vagasperduto su un frammento di roccia inuno spazio infinito. Si è inteso che lalogica di Dio, o semplicemente la logicadi tutto, se esiste, non è terreno accessi-bile alla mente umana alla quale restasoltanto la ricerca scientifica per potersondare non già le ragioni ma il mecca-nismo attraverso il quale questa ‘logica’agisce. “La verità è figlia del tempo non del-l’autorità”, e dunque se un giorno laricerca scientifica riuscirà a tradurre ilmisterioso spartito dell’universo non èda dubitare il fatto che forse, a ben ve-dere, le orbite dei pianeti, il nostro Sole,le galassie. Concetti come spazio-tem-po, relatività ristretta o generale. Cate-gorie mentali quali infinito o finitezzadell’infinito. Per non parlare delle ster-minate realtà biologiche, del misterio-so comportamento delle particellesub-atomiche rilevato dalla meccanicaquantistica e perché no, delle tantemorfologie della razza umana, in fon-do, risultino essere infinite varianti diuno stesso tema: La vita, semplice eperfetta che si dipana nei suoi mille emille rivoli ripetendosi senza mai es-sere uguale come un frattale; come levariazioni Goldberg di Bach.Illustrazione della storia dell’Universo

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Introduzione

Sino a pochissimo tempo fa l’uo-mo ha potuto parlare del propriosistema solare come l’unico esem-pio certo della presenza di piane-ti in orbita intorno ad una stella,nel nostro caso il Sole. Benchèidee, ipotesi, teorie e modelli nonsiano mancati nel passato, oggiviviamo un’epoca particolarmen-te fortunata in quanto alla do-manda “Esistono altri sistemi plane-tari e altre terre al di fuori del no-stro?” possiamo rispondere in ma-niera sperimentale e affermativa.Da poco più di quindici anni la cac-cia a nuovi pianeti e sistemi plane-tari è diventata una delle attività piùeccitanti e competitive dell’astrono-mia. Ad oggi, 23 dicembre 2011,sono stati identificati 716 pianeti incirca 550 sistemi planetari.

È sicuro che questo numero saràlargamente superato non appenai risultati finali della missione Keplerverranno resi noti nei prossimimesi. Ormai è una certezza: i pia-neti sono altrettanto comuni del-le stelle e, probabilmente, nellanostra Galassia ce ne sono in nu-mero superiore a quello delle stel-le. E siccome la Via Lattea non èche una tra le tantissime galassieche popolano l’Universo, possia-mo ragionevolmente estrapolareche questo pulluli di pianeti.Quanti di questi pianeti sianoabitabili e possano ospitare, o loabbiano fatto nel passato, la vita– in particolare, quella intelligen-te – è una questione ancorairrisolta, ma al centro delle ricer-che del futuro.

Dove cercare i pianetiextra-solari?

Prima di parlare dei pianeti, è ne-cessario introdurre alcuni concettidi base sulle stelle. I pianeti sono ilrisultato dello stesso processo fisi-co che porta alla formazione distelle: quindi per cercarli in manie-ra ragionevole bisogna conoscerele proprietà più rilevanti delle stel-le. Innanzitutto, le stelle non sonotutte uguali. Già ad occhio nudo ciaccorgiamo che esse hanno colorileggermente diversi le une dalle al-tre. A questi colori corrispondonotemperature superficiali differenti:nel caso del Sole la temperaturafotosferica è di 5800 K, ma esisto-no stelle molto più calde (fino a40000 K) e più fredde (2500-3000K). La grandezza fisica che deter-mina tutte le proprietà stellari è la

Altri soli,altri sistemiplanetari

di Francesco Palla

INAF-OsservatorioAstrofisico di Arcetri

Firenze, Italia

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massa. Per comodità prendiamocome unità di misura quella delSole. Rispetto a questa, alle stelle piùcalde corrispondono masse 40-50volte maggiori del Sole – la massamassima che una stella può avererimanendo in equilibrio tra forza digravità e energiaa nucleare è di cir-ca 120 masse solari. All’altro estre-mo della scala, la massa minimaperché una stella possa innescare lereazioni di bruciamento dell’idro-geno è di 0.08 masse solari – unvalore preciso determinato dallafisica nucleare. Oggetti più piccolipossono esistere, sono chiamatenane brune, ma dopo la loro forma-zione sono destinate ad un lento

processo di contrazione durante ilquale la luminosità decresce pro-gressivamente fino a spegnersi deltutto. Il Sole dunque è una stellamedia: né piccola, né grande.

Le osservazioni fatte nella Via Lat-tea e nelle altre galassie hannoevidenziato che le stelle più frequentisono quelle più piccole e meno lu-minose, mentre quelle brillanti emolto massicce sono rarissime.Questo è un risultato opposto al-l’esperienza diretta dell’osservazio-ne del cielo ad occhio nudo dovesembra che le stelle più numerosesiano quelle più brillanti. La leggecon cui si distribuiscono le masse

stellari è mostrata in Figura 1. Essaha una forma particolare: è prati-camente costante nell’intervallo tra0.1 e 0.5 masse solari e poi decre-sce rapidamente all’aumentare del-la massa stellare. Al punto che laprobabilità di trovare una stella die-ci volte più massiccia del Sole è cir-ca mille volte minore. Come sivede dalla figura, il Sole non è unastella particolarmente tipica.

Un altro fatto importante è chela durata di vita non è la stessaper stelle di massa diversa. Quel-le più piccole sono le più longeve(decine o centinaia di miliardi dianni), mentre le brillanti comple-

Figura 1: La distribuzione delle masse stellari. Il grafico mostra la variazione del numero osservato di stellein funzione della massa stellare (in unità della massa del Sole). Le stelle più numerose sono quelle di massapiccola, mentre quelle massicce sono molto più rare.

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tano il ciclo nucleare in pochi mi-lioni di anni. Il tempo di vita diuna stella dipende dalla rapiditàcon cui viene bruciato l’idrogeno(l’elemento più abbondante nel-l’universo) dalle reazioni nucleari.L’energia prodotta da una stellaè proporzionale alla sua massa(attraverso la famosa relazione diEinstein) E~M. La luminositànon è altro che la variazione del-l’energia nell’unità di tempo e,empiricamente, aumenta moltorapidamente al variare della mas-sa: L~M4. Quindi, il tempo di vitaè pari a t=E/L~M-3, cioè dimi-

nuisce con l’inverso del cubo dellamassa. Per il Sole, la vita è di cir-ca 10 miliardi di anni, mentre unastella quindici volte più massicciaesaurisce l’idrogeno in appena 15milioni di anni. Al contrario, unastella di massa pari a metà delSole può continuare a emettereradiazione per circa 200 miliardidi anni e stelle più piccole ancorapiù a lungo.

Consideriamo ora i pianeti. Sap-piamo che la loro formazione ri-chiede tempi che vanno dalle de-cine di milioni di anni per i pia-

neti rocciosi di tipo terrestre a cir-ca cento di milioni di anni per igiganti gassosi, come Giove. Seuna stella vive troppo poco, comenel caso delle stelle massicce, èimprobabile che ci sia abbastan-za tempo per la formazione diun sistema planetario stabile.Quindi, volendo cercare i pianetie i sistemi planetari attorno adaltre stelle, non si devono selezio-nare le stelle brillanti, che peròsono le più facili da osservareanche a grandi distanze. Quellefavorite sono le stelle più piccoledel Sole, ma proprio a causa del-

Figura 2. La fascia di abitabilità per stelle di massa diversa: dal Sole (in alto) ad una stella nana rossa(Gliese 581) di sole 0.3 masse solari. La zona più chiara indica la regione in cui l’acqua si può trovarein fase liquida. La distanza della fascia di abitabilità dalla stella diminuisce al decrescere dellaluminosità. Sia HD 845512 che Gliese 581 hanno pianeti molto vicini o all’interno della fascia.

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la loro intrinseca debolezza sononecessari telescopi particolarmen-te potenti e speciali tecniche di os-servazione.Infine, ricordiamo anche che lamaggior parte delle stelle di tiposolare si trovano in sistemi dop-pi, tripli, multipli in cui le variestelle orbitano una intorno all’al-tra. La domanda spontanea dun-que è se queste condizioni parti-colari siano favorevoli o menoalla presenza di un sistema plane-tario. Se vogliamo avere un’ideaprecisa della frequenza totale deipianeti extrasolari dobbiamo in-cludere nel campione da osserva-re almeno i sistemi stellari doppi:un’ulteriore difficoltà per le tec-niche osservative.

Come trovare i pianetiextrasolari

Per scoprire i circa 700 pianetinoti sino ad oggi sono state svi-luppate metodologie diverse. Lapiù efficace è stata quella di ve-dere indirettamente la presenza diun pianeta in orbita attorno aduna stella dalle perturbazioni pro-dotte dal pianeta stesso sul suoastro. Anche Giove produce unpiccolo spostamento periodiconel movimento del Sole, ma es-sendo mille volte più piccolo nonè possibile misurare l’accelerazio-ne indotta sul Sole con gli stru-menti a disposizione. Se peròGiove anziché trovarsi a circa 700milioni di km di distanza dal Solefosse più vicino, la sua influenzarisulterebbe molto maggiore equindi misurabile. Così è stato nelcaso degli oltre seicento pianetiscoperti proprio grazie alla loronotevole dimensione/massa e alla

minore distanza rispetto alla stel-la. In pratica, tutti i sistemi plane-tari scoperti sinora presentanoquesta caratteristica del tutto inat-tesa se confrontata con la tipolo-gia del nostro sistema planetarioin cui i pianeti interni sono quellipiù piccoli (terrestri), mentre igrandi pianeti (gioviani) sono aenormi distanze dal Sole. In real-tà, si pensava che una situazionecon un pianeta gioviano alla di-stanza della Terra, o anche meno,non sarebbe potuto rimanere sta-bile per lungo tempo: le osserva-zioni hanno mostrato esattamen-te il contrario. La natura è moltopiù varia di quanto noi siamoportati a immaginare.

Un metodo diretto di rivelazio-ne della presenza di pianeti extra-solari è quello dei cosidetti transi-ti planetari. Infatti, se il pianoorbitale del sistema planetariocade lungo la nostra visuale, èpossible che uno o più pianetipossano passare davanti al discostellare, provocando un’eclisse –cioè una rapida diminuzione del-la luminosità dell’astro che si ri-pete ad ogni passaggio del pia-neta. Nel nostro sistema solarepossiamo assistere a questo feno-meno quando Mercurio o Veneretransitano sul Sole: un tale eventoavrà luogo il 6 giugno 2012 quan-do sarà Venere a ‘oscurare’ leg-germente il Sole.Questa tecnica dei transiti è quel-la usata dal satellite Kepler che hapermesso di scoprire anche pia-neti molto più piccoli di quelli ri-velati con le perturbazioni dell’or-bita stellare.

Ad oggi sono stati identificati pia-neti di dimensioni molto simili a

quella della Terra, a distanze con-frontabili dalla propria stella.Questo è un punto fondamenta-le per affrontare la domanda sesi possa ipotizzare la presenza diforme di vita su questi pianeti. Af-finché ciò avvenga una condizio-ne necessaria, ma non sufficiente,è che l’acqua – elemento essen-ziale, ma non unico, per lo svi-luppo della vita sulla Terra – siain condizioni liquide. Il pianeta,dunque, si deve trovare all’inter-no del la cosiddetta fasc ia diabitabilità che nel caso del nostrosistema solare si estende dall’or-bita di Venere a quella di Marte(v. Figura 2). Il fatto che siano statiindividuati pianeti con queste ca-ratteristiche lascia ben sperare sullapossibilità che su alcuni (o molti!)di essi si sia sviluppata una for-ma di vita, magari intelligente. Maquesto ancora non lo possiamodire con certezza in quanto nondisponiamo degli strumenti chepermettano le osservazioni spet-troscopiche necessarie a trovaretracce di vita. Ma è certo che ba-sterà aspettare un po’ di anni equalche altra missione spaziale cheanche questo mistero sarà svela-to.

Un’ultima annotazione: la presen-za di sistemi planetari è stata con-fermata anche attorno a sistemistellari binari! La probabilità ditrovare pianeti intorno a sistemicomplessi è simile a quella perlestelle singole. Ciò non deve sor-prendere troppo considerandoche, come detto all’inizio, la for-mazione delle stelle e dei pianetiè un processo fisico unico che siè ripetuto innumerevoli volte nellastoria dell’universo passato … eanche di quello futuro.

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“Dicono ancora che la povertà grande fagli uomini vili, astuti, ladri, insidiosi,fuorasciti, bugiardi, testimoni falsi; e lericchezze insolenti, superbi, ignoranti,traditori, disamorati, presumitori di quelche non sanno. Però la communità ditutti li fa ricchi e poveri: ricchi, ch’ognicosa hanno e possiedono; poveri, per-ché non s’attaccano a servire alle cose,ma ogni cosa serve a loro.” Queste leparole di Tommaso Campanella cheriecheggiano su uno scenario domina-to dal grigio del mare, dove un giovanee un frate conducono un dialogo visio-nario, scandito dal lento ritmo dellarisacca, in cui si narra di una città favolo-sa che non conosce la proprietà privatae in cui gli uomini vivono in armonia ein comunità fraterna. Si tratta delle pri-me scene del film La Città del Sole, laseconda opera del regista Gianni Ame-lio, prodotta per il progetto RAI “FilmSperimentali per la TV” e mandato inonda per la prima volta nel 1976. Il film,riproposto nel marzo del 2011, ci indu-ce a ripensare, in un’epoca che sentiamomolto lontana dagli ideali e gli entusia-smi degli anni Settanta, al ruolo pro-pulsore dell’utopia, alla necessità diimmaginare una società più equa e piùgiusta per riuscire a intravedere vie ditrasformazione nei momenti di crisi.

Una profonda crisi, religiosa, morale,sociale e politica, travagliava all’inizio delSeicento l’Europa e in particolare laCalabria, terra natale del frate domeni-cano Tommaso Campanella, nato a Sti-lo nel 1568. Il trattato di Cateau-Cambrésis del 1559 aveva posto l’Italiameridionale sotto la dominazione spa-gnola, riducendola a colonia e instau-rando un processo di involuzione cul-turale che ne avrebbe segnato in modoirreversibile il destino rispetto all’Eu-ropa e anche a diverse altre regioni ita-liane, ormai avviate a superare il siste-ma feudale in direzione di un’econo-mia capitalistica e moderna.1 Nel vicere-ame di Napoli si rafforza il dominiodei baroni che, insieme al clero, rappre-sentano la classe dei proprietari fondiari,i grandi latifondisti, e conducono unavita parassitaria, dediti a sperperare ri-sorse nel lusso e nell’ozio cittadino, tra-scurando l’amministrazione delle terre,e alcun altro ufficio che non fossero igiochi e gli “esercizi d’armi”.2 La deca-denza politica e morale del Meridione,ma anche di gran parte dell’Europa, ge-nera nel frate calabrese un forte senso diribellione, tale da metterlo a capo di unarivolta popolare che avrebbe dovuto li-berare la regione dall’oppressione spa-gnola. Siamo nel 1599, Tommaso Cam-

panella ha 31 anni e alle spalle già diver-si processi per “eresia”, colpevole di averseguito e difeso il naturalismo filosofi-co di un altro frate, Bernardino Telesio,che riteneva che la natura andasse cono-sciuta secondo i principi suoi propri(iuxta propria principia), e non interpreta-ta a partire da astrazioni metafisico-teo-logiche. La rivolta venne sventata e re-pressa in modo crudelissimo. Tommaso Campanella, sottoposto adatroci torture, si finge pazzo per sfug-gire alla pena capitale. Uscirà dal carcere27 anni dopo (egli ne avrà già 58). Incarcere produce un numero strabiliantedi opere, prima delle quali è la Città delSole, composta probabilmente tra il 1599e il 1606.3 L’opera, di carattere più ro-manzesco che filosofico, è dunque frut-to, probabilmente, della necessità di pro-iettare in una dimensione ideale il so-gno di una società migliore della pre-sente, sogno che aveva animato il ten-tativo di ribellione del 1599. I modellisono le altre due grandi visioni politi-che ideali del passato: la Repubblica diPlatone e l’Utopia di Tommaso Moro,composta all’inizio del 1500. Le appa-renti analogie tra l’opera di Campanellae di Platone, che possono essere rin-tracciate nell’organizzazione comunisti-ca dello stato e nell’afflato messianico-

La Città del Sole l’utopia pedagogica di Tommaso Campanella

di Lucia Alessio

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pedagogico che le anima entrambe, ter-minano nel momento in cui si conside-ra che la Repubblica platonica avrebbedovuto realizzare un ideale aristocrati-co di governo e di cultura, mentre l’ide-ale di Campanella è una teocrazia (se-condo un modello universalistico me-dioevale e regressivo) che vede poteretemporale e spirituale riuniti nelle manidi una sola persona, detta Sole oMetafisico. Il sole, secondo l’antico sim-bolismo precristiano e cristiano, è sim-bolo della divina ragione; per l’ermeti-smo rinascimentale, di cui anche Cam-panella, come Giordano Bruno, Marsi-lio Ficino e Pico della Mirandola, è per-vaso, rappresenta l’aspetto visibile diDio, fonte di calore e di vita.4 Di qui ilnome del principe supremo della città,il cui potere è in funzione della capacitàdi diffondere la sapienza, la concordia ela giustizia tra i suoi abitanti. A lui sonoaffiancati tre prìncipi che corrispondo-

no agli attributi metafisici di Dio: Pote-re, Sapienza e Amore. Essi sono perciòchiamati Pon, Sin, Mor: il primo è acapo dell’esercito, il secondo dell’educa-zione, il terzo è responsabile della salu-te fisica dei cittadini e della generazione.Essi guidano una schiera di funzionaricontrollati dal popolo, mitigando al-quanto l’impostazione di per sé asso-lutistica del potere politico dello stato.L’impianto metafisico dello stato ide-ale di Campanella rende per moltiaspetti il suo pensiero politico rivol-to al passato, soprattutto se messo aparagone con l’Utopia di Moro, damolti considerato come l’iniziatore delmoderno pensiero utopistico proprioper il suo costante riferirsi, nella fon-dazione dello stato ideale, alle solepotenzialità umane, senza far riferi-mento a un disegno divino o provvi-denziale. Ma l’originalità e modernitàdella Città del Sole si collocano su un

altro piano, sulla inscindibile connes-sione tra il problema politico e peda-gogico, che fa dello stato di Campa-nella uno stato etico e meritocratico,basato sul sapere e sulla diffusionedella conoscenza e dei suoi benefici afavore di tutti i cittadini.5 Sole, il prin-cipe supremo, è tale in quanto «sa tut-te le istorie delle genti e riti e sacrifizi erepubbliche ed inventori di leggi earti», è esperto inoltre di arti meccani-che, di pittura, di scienze matemati-che, fisiche ed astrologiche; in esso ri-siede inoltre la massima conoscenzateologica e metafisica. Così pure i tresuoi collaboratori saranno ognuno ilmigliore nella conoscenza della pro-pria arte, ma tutti dovranno essere fi-losofi, storici e umanisti.L’impianto pedagogico è presente sinnella architettura stessa della città, che sisi presenta, come una visione, arroccatasu un colle solatio, avvolta in sette

Hayao Miyazaki Castle in the Sky 1986: isola/fortezza volante di Laputa

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ampissimi gironi, che prendono il nomedai stette pianeti, fino alla sommità, do-minata da un tempio circolare costitui-to da una cupola poggiante su colonne.Dalle quattro porte, che si aprono incorrispondenza con i quattro punti car-dinali, partono quattro strade che, at-traverso altre porte, mettono in colle-gamenti tutti i gironi. La città stessa ciappare così come una sorta di microco-smo, funzionale a un preciso progettopolitico, sociale, etico e religioso, tantoda anticipare la più moderna architettu-ra razionalista; essa è specchio del preci-so ordine naturale e metafisico dell’uni-verso, ordine simboleggiato e riflessonei due mappamondi, uno del cielo euno della terra, situati sull’altare deltempio e circondati da sette lampade.6Belle pitture ricoprono completamente

tutte le mura della città e rappresentanouna sorta di enciclopedia universale, checoncorre alla diffusione del sapere a tut-ta la popolazione; l’ideale di sapere diCampanella resta infatti legato all’enci-clopedismo medioevale che in gran parteanima anche il Rinascimento. Al vertice,sulle pareti del tempio, sono rappresen-tate le stelle, il cui significato è sia astro-nomico, Campanella fu copernicano edifensore di Galileo, che astrologico, inquanto le sfere celesti influenzano la vitadella comunità che su di esse deve esse-re regolata.Nel primo girone, internamente sonodipinte le figure matematiche, nella par-te esterna ecco la carta della “terra tutta”accompagnata da notizie sugli usi e co-stumi dei popoli. Poi troviamo i metal-li e le pietre preziose, sia “veri che pinti”,

i fluidi, con la raffigurazione di mari,laghi, fiumi, vini, oli e liquidi medica-mentosi in grado di guarire qualsiasimalattia, racchiusi in piccole ampolle; lepiante sono raffigurate nel terzo gironeinsieme a terrari dove esse vengono col-tivate per le loro proprietà. In seguitotroviamo gli esseri viventi: pesci, volati-li, animali terrestri. Ampio spazio è de-dicato alle “arti meccaniche” e ai perso-naggi influenti della storia, dove inven-tori e scienziati sono affiancati a figurereligiose e a uomini politici. L’aspettopratico e attivo dell’educazione, unasorta di learning by doing ante litteram,affidato ai maestri delle varie arti e scien-ze, è organizzato in modo da coinvol-gere i fanciulli a partire dai tre anni in unprogramma educativo che fa fortemen-te appello all’esperienza diretta e il con-

La forma della città del sole rappresenta una sorta di archetipo nella iconografia della città idealeLa torre di babele di Bruegel

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Note:

1 Cfr. R. Villari, La rivolta antispagnolaa Napoli, Laterza, Bari 1980, p.34.

2 Il Croce paragona tale “esercizio dellearmi” ai moderni sport, cfr. B.Croce, Storia del Regno di Napoli,Laterza, Bari 1953, pp. 130-131.

3 Per una discussione sulla datazionedell’opera cfr. E. Frauenfelder, LaCittà del Sole di Fra’ Tommaso Campa-nella. Pedagogia utopistica o utopia pe-dagogica?, Ferraro, Napoli 1981, pp.22-23.

4 Crf. G. Scalici, La “Città del Sole” diCampanella e il pensiero utopistico fraCinquecento e Seicento, Paravia, Torino1992, p. 37.

5 G. Calogero (a cura di), La Città delSole. Apologia delle Scuole Pie, EditriceD’Anna, Messina-Firenze 1977, pp.45-46.

6 Cfr. Frauenfelder, cit., pp. 89 sgg.

tatto quotidiano col sapere. I fanciullivisitano le botteghe degli artigiani e ven-gono costantemente osservati dai mae-stri al fine di scoprire e valorizzare lediverse attitudini di ciascuno. Fino aisette anni non si applicano a questioniteoriche e girano “scalzi e scapigliati”,alternando le lezioni dei maestri, gli eser-cizi fisici e i giochi, così che “senza fasti-dio, giocando, si trovano a saper tutte lescienze istoricamente prima che abbiandieci anni”. Tutto il processo di appren-dimento si basa essenzialmente sullostimolo dell’interesse e della spontaneacuriosità infantile, sulla costruzione diuna coscienza comunitaria attraverso ilservizio, al quale i giovani si applicanoaccanto e sotto la guida degli adulti, sullaimportanza di un apprendimentoinduttivo e sperimentale, che valorizzail nuovo sapere scientifico, spesso inaperta polemica con quello arido elibresco della Scolastica.

L’importanza del sapere nella Città delSole evidenzia l’attenzione posta dal fi-losofo alla diffusione democratica dellaconoscenza, anticipando così l’utopiatecnologica di Bacone, costruita sullaconsapevolezza dell’identità di sapere epotere, non solo nel senso della mag-giore capacità dell’uomo, grazie alla scien-za, di dominare la natura, ma anche nelsenso della formazione di una coscien-za sociale. Ne emerge il legame tra l’as-sunzione di valori da parte della comu-nità e la loro trasmissione alle nuovegenerazioni, che si riflette sull’organiz-zazione del sistema educativo, per cuilo stato assume come primo compitola responsabilità della formazione insenso ampio dei suoi cittadini. Caratte-ristica questa che ci porta a riflettere sul-la responsabilità, per ogni società, dipopolare lo spazio pubblico con i valo-ri da essa stabiliti a proprio fondamen-to.

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di Fabio Sottili

Il trionfo della luce Le vetrate istoriate

nell’architettura gotica

1. Maestro di San Lubino, Il trasporto del vino, ca 1205-1215, Chartres,Cattedrale di Notre-Dame, seconda campata della navatella sinistra.

e vetrate gotiche vanno consi-derate pittura in trasparenza e parte in-dissolubile dell’architettura. La luce chepenetra è simbolo della presenza diDio, e l’edificio che la accoglie è una

miniatura dell’universo nella suateorizzata compiutezza, e riscat-

to dall’imperfezione delmondo. Attraverso questevetrate passa luce calda,ampia, non generalizza-ta ma variata, non razio-nale ma astratta: ciò sicollega al mondo ul-traterreno e a Dio. Laluce è sempre stataconsiderata come

espressione del bene,e le tenebre sono state

associate al male, poichéin esse la ragione si smar-

risce. L’importanza delculto solare fu una costan-

te delle civiltà preclassiche: daStonehenge, ai menhir di

Carnac in Gran Bretagna, finoall’Egitto di Amenhophis IV nel

XIV secolo a.C. quando si ricondussetutto al sole. Nella Grecia classica si in-staurò il culto di Helios (colosso diRodi), e a Roma lo stesso Nerone sifece effigiare, vicino all’attuale Colosseo,in un’enorme scultura raffigurante l’im-

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peratore nelle vesti del dio Sole con lacorona radiata.In tutte queste civiltà il sole era la divi-nità stessa; invece con il mondo cristia-no assistiamo ad un epocale cambia-mento di pensiero, vedendo nella lucesoltanto un simbolo divino. L’arte cri-stiana è costituita da simboli ed il piùimportante è quello del-la luce, espressione mas-sima del simbolismocosmico, per cui tutta larealtà visibile riflette etestimonia il mondo in-visibile. Gesù diceva “Iosono la luce del mon-do”, e Plotino (filosofo non cristianodel III secolo d.C.) affermava che l’uo-mo può interpretare con parole e sim-boli i suoi sentimenti verso l’Uno: ilprincipale di questi è la luce. I mosaiciavevano un significato analogo a quellodella vetrata.

Nell’architettura paleocristiana (S.Apollinare Nuovo e Mausoleo di GallaPlacidia a Ravenna) si trovano finestrein alabastro, perché questo materiale,facendo passare la luce, la filtra, toglien-done razionalità e dandogli corposità.Pare che già dal VI secolo, in S. Gregoriodi Tour, ci fossero finestre di vetro co-

lorato, come già avveniva nella Romaimperiale. Intorno al IX secolo inizia-rono ad essere presenti le figurazioni,composte di più colori.Il cronista Richerio nel 995, parlandodei lavori eseguiti nel 969 nella cattedra-le di Reims, affermò che le finestre con-

tenevano storie. A partire dal XII seco-lo si impostarono i grandi cicli di vetra-te, e un monaco benedettino di nomeTeofilo agli inizi di quel secolo nel suotesto intitolato Schedula diversarum artium

descrisse il metodoper fabbricarle, segnoche esisteva già unatecnica teorizzata.Ottenuto dalla fu-sione di sabbia sili-cea, il vetro ancoracaldo e plasmabile

veniva schiacciato formando un discocolorato e trasparente di modeste di-mensioni; le finestre dovevano quindirisultare dalla composizione di molte-plici pezzi di vetri colorati uniti fra loroda delle bacchette di piombo su un ro-busto telaio di ferro.

2. Interno della cappellasuperiore verso la

controfacciataParigi, Sainte-Chapelle.

“L’arte cristiana è costituita dasimboli ed il più importante

è quello della luce”

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I colori delle vetrate, ottenuti dalle terree dagli ossidi di vari metalli, erano sepa-rati dalle suddette sbarrette di piombo.Il piombo rappresenta il disegno, hapotere grafico, è un valore che segna laforma ed esprime il tono del colore. Perpoter competere con la raffinatezza e lepotenzialità espressive dell’affresco imaestri vetrari verso la metà del XIIsecolo misero a punto un metodo perdipingere sulle lastre con colori che di-venissero parte integrante dello stessovetro. La tecnica, detta della grisaglia (dalfrancese gris, grigio), consisteva nell’usodi una mistura di polvere di vetro e diossidi di ferro e rame, uniti ad aceto,acqua e resine vegetali, la quale, spalma-ta sul pezzo di vetro da colorare, e una

volta che quest’ultimo venivaricotto in forno, si fondeva con lapasta vetrosa della lastra divenen-do inalterabile. Nel XIV secolo latecnica della pittura su vetro si per-fezionò grazie all’uso dei colori asmalto e del giallo d’argento, una pol-vere di ferro, la quale, durante lafase di cottura, assume una colori-tura dorata: in questo modo au-mentò la varietà dei colori utilizza-bili con conseguente maggioreplasticità ed espressività nelle figu-re dipinte, e si rese possibile la di-stinzione fra l’ideazione della ve-trata (affidata ai grandi pittori del-l’epoca) e la realizzazione, deman-data a maestri vetrari specializzati.

“La vetrata diventava così la forma della luce, e

la manifestazione visivadella patria celeste”

3. Interno della cappella superiore verso l’abside, Parigi, Sainte-Chapelle.

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I temi trattati sulle ampie finestresono eventi sacri, scene tratte dalleantiche scritture, oppure la saga deipaladini, i lavori dei mesi (fig. 1) edelle maestranze che hanno contri-buito alla costruzione delle cattedra-li, in modo da unire l’aspetto pura-mente religioso con la visione pra-tica della realtà, in quanto espres-sione della sapienza creatrice di Dio:la cattedrale era costruita con le fi-nanze e l’impegno di tutta la città,ed in essa si riconosceva la gerarchiasociale della comunità medievale. Lavetrata diventava così la forma dellaluce, e la manifestazione visiva del-la patria celeste. Pierre de Poissy di-ceva che le pitture nelle chiese rap-presentano le Bibliae Pauperum, men-tre le vetrate sono parole di Dio.L’esperienza gotica in architetturanacque con la ricostruzione delcoro della chiesa abbaziale di SaintDenis (nei pressi di Parigi), avve-nuta fra il 1125 ed il 1149, e fuvoluta dal potente abate Suger.Costui propugnava la ricchezzanelle chiese come espressione vi-siva di un fasto superiore, mani-festata anche dalla presenza dellevetrate piombate e istoriate; con-tro di essa si scagliò invece SanBernardo da Chiaravalle (fonda-tore dell’ordine cistercense), il qua-le vedeva in Saint Denis, la “Sina-goga di Satana”, ed infatti deside-rò che le chiese del suo ordine fos-sero pauperistiche e illuminatesoltanto da vetri spogli. Suger pre-se ispirazione dagli scritti delloPseudo-Dionigi, un filosofo gre-co del V sec. d.C., la cui teologiadella luce fu alla base del pensieromedievale: Dio veniva da lui in-terpretato come una cascata di luceche penetra in ogni anfratto, el’uomo deve intraprendere il cam-mino inverso fino a quella fontedi luce.

4. La resurrezione dai mortiproveniente dallaSainte-Chapelle,Parigi, Museo di Cluny.

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Il sole asua volta ripete

il percorso della sor-gente divina. Pertanto la

cattedrale, quale trionfo del-la luce, è l’espressione della perfezione del-l’ordine del mondo, e la sua funzionalitàarchitettonica e razionalità statica sonochiaramente esibite, riflettendo in questole strutture delle summae della Scolastica,che cercavano di interpretare l’ordine uni-versale. Dopo la consacrazione del coro

di Saint Denis molte cattedrali francesivennero costruite e arricchite da grandiosicicli vetrari: Chartres, Bourges, Anger,Poitier, Reims, Lione, Parigi. Ma su tuttispicca per vastità e preziosità quello dellaSainte-Chapelle (figg. 2-4), voluta da Lui-gi IV nell’Ile-de-la-Cité all’interno del pa-lazzo reale di Parigi, e costruita fra il 1241ed il 1248, per divenire scrigno delle reli-quie della Passione di Cristo.In Italia le più antiche vetrate furonorealizzate per la basilica superiore di SanFrancesco ad Assisi (quelle del transet-to erano già in fase esecutiva nel 1253 aopera di maestri francesi); ma qui le ve-trate non hanno un diretto collegamen-to con l’architettura, come avviene inFrancia. La spiegazione ce la dà Cennino

Cennini, artista vissuto fra la fine del‘300 e gli inizi del ‘400, quando nel suoLibro d’Arte afferma che in Italia non siinsegnava questa arte (i disegnatori nonla frequentavano), mentre i francesi, se-condo lui, hanno più pratica che dise-gno: in questo Cennini disprezzava ifrancesi ed esaltava l’atteggiamento de-gli italiani. Gli esempi più importantiin Toscana sono rappresentati dallosplendido rosone dipinto da Duccio diBuoninsegna per il Duomo di Siena frail 1287 ed il 1288 (figg. 5-7) e le vetratedella cappella Pugi a Santa Croce, attri-buite a Bernardo e Taddeo Gaddi.

5.Duccio diBuoninsegna,Rosone absidaledella cattedrale,Siena, Museodell’Operadel Duomo.

6. Duccio di Buoninsegna, Particolare del rosone absidale dellacattedrale con l’Incoronazione della Vergine,Siena, Museo dell’Opera del Duomo.

7. Duccio di Buoninsegna,Particolare di uno degli

angeli che sostengono laMadonna in mandorla,

Rosone absidale dellacattedrale, Siena, Museo

dell’Opera del Duomo.

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Introduzione

“Tutti i re e tutti i popoli si raccoglierannoin una città che da essi verrà chiamata Heliacae che sarà costruita da questo nobile eroe. Untempio sarà eretto dal grande sacer-dote e dai consiglieri dei sovrani, egli scettri dei re verranno posti aipiedi di Cristo”1. Così il filosofoCampanella salutava, nel 1638la nascita del Delfino di Fran-cia, Luigi dieudonné, miracolosa-mente nato dopo anni di inu-tile attesa da Luigi XIII e Annad’Austria. Invitato dalla reginaa fare l’oroscopo del futuro so-vrano, Campanella lesse negliastri la promessa di un regnocapace di realizzare il suo sogno utopico,descritto nella sua opera più celebre LaCittà del sole. La scelta di Luigi XIV diassumere il Sole a emblema del proprioregno esprime la volontà di rappresen-tare la monarchia francese come incar-nazione di una fittissima rete di riman-di simbolici, erede della concezioneierocratica medievale del potere, ma altempo stesso gravida, almeno negli in-tenti del sovrano, di un nuovo model-lo di stato, lo stato assoluto.

1. Il Simbolo del soleRipercorrere tutti i significati simboliciche la tradizione religiosa, mitologica,filosofica e iconografica ha attribuito aquesto astro portatore di vita, di luce e

di calore, sarebbe impossibile nel brevespazio di questo articolo. Tutti i grandipopoli dell’antichità hanno intravistonel Sole una divinità tra le più impor-tanti, fonte di potere e vitalità. L’attri-buzione metaforica del sole al mondodel divino ricorre nella grande filosofiagreca, dal mito della caverna nell’utopiapolitica di Platone, dove il sole rappre-senta l’idea del Bene, nel mondoiperuranio, contemplato dai filosofi-go-vernanti dello stato ideale, alla teologia

dell’Uno plotiniano e il suo irraggiarsinelle tenebre della materia. Nel mondoromano il culto di Mitra e del sol invictusha preceduto e preparato il solco per ildiffondersi del cristianesimo, fonden-dosi nella figura di Cristo vincitore sul-

le tenebre della morte, la cuifestività natale ha assorbitole feste della luce della paga-nità2.Nel medioevo il simbolodel Sole aveva caratterizzatola disputa tra Papato e Im-pero, in lotta per stabilire achi spettasse la somma au-torità. La teoria ghibellina deidue Soli, che vedeva nell’Im-pero un potere autonomo e

direttamente proveniente da Dio, furipresa dalle nascenti monarchie nazio-nali, a fondamento della loro aspirazio-ne ad un’autonomia politica dalle inge-renze della chiesa romana3.

2. Luigi XIVNell’epoca di Luigi XIV, oltre alle sug-gestioni utopiche di Campanella, il mitodel sole, traeva nuovo smalto dal dif-fondersi della rivoluzione astronomicacopernicana. Nonostante la resistenza

Il Re Sole e gli aspettisimbolici

nella rappresentazionedella monarchia

di Sandra Balsimelli

Scelsi di assumere laforma del sole, il più nobiledi tutti gli astri, a causadella qualità unica delbagliore che lo circonda

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della Chiesa al dilagare del modelloeliocentrico, la risonanza del dibattitoscientifico, data anche dalle vicende delprocesso a Galileo, permisero a questodi imporsi nell’immaginario collettivocome nuova e più valida rappresenta-zione della realtà. Di esso troviamo ri-sonanza nelle parole stesse del sovra-no, che nei suoi Memoires racconta il per-ché della scelta del Sole come simbolodel suo potere: “Scelsi di assumere la forma del sole, il piùnobile di tutti gli astri, a causa della qualitàunica del bagliore che lo circonda; per la luceche comunica agli altri astri che gli impongono

attorno una specie di corte; per la giusta euguale spartizione di quella luce chedistribuisce a tutti i vari climi del mondo; peril bene che fa in ogni luogo producendoincessantemente gioia e attività da ogni parte;per il moto instancabile che realizza pursembrando tranquillo; e per quel costante edinvariabile corso dal quale mai devia o diverge.È certo la più vivida e bella immagine di quelgrande monarca”4

Dalla morte di Mazzarino in poi, avve-nuta nel 1661, ogni atto di Luigi XIV fuorientato a identificarsi col proprio re-gno: L’Etat s’est moi . Il suo primo attopolitico fu la disposizione che nessuna

decisione fosse presa senza la sua ap-provazione, trasformando la corte difunzionari e ministri della corona in uninsieme ordinato di satelliti strettamen-te legati alla sua orbita, in un meccani-smo perfetto di reciproci vincoli e di-stanze gerarchiche. Sfondo perfetto perle aspirazioni assolutistiche del sovra-no fu Versailles, palcoscenico necessario peril suo ego smisurato, per il Re sole, centrod’attrazione per tutti gli occhi francesi.5 Lareggia sfarzosa diventò centro e scena-rio della vita di corte dove, non solo ilsovrano ma anche tutta la nobiltà a luilegata, inscenarono la rappresentazio-

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ne di un’idea del potere assoluto incen-trato sulla figura totalizzante del sovra-no. La struttura stessa del palazzo, conla camera del sovrano al centro e con isuoi scenografici giardini, percorsi dacontinui rimandi alla mitologia apolli-nea6, evocava l’idea della costante pre-senza del monarca assoluto, in funzio-ne delle cui abitudini tutta la vita socialedella nobiltà ruotava. Gli spazi all’in-terno e all’esterno pullulavano di spec-chi e finestre che evocassero l’idea dellaluce, per volontà dello stesso Luigi XIVche dichiarava “Sono il Sole, voglio che nei

miei castelli ci sia sempre una luce immensa eche vi si ammiri tutto il lusso possibile”.7 Ilcerimoniale di corte, di cui Norbert Eliasci ha lasciato un indimenticabile affre-sco nel suo La società di corte,8 sottopo-neva i nobili ad una serie immutabile dirituali che scandivano le diverse fasi del-la giornata del re; feroce abitudinario earbitro del tempo9, egli disciplinava leudienze, le assenze e le presenze deisudditi ridotti a spettatori dei suoi attiquotidiani, dal suo risveglio al suo ri-poso notturno. Elias sottolinea come ilRe Sole, fantomatico perpetuum mobile, co-

stituisse il perno di un meccanismo dicartesiana precisione, che lo esaltava e altempo stesso lo imprigionava fatal-mente in un ruolo soffocante. Lo stu-pefacente apparato della giornata del resole, “in cui tutto, quasi tutto, avviene inpubblico, in cui bere un bicchiere di vino, cal-zare le pantofole, indossare i calzoni è unatto pubblico, nel senso più stretto della paro-la, vale a dire destinato per natura ad esseremostrato e condiviso”10 mostra un’imma-gine del sovrano in cui ogni aspetto pri-vato è sacrificato alla spettacolarizzazio-ne di sé.

ConclusioniUn re non è mai solo. Tutto avviene da-vanti a testimoni illuminati di luce rifles-sa, fruitori passivi e riverenti di fronte eper i quali i più banali gesti quotidianisono elevati alla stregua di sacramenti del-la regalità. I simboli dell’etichetta di cortetrasmettono, con grande forza mediatica,un’idea centralizzata del potere in cui sifondono le suggestioni filosofiche delpassato,con le moderne teorizzazionidell’assolutismo di Bodin o di Bossuet.Il dibattito storiografico recente11 ha ri-dimensionato la portata effettiva dellatrasformazione dello Stato medievalein moderno Stato assoluto operata daLuigi XIV, dimostrando come, nei fat-ti, il sovrano dovesse continuare ainteragire con i poteri intermedi dellasocietà tradizionale e vincolarsi al rispet-to delle leggi divine e naturali, secondoil modello composito della monarchiaper diritto divino tipica dell’Ancienrégime. Ciò non toglie che, sul pianodell’immaginario collettivo, il re Sole ab-bia saputo incarnare un sogno antico e,al tempo stesso foriero di modernità:l’idea di un potere assoluto, fonte elegittimazione dello Stato stesso, conpretese universalistiche e paternalistichenei confronti dei sudditi. La scelta delsimbolo del Sole, per l’immediatezzacon cui veicola a tutti, dall’élite colta alpopolo, una rete univoca di simboli,diventa quindi una sapiente strategia dicomunicazione e di rappresentazione disé, questa davvero anticipatrice dei voltidel potere tipici dell’età moderna.

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Note1. E. Garin, Storia della filosofia italiana, Einaudi Torino 1966, p. 811. Campanella aveva scritto nel 1636 allo stesso Richelieu,

dedicandogli il suo De sensu rerum et magia “E la Città del Sole, che io ho tratteggiato e che tu edificherai possa con l’aiutodell’Eminenza tua risplendere sempre di perpetuo fulgore mai ottenebrato”, convinto che la monarchia francese potesse realizzarel’unificazione politica dell’Europa, riunendo in sé il potere temporale e quello spirituale.

2. Introdotto all’inizio del III secolo d.C. dall’imperatore Eliogabalo, il culto del sole fu ufficializzato a Roma da Aurelianoche fondò un tempio sul Quirinale, consacrato il 25 dicembre del 274, giorno in cui fu istituita la Dies natalis solis Invicti

3. Per la teorie dei due soli si veda Dante, De Monarchia, che nel terzo libro si oppone alla tesi curialista che attribuiva al Papatoe all’Impero lo stesso rapporto che intercorre tra il sole e la luna.

4. Luigi XIV, Memoires, in G.Gerosa, Il Re Sole. Vita privata e pubblica di Luigi XIV, Oscar Mondadori, 2009, p269. Gerosariporta che l’idea del sole come simbolo di regalità gli fosse stata suggerita dallo stesso Mazzarino, insieme ad alla frasefecundis ignibus ardet, cui il sovrano preferì però il motto Nec pluribus impar.

5. J.Richardson, biografa di Luigi XIV, in G.Gerosa, Il Re sole, op. cit, p. 282.6. G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 304. Il salone di Apollo, in origine la sua stanza da letto, divenne dal 1684 la Sala del Trono,

dove venivano ospitati gli ambasciatori, cui si offriva uno scenario di pitture e arredi che richiamavano la potenza del reassimilato ad Apollo e alle grandi glorie dell’Impero romano.

7. G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 283.8. N. Elias, La società di corte, Bologna, Il Mulino, 1980.9. Saint Simon affermava “Con un almanacco e un orologio dovunque siate, siete sempre in grado di sapere cosa fa in quel momento Luigi.”

in G. Gerosa, Re sole, op.cit. p 29510. P. Beaussant, Anche il Re sole sorge al mattino, Fazi, Roma 2002.11. P.R.Cambell, Luigi XIV e la Francia del suo tempo, Il Mulino, Bologna 1993.

Bibliografia

. Dante Alighieri, De Monarchia, editoda BUR Rizzoli, 1988.

. P. Beaussant, Anche il Re sole sorge almattino, Fazi, Roma 2002.

. P.R.Cambell, Luigi XIV e la Franciadel suo tempo, Il Mulino, Bologna1993.

. E. Garin, Storia della filosofia italia-na, Einaudi Torino 1966.Ringrazio la Professoressa Alessioper avermi segnalato questo utileriferimento sulla possibile influen-za di Campanella sulla scelta delsimbolo del sole da parte di LuigiXIV

. G. Gerosa, Il Re Sole. Vita privata epubblica di Luigi XIV, Oscar Monda-dori, 2009

. N. Elias, La società di corte, Bologna,Il Mulino, 1980.

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IL COPERNICODIALOGOdi Giacomo Leopardi.

PREMESSA A BENEFICIO DELLETTORE.

È difficile dire quanti oggi possanoavere l’ardire di leggere un’operettamorale di Giacomo Leopardi. O for-se fin troppo facile. Del resto ne eraconvinto l’autore stesso che, nell’ul-tima operetta, Dialogo di Tristano e diun amico, dice testualmente del suo li-bro: “Bruciarlo è il meglio. Non lo vo-lendo bruciare, serbarlo come un li-bro di sogni poetici, d’invenzioni e dicapricci malinconici, ovvero comeun’espressione dell’infelicità dell’au-tore...”. Ma poiché accostandoci a quei“sogni poetici” si sperimenta una mi-rabile lucidità di pensiero, che permet-te di leggerle (come accade per la gran-de poesia) anche in riferimento ai tem-pi a noi contemporanei, ho ritenutoopportuno presentarne una, in cui ilSole fa da protagonista. Data però lalunghezza ed il linguaggio, voluta-mente ‘ardito’, che mal si accorda con

i tempi presenti, ho scelto di propor-ne in originale solo alcune parti, rac-contando le altre (riportate in corsi-vo). L’obiettivo è quello di invogliareil lettore a procurarsene copia intera eleggersela ancor prima di essere arri-vato in fondo a questo, per dir così,‘riassunto’. Altrimenti dovrà adattar-si e giudicherà lui se ne è valsa la pena.Trovi in ogni caso da solo, al di là del-le brevi note conclusive, le chiavi dilettura per se stesso e per il suo tem-po. Di rivoluzioni copernicane ce n’èstata più di una, altre dovranno veni-re. Non è poi detto che chi ha pensatoche il Sole ruotasse intorno alla terra,in passato, si sia sbagliato più di quel-lo che facciamo noi, uomini del XXIsecolo, che abbiamo le nostre terre an-cora ben piantate al centro non solodel sistema solare, ma dell’universo.

SCENA PRIMA

L’Ora prima e il SoleOra prima. Buon giorno, Eccellenza.Sole. Sì: anzi buona notte.Ora prima. I cavalli sono in ordine.Sole. Bene.Ora prima. La diana è venuta fuorida un pezzo.Sole. Bene: venga o vada a suo agio.Ora prima. Che intende di direvostra Eccellenza?Sole. Intendo che tu mi lasci stare.Ora prima. Ma, Eccellenza, la nottegià è durata tanto, che non può durarepiù; e se noi c’indugiassimo, vegga,Eccellenza, che poi non nascessequalche disordine.Sole. Nasca quello che vuole, che ionon mi muovo.Ora prima. Oh, Eccellenza, che ècotesto? si sentirebbe ella male?Sole. No no, io non mi sento nulla;se non che io non mi voglio muovere:

di Silvio Biagi

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e però tu te ne andrai per le tuefaccende.Ora prima. Come debbo io andare senon viene ella, ché io sono la primaOra del giorno? e il giorno come puòessere, se vostra Eccellenza non sidegna, come è solita, di uscir fuori?Sole. Se non sarai del giorno, saraidella notte; ovvero le Ore della nottefaranno l’uffizio doppio, e tu e le tuecompagne starete in ozio. Perché, saiche è? io sono stanco di questocontinuo andare attorno per far lumea quattro animaluzzi, che vivono in su

un pugno di fango, tanto piccino, cheio, che ho buona vista, non lo arrivo avedere: e questa notte ho fermato dinon volere altra fatica per questo; e chese gli uomini vogliono veder lume,che tengano i loro fuochi accesi, oproveggano in altro modo.

“E come faranno i poverini” - prosegue l’Oraprima – “ad illuminarsi? ‘Quella certa ariada servire per ardere’ (il gas!) non ce l’hannoancora (‘avranno a passare ancora trecentoanni’); quando avranno finito olio, cera, pece

e sego non avranno da bruciare più niente”.“Andranno a caccia delle lucciole” rispondeSua maestà. “E per il freddo come faranno?”- riprende l’Ora prima-. “Bruciare tutti i bo-schi che hanno non basterà loro. E poi laterra non produrrà più frutti. In capo a pochianni si perderà il seme di quei poveri animali:‘spenta l’ultima scintilla di fuoco se ne mor-ranno tutti al buio, ghiacciati come pezzi dicristallo di roccia’ “. “Ma a me che cosa im-porta?” - ribatte il Sole- “non sono mica labalia del genere umano o il loro cuoco? E poise io devo fare, come dire, da stufa o da foco-lare agli uomini, è ragionevole che, se si vo-

La Terra e il Sole

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gliono scaldare, vengano loro intorno al foco-lare, e non che il focolare vada intorno a loro”.“Quindi se ho capito bene” - chiede l’Oraprima – “Lei vorrebbe che quello che ha fattofinora da qui in avanti lo faccia la terra”. Larisposta del Sole è perentoria: “Sì: ora, e perl’innanzi sempre”. “Beh, non si può dire chevostra eccellenza abbia torto” -prosegue pen-sosa l’Ora prima-; “così però andranno infumo tutte le belle immaginazioni legate almovimento del Sole: il carro, i cavalli che veni-vano fuori dal mare e noi, po-vere Ore, che faremo? saremodegradate dal cielo alla terra,se non spariremo addirittura.Ma, lasciando questo, il piùsarà convincere la terra a muo-versi: non è mica abituata, nonsi è mai mossa di un millime-tro, figuriamoci se vuol comin-ciare ora a durar tanta fati-ca”. “Stai tranquilla” – ri-sponde il Sole – “il bisogno laspronerà. Ora il problema ètrovare qualcuno che la con-vinca a muoversi: qui ci vuole o un poeta o unfilosofo”. In effetti è un bel problema, su cuiil sole si sofferma un po’. Da una parte i poeticon tutte le loro storie e fantasie sono piùcapaci di muovere i cuori delle persone e leinducono ad agire e a sperare; dall’altra algiorno d’og gi i filosofi hanno preso ilsopravvento, e loro badano all’utile più che albello e lui stesso, il Sole, si è fatto filosofo,così dice, e si è convinto che non val la pena difar tutta quella fatica: meglio stare in ozio elasciar girare gli altri. A lui quasi quasi sta-rebbero più simpatici i poeti, nonostante loabbiano costretto per secoli a muoversi intor-no alla terra, ma ad un poeta, oggi, nessunodarebbe retta, quindi meglio un filosofo. “Al-lora” - comanda il sole- “vai tu o manda unadelle tue compagne a cercare un filosofo; netroverete facilmente qualcuno fuori dicasa alfresco che contempla il cielo, specie ora che ilgiono è così in ritardo; caricatevelo sulle spal-le e portatemelo qua”. “Eccellenza sì. Saràservita”.

SCENA SECONDA

Copernico in sul terrazzo di casa

sua, guardando in cielo a levante,per mezzo d’un cannoncello dicarta; perché non erano ancora in-ventati i cannocchiali.Gran cosa è questa. O che tutti glioriuoli fallano, o il sole dovrebbe es-ser levato già è più di un’ora: e quinon si vede né pure un barlume inoriente; con tutto che il cielo sia chia-ro e terso come uno specchio. Tutte lestelle risplendono come fosse la mez-

za notte. Vattene ora all’Almagesto oal Sacrobosco, e dì che ti assegnino lacagione di questo caso. Io ho uditodire più volte della notte che Giovepassò colla moglie d’Anfitrione: e cosìmi ricordo aver letto poco fa in unlibro moderno di uno Spagnuolo, chei Peruviani raccontano che una volta,in antico, fu nel paese loro una nottelunghissima, anzi sterminata; e chealla fine il sole uscì fuori da un certolago, che chiamano di Titicaca. Mainsino a qui ho pensato che questetali, non fossero se non ciance; e iol’ho tenuto per fermo; come fannotutti gli uomini ragionevoli. Ora cheio m’avveggo che la ragione e la scien-za non rilevano, a dir proprio, un’ac-ca; mi risolvo a credere che queste esimili cose possano esser vere verissi-me: anzi io sono per andare a tutti ilaghi e a tutti i pantani che io potrò, evedere se io m’abbattessi a pescare ilsole. Ma che è questo rombo che iosento, che par come delle ali di unouccello grande?

SCENA TERZA

L’Ora ultima e CopernicoOra ultima. Copernico, io sono l’Oraultima.Copernico. L’ora ultima? Bene: quibisogna adattarsi. Solo, se si può,dammi tanto di spazio, che io possafar testamento, e dare ordine a’ fattimiei, prima di morire.

Ora ultima. Chemorire? io non sono giàl’ora ultima della vita.Copernico. Oh, che seitu dunque? l’ultima oradell’ufficio del breviario?Ora ultima. Credo beneio, che cotesta ti sia piùcara che l’altre, quando tuti ritrovi in coro.Copernico. Ma comesai tu cotesto, che iosono canonico? E comemi conosci tu? che anche

mi hai chiamato dianzi per nome.Ora ultima. Io ho preso informazio-ne dell’esser tuo da certi ch’erano quasotto, nella strada. In breve, io sonol’ultima ora del giorno.Copernico. Ah, io ho inteso: laprima Ora è malata; e da questo è cheil giorno non si vede ancora.Ora ultima. Lasciami dire. Il giornonon è per aver luogo più, né oggi nédomani né poi, se tu non provvedi.Copernico. Buono sarebbe cotesto;che toccasse a me il carico di fare ilgiorno.Ora ultima. Io ti dirò il come. Ma laprima cosa, è di necessità che tu vengameco senza indugio a casa del Sole,mio padrone. Tu intenderai ora ilresto per via; e parte ti sarà detto dasua Eccellenza, quando noi saremoarrivati.Copernico. Bene sta ogni cosa. Ma ilcammino, se però io non m’inganno,dovrebbe esser lungo assai. E comepotrò io portare tanta provvisione chemi basti a non morire affamatoqualche anno prima di arrivare?Aggiungi che le terre di sua Eccellenza

E POI SE IODEVO FARE, COME DIRE, DA STUFA O DA

FOCOLARE AGLI UOMINI, È RAGIONEVOLE

CHE, SE SI VOGLIONO SCALDARE,VENGANO LORO INTORNO AL FOCOLARE, ENON CHE IL FOCOLARE VADA INTORNO A

LORO

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non credo io che producano di cheapparecchiarmi solamente unacolazione.Ora ultima. Lascia andare cotesti

dubbi. Tu non avrai a star molto incasa del Sole; e il viaggio si farà in unattimo; perché io sono uno spirito, setu non sai.Copernico. Ma io sono un corpo.Ora ultima. Ben bene: tu non ti haida impacciare di cotesti discorsi, che tunon sei già un filosofo metafisico.Vien qua: montami in sulle spalle; elascia fare a me il resto.Copernico. Orsù: ecco fatto. Vedia-mo a che sa riuscire questa novità.

SCENA QUARTA

Copernico e il SoleCopernico. Illustrissimo Signore.Sole. Perdona, Copernico, se io non tifo sedere; perché qua non si usanosedie. Ma noi ci spacceremo tosto. Tuhai già inteso il negozio dalla miafante. Io dalla parte mia, per quel chela fanciulla mi riferisce della tuaqualità, trovo che tu sei molto aproposito per l’effetto che si ricerca.Copernico. Signore, io veggo inquesto negozio molte difficoltà.Sole. Le difficoltà non debbonospaventare un uomo della tua sorte.Anzi si dice che elle accrescono animoall’animoso. Ma quali sono poi, allafine, coteste difficoltà?Copernico. Primieramente, pergrande che sia la potenza dellafilosofia, non mi assicuro che ellasia grande tanto, da persuadere allaTerra di darsi a correre, in cambio di

stare a sedere agiatamente; e darsi adaffaticare, in vece di stare in ozio:massime a questi tempi; che nonsono già i tempi eroici. Sole. E se tu

non la potraipersuadere, tu lasforzerai.Copernico.Volentieri, illustris-simo, se io fossi unErcole, o purealmanco unOrlando; e non uncanonico di Varmia.Sole. Che fa cotesto

al caso? Non si racconta egli di unvostro matematico antico, il qualediceva che se gli fosse dato un luogofuori del mondo, che stando egli inquello, si fidava di smuovere il cielo ela terra? Or tu non hai a smuovere ilcielo; ed ecco che ti ritrovi in un luogoche è fuor della Terra. Dunque, se tunon sei da meno di quell’antico, nondee mancare che tu non la possamuovere, voglia essa o non voglia.“Certo” – dice Copernico – “si potrebbefare, ma ci vorrebbe una leva così lunga cheper quanto Lei, signoria illustrissima, siaricco non si arriverebbe a farne la metà. Enon è tutto: c’è, come dire, un groppo didifficoltà. La terra è abituata al fatto chetutto ruoti intorno a lei e che lei sia sedutacome in trono, regina di una corte,mperatrice del mondo. E che dire degliuomini? Finora si sono considerati i primitra le creatureterrestri; ciascunodi noi, se anche èvestito di cenci edha un tozzo dipane, si ritieneimperatoredell’universo. Ora,però, dovremmosgomberare daltrono e fare né piùné meno quello che hanno fatto gli altripianeti, restando però coi nostri cenci e lenostre miserie, che non sono poche. “Caro ilmio don Nicola” chiede il Sole “ e questosarebbe forse delitto di lesa maestà?” “No dicerto” - ribatte don Nicola - “ma resta il

fatto che le conseguenze saranno assaicomplesse: non è solo un fatto tecnico, comedire...ci sarà un grandesconvolgimento nelle cose e nei fini dellecreature, anche la metafisica sarà sconvolta,e gli uomini, se vorranno ragionaresanamente, si troveranno ad esseretutt’altro da quello che sono stati finorao hanno immaginato di essere.” “Figliomio, questo non mi spaventa punto; iorispetto tutte le discipline, ma gli uominidovranno accontentarsi di quel che sono e senon gli piacerà vuol dire che ragionerannoalla rovescia a dispetto dell’evidenza sevorranno continuare a ritenersi imperato-ri...” “E un altro problema” -dice Coperni-co- è che tutti gli altri pianeti, quandovedranno la terra girare intorno al Solecome loro, vorranno anch’essi i loro bravifiumi e mari e monti e piante e abitanti, pernon esser da meno: spunteranno comefunghi da ogni parte popolazioni nuove..”“E tu lasciale venire, che la mia luce e ilmio calore basterà per tutti”. “Ed hapensato che anche le altre stelle, vedendoLei così circondato da una corte di pianeti eper così dire in trono, vorranno anch’esse illoro seguito, in modo tale che non ci saràuna minutissima stelluzza della via latteache non avrà il suo? Tutto questo andrà adiscapito della vostra dignità”. Ma al Solequesto non importa molto: dichiara chepreferisce essere il primo nel sistema solarepiuttosto che il secondo nell’universo. Eallora Copernico si dichiara pronto, tranneun’ultima difficoltà, che però sarà risoltà

dalle virtùprofetiche delSole.Copernico. Ciresterebbe unacerta difficoltàsolamente.Sole. Via, qualè?Copernico.Che io non

vorrei, per questo fatto, essereabbruciato vivo, a uso della fenice:perché accadendo questo, io sonosicuro di non avere a risuscitare dallemie ceneri come fa quell’uccello, e dinon vedere mai più, da quell’ora

LA TERRA È ABITUATA AL FATTO CHE

TUTTO RUOTI INTORNO A LEI E CHE LEI

SIA SEDUTA COME IN TRONO, REGINA

DI UNA CORTE, IMPERATRICE DEL

MONDO.

IL SOLE DICHIARA CHE

PREFERISCE ESSERE IL PRIMO

NEL SISTEMA SOLARE

PIUTTOSTO CHE IL SECONDO

NELL’UNIVERSO.

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innanzi, la faccia della signoria vostra.Sole. Senti, Copernico: tu sai che untempo, quando voi altri filosofi noneravate appena nati, dico al tempo chela poesia teneva il campo, io sonostato profeta. Voglio che adesso tu milasci profetare per l’ultima volta, e cheper la memoria di quella mia virtùantica, tu mi presti fede. Ti dico iodunque che forse, dopo te ad alcuni iquali approveranno quello che tu avraifatto, potrà essere che tocchi qualchescottatura, o altra cosa simile; ma chetu per conto di questa impresa, a quelch’io posso conoscere, non patirainulla. E se tu vuoi essere più sicuro,prendi questo partito: il libro che tuscriverai a questo proposito, dedicarloal papa. In questo modo, ti prometto che né anche hai da perdereil canonicato.

Nota.Le Operette morali sono brevi scrittiin prosa composti da Leopardi tra il1824 e il 1832. In tutto sono 24, comerisulta dall’edizione definitiva, quellanapoletana del 1835. Secondo la defi-nizione che ne dà Leopardi stesso nel1819-20 nei Disegni letterari sono “Dia-loghi satirici alla maniera di Luciano,ma tolti i personaggi e il ridicolo daicostumi presenti o moderni... insom-ma, piccole commedie o scene di com-medie...”. Sono dunque presenti sial’ispirazione classica, con l’elementofantastico-immaginativo che spessorimanda al mito, sia la componentesatirica, entrambi in stretta connessio-ne con i temi seri della modernità edella vita umana; il proposito è di“portare la commedia a quello che fi-nora è stato proprio della tragedia, cioèi vizi dei grandi, i principi fondamen-tali delle calamità e della miseria uma-na, gli assurdi della politica, le scon-venienze appartenenti alla morale uni-versale, e alla filosofia, l’andamento elo spirito generale del secolo, la som-ma delle cose, della società, della civil-tà presente, le disgrazie e le rivoluzio-ni e le condizioni del mondo, i vizi e

le infamie non degli uomini, madell’uomo, lo stato delle nazio-ni ecc.”(1) Insomma un luogodove esprimere quel credo, pro-prio dell’autore, che si presentacome negativo e ‘corrosivo’ edè in realtà impietoso contro co-loro che non traggono, puravendone i mezzi, tutte le con-seguenze di una lucida raziona-lità a proposito delle sorti del-l’uomo, ma non disumano alpunto da negare il diritto all’im-maginazione ed ai sogni poeti-ci, anzi guidato da un sensoprofondo di solidarietà umana.Da un lato quindi la polemicacontro lo spiri-tualismo che,prescindendo dai lumi della ra-gione, pone l’uomo come fine delmondo esaltandone la grandezza, dal-l’altro la polemica contro “l’odiernafilosofia che riduce la metafisica, lamorale, ecc. a forma e condizione quasi“matematica” e “non è più compati-bile con la letteratura e la poesia, co-m’era compatibile quella de’ tempi ne’quali fu formata la lingua nostra, lalatina, la greca...” (2). Due aspetti chetrovano una loro sintesi nel liberali-smo cattolico e progressista degli ‘ami-ci fiorentini’ del gruppo del Vieus-sieux, la cui esaltazione delle “magni-fiche sorti e progressive” del genereumano è un costante bersaglio pole-mico di Leopardi. Una polemica nongenericamente antifilosofica, ma chesi presenta come “beffarda negazionedi quel pensiero falsamente boriosoed arido, che si è dimenticato degliantichi come degli illuministi.... ren-dendosi del tutto incompatibile conla poesia”(3). Significativa, a questoproposito, nell’operetta sopra ripor-tata, una delle affermazioni del Sole,che polemicamente stig-matizza lospirito dei tempi: “Ma ora che io sonomaturo di tempo, e che mi sono vol-tato alla filosofia, cerco in ogni cosal’utilità, e non il bello; e i sentimentidei poeti, se non mi muovono lo sto-maco, mi fanno ridere.”. La lingua delCopernico, come quella di tutte le

Operette, ironica, “peregrina”, poeti-ca, volutamente “ardita” è una conse-guenza della ‘antifilosofia’ dell’auto-re, a conferma che il rapporto tra lin-gua e pensiero è diretto e che la sem-plificazione dell’una ha come causa econseguenza la semplificazione dell’al-tro. Come Leopardi scrive nello Zibal-done:”Una lingua non è bella se nonè ardita, e in ultima analisi trovereteche in fatto di lingua bellezza è lo stes-so che ardire... Or questo ardire checos’è, fuorché la libertà di non essereesatta e matematica?”(4).

Note all’articolo su Il Copernico.Dialogo.

1. Zibaldone di pensieri, 27 luglio 1821 n.1393.

2. Zibaldone di pensieri, 20 luglio 1821 n.1360.

3. L’affermazione è di Saverio Orlando,in G. Leopardi, Operette morali ,Milano, Rizzoli, 1976, Introduzione,p. 23. Nell’Introduzione citata sonoanche riportati i riferimenti alloZibaldone da me qui utilizzati.

4. Zibaldone di pensieri, 5 maggio 1822,n. 2415 e 2417.

Ritratto G. Leopardi

36

Il Vento Solaredi Paolo Boncinelli

1.IntroduzioneUna delle caratteristiche più im-portanti della stella Sole è quel-la di presentare, al di sopra del-la superficie visibile (fotosfe-ra), un esteso inviluppo gasso-so ad alta temperatura che siestende nello spazio interpla-netario fin ben oltre l’orbita ter-restre. In tale inviluppo si di-stinguono, procedendo in ordi-

ne di altezza,tre zone di-stinte (Fig. 1):

- La cromosfe-ra, zona su-perficiale delSole che è vi-sibile solo perpochi secondiin eclisse al

momento dell’immersio-ne o dell’emersione delSole da dietro la Luna,spessa circa 2000 km.L’osservazione spettro-scopica della cromosfe-ra rivela uno spettro co-stituito da una grandequantità di righe di emis-sione fra le quali preva-le, per intensità, la rigaHα dell’Idrogeno neutroa 656.3 nm. È proprioquesta riga a produrre iltipico colore rossastrodella cromosfera, coloreal quale è dovuto il suonome;- La regione di transizio-ne, zona in cui la tempe-

Fig.1: Struttura del Sole e dettaglio deglistrati più esterni dell’atmosfera solare.

37

ratura sale dai circa 10,000 Kdella cromosfera alle tipichetemperature coronali dell’ordi-ne di 106 K. La regione di tran-sizione non può essere consi-derata come uno strato dellasuperficie solare che si trovafra due livelli di quota assegna-ti, bensì come un volume diforma estremamente irregola-re, seppure di spessore sottile.Quest’ultimo fatto riflette larapidità con cui si ha la transi-zione fra temperature dell’or-dine di 104 e 106 K;

- La corona solare, un tenue am-biente di gas ionizzato in cuisi raggiungono temperature ti-piche dell’ordine dei 106 K eche, con l’aumentare della di-stanza dal Sole, viene ad assu-mere la forma di un flusso con-tinuo di particelle veloci cui sidà il nome di “vento solare”.

Tutte queste strutture sonosede di complessi pro-cessi fisici, probabilmen-te presenti anche su altrestelle, ma osservabili indettaglio solamente sulsole. Tali processi in granparte non sono ancoraben compresi, sebbenesembri oggi definitiva-mente accertato che ilcampo magnetico solaredebba svolgere un ruolofondamentale nel deter-minarne le proprietà sta-tiche e dinamiche. Inquesto lavoro sarannopresentate e discusse al-cune caratteristiche delvento solare, che, rag-

giungendo la terra con il suomoto, è importante anche neldeterminare alcuni fenomenifisici osservati sulla terra (au-rore boreali e australi, pertur-bazioni del campo magneticoterrestre, influenza e disturbisulle telecomunicazioni).

2.Caratteristiche generalidel vento solare

Il vento solare è costituito dagas ionizzato (plasma) che flu-isce nello spazio a partire dal-la corona solare. Dalle misureeffettuate per la prima voltadalla sonda “Mariner”, nel1962, in corrispondenza del-l’orbita terrestre il vento sola-re è costituito prevalentemen-te da protoni ed elettroni, conuna componente di particelleα la cui consistenza è dell’or-dine del 3-4% dei protoni. Lasua densità media è dell’ordi-

ne di 10 protoni/cm3. La velo-cità con cui il vento fluisce ècompresa fra 400 e 700 km/s,con una variabilità temporale del-l’ordine di 27 giorni, associabileal periodo di rotazione solare. Lapropagazione del vento nellospazio supera ampiamente la re-gione dei pianeti, raggiungendouna distanza dal sole stimata incirca 100 Unità Astronomiche (1U.A. = 1.496 108 km, corrispon-dente alla distanza media Terra-Sole), dove viene fermato dalplasma interstellare formando lacosiddetta “eliopausa”. Prima diraggiungere l’eliopausa, il ventosupersonico rallenta bruscamen-te a velocità subsoniche forman-do un’onda d’urto nota come“termination shock” (Fig. 2).

Fig.2: Eliopausa, termination shock einterazione del vento solare con il

plasma interstellare.

38

Nonostante che le prime osser-vazioni dirette dell’esistenzadel vento solare siano state ef-fettuate solo nei primi anni ’60del secolo scorso, assieme alleprime misure effettuate in situin corrispondenza dell’orbitaterrestre, vi erano giàprecedentemente indi-cazioni della sua pre-senza. In particolare, lostudio della fenomeno-logia della coda dellecomete in orbita attor-no al sole aveva sugge-rito l’esistenza di unflusso di particelle io-nizzate provenienti dalsole. Infatti, la codadelle comete, nel motodi avvicinamento alSole, si divide in duecomponenti: una com-ponente, composta dapolveri, segue un’orbi-ta di tipo kepleriano,mentre la seconda, co-stituita da particelle io-nizzate, segue un’orbi-ta leggermente diversa,il che portaA alla dedu-zione che sulle particel-le che la compongonoagiscono forze di natu-ra non gravitazionale(Fig. 3). Tali forze sono in par-te dovute alla pressione di ra-diazione associata all’emissio-ne elettromagnetica del sole,ma questo contributo non èsufficiente per spiegare l’ano-malia delle orbite. È quindi ne-cessario ipotizzare che esistaun flusso di materia radiale

ionizzata proveniente dal Sole.Oltre che dalle suddette osser-vazioni astronomiche indiret-te, l’esistenza del vento solareera però stata predetta ancheda un importante studio teori-co condotto da Parker (1958),

relativo alla modellizzazionedella struttura della coronasolare.

3. Modelli teorici della co-rona solare

3.1. Il modello staticoLa corona solare rappresenta unsistema estremamente com-

plesso, la cui fenomenologianon è stata ancora completa-mente compresa in tutti i det-tagli.

Il primo semplice modello fisi-co sviluppato per descrivernele caratteristiche si basa sul-

l’approssimazione chela corona sia statica eabbia simmetria perfet-tamente sferica. Ciòequivale a supporre chela corona sia costituitada un gas in equilibrioper effetto dell’azionedelle sole forze di pres-sione e gravitazionale,trascurando completa-mente l’azione del cam-po magnetico. Inoltretutte le quantità termo-dinamiche fondamen-tali (densità, pressionee temperatura) dipen-dono solamente dalladistanza r dal centro delSole. Sotto queste ipo-tesi, l’equilibrio dinami-co della corona implicache deve essere soddi-sfatta l’equazione del-l’equilibrio idrostatico,in cui i gradienti di pres-sione che tendono a farespandere il gas coro-

nale sono bilanciati dalla for-za di attrazione gravitaziona-le:

(1)dove p e ρ rappresentano pres-sione e densità del gas (funzio-ni della sola distanza r dal cen-tro del Sole), MS è la massa

Fig.3: Illustrazione schematica delladoppia coda delle comete durante ilmoto orbitale al perielio, e immagine

della cometa di Hale-Bopp (NASAGSFC).

39

solare e G la costante di gravi-tazione universale. Questaequazione può essere risoltaanaliticamente, accoppiandolacon l’equazione di stato dei gasperfetti:

(2)con R costante dei gas, m pesomolecolare e T temperaturadel gas, con l’ulteriore ipotesiche la temperatura sia costan-te (corona isoterma) e omoge-nea (µ costante), per ottenerel’andamento delle funzioni p(r)e ρ(r).

Senza entrare nel dettaglio deicalcoli, il risultato di tale riso-luzione porta a prevedere, adistanza infinita dal sole, e uti-lizzando i valori tipici noti del-le grandezze fisiche coinvolte,valori di pressione p∞ e ρ∞ didensità del plasma di diversiordini di grandezza maggiori ri-spetto a quelli noti per il mez-zo interstellare in cui terminala corona.

Le cose non migliorano se, conuna ipotesi più realistica, si as-sume che la temperatura T del-la corona non sia costante, madiminuisca all’aumentare del-la distanza r dal centro delSole. Anche in questo caso,infatti, la risoluzione dell’equa-zione dell’idrostatica porta aipotizzare valori a distanza in-finita delle grandezze termodi-namiche non in accordo con leosservazioni astronomiche, eper di più fisicamente inconsi-stenti fra loro.

In base a queste considerazio-

ni, l’ipotesi di una coronastatica deve essere abbando-nata e bisogna invece passarea teorie che coinvolgano unequilibrio dinamico della coro-na. Il problema teorico è statorisolto brillantemente dal fisi-co americano E. Parker nel1958. La sua teoria è illustratanel paragrafo seguente.

3.2. Modello di ParkerViste le contraddizioni emerse dalmodello statico di corona,Parker propose un modello teo-rico alternativo in cui, pur man-tenendo per semplicità le ipote-si di simmetria sferica, di isoter-mia e di costanza del pesomolecolare medio del plasmacoronale, si suppone un equili-

brio dinamico, con una certavelocità radiale v(r) del plasma.L’equazione dell’idrostatica (1)viene quindi sostituita dall’equa-zione della dinamica:

(3)

che deve essere risolta assieme al-l’equazione di conservazionedella massa (equazione di con-tinuità):

(4)Le equazioni (3) e (4) possono es-sere risolte analiticamente, assie-me all’equazione di stato dei gasperfetti (2), per determinare l’an-damento della velocità radialev(r) al variare della distanza dalcentro del Sole. Tale andamen-to dipende da un parametro rap-presentato, come in ogni equa-zione differenziale del primo or-dine, dalla costante di integra-zione determinata dalle condi-

zioni al contorno.Diverse soluzio-ni, corrisponden-ti a diverse scel-te delle condizio-ni al contorno,sono rappresen-tate in Fig. 4.

In questa figura,sia la velocità vche la distanza rsono scalate uti-lizzando rispetti-vamente la velo-cità del suono c

s

del plasma e un va-lore “critico” della

distanza rc, corrispondente al

punto in cui la velocità del flus-so raggiunge la velocità del suo-no.

Fig.4: Andamento schematico delle soluzionidelle equazioni (3) e (4) per la velocità radiale .

40

Si possono individuare 6 diver-se tipologie di soluzioni:

1. Le soluzioni di tipo 1 e 2 sonocurve a più valori della veloci-tà, e quindi non rappresenta-no funzioni fisicamente accet-tabili;

2. Le soluzioni di tipo 3 e 6 pre-vedono una velocità superso-nica del flusso in prossimitàdella superficie del Sole che èin disaccordo con le osserva-zioni sperimentali;

3. La soluzione di tipo 4,fisicamente accettabi-le, prevede un flussosubsonico a grandi di-stanze dal sole (la co-siddetta “brezza sola-re”), che non è stato fi-nora osservato, ma lacui esistenza non puòessere esclusa;

4. La soluzione di tipo 5,unica, prevede un flus-so inizialmente subso-nico che successiva-mente, passando per ilpunto critico (v = cs , r= rc ), accelera fino avelocità supersoniche agrande distanza dal Sole.Tale soluzione rappresen-ta la “soluzione del vento so-lare” trovata da Parker.

Andando a valutare il valore del-la velocità previsto dalla solu-zione 5 alla distanza di 1 U.A.,ovvero alla distanza della Ter-ra dal Sole, assumendo un va-lore della temperatura corona-le T compreso fra 106 K e2×106 K, si trova che:

(5

in buon accordo con le osserva-zioni condotte dalle sonde lan-ciate in orbita attorno alla Terrasin dalla fine degli anni ’50 delsecolo scorso.

Malgrado la sua semplicità, lateoria di Parker è dunque ca-pace di fornire una descrizio-ne soddisfacente del vento so-lare ed è fuor di dubbio cheessa colga gli aspetti fisici fon-damentali di questo comples-so fenomeno.

4. Vento veloce e ventolento

Col progredire delle attività diesplorazione spaziale, nel corsodegli ultimi quarant’anni si sonoraccolti molti dati relativi alle ca-ratteristiche del vento solare,non solo in prossimità dell’orbi-ta terrestre, ma anche in regioni

dello spazio più vicine al Sole,fino a distanze dalla stella del-l’ordine di 0.3 U.A. (sondeHelios 1 e Helios 2, lanciate ri-spettivamente nel 1974 e nel1976). Più recentemente, unamissione congiunta ESA-NASAha portato al lancio della sonda“Ulysses”, che dal 1990 al 2009ha esplorato le regioni dello spa-zio al di fuori del piano dell’eclit-tica (piano dell’orbita terrestre),raccogliendo, fra l’altro, dati sul

vento solare in regioni aldi sopra dei poli del Sole.Queste più recenti osser-vazioni hanno rivelatoche il vento solare non ècostituito da un flussoomogeneo, ma può esse-re diviso in due diversecomponenti:1. Una componente det-ta “vento solare veloce”(high-speed wind), caratte-rizzato da velocità supe-riori a 600 km/s e pro-prietà fisiche sostanzial-mente omogenee ed uni-formi;

2. Una componente di“vento solare lento” (low-speed wind), avente velo-cità molto inferiori (300-

400 km/s), e caratterizzatoda maggior disordine e diso-mogeneità.

Come evidenziato in Fig. 5,che riporta, sotto forma didiagramma polare, la veloci-tà del vento solare misuratadalla sonda Ulysses in funzio-ne della latitudine solare, lavelocità del vento è pratica-

Fig.5: Velocità del vento solare, misurata dallasonda Ulysses, in funzione della latitudine

solare. Al grafico della velocità è sovrappostaun’immagine della corona.

41

mente costante e dell’ordinedi circa 750 km/s (vento ve-loce) ad alte latitudini solarie in prossimità dei poli (|ϕ|> 30°), mentre è più bassa emolto più variabile (ventolento) in corrispondenza del-le basse latitudini. Al graficodella velocità è sovrappostaun’immagine della corona.

La teoria di Parker può essereaffinata introducendo ulterio-ri fenomeni nella descrizioneteorica, quali la rotazione so-lare, l’equazione dell’energia,

per tener conto di eventuali va-riazioni di temperatura, model-li a due o più fluidi, etc… .Tuttavia, anche con questi mi-glioramenti, la teoria riesce adescrivere con un certo succes-so soltanto il vento veloce.

Per cercare di spiegare l’originee le caratteristiche del ventolento, è indispensabile introdur-re nella modellizzazione delvento solare anche l’influenzadel campo magnetico corona-le, la cui presenza è fondamen-tale nel determinare la fenome-nologia della corona, e del ven-to solare che da essa si origi-na. In particolare, le osserva-

zioni mostrano che le regionidi origine del vento solare ve-loce corrispondono a zone co-ronali in cui le linee di forzadel campo magnetico sonoaperte (alte latitudini e buchicoronali), mentre il vento len-to parte da regioni in cui le li-nee di forza sono chiuse (Fig.6).

La Terra, trovandosi nel pianodell’eclittica, in corrisponden-za a basse latitudini solari, è diconseguenza prevalentementeinvestita dal vento lento, an-

che se il vento veloce può es-sere osservato in corrispon-denza del passaggio di un bucocoronale a bassa latitudine lun-go la direzione Sole-Terra.

5.Meccanismi di accele-razione del vento lento

L’introduzione del campo ma-gnetico nella descrizione delcomportamento del vento so-lare complica notevolmentelo studio teorico del proble-ma, in quanto le equazionidella dinamica dei fluidi de-vono essere risolte insiemealle equazioni che governanol’evoluzione del campo ma-

gnetico. Il sistema di equazio-ni r isultante, noto come“equazioni della magnetoi-drodinamica”, non può esse-re generalmente risolto pervia analitica, se non in casiestremamente semplificati esolitamente poco significati-vi. Per questo motivo, nelcorso degli ultimi vent’anni,la ricerca in questo campo siè concentrata sulla risoluzio-ne numerica approssimata alcalcolatore di tali equazioni.Tale approccio ha permesso

di ottenere soluzionidettagliate del proble-ma, sia pur approssima-te, che hanno consenti-to di raggiungere unamigliore e più approfon-dita comprensione deimeccanismi fisici chegovernano il fenomeno.Tuttavia, molti aspettirimangono ancora non

completamente chiari. Unodei più importanti, discussobrevemente in questo para-grafo, riguarda i meccanismidi produzione e di accelera-zione del vento lento.

L’osservazione che il vento so-lare lento si sviluppa a partiredagli archi coronali implica cheesso non può essere accelera-to per effetto di meccanismipuramente fluidodinamici,come previsto dal modello diParker, dal momento che in unarco coronale le linee di forzadi campo magnetico sono chiu-se, e fanno sì che il flusso ac-celerato di particelle ionizzate

Fig.6: Schema della strutturadel campo magnetico

coronale: archi magneticicon linee di forza chiuse (A) e

buchi coronali con linee diforza aperte (B). Immagine dialcuni archi coronali ripresadalla sonda spaziale TRACE

(1998).

42

rimanga confinato all’interno del-l’arco stesso (confinamento delplasma), ritornando nell’atmo-sfera solare. Per questo motivo,è necessario ricercare qualchealtro tipo di meccanismo re-sponsabile dell’accelerazionedel vento lento al di sopra del-l’arco.

In due lavori del 1998 e del 1999,Dahlburg et al. e Einaudi et al.hanno ipotizzato che la produ-zione e l’accelerazione del ven-to lento sia opera del vento ve-loce che si sviluppa in corrispon-denza dei buchi coronali adia-centi.

Le osservazioni della corona so-lare suggeriscono infatti che, inprossimità del Sole, il vento len-to possa essere descritto comeuna scia magnetizzata (Fig. 7),cioè una regione di bassa velo-cità circondata da zone di flus-so ad alta velocità (W0). In cor-rispondenza di tale scia lapolarità del campo magnetico B0si inverte, formando un cosid-detto “strato neutro” (“neutralsheet”), come illustrato in Fig. 7.

È noto da studi teoricidi fluidodinamica e ma-gnetoidrodinamica checonfigurazioni di que-sto tipo sono instabili,cosicché piccole pertur-bazioni dell’equilibrioiniziale possono deter-minare lo sviluppo di fe-nomeni che, su tempiscala relativamente bre-vi, possono portare allacompleta alterazione

delle configurazioni di ve-locità e campo magneticoiniziali.Nello studio sopra citato,

le equazioni della magnetoidro-dinamica sono state risolte alcalcolatore per studiare l’evolu-zione della scia W0 nella sua in-terazione con il campo magne-tico B0. Senza entrare nel detta-glio della fenomenologia previ-sta, né dei fenomeni fisici coin-volti, i risultati dell’analisi han-no mostrato chiaramente cometali interazioni possano portaread una significativa accelerazio-ne del vento lento all’internodella scia (fino ad una velocità

dell’ordine del 30% di quella delvento veloce) in tempi confron-tabili con quelli osservati speri-mentalmente (Fig. 8).

Da studi di questo tipo viene dun-que confermata l’ipotesi che idettagli e i meccanismi fisici chedeterminano il fenomeno delvento solare sono determinati inmodo fondamentale dall’intera-zione fra campo di velocità delflusso e campo magnetico coro-nale.

6. BibliografiaFig.7: Modello di scia magnetizzata per il

vento solare lento che si sviluppa al di sopradi un arco coronale [Einaudi et al., 1999].

Fig.8: Evoluzio-ne del profilodi velocitàdella scia divento solarelento W0 adiversi istantidi tempo pereffettodell’interazio-ne con ilcampomagnetico B0[Einaudi et al.,1999].

[1] E. Landi Degl’Innocenti, “Fisica solare”.Springer, 2008.

[2] Parker, E., “Dynamics of the interplanetarygas and magnetic fields”. 128, 664, Astrophys.J., 1958.

[3] INAF - Osservatorio astrofisico di Cata-nia, “Il vento solare”. URL:http://www.oact.inaf.it/solar_week/vento_solare.htm

[4] NASA/Marshall Space Flight Center,“Solar Physics”.URL:http://solarscience.msfc.nasa.gov/

[5] R.B. Dahlburg, J.T. Karpen, G. Einaudi,P. Boncinelli. “Acceleration of the slowsolar wind”.Proceedings of International Meeting“Solar Jets and Coronal Plumes”,Guadeloupe, DOM, France, 23–26February 1998 (ESA SP–421, May 1998),pp. 199–205.

[6] G. Einaudi, P. Boncinelli, R.B. Dahlburg,J.T. Karpen. “Formation of the slow solarwind in a coronal streamer”. Journal ofGeophysical Research, Vol. 104, No A1,January 1, 1999, pp. 521–534.

43

Le meridiane sono state a lungo il piùpreciso strumento di misura del tempofino all’avvento dei moderni orologiatomici, ma anche uno strumento dilarga diffusione. Poste sulle pareti di unedificio o di una torre campanaria han-no democraticamente svolto il ruolo diorologio per ricchi e poveri di ogni tem-po.La precisione della misurazione del tem-po risiede nello sfruttamento del motoapparente degli astri lungo la volta cele-ste, o più precisamente del Sole, il cuimoto, almeno in prima approssimazio-ne, è ben delineato dalle comprovateleggi di astronomia sferica da svariatisecoli.

Realizzare meridiane a regola d’arte nonè facile. Nella loro apparente semplicitàsi nascondono complessi esercizi e cal-coli geometrici niente affatto banali.La meridiana del liceo Gobetti, situatain prossimità del vertice della pista diatletica posta fra l’omonimo liceo e l’Isti-tuto Tecnico A. Volta, ha avuto primadi tutto uno scopo didattico, dove tut-tavia non si è voluta trascurare la com-ponente ornamentale, pertanto essa habeneficiato anche di qualche tocco arti-stico aggiuntivo.Essa appartiene alla schiera delle meri-diane orizzontali dove cioè un bastonetecnicamente denominato gnomone(dal greco gnomon, indicatore) proietta

la propria ombra su una superficie oriz-zontale, in questo caso la pista di atleti-ca.

Lo gnomone non è un semplice palodritto ma è anzi costituito da un palogiallo ricurvo recante sull’estremità su-periore, ad un’altezza di circa 2,50 m,una sfera blu, simbolo della sfera cele-ste ma anche della nostra Terra (notareche il giallo ed il blu sono stati i coloriscelti per la copertina della rivista “ilGobetti” del dicembre 2008, numeromonografico dedicato ad argomentiscientifici e a questo punto consideraticolori ufficiali del Liceo). La sfera in alto,proiettando la sua ombra, indica l’ora e

di Lorenzo Brandi e Antonio Restivo

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la stagione. La curvatura del palo non ècasuale ma l’inclinazione che raggiungeal punto di innesto della palla è appros-simativamente equivalente alla latitu-dine del luogo (43° 46’). Dal momen-to che il palo è ricurvo esso proietta sulterreno un’ombra curva, tranne nel-l’istante in cui il Sole passa per il pianosu cui giace l’arco di circonferenza.Il palo è stato orientato grossomodocon il piano del meridiano anche se ilmomento esatto del “passaggio diconsegne” fra la mattina ed il pomerig-gio si ha quando l’ombra della sfera siproietta sulla linea meridiana (vedi fi-gura qui sotto). Questo avviene nelmomento in cui il sole raggiunge la suamassima altezza nel cielo (culminazio-ne) e l’ombra sul terreno individua ap-punto il meridiano locale. Ad essere ri-gorosi, con il termine meridiana an-drebbe indicato esclusivamente lo stru-mento che indica appunto il passaggiodel Sole sul meridiano che avviene ametà del giorno (dal latino merídies,mezzogiorno).Il nostro strumento, oltre ad indicarele ore del giorno e la stagione, può es-sere utilizzato per la localizzazione del-la Stella Polare.

Molti pensano che la Stella Polare sia lastella più brillante del cielo, in realtà sitratta di una stella non particolarmenteluminosa che però ha la particolarità diessere il fulcro attorno alla qualeruotano tutte le altre stelle del firma-mento.Si trova infatti sul prolungamento del-

l’asse di rotazione terrestre e la rotazio-ne in senso antiorario delle stelle cheosserviamo è dovuta in realtà al motodi rotazione in verso opposto della Ter-ra. La Stella Polare indica quindi la dire-zione del Nord e di conseguenza è pos-sibile individuare anche gli altri punticardinali sull’orizzonte. Inoltre, dallasua inclinazione sul piano orizzontale,è possibile ricavare la latitudine alla qua-le ci troviamo. Infatti, viaggiando versonord si vedrebbe la Stella Polare alzarsisull’orizzonte fino a raggiungere la ver-ticale (Zenit) al Polo Nord. Al contra-rio, andando verso sud, la Stella Polaresi abbassa fino a toccare la linea dell’oriz-zonte in corrispondenza dell’equatore.La sfera del nostro orologio solare è col-legata alla struttura con un supporto in-clinato di circa 44°, che corrisponde allalatitudine di Bagno a Ripoli. Possiamoimmaginarla come una rappresentazio-ne della Terra, mentre il supporto che launisce alla struttura è la materializza-zione dell’asse terrestre. Grazie all’orien-tazione della meridiana secondo la di-rezione nord-sud il supporto puntaverso la Stella Polare. Immaginando unpiano orizzontale tangente alla nostrasfera possiamo localizzare il punto del-la Terra nel quale ci troviamo (vedi dise-

L’ombra della sfera della meridiana nel momento del passaggiodel Sole a mezzogiorno fotografata durante le misurazioni perindividuare la linea equinoziale.

La sfera della meridiana materializza la Terra e il supporto che la sostieneindica l’asse di rotazione terrestre. In tal modo la tangente orizzontalealla sfera risulta parallela al piano dell’orizzonte e il supporto è orientatoverso la Stella Polare.

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gno a pag. 44). Ecco perché, osservan-do il cielo attraverso il piccolo tubo col-legato alla struttura, inclinato di un an-golo uguale alla latitudine e parallelo al-l’asse terrestre, possiamo osservare dinotte la Stella Polare (vedi figura quisopra).Una volta tracciate, le linee orarie (di co-lore bianco) segneranno le ore 9, 10, 11,12, 13, 14. Esse saranno tutte uguali traloro ad eccezione della linea del mezzo-giorno, leggermente più spessa.La ricerca della linea meridiana è stataeseguita in due riprese, dapprima dairagazzi della scuola Media Puccini gui-dati dalla prof.ssa Ferrari, mediante l’usodei cosiddetti cerchi indiani, poi daglistudenti delle classi quinte del liceo, glistessi ragazzi che avevano ricevuto a ca-vallo fra la classe quarta e la classe quintala possibilità di usufruire di 15 ore dilezione pomeridiane sulla gnomonica.

Una volta individuata la linea meridianasarà piuttosto agevole tracciare le altre li-nee orarie solari. Alle estremità vi sarannodue iperboli, dette iperboli solstiziali. Lapalla lambirà l’una o l’altra iperbole neigiorni del 21 giugno e 22 dicembre e sa-ranno anche le ombre in assoluto più lun-ghe e più corte proiettando rispettivamen-

te l’ ombra più corta e più lunga a parità diora. A distanza media vi è un segmento,si tratta di una porzione della rettaequinoziale, la linea che seguirà la palla incorrispondenza dei giorni d’equinozio (21marzo e 23 settembre).Il nostro strumento, oltre ad indicare lametà del giorno, è in grado quindi di

misurare anche il tempo, perciò sarebbepiù corretto chiamarlo orologio solare.Come è noto, la misurazione del tem-po richiede l’utilizzo di un fenomenoche si ripete regolarmente come ad esem-pio il battito del nostro cuore, l’oscilla-zione di un pendolo o di un bilancieredi un orologio, la rotazione terrestre oancora l’oscillazione di un’onda elettro-magnetica. Ovviamente, più il fenome-no mantiene inalterato il suo periodicoripetersi, più lo strumento risulta effi-cace. La nostra Terra è un orologio mol-to affidabile dato che ruota con estremaregolarità e solo con l’utilizzo delle ondeelettromagnetiche i fisici hanno potutoabbandonarla nella definizione dell’uni-tà di tempo.Il tempo delle meridiane è però una mi-sura valida solo localmente a causa dellarotazione della Terra. Tutto ciò non hacreato grossi problemi nella storia del-l’umanità, e solo con lo sviluppo dellecomunicazioni ferroviarie è nata l’esi-genza di definire un’ora valida per tuttala nazione.Con l’espandersi dei commerci interna-zionali sono stati successivamente in-trodotti i fusi orari, proposti dal bolo-gnese Giuseppe Barilli, noto anche con

Osservando il cielo notturno attraverso il tubicino è facile individuarela Stella Polare attorno alla quale, nel corso della notte, ruota la sferaceleste.

Determinazione del meridiano locale con il metodo dei “cerchi indiani”effettuata dai ragazzi della Scuola Media “Giacomo Puccini” guidatidalla professoressa Beatrice Ferrari.

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lo pseudonimo di Quirico Filopanti, giànel 1859. Adesso i nostri orologi sonoregolati sul meridiano passante per l’Et-na che si trova a 15° di latitudine est dalmeridiano di Greenwich.

Per costruire un’unità di tempo basatasulla rotazione della Terra e utile per leattività umane è necessariomisurare l’intervallo di tem-po impiegato dal Sole per cul-minare in due giorni successi-vi sul meridiano locale, defi-nendo appunto il giorno so-lare. Purtroppo questo inter-vallo di tempo non è costan-te: il moto apparente del Solelungo la sfera celeste avvienecon velocità diverse nei diver-si periodi dell’anno. Questi ef-fetti dipendono dalla diversavelocità di rivoluzione dellaTerra attorno al Sole, dovutaalla sua orbita ellittica, secon-do quanto indicato nella se-conda legge di Keplero e dal-l’inclinazione dell’asse di ro-tazione della Terra che non èperpendicolare al piano dellasua orbita. Gli astronomihanno quindi definito un Soleideale che si muove regolar-mente nel cielo lungo un’or-bita coincidente con l’equato-re celeste, talvolta in anticipotalvolta in ritardo rispetto alSole vero, e su questo hannodefinito il tempo scandito dai nostri oro-logi. Se, viceversa, volessimo tornare adutilizzare il Sole vero per regolare lenostre attività, non sarebbe necessarioapporre alcuna correzione all’ora forni-ta dalla meridiana ma dovremmo inve-ce correggere la misura fornita dall’oro-logio utilizzando la cosiddetta equazio-ne del tempo, o la sua rappresentazionegrafica che è una curva a forma di ottodetta analemma. In realtà, la situazioneè ancora più complessa perché l’orolo-gio non soltanto scandisce un tempomedio incurante delle diversità di mo-vimento del Sole vero sulla volta cele-ste, ma inoltre registra l’ora, scandita dal

Sole medio, di un’altra località e precisa-mente di Catania. Questo perché, peresigenze pratiche, tutto il territorio na-zionale ha adottato l’ora del meridianoposto 15° più a est di quello fondamen-tale passante per Greenwich, definitoprimo fuso orientale. Quindi, all’ora in-dividuata dalla nostra meridiana e cor-

retta con l’equazione del tempo sarà ne-cessario aggiungere il tempo corrispon-dente alla differenza di longitudine fraBagno a Ripoli e Catania sul cui meri-diano sono regolati gli orologi dell’Eu-ropa Centrale. Poiché la nostra Terraimpiega circa 24 ore a compiere l’interogiro di 360°, occorrono 4 minuti perruotare di un angolo pari ad un gradodi longitudine e il Sole culminerà a Ca-tania circa 14 minuti prima rispetto anoi dato che il meridiano della città etneasi trova circa tre gradi e mezzo più a estdi Bagno a Ripoli.Ecco perché la meridiana sarà imprezio-sita anche da un ulteriore elemento che

la renderà unica nel suo genere: gli ana-lemmi ad ore scolastiche. Le ore sopramenzionate non coincidono, salvo duegiorni l’anno (il 22 ottobre ed il 15 no-vembre per Firenze) con le ore dell’oro-logio, regolato sul cosiddetto tempo ci-vile. Fatta salva l’ora legale l’ombra del-la palla andrà a colpire dei particolari se-

gni circolari posti nel terreno(di colore giallo) in corrispon-denza dell’istante in cui suo-nerà la campanella dell’interval-lo (ore 11:05) e della primauscita (ore 13:15), e la campa-nella è regolata sull’ora del Solemedio del primo fuso orien-tale, ovviamente!

Non è raro imbattersi in meri-diane recanti, oltre alle lineeorarie, anche l’analemma delleore 12. Rarissimi sono invecegli esemplari che hanno glianalemmi in corrispondenzadelle ore 9, 10, 11, etc. di tem-po civile. Nessuna però ha de-gli analemmi posti in corri-spondenza col più caratteriz-zante dei suoni scolastici: lacampanella. La scelta di questidue fra le tante possibili varian-ti è stata dettata da esigenze pra-tiche e… dal cuore. L’ora di ini-zio non era possibile realizzar-la perché per ampio tratto del-l’anno l’Istituto Volta pone inombra, a quell’ora, lo gnomo-

ne. Di conseguenza abbiamo optato perrappresentare le ore più dolci agli studen-ti: l’inizio della ricreazione e l’uscita. Per laverità non tutti gli studenti escono alle13,15 e inoltre il sabato l’orario della le-zioni è differente. D’altra parte porre ulte-riori analemmi per registrare tutte le ore diuscita degli studenti avrebbe reso più dif-ficile la lettura (col rischio di confonderegli analemmi delle due ore consecutive) edidatticamente, quindi, meno efficace.

Laurentius Gladii fecit cum Anto-nio Aestivo-rege, alumnis scholaeGobetti atque puerulis Quaebonum-dabit Ferrari.

Gli studenti della Scuola Media “G. Puccini” allineatida Sud a Nord lungo il meridiano del Gobetti.

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L’adesione al progetto propostonell’anno scolastico scorso (2010-11)dalla Direzione Controllo Qualità edEnergie Alternative della Provincia diFirenze “La Scuola verso una nuovaEra Solare” fu rapida e unanime almomento che il progetto pervennealla nostra attenzione.

Alcuni docenti dell’Istituto, già datempo sensibili alle tematiche sul di-spendio energetico e della tutela del-l’ambiente, si erano posti alcune do-mande sui consumi e quindi sui costiderivanti dall’utilizzazione dell’ener-gia elettrica e termica dell’Istituto edei relativi spazi e volumi, rapportatialle attività che vengono svolte.

Oltre a ciò, si è posta una sem-pre maggiore attenzione alle pro-blematiche dell’inquinamento am-bientale, che principalmente nellastagione invernale registrano i pic-chi massimi di utilizzo, unita al-l’aspetto della tutela della qualitàdell’aria in relazione alle emissionidi CO2, hanno rappresentato spun-ti indispensabili per le dovute rifles-sioni.

L’ultima considerazione, decisa-mente rilevante e pertinente, ponevain evidenza la particolarissima quan-

to privilegiata esposizione al sole del-la superficie sia della struttura edifica-ta che degli ampi spazi aperti che necaratterizzano la superficie di contor-no.

Ecco quindi che al momento dellapresentazione del progetto della Pro-vincia di Firenze, si rese evidente lacongruenza di quanto già presentenelle tematiche fatte emergere dai do-centi e gli obiettivi proposti dal pro-getto stesso che, su richiesta del no-stro Istituto, fu integrato da un ulte-riore finalità rispetto a quelle indicatedalla Direzione Provinciale: proprio inconsiderazione delle caratteristiche diubicazione del complesso scolasticoil progetto venne così arricchito dellaeventuale ipotesi, vincolata ovvia-mente da termini di fattibilità e delreperimento delle risorse economiche,della realizzazione di un impiantofotovoltaico a sostegno del fabbiso-gno termo-elettrico mediante il repe-rimento e l’utilizzazione della risorsaenergetica rappresentata dal Sole.

Il Collegio dei Docenti chiamatoe deliberarne l’adesione si espresse convoto unanime; ebbe così inizio il no-stro percorso di ritorno al SOLE.

IL PROGETTO IN SINTESI

Le finalità del progetto consisto-no nel sensibilizzare gli utenti dellascuola (studenti, insegnanti, persona-le ausiliari, famiglie) per un uso cor-retto e razionale degli edifici e degliimpianti nonché individuare inter-venti mirati di adeguamento gestio-nale e strutturale; e nello stimolare l’in-teresse dei medesimi sulle motivazio-ni poste a base dell’uso razionale del-l’energia, dell’efficienza energetica edelle fonti rinnovabili.

Le modalità di effettuazione ven-gono attuate attraverso incontri e con-ferenze tenuti da tecnici della Provin-cia, esperti del settore e/o soggetti cheoperano nel campo della ricerca (an-che per livelli di approfondimentodifferenziati e successivi) il cui pro-gramma viene concordato con i rife-renti della scuola e coordinato con leattività didattiche.

I soggetti impegnati nel progettosono coordinati dal sottoscritto incarica-to della Funzione Strumentale “AttivitàCivico-Ambientali”, nominato EnergyManager Scolastico (EMS), tra questi, inrelazione alle proprie competenze, i do-centi di fisica: Prof. Paolo Boncinelli,

Ritorno al SOLEPresentazione del progetto pluriennale“La Scuola Verso una nuova Era Solare”

di Alessandro Dei

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Prof.ssa Rita Del Francia, Prof. AndreaPaoletti, Prof.ssa Lucia Torrini già pre-senti nello scorso anno scolastico e ai qua-li si sono aggiunti nel corrente anno leProf.sse Emanuela Corsini eMarina Figuccia. Il progettoviene sviluppato dagli stu-denti delle classi III che nehanno fatto richiesta di ade-sione per il corrente anno sco-lastico: Frezzi Silvia (3A),Esposito Chiara (3E) e Luc-chetti Anna (3F); e delle classiquarte e quinte che hannoiniziato l’anno scorso: AltieriUmberto, Batini Niccolò,Cioni Lapo; Nebbiai Daniele(4A); Fanetti Tommaso,Ricciardi Alessio (4C); CortiniDavid, Ferrini Livia, Lucchet-ti Anna, Mascilli Lorenzo, Nenci Andrea;Pesce Monica (4D); Amato Alessandro,Fibbi Elisa, Pranzini Nicola (5B); AlteriniMargherita, Aquil Marco, Neri Jacopo(5C); Bacherini Cosimo, Burberi Andrea,Conti Marco (5E); Alfano Claudia,Donadio Massimiliano; Pratesi Caterina(5F).

Completano la composizione delgruppo di lavoro: la Dirigente Ammi-nistrativo Anna Maria Del Mastio, la Sig.Guerrini Tiziana del personale ausilia-rio generico e due rappresentanti dei ge-nitori tra i quali la Sig.ra Lucia Falozzi.Occorre aggiungere che per coloro chefossero interessati, le adesioni sonoancora possibili per alunni/e di terza equarta, per il personale e per rappresen-tanti dei genitori.

COSA È STATO REALIZZATOFINO ADESSO

Il primo incontro è stato realizzato il15 aprile 2011 presso l’Aula “Perini” delLiceo. Intervennero l’ Ingegner LuigiTacconi della Direzione Controllo Quali-tà ed Energie Alternative della Provinciadi Firenze e l’Ing. Massimiliano Pancanisempre della Provincia di Firenze.

I temi trattati furono: la spesaenergetica, l’energia e le emissioni diCO2 in relazione all’utilizzo dell’ elet-

tricità per l’illuminazione, il riscaldamen-to e l’utilizzo degli strumenti didattici edelle attrezzature scolastiche, quali in-formazioni specifiche circa i consumi

energetici e sulla classe dell’edificio nel-lo stato attuale. E ancora: l’Introduzio-ne sulle tematiche globali (questioneenergetica, uso delle risorse naturali,cambiamenti climatici), la nuova era so-lare e sulla fase di transizione in atto;l’uso razionale dell’edificio, il migliora-mento dell’efficienze energetica, l’impie-go di fonti rinnovabili e una esaustivapresentazione del metodo della produ-zione di energia attraverso le centralinucleari con relative conseguenze.

Il secondo incontro, sempre pres-so l’Aula “Perini”, si è svolto il 3 no-vembre 2011.

Sono ancora intervenuti l’IngegnerLuigi Tacconi e l’Ing. MassimilianoPancani della Direzione Controllo Qua-lità ed Energie Alternative della Provin-cia di Firenze e la Dott. Valentina Gras-so, ricercatrice del Consorzio LaMMAdel CNR Area Ricerche.

Gli argomenti sono stati: la strutturaenergetica del nostro Istituto, i consumi ei costi termo-energetici suddivisi per set-tori, dal riscaldamento all’utilizzo deglistrumenti didattici e delle attrezzature sco-lastiche. Ampio spazio è stato dedicato aicambiamenti climatici globali e della no-stra realtà locale. Sono state inoltrate lerichieste per l’installazione di unacentralina meteo-termo-barometrica pres-so il nostro istituto, contatori a defalco,

una mappatura dell’impianto termo-elet-trico dell’Istituto e la possibilità di speri-mentare l’installazione di termo-valvoleai termosifoni delle classi.

I PROSSIMIIMPEGNI

Per dovere di cronaca sideve registrare una battutad’arresto nello sviluppo delprogetto: la Provincia di Fi-renze, considerata l’attuale si-tuazione economico-politica,ha rallentato i rapporti e alcu-ne iniziative sono rimaste instand-by. Anche dal cantonostro la situazione è cam-biata e cambierà ulteriormen-te; dall’a.s. 2012/2013 la

prossima fusione con l’Istituto Voltadovrà provvedere anche alla sovrapposi-zione del nostro progetto con quello ana-logo dell’Istituto “Volta, coordinato dalProf. Riccardo Bonaccini; sarà necessarioquindi rivalutare gli interventi. Per quan-to ci riguarda proporremo la formazionedi gruppi di lavoro per continuare a mi-gliorare il programma di interventi utilialla sensibilizzazione, al monitoraggio ealla verifica dell’adeguatezza dei consumie dei costi derivanti dall’esercizio dell’atti-vità scolastica e la reale possibilità dell’ab-battimento dei consumi per l’obbiettivodi un ritorno economico a favore dellaProvincia e del nostro Istituto, come pre-visto dal progetto stesso. Gli incontri suc-cessivi dovranno produrre elementi e datiutili per la migliore gestione delle risorseenergetiche utili al contenimento della spe-sa, della produzione e relativa emissionedi CO2, della cultura della cura dell’am-biente sviluppando le tematiche introdot-te negli incontri precedenti e al riguardodella difesa dell’ambiente e delle energierinnovabili il nostro straordinario ambi-zioso obbiettivo: l’approfondimento diuno studio per un progetto di fattibilitàdi un impianto fotovoltaico ad uso ditutto il complesso scolastico, che se effet-tivamente potrà essere realizzato, ci per-metterà di compiere il nostro straordina-rio RITORNO AL SOLE.