La rivolta dei boxer - Pechino 1900

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Chi erano i Boxer? Quali erano i veri ruoli delle Potenze allora presenti in Cina, alcune delle quali responsabili di violente aggressioni militari contro le province dell’Impero? Un libro di importanza storica fondamentale che riapre, un secolo dopo, una serie di dossier diplomatici scottanti e che spiega il crollo del Celeste Impero, aprendo l’orizzonte alla comprensione della storia della Cina moderna.

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Pechino 1898. La Porta Chien Men ingresso alla Città Tartara dalla Città Cinese. Porta principale di accesso all’area sacra dell’Impero e angolo di confine a ovest con la Via delle Legazioni. Sarà uno dei primi obiettivi dei Boxer per assicurarsi una testa di ponte strategica sul Quartiere diplomatico

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Pechino 1898. La Porta Chien Men ingresso alla Città Tartara dalla Città Cinese. Porta principale di accesso all’area sacra dell’Impero e angolo di confine a ovest con la Via delle Legazioni. Sarà uno dei primi obiettivi dei Boxer per assicurarsi una testa di ponte strategica sul Quartiere diplomatico

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Città Tartara, cioè la porzione di Pechino divenuta residenza delle famiglie Manciù dopo l’occupazione avvenuta a partire dal 1644. La Via Hatamen era una strada larga almeno quaranta metri com-posta lateralmente da due strade larghe ciascuna cinque-sei metri sulle quali si aprivano botteghe di ogni genere, accanto a una di queste vi era un fosso largo tre metri e profondo almeno un paio con funzione di cloaca e al centro, più alta di almeno un metro, la strada vera e propria larga una ventina di metri coperta da un pol-verone di circa mezzo metro nel quale affondavano le ruote delle carrette e i piedi dei passanti, come la sabbia di una spiaggia.

«Dopo circa un chilometro uscimmo dalla Via Hatamen e si percorse una strada relativamente stretta, senza botteghe, che ci condusse allo Yamen nel quale si entrava da un portone cinese che si apriva su un cortile abbastanza trascurato dove scendemmo dinanzi a una casa bassa con un tetto che si alzava agli angoli e che era collegato a vari altri caseggiati simili al primo. Dopo un’antica-mera nella quale non rimanemmo, si entrò in una sala che aveva al centro una tavola carica di frutta, dolci e vari intingoli in piattini».

«Il Principe Kung, un vecchio alto con una barba rada e dei grandi occhiali, venne a salutarmi chiudendo i due pugni e alzan-doli fino alla fronte. Egli era seguito dal Principe Ching, un vec-chietto che aveva l’aria di un bravo omino con due baffi spioventi ed un pizzo bianco. Li Hung-chang, che veniva terzo, era altissimo di statura ma doveva essere sostenuto sotto le braccia da due servi. Ultimi venivano gli altri due ministri. Ci sedemmo intorno al tavolo ed i servi assicuratisi che il liquore contenuto nella teiera di terracotta che si trovava sul fuoco fosse ben caldo, passarono a versarcelo nelle tazze che erano dinanzi ai nostri posti e noi lo assaggiammo. Bruciava un poco, ed era assai forte, ma si poteva bere. Ingoiato un sorso di questa acquavite di riso cominciammo la conversazione. Se era la prima volta che venivo in Cina, se avevo fatto buon viaggio, speravano avere buone relazioni, eccetera. Quando tutte le banalità furono esaurite, alternandosi con sorsi di tè chiaro senza latte né zucchero, pensai di prendere congedo. Intanto i servi avevano versato i rimasugli di acquavite che erano raffreddati nelle tazzine e li vuotarono tutti insieme nella teiera che rimisero sul fuoco, e quando il liquore fu ben riscaldato ce lo river-sarono nelle nostre tazze. Confesso che avrei fatto a meno di bere gli avanzi di Li Hung-chang, ma Vitale mi disse che era l’uso di berne prima di andar via. Per la stessa strada me ne tornai a casa e dopo due giorni ricevevo le carte da visita del Principe Kung, del Principe Ching e di Li Hung-chang che annunciavano la loro visita per il pomeriggio. Li ricevetti intorno alla sala da pranzo dove c’erano dolci e pasticcini, tè e champagne. Quando se ne andaro-no, i servi tennero a farmi constatare che avevano preso come ricordo due cucchiaini d’argento e due tovagliolini ricamati per il tè».

Quel mattino di giugno del 1899 quando il marchese Salvago Raggi seguito dal barone Vitale viene ricevuto dall’Imperatore al quale consegna le credenziali, nessuno fra i diplomatici di Pechino può

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Yi Hsin, Principe Kung,

fratello dell’Imperatore

Hsien Feng e maggior politico

cinese di spicco fra il 1860 e il 1898,

anno della sua morte.

Fu lui a trattare le difficili condizioni

di pace con i comandanti dell’esercito

Anglo-francese nel 1860 dopo

la Seconda Guerra dell’Oppio

e la violenta occupazione

militare di Pechino. Con la sua abilità diplomatica riuscì,

per quasi un trentennio,

a mediare con intelligenza evitando danni

maggiori al suo Paese derivanti

dalla crescente aggressività delle

Potenze occidentali

Yi Kuang, Principe Ching, l’uomo delle difficili trattative con gli stranieri durante la rivolta dei Boxer

Il Principe Su, esponente del partito moderato in seno alla Corte Manciù.Durante l’assedio lasciò abbandonato il suo palazzo, il Fu, che sorgeva di fronte alla Legazione d’Inghilterra, il quale verrà occupato dai marinai italiani e giapponesi per assicurare la difesa degli assediati

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Città Tartara, cioè la porzione di Pechino divenuta residenza delle famiglie Manciù dopo l’occupazione avvenuta a partire dal 1644. La Via Hatamen era una strada larga almeno quaranta metri com-posta lateralmente da due strade larghe ciascuna cinque-sei metri sulle quali si aprivano botteghe di ogni genere, accanto a una di queste vi era un fosso largo tre metri e profondo almeno un paio con funzione di cloaca e al centro, più alta di almeno un metro, la strada vera e propria larga una ventina di metri coperta da un pol-verone di circa mezzo metro nel quale affondavano le ruote delle carrette e i piedi dei passanti, come la sabbia di una spiaggia.

«Dopo circa un chilometro uscimmo dalla Via Hatamen e si percorse una strada relativamente stretta, senza botteghe, che ci condusse allo Yamen nel quale si entrava da un portone cinese che si apriva su un cortile abbastanza trascurato dove scendemmo dinanzi a una casa bassa con un tetto che si alzava agli angoli e che era collegato a vari altri caseggiati simili al primo. Dopo un’antica-mera nella quale non rimanemmo, si entrò in una sala che aveva al centro una tavola carica di frutta, dolci e vari intingoli in piattini».

«Il Principe Kung, un vecchio alto con una barba rada e dei grandi occhiali, venne a salutarmi chiudendo i due pugni e alzan-doli fino alla fronte. Egli era seguito dal Principe Ching, un vec-chietto che aveva l’aria di un bravo omino con due baffi spioventi ed un pizzo bianco. Li Hung-chang, che veniva terzo, era altissimo di statura ma doveva essere sostenuto sotto le braccia da due servi. Ultimi venivano gli altri due ministri. Ci sedemmo intorno al tavolo ed i servi assicuratisi che il liquore contenuto nella teiera di terracotta che si trovava sul fuoco fosse ben caldo, passarono a versarcelo nelle tazze che erano dinanzi ai nostri posti e noi lo assaggiammo. Bruciava un poco, ed era assai forte, ma si poteva bere. Ingoiato un sorso di questa acquavite di riso cominciammo la conversazione. Se era la prima volta che venivo in Cina, se avevo fatto buon viaggio, speravano avere buone relazioni, eccetera. Quando tutte le banalità furono esaurite, alternandosi con sorsi di tè chiaro senza latte né zucchero, pensai di prendere congedo. Intanto i servi avevano versato i rimasugli di acquavite che erano raffreddati nelle tazzine e li vuotarono tutti insieme nella teiera che rimisero sul fuoco, e quando il liquore fu ben riscaldato ce lo river-sarono nelle nostre tazze. Confesso che avrei fatto a meno di bere gli avanzi di Li Hung-chang, ma Vitale mi disse che era l’uso di berne prima di andar via. Per la stessa strada me ne tornai a casa e dopo due giorni ricevevo le carte da visita del Principe Kung, del Principe Ching e di Li Hung-chang che annunciavano la loro visita per il pomeriggio. Li ricevetti intorno alla sala da pranzo dove c’erano dolci e pasticcini, tè e champagne. Quando se ne andaro-no, i servi tennero a farmi constatare che avevano preso come ricordo due cucchiaini d’argento e due tovagliolini ricamati per il tè».

Quel mattino di giugno del 1899 quando il marchese Salvago Raggi seguito dal barone Vitale viene ricevuto dall’Imperatore al quale consegna le credenziali, nessuno fra i diplomatici di Pechino può

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Yi Hsin, Principe Kung,

fratello dell’Imperatore

Hsien Feng e maggior politico

cinese di spicco fra il 1860 e il 1898,

anno della sua morte.

Fu lui a trattare le difficili condizioni

di pace con i comandanti dell’esercito

Anglo-francese nel 1860 dopo

la Seconda Guerra dell’Oppio

e la violenta occupazione

militare di Pechino. Con la sua abilità diplomatica riuscì,

per quasi un trentennio,

a mediare con intelligenza evitando danni

maggiori al suo Paese derivanti

dalla crescente aggressività delle

Potenze occidentali

Yi Kuang, Principe Ching, l’uomo delle difficili trattative con gli stranieri durante la rivolta dei Boxer

Il Principe Su, esponente del partito moderato in seno alla Corte Manciù.Durante l’assedio lasciò abbandonato il suo palazzo, il Fu, che sorgeva di fronte alla Legazione d’Inghilterra, il quale verrà occupato dai marinai italiani e giapponesi per assicurare la difesa degli assediati

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mani del fratello Principe Kung, astuto e fine diplomatico. Ma intanto, ispirato da Tzu Hsi, l’Imperatore rifiuta di ratificare gli “Iniqui Trattati” e gli Inglesi occupano con la forza quasi tutte le fortificazioni strategiche della costa, ricevendone in cambio com-prensibili rappresaglie. Un’ambasceria Anglo-francese, dopo esse-re stata presa a cannonate davanti ai forti di Taku, viene invitata a trattare e giunta al Palazzo d’Estate è fatta prigioniera, torturata, alcuni membri uccisi. Si scatena la vendetta. È la Seconda Guerra dell’Oppio. Le truppe inglesi e francesi marciano su Pechino, risparmiano la Città Proibita e radono al suolo il favoloso Palazzo d’Estate, lo Yuanmingyuan, costruito nel XVIII secolo con l’aiuto dei Gesuiti. L’Imperatore, spaventato, fugge con la Corte e il gine-ceo a Jehol, l’attuale Chengdè, residenza estiva dei Manciù al di là della Muraglia. È il 1860 e Pechino è sotto la minaccia della distru-zione, mentre a Taku continuano a sbarcare truppe straniere. Nella capitale in mano agli Europei resta, solo, il Principe Kung. È una

scelta coraggiosa. Sarà grazie alle sue astuzie e alla sua diploma-zia se la capitale verrà risparmiata dal saccheggio. Infatti Kung, limitando i danni per la Dinastia e per l’Impero, firmerà insieme all’inglese Lord Elgin la Convenzione di Pechino, il trattato di pace che tra le altre concessioni alle Potenze prevede il diritto del gover-no inglese a insediare un ministro residente nella capitale.

Una alla volta anche le altre Nazioni avanzano richieste al governo cinese. Morto Hsien Feng nel 1862 nel volontario esilio di Jehol, la Corte torna a Pechino e sul trono gli succede il figlio Tung Chih, ma di fatto sarà la madre a governare in attesa della maggio-re età del fanciullo. L’arrivo al potere di Tzu Hsi, nonostante le pazienti mediazioni del cognato Principe Kung, accelera le tensioni con gli stranieri. S’inizia così un periodo di intrighi, di tradimenti, di avvelenamenti, di decapitazioni, di silenziosi colpi di stato che sovvertono le tradizioni dinastiche. Il saggio Principe Kung viene messo in disparte e accusato di troppa arrendevolezza agli

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Una rara incisione della metà

del XIX secolo raffigurante

un padiglione dello

Yuanmingyuan, il favoloso Palazzo

d’Estate distrutto da una rappresaglia

militare Anglo-francese

nel 1860

Nella pagina a fronte:

Le spettrali rovine dello

Yuanmingyuan testimoniate in fotografie

del 1899

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mani del fratello Principe Kung, astuto e fine diplomatico. Ma intanto, ispirato da Tzu Hsi, l’Imperatore rifiuta di ratificare gli “Iniqui Trattati” e gli Inglesi occupano con la forza quasi tutte le fortificazioni strategiche della costa, ricevendone in cambio com-prensibili rappresaglie. Un’ambasceria Anglo-francese, dopo esse-re stata presa a cannonate davanti ai forti di Taku, viene invitata a trattare e giunta al Palazzo d’Estate è fatta prigioniera, torturata, alcuni membri uccisi. Si scatena la vendetta. È la Seconda Guerra dell’Oppio. Le truppe inglesi e francesi marciano su Pechino, risparmiano la Città Proibita e radono al suolo il favoloso Palazzo d’Estate, lo Yuanmingyuan, costruito nel XVIII secolo con l’aiuto dei Gesuiti. L’Imperatore, spaventato, fugge con la Corte e il gine-ceo a Jehol, l’attuale Chengdè, residenza estiva dei Manciù al di là della Muraglia. È il 1860 e Pechino è sotto la minaccia della distru-zione, mentre a Taku continuano a sbarcare truppe straniere. Nella capitale in mano agli Europei resta, solo, il Principe Kung. È una

scelta coraggiosa. Sarà grazie alle sue astuzie e alla sua diploma-zia se la capitale verrà risparmiata dal saccheggio. Infatti Kung, limitando i danni per la Dinastia e per l’Impero, firmerà insieme all’inglese Lord Elgin la Convenzione di Pechino, il trattato di pace che tra le altre concessioni alle Potenze prevede il diritto del gover-no inglese a insediare un ministro residente nella capitale.

Una alla volta anche le altre Nazioni avanzano richieste al governo cinese. Morto Hsien Feng nel 1862 nel volontario esilio di Jehol, la Corte torna a Pechino e sul trono gli succede il figlio Tung Chih, ma di fatto sarà la madre a governare in attesa della maggio-re età del fanciullo. L’arrivo al potere di Tzu Hsi, nonostante le pazienti mediazioni del cognato Principe Kung, accelera le tensioni con gli stranieri. S’inizia così un periodo di intrighi, di tradimenti, di avvelenamenti, di decapitazioni, di silenziosi colpi di stato che sovvertono le tradizioni dinastiche. Il saggio Principe Kung viene messo in disparte e accusato di troppa arrendevolezza agli

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Una rara incisione della metà

del XIX secolo raffigurante

un padiglione dello

Yuanmingyuan, il favoloso Palazzo

d’Estate distrutto da una rappresaglia

militare Anglo-francese

nel 1860

Nella pagina a fronte:

Le spettrali rovine dello

Yuanmingyuan testimoniate in fotografie

del 1899

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nastrino di non so quale società americana, forse di tiro a segno, e circolava molto fra i suoi missionari militarizzati».

Il Belgio era rappresentato dal barone de Wint, «ancora di buona età, cortese, indifferente» e del quale non si sa di più, anche perché prima dell’assedio fu sostituito dal barone de Cartiér de Marchienne e successivamente dal più giovane Mau-rizio Joostens che però era malato di cuore e non ebbe alcun ruolo nella vicenda.

Personaggio delizioso, a detta del nostro testimone, era invece Bernardo Giacinto de Cologan, il ministro di Spagna, il più simpa-tico fra tutti a Salvago Raggi. E infatti il ritratto che ne fa è gustoso: «Altissimo, magro, con scarsa barba grigiastra, simpatico, non privo di una certa intelligenza ma di nessuna cultura, disordinato e disinteressato negli affari, del resto inesistenti, della sua Legazione. Egli magnificava un giorno con me il sistema di tenere l’archivio, da lui ridotto alla maggiore semplicità. A destra del tavo-

lo stavano le carte a cui doveva rispondere, nel cestino quelle alle quali aveva risposto. In tal modo poca fatica restava da fare al segretario ed era un bene perché il bravo signor Solivares era per-fettamente rammollito, ma ritengo rammollito dalla nascita».

Ministro d’Olanda era il signor Knobel «un rozzo individuo che, quando era segretario a Teheran aveva sposato una francese, figlia di un bottegaio, non so come stabilito in Persia. La povera signora Knobel, brutta, poco distinta, buona chiacchierona, sareb-be stata assai divertente ma era troppo maltrattata dal marito che la brutalizzava in modo rivoltante». Knobel durante l’assedio si distinguerà per la vigliaccheria, rimanendo chiuso per tutti i 55 giorni nella cantina, l’unico locale scavato della Legazione, senza mai farsi vedere dai suoi colleghi. A liberazione avvenuta sarà dura-mente criticato da de Cologan.

Inquietante la figura del ministro di Russia, Michele de Giers, ritenuto dal resto del Corpo diplomatico una “spia”, un doppio-

72

Ballo alla Legazione d’Italia:

Salvago Raggi con Lady Mac Donald,

Camilla con Sir Claude

Cena a lume di candela con i soliti ospiti nella Legazione d’Italia

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nastrino di non so quale società americana, forse di tiro a segno, e circolava molto fra i suoi missionari militarizzati».

Il Belgio era rappresentato dal barone de Wint, «ancora di buona età, cortese, indifferente» e del quale non si sa di più, anche perché prima dell’assedio fu sostituito dal barone de Cartiér de Marchienne e successivamente dal più giovane Mau-rizio Joostens che però era malato di cuore e non ebbe alcun ruolo nella vicenda.

Personaggio delizioso, a detta del nostro testimone, era invece Bernardo Giacinto de Cologan, il ministro di Spagna, il più simpa-tico fra tutti a Salvago Raggi. E infatti il ritratto che ne fa è gustoso: «Altissimo, magro, con scarsa barba grigiastra, simpatico, non privo di una certa intelligenza ma di nessuna cultura, disordinato e disinteressato negli affari, del resto inesistenti, della sua Legazione. Egli magnificava un giorno con me il sistema di tenere l’archivio, da lui ridotto alla maggiore semplicità. A destra del tavo-

lo stavano le carte a cui doveva rispondere, nel cestino quelle alle quali aveva risposto. In tal modo poca fatica restava da fare al segretario ed era un bene perché il bravo signor Solivares era per-fettamente rammollito, ma ritengo rammollito dalla nascita».

Ministro d’Olanda era il signor Knobel «un rozzo individuo che, quando era segretario a Teheran aveva sposato una francese, figlia di un bottegaio, non so come stabilito in Persia. La povera signora Knobel, brutta, poco distinta, buona chiacchierona, sareb-be stata assai divertente ma era troppo maltrattata dal marito che la brutalizzava in modo rivoltante». Knobel durante l’assedio si distinguerà per la vigliaccheria, rimanendo chiuso per tutti i 55 giorni nella cantina, l’unico locale scavato della Legazione, senza mai farsi vedere dai suoi colleghi. A liberazione avvenuta sarà dura-mente criticato da de Cologan.

Inquietante la figura del ministro di Russia, Michele de Giers, ritenuto dal resto del Corpo diplomatico una “spia”, un doppio-

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Ballo alla Legazione d’Italia:

Salvago Raggi con Lady Mac Donald,

Camilla con Sir Claude

Cena a lume di candela con i soliti ospiti nella Legazione d’Italia

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Soldati europei in marcia davanti alla Legazione del Giappone

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Soldati europei in marcia davanti alla Legazione del Giappone

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L’udienza al Tsung-li Yamen non ha più luogo e nessuno parla più di lasciare Pechino. Il giorno 19 il personale delle Legazioni del Belgio e dell’Olanda abbandona le sedi e si rifugia nella più protetta Legazione d’Inghil-

terra. Lo stesso fanno gli Austriaci il giorno 20. Si decide che la sede diplomatica britannica è non solo la più protetta, ma anche la più spaziosa, con ampi giardini e numerosi edifici. Di più ha cinque pozzi di acqua dolce e due di acqua salmastra. I ministri vi trasferiscono tutte le famiglie e il personale femminile, compresi i bambini. Giungono anche numerosi missionari con buona parte dei loro convertiti. A parte i coniugi Chamot, che rimangono a guardia del loro albergo, tutti gli stranieri residenti a Pechino, quasi 900 persone, si trasferiscono nella giornata del 20 giugno dentro le mura della Legazione inglese dove vengono ammassati 150 ponies e muli, un piccolo gregge di pecore e una mucca. Ogni sfollato vi ha portato le sue cose personali, oltre ai guardaroba anche mobili, vasellame, scatole di preziosi e di ricordi intimi, come le fotografie che la marchesa Salvago Raggi si premura di mettere in salvo. La Legazione è stata completamente rivoluziona-ta, e si può immaginare la baraonda che regna in uno spazio soli-tamente utilizzato da non più di sessanta persone. Gli alloggi degli Inglesi vengono ridotti all’essenziale, cosicché le varie costruzioni sono assegnate ai Russi, ai Francesi, ai Belgi, agli Spagnoli, ai fun-zionari delle Dogane. La scuderia è affollata di Cinesi, in un ango-lo si sono sistemati gli impiegati della Hong Kong and Shanghai Banking Corporation, sotto il grande padiglione al centro del giar-dino sono ammassati i bagagli e le masserizie di non immediata necessità, in un grande magazzino trovano ricovero le vettovaglie: casse di vini di ogni nazionalità, 200 tonnellate di frumento e di riso che sono state donate dal Kierulff’s Store di Via delle Legazioni il quale ha chiuso i battenti. Fortunatamente ci sono viveri per un lungo assedio: la mucca fornirà il latte per i bambini, ponies e muli macellati di volta in volta assicureranno carne fresca tutti i giorni, se usata bene l’acqua dolce può durare e l’acqua salmastra è sufficiente per lavare i panni e per l’uso di toilette. A conti fatti, la sera del 20 giugno nel fortino internazionale, grazie anche alla presenza di numerose guardie armate, si può affrontare la situazione con una certa serenità. Uomini armati sono di guar-dia alle Legazioni traslocate. Il marchese Salvago Raggi con alcuni marinai fa la spola tra la Legazione d’Italia e quella inglese, lo stesso fanno Pichon, Conger, de Cologan e gli altri. Messe in salvo le donne e i bambini, ammassati i viveri, ci si prepara all’assalto dei Boxer, ma anche si spera nell’arrivo dei rinforzi dell’ammira-glio Seymour.

La lettura del diario inedito della marchesa Camilla Pallavicino, ventinovenne bellissima moglie del ministro italiano, ci riporta direttamente in quelle giornate: «I primi giorni furono fra i più agitati, sia perché speravamo ancora nell’arrivo della spedizione Seymour, sia perché gli incendi scoppiavano tutto attorno a noi. Le case addossate al lato ovest della Legazione inglese e la Biblioteca

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Sentinella sul muro di cinta della Legazione d’InghilterraIl fumo dell’incendio dell’Accademia Hanlin visto dal lato nord della Legazione d’Inghilterra dove i Cinesi cristiani rifugiati riempiono di terra i sacchi per le barricate

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L’udienza al Tsung-li Yamen non ha più luogo e nessuno parla più di lasciare Pechino. Il giorno 19 il personale delle Legazioni del Belgio e dell’Olanda abbandona le sedi e si rifugia nella più protetta Legazione d’Inghil-

terra. Lo stesso fanno gli Austriaci il giorno 20. Si decide che la sede diplomatica britannica è non solo la più protetta, ma anche la più spaziosa, con ampi giardini e numerosi edifici. Di più ha cinque pozzi di acqua dolce e due di acqua salmastra. I ministri vi trasferiscono tutte le famiglie e il personale femminile, compresi i bambini. Giungono anche numerosi missionari con buona parte dei loro convertiti. A parte i coniugi Chamot, che rimangono a guardia del loro albergo, tutti gli stranieri residenti a Pechino, quasi 900 persone, si trasferiscono nella giornata del 20 giugno dentro le mura della Legazione inglese dove vengono ammassati 150 ponies e muli, un piccolo gregge di pecore e una mucca. Ogni sfollato vi ha portato le sue cose personali, oltre ai guardaroba anche mobili, vasellame, scatole di preziosi e di ricordi intimi, come le fotografie che la marchesa Salvago Raggi si premura di mettere in salvo. La Legazione è stata completamente rivoluziona-ta, e si può immaginare la baraonda che regna in uno spazio soli-tamente utilizzato da non più di sessanta persone. Gli alloggi degli Inglesi vengono ridotti all’essenziale, cosicché le varie costruzioni sono assegnate ai Russi, ai Francesi, ai Belgi, agli Spagnoli, ai fun-zionari delle Dogane. La scuderia è affollata di Cinesi, in un ango-lo si sono sistemati gli impiegati della Hong Kong and Shanghai Banking Corporation, sotto il grande padiglione al centro del giar-dino sono ammassati i bagagli e le masserizie di non immediata necessità, in un grande magazzino trovano ricovero le vettovaglie: casse di vini di ogni nazionalità, 200 tonnellate di frumento e di riso che sono state donate dal Kierulff’s Store di Via delle Legazioni il quale ha chiuso i battenti. Fortunatamente ci sono viveri per un lungo assedio: la mucca fornirà il latte per i bambini, ponies e muli macellati di volta in volta assicureranno carne fresca tutti i giorni, se usata bene l’acqua dolce può durare e l’acqua salmastra è sufficiente per lavare i panni e per l’uso di toilette. A conti fatti, la sera del 20 giugno nel fortino internazionale, grazie anche alla presenza di numerose guardie armate, si può affrontare la situazione con una certa serenità. Uomini armati sono di guar-dia alle Legazioni traslocate. Il marchese Salvago Raggi con alcuni marinai fa la spola tra la Legazione d’Italia e quella inglese, lo stesso fanno Pichon, Conger, de Cologan e gli altri. Messe in salvo le donne e i bambini, ammassati i viveri, ci si prepara all’assalto dei Boxer, ma anche si spera nell’arrivo dei rinforzi dell’ammira-glio Seymour.

La lettura del diario inedito della marchesa Camilla Pallavicino, ventinovenne bellissima moglie del ministro italiano, ci riporta direttamente in quelle giornate: «I primi giorni furono fra i più agitati, sia perché speravamo ancora nell’arrivo della spedizione Seymour, sia perché gli incendi scoppiavano tutto attorno a noi. Le case addossate al lato ovest della Legazione inglese e la Biblioteca

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Sentinella sul muro di cinta della Legazione d’InghilterraIl fumo dell’incendio dell’Accademia Hanlin visto dal lato nord della Legazione d’Inghilterra dove i Cinesi cristiani rifugiati riempiono di terra i sacchi per le barricate

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Immagini delle distruzioni nel Fu dopo un mese e mezzo di battaglia senza risparmio di colpi

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Immagini delle distruzioni nel Fu dopo un mese e mezzo di battaglia senza risparmio di colpi

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ordinato le pene seguenti, per i principali colpevoli degli attentati, e dei delitti, commessi contro i Governi stranieri, ed i loro sudditi:

Tsai-hiun, Principe Tuan, e Tsai-lan, Duca Fu-kou, sono stati tradotti, per essere giustiziati, dinanzi alla Corte d’Autunno, ed è stato stabilito che se l’Imperatore crede di dover far loro grazia della vita, essi saranno esiliati nel Turkestan, e vi resteranno imprigionati in perpetuo, senza che tale pena possa giammai venir commutata.

Tsai-yi, Principe Chuang; Yng-nien, Presidente della Corte dei Censori, e Ciao Ciu-kiao, Presidente al Ministero della Giustizia, sono stati condan-nati a darsi la morte.

Yu-hsien, Governatore dello Shansi; Ki-sieu, Presidente al Ministero dei Riti, e Hsu Cheng-yu, già Direttore di Sinistra al Ministero di Giustizia, sono stati condannati alla pena di morte.

La degradazione postuma è stata pronunciata contro Kang-y, Sotto Gran Segretario di Stato, Presidente al Ministero dell’Interno; Hsu-tong, Gran Segretario di Stato, e Li Ping-heng, già Governatore Generale del Sichuan.

Un Editto Imperiale, del 13 febbraio, ha riabilitato la memoria di Hsu Yong-yi, Presidente al Ministero della Guerra, Li-ciang, Presidente al Ministero delle Finanze, Hsu King-cheng, Direttore di Sinistra al Ministero dell’Interno, Lien-yuan, Vice Cancelliere al Gran Segretariato, Yuan-chang, Direttore alla Corte dei Sacrifici, che erano stati messi a morte, per aver protestato contro le abominevoli violazioni del diritto internazionale, com-messe nel corso dell’anno passato.

Il Principe Chuang si è suicidato il 21 febbraio 1901, Yng-nien e Ciao Ciu-kiao il 24; Yu-hsien è stato giustiziato il 22, Ki-sieu e Hsu Cheng-yu, il 26.

Tung Fu-hsiang, Generale al Kansu, è stato privato delle sue funzioni da un editto imperiale del 13 febbraio, in attesa che si determini la pena definitiva, che dovrà essergli inflitta.

Editti imperiali del 29 aprile e 19 agosto 1901, hanno inflitto pene graduali, ai funzionari delle Provincie, riconosciuti colpevoli dei delitti e attentati commessi nella scorsa estate.

b) Un Editto imperiale, promulgato il 19 agosto 1901, ha ordinato la sospensione degli esami ufficiali, durante cinque anni, in tutte le città, dove sono stati massacrati stranieri, od hanno subìto trattamenti crudeli.

Art. III. – Per accordare una onorevole riparazione per l’assassinio del fu signor Sugiyama, Cancelliere della Legazione Giapponese, S. M. l’Impe-ratore della Cina, con un Editto imperiale del 18 giugno 1901, ha designa-to il Vice Presidente al Ministero delle Finanze, Na-tong, come Inviato straordinario, e l’ha incaricato specialmente di portare a S. M. l’Imperatore del Giappone, l’espressione del rammarico di S. M. l’Imperatore della Cina, e del suo Governo, per l’assassinio suddetto.

Art. IV – Il Governo Cinese si è impegnato ad erigere un monumento espiatorio, in ciascuno dei Cimiteri stranieri od internazionali, che sono stati profanati, e le tombe dei quali sono state distrutte.

D’accordo con i Rappresentanti delle Potenze, è stato convenuto che le Legazioni interessate, daranno le indicazioni per i lavori da compiere, con impegno, da parte della Cina, di provvedere alle spese, valutate a 10,000 taels, per i Cimiteri di Pechino e dintorni, a 5000 per i Cimiteri delle Provincie. Queste somme sono state versate, e la lista dei Cimiteri è qui acclusa. (La lista comprende sette Cimiteri, uno inglese, cinque francesi, uno russo; la somma fu ripartita fra le tre Legazioni proporzionatamente).

Art. V. – La Cina ha accettato di proibire sul suo territorio l’importazio-

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ne delle armi, e delle munizioni, come pure del materiale destinato esclusi-vamente alla loro fabbricazione.

Un Editto imperiale è stato reso il 25 agosto 1901, per interdire tale importazione, durante due anni.

Nuovi editti potranno esser resi, in seguito, per prolungare questo ter-mine, di due in due anni, in caso che le Potenze lo ritenessero necessario.

Art. VI. – Con un Editto imperiale, in data 22 maggio 1901, S. M. l’Imperatore della Cina, si è impegnata a pagare alle Potenze una indennità di 450 milioni di Hai-kuan taels. Questa somma rappresenta il totale delle indennità per gli Stati, le Società, i Privati, ed i Cinesi, considerati nell’Art. VI della Nota del 22 dicembre 1900.

a) Questi 450 milioni costituiscono un debito in oro, calcolato al corso dell’Hai-kuan taels, in rapporto alla moneta d’oro di ciascun paese, secondo quanto risulta qui appresso:

Un Hai-kuan tael. = Marchi 3,055 idem. Corone 3,595 idem. Dollari oro 0,742 idem. Franchi 3,750 idem. Lire Sterline 0.3.0. idem. Yen 1,407 idem. Fiorini oland. 1,796 idem. Rubli oro 1,412

Questa somma in oro sarà produttiva di un interesse del 4% annuo, ed il capitale sarà rimborsato dalla Cina in 39 anni, alle con-dizioni indicate nel piano d’ammortamento accluso. (Contiene le annualità che il Governo cinese deve pagare, dal 1902 al 1940, cal-colato capitale ed interessi).

Il capitale e gli interessi saranno pagabili in oro, o al tasso di cam-bio, relativo alle diverse date di scadenza. L’ammortamento comincerà il 1° gennaio 1902, per finire allo spirare del 1940. Gli ammortamenti saranno pagabili annualmente, la prima scadenza essendo fissata al 1° gennaio 1903. Gli interessi saranno contati a partire dal 1° luglio 1901, ma il Governo cinese avrà facoltà di scontare in un periodo di tre anni, dal 1° gennaio 1902, gli arretrati del 1° Semestre, a condizione però di pagare gli interessi composti al 4% annuale, sulle somme il cui versa-mento sarà così differito.

Gli interessi saranno pagati semestralmente, la prima scadenza essendo fissata al 1° luglio 1902.

b) Le operazioni saranno effettuate a Shanghai, nella seguente maniera:Ciascuna Potenza si farà rappresentare da un delegato, in una

Commissione di banchieri, che sarà incaricata di incassare la somma degli interessi e degli ammortamenti, versata dalle Autorità cinesi, a questo scopo designate, e di ripartirla fra gli interessati, rilasciandone ricevuta.

c) Il Governo cinese rimetterà al Decano del Corpo Diplomatico di Pechino, un buono complessivo, che sarà trasformato ulteriormente in altri buoni, con la firma dei delegati del Governo cinese, designati allo scopo. Questa operazione, e tutte quelle in rapporto con la definizione dei titoli, saranno effettuate dalla Commissione suddetta, conformemente agli ordini che le Potenze invieranno ai loro delegati.

d) Il prodotto degli incassi, destinati al pagamento dei buoni, sarà ver-sato mensilmente nelle mani della Commissione.

e) Le risorse destinate a garantire i buoni sono enumerate qui appresso:

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Inverno 1900-01. Diplomatici e militari tedeschi in visita alla Città Proibita

Il Principe Chun si reca a porgere le scuse alla Legazione tedesca e posa (primo da sinistra) nella foto con il nuovo ministro Schwarzenstein. Il Principe Chun sul “Bayern” in viaggio verso la Germania

Page 17: La rivolta dei boxer - Pechino 1900

ordinato le pene seguenti, per i principali colpevoli degli attentati, e dei delitti, commessi contro i Governi stranieri, ed i loro sudditi:

Tsai-hiun, Principe Tuan, e Tsai-lan, Duca Fu-kou, sono stati tradotti, per essere giustiziati, dinanzi alla Corte d’Autunno, ed è stato stabilito che se l’Imperatore crede di dover far loro grazia della vita, essi saranno esiliati nel Turkestan, e vi resteranno imprigionati in perpetuo, senza che tale pena possa giammai venir commutata.

Tsai-yi, Principe Chuang; Yng-nien, Presidente della Corte dei Censori, e Ciao Ciu-kiao, Presidente al Ministero della Giustizia, sono stati condan-nati a darsi la morte.

Yu-hsien, Governatore dello Shansi; Ki-sieu, Presidente al Ministero dei Riti, e Hsu Cheng-yu, già Direttore di Sinistra al Ministero di Giustizia, sono stati condannati alla pena di morte.

La degradazione postuma è stata pronunciata contro Kang-y, Sotto Gran Segretario di Stato, Presidente al Ministero dell’Interno; Hsu-tong, Gran Segretario di Stato, e Li Ping-heng, già Governatore Generale del Sichuan.

Un Editto Imperiale, del 13 febbraio, ha riabilitato la memoria di Hsu Yong-yi, Presidente al Ministero della Guerra, Li-ciang, Presidente al Ministero delle Finanze, Hsu King-cheng, Direttore di Sinistra al Ministero dell’Interno, Lien-yuan, Vice Cancelliere al Gran Segretariato, Yuan-chang, Direttore alla Corte dei Sacrifici, che erano stati messi a morte, per aver protestato contro le abominevoli violazioni del diritto internazionale, com-messe nel corso dell’anno passato.

Il Principe Chuang si è suicidato il 21 febbraio 1901, Yng-nien e Ciao Ciu-kiao il 24; Yu-hsien è stato giustiziato il 22, Ki-sieu e Hsu Cheng-yu, il 26.

Tung Fu-hsiang, Generale al Kansu, è stato privato delle sue funzioni da un editto imperiale del 13 febbraio, in attesa che si determini la pena definitiva, che dovrà essergli inflitta.

Editti imperiali del 29 aprile e 19 agosto 1901, hanno inflitto pene graduali, ai funzionari delle Provincie, riconosciuti colpevoli dei delitti e attentati commessi nella scorsa estate.

b) Un Editto imperiale, promulgato il 19 agosto 1901, ha ordinato la sospensione degli esami ufficiali, durante cinque anni, in tutte le città, dove sono stati massacrati stranieri, od hanno subìto trattamenti crudeli.

Art. III. – Per accordare una onorevole riparazione per l’assassinio del fu signor Sugiyama, Cancelliere della Legazione Giapponese, S. M. l’Impe-ratore della Cina, con un Editto imperiale del 18 giugno 1901, ha designa-to il Vice Presidente al Ministero delle Finanze, Na-tong, come Inviato straordinario, e l’ha incaricato specialmente di portare a S. M. l’Imperatore del Giappone, l’espressione del rammarico di S. M. l’Imperatore della Cina, e del suo Governo, per l’assassinio suddetto.

Art. IV – Il Governo Cinese si è impegnato ad erigere un monumento espiatorio, in ciascuno dei Cimiteri stranieri od internazionali, che sono stati profanati, e le tombe dei quali sono state distrutte.

D’accordo con i Rappresentanti delle Potenze, è stato convenuto che le Legazioni interessate, daranno le indicazioni per i lavori da compiere, con impegno, da parte della Cina, di provvedere alle spese, valutate a 10,000 taels, per i Cimiteri di Pechino e dintorni, a 5000 per i Cimiteri delle Provincie. Queste somme sono state versate, e la lista dei Cimiteri è qui acclusa. (La lista comprende sette Cimiteri, uno inglese, cinque francesi, uno russo; la somma fu ripartita fra le tre Legazioni proporzionatamente).

Art. V. – La Cina ha accettato di proibire sul suo territorio l’importazio-

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ne delle armi, e delle munizioni, come pure del materiale destinato esclusi-vamente alla loro fabbricazione.

Un Editto imperiale è stato reso il 25 agosto 1901, per interdire tale importazione, durante due anni.

Nuovi editti potranno esser resi, in seguito, per prolungare questo ter-mine, di due in due anni, in caso che le Potenze lo ritenessero necessario.

Art. VI. – Con un Editto imperiale, in data 22 maggio 1901, S. M. l’Imperatore della Cina, si è impegnata a pagare alle Potenze una indennità di 450 milioni di Hai-kuan taels. Questa somma rappresenta il totale delle indennità per gli Stati, le Società, i Privati, ed i Cinesi, considerati nell’Art. VI della Nota del 22 dicembre 1900.

a) Questi 450 milioni costituiscono un debito in oro, calcolato al corso dell’Hai-kuan taels, in rapporto alla moneta d’oro di ciascun paese, secondo quanto risulta qui appresso:

Un Hai-kuan tael. = Marchi 3,055 idem. Corone 3,595 idem. Dollari oro 0,742 idem. Franchi 3,750 idem. Lire Sterline 0.3.0. idem. Yen 1,407 idem. Fiorini oland. 1,796 idem. Rubli oro 1,412

Questa somma in oro sarà produttiva di un interesse del 4% annuo, ed il capitale sarà rimborsato dalla Cina in 39 anni, alle con-dizioni indicate nel piano d’ammortamento accluso. (Contiene le annualità che il Governo cinese deve pagare, dal 1902 al 1940, cal-colato capitale ed interessi).

Il capitale e gli interessi saranno pagabili in oro, o al tasso di cam-bio, relativo alle diverse date di scadenza. L’ammortamento comincerà il 1° gennaio 1902, per finire allo spirare del 1940. Gli ammortamenti saranno pagabili annualmente, la prima scadenza essendo fissata al 1° gennaio 1903. Gli interessi saranno contati a partire dal 1° luglio 1901, ma il Governo cinese avrà facoltà di scontare in un periodo di tre anni, dal 1° gennaio 1902, gli arretrati del 1° Semestre, a condizione però di pagare gli interessi composti al 4% annuale, sulle somme il cui versa-mento sarà così differito.

Gli interessi saranno pagati semestralmente, la prima scadenza essendo fissata al 1° luglio 1902.

b) Le operazioni saranno effettuate a Shanghai, nella seguente maniera:Ciascuna Potenza si farà rappresentare da un delegato, in una

Commissione di banchieri, che sarà incaricata di incassare la somma degli interessi e degli ammortamenti, versata dalle Autorità cinesi, a questo scopo designate, e di ripartirla fra gli interessati, rilasciandone ricevuta.

c) Il Governo cinese rimetterà al Decano del Corpo Diplomatico di Pechino, un buono complessivo, che sarà trasformato ulteriormente in altri buoni, con la firma dei delegati del Governo cinese, designati allo scopo. Questa operazione, e tutte quelle in rapporto con la definizione dei titoli, saranno effettuate dalla Commissione suddetta, conformemente agli ordini che le Potenze invieranno ai loro delegati.

d) Il prodotto degli incassi, destinati al pagamento dei buoni, sarà ver-sato mensilmente nelle mani della Commissione.

e) Le risorse destinate a garantire i buoni sono enumerate qui appresso:

307

Inverno 1900-01. Diplomatici e militari tedeschi in visita alla Città Proibita

Il Principe Chun si reca a porgere le scuse alla Legazione tedesca e posa (primo da sinistra) nella foto con il nuovo ministro Schwarzenstein. Il Principe Chun sul “Bayern” in viaggio verso la Germania