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LA RIORGANIZZAZIONE

DELL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA

(Livello nazionale, regionale e dell’autonomia della scuola)

di SERGIO SCALA

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I N D I C E

INTRODUZIONE - BIOGRAFIA DELL’AUTORE - ABSTRACT DELL’UNITÀ - CONCETTI CHIAVE - OBIETTIVI FORMALI

PARAGRAFI 1 - LO SPESSORE STORICO DELLA QUESTIONE

2 - CENNI STORICI

3 - IL DECENTRAMENTO IN GENERALE

4 - IL DECENTRAMENTO ISTITUZIONALE

5 - IL DECENTRAMENTO INTERNO

6 - L’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA E LA SUA EVOLUZIONE

7 - LA RIFORMA DEL GOVERNO ED IL NUOVO MINISTERO DELLA

ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

8 - L’AMMINISTRAZIONE CENTRALE DEL M.I.U.R.

9 - GLI ORGANI PERIFERICI DELL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA.

LE DIREZIONI GENERALI E I C.S.A.

10 - IL LIVELLO DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA

FONTI NORMATIVE

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INTRODUZIONE

BIOGRAFIA DELL’AUTORE Laureato in giurisprudenza, presta servizio nell’Amministrazione centrale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca da trentasette anni nei quali ha ricoperto i seguenti incarichi dirigenziali :

- Direttore dell’ufficio contenzioso e disciplina della Direzione Generale del Personale;

- Vice Direttore Generale della scuola secondaria di 1° grado; - Vice Direttore Generale del Personale; - Capo dell’Ispettorato dell’Istruzione artistica; - Coordinatore degli uffici di staff dei Dipartimenti per i servizi nel territorio e

per lo sviluppo dell’istruzione; Attualmente svolge l’incarico di Vice Direttore Generale per gli ordinamenti scolastici

Autore di libri in materia scolastica, tra i quali un commento al testo unico delle leggi sull’istruzione, ha diretto per vari anni la rivista “Scuola e Amministrazione” sulla quale ha pubblicato decine di articoli ed editoriali. ABSTRACT DEL’UNITA’ La riorganizzazione dell’amministrazione scolastica viene esaminata nel più vasto quadro della riforma della pubblica amministrazione in generale. Si esaminano le innovazioni organizzative intervenute nei vari livelli territoriali: quello nazionale con la ristrutturazione dell’amministrazione centrale del nuovo Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, quello regionale con l’istituzione delle Direzioni Generali Regionali articolate per funzioni e sul territorio e quello delle singole istituzioni scolastiche che, per effetto dell’autonomia loro riconosciuta e del decentramento interno, divengono titolari di vaste attribuzioni anche di natura amministrativa.

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CONCETTI CHIAVE *Decentramento interno*: è quello che avviene per linee interne allo stesso soggetto giuridico distribuendo le attribuzioni fra i diversi organi che lo compongono al fine di avvicinare le decisioni al luogo di operatività dei destinatari. *Decentramento istituzionale * : è quello che avviene fra soggetti diversi (Stato ed Enti territoriali) e che ha il fine di ridisegnare gli assetti istituzionali della Repubblica italiana. *Autonomia scolastica *: è l’attribuzione di potestà decisionali alle singole istituzioni scolastiche al fine di superare le rigidità del sistema verticistico e introdurre nel sistema scolastico elementi permanenti di flessibilità. OBIETTIVI FORMALI Consentire agli aspiranti dirigenti scolastici di approfondire la conoscenza della struttura complessiva del sistema scolastico per orientare correttamente la propria azione amministrativa in un sistema organizzativo di natura reticolare. Acquisire la consapevolezza dei limiti funzionali delle proprie prerogative decisionali attraverso la conoscenza delle competenze degli altri organi che operano nel medesimo settore.

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1 - LO SPESSORE STORICO DELLA QUESTIONE Qualunque operatore pubblico con una pluridecennale anzianità di servizio ha potuto percepire direttamente i profondi cambiamenti che negli ultimi quindici anni sono intervenuti nel proprio contesto lavorativo. Dallo stato giuridico del personale all’organizzazione del lavoro, dalla configurazione giuridica delle istituzioni alla diversa distribuzione delle competenze fra i vari organi fino alla nuova correlazione fra organismi pubblici e soggetti esterni, non c’è aspetto degli assetti complessivi che non sia stato investito da un’ondata innovativa senza precedenti. Questo processo di cambiamento della pubblica amministrazione che accompagna la parallela evoluzione della società civile non può essere compiutamente compreso se non in una chiave di lettura storica senza la quale resta solo una sensazione di incertezza nella quale ciascun operatore vive la perdita dei punti di riferimento tradizionali e stenta a ricollocare il proprio ruolo su nuove certezze. Ciò anche in quanto il processo di trasformazione è ancora ben lontano dall’aver trovato un nuovo punto di equilibrio sufficientemente stabile. L’individuazione di una corretta chiave di lettura dell’esistente non può dunque prescindere da una riflessione storica sulle strutture pubbliche del nostro paese che ci consenta di comprendere l’oggi ed aprire spiragli di visibilità sull’immediato futuro.

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2 - CENNI STORICI L’Italia nasce dall’aggregazione dei precedenti Stati pre-unitari ciascuno dei quali, pur nella comune identità che sostanzia il concetto di nazione, aveva caratteristiche sociali ed economiche profondamente diverse. Agli albori della conseguita unità nazionale i governanti dell’epoca avevano di fronte a loro una difficile scelta : costruire uno Stato di tipo federalista rispettoso delle diversità socio-culturali delle varie parti del paese o privilegiare il momento dell’unitarietà intorno ad un assetto istituzionale accentrato che perseguisse l’omogeneità su tutto il territorio nazionale. Tale secondo aspetto, per il prevalere delle opinioni che occorresse rinsaldare l’unità politica faticosamente raggiunta, finì per prevalere ed in tale scelta vanno colte le radici del processo di trasformazione che oggi accompagna la nostra vita di cittadini e di operatori pubblici. In un contesto nel quale l’obiettivo principale è quello di consolidare l’unitarietà del paese non c’è spazio per la valorizzazione delle differenze territoriali che non vengono vissute come una ricchezza ma come un potenziale ostacolo da combattere sul cammino dell’unità nazionale. Ne nasce uno Stato modellato sui principi dell’accentramento decisionale ed una pubblica amministrazione giuridicamente improntata al principio di autorità.

* * * Il principio dell’accentramento decisionale si esprime nel concentrare sullo Stato, inteso come persona giuridica, tutte le principali decisioni concernenti i vari aspetti della vita sociale che richiedono interventi pubblici. Gli enti territoriali (Regioni, Province e Comuni) non hanno significativi margini di autonomia e quelli che hanno sono comunque sottoposti a rigido controllo centrale. Il principio di autorità si manifesta nella natura del rapporto fra cittadini e pubblica amministrazione che vede quest’ultima agire con gli strumenti del diritto amministrativo che presuppongono un rapporto non paritario con i soggetti esterni. L’azione della pubblica amministrazione, anche quando produce esiti accrescitivi della sfera giuridica dei destinatari, è sempre e comunque unilaterale e presuppone una posizione di sovraordinazione rispetto ai soggetti privati. In un quadro istituzionale con tali caratteristiche tutti i concetti giuridici che oggi scandiscono il nostro percorso (decentramento, autonomia, partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo, contrattazione collettiva del rapporto di lavoro, etc..) non solo non trovavano spazio ma venivano vissuti nella cultura prevalente come moduli organizzativi suscettibili di minare alla base gli assetti consolidati compromettendo la coesione del paese.

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Il progressivo consolidamento dell’unità politica ed il passare del tempo fa venire storicamente meno quel contesto che aveva determinato la scelta accentrata ed autoritaria. Contemporaneamente, anche per effetto dell’aumento del livello medio di istruzione dei cittadini, la società civile cresce e tutto comincia ad essere rimesso in discussione, prima nella coscienza dei singoli e poi nel quadro normativo che comincia a recepire le spinte al cambiamento. Gli Enti territoriali reclamano il conferimento di potestà decisionali nei settori della vita sociale più vicini alle caratteristiche del contesto socio-ambientale di propria pertinenza e i cittadini accettano con sempre maggiore riluttanza la posizione di supremazia degli organi dell’amministrazione pubblica. L’ottica si sposta progressivamente dalla cultura dell’amministrazione come apparato a quello dell’amministrazione come erogatrice di un servizio pubblico sulle cui caratteristiche e sulle cui modalità i protagonisti della società civile reclamano forme di partecipazione paritaria. Si manifestano quindi due spinte storiche al cambiamento, una facente capo alle comunità locali e l’altra ai singoli cittadini, che forniscono connotazione a tutti i fenomeni attuali di innovazione.

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3 - IL DECENTRAMENTO IN GENERALE Il processo di trasformazione generale che abbiamo delineato dà luogo ad impetuosi fenomeni di decentramento. Peraltro occorre preliminarmente evitare confusioni terminologiche chiarendo cosa s’intende con tale parola. La precisazione è necessaria in quanto nel linguaggio giuridico esistono termini che hanno una pluralità di significati e che, se non usati correttamente, possono ingenerare confusione. Decentramento ed autonomia sono parole che costituiscono esempio tipico di questa pluralità di significati che si possono annettere alla medesima espressione. La parola decentramento può essere riferita a due fenomeni distinti che in comune hanno soltanto una parte dell’effetto. Si decentra per avvicinare i luoghi di formazione delle decisioni ai contesti nei quali i cittadini vivono e operano. Peraltro occorre distinguere con chiarezza chi sono i soggetti che divengono titolari delle attività decentrate in quanto, a seconda della loro diversa natura, si producono fenomeni completamente diversi, quali il decentramento istituzionale e quello interno.

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4 - IL DECENTRAMENTO ISTITUZIONALE La prima esigenza storica da soddisfare con il decentramento è quella di valorizzare le autonomie locali (Regioni, Province e Comuni) attribuendo a tali enti territoriali compiti su materie che prima rientravano nelle competenze degli organi dell’amministrazione diretta dello Stato. Lo Stato verticistico ed accentrato si caratterizza per la forte concentrazione delle potestà decisionali in capo allo Stato stesso. Alleggerire la presenza dello Stato trasferendo compiti agli Enti territoriali su determinate materie significa operare un tipo di decentramento che possiamo definire istituzionale in quanto opera su quelle articolazioni territoriali autonome la cui presenza e valorizzazione viene posta alla base della nostra Costituzione, soprattutto dopo le modifiche recentemente introdotte. E’ un tipo di decentramento che si manifesta quindi tra lo Stato e soggetti giuridicamente diversi dallo Stato stesso.

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Il decentramento istituzionale è quello che sta occupando più intensamente la classe politica nell’attuale momento storico e che, con particolare riferimento alle Regioni, dà luogo alle discussioni relative alla trasformazione dello Stato in senso federalista. Non esistendo modelli predefiniti da applicare si tratta di affrontare un delicatissimo problema di ingegneria costituzionale alla ricerca di un punto di equilibrio che possa conciliare forti poteri attribuiti alle Regioni con gli interessi nazionali. L’evoluzione del sistema istituzionale ha già avuto modo di tradursi in norme di diritto positivo con la modifica del titolo V della Costituzione realizzata con la *legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3* e con la *legge 5 giugno 2003, n.131* concernente “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre, n. 3”. Peraltro il quadro istituzionale che scaturisce dai provvedimenti legislativi da ultimo citati non appare ancora sufficientemente chiaro trattandosi di leggi che ancora debbono assumere definitiva concretezza attraverso provvedimenti normativi di attuazione ad oggi non emanati.

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5 - IL DECENTRAMENTO INTERNO

La parola decentramento viene comunemente utilizzata anche per indicare un altro fenomeno giuridico completamente diverso dal primo.

Quello che abbiamo descritto nel precedente paragrafo è il decentramento che alleggerisce la struttura statale mediante un trasferimento di competenze agli enti territoriali in modo esclusivo e/o concorrente.

Quello di cui ci occupiamo ora avviene interamente all’interno dell’amministrazione diretta dello Stato e si muove quindi per linee interne alla stessa organizzazione. Esso determina uno spostamento di attribuzioni dagli organi centrali della pubblica amministrazione ad organi collocati in sede periferica ma che sono pur sempre statali in senso stretto costituendo articolazioni sul territorio dello stesso soggetto giuridico.

Anche quando taluni di questi organi statali periferici vengono dotati di margini di autonomia funzionale non si esce comunque da una linea di diversa collocazione delle potestà decisionali per linee interne alla medesima organizzazione.

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La revisione organizzativa della persona giuridica Stato mira a trasformare le

Amministrazioni centrali dei Ministeri in organi con prevalenti compiti di indirizzo, programmazione e controllo valutativo collocando le funzioni più strettamente operative negli organi periferici secondo quella linea, comune alle due tipologie di decentramento, di avvicinare l’emissione degli atti di gestione ai luoghi dove operano i destinatari degli stessi.

Ambedue le tipologie di decentramento sono largamente utilizzate nell’attuale momento storico e stanno producendo quei cambiamenti di ruolo nei quali tutti gli operatori pubblici sono coinvolti.

All’esito definitivo di un processo che è ancora in corso gli assetti organizzativi del sistema complessivo raggiungeranno un nuovo punto di equilibrio storico che supererà definitivamente l’attuale situazione di diffusa incertezza derivante dalla perdurante coesistenza fra vecchio e nuovo.

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6- L’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA E LA SUA EVOLUZIONE

I processi di rinnovamento dell’intera pubblica amministrazione non

potevano certo risparmiare l’Amministrazione scolastica intesa come complesso di organi centrali e periferici che direttamente o indirettamente realizzano la finalità primaria del settore che è quella di curare l’istruzione e la formazione delle giovani generazioni. Anzi la stessa costituisce un privilegiato campo di osservazione per comprendere meglio tutti i processi innovativi generali che sono in corso in quanto da una parte partecipa al rinnovamento di tutti i Ministeri e dall’altra si trasforma per il processo di rinnovamento interno del sistema scolastico quale si rende visibile nel conferimento dell’autonomia alle singole istituzioni scolastiche e nelle accresciute competenze degli enti territoriali nel settore. Tutti i concetti che abbiamo esposto nel precedente capitolo sono tutti presenti nella riforma dell’amministrazione scolastica che risulta di difficile comprensione se scollegata dal contesto complessivo.

* * * Appare necessario anche in questo caso conferire spessore storico agli eventi evidenziando come la scuola abbia storicamente partecipato alla natura centralistici ed autoritaria dello Stato italiano. In un’organizzazione statale il cui scopo è quello di rinsaldare l’unità politica e geografica del Paese, la scuola, se impostata su caratteri di uniformità su tutto il territorio nazionale, costituisce un potente fattore di coesione per la sua capillare presenza. Il fine comporta che tutte le decisioni principali, in ordine alla strutturazione del servizio siano assunte in sede centrale e siano rigorosamente rispettate dalle istituzioni scolastiche e dai suoi operatori. Da qui il sistema che vede il Ministero della Pubblica Istruzione principale depositario di tutte le decisioni più importanti in una organizzazione nella quale la forma coincide con la sostanza. Il giudizio positivo o negativo sul funzionamento del sistema scolastico non è correlato ai livelli di apprendimento degli alunni bensì al pedissequo rispetto di tutte le regole formali proposte alla attività didattica ed alla sua organizzazione.

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Nella sua origine storica l’Amministrazione scolastica è un apparato piramidale e gerarchico che va dall’Amministrazione centrale ai Provveditorati agli Studi fino alle singole scuole.

Lo stesso processo già analizzato che induce i cittadini e gli enti territoriali a privilegiare il concetto di servizio rispetto a quello di apparato, getta le radici per la radicale trasformazione degli organi del sistema scolastico. Tutto il complesso quadro sociale in mutamento impone un ripensamento globale del sistema di istruzione-formazione dando luogo al processo di cambiamento sistemico che stiamo in atto attraversando.

Il mutamento degli assetti amministrativi si lega in modo indissolubile ad un diverso modo di concepire la didattica non più legata alla pura e semplice trasmissione dei saperi acquisiti da una generazione all’altra ma attenta a trasformare gli apprendimenti in competenze ed abilità collegate alle esigenze socio-economiche dei vari contesti territoriali.

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7 - LA RIFORMA DEL GOVERNO E IL NUOVO MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

Il * decreto legislativo 30 luglio 1999, n.300 * dà avvio alla riforma del Ministero della Pubblica Istruzione. Tale decreto legislativo non riguarda in modo specifico il settore scolastico essendo relativo alla riforma e razionalizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri ma assume importanza fondamentale in quanto traduce in norme di diritto positivo tutte le tendenze evolutive della pubblica amministrazione che mirano a riconfigurare le amministrazioni centrali dei Ministeri togliendo loro ogni carattere operativo-gestionale per farne organi di programmazione, indirizzo e propulsione. Il provvedimento legislativo in questione mira a rendere più snella l’attività di Governo riducendo il numero dei Ministeri e quindi quello dei Ministri. Tale scopo viene perseguito con l’accorpamento di taluni dei precedenti Ministeri. Il settore dell’istruzione è stato interessato a questo processo di semplificazione in quanto sono stati accorpati il Ministero della Pubblica Istruzione e quello dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica dando vita all’attuale Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (M.I.U.R.).

* * * La seconda novità recata dal decreto legislativo n. 300 /’99 è stata quella di introdurre nell’organizzazione dei Ministeri i Dipartimenti o i Segretariati Generali. Ambedue tali formule organizzative, già preesistenti in talune amministrazioni ma oggi generalizzate, mirano a rendere più coordinato l’esercizio delle funzioni facenti capo a ciascun Ministero. L’organizzazione pregressa, che vedeva presenti solo Direzioni Generali od Uffici centrali equivalenti, comportava infatti una trattazione parcellizzata delle attribuzioni che aveva evidenziato la necessità di un coordinamento a livello di alta amministrazione non essendo sufficiente, per la natura politica dell’organo, quello assicurabile dai Ministri. La scelta fra le strutture Dipartimentali o il Segretariato Generale dipende dalla natura dei compiti di ciascun Ministero. Se esse sono sostanzialmente riconducibili ad un insieme omogeneo si ricorre al Segretariato. Se viceversa esse sono suddivisibili in sottoinsiemi si ricorre ai Dipartimenti. Il nuovo Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è interessato anche a questo aspetto dell’innovazione in quanto è stato individuato fra

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quelli che presentavano necessità di coordinamento delle attribuzioni mediante strutture Dipartimentali.

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8 - L’AMMINISTRAZIONE CENTRALE DEL M. I. U. R. La struttura fondamentale del nuovo Ministero dell’istruzione,

dell’Università e della ricerca aveva peraltro necessità di essere integrata con l’individuazione all’interno dei Dipartimenti, degli uffici di livello dirigenziale generale titolari delle attribuzioni coordinate dal Dipartimento.

A ciò ha provveduto il *Decreto del Presidente della Repubblica 6 novembre 2000, n. 347* che concerne la riorganizzazione degli uffici che in precedenza componevano il Ministero della Pubblica Istruzione.

Tale regolamento di organizzazione si affianca a quello preesistente che disciplina l’organizzazione dell’ex Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e Tecnologica che, essendo di costituzione recente, aveva già avuto modo di strutturarsi sulla base dei modelli organizzativi oggi generalizzati.

Il nuovo quadro organizzativo dell’Amministrazione Centrale è stato completato dal *D.M. 30 gennaio 2001* che ha individuato, all’interno delle nuove Direzioni generali e Servizi Centrali equiparati, gli uffici di livello dirigenziale non generale.

La nuova organizzazione a livello nazionale è quindi ascrivibile ad un atto legislativo primario, ad un regolamento e ad un atto di organizzazione interna. Da sottolineare che, rispetto ai principi tradizionali che vedevano tutta l’organizzazione coperta da una riserva di legge, tutto ciò che non riguarda l’assetto fondamentale è demandato ad atti più facilmente modificabili, come i regolamenti e gli atti interni di organizzazione, nel rispetto della linea generale di ampliamento progressivo degli spazi di delegificazione.

* * * Dal complesso degli atti citati scaturisce l’attuale struttura dell’Amministrazione Centrale che evidentemente non è stata adeguatamente comunicata all’esterno ed è scarsamente conosciuta dalle stesse scuole come dimostra la copiosa corrispondenza che continua ad essere indirizzata alle vecchie strutture centrali, non più esistenti dal 1° marzo 2001, data di decorrenza giuridica della nuova organizzazione. Prima di descriverla nel dettaglio dobbiamo però rendere conto del criterio che ha ispirato la ristrutturazione. Gli uffici centrali sono sempre stati ispirati ad un criterio organizzativo speculare all’ordinamento scolastico nel senso che gli uffici centrali corrispondevano ai vari gradi ed ordini di scuola ( materna, elementare, secondaria di 1° grado, classica- scientifica-magistrale, tecnica, professionale ed artistica). Uffici centrali incentrati su aree tematiche trasversali costituivano funzionali costituivano l’eccezione (personale, scambi culturali, educazione fisica e sportiva). Tale criterio ispiratore dell’organizzazione ha avuto storicamente senso fin quando ogni segmento e tipologia di istruzione aveva una sua specifica normativa anche per quanto concerneva lo stato giuridico de relativo personale ma ha perso progressivamente ogni significatività da quando i decreti delegati del 1974 hanno

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innescato una omogeneizzazione delle normative rendendo l’organizzazione dell’Amministrazione Centrale obsoleta e ripetitiva.

* * * I motivi di senescenza della pregressa organizzazione hanno dettato oggettivamente le linee di riorganizzazione dell’Amministrazione Centrale. In considerazione della trasversalità dei problemi, non più riferibili a specifici segmenti e tipologie di istruzione, il nuovo criterio non poteva non privilegiare l’individuazione di Direzioni generali preposte a problematiche omogenee. A loro volta le Direzioni Generali destinatarie di attribuzioni rientranti in più vasto insieme di funzioni legate da momenti di omogeneità o meritevoli di più stretti raccordi funzionali sono state raggruppate all’interno dei due Dipartimenti oggi esistenti. Peraltro tale modello non era idoneo a soddisfare integralmente le necessità organizzative in quanto residuavano funzioni di carattere trasversale rispetto ai Dipartimenti. A tale esigenza si è fornita risposta con i Servizi esterni ai Dipartimenti stessi chiamati a svolgere funzioni strumentali di interesse generale e posti alle dirette dipendenze del Ministro. Completano la struttura gli uffici di Gabinetto che forniscono diretto supporto all’attività politica del Ministro,separata rispetto all’attività di gestione (intesa nel senso di azioni attuative dell’indirizzo politico) secondo le previsioni normative contenute nel * decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 * che ha raccolto in un testo unico tutte le disposizioni del decreto legislativo n. 29/’93 e le successive modificazioni dello stesso.

* * * Il nuovo organigramma del Ministero è, conseguentemente, così

articolato relativamente agli organi cui compete la gestione amministrativa nel senso sopra indicato:

DIPARTIMENTO PER I SERVIZI NEL TERRITORIO - Direzione Generale per l’organizzazione dei servizi nel territorio - Direzione Generale del personale della scuola e dell’amministrazione - Direzione Generale per lo status dello studente, le politiche giovanili e le attività fisiche e

motorie - Direzione Generale per l’istruzione post-secondaria e degli adulti e per i percorsi integrati.

DIPARTIMENTO PER LO SVILUPPO DELL’ISTRUZIONE

- Direzione generale per gli ordinamenti scolastici - Direzione generale per la formazione e l’aggiornamento del personale della scuola - Direzione Generale per le relazioni internazionali

• Servizio per gli affari economico finanziari • Servizio per l’automazione informatica e l’innovazione tecnologica • Servizio per la comunicazione

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Alcune precisazioni meritano le funzioni dei Capi dei Dipartimenti che sono, anche se molto succintamente, disciplinate dall’articolo 5 del citato decreto legislativo 20 luglio1999, n.300. Essi agiscono secondo gli indirizzi politici esplicitati dal Ministro nelle proprie direttive annuali sull’azione amministrativa e non curano direttamente gli affari affidati alla struttura dipartimentale essendo il loro compito quello di coordinare l’azione delle Direzioni Generali funzionalmente incardinate nei Dipartimenti stessi. Il coordinamento, funzione per la quale il Capo Dipartimento è assistito da uffici dirigenziali di staff, si realizza principalmente mediante l’emanazione di indirizzi annuali sull’attività di gestione e il monitoraggio periodico delle azioni condotte dalle Direzioni generali funzionalmente dipendenti.

* * *

A conferma della fondamentale rilevanza che i capi dei Dipartimenti assumono nell’organizzazione dei Ministeri la legge pone in capo a loro la responsabilità per i risultati complessivi dell’azione amministrativa degli uffici che a loro fanno riferimento. Tale previsione appare coerente con il rapporto di stretta contiguità dei titolari dei Dipartimenti con il vertice politico dell’Amministrazione tanto da giustificare l’assoggettamento degli stessi allo spoil-system in occasione dei cambi governativi. Meno coerente appare l’estensione dello spoil-system ai Direttori Generali che, dovrebbero essere meno “contigui” al vertice politico in quanto non attributari di funzioni rientranti nell’alta amministrazione”.

* * * Per quanto concerne le funzioni dei Direttori generali e dei Capi dei servizi trasversali, appare opportuno chiarire che, a differenza di quanto accadeva nel passato, essi non svolgono compiti gestionali nel senso operativo di emissione di atti concernenti l’amministrazione di dettaglio. I compiti operativi in senso stretto sono stati trasferiti tutti agli organi periferici dell’amministrazione ed alle scuole autonome. Compito degli uffici centrali è quello di elaborare le politiche nazionali dell’istruzione e della formazione nelle specifiche materie affidate alle loro cure . Tali politiche nazionali ricevono poi, sviluppo ed articolazione in periferia per consentire una loro curvatura in relazione alle diverse situazioni dei contesti territoriali regionali. Ulteriore precisazione va fatta per quanto riguarda i compiti dell’amministrazione centrale e dell’amministrazione scolastica in generale. Essi infatti non possiedono più l’originaria estensione perché i processi di riforma hanno inciso anche su tale aspetto. Talune attribuzioni, a dimostrazione che nel settore ha operato anche il *decentramento istituzionale *, sono state trasferite alle Regioni e

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agli Enti locali per effetto di quanto previsto dagli articoli da 135 a 139 del *decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112* emesso in base alla delega contenuta nella * legge 15 marzo 1997, n.59 *.

* * * La normativa da ultimo citata, in tema di gestione dell’istruzione scolastica, ha ridisegnato la distribuzione dei compiti fra Stato ed enti territoriali, fatti salvi gli ulteriori sviluppi di natura costituzionale che eventualmente interverranno. Alle Regioni sono state delegate le seguenti funzioni amministrative:

- programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale;

- programmazione su base regionale, nei limiti delle disponibilità di risorse umane e finanziarie, della rete scolastica;

- suddivisione, sulla base anche delle proposte degli enti locali interessati, del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa;

- determinazione del calendario scolastico; - contributi alle scuole non statali; - iniziative e attività di promozione relative all’ambito delle funzioni conferite.

Alle Province (relativamente all’istruzione secondaria superiore) ed ai Comuni (in relazione agli altri gradi inferiori di scuola) sono state attribuite le seguenti funzioni:

istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione; redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio; piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d’intesa con le istituzioni scolastiche; sospensione delle lezioni in casi gravi ed urgenti; costituzione, controllo e vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, degli organi collegiali scolastici a livello territoriale.

* * *

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9 - GLI ORGANI PERIFERICI DELL’AMMINISTRAZIONE SCOLASTICA,LE DIREZIONI GENERALI REGIONALI E I C.S.A.

La trasformazione del livello nazionale dell’Amministrazione scolastica è stata accompagnata da un’altrettanto incisiva riorganizzazione del livello periferico,tradizionalmente impostato su base provinciale. I Provveditorati agli studi hanno per decenni costituito l’asse portante dell’organizzazione periferica. In una struttura verticistica e accentrata essi sono nati non per costituire punto di snodo della politica scolastica nazionale nei vari contesti territoriali ma per gestire tutte le operazioni amministrative di gestione del personale della scuola (graduatorie, nomine, status economico, trasferimenti, etc.) e soprattutto per essere i garanti del rispetto da parte delle scuole delle regole formali che disciplinano la sua attività. Il processo di innovazione che privilegia la flessibilità degli interventi e spezza i rigidi vincoli della burocrazia ne ha reso storicamente superati ruolo e funzione creando le premesse per la loro soppressione. In un sistema che si avvia verso l’integrazione dell’istruzione e della formazione professionale l’asse dell’organizzazione amministrativa si sposta verso il livello territoriale regionale per consentire allo Stato ed alle Regioni un dialogo ed un’interazione continua. Le politiche scolastiche nazionali hanno necessità, nell’attuale momento storico, di articolarsi flessibilmente nei contesti locali per fornire adeguata risposta ai diversificati bisogni formativi.

* * * Stessa sorte hanno subito le Sovrintendenze scolastiche regionali nate nel 1967 per gestire le problematiche dell’edilizia scolastica ma svuotate ben presto dell’originaria finalità istituzionale per effetto del passaggio alle Regioni delle competenze nella specifica materia. Le strutture sono state utilizzate, fino alla data di operatività della nuova struttura organizzativa, prevalentemente per la gestione dei concorsi a cattedre e per lo svolgimento delle procedure per il conseguimento dell’abilitazione. Il loro livello territoriale di competenza, riferito ad un ambito regionale, non deve però far pensare che le Direzioni Generali Regionali di nuova istituzione sostituisca l’evoluzione delle soppresse Sovrintendenze scolastiche, trattandosi di organi completamente nuovi senza alcun nesso funzionale con quelli soppressi.

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L’Amministrazione scolastica si presenta dunque sul territorio con un organo a livello di Direttore Generale in ciascuna Regione la cui presenza è prevista dal D.P.R. 347/2000. Le Direzioni Generali Regionali sono preposte alla cura di tutte le competenze residuate allo Stato in materia di istruzione dopo il conferimento di attribuzioni agli enti locali disposto dal citato decreto legislativo 112/1998. Svolgono altresì tutte le funzioni amministrative di carattere operativo e gestionale trasferite dall’Amministrazione centrale dopo la sua trasformazione in organo di indirizzo nonché tutte quelle che, per loro natura, non possono essere attribuite alle istituzioni scolastiche. La sua missione essenziale è quella di rendere possibile un’articolazione territoriale delle politiche nazionali decise dal centro in una costante interazione con i soggetti pubblici e privati del territorio.

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Le Direzioni Generali Regionali si articolano per funzioni e sul territorio. Oltre a svolgere i propri compiti con una strutturazione interna decisa dal Direttore Generale nella sua potestà organizzatoria hanno anche delle diramazioni territoriali a livello provinciale o sub-provinciale. Si tratta dei Centri di servizio amministrativi che, sia pure nel mutato quadro funzionale, sono subentrati ai Provveditorati agli studi nel livello territoriale specifico. La presenza di questi centri non deve però far pensare ad entità diverse dalle Direzioni Generali Regionali. Gli unici organi periferici dell’amministrazione scolastica sono queste ultime e i C.S.A. sono organi interni delle stesse con la sola particolarità di rendersi visibili non all’interno della stessa struttura fisica ma con una dislocazione territoriale diversa.

* * * Questa natura di organi direttamente dipendenti dal Direttore dell’ufficio scolastico regionale incide sul quadro delle loro attribuzioni dei C.S.A che non sono predefinite ma dipendono dalle decisioni adottate dal Direttore Generale nell’organizzazione del proprio ufficio. Ciò è coerente con il ridisegno organizzativo dell’amministrazione periferica ma attenua la riconoscibilità esterna che dovrebbe contraddistinguere gli organi della pubblica amministrazione da parte degli amministrati. Comunque potenziali inconvenienti connessi alla variabilità dei compiti, provincia per provincia, è rimasta pressoché ovunque allo stato teorico in quanto quasi tutti i C.S.A. continuano a svolgere le funzioni residuate ai soppressi Provveditorati agli studi dopo le perdite di attribuzioni in favore delle Direzioni Generali Regionali e delle scuole autonome.

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Tali funzioni riguardano la gestione del personale docente per tutte quelle procedure di stato giuridico che non possono essere svolte a livello di singola istituzione scolastica in quanto il loro svolgimento presuppone l’interconnessione di una pluralità di istituzioni (graduatorie, nomine, trasferimenti etc.). Ai residui compiti amministrativi, non altrimenti collocabili essendo tuttora provinciali i ruoli del personale docente ed amministrativo della scuola, si aggiungono peraltro funzioni del tutto nuove quali il supporto all’autonomia scolastica che la Direzione Generale non potrebbe efficacemente svolgere sul territorio regionale senza l’ausilio di organi operanti su un livello territoriale meno ampio di quello regionale.

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10 - IL LIVELLO DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA

L’aspetto più rilevante delle innovazioni introdotte nel settore della scuola è senza dubbio la nuova configurazione giuridica delle singole istituzioni scolastiche alle quali è stata attribuita l’autonomia e la personalità giuridica.

Ribaltando la piramidale organizzazione gerarchica del precedente assetto ordinamentale le scuole sono state poste al centro del sistema e tutte le riforme degli altri organi dell’amministrazione scolastica sono conseguenziali a questa scelta. L’istruzione e l’educazione, nel rispetto delle norme ordinamentali poste dallo Stato, debbono essere gestite dall’ente erogatore immediato del servizio e l’amministrazione perde il suo carattere originario di entità che tutto decide, dai programmi delle discipline alle modalità di erogazione del servizio per assumere quello di sostegno ed indirizzo alle acquisite potestà decisionali delle scuole che interagiscono con il territorio.

* * * I poteri connessi all’autonomia sono quelli disciplinati dal * Decreto del

Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 * e sono essenzialmente legati ai processi educativi nei campi organizzativo, didattico, finanziario e di ricerca.

Tali aspetti vengono ampiamente trattati in altre unità didattiche del corso e quindi non ci soffermiamo su di esse.

L’aspetto che qui intendiamo approfondire è quello connesso al decentramento alle scuole di funzioni amministrative, di gestione del personale in quanto rientra nel ridisegno dell’amministrazione scolastica.

L’autonomia è attribuita prevalentemente per introdurre una permanente forma di flessibilità nell’erogazione del servizio di istruzione consentendo, ferma restando l’inviolabilità degli ordinamenti scolastici, di adeguare l’offerta formativa ai bisogni diversificati e variabili dei contesti territoriali. L’attribuzione alle scuole di funzioni amministrative è un processo parallelo che non va confuso con quello che ha portato l’autonomia.

* * * La fonte normativa che disciplina le funzioni amministrative e di gestione

demandate alle istituzioni scolastiche è il citato D.P.R. 275/’99 ed in particolare gli articoli 14 e 15. La tecnica utilizzata non è quella di elencare i compiti trasferiti ma di evidenziare quelli esclusi che rimangono nelle competenze delle Direzioni Generali Regionali che le gestisce attraverso i C.S.A.. Tutte le incombenze amministrative non espressamente elencate come di pertinenza di altri organi spettano alle istituzioni scolastiche :

! formazione delle graduatorie permanenti riferite ad ambiti

territoriali più vasti di quelli della singola istituzione scolastica; ! reclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico ed

ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato

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! mobilità esterna alle istituzioni scolastiche e utilizzazione del personale eccedente l’organico funzionale di istituto

! autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per i quali sia previsto un contingente nazionale; comandi, utilizzazioni e collocamenti fuori ruolo;

! riconoscimento di titoli di studio esteri, fatto salvo quanto previsto nell’articolo 14, comma 2.

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F O N T I N O R M A T I V E

! LEGGE COSTITUZIONALE 18 OTTOBRE 2001, N.3 ! LEGGE 5 GIUGNO 2003, N.131

! DECRETO LEGISLATIVO 30 LUGLIO 1999, N.300

! DECRETO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 NOVEMBRE 2000,

N.347 ! D. M. 30 GENNAIO 2001

! DECRETO LEGISLATIVO 30 MARZO 2001, N.165

! DECRETO LEGISLATIVO 31 MARZO 1998, N.112

! LEGGE 15 MARZO 1997, N.59

! DECRETO PRESIDENTE DELLE REPUBBLICA