La rinascita del Naviglio della Martesana Porta Nuova ... · di fattibilità per la riapertura dei...

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La rinascita del Naviglio della Martesana rafforza la centralità di Porta Nuova ridefinendo l’ingresso alla città storica. MATTEO BELLINI RICCARDO CARNAGHI SIMONE GEROSA

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La rinascita del Naviglio della Martesana rafforza la centralità di Porta Nuova ridefinendo l’ingresso alla città storica.

MATTEO BELLINIRICCARDO CARNAGHISIMONE GEROSA

LA RINASCITA DEL NAVIGLIO DELLA MARTESANA RAFFORZA LA CENTRALITÀ DI PORTA NUOVA

RIDEFINENDO L’INGRESSO ALLA CITTÀ STORICA

AUIC - Scuola di Architettura, Urbanistica, Ingegneria delle CostruzioniCorso di Laurea Magistrale in Architettura - Progettazione Architettonica

Tesi di Laurea MagistraleDicembre 2017

Matteo BELLINI - 851248Riccardo CARNAGHI - 852149

Simone GEROSA - 851209

Relatore:Prof. Marco Stanislao PRUSICKI

Correlatori:Prof. Alessio SCHIAVO

Prof. Giovanni CISLAGHI

Un sentito ringraziamento ai nostri professori, Marco Stanislao Prusicki, Alessio Schiavo e Giovanni Cisla-ghi, che ci hanno guidato con professionalità e continua disponibilità in questo percorso di studi, fornen-doci numerosi insegnamenti, preziosi consigli e momenti di confronto. Un ringraziamento speciale ai nostri compagni, in particolare a Giorgio, Alberto, Camilla, Barbara, Chicca, Martina, Olga, Aurora e Miriam, per i tanti bei momenti passati insieme in questi anni. Un ultimo ringrazia-mento, ma non per importanza, lo rivolgiamo a Luigi, nostro compagno di gruppo in questo biennio, che ci ha aiutato nella realizzazione di questo progetto: grazie per il prezioso aiuto e la sincera amicizia.

Voglio ringraziare tutta la mia famiglia, in particolare i miei genitori per essermi stati vicini sempre, per aver-mi incoraggiato e sostenuto nelle mie scelte, per avermi permesso di studiare. Un ringraziamento speciale anche ai miei cugini Porciola. Un grazie va a Valeria, che in questi due anni mi è stata accanto e ha saputo, durante le difficoltà, farmi guardare le cose da un altro punto di vista e ha saputo incoraggiarmi sempre.Un grazie va anche ai miei amici e compagni di viaggio e di mille avventure Jacopo, Andrea e Matteo che con un semplice sorriso mi hanno sempre sostenuto e accompagnato durante le varie difficoltà e le gioie. Un grazie per il bel lavoro svolto insieme va anche ai miei compagni e amici Simone e Riccardo.Matteo Bellini

Ringrazio tutta la mia famiglia per l’affetto e il continuo supporto nelle mie scelte, in particolare i miei genitori, per gli sforzi che hanno sempre fatto per permettermi di raggiungere questo importante obiettivo. Un ringraziamento speciale anche agli amici di sempre, immancabili nei momenti di bisogno. Infine voglio ringraziare i miei compagni Matteo e Simone per il percorso che abbiamo condiviso: che questo sia solo il primo di tanti progetti insieme.Riccardo Carnaghi

Ringrazio tutti quelli che mi hanno supportato per il raggiungimento di questo importante obbiettivo. In primis i miei genitori che mi hanno permesso di perseguire questo sogno nella miglior modo possibile, un grazie a mio fratello Nicholas per l’aiuto fornitomi negli ultimi due anni. Un enorme grazie lo devo a Roberta che è stata la mia spalla e punto di appoggio morale per ogni mio momento di felicità e di difficoltà. Ringra-zio anche chi mi ha dato la possibilità di crescere nell’ambito lavorativo durante il mio periodo di studi. Per ultimi volevo ringraziare Matteo e Riccardo per i due splendidi anni vissuti sperando che questo traguardo sia l’inizio di collaborazioni future.Simone Gerosa

La riapertura del Naviglio della Martesana lungo via Melchiorre Gioia è un’occasione per ridefinire l’area di Porta Nuova, molto impor-tante nei nuovi assetti della città di Milano, centrandola nel concet-to di ingresso alla città storica. Il sistema dei Navigli e le porte di ingresso alla città, sono due temi storici che hanno caratterizzato per secoli Milano, e che, nella loro riscoperta, diventano elemento portante per caratterizzare un’area

che ha dimenticato la presenza di questi elementi, nonostante le numerose e continue trasforma-zioni. Il progetto si pone quindi l’obiettivo di creare nuovi centri di attrattività legati al contesto in cui si trovano, cercando di mettere in luce questi due sistemi storici, in particolare il tema dell’acqua, visto come elemento caratteriz-zante dell’architettura e dell’intero sistema urbano. Vengono studiati gli spazi della socialità attraverso

un organismo architettonico unita-rio, in cui spazi ludici si alternano a spazi espositivi e aree termali si confrontano con aree dedicate alla cultura, cercando sempre di focalizzare il rapporto tra questi spazi e l’acqua. Sfruttando il siste-ma della Martesana, l’area viene trasformata ridefinendola nell’an-tico ingresso in città, su cui si atte-sta un asse ciclo – pedonale che collega la periferia nord – orienta-le della città con il centro storico.

ABSTRACT

The re opening of Naviglio Marte-sana along Melchiorre Gioia Street it’s an opportunity to redefine Porta Nuova area, that is very important in the new structure of the city of Milan, centering in the concept of entrance in the historical city. The Navigli system and the gateways to the city are two historical the-mes that have characterized Milan for centuries, and which, in their rediscovery, become a driving ele-ment to characterize an area that

has forgotten the presence of the-se elements despite the many and continuous transformations. The project therefore aims to create new attractiveness centers related to the context in which they are lo-cated, trying to highlight these two historical systems, in particular the theme of water, seen as a cha-racterizing element of architecture and the entire urban system. So-cial spaces are studied through a unitary architectural complex, in

which play spaces alternate with exhibition spaces and spa areas are compared with areas dedi-cated to culture, always trying to focus the relationship between these spaces and water. Taking advantage of the Martesana sy-stem, the area is transformed by redefining it in the ancient entran-ce to the city, on which a cycle - pedestrian route ends, connecting the north-eastern suburbs of the city with the old town.

ABSTRACT

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Indice

I. La strategia generale di intervento

II. I riferimenti per il progettoa. Gli interventi dell’ultimo decenniob. La costruzione della Martesanac. L’industrializzazione della Martesanad. Le trasformazioni ottocentesche del tracciato ferroviario per Monzae. Il secondo dopoguerra: la vicende del centro direzionale

III. La proposta progettualeIntroduzionea. I rapporti urbanistici con il contesto urbanob. L’alzaia della Martesanac. Il complesso ipogeo, quota + 116,40 s.l.m.d. Il complesso ipogeo, quota + 120,60 s.l.m.e. Il complesso sulla Darsena, quota + 121,45 s.l.m.f. Il complesso sulla Darsena, quota + 126,75 s.l.m.g. Il complesso sulla Darsena, quota + 132,05 s.l.m.h. Il complesso sulla Darsena, quota + 137,35 s.l.m.i. Le relazioni con la Darsenaj. L’affaccio sull’acqua

IV. Il Contributo del progetto al masterplan

Bibliografia

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I.

La strategia generale di intervento

Il lavoro svolto in questi anni all’in-terno del Laboratorio di Proget-tazione Architettonica, intende fornire una ricerca progettuale finalizzata alla riqualificazione di una serie di aree periferiche della città di Milano, individuando il si-stema dei Navigli, ed in particolare il Naviglio della Martesana come asse portante per lo sviluppo di nuove centralità. Questo viene ri-considerato, per la sua importan-za storica, come elemento lineare fondante per la costruzione di nuo-vi centri di attrattività direttamen-te collegati alle identità locali che si sono sviluppate nel corso della storia, con l’obiettivo di trasforma-re questi luoghi in una visione con-temporanea della città. La ricerca progettuale si propone quindi come tema di discussione per le politiche di trasformazione del settore nord-orientale della città, legandosi direttamente agli

studi condotti per la riapertura del sistema dei Navigli1, utilizzando il Naviglio della Martesana come strumento progettuale per poten-ziare il collegamento fra il centro della città e l’hinterland milanese. La riapertura dei Navigli, signifi-cherebbe per Milano “una ricon-quista ambientale indispensabile per gli effetti che la riapertura avrà sulla riduzione del traffico veicola-re, sul potenziamento del trasporto pubblico e sull’uso delle acque per l’irrigazione dei giardini e dei parchi, per produrre calore e freddo per gli edifici pubblici e privati. La riaper-tura è anche l’occasione per rida-re motivazione alle forme urbane derivate dalla presenza dell’acqua, per ricomporre paesaggi conside-1 Si fa riferimento alle “Attività di ricerca scientifica e tecnica finalizzate allo studio di fattibilità per la riapertura dei Navigli milanesi nell’ambito della riattivazione del sistema complessivo dei Navigli e della sua navigabilità” svolte dal Politecnico di Milano.

rati di magnificenza civile, ma an-che per creare nuove forme urbane significative ed esemplari per dare continuità tra passato e futuro”2.Vengono quindi proposte sei aree di intervento: l’area di Melchiorre Gioia – Pirelli, in cui si sviluppa la nostra proposta progettuale, l’area di Greco Cassina de’ Pomm, l’area di Greco Rottole, l’area di Gorla Par-co Martesana, l’area di Crescenza-go Asiago e l’area di Crescenzago S. Mamete. In ognuna di queste aree viene proposta la realizza-zione di un polo caratterizzato da funzioni legate all’acqua (ludiche, sportive, ecc.) più una o due fun-zioni caratterizzanti ed una serie di altre funzioni minori a completare il progetto.

2 Politecnico di Milano, Attività di ricer-ca scientifica e tecnica finalizzate allo stu-dio di fattibilità per la riapertura dei Navigli milanesi nell’ambito della riattivazione del sistema complessivo dei Navigli e della sua navigabilità, Vol. I, Milano, 2011, p. 22

“Tristesse d’une ville sans fleuve” (Charles Baudelaire)

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II.

I riferimenti per il progetto a. Gli interventi dell’ultimo decennio

L’area di Porta Nuova null’ultimo decennio ha subito una serie di importanti trasformazioni, dovute soprattutto al grande intervento immobiliare che è andato a col-mare il vuoto lasciato per decen-ni dalla stazione delle Varesine. Su quest’area, tuttora in continuo cambiamento, sono sorti una serie di grattacieli, sia residenziali, che sede di importanti società a livello internazionale, tra cui le Torri Uni-credit, firmate da César Pelli, Bo-sco Verticale di Stefano Boeri, Tor-re Solaria di Studio Arquitectonica e molti altri edifici, alcuni dei quali ancora in costruzione o che sorge-ranno nei prossimi anni. Tutto que-sto intervento, paradossalmente, ha quasi ricreato quel “Centro Dire-zionale” che negli anni Cinquanta è stato tema di grandi dibattiti sen-za mai essere, in realtà, realizzato.

La Torre Servizi Tecnici Comunali, realizzata nel 1966 su progetto di Gandolfi, Bazzoni, Fratino e Putelli, è ancora oggi uno dei pochi sim-boli di quel progetto incompiuto. Questo edificio e i pochi altri co-struiti in quel periodo, come Torre Galfa, sono oggi in fase di riquali-ficazione e rimodernamento, per adattarli alla contemporaneità del contesto. Il quartiere, infatti, ha vissuto in poco tempo una rapida trasformazione, trovando in Piaz-za Gae Aulenti e nei grattacieli che la circondano, progettati da diver-se firme internazionali, un nuovo simbolo di centralità della città fre-quentato da numerose persone.Lungo via Melchiorre Gioia, alcuni edifici residenziali hanno lasciato spazio alle sedi di diversi enti pub-blici, tra cui spicca la nuova sede della Regione Lombardia, un inter-

vento massiccio che comprende un intero isolato, mentre su via Sasetti si affaccia il grande spazio del futuro Parco di Porta Nuova, un’ampia area verde tuttora in via di realizzazione.Tutta questa serie di interventi ha completamente dimenticato il passaggio della Martesana e del Seveso, che per diversi secoli hanno caratterizzato lo sviluppo di quest’area, e che, nonostante il passaggio nel sottosuolo, sono ancora parte integrante dell’or-ganizzazione della città. Questi elementi vanno quindi visti come un’occasione per dare continuità a questo sviluppo storico e per tornare ad essere elemento carat-terizzante delle architetture di que-sta porzione di città.

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Foto aerea dell’area di Porta Nuova oggi. Sullo sfondo i diversi grattaciali sorti negli ultimi anni, sedi di multinazionali, uffici pubblici e residenze di lusso.

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b. La costruzione della Martesana

L’area di Porta Nuova, che nell’ul-timo decennio ha subito una serie di importanti trasformazioni, trova origine, in realtà, nel sistema delle acque della città. Per una proget-tazione che intenda valorizzare al meglio il Naviglio della Martesana, infatti, bisogna fare un’analisi de-gli eventi storici e urbanistici che sono successi in questa area.Ancora oggi è possibile vedere la Porta Nova medievale, posiziona-ta nell’attuale Piazza Cavour al ter-mine di via Manzoni, un’importan-te testimonianza dell’antica cinta muraria eretta per difendere la cit-tà dagli attacchi del Barbarossa. Si pensa però che una Porta Nova fu aperta ancor prima in epoca romana al termine dell’attuale via Manzoni, in direzione di Monza e di Lecco, nelle mura imperiali della città. Sia nella città romana che in

quella medioevale, quest’area era caratterizzata dalla presenza del Sevesetto, un canale derivato in epoca romana dal Seveso per con-durre le acque in città e alimenta-re il suo fossato. L’area al di fuo-ri delle mura medievali del 1171 era caratterizzata principalmente da terreni agricoli e dalla presen-za della strada per Monza e dalla strada Valassina per Niguarda e Desio, che entrava in città dalla Porta Nuova medievale. Nel 1323, Galeazzo I Visconti fece costruire un secondo fossato di difesa detto Redefossi, anch’esso alimentato dal Sevesetto. Seppur poco utile a scopi difensivi, ben presto si quali-ficò come cinta daziaria. Lì, infatti, veniva riscosso il dazio per ogni merce che entrava in città.Molto importante per la storia di questo luogo è però la presenza

del convento di S. Angelo vecchio, di cui oggi se ne è persa ogni trac-cia, e che, per fare un salto alla situazione odierna, era collocato nell’area interessata dal progetto. Nel 1421 i canonici di Santa Maria Fulcorina donarono ai frati minori un oratorio dedicato a S. Angelo, collocato fuori Porta Nuova. “In-torno ad esso i francescani costru-iranno, sul modello della basilica di S. Maria di Assisi, il più grande complesso milanese del ‘400, con 5 chiostri, 2 dormitori, una grandio-sa infermeria, una foresteria, delle officine, un refettorio, un grandissi-mo giardino con un bosco di filari di querce e il tutto circondato da mura”3.

3 Giovanni Cislaghi, “L’anomalia di Porta Nuova”, Architettura Civile – Giornale della Facoltà di Architettura Civile, N. 2, dicem-bre 2009, p. 3

Gli archi di Porta Nuova con il campanile di S. Bartolomeo.

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L’evento che segna radicalmente quest’area avviene tra il 1457 e il 1465 quando Francesco Sforza fa costruire dall’Ingegner Bertola da Novate il Naviglio della Martesana, già ideato nel 1443 da Filippo Ma-ria Visconti. Inizialmente costruito a scopo irriguo, diventa poi naviga-bile nel 1471 con la costruzione di una conca a Gorla, dove le acque che arrivano dall’Adda confluisco-no nel Sevetto, prima di entrare in città.Se osserviamo lo schizzo di Mi-lano realizzato da Leonardo da Vinci, possiamo notare come sia schematizzato lo schema delle ac-que milanesi: tre cerchi concentri-ci intersecati da altre linee radiali. Nella zona di Porta Nuova è inte-ressante vedere come Leonardo disegni un ultimo tratto rettilineo della Martesana, da lui progettato. Poco distante è invece raffigurato un grande complesso edilizio, iden-tificabile nel convento di S. Angelo vecchio, posto però in corrispon-denza del Naviglio di San Marco, forse proprio a dimostrare l’impos-sibilità di rettificare il corso della Martesana senza l’abbattimento di questo complesso.

Il progetto di Leonardo da Vinci per l’ingresso della Martesana in città. Fol. n. 19115 v dei Fogli di Anatomia conservati nella Royal Library di Windsor.

Porta Nuova lungo la strada per Monza, nell’antichità e nel Medioevo.(Disegno di. G. Cislaghi)

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La demolizione del convento di S. Angelo vecchio, avviene però tra il 1547 e il 1551 per scopi militari, rendendo quindi possibile l’apertu-ra in rettifilo dell’ultimo tratto della Martesana, da Cassina de’ Pomm

al Monastero dell’Incoronata, che fino a quell’epoca confluiva nel Se-vesetto. Nel 1560 fu completata anche la costruzione dei bastioni spagnoli, voluti da Don Ferrante Gonzaga, mentre lungo il corso

della Martesana venne costruito un piccolo edificio per riscuotere i dazi, detto Gabella del Sale, ed al suo fianco fu costruito il Ponte del-le Gabelle sopra il corso d’acqua.

I “Portoni di Porta Nova” (inc. M.A. Dal Re, 1745)

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c. L’industrializzazione della Martesana

Già nel secondo Settecento, l’area tra Porta Nuova e Porta Comasina, vista la grande ricchezza di acque determinò la nascita di una se-rie di stabilimenti industriali. “Nel fondo della Barbòla, lungo l’antico

tracciato della Valassina, ormai in-terrotto dai bastioni, i fratelli Rho, nel 1754, introdussero in Milano la lavorazione del cotone, in uno sta-bilimento che diventerà, nel 1778, su progetto dell’architetto Pierma-

rini, sede della Zecca”4.Verso la fine del secolo, in epoca Napoleonica, sono molte le vicen-4 Giovanni Cislaghi, “L’anomalia di Porta Nuova”, Architettura Civile – Giornale della Facoltà di Architettura Civile, N. 2, dicem-bre 2009, p. 5

L’ I.R. Privilegiata Strada Ferrata da Milano a Monza, ing. G. Sarti, 1839-1840. (Disegno di F. M. Montini)

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de architettoniche che interessa-rono la costruzione di un nuovo edificio che doveva dare uno sboc-co territoriale al corso di Porta Nuova. Tra le varie idee presenta-te, tra cui citiamo quelle di Luigi Cagnola, nel 1810 venne scelta quella di Giuseppe Zanoia, ancora oggi visibile in Piazza Principessa Clotilde.Nell’Ottocento la presenza della ferrovia e la possibilità di sfrutta-re l’energia idraulica prodotta dalla Martesana, sono alla base di uno massiccio sviluppo industriale che interessa quest’area, all’esterno del tracciato ferroviario, con una

serie di vari stabilimenti produtti-vi, edifici residenziali per la classe operaia ed edifici pubblici. La prima ferrovia, inaugurata nel 1840, era la linea Milano – Monza, con una stazione di testa, proget-tata dall’ingegnere Giovanni Mila-ni, situata al Ponte delle Gabelle, fuori Porta Nuova. A questo siste-ma di ferrovie e stazioni di testa, seguì nel 1857, la scelta di unifica-re in unica grande stazione tutto il servizio passeggeri e di confluire le diverse provenienze lungo una cintura in rilevato che avvolgeva la città.Il naviglio diventa, quindi, asse

portante per il sistema industriale; “sulla destra del canale, nel 1845, si insedia la Grondona, prima in-dustria milanese specializzata in vagoni ferroviari, mentre sull’altro lato, lungo l’antico tracciato della Valassina, nel 1846, il francese Bo-uffier installa una fonderia di ghisa con officina meccanica, in un edifi-cio già utilizzato dalla manifattura di cotoni e tele stampate Cavalli e Agostoni, insediatasi nel 1822 in una casa appartenuta al Collegio Elvetico.”5 5 Giovanni Cislaghi, “L’anomalia di Porta Nuova”, Architettura Civile – Giornale della Facoltà di Architettura Civile, N. 2, dicem-bre 2009, p. 7

Vista dello stabilimento Grondona verso la fine dell’Ottocento, con in primo piano la Martesana

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Verso la fine dell’Ottocento, con l’approvazione del Piano Beruto, si va verso una progressiva copertu-ra dei corsi d’acqua, ritenuti ormai un ostacolo verso la modernizza-zione della città ed un problema di natura igienico-sanitaria. La co-pertura del Sevesetto, infatti, è una diretta conseguenza del Piano Be-ruto, trasformandosi così nelle vie Fabio Filzi e Galileo Galilei. Nella relazione al Piano di Milano Beru-to scrive: “Nei rapporti d’igiene il Piano contempla il dislocamento dell’Olona e la tombinatura di molti canali, fra i quali si citano primi per importanza il Redefossi, il Seveso,

il Borgognone, la Vettabbia in quan-to scorrono aperti lungo alcune vie della città. Dipendentemente dalla progettata tombinatura essi scom-parvero dai tipi per figurare quali zone stradali […] .L’igiene della città dipende più che non si crede dalla canalizzazione. E’ d’uopo dunque toccare anche tale argomento.”6

Lungo il corso della Martesana, intanto continuò lo sviluppo indu-striale: l’ex stabilimento Elvetica 6 Maurizio Boriani, Augusto Rossari, Renato Rozzi, La Milano del Piano Beruto (1884-1889), Società, urbanistica e archi-tettura nella seconda metà dell’Ottocento, Vol. II, Milano, Edizioni Angelo Guerini e Associati, 1992, pp.227-238

cambiò più volte proprietà, “ fino a quando, con la gestione di Erne-sto Breda (1886), ebbe la possibi-lità di investire, in modo pressoché esclusivo, nella produzione di loco-motive e vagoni ferroviari, arrivan-do ad occupare, nel 1900, lungo la Martesana, prima del suo trasferi-mento a Sesto, 1.500 operai su mq 45.000”7. Lo stabilimento Pirelli e C., nato nel 1872 lungo il corso del Sevesetto, registrò un rapido e continuo sviluppo, passando da

7 Giovanni Cislaghi, “L’anomalia di Porta Nuova”, Architettura Civile – Giornale della Facoltà di Architettura Civile, N. 2, dicem-bre 2009, p. 7

d. Le trasformazioni ottocentesche del tracciato ferroviario per Monza

Piano Regolatore Pavia - Masera. Porzione riguardante il progetto per i nuovi giardini lungo l’ex tracciato ferroviario per Monza.

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una superficie iniziale di 3.000 mq a 41.000 mq circa nel 1900.Numerosi sono i nuovi assi viari disegnati da Beruto per quest’a-rea, in particolare una serie di viali paralleli al tracciato dei bastioni, come le attuali Via Galvani e Via-le Sondrio, che tagliano perpen-

dicolarmente il Naviglio e la linea ferroviaria per Monza. Proprio sulla linea di quest’ultima, Beruto disegna un sistema di spazi verdi pubblici lineari, poi ripresi e ridise-gnati nel Piano Pavia – Masera del 1912, che dopo la rimozione della via ferrata diventeranno gli attuali

giardini Aldo Protti e Gregor Men-del. Quella che era la prima via ferrata della città, cioè la Milano – Monza, diventa quindi un grande viale verde che entra in città quasi parallelamente al corso della Mar-tesana.

Pianta dello stabilimento Breda nel 1900.

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Evoluzione storica dell’area di Porta Nuova tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento.

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e. Il secondo dopoguerra: le vicende del centro direzionale

Già nei primi anni del XX secolo e poi anche tra le due guerre, si registra un progressivo decentra-mento industriale, causato soprat-tutto dall’evoluzione tecnologica e dall’esigenza di nuovi spazi, la-sciando in queste aree ampi spazi da ripensare e reintegrare nel si-stema della città. Il piano regolatore del secondo dopoguerra continua le politiche intraprese da Beruto verso una progressiva copertura dei Navi-gli, realizzando, in particolare, la tombinatura della Martesana nel 1961 e successivamente anche la copertura del nodo idraulico del Ponte delle Gabelle, nel 1970. Vie-ne ridefinita interamente la nuova via Melchiorre Gioia, sorta sopra il corso del Naviglio, dilatando la precedente sezione stradale. Una

serie di complessi per abitazioni, negozi ed uffici, sorti nei primi anni cinquanta, sembrano ridefinire i caratteri architettonici di questa strada moderna, con una sequen-za di corpi bassi, medi e alti, diver-samente orientati in rapporto alla strada.I vari stabilimenti industriali che caratterizzavano l’area di Porta Nuova, data la loro grandezza e l’impossibilità di essere riutilizzati nelle nuove dinamiche della città, vengono progressivamente de-moliti, lasciando spazio a nume-rosi interventi di lottizzazione. Sul vuoto lasciato dall’ex stabilimen-to Grondona, tra le due guerre, fu bandito un concorso per la realiz-zazione di un “quartiere modello” per la media borghesia, che anco-ra oggi è il complesso residenziale

di via Sasetti. Lo stabilimento Bre-da, demolito negli anni ’50, lasciò un grande spazio che era destina-to “alla costruzione di un grandioso palazzo degli uffici ed altri fabbri-cati di carattere imponente”8. Nel Piano AR, infatti, era presente la proposta per un “Centro Direzio-nale” che avrebbe dovuto ospitare le sedi di importanti società e di-versi enti pubblici, e in un secon-do momento le attività minori. Fu bandito un concorso di idee, a cui parteciparono i principali architet-ti italiani, che si concluse senza vincitori, aprendo un lungo dibat-tito sul destino di quest’area, che rimase incerto per molti anni, an-

8 Giorgio Fiorese (a cura di), MZ2: Mi-lano Zona Due: Centro direzionale Greco Zara, Milano, Comune di Milano: Ufficio editoriale, 1993, p. 146

Foto storica del Grattacielo Pirelli durante la fase di costruzione.

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Area dello stabilimento Breda dopo la sua demolizione.Foto degli anni ‘50.

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che a causa di evidenti problemi di natura normativa e della lentezza burocratica nel tentativo di rimuo-vere la stazione delle Varesine, di cui veniva proposto l’interramento. Nel frattempo, a partire dagli anni Cinquanta, diversi edifici direzio-nali sorgevano, in realtà, al di fuori o ai margini dell’area in esame, se-condo un disegno non pianificato,

tra i quali Torre Breda, Torre Galfa e il Grattacielo Pirelli, evidenzian-do un fallimento della politica di questi anni, che tentò di realizza-re un grande progetto unitario per il futuro di quest’area, senza però riuscire nemmeno a selezionare una proposta progettuale. Il destino di questa porzione di città è rimasto incerto per diversi

decenni, in cui si sono sussegui-ti diversi interventi isolati, fino al grande progetto di Porta Nuova, che nell’ultimo decennio ha com-pletamente stravolto i caratteri storici di quest’area, andando a colmare il vuoto urbano lasciato dalla ex stazione delle Varesine.

Foto della Torre Servizi Tecnici Comunali vista dall’area di progetto.

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III.

La proposta progettuale

La sfida di questo progetto è quel-la di riuscire a pensare e gestire le complesse dinamiche della città contemporanea, ed in particolare di questa zona di Milano, così in rapida e continua trasformazione, con la valorizzazione di un siste-ma urbano storico come il Naviglio della Martesana. La ricerca volge quindi alla creazione di uno nuovo progetto che riesca ad integrare in uno spazio urbano contemporaneo questi due aspetti, facendo leva su un elemento storicamente rilevan-te ma dimenticato e cancellato dai processi di modernizzazione urba-na. Nuovo, infatti, significa acqui-

stare conoscenza degli elementi del passato per arricchire il linguag-gio espressivo contemporaneo, e per raggiungere un connubio tra elemento storico, esigenze dell’uo-mo d’oggi e le connotazioni che la città deve assumere. Il progetto si interroga anche sugli usi sociali del corso d’acqua: come abbiamo visto, nel corso della storia questo elemento è stato utilizzato per diverse necessità, di comunica-zione, di lavoro e di tempo libero e necessità quindi una trasformazio-ne legata ai cambiamenti delle con-dizioni di vita odierni e alle nuove esigenze degli spazi sociali.

Introduzione

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a. I rapporti urbanistici con il contesto urbano

L’area di via Melchiorre Gioia, come già accennato, si colloca all’estre-mità finale di un più ampio pro-getto che vede nella riapertura del Naviglio della Martesana un nuovo asse ciclopedonale che collega la periferia nord-orientale con il cen-tro della città, su cui si attestano una serie di nuovi interventi di carattere pubblico. La riflessione progettuale ha quindi riguardato la possibilità di concepire degli spazi urbani generati come componenti di un sistema di relazioni urbane e territoriali più ampie, in grado di connettere le diverse parti della città attraversate dal corso d’ac-qua, facendole poi confluire in uno spazio dinamico e complesso.Per questo motivo l’obiettivo di questa proposta progettuale è quella di ridefinire quest’area nel concetto di “Porta Nuova”, cer-cando di ritrasformarla nell’antico ingresso delle acque in città, svol-gendo un’operazione che si è ripe-tuta diverse volte nel corso della storia di Milano, cioè quella di apri-

re, in questo caso idealmente (non costruendo una vera e propria por-ta), un nuovo ingresso spostan-dolo ulteriormente verso l’esterno della città. Dalla Porta Nova im-periale, passando per quella me-dievale in Piazza Cavour e quella Ottocentesca in Piazza Principes-sa Clotilde, si avrebbe una “Porta Nuova contemporanea” in via Mel-chiorre Gioia, trasformando la Tor-re Servizi Tecnici Comunali, dove il progetto prevede una parziale ca-nalizzazione della Martesana, nel nuovo ingresso in città, ingloban-do questo edificio nel progetto di riqualificazione.Per ridefinire quest’area in questo senso, il progetto prevede la cre-azione di una nuova Darsena, un grande rettangolo che si inserisce nel contesto urbano parallelamen-te al corso del Naviglio, riprenden-do le dimensioni degli isolati a nord dell’area oggetto di intervento. Ciò che si crea è un nuovo spazio pub-blico caratterizzato dall’elemento storico dell’acqua, ridisegnato e

allargato per accogliere i percorsi proveniente dal sistema della Mar-tesana e indirizzarli verso il centro della città. Su questo nuovo spec-chio d’acqua si attesta anche un nuovo edificio polifunzionale che assume le proporzioni della Dar-sena, riprendendo anche le altezze degli isolati limitrofi.Il progetto però, non solo tiene conto dell’intero corso della Mar-tesana, ma riconsidera anche l’antico tracciato ferroviario per Monza e la via Pirelli come assi confluenti in questa nuova Porta. Per questo motivo la proposta in-tende rafforzare questo asse tra-sversale al corso d’acqua, esten-dendo il progetto lungo via Sasetti, trasformandola completamente con un intervento che raccoglie i flussi provenienti da via Restelli e dal nuovo Parco di Porta Nuova in uno spazio pubblico ipogeo, quasi invisibile, direttamente collegato con la Darsena.

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b. L’alzaia della Martesana

“Il Naviglio ricomparendo al cen-tro della carreggiata stradale di via Melchiorre Gioia genera nuove pro-spettive e trasforma l’arteria viabili-stica in un luogo multi verso e non monofunzionale in cui convivono la viabilità di scorrimento (due corsie per senso di marcia) con un cuore pedonale e ciclabile attorno al na-viglio ritrovato. Il boulevard in riva sinistra orografica crea un’oppor-tunità nuova per il quartiere con la creazione di un percorso pedonale e ciclabile lungo un’asta di servizi, commercio e attività miste (cultu-rali, ricreative e sociali).”9 Per que-sto motivo la proposta progettuale lavora molto sul percorso che co-steggia la Martesana, unendosi di-rettamente con lo spazio pubblico della nuova Darsena, in una conti-nuità di spazi dedicati a varie atti-9 Politecnico di Milano, Attività di ricerca scientifica e tecnica finalizzate allo studio di fattibilità per la riapertura dei Navigli milanesi nell’ambito della riattiva-zione del sistema complessivo dei Navigli e della sua navigabilità, Vol. I, Milano, 2011, p. 198

vità. L’obiettivo di questo spazio è quello di identificarlo in una nuova “centralità urbana”, in cui poter passeggiare, riposarsi, contempla-re l’acqua, ma anche svolgere atti-vità ludiche e sportive, diventando luogo di intrattenimento culturale e spettacolare. La lettura e l’analisi degli usi del contesto hanno per-messo la progettazione di uno luo-go usufruibile nei diversi momenti della giornata e della settimana e adattabile a diverse tipologie di utilizzo: le attività diurne (come l’abitare, il lavoro e il commercio), le attività serali (intrattenimento e spettacoli) e le attività festive (cultura, intrattenimento, svago e sport). Anche il nuovo edificio si posa su questa quota, proprio a ribadire la volontà di rapportarsi direttamen-te con l’acqua prima che con la quota stradale, posta a 3m al di sopra di questo livello. L’ingresso a questo nuovo complesso, caratte-rizzato da funzioni principalmente legate all’acqua e allo spettacolo,

è quindi posto in questo spazio pubblico, evidenziando il fatto di essere un centro di attrattività le-gato non solo all’area di Garibaldi – Repubblica ma anche ad un più ampio percorso che arriva dalla periferia nord – orientale di Milano e trova in questo edificio il punto finale, prima di “entrare” in città. Il vero e proprio termine di questo percorso non è la Darsena, bensì lo spazio ipogeo lungo via Sasetti, ad essa collegato. La volontà è quella di rafforzare l’asse trasversale al Naviglio lungo la Torre Servizi Tec-nici Comunali, in modo che questo spazio, circondato da un nuovo complesso culturale – espositi-vo, possa raccogliere i flussi pro-venienti da via Restelli, dal Parco di Porta Nuova e dalla fermata metropolitana M2 Gioia. Si crea quindi uno spazio complesso, in cui si intrecciano diversi percorsi su diverse quote, che vengono poi indirizzati verso la Darsena attra-verso un ampio collegamento che sottopassa i corsi d’acqua.

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c. Il complesso ipogeo, quota + 116,40 s.l.m.

Oscar Niemeyer diceva che “l’ope-ra non è soltanto l’oggetto, ma an-che quello che lo circonda e i vuoti, gli spazi.”10 L’idea di questa parte del progetto nasce da questa vi-sione, in cui il complesso ipogeo non viene visto come oggetto ar-chitettonico, ma come frutto della progettazione dello spazio vuoto che questo edificio circonda. Lo spazio pubblico ipogeo è infatti il nucleo generatore di questa archi-tettura, ed è la naturale continua-zione del percorso pedonale lungo il Naviglio. Oltre a quest’ultimo, qui convergono anche diversi percor-si da tutto il contesto: il percorso principale del parco di Porta Nuo-va si abbassa in una scalinata che taglia l’edificio, entrando nella piazza ipogea, mentre il comples-so sistema di scale all’estremità, oltre a creare una piccola tribu-na per eventi all’aperto, offre uno sbocco verso gli spazi pubblici di via Restelli. La volontà è quella di

10 Oscar Niemeyer, Alberto Riva (a cura di), Il mondo è ingiusto, Milano, Mondado-ri, 2012, p. 49

creare un luogo d’incontro, ricono-scibile all’interno della città, che sappia mettere in comunicazio-ne il grande spazio pubblico della Darsena con gli altri sistemi urbani presenti in quest’area.Questo spazio è esso stesso uno spazio espositivo all’aperto, in cui possono essere allestite diver-si tipi di installazioni e sculture, come gli sculpture garden di im-portanti musei internazionali tra cui, ad esempio, il MoMA a New York o la Neue Nationalgallerie a Berlino, ma diventa anche uno spazio polivalente, trasformabile per diversi tipi di eventi all’aperto, come concerti, sfilate, congressi, ecc. La presenza degli accessi alla metropolita M2, completamente ripensati nella loro articolazione, trasformano questo spazio in un inusuale “mezzanino”, in cui i flussi del trasporto pubblico si fondono con le dinamiche di questa piazza, offrendo, altresì, un collegamento diretto tra la metropolitana e il per-corso ciclo – pedonale della Mar-tesana.

Lo spazio espositivo che contorna questo vuoto è pensato come un percorso che si articola, su due livelli, intorno al vuoto della piaz-za ipogea, da cui prendono luce gli spazi interni, grazie ad ampie vetrate. Il progetto prevede degli spazi liberi e dinamici, sviluppati lungo un percorso ad anello, da poter trasformare a seconda delle esigenze della mostra, in modo da poter ospitare svariati eventi cultu-rali. Riprendendo il concept del Da-nish National Maritime Museum a Helsingor, di Bjarke Ingels, l’intero complesso viene poi tagliato da di-versi elementi, come scale, rampe e percorsi sopraelevati che ne per-mettono l’accesso o l’attraversa-mento, riprendendo i diversi assi del contesto urbano. Dall’ingresso, posto a questa quota, in cui sono organizzati tutti i vari servizi, è possibile visitare gli spazi di que-sto complesso girando intorno a tutto lo spazio vuoto centrale, per ritornare poi al punto di partenza di questo percorso.

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d. Il complesso ipogeo, quota + 120,60 s.l.m.

L’uscita della fermata della metro-politana, posta a 8,00 m sotto il livello stradale (come nell’attuale mezzanino), permette a questo edificio di svilupparsi su due li-velli, creando interessanti affacci su spazi a doppia altezza, e per-mettendo l’attraversamento della piazza ipogea, passando all’inter-no delle passerelle sopraelevate. Questi due sistemi sono degli ele-menti sospesi simili a ponti con doppio livello sovrapposto: quello superiore, scoperto, permette di attraversare questo spazio dalla quota della strada, passando, ad esempio, da via Melchiorre Gioia al Parco di Porta Nuova, mentre quello inferiore, coperto e vetrato, ospita diverse funzioni a servizio

del complesso, come caffetteria e bookshop, offrendo anche un affaccio diretto sulla piazza sot-tostante. Gli spazi a questa quota proseguono, idealmente, anche oltre il Naviglio con una serie di attività miste, commercio, ecc. direttamente affacciate sullo spa-zio pubblico della Darsena, diven-tando parte del sistema di spazi pubblici che si attestano in questo luogo.Nonostante non ci sia l’effettiva presenza dell’acqua, visti gli evi-denti problemi di canalizzazione, anche questa porzione del proget-to trova una forte relazione con il corso del Naviglio. Il rapporto, in questo caso, è creato dall’azione di sotto passare la Martesana at-

traverso un passaggio che assume le dimensioni della piazza ipogea, creando un continuo tra questo spazio e quello della Darsena. In un’area già densa di edifici alti, questa soluzione progettuale si propone in controtendenza, lavo-rando non verso l’alto, ma verso il basso, rafforzando la relazione con i trasporti pubblici presenti nel sottosuolo. Nonostante que-sta volontà di rimanere invisibili e sotterranei, questo complesso è una struttura pubblica in grado di attirare visitatori, e di mettere in relazione il complesso siste-ma di percorsi che convogliano in quest’area.

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e. Il complesso sulla Darsena, quota + 121,45 s.l.m.

Lo spazio pubblico che circonda il vuoto della nuova Darsena è un sistema di attività miste tra cui spicca l’edificio polifunzionale, un complesso che si sviluppa su quattro piani, che trova nell’asse del Naviglio l’allineamento princi-pale. Gli spazi pubblici sono arti-colati dagli elementi architettoni-ci dell’edificio: l’ingresso a tutto il complesso, posto a questa quota, è denunciato dalla grande hall ve-trata che si espande verso l’acqua, instaurando una forte relazione con questo elemento. Lo spazio in questo punto si restringe per poi dilatarsi verso le vetrate del tea-tro, un edificio che va ad inserirsi in quest’architettura con un alli-neamento che riprende gli isolati circostanti e il tracciato dell’antica via per Monza, spezzando il rigido

schema dell’edificio. Tutti questi spazi sono delimitati da un gran-de porticato che si affaccia sulla Darsena per reggere la copertura dell’edificio: questo schema in se-quenza di spazi (negozi, porticato, spazio aperto) è sempre stato uti-lizzato per definire ambienti dove svolgere attività pubbliche, basti pensare alle agorà greche dove un lungo colonnato faceva da filtro dai negozi alla piazza vera propria. È possibile anche fare riferimento alle nostre città in cui il percorso pedonale coperto rappresenta quasi sempre la via dove si inne-stano attività commerciali e spazi pubblici. Attraverso la suggestione di spazi pubblici antichi si ricrea ciò che una volta questi erano effettiva-mente per la popolazione: luoghi

di ritrovo e di confronto dove di-verse attività si fondevano. Ovvia-mente il tema dell’acqua e degli spazi termali è quello preponde-rante, queste erano spazi di ritrovo collettivi in cui l’acqua era un ele-mento utilizzato per il benessere della persona. All’interno di esse però non si svolgevano solamente attività legate all’acqua ma anche legate alla cultura. La grande hall a tutta altezza di-venta quindi punto di ritrovo e di svago dove si innestano le diverse attività e servizi annessi, smistan-do i flussi verso il foyer del teatro, verso l’ampio spazio ludico delle piscine e verso tutti i vari sistemi di risalita che collegano questa quota con gli altri livelli del proget-to.

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f. Il complesso sulla Darsena, quota + 126,75 s.l.m.

La scelta di posizionare il piano terra e l’ingresso a questo edificio al livello delle acque del Naviglio, comporta la necessità di crea-re degli accessi dalla quota della strada agli spazi pubblici della Darsena. Questi sono garantiti da diversi sistemi di scale e rampe che si connettono con le principali arterie circostanti, cercando di rac-cogliere il maggior numero di flus-si provenienti da diverse direzioni. Nel caso del teatro, un edificio in grado di ospitare oltre 500 per-sone per diversi tipi di spettacoli, diventano anche occasione per creare spazi pubblici interessan-ti, che permettono di salire sulla copertura di questo edificio, dove sono collocati spazi per piccoli eventi all’aperto. La scelta tipologi-ca è ricaduta sul “teatro a prosce-nio”, caratterizzato dalla frontalità sala-scena, in quanto questo tipo di teatro “è uno spazio che coa-gula nella forma costruita il teatro esistito e ripetuto, adeguato ad ac-cogliere gli spettacoli e che si qua-

lifica non tanto per l’ambiente della sala quanto per il suo interrelarsi nell’ambiente urbano”11. All’interno dell’edificio, le galle-rie superiori del teatro trovano un collegamento diretto con la hall e le altre attività a questo piano, in modo tale da cercare una con-tinuità tra le diverse funzioni del complesso, così come gli spazi prettamente dedicati al benessere termale cercano una connessione diretta con gli spazi ludici delle pi-scine. L’idea è infatti quella di cre-are un sistema unico, in cui attività di diversa natura interagiscano tra di loro, cercando si scardinare la semplice divisione funzionalista degli spazi. Daniel Baremboim, uno dei più grandi direttori d’orchestra di que-sto secolo, a proposito della musi-ca dice che “la differenza fra suono e musica sta nel fatto che quando si fa musica gli elementi vanno in-tegrati in un insieme organico. Non 11 Fabrizio Cruciani, Lo spazio del tea-tro, Lecce, Editori Laterza, 1992, p. 131

ci sono elementi indipendenti”12. In questo edificio la filosofia proget-tuale segue la stessa concezione, in cui tutti gli spazi, se pur diversi nelle loro funzioni, sono integrati in un unico organismo architetto-nico.Questo livello è caratterizzato dagli spazi termali, più contenuti nelle dimensioni rispetto al gran-de spazio ludico delle piscine. Qui sono organizzati diversi tipi di trattamenti, spazi dedicati al relax e una sequenza di vasche termali che riprende la tipologia delle anti-che terme romane. L’articolazione dei collegamenti permette di spo-starsi liberamente tra la tranquilli-tà di quest’area e la vivacità dello spazio delle piscine, caratterizzato da un sistema di vasche a diverse altezze che mette in comunicazio-ne questo livello con quello sotto-stante.

12 Daniel Baremboim, La musica sveglia il tempo, Milano, Feltrinelli, 2007, p. 17

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g. Il complesso sulla Darsena, quota + 132,05 s.l.m.

Salendo nei piani del complesso, le funzioni si intersecano anche su quote differenti, attraverso di-versi sistemi di risalita. Nel gran-de volume della hall, riprendendo alcune composizioni di Louis I. Kahn, “lo spazio è dominato dal grande volume cilindrico della sca-la, quasi un ulteriore personaggio monumentale”13 che serve i livelli dell’edificio, attraverso un sistema di passerelle sospese. Questo ele-mento monolitico fa da contralta-re allo spazio delle piscine, in cui l’ambiente, invece, è caratterizzato

13 Laura Anna Pezzetti, “Principi com-positivi dell’opera di Louis I. Kahn”, Cinque interventi sulla composizione architettoni-ca, Milano, Libraccio, 2010, p. 114

dalla forma elicoidale dello scivolo acquatico. La sezione longitudina-le mostra come a questi due spa-zi, che da terra proseguono a tut-ta altezza fino all’ultimo solaio, si accosta il volume sospeso sopra al teatro, che crea affacci a sbalzo sulla Darsena.La scelta delle funzioni per que-sti spazi, deriva anche da un ra-gionamento sulle recenti trasfor-mazioni subite negli ultimi anni da quest’area. Questi interventi, seppur discutibili in alcune scelte progettuali, hanno profondamente cambiato il volto di questa porzio-ne di città, rendendola un luogo molto dinamico, attrattivo e ricco di diverse attività ed eventi, che

richiamano persone da un am-pio bacino di utenza. Per questo motivo la proposta progettuale, nonostante si concentri principal-mente su funzioni legate al tema dell’acqua, non poteva evitare l’in-serimento di altre attività legate a questo sviluppo, come spazi dedi-cati al fitness, al ristoro e alla cul-tura. A questa quota viene quindi inserito un ampio spazio fitness, con sala pesi, aule dedicate alle diverse tipologie di corsi, e relativi servizi e spogliatoi, il tutto raccolto in un sistema che non dimentica di relazionarsi allo specchio d’acqua della Darsena, grazie all’utilizzo di ampie vetrate.

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h. Il complesso sulla Darsena, quota + 137,35 s.l.m.

L’articolazione degli spazi dell’ul-timo piano ricalca l’impostazione di quello precedente. A fare da pa-drone è la biblioteca, che si svilup-pa tra il terzo e il quarto livello, con una scalinata interna che li unisce in uno spazio a doppia altezza. Qui si sviluppano diverse tipologie di spazi come sale lettura, zone a scaffale aperto, aule studio e zone dedicate alle famiglie e ai più pic-coli. Le vetrate che separano que-sto spazio dalla hall, permettono

di creare un ambiente in cui sof-fermarsi a sfogliare un libro affac-ciandosi direttamente su questo grande spazio e sullo specchio d’acqua della Darsena. Il volume sospeso sopra al teatro ospita invece un ristorante, che si apre con una grande vetrata sull’acqua, offrendo un panorama dell’area circostante.Il volume cilindrico della scala principale, prosegue poi verso un ultimo livello, una piazza comple-

tamente libera sotto il volume del-la copertura, aperta in alcuni punti per fornire maggiore illuminazione solare. Ispirato tipologicamente all’ultimo livello della Basilica Pal-ladiana di Vicenza, si può definire come una sorta di loggiato o sem-plicemente una terrazza coperta, che offre una visione a 360° sulla città, in uno spazio molto ampio e adattabile a svariate tipologie di funzioni ed eventi.

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i. Le relazione con la Darsena

La storia dell’architettura è piena di esempi in cui l’acqua diventa il tema principale del progetto, sia che essa sia naturale o frutto dell’artificio dell’uomo. Tutti i più grandi architetti, almeno una vol-ta, si sono confrontati con questo tema, dovendo trovare una relazio-ne fra l’acqua e la loro idea proget-tuale. Tra i tanti, possiamo citare ad esempio Louis Kahn a Dacca, Le Corbusier a Chandigarh oppure esempi più recenti come la nuova Opera House a Olso, firmata da Snøhetta, ma potremmo citarne anche tanti altri. Uno su tutti è si-curamente Niemeyer, che in tanti suoi progetti ha trovato nell’ac-

qua l’elemento generatore, perché semplicemente “l’acqua riflette l’architettura”14, tra cui uno su tutti, rimanendo in ambito milanese, la sede della Mondadori a Segrate. Anche questa proposta progettua-le per la Porta Nuova di Milano, ed in particolare il complesso fronte Darsena, si relaziona fortemente con questo elemento. La grande copertura riprende il disegno e le dimensioni della Darsena esten-dendosi verso di essa, quasi a cercarne un dialogo. Il colonnato si rispecchia nell’acqua mentre

14 Oscar Niemeyer, Alberto Riva (a cura di), Il mondo è ingiusto, Milano, Mondado-ri, 2012, p. 49

le ampie vetrate lungo la facciata cercano di creare una comunica-zione fra lo spazio esterno e quel-lo interno: in particolare l’ambiente delle piscine instaura una relazio-ne diretta fra l’acqua delle vasche e l’acqua del Naviglio, poste alla stessa quota.Anche l’edificio teatrale instaura un rapporto con l’acqua: la coper-tura si abbassa verso la Darsena, creando un sistema di risalita, mentre le ampie vetrate del foyer si aprono sullo spazio esterno, così che uscendo dalla sala sia l’acqua a disegnare questo spazio.

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j. L’affaccio sull’acqua

Il prospetto fronte Darsena è in-dubbiamente il protagonista di questo progetto, anche a causa della collocazione di questo com-plesso tra edifici alti e molto a ri-dosso di esso. Il colonnato che regge la copertura, completamen-te indipendente dal resto della struttura, scandisce la facciata secondo un rigido schema basa-to sul modulor lecorbuseriano. Lo spazio tra le colonne prima si re-stringe e poi si dilata in una ripe-tizione che da ritmo all’edificio, un ritmo musicale. La successione di questi elementi scandisce anche i rapporti fra i pieni ed i vuoti del prospetto, dove ad ampie vetrate a tutt’altezza si alternano muri ce-chi. “L’architettura si basa su regole eterne di equilibrio, proporzione ed armonia, regole che si incontrano sempre nelle opere del passato: l’alternarsi di pieno e vuoto, di su-perfici piane e trasparenti, della linea retta e delle curve”15. Ecco

15 Oscar Niemeyer, Alberto Riva (a cura di), Il mondo è ingiusto, Milano, Mondado-ri, 2012, p. 23

quindi che questo elemento archi-tettonico, così caratterizzante per l’edificio, diventa anche elemento iconico e identificativo all’interno di un tessuto urbano che si svi-luppa principalmente verso l’alto. Il lungo prospetto ad andamento orizzontale spezza la tendenza verticale del contesto, permetten-do di riconoscere l’edificio come una nuova centralità urbana, lega-ta indissolubilmente all’elemento storico del Naviglio. Il porticato che si crea va ad in-globare il percorso ciclo - pedona-le che affianca la Darsena, che si abbassa verso di essa attraverso delle piccole gradonate, dove è possibile sedersi fronteggiando lo specchio d’acqua. Sotto la co-pertura lo spazio pubblico diventa quindi parte integrante del proget-to, in una forte relazione tra spazio interno e spazio esterno.Questo edificio non potrebbe esi-stere senza lo specchio d’acqua che lo fronteggia, proprio perché è questo elemento che lo caratte-rizza e lo genera, a dimostrazione

di cosa si può ottenere con una progettazione fortemente radica-ta con il contesto, ed in particola-re con il Naviglio. I progetti che si sono susseguiti in quest’area negli ultimi anni hanno completamente dimenticato questo elemento, e potrebbero esistere in ogni altro angolo della città, proprio perché non hanno nessuno elemento che li leghi fortemente al contesto in cui si trovano. Questo dimostra come la riscoperta del sistema delle acque possa essere un’occa-sione per recuperare un patrimo-nio storico che per secoli ha ca-ratterizzato la città di Milano, e la base per una futura progettazione di edifici e spazi pubblici ad esso collegati, proiettati però verso una visione contemporanea della città.

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IV.

Il contributo del progetto al Masterplan

Nella totalità del masterplan, vol-to a riqualificare un settore di città caratterizzato dal Naviglio della Martesana, questo progetto si pro-pone come testata (iniziale o fina-le) di un sistema ciclo – pedonale che collega il centro città con l’hin-terland milanese. Il progetto di una nuova Darsena lo identifica come approdo, ridefinendo quest’area come l’antico ingresso delle mer-ci in città, ripensato in una visione contemporanea, soprattutto nella scelta delle funzioni. La diretta connessione con i recen-ti interventi dell’area di Garibaldi, rende quest’area un’opportunità di trasformazione che può rimettere il Naviglio al centro dello sviluppo urbano di questo quartiere. La ri-apertura della Martesana lungo via Melchiorre Gioia ridefinirebbe completamente questo tracciato,

trasformandolo in un corridoio pa-esaggistico, dedicato alla mobilità sostenibile e al tempo libero, e allo stesso tempo in un nuovo asse commerciale che trova sbocco nello spazio della nuova Darsena. Il progetto di riqualificazione della Darsena di Porta Ticinese ci ha insegnato che uno spazio di que-sta natura può trasformare l’intera area in un centro di attrattività a livello extracomunale. La proposta progettuale delinea quindi un tentativo di ridare alla città uno spazio che sia capace di far riscoprire il sistema delle vie d’acqua che ha caratterizzato per secoli la città di Milano, e che oggi è fruibile solo in alcune realtà ar-chitettoniche ed urbanistiche esi-stenti, ripensandolo con funzioni idonee, compatibili e vivibili nell’ attuale realtà.

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