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LA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA SCOLIOSI IDIOPATICA Stefano Negrini, Umberto Selleri 53 L’origine della cura della scoliosi risale agli albori della medicina, mentre la cinesiterapia come trattamento sistematico delle deformità vertebrali inizia ai primi del ’900. Ma è solo in questi ultimi anni, grazie al contributo di alcu- ne scuole riabilitative ed ortopediche di avan- guardia, che la terapia della “malattia scoliosi” assurge alla dignità di vera e propria riabilita- zione del “paziente affetto da scoliosi”. Non si deve infatti confondere la riabilita- zione con la cinesiterapia in quanto, se que- st’ultima è elemento integrante ed essenziale della prima, non è possibile esaurire in essa in contributo della riabilitazione alla cura di que- sti pazienti. Limitarsi a pensare in termini di ci- nesiterapia, di “ginnastica”, facilita la nascita di interventi puramente meccanici, basati su una malintesa pretesa di trattare la “malattia scolio- si”, rischiando di trascurare la necessità di cura- re nella sua completezza il paziente scoliotico. Infatti, sin dalla nascita della “ginnastica corret- tiva” per la scoliosi, che già nel nome trovava il suo limite, si è verificato un continuo fiorire di metodi “meccanicistici”, che pretendono di correggere la scoliosi con l’esercizio fisico. Un grande ortopedico come Stagnara, che ha creato il primo vero approccio non mecca- nicistico alla cinesiterapia della scoliosi e che nel suo testo “Les deformations du rachis”(75) affermava che “le scoliosi non sono radiogra- fie, ma esseri umani portatori di una patolo- gia”, compiendo un passo decisivo verso un approccio pienamente riabilitativo al paziente scoliotico, ricordava che le lacune comuni nel- l’applicazione dei metodi cinesiterapici che si sono succeduti nel corso di un secolo sono: un’ipotesi patogenetica essenzialmente musco- lare, una scarsa conoscenza della classificazio- ne delle scoliosi e della loro eziologia, l’assenza di risultati documentati (75). Negli anni ’60, quindi, la scuola di Stagna- ra (76) formulava un protocollo cinesiterapico che si fondava essenzialmente sul mantenimento prolungato della postura corretta e sullo svilup- po delle reazioni di equilibrio allo scopo di in- fluenzare favorevolmente la deviazione scolioti- ca. Obiettivo fondamentale era la riorganizzazio- ne di un processo a livello neurologico: la cinesi- terapia diventava quindi educazione psicomoto- ria e tendeva a perfezionare lo schema corporeo del soggetto mediante schemi posturali corretti applicabili ai gesti delle attività quotidiane. L’approccio riabilitativo progressivamente elaborato dal 1975 ad oggi dalla fisiatria italia- na, con il contributo determinante di Società Scientifiche come il Gruppo di Studio della Scoliosi e patologie vertebrali (GSS – www. gss.it), di Istituti come la Fondazione don Car- lo Gnocchi ONLUS(49, 50, 54, 58) ed ancor più oggi come ISICO (Istituto Scientifico Ita- liano Colonna vertebrale – www.isico.it) per le sistematiche verifiche scientifiche di ricerca, ha preso come base i principi della scuola lionese di Stagnara, aggiornandoli progressivamente sui

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LA RIABILITAZIONE DELPAZIENTE AFFETTO DASCOLIOSI IDIOPATICA

Stefano Negrini, Umberto Selleri

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L’origine della cura della scoliosi risale aglialbori della medicina, mentre la cinesiterapiacome trattamento sistematico delle deformitàvertebrali inizia ai primi del ’900. Ma è solo inquesti ultimi anni, grazie al contributo di alcu-ne scuole riabilitative ed ortopediche di avan-guardia, che la terapia della “malattia scoliosi”assurge alla dignità di vera e propria riabilita-zione del “paziente affetto da scoliosi”.

Non si deve infatti confondere la riabilita-zione con la cinesiterapia in quanto, se que-st’ultima è elemento integrante ed essenzialedella prima, non è possibile esaurire in essa incontributo della riabilitazione alla cura di que-sti pazienti. Limitarsi a pensare in termini di ci-nesiterapia, di “ginnastica”, facilita la nascita diinterventi puramente meccanici, basati su unamalintesa pretesa di trattare la “malattia scolio-si”, rischiando di trascurare la necessità di cura-re nella sua completezza il paziente scoliotico.Infatti, sin dalla nascita della “ginnastica corret-tiva” per la scoliosi, che già nel nome trovava ilsuo limite, si è verificato un continuo fiorire dimetodi “meccanicistici”, che pretendono dicorreggere la scoliosi con l’esercizio fisico.

Un grande ortopedico come Stagnara, cheha creato il primo vero approccio non mecca-nicistico alla cinesiterapia della scoliosi e chenel suo testo “Les deformations du rachis”(75)affermava che “le scoliosi non sono radiogra-fie, ma esseri umani portatori di una patolo-gia”, compiendo un passo decisivo verso un

approccio pienamente riabilitativo al pazientescoliotico, ricordava che le lacune comuni nel-l’applicazione dei metodi cinesiterapici che sisono succeduti nel corso di un secolo sono:un’ipotesi patogenetica essenzialmente musco-lare, una scarsa conoscenza della classificazio-ne delle scoliosi e della loro eziologia, l’assenzadi risultati documentati (75).

Negli anni ’60, quindi, la scuola di Stagna-ra(76) formulava un protocollo cinesiterapicoche si fondava essenzialmente sul mantenimentoprolungato della postura corretta e sullo svilup-po delle reazioni di equilibrio allo scopo di in-fluenzare favorevolmente la deviazione scolioti-ca. Obiettivo fondamentale era la riorganizzazio-ne di un processo a livello neurologico: la cinesi-terapia diventava quindi educazione psicomoto-ria e tendeva a perfezionare lo schema corporeodel soggetto mediante schemi posturali correttiapplicabili ai gesti delle attività quotidiane.

L’approccio riabilitativo progressivamenteelaborato dal 1975 ad oggi dalla fisiatria italia-na, con il contributo determinante di SocietàScientifiche come il Gruppo di Studio dellaScoliosi e patologie vertebrali (GSS – www.gss.it), di Istituti come la Fondazione don Car-lo Gnocchi ONLUS(49, 50, 54, 58) ed ancorpiù oggi come ISICO (Istituto Scientifico Ita-liano Colonna vertebrale – www.isico.it) per lesistematiche verifiche scientifiche di ricerca, hapreso come base i principi della scuola lionesedi Stagnara, aggiornandoli progressivamente sui

dati della ricerca e facendo assurgere definitiva-mente la cinesiterapia per la “malattia scoliosi”alla dignità di riabilitazione, considerando unintervento più globale sul paziente scolioticonella sua interezza. Tutto ciò è stato infine san-cito dalla pubblicazione delle Linee Guida ita-liane(52d), la prima esperienza internazionaledi Linee Guida nel campo della scoliosi, svilup-pate dapprima internamente alla SIMFER equindi modificate di concerto con tutte le altresocietà scientifiche nazionali che si occupano discoliosi. Oggi stiamo poi assistendo ad una ul-teriore rivoluzione, che porterà nei prossimi an-ni a notevoli avanzamenti, grazie all’azione del-la neonata Società internazionale per il tratta-mento conservativo della scoliosi (SOSORT,Society On Scoliosis Orthopaedic and Rehabi-litation Treatment – www.sosort.org) con la suarivista indicizzata “Scoliosis” (www.scoliosi-sjournal.com), che si affiancano alla ScoliosisResearch Society (SRS) dei chirurghi vertebralied alla rivista Spine.

In questo percorso metodologico sono stateaccettate in pieno le regole scientifiche fonda-mentali della verifica costante e dell’aggiorna-mento secondo i risultati emersi in questi decen-ni dalla ricerca di base e clinica sulla “malattiascoliosi” e sul “paziente scoliotico”. Sono staticontemporaneamente presentati in letteratura ri-sultati scientifici che hanno confortato nelle scel-te adottate e/o confermato (più o meno comple-tamente) le ipotesi di base da altri formulate e sul-le quali il lavoro in palestra si basa(1, 1a, 2, 7, 8).

Per individuare gli obiettivi terapeutici diquesto approccio riabilitativo, quindi, ripercor-reremo alcune tappe che, tenendo pienamenteconto della “malattia scoliosi” e delle sue neces-sità terapeutiche, passeranno anche attraversouna verifica delle menomazione e delle disabili-tà tipiche del “paziente scoliotico”, adolescentee/o adulto. Sempre senza dimenticare che iltrattamento del bambino scoliotico, quando lamalattia è nelle sue fasi iniziali, non riguarda unvero malato ma un paziente potenziale, in cui siattua solo della prevenzione.

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1. LA “MALATTIA SCOLIOSI IDIOPATICA”

1.1. Definizione

La scoliosi è una deviazione della colonnavertebrale nei tre piani dello spazio. Sul pianofrontale si manifesta con un movimento di“deflessione laterale”, sul piano sagittale conuna alterazione delle curve, il più spesso pro-vocandone una inversione, sul piano assialecon un movimento di rotazione: l’integrazionedi questi tre movimenti determina la cosiddet-ta “torsione” vertebrale.

Per definizione, la scoliosi idiopatica nonriconosce una causa nota e probabilmentenemmeno una causa unica. Grazie alla ricercascientifica realizzata in quest’ultimo quarto disecolo, infatti, la deformazione vertebrale pro-vocata dalla scoliosi appare sempre più comela punta di un iceberg, segno di una sindromecomplessa ad eziologia multifattoriale, vero eproprio epifenomeno quindi di una patologiache ha origine lontano dalla colonna. Questa

sindrome si manifesta quasi sempre con la soladeformità, ma non si identifica con essa inquanto con una indagine più approfondita èpossibile trovare altri segni sub-clinici che ap-paiono significativi (5, 22, 38, 65, 70).

Rivedremo ora le più recenti ed accreditateipotesi eziopatogenetiche sempre con un indi-rizzo ben preciso: quello dell’impostazione diun piano di trattamento riabilitativo. Per que-sto escluderemo elementi altrettanto impor-tanti, quali per esempio l’ereditarietà, l’accre-scimento, ed altri ancora che non hanno un ri-scontro pratico diretto.

1.2. Il concetto di soglie clinicamente significative nella scoliosi idiopatica

Per ogni patologia è determinante definirequando questa comincia e fino a che punto in-vece il danno anatomico può essere considera-

to accettabile: in pratica si tratta di definiredelle soglie di normalità. Nel campo della sco-liosi questo è stato fatto da SOSORT con unosforzo di Consenso recentemente(65b) men-tre altri autori (10, 11) hanno fatto delle loroproposte che comunque non si discostano dimolto da quanto qui riportato. La prima so-glia significativa è quella necessaria per defini-re la scoliosi: secondo la Scoliosis Research So-ciety, per definizione la scoliosi compare oltre i10° Cobb radiografici (2, 12). Con questo va-lore si definisce quindi il danno anatomico, lacomparsa della patologia. Peraltro, è determi-nante identificare anche quando una patolo-gia, di per sé totalmente asintomatica, deter-mina altri danni funzionali al paziente. Dai ri-sultati a lungo termine in età adulta, sappiamoche questi hanno una significativa probabilitàdi comparire oltre i 30° Cobb(2, 9, 13-15) equindi questa seconda soglia rappresenta pro-babilmente la miglior definizione della patolo-gia. Una terza soglia, considerata praticamenteda tutti come indicazione di necessità di ap-proccio chirurgico(10, 16) (salvo inefficaciadel trattamento conservativo, che secondo noiè comunque utile tentare, se il paziente vuole),sono i 50° Cobb, perché in questo caso la sta-bilità a lungo termine della scoliosi quasi mai èpossibile.

1.3. Ruolo eziopatogenetico del Sistema Nervoso Centrale

La scoliosi idiopatica è stata definita da Na-chemson come una sindrome complessa adeziologia multifattoriale(44). Sembra infattiche alla base vi sia un’anormale maturazionedel S.N.C., provocata genericamente e cheanomalie significative si riscontrino nei centrisottocorticali e corticali, che controllano ilmovimento e la postura. Secondo Nachem-son(44) una maggiore stabilità della colonnaconseguente ad un migliore controllo neuro-muscolare, può determinare una neutralizza-zione dei meccanismi posturali alterati; questospiegherebbe il motivo per cui in alcuni adole-scenti la scoliosi si manifesta evolutiva ed in al-tri si arresta o addirittura regredisce.

Herman(28) ha postulato che la scoliosiidiopatica sia la risultante di una nuova strate-gia neuromotoria, adottata per “restaurare”una disfunzione nei sistemi di controllo cen-trale. La presenza di un’alterata percezione vi-sivo-spaziale sarebbe la caratteristica comunenei soggetti con scoliosi idiopativa (Fig. 53.1).

Secondo Dubousset (16) la scioliosi idiopa-tica è conseguente ad un disturbo neurologicoprovocato da una disfunzione propriocettiva;la deformazione scoliotica sarebbe quindi unacompensazione naturale ricercata dall’organi-smo per ristabilire l’equilibrio posturale.

Il coinvolgimento determinante del sistemaoculomotorio sarebbe provato da una ricercacondotta da Dubousset presso l’Istituto deiCiechi di Parigi (16), dalla quale risulta l’as-senza di scoliosi idiopatiche nei ciechi conge-niti.

Peraltro, Woods(80) ha verificato come an-che nei sordi congeniti la scoliosi idiopatica siapresente con una frequenza notevolmente in-feriore rispetto alla popolazione generale.Questo elemento deporrebbe per un coinvol-gimento del sistema uditivo, anche se bisogne-rebbe verificare in maniera più precisa che ildanno riguardasse il solo orecchio esterno enon anche quello interno, con una possibilecompromissione quindi del vestibolo.

278753. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

Fig. 53.1 - La scoliosi è la risultante di una strategiadi controllo motorio per riadattare un’alterata perce-zione dell’orientamento corporeo nello spazio (28).(Da Hermann R. e coll. – modif.).

Numerosi autori (7, 16, 17, 18, 28, 44, 66,68, 81, 82) hanno studiato le correlazioni esi-stenti fra la scoliosi idiopatica e le disfunzionidel sistema vestibolare responsabile dell’equili-brio assiale del rachide. Sono state dimostratealterazioni otoneurologiche, patogenetiche oriflesse, in pazienti con scoliosi idiopatica del-l’adolescenza. Si sono inoltre del tutto recente-mente aperte nuove possibilità di indagine sul-l’equilibrio addirittura segmentale, che po-trebbero condurre nel futuro a risultati sinoraimpensabili, soprattutto nell’ambito delle pa-tologie vertebrali (Fig. 53.2)(3).

Come si può vedere quindi, pur nella man-canza di certezze assolute, le ipotesi si concen-trano sul sistema posturale, individuando deidanni primari e/o secondari nel controllo sotto-corticale(44), oppure nella percezioni visivo-spaziale dell’orientamento corporeo nello spa-zio(28), o ancora nel sistema propriocetti-vo(16) o infine in quello vestibolare(7, 16, 28,44, 66, 68, 81, 82). Se questi dati sono veri, al-lora un trattamento che si concentri su un alle-namento di queste funzioni di controllo, comel’esercizio fisico può efficacemente fare se impo-stato con queste finalità, avrà una importanzanotevole. Ed in questo senso Stagnara, sulla En-ciclopedie Medico-Chirurgicale, affermava giànegli anni ’70 che la cinesiterapia così orientatapuò avere realmente un ruolo eziologico(74).

Va poi aggiunto però che lo sviluppo mo-torio in generale sembra essere ritardato, co-me ha dimostrato un’indagine condotta pres-so l’istituto Gaslini di Genova(46) secondola quale un gruppo di soggetti con scoliosiidiopatica adolescenziale ha dimostrato unQuoziente di Sviluppo Motorio significativa-mente inferiore rispetto alla popolazione dicontrollo (Fig. 53.3). Va comunque precisa-to, a questo proposito, che le pazienti affetteda scoliosi idiopatica vanno spesso incontroanche ad uno sviluppo puberale ritardato epiù lungo rispetto a quello dei soggetti nor-mali (7, 23, 27).

1.4. Ruolo eziopatogenetico dei fattori biomeccanici

Uno studio di Duval-Beaupère(17) sullaflessibilità della scoliosi ci consente di eviden-ziare uno dei principali obiettivi terapeuticiche la “malattia scoliosi” impone alla rieduca-zione. L’autrice francese afferma che la flessibi-lità di una curva scoliotica risulta dalla sommadi due valori totalmente diversi tra loro: l’indi-ce di riducibilità e il cedimento posturale.L’indice di riducibilità che si ottiene dalla dif-ferenza tra una radiografia da supino ed una in

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Fig. 53.2 - Analisi dell’equilibrio segmentale di C7 ot-tenuta con sistema AUSCAN. La lettura del dato èanaloga a quella di una pedana stabilometrica, an-che se in questo caso non si tratta della proiezionesul terreno del centro di gravità corporeo, ma di quel-lo del singolo metamero vertebrale (3).

Fig. 53.3 - Confronto tra i valori dei Quozienti di Svi-luppo Motorio (QSM) standard ed i valori medi delQSM dei soggetti in esame con scoliosi minore (46).(Da. Nai Fovino Ph. e coll. – modif.).

correzione, è un valore correlato al grado dideformazione delle strutture osteo-legamento-se e all’estensibilità dei tessuti del lato conca-vo: è quindi la componente elastica della de-formazione strutturale. Il cedimento postura-le, che si ottiene dalla differenza fra una radio-grafia in carico ed una da supino, è invece cor-relato a un difetto del tono posturale e al-l’estensibilità dei tessuti del lato convesso: èquindi un danno funzionale, di tipo neuro-muscolare che si aggiunge alla deformazionestrutturale (Fig. 53.4).

Un lavoro di Alberto Negrini (52) ha quan-tificato con uno strumento optoelettronico lefonti di variabilità presenti durante la misura-zione di parametri morfologici della colonnavertebrale. È chiaramente risultato che la prin-cipale fonte di errore è l’oggetto della misura-zione, vale a dire il soggetto esaminato, ed inparticolare risulta estremamente importanteuna componente denominata “posturale”, valea dire dipendente dagli aggiustamenti che incontinuo avvengono durante il mantenimentodella postura eretta (Fig. 53.5). Un lavoro diStefano Negrini ha rivisto dalla letteratura co-

me anche le radiografie presentino lo stesso ti-po di errore(60).

L’importanza del fenomeno “postura” risal-ta poi ulteriormente da una riconsiderazionedelle misurazioni cliniche effettuate di routi-ne sul ragazzo scoliotico, pesantemente in-fluenzate dalla presenza di due tipi di errore:gli aggiustamenti posturali (vale a dire i movi-menti riflessi istantanei effettuati dal pazienteper recuperare l’equilibrio) ed il posiziona-mento posturale (vale a dire il riaggiustamen-to segmentale effettuato quando si recupera laposizione ortostatica indifferente)(53). Ri-portiamo nella Tabella 53.1 questi valori di ri-ferimento, estremamente utili ed importantiin clinica.

Diviene quindi importante con l’eserciziofisico cercare di ridurre il cedimento posturalee di offrire una maggiore stabilità a questo si-stema attraverso metodiche che migliorino lecapacità di controllo neuromuscolari della co-lonna vertebrale sottoposta al carico e che of-frano buoni strumenti in grado di resistere neltempo alle richieste funzionali incrementatedalla necessità di produrre una posizione piùefficace in termini antigravitari. Questo poidiviene ancora più importante nelle scoliosiminori al di sotto dei 20 gradi perché, secon-do Torrel e Nachemson(77), esse presentanouna percentuale più elevata di cedimento po-

278953. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

Fig. 53.4 - Tre diversi esami radiografici della stessacurva scoliotica danno tre angoli differenti. Angolo A:radiografia in carico; angolo B: radiografia da supino;angolo C: radiografia in correzione (17). (Da Duval-Beaupere e all. modif.).

Fig. 53.5 - Fonti di variabilità dell’esame condottocon il Sistema AUSCAN. Si noti come la componen-te posturale sia la più importante, insieme all’errore diriposizionamento (52).

sturale (Fig. 53.6), come ha confermato ancheGabardi(19).

Il beneficio derivante dalla diminuzione delcedimento posturale trova una giustificazioneteorica anche dagli studi di Patwardhan(62)sul “critical load” (soglia critica di carico al dilà della quale qualunque colonna sottopostaad un peso va inevitabilmente incontro ad uncedimento strutturale che, nel caso del rachidescoliotico, corrisponde all’aggravamento). Ilmiglioramento della curva in carico, determi-nato dalla riduzione del cedimento posturale,

costituirebbe un freno alla velocità di progres-sione della scoliosi, perché la riduzione del va-lore angolare determina un aumento della so-glia critica del carico (Fig. 53.7). Tuttavia sa-rebbe pericoloso confondere questo importan-te beneficio, talvolta momentaneo, con la cor-rezione della scoliosi.

Di particolare interesse sono anche le ipote-si patogenetiche strettamente biomeccanicheformulate da Dikson (Fig. 53.8)(14), Secondoquesto autore inglese, infatti, la scoliosi sareb-be provocata da una asimmetria iniziale del ra-chide su due piani che, dando origine ad unacondizione di scarsa stabilità, facilita un cedi-mento anche sul terzo piano. In particolare,quando la riduzione di una curva sagittale siassocia ad una deviazione laterale sul pianofrontale, si produrrebbe sotto l’aspetto mecca-nico un’instabilità rotatoria. Tale instabilità. Incorrispondenza della rapida crescita puberale,determinerebbe un meccanismo favorevole al-l’evoluzione della scoliosi (16).

Se accettiamo questa ipotesi, allora partico-larmente a rischio diverrebbero situazioni incui si venissero ad associare un dorso piattocon un atteggiamento scoliotico: l’esperienzaclinica quotidiana, d’altronde ha comunqueinsegnato che una riduzione della cifosi costi-

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AAggggiiuussttaammeennttii PPoossiizziioonnaammeennttooppoossttuurraallii ppoossttuurraallee

Altezza delle spalle 6.98 13.75Asimmetria delle SIPS 2.59 4.38Asimmetria delle SIaS 4.17 11.92Anteposizione di unaspalla 20.14 22.95

Strapiombo (tra C7 edS1) 8.00 13.94

Freccia tra C7 ed S1 14.64 22.94Freccia tra T6 ed S1 12.39 14.37Freccia tra T12 ed S1 11.81 15.27Freccia tra L2 ed S1 10.07 13.32

Tab. 53.1 - Variabilità delle misure cliniche in ortosta-si (errore in millimetri) sul paziente scoliotico dipen-denti dagli aggiustamenti posturali e dal posiziona-mento posturale (per le definizioni, vedi il testo) (53).

Fig. 53.6 - Differenza media fra l’angolo della radio-grafia in carico e supina, espressa in percentuale del-l’angolo di Cobb supino, rapportato al grado di severi-tà della curva. L’area tratteggiata include una deviazio-ne standard (77). (Da Torrel e Nachemson – modif.).

Fig. 53.7 - Correlazione esistente fra il grado di cur-va e la soglia di carico (espressa in %), che la colon-na può sopportare. La figura mostra che diminuendola curva aumenta il peso che la colonna può soppor-tare senza deformarsi ulteriormente (62). (Da Patwar-dhan A.G. e coll. – modif.).

tuisce un segno prognostico negativo nel pa-ziente scoliotico. Ecco che, da un punto di vi-sta strettamente biomeccanico, diviene per noiestremamente importante con la cinesiterapiafavorire una armonica morfologia delle curverachidee e combattere il dorso piatto in pre-senza di deviazioni laterali vertebrali, siano es-se strutturate (in quanto la prognosi divienesfavorevole) o meno (in quanto possibile fatto-re di rischio specifico).

1.5. La teoria del Circolo Vizioso di Ian Stokes

In questi ultimi 15-20 anni un bioingegne-re americano, considerato oggi uno dei massi-mi studiosi della scoliosi, ha profondamentevalutato una teoria del circolo vizioso della

scoliosi, in cui non è tanto la postura a deter-minare un peggioramento della patologia,quanto le alterazioni della meccanica del mo-vimento (Fig. 53.9)(76a). Gli studi hanno in-fatti dimostrato come il carico ciclico abbiaun’efficacia deformante molto più alta rispettoal carico statico e come in effetti il meccani-smo motorio si alteri notevolmente in presen-za di un’asimmetria anche minima della co-lonna. Stokes conferma peraltro come la suaipotesi sia fondamentalmente patogenetica epreveda un punto di partenza eziologico di al-tra natura, tuttora da identificare.

1.6. Ruolo eziopatogenetico del tessutoconnettivale

Nel lavoro in cui Nachemson ricorda l’im-portanza del SNC nella genesi della scoliosi,egli propone quasi un’equazione per la quale,quando c’è una “buona stabilità” della colonna,ci può essere una compensazione delle disfun-zioni dei meccanismi di controllo posturale al-terati, mentre quando questa stabilità viene amancare allora si ha un peggioramento dellacurva(44). Questo concetto di stabilità non siapplica solo ad aspetti neurologici: esiste infattiun corrispettivo strutturale dato dalla intrinsecastabilità muscolo-legamentosa della colonna.

È noto come esista un preciso gruppo disoggetti scoliotici che presentano una iperlas-sità legamentosa di notevole entità a fronte diun altro gruppo non distinguibile come carat-

279153. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

Fig. 53.8 - Sistema teorico semplificato di asimme-tria vertebrale su due piani. Profilo laterale con ridu-zione della cifosi dorsale (sinistra); proiezione antero-posteriore del piano frontale di asimmetria (destra).F=forza di flessione anteriore; T=compressione dellestrutture posteriori; f=forza reattiva; d=distanza del-l’asimmetria del piano frontale dalla linea mediana;M=momento di torsione (14). (Da Dickson R.A., Law-ton J.O., Archer W.P. – modif.).

Fig. 53.9 - Il circolo vizioso di Ian Stokes.

teristiche di particolarità da una popolazionenormale; è peraltro ampiamente accertato co-me, accanto alle malattie neurologiche ed aquelle più propriamente genetiche, la famigliapiù importante di scoliosi secondarie sia quel-la dovuta a malattie del connettivo(75, 76).

Se poco si può fare per consentire una stabi-lizzazione legamentosa tramite l’esercizio fisi-co, molto è al contrario possibile fare per stabi-lizzare tramite i meccanismi di controllo postu-rale, secondo quell’antico ma pur sempre vali-do concetto di “corsetto muscolare”(9, 79).

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In una patologia come quella scoliotica, lecui cause non sono note, è difficile distinguereper alcuni sistemi corporei ciò che è la malattia(quindi con un preciso ruolo eziopatogenerico)da ciò che è menomazione (quindi danno fun-zionale conseguenza del processo patologico).Tenuto ben presente questo limite, condurremola nostra analisi sempre secondo l’indirizzo ria-bilitativo precedentemente precisato. Va co-munque detto che l’elemento funzionale anchein questo campo costituisce oggi una frontieraper il riabilitatore, in quanto tradizionalmentetrascurato in alcuni suoi aspetti che, invece,hanno un ruolo fondamentale a fini riabilitativi.

2.1. Danni neuromotori

Negli ultimi anni, con il sempre maggiorcredito attribuito all’ipotesi eziopatogeneticaneurologica si sono moltiplicati gli sforzi percodificare dei test in grado di dimostrare l’esi-stenza di precisi danni neuromotori nei pa-zienti scoliotici.

Lindström(36) ha così trovato evidenti al-terazioni dell’equilibrio ad un test con pedanastabilometrica, con una chiara familiarità: ideficit presenti anche nei fratelli e nelle sorelledei pazienti scoliotici. Il controllo posturale ri-sulta invece significativamente diverso nellescoliosi neuromuscolari (in cui la deformitàcoincide con una riduzione delle oscillazioni)rispetto a quelle idiopatiche, mentre queste ul-time avrebbero poche differenze rispetto aisoggetti normali.

Sibilla (70) ha proposto lo stepping test, ve-rificato tramite la Cranio-Corpo-Grafia (Fig.53.10 A, B), che permette di discriminare effi-cacemente diverse popolazioni di soggetti sco-

2. LE MENOMAZIONI DEL PAZIENTE SCOLIOTICO

Fig. 53.10 - AA.. Cranio-Corpo-Grafia (70): il soggettocammina sul posto in una stanza silenziosa al buio.Vengono rilevati i tracciati dei sensori presenti sul ca-po e sulle spalle; BB.. Tracciati tipici e loro interpreta-zione.

A

B

liotici con una correlazione significativa con irisultati ottenuti con l’elettronistagmografia(peraltro anch’essa alterata in una elevata per-centuale di casi in questi pazienti) (68, 69).Michele Romano ha recentemente dimostratocome questo test consenta di discriminare i pa-zienti con diverse tipologie di curve(65c) non-ché di verificare l’efficacia di un trattamento ci-nesiterapico che ne normalizza nuovamente irisultati rispetto ad un gruppo non trattato edun gruppo di controllo(65d). Stefano Negri-ni(57) ha condotto un test analogo in acqua,verificando dopo eliminazione dall’afferenzavisiva difficoltà di controllo analoghe nei pa-zienti scoliotici rispetto ai soggetti normali.

Barrack ha dimostrato l’esistenza di distur-bi della funzione propriocettiva nei soggettiaffetti da scoliosi idiopatica e Kaessen(31) haverificato la presenza di una anomala ed evi-dente asimmetria nella capacità di identificarecon un dito la posizione nello spazio del ditocontrolaterale. Raimondi ha dimostrato comela discriminazione tattile del dorso in gene-re(65) e del tratto scoliotico in particolare(38) sia alterata nei soggetti scoliotici. Gol-dberg(21, 22), infine, ha dimostrato con alcu-ni semplici test una correlazione tra dominan-za emisferica e tipo di curva.

Questi test aprono spiragli importanti, per-ché la loro codifica potrebbe permettere di di-sporre di strumenti utili per diagnosticare il ti-po di danni funzionali neuromotori presentinei pazienti scoliotici, di quantificarne l’entità,di seguirne l’evoluzione e di permettere in de-finitiva una miglior gestione riabilitativa dellamenomazione neurologica.

2.2. Danni biomeccanici

Particolarmente significativi in questo cam-po sono gli studi di Perdriolle (63), uno deipiù importanti ricercatori sulla biomeccanicadella scoliosi. Egli infatti ha per primo dimo-strato l’esistenza della terza dimensione diquesta patologia, verificando come ogni singo-la vertebra di una curva scoliotica localizzata alivello dorsale e dorso-lombare oltre a flettersilateralmente ed a ruotare va incontro anche ad

un terzo movimento nel senso dell’estensione(o in lordosi). Questo dato viene comunemen-te accettato per il rachide dorsale, mentre esi-stono pareri contrastanti sul comportamento alivello del rachide lombare: è stato infatti auto-revolmente sostenuto un comportamento op-posto(24), con una evoluzione quindi verso laflessione anteriore (in cifosi). In pratica, la sco-liosi sarebbe una deformità in inversione dellecurve sagittali.

Questi elementi potrebbero apparire secon-dari ad un’analisi superficiale ma, per capirnel’importanza, è sufficiente pensare a come si de-ve cercare di influire da un punto di vista bio-meccanico con l’esercizio fisico (non più eserci-zi di “autoallungamento”, in estensione assialedel rachide e quindi in ipocifosi ma piuttostoesercizi di cifotizzazione; inoltre, non più eserci-zi di delordosissazione lombare, ma in manteni-mento della lordosi fisiologica), ma anche comematerialmente si deve confezionare un’ortesi(ancora oggi si vedono comunemente corsettiche ricercano esageratamente una cifosi lomba-re, che di per sé oltre ad essere un non senso fi-siologico(11) è pure un non senso terapeutico).

Perdriolle (63) è quindi sceso ulteriormentenel dettaglio delineando l’importanza dellacomponente sagittale nella deformazione sco-liotica ed ha dimostrato come nelle scoliosiminori essa abbia un peso complessivo pariall’80% di quello del totale della deformità: lasua importanza diminuirebbe con l’aggravarsidella patologia (Fig. 53.11). Se questo è vero,allora è molto importante agire su questa com-ponente in maniera precisa soprattutto nellescoliosi minori, orientando il trattamento ci-nesiterapico, come già si affermava anche inprecedenza, verso una ricostruzione delle cur-ve sul piano sagittale.

D’altra parte, siamo ancora molto lontanida una reale comprensione della tridimensio-nalità della scoliosi per una sua utile applica-zione clinica. Del tutto recentemente abbiamoquindi proposto una classificazione (3-DE-MO – 3-Dimensional Easy Morphological)che, lungi dal risolvere il problema, vuole peròessere un primo passo verso una utile com-prensione dello stesso(55, 56) Essa si basa sul-la cosiddetta Top View (vale a dire una visione

279353. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

sul piano orizzontale della deformità scolioti-ca) che, combinando i dati delle proiezionifrontale e sagittale, offre una visione nuova edel tutto diversa dell’insieme della morfologiadella curva (Fig. 53.12).

Da questa visione scaturiscono così i con-cetti tridimensionali di direzione (Fig. 53.13),fase (Fig. 53.14) e traslazione (Fig. 53.15), chenon si riferiscono più alla singola curva bensìall’insieme del comportamento del rachide delpaziente. Da questi dati potrebbero scaturire,anche in un tempo relativamente breve, nuovescelte ed impostazioni terapeutiche.

Passiamo ora ad un altro aspetto biomecca-nico di estremo interesse: la valutazione dellamobilità della scoliosi sul piano frontale. Se-condo Perdriolle (63), infatti, la scoliosi nonpuò essere considerata una deformazione “rigi-da” perché la mobilità frontale della curva sco-liotica nel senso della correzione è superiore al-la norma (Fig. 53.16) e aumenta con l’evolu-zione della Scoliosi (Tab. 53.2).

Questo dato di Pedriolle ha provato l’esat-tezza dell’intuizione di Stagnara(75), che am-moniva i terapisti a non mobilizzare una curvascoliotica senza assicurare al paziente il mante-nimento nel tempo della riduzione ottenuta;in caso contrario, una maggior flessibilità del

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Fig. 53.11 - Evoluzione delle componenti antero-po-steriore e laterale in funzione dell’aggravarsi dellacurva (63). (Da Perdriolle R. – modif.).

Fig. 53.12 - Esempio di due scoliosi, entrambe defi-nibili come dorsale destra, lombare sinistra che allaTop View si presentano come radicalmente differenti(55, 56).

Fig. 53.13 - In condizioni normali la direzione dell’as-se antero-posteriore rachideo è ortogonale al bacinodunque coincidente con quella dell’asse antero-po-steriore globale del soggetto. In un rachide patologi-co la direzione è pari all’angolo compreso tra l’asseantero-posteriore rachideo e quello normale e puòessere: parallela, sinistra o destra (55, 56).

rachide avrebbe favorito un più veloce peggio-ramento della scoliosi. Questo punto va ri-marcato con particolare attenzione, perchégran parte del discredito della cinesiterapia nel

mondo ortopedico deriva dai veri e propricrolli provocati sulla colonna scoliotica da unaesagerata mobilizzazione, peraltro veramentefacile da ottenere con l’esercizio fisico. Eccoperché molti ancora oggi prescrivono di nonfare assolutamente “ginnastica” ma piuttostosolo dello sport, senza invece considerare chemolte attività sportive sono ampiamente mo-bilizzanti e quindi altrettanto dannose. La so-luzione del problema è invece quella di orien-tare correttamente gli obiettivi che ci poniamodi fronte alla patologia.

Come si può quindi comprendere da tuttiquesti dati, il danno biomeccanico si configu-ra come un possibile importante elemento diaggravamento della deformità una volta chequesta si è instaurata, ben di più rispetto a

279553. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

Fig. 53.14 - Se noi consideriamo la colonna normalesul piano sagittale, essa presenta un’onda con deipicchi che identificano la cifosi e la lordosi. Lo stessoavviene se consideriamo un rachide affetto da scolio-si a doppia curva in proiezione frontale, dove i picchisono le curve patologiche. La fase viene determinatain base al rapporto reciproco delle curve nel pianosagittale e frontale. Abbiamo così due possibili opzio-ni classificatorie: isofasica (cioè in fase) ed anisofasi-ca (cioè fuori fase) (55, 56).

Fig. 53.15 - La traslazione è lo spostamento del ba-ricentro della Top View rispetto all’asse spinale nor-male. In condizioni normali non esiste traslazione la-terale, mentre esiste una traslazione posteriore ri-spetto all’asse latero-laterale di riferimento scelto,quello delle SIAS del paziente. In condizioni patologi-che vi può essere una traslazione a destra o a sini-stra, anteriormente o posteriormente (55, 56).

AAnnggoolloo mmeeddiioo ddeellllaa ssccoolliioossii 2266°° 4444°° 6655°°

Angolo medio di ampiezzadell’articolazione apicale 3.67° 4.49° 5.41°

Tab. 53.2 - La mobilità dell’aricolazione apicale nel-l’inclinazione laterale del lato della convessità è varia-bile secondo l’importanza dell’angolo medio dellacurva scoliotica (63).

Fig. 53.16 - L’analisi dell’ampiezza di movimento otte-nuta con inclinazioni a destra e a sinistra mostra cheuna scoliosi con un angolo medio di 46 gradi passa a52 gradi durante l’inclinazione dal lato della concavità,mentre viene ridotto a 22 gradi durante l’inclinazionedal lato della convessità. Quindi l’ampiezza nel sensodella correzione è quattro volte superiore che nel sen-so dell’aggravamento (63). (Da Perdriolle R. – modif.).

quanto possa essere un momento eziopatoge-netico. Questo è poi vero anche in età adulta,dove il peggioramento avviene quasi e soloesclusivamente per motivi biomeccanici.

Guillaumat(26) ha infatti costruito dei dia-grammi, ricavati su un’ampia popolazione dipazienti scoliotici adulti, che hanno descrittocon precisione il rischio di peggioramento perle singole localizzazioni. Appare evidente co-me un sia più lentissimo aggravamento avvie-ne, e che questo è peggiore per le curve lomba-ri (maggior carico) rispetto a quanto avvengaper curve progressivamente più prossimali.Esattamente l’opposto di quanto avviene nelbambino, dove la localizzazione in senso disto-prossimale corrisponde ad un minor rischio dipeggioramento(74).

Anche questo dato, relativamente nuovo epoco conosciuto, è importante per impostareuna corretta azione preventiva e riabilitativanei pazienti adulti, soprattutto quando la sco-liosi supera una certa gravità che normalmenteviene fatta coincidere con i 25°-30° Cobb inuna scoliosi non trattata.

2.3. Danni cardio-respiratori

La scoliosi rappresenta il più tipico esempiodi sindrome ventilatoria restrittiva, vale a diredi danno respiratorio permanente dovuto adeformazione della cassa toracica, con com-pressione dei polmoni e conseguente riduzio-ne della capacità vitale.

Milner(41) segnala la presenza di un deficitdella capacità vitale nel 37,5% degli adole-scenti con scoliosi da 21 a 40 gradi, mentreSmith(71) ha rilevato che il 13,6% dei sogget-ti con curve inferiori ai 30° presentano una ca-pacità vitale forzata ridotta di almeno l’80% eche il 27,3% presentano una riduzione semprepari almeno all’80% della ventilazione massi-ma volontaria.

Alcuni deficit funzionali, quindi, inizianoad instaurarsi in soggetti anche con scoliosi dimodesta entità e progrediscono in rapporto al-l’aggravamento delle curve. La componenterespiratoria va conseguentemente valutata emisurata per calibrare il programma riabilitati-

vo, individualizzando adeguatamente l’inter-vento.

Altri elementi ci derivano poi dalle modali-tà con cui interviene il danno respiratorio. Ac-canto infatti alla semplice entità della curva ra-diografica(32) e conseguentemente deforma-zione costale con prevalenza di un emitoracesull’altro(25, 30) sono state avanzate anche al-tre spiegazioni, quali una menomazione dellamuscolatura(37, 71) e, ancor più importante,l’ipocifosi dorsale(29, 32). Kearon(32) poi,tra i fattori dipendenti delle caratteristiche del-la scoliosi, ha considerato importanti oltre aigradi di Cobb anche un maggior numero divertebre coinvolte nella curva ed una sua loca-lizzazione più cefalica; viceversa, la rotazionedella colonna e la durata della malattia non in-fluivano.

Da un punto di vista terapeutico, quindi,oltre ad insegnare semplicemente una respira-zione più efficace, sarà importante combattereselettivamente l’ipocifosi toracica che, oltre adessere un indice prognostico negativo, rappre-senta anche uno degli elementi che contribui-scono elettivamente al danno respiratorio. Daeffettuare poi anche l’allenamento della mu-scolatura respiratoria.

Alcune parole in più merita la necessità difinalizzare la respirazione ad una espansioneelettiva dell’emitorace ridotto di ampiezza. In-fatti, alcuni studi di Geyer(20) hanno da tem-po dimostrato come, da un punto di vista bio-meccanico, l’emitorace del paziente scolioticosi comporti come un cilindro deformato, ve-nendo ad incrementarsi le forze applicate du-rante la cinematica respiratoria nei punti dimaggior flessione (quindi a livello dei gibbi)con la generazione di una coppia che ha unaduplice conseguenza: l’incremento della defor-mità costale ed un incremento della rotazionevertebrale già presente. Vercauteren(78) haidentificato un valore soglia per l’insorgenza intermini significativi di questo effetto: i 10 mil-limetri di gibbo. Gli esercizi di attivazione re-spiratoria, quindi, possono essere rischiosi inpazienti con gibbi particolarmente importantie, anche in caso di scoliosi minori, quando an-cora non c’è un corsetto che inverte a nostrofavore questo possibile fattore di disturbo, sa-

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rebbe consigliabile fruttare degli appoggi bloc-cando l’emitorace in corrispondenza dei gibbi(Fig. 53.17.A, B).

Va infine rilevato come il danno respirato-rio sia importante in sé, ma anche per le sueconseguenze a livello cardiaco. Nell’adulto, in-fatti, quando oramai da anni si assiste ad unsovraccarico del cuore destro dai disturbi re-spiratori, si può giungere ad un cuore polmo-nare conclamato con tutte le relative conse-guenze. Nel paziente giovane, quindi, è fonda-mentale prevenire il più possibile una condi-zione patologica che può, nel tempo, divenireinfausta “quoad vitam” e non solo “quoad va-letudinem”. Nel paziente adulto, poi, si deveprendere in considerazione attenta anche que-sto danno, orientando adeguatamente sia gliesami effettuati che il trattamento.

2.4. Danni estetici

L’aspetto estetico viene spesso trascurato,considerato quasi secondario, quasi dimenti-candosi di aver a che fare con ragazzi e soprat-tutto ragazze in età adolescenziale, con futuregiovani donne. Questo elemento, più o menoincrementato di importanza a livello inconsciodai pazienti, risulta determinante nello svilup-po della disabilità psichica(18), ed anche nellapossibile presenza di un handicap nelle rela-zioni sociali. Il fianco assente, il gibbo magarigià evidente in stazione eretta, la chiara salien-za di un emitorace in flessione anteriore, unascapola molto sporgente, un tronco più cortorispetto agli arti, sono tute menomazioni tipi-che della malattia che giocano un ruolo im-portante a livello psicologico. Spesso, allora,sarà utile impostare un trattamento ortesicoanche solo a scopo modellante; altrettanto sidovrà o sostenere il paziente nell’affrontare

questo aspetto della sua disabilità, o far leva suquesto elemento per poter condurre una tera-pia che, essendo di lunga durata come in tuttele condizioni croniche, presenta una notevoledifficoltà di compliance.

279753. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

3. LA DISABILITÀ NEL PAZIENTE SCOLIOTICO

In gran parte le problematiche relative alladisabilità riguardano la scoliosi adulta. Il dolo-re, per esempio, od una significativa riduzione

della capacità di sforzo o delle attività della vitaquotidiana o professionale non fanno parte del-le caratteristiche del giovane paziente scoliotico.

A

B

Fig. 53.17 - AA. Sezione di un cilindro e distribuzionedelle forze applicate dall’interno; BB. Meccanismo au-todeformante nel torace scoliotico (20). (Da Geyer B.– modif.).

Viceversa, ci sono due elementi tipici dell’etàevolutiva che pure si riflettono pesantementeanche sull’età adulta: la disabilità dovuta a mo-tivi psicologici ed un’altra che abbiamo un po’provocatoriamente definito come iatrogena.

3.1. La disabilità da dolore

Da anni si sapeva che in età adulta il rischiodi algie vertebrali non aumenta in caso di sco-liosi: l’incidenza sarebbe infatti analoga a quel-la di una popolazione normale anche se, in ca-so di dolori, si assiste ad un aumento della lorodurata (con conseguente aumento della preva-lenza) e della loro intensità oltre che della lorodiffusione sia a livello vertebrale che degli ar-ti (45). Questi dati, pero, sembrano smentiti daun recente lavoro epidemiologico, basato su unquestionario postale, condotto su grandi nu-meri da Mayo(39); l’incidenza in un anno sa-rebbe infatti del 73% negli scoliotici contro il56% nei soggetti di controllo, mentre la preva-lenza sarebbe del 44% rispetto al 22%. In ognicaso, questi autori concludono che la preven-zione è estremamente importante(34, 39), co-me del resto le caratteristiche ribelli del doloreobbligano a pensare. Ecco quindi che una cor-retta Back School, importante per il soggettonormale, diventa fondamentale in presenza diuna scoliosi di una certa entità.

Altro problema, meno frequente, ma altret-tanto importante a fini preventivi, è quello delpaziente scoliotico operato. Questi i dati di-sponibili: l’intervento effettuato in età giova-nile non sembra variare l’incidenza del dolorerispetto ad una popolazione scoliotica generale(73%)(64); in età adulta in scoliosi dolorosedi grave entità l’operazione effettuata dopo i40 anni provoca una diminuzione di frequen-za del dolore(13), mentre entro la terza decadedi vita questa non varia(73): in entrambi i ca-si ne diminuisce invece l’intensità.

3.2. La disabilità dovuta a motivi psicologici

I disturbi psicologici del paziente scolioticosono noti da tempo. Fallstron(18) ha dimo-

strato che la scoliosi provoca un disturbo nellosviluppo dell’immagine corporea dell’adole-scente; si è verificato inoltre che quanto piùuna scoliosi è grave tanto maggiore è la diffi-coltà a socializzare(39).

Buona parte di questi disturbi sono sicura-mente iatrogeni: per esempio, l’indossare uncorsetto tipo Milwaukee può creare gravi di-sturbi nello sviluppo della personalità(43), maanche l’intervento chirurgico non è scevro diconseguenze; Nathan(47), infatti, ha rilevatocome tutte le ragazze avessero dei disturbi, eche quelle che erano più anziane prima dell’in-tervento avevano una “coscienza” maggior-mente dolorosa della deformità, determinataanche dalla sensibilità all’attrazione fisica e adun buon funzionamento corporeo. La immo-bilità conseguente all’intervento ha dimostratodi distorcere la percezione dell’immagine cor-porea e promuovere sentimenti di passività edi impossibilità di essere aiutati (47).

Si rende quindi necessario sostenere il sog-getto soprattutto in un delicato periodo di for-mazione della sua identità, con un valido sup-porto psicologico onde evitare che sviluppiun’immagine negativa del proprio corpo e iconseguenti effetti psichici negativi.

3.3. La disabilità da riduzione della capacitàdi sforzo

Una ricerca di Antonio Negrini (54) realiz-zata nel 1978 ha rilevato un deficit nella capa-cità di sforzo (VO” max) superiore al 30% inun gruppo di 21 adolescenti con un angolomedio di scoliosi di 27 gradi. Un’indaginecondotta nel 1987 da Di Rocco e Vaccaro(15)negli U.S.A. ha evidenziato un risultato analo-go, mentre Chong(11) ha dimostrato che esi-ste una significativa diminuzione dellaVO2max e del tempo di resistenza ogni 20gradi curva.

Kearon(33) ha studiato i fattori che influi-scono sulla capacità di sforzo in soggetti conscoliosi di media gravità (45°): la entità dellacurva non era elemento determinante, mentrelo erano la menomazione della capacità pol-monare ed ancor di più quella muscolare degli

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arti inferiori. Inoltre è apparso importante unridotto allenamento, con una risposta esagera-ta a livello cardiaco e flussi polmonari ridottirispetto alla capacità vitale(33, 72). Gli autorihanno concluso che si dovrebbe incoraggiareuna attività fisica in questi pazienti per ridurrela disabilità.

Kesten(34) in una popolazione della stessagravità, a fronte di una scarsa riduzione dellacapacità vitale rispetto ai valori teorici attesi,ha trovato una ben più marcata diminuzionedella VO2max. I parametri polmonari edematici normali hanno portato anche questiautori a concludere che il problema principaleè uno scarso allenamento allo sforzo.

3.4. La disabilità nelle attività della vita quotidiana e professionale

Il dolore è un fattore che influisce significa-tivamente sulla possibilità di lavoro e sullecondizioni generali di vita(39); la diminuzio-ne della capacità lavorativa è significativamen-te correlata anche con la gravità della cur-va(39).

Peraltro, anche dopo l’effettuazione in etàadulta di un eventuale intervento chirurgico,non incrementano le attività professionali o ri-creative pur migliorando la funzionalità nelleADL e diminuendo la fatica. È inoltre dimo-strato che non migliora la funzionalità polmo-nare(13, 73).

3.5. La disabilità iatrogena in età evolutiva

Parlare di disabilità iatrogena può apparireprovocatorio, ma lo facciamo ben determinatia sottolineare come il ragazzino affetto da sco-liosi (come del resto qualunque paziente) vadafondamentalmente rispettato in quanto perso-na colta in un duplice momento delicato:quello della crescita e sviluppo puberale equello dell’incontro/scontro con il propriocorpo affetto da una forma di patologia che nemina una struttura portante che non per nien-te si chiama “colonna”.

Abbiamo già accennato alle problematichepsicologiche. Queste possono essere esaltate oridotte dal comportamento e dalle influenze dichi vive il problema scoliosi con il ragazzo,quindi medici, paramedici, famiglia, scuola.

Vogliamo quindi solo presentare qualcheveloce riflessione.

3.5.1. Scelta del trattamento

È moralmente e deontologicamente scorret-to prendere di fronte ad un paziente una posi-zione di attesa solo perché non si sa che cosa fa-re, per poi magari al controllo successivo (dopo6-8 mesi) scoprire che quella scoliosi si è evolu-ta al punto da meritare un tavolo operatorio. Iltrattamento deve procedere “a gradini” e ilpunto fondamentale è partire dal gradino giu-sto: non troppo in alto né troppo in basso, inquanto in entrambi i casi si commetterebberodegli sbagli irrimediabili. È importante quindisottolineare come la scoliosi sia una malattia“strana”, difficile, di confine tra molte speciali-tà, che però merita l’attenzione di un medico(ma anche di un rieducatore e di un tecnico or-topedico) che sia abituato a trattarla, che sia ingrado di fare una prognosi: è questa infattil’unica via per minimizzare il rischio di incor-rere in sbagli a volte tragici per il paziente.

3.5.2. Cinesiterapia

La logica dell’”alzati e cammina”, tipica dichi non capisce di riabilitazione, che vede cosìspesso pazienti dimessi da un ospedale e consi-derati completamente sani in quanto esenti damalattia, ma che in realtà sani non sono per-ché portatori di una disabilità e/o perché pas-sibili di ulteriori malattie e quindi necessitantidi una prevenzione terziaria, è veramente duraa morire. È questa infatti la logica che condu-ce a non prescrivere la cinesiterapia in un pa-ziente portatore di un ortesi che, come mini-mo, di certo produrrà una progressiva ipotro-fia muscolare ed una riduzione del controlloneuromotorio e propriocettivo che abbiamovisto essere essenziali. Anche questa è disabili-tà iatrogena.

279953. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

3.5.3. Corsetti ortopedici

È moralmente e deontologicamente scorret-to prescrivere un corsetto ortopedico per unascoliosi senza avere la certezza che questo possafunzionare, dal momento che si impone ad unragazzo in età della crescita il peso di un tratta-mento gravoso che deve essere almeno efficace.

Una delle principali fonti di errore è l’ine-sperienza: è impossibile conoscere a fondo imeccanismi di funzionamento di un’ortesiquando la loro prescrizione è saltuaria. D’altraparte va sottolineato che la delega completa altecnico ortopedico sta esattamente alla paricon la delega completa al terapista per l’impo-stazione di un trattamento riabilitativo: sem-plicemente significa abdicare al proprio ruolodi prescrittore, erogatore, controllore ed in de-finitiva principale responsabile del trattamen-to. Giova qui forse ricordare che, nel malaugu-rato caso di una denuncia da parte di un pa-ziente, il responsabile principale sarà sempre ecomunque il medico, che oltretutto firma uncollaudo che, come qualunque altro medico,non è assolutamente una formalità burocratica.

3.5.4. Interventi chirurgici

“La chirurgia, il più delle volte, è il falli-mento del trattamento della scoliosi”. Questova detto con estrema chiarezza. Ci rendiamoconto con questa affermazione di schierarcidecisamente, dal momento che oggi assistia-mo al confronto di due scuole: una che abbas-sa sempre più il livello di intervento (la “chi-rurgia preventiva”, fatta anche oggetto di con-gressi di rilievo nazionale); un’altra, di cui sia-mo orgogliosi di far parte, peraltro in ottima einternazionalmente ben nota compagnia, chevede l’intervento come “ultima spiaggia” con-seguente ad errori pregressi o ad una patologiaveramente troppo importante (circa 1/1000dei casi di scoliosi oltre i 20 gradi).

Ricordiamo che la chirurgia, rende la co-lonna un “osso unico”, con pochi metameri li-beri, e questo oltre ad impedire già di per séuna vita completamente normale, negli anniprovoca una precoce degenerazione discalecon dolori spesso incurabili. Irrisolto resta poi

il problema se sia più incisivo da un punto divista psicologico il portare un corsetto per de-gli anni o l’avere un sistema di sbarre, uncini,viti e quant’altro nella schiena: forse siamocondizionati dal nostro modo di pensare, macontinuiamo a preferire la prima strada, cheoltretutto si dimostra, alle analisi economiche,più redditizia, meno costosa(40).

3.5.5. Sport

Lo sport, in quanto espressione motoria èinscindibilmente legato alla cinesiterapia, dicui rappresenta per così dire il versante attivo.Infatti, se la prima propone inevitabilmenteun lavoro fisico sostanzialmente di tipo stati-co, l’attività sportiva la integra con una attiva-zione più ampia e generalizzata di tutto l’appa-rato locomotore, organico e psicomotorio. Ècosì una disabilità iatrogena prescriverlo, malo è anche nelle sue potenzialità e va impeditoche i genitori stessi inducano il figlio a nonpraticarlo. Esistono però altre problematicheche vanno analizzate.

Fino a quando la scoliosi è minore lo sportdeve essere un momento terapeutico masche-rato. In questa fase, infatti, uno degli obiettiviè che il ragazzo faccia dello sport, evitando nelcontempo un eccessivo sovraccarico psicologi-co. Così, la prescrizione medica di uno sport ascapito di un altro è ingiustificata in quantopuò creare alcuni problemi (il ragazzo nonpuò così scegliere in base alle sue preferenze edalle sue amicizie) senza garantire vantaggi si-gnificativi (non esiste di fatto uno sport che,indistintamente per tutti i casi di scoliosi, siamigliore di un altro, anche se può esisterequalcuno peggiore, che però va sconsigliatosolo a ragion veduta).

Quando la scoliosi invece si avvicina ad unconfine che può far pensare ad un futuro trat-tamento ortopedico o quando ci sono dei fat-tori prognostici negativi, è necessario indivi-duare alcuni limiti:• l’agonismo, perché l’atleta deve realizzare

una prestazione che giustifica qualsiasi sa-crificio, con uno spostamento dell’obiettivoprimario: la prevenzione dell’evoluzionedella malattia;

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2800

• le attività troppo mobilizzanti per il rachi-de, che finirebbero per vanificare il tratta-mento in palestra e potenzialmente accele-rare l’evoluzione negativa della deformità.

Nei dimorfismi più gravi, in cui già è statoprescritto un corsetto, l’ortesi sembrerebbeprecludere lo sport in genere. Niente di piùfalso. L’attivazione sistematica della muscola-tura evita eccessiva ipotrofia da non uso e con-sente l’attivazione degli apparati respiratorio ecardiovascolare. In questa fase l’aspetto psico-logico diventa ancora più importante. Il cor-setto infatti spinge il ragazzo ad evitare di par-tecipare agli eventi sociali in genere. Egli do-vrebbe invece vivere il corsetto come un’ortesidentale, e chi la porta non smette per questodi mangiare!

3.5.6. Educazione fisica scolastica

Per tanti anni l’educazione fisica scolastica èstata proscritta. Da quanto sopra ricordato, ri-

salta invece come essa non solo sia utile, madivenga addirittura necessaria. Inoltre, mentrelo sport può essere un momento di scelta delragazzo, l’ora di educazione fisica in quantomomento dell’attività scolastica dell’obbligodiviene sicuramente, se evitata, un’occasionedi isolamento psicologico dal gruppo e quindi,in quanto tale, estremamente dannosa in unragazzo che non è e non deve essere “diverso”.

3.5.7. La prescrizione

Un’ultima annotazione. Noi medici abbia-mo un’arma notevolissima nei confronti delpaziente: l’autorità che, per lo meno in primabattuta, ci viene spesso concessa. Dobbiamoparlare, utilizzando parole semplici, avere unbuon colloquio con il paziente adolescente,guardarlo negli occhi e motivarlo spiegandochiaramente il “perché” del trattamento.

In tal modo, nel corso delle 2-3 visite dicontrollo annuali, possiamo far molto controla “disabilità iatrogena”.

280153. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

4. LA VALUTAZIONE QUALE “PREMESSA”ALL’IMPOSTAZIONE DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO

Premessa: si parla di scoliosi idiopatica.L’esame del paziente è indispensabile per for-mulare il piano di lavoro, sorvegliare l’evolu-zione della scoliosi e valutare i benefici dellacinesiterapia(23).

4.1. Valutazione della “malattia scoliosi”

Consiste nella osservazione posteriore,frontale e laterale del paziente a dorso nudo, inposizione ortostatica, per rilevare:– Sopraelevazione di una spalla;– Obliquità (triangolo della taglia) e rotazio-

ne del bacino;– Deviazione laterale delle spinose e gibbosità

in carico;– Strapiombo del tronco sul bacino;– Lordosi cervicale e lombare, cifosi dorsale,

inversione delle curve (frecce sagittali);

– Torace: piatto, con depressione contro-ster-nale, rachitico, a imbuto, carenato, ecc.;

– Statica delle ginocchia e dei piedi: valgi-smo, varismo, piattismo.

4.2. Valutazione funzionale

Consiste nell’osservazione del paziente:– In flessione anteriore (osservazione frontale

o posteriore) per rilevare alterazioni del ra-chide e del torace sul piano orizzontale, lo-ro entità e localizzazione;a) Misurazione dei gibbi;b) Test di riducibilità in flessione laterale;c) In flessione anteriore (osservazione po-

steriore) misurare il gibbo sacrale;– In flessione anteriore (osservazione latera-

le): rilevare eventuali rigidità sul piano sa-gittale e lorolocalizzazione;

– Frecce sagittali in autoallungamento (retro-versione del bacino e retrazione del mento):misurare le frecce sagittali per valutare lacomponente posturale e il grado di riduci-bilità della cifosi e della lordosi;

– In elevazione sugli avampiedi: valutare lavolta plantare;

– In decubito supino: valutare l’estensibilitàdei crurali, degli psoas e dei solei;

– In posizione seduta, bacino bloccato: valu-tare l’estensibilità dei pettorali.

4.3. Valutazione radiologica

Le radiografie vengono eseguite nel pianoassiale e sagittale, di norma sotto carico. In fa-se di prima valutazione ed in seguito periodi-camente, ravvisandone la necessità, anche sen-za carico (posizione spina).

La comparazione delle due immagini radio-grafiche ci permette di valutare l’entità del “ce-dimento posturale”.

La radiografia permette di misurare la “de-flessione laterale” (angolo di Cobb), la rotazio-ne, il grado di maturità ossea, l’angolo ileo

lombare, l’angolo di inclinazione costale, l’ete-rometria degli arti inferiori.

Essa però deve essere considerata come unaconferma, un “completamento” dell’esame cli-nico e mai come unico dato di diagnosi.

La comparazione periodica delle suddette“misurazioni”, unitamente a quelle cliniche, cipermette di monitorare l’evoluzione della cur-va scoliotica e di delinearne la “prognosi”.

4.4. Misurazione antropometriche

Comprendono:– Rilevazione periodica del peso e della statu-

ra in piedi e seduta (nelle scoliosi gravi).

Riteniamo infine indispensabile una accu-rata “valutazione della capacità vitale” ed unasua periodica monitorizzazione, non solo nel-le scoliosi in trattamento ortopedico e chirur-gico, ma anche nelle scoliosi di modesta gra-vità in quanto, come già ricordato in prece-denza, la sindrome ventilatoria può già esserepresente in adolescenti con scoliosi di 20°Cobb.

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2802

5. DALLA VALUTAZIONE AL TRATTAMENTO

Una volta condotta la valutazione, si devegiungere ad impostare un piano di trattamen-to. In mezzo si trovano problemi di diagnosi,di prognosi, di identificazione della fase tera-peutica, di verifica dei limiti delle terapie di-sponibili.

Ci sembra quindi utile proporre qualche ri-flessione al proposito.

5.1. Il problema della diagnosi

Un aspetto che ci sembra importante quiricordare è che la scoliosi può essere idiopatica:diffidare sempre di una scoliosi “al contrario”(il 95% delle scoliosi idiopatiche a livello dor-sale sono destro convesse, come oltre il 70% di

quelle lombari sono sinistro convesse), comepure allertarsi se coesiste un piede cavo, se cisono macchie cutanee, se c’è dolore vertebrale,se esistono difficoltà di equilibrio e qualunquealtro segno neurologico.

5.2. Lo staging

Il trattamento della scoliosi ripercorre tuttela fasi tipiche della prevenzione.

5.2.1. La prevenzione primaria: il “trattamento libero”

Quando la patologia è lieve, il trattamentoè una forma di prevenzione primaria: il pa-

ziente, infatti, in realtà non è ancora tale, ma èsolo portatore di un rischio di patologia. Se in-fatti la maggior parte degli autori ritiene che ildanno anatomico (ossia una scoliosi superiorea 10°) sia il problema, noi riteniamo che la so-glia di normalità vada spostata di molto in al-to, ossia quando compare il danno funzionale,quindi una conseguenza tangibile nella vitadel paziente: il danno anatomico non viene in-fatti percepito e, senza radiografia, non sareb-be neanche identificabile. Il danno funzionale,dai numerosi dati in letteratura(9, 14, 24)coincide con i 30° e quindi, dato l’errore insi-to nella misura, sino ai 25° il trattamento del-la scoliosi è di fatto il trattamento di un fatto-re di rischio di patologia, che si concretizza so-lo al superamento di questa seconda soglia(25°: danno funzionale) e non della prima(10°: danno anatomico).

Questa fase terapeutica è stata definita co-me “trattamento libero” e riguarda la cosiddet-ta scoliosi minore, dove comunque un dimor-fismo vero esiste (tra 1 e 3% della popolazionea rischio). Essa non riguarda invece i paramor-fismi (fino al 50% della popolazione), che nel99% dei casi si risolvono semplicemente fa-cendo sport.

La prevenzione primaria diviene poi terapiaperché, così come avviene quando si trattal’ipercolesterolemia quale fattore di rischio perl’infarto del miocardio, si cura in questo casoun importante fattore di rischio primario: lascoliosi minore che in più del 15% dei casi di-venta scoliosi maggiore.

Questo momento è di pertinenza selettiva-mente educativa e storicamente ha sempre vi-sto una sovrapposizione fra le figure professio-nali che se ne sono occupate: i terapisti e gliinsegnanti di educazione fisica. Senza volerentrare in diatribe di ruolo va rilevato da unlato come si tratti di prevenzione primaria,dall’altro come sia anche un momento tera-peutico.

Secondo noi di fatto entrambe le figureprofessionali possono e devono svolgere unruolo, anche perché questo momento preven-tivo può e deve essere condotto in un piccologruppo terapeutico: in questo caso spesso l’in-segnante di educazione fisica ha maggiore ca-

pacità di gestione, mentre il terapista ha mag-giore attenzione nei confronti del trattamentodell’aspetto patologico conclamato.

5.2.2. La prevenzione secondaria: il “trattamento ortopedico”

Un secondo aspetto è quello della preven-zione secondaria, vale a dire del trattamentoper evitare i danni conseguenti alla presenzadella patologia conclamata.

I confini possono essere fatti coincidere conun livello di patologia che comincia a far pen-sare alla necessità di intervenire con un corset-to ortopedico.

È una fase terapeutica tipicamente a cavallotra più competenze professionali mediche, an-che se classicamente è stata considerata di per-tinenza ortopedica/fisiatrica, al punto che ladefinizione di “fase ortopedica” viene spessoascritta più che al medico che se ne occupa cheall’ortesi che si deve utilizzare.

Lo scopo primario in questa fase è quello dievitare l’aggravamento della scoliosi, quindi dicurare la malattia, ma anche, purtroppo a vol-te dimenticato, di trattare le menomazioni, dievitare la disabilità e di prevenire così l’handi-cap.

Quindi, se l’elemento principe è l’ortesi, iltrattamento delle menomazioni e delle disabi-lità sono tipiche dell’intervento riabilitativo,sia cinesiterapico che psicologico ed ancheeducativo.

In questa fase l’approccio si modifica, comevedremo, rispetto alla fase precedente.

5.2.3. La prevenzione terziaria: la riabilitazione del disabile

Infine, va considerata la prevenzione terzia-ria, spesso fatta direttamente coincidere “toutcourt” con la riabilitazione.

Questo momento è tipico del recuperopost-intervento e/o del superamento dei danniiatrogeni in età dell’accrescimento, nonché deltrattamento della scoliosi dell’adulto.

La rilettura del paragrafo relativo alla disa-bilità permette di meglio comprendere le po-tenzialità di questo momento terapeutico.

280353. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

5.3. I limiti della cinesiterapia

I risultati ottenibili con la cinesiterapia neltrattamento della scoliosi minore sono riferibi-li al “soggetto scoliotico” ed alla “deformazio-ne scoliotica”.

Per quanto concerne “i risultati sul soggettoscoliotico” la cinesiterapia deve essere indiriz-zata alla prevenzione o alla riduzione dei dannifunzionali provocati dalla scoliosi sull’organi-smo del paziente. Gli esercizi sono quindi ri-volti allo sviluppo ed al rafforzamento di fun-zioni naturali quali l’equilibrio, il controlloposturale, la stabilità assiale del rachide, il tro-fismo muscolare, la funzione respiratoria.

L’efficacia dell’esercizio fisico indirizzato al-lo sviluppo di tali funzioni nel soggetto norma-le è ampiamente dimostrata in letteratura(1a,2, 5). Inoltre, da dati della bibliografia, risultache le capacità fisiche e motorie di pazienti sco-liotici, sottoposti ad allenamenti specifici, mi-gliorino come nei soggetti normali(8, 48).

A proposito invece dei “risultati sulla sco-liosi”, non è mai stato dimostrato che la solaginnastica sia capace di correggere la scoliosi o

arrestarne l’evolutività. I pochi lavori di ricercaesistenti in bibliografia(35, 42), effettuati conil confronto di una popolazione di controllo,hanno documentato che la ginnastica agiscecome “freno dell’evoluzione” nelle scoliosi conscarso potenziale evolutivo.

Afferma Stagnara(74): “In presenza di unarotazione poco accentuata, le azioni della mu-scolatura del lato convesso e concavo risultanoantagoniste, ma se la rotazione si accentua, ilmomento di azione del muscolo diminuisce, siannulla e si inverte. A partire da questa situa-zione, ogni azione muscolare automatica, ri-flessa, volontaria o ginnica, contribuisce a in-crementare le forze rotazionali”.

Occorre quindi precisare con chiarezza cheè possibile arrestare o parzialmente correggereuna scoliosi idiopatica evolutiva “solo” con te-rapie ortopediche e/o chirurgiche. Esiste per-tanto una soglia al di là della quale la rieduca-zione da sola è insufficiente, e ciò si evidenziaquando i controlli radiografici documentanoun’evoluzione certa della malattia. In questicasi diventa indispensabile iniziare un tratta-mento ortopedico.

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2804

6. OBIETTIVI DELLA RIEDUCAZIONE

La medicina ortopedica considera la scolio-si una potenziale deformità da sorvegliare at-tentamente, intervenendo con adeguate tera-pie ortopediche e/o chirurgiche qualora si ma-nifesti evolutiva.

Ma la ricerca scientifica ha dimostrato che,oltre alla deformazione strutturale del rachide,la scoliosi provoca sull’organismo del pazientedanni funzionali a livello neuromotorio, bio-meccanico, organico e psicologico. È dalla co-noscenza di tali danni che dobbiamo ricavaregli obiettivi terapeutici da perseguire conl’esercizio fisico nel trattamento delle scoliosiminori (49, 50).

Inoltre, la cinesiterapia è indispensabile neltrattamento delle forme evolutive per preveni-re o curare i danni funzionali provocati sull’or-

ganismo dalle terapie ortopedico e/o chirurgi-che.

6.1. La scoliosi minore

6.1.1. Livello neuromotorio e biomeccanico

6.1.1.1. Obiettivi

– Sviluppo del controllo posturale– Sviluppo della stabilità vertebrale

Gli obiettivi fondamentali si perseguonoattraverso modalità terapeutiche, la cui realiz-zazione graduale e progressiva concorre ad ot-tenere i migliori risultati.

6.1.1.2. Modalità terapeutiche

– La rieducazione posturaleComprende la presa di coscienza del corpo,

dei difetti e l’autocorrezione.Scopo: far acquisire al soggetto una postura

più corretta ed equilibrata del rachide.

– Il rafforzamento muscolareMira a sviluppare le fibre toniche dei mu-

scoli antigravitari, a costruire il cosiddetto“corsetto muscolare” per stabilizzare la colon-na.

– Lo sviluppo della reazioni di equilibrioÈ rivolto a migliorare l’equilibrio assiale del

tronco, statico e dinamico, con il rachide inpostura corretta.

– La mobilizzazioneSi attua solo quanto è necessaria allo scopo

di recuperare una mobilità articolare ridottadelle cinture (anca e cingolo scapolo omerale);è invece controindicata a livello del rachide(contemplata solo in preparazione all’ortesi oall’artrodesi).

– L’integrazione posturaleComprende l’integrazione neuromotoria e

l’educazione ergonomica.Scopi: usufruire di un’immagine più corret-

ta ed equilibrata del rachide; sviluppare la ca-pacità di rispondere con atteggiamenti funzio-nali corretti alle differenti richieste della vita direlazione.

6.1.2. Livello organico e psicologico

6.1.2.1. Obiettivi

– Sviluppo della funzione respiratoria (miglio-ramento della capacità vitale);

– Attivazione del metabolismo (sviluppo dellacapacità di sforzo);

– Sviluppo di un’immagine positiva del corpo.

Tali obiettivi si raggiungono sollecitando lapratica di attività motorie globali, anche di ti-po sportivo. Concordiamo con il pensiero di

Stagnare(74), il quale riteneva benefico qual-siasi sport eseguito in forma ricreativa. Questeattività, per la loro durata ed intensità limitatenel tempo, non possono apportare modifica-zioni strutturali; offrono invece enormi bene-fici sia a livello cardio-respiratorio che psicolo-gico. È sconsigliata la pratica di attività agoni-stiche nel periodo di maggiore rischio evoluti-vo, ed in particolare quelle che privilegiano lamobilizzazione ed i movimenti ripetitivi delrachide in massima estensione o flessione(51).

A livello psicologico occorre favorire lo svi-luppo di un’immagine positiva del corpo, perevitare che la scoliosi influenzi negativamenteuna maturazione equilibrata della personalità.A tale scopo è importante stimolare l’interessee la corresponsabilità alla cura da parte del pa-ziente e della famiglia. L’intervento non deveessere medicalizzato, soprattutto quando sitratta di soggetti con scoliosi minore, in quan-to in essi esiste solo un rischio di patologia. Lapresenza quindi della scoliosi non deve impor-re una limitazione alla vita personale e socialedi un giovane, anche quando è costretto ad in-dossare un corsetto.

6.2. La scoliosi evolutiva

Gli obiettivi della correzione posturale esella stabilità vertebrale sono qui realizzati dal-l’apparecchio o dall’artrodesi.

6.2.1.1. Obiettivi

– Eliminazione o riduzione dei danni da im-mobilità (ipotrofia muscolare);

– Riduzione dei danni dell’apparecchio (ridu-zione delle curve agittali, deficit respiratori);

– Accentuazione delle spinte correttive dell’ap-parecchio.

Tali obiettivi si perseguono attraverso mo-dalità terapeutiche specifiche, così suddivisenelle varie fasi del trattamento:– In preparazione all’ortesi e all’artrodesi: la

mobilizzazione vertebrale;– In corsetto: lo sviluppo del trofismo mu-

scolare, lo sviluppo respiratorio, l’accentua-

280553. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

zione delle correzioni dell’apparecchio, laconservazione delle curve fisiologiche sagit-tali;

– In fase di liberazione: la riarmonizzazioneposturale statica e dinamica.

Vi sono infine degli obiettivi generali che

devono essere ricercati nel corso dell’intero pe-riodo del trattamento ortopedico e chirurgico.Ci riferiamo, in particolare, all’attivazione dellefunzioni organiche attraverso attività globali,anche di tipo sportivo, e alla sollecitazione psi-cologica del paziente e della famiglia a offrire lamassima collaborazione durante la cura.

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2806

7. RUOLO DEI METODI NEL TRATTAMENTODELLA SCOLIOSI IDIOPATICA

Quando si parla di cinesiterapia vertebrale,non si possono ignorare i cosiddetti “metodi”,vale a dire quegli approcci “olistici” o globali,caratterizzati dall’applicazione sui pazienti inmodo sistematico, di tecniche terapeutiche de-rivate da un sistema chiuso completamentecodificato, sovente da un singolo autore. Ab-biamo già avuto modo di scrivere altrove(48)come a queste impostazioni se ne contrappon-ga un’altra, definita per “obiettivi terapeutici”,caratterizzata dall’intervento su precise carat-teristiche fisiche e/o patologiche, come specifi-cabili secondo i canoni classici della fisiologiae della diagnostica medica. È questa la sceltapiù corretta, nel campo della scoliosi ancor piùche in quello di altre patologie.

Ancor oggi, infatti, la cinesiterapia nel trat-tamento della scoliosi è criticata da una largaparte della medicina ufficiale. Questa posizio-ne ha una serie di ragioni storiche, e ne vedo-no anche nei metodi un’origine.

Ne citiamo alcuni tra quelli più diffusi: Bo-bath, Kabat, Klapp, Von Niederhoffer, Mèzié-res, Sohier, Souchard, Schroth, solo per dire che:• ciascun metodo si considera il depositario

della verità;• ogni metodo propone esercizi esclusivi sulla

base di proprie ipotesi patogenetiche e pa-tomeccaniche (spesso mai provate);

• tutti i metodi pretendono di correggere lascoliosi, ma spesso rifiutano la verifica deirisultati.

D’altra parte, buona parte dei tecnici è po-co sollecitata ad approfondire la conoscenza

delle “scoliosi”, mentre è molto interessata adimparare “un metodo di ginnastica che le cu-ra”. Da queste necessità e dalle caratteristichedei metodi ricordate deriva in gran parte il di-scredito della ginnastica presso il mondoscientifico.

Un altro aspetto problematico deriva dauna tipica caratteristica di quasi tutti questimetodi: quello di mobilizzare più o meno in-tensamente la colonna vertebrale. Abbiamogià ampiamente visto in precedenza come lamobilizzazione sia dannosa per la colonna sco-liotica non trattata con ortesi.

In campo medico, soprattutto ortopedico,quindi, molti considerano o hanno considera-to la ginnastica dannosa perché mobilizza lacolonna. In realtà, questa proposizione rivelaoggi l’ignoranza in materia di cinesiterapia daparte di chi la propone. Per evitare questo dan-no, infatti, è sufficiente prescrivere i correttiobiettivi terapeutici, chiedendo di effettuareuna ginnastica che sviluppi la stabilità verte-brale e verificandone poi l’attuazione. Non sidimentichi poi come, al posto della cinesitera-pia, considerata mobilizzante, da parte di mol-ti si preferisca consigliare la pratica di un’atti-vità sportiva, senza pensare che lo sport, inmolti casi, è più mobilizzante di una cinesite-rapia male impiegata.

Al contrario rispetto a queste impostazioni,l’approccio riabilitativo fin qui discusso non èassolutamente un “metodo terapeutico”, bensìuna metodologia di approccio al paziente sco-liotico. Essa prevede infatti l’individuazione di

obiettivi terapeutici attendibili per il pazientescoliotico, basati da un lato sulla ricerca scien-tifica più aggiornata, dall’altro sulla verificadei risultati.

Questa impostazione richiede necessaria-mente un atto medico, di individuazione epersonalizzazione degli obiettivi terapeutici,ed un atto tecnico, di attuazione e collabora-zione per il raggiungimento del massimo risul-tato.

Al medico compete così di prescrivere laginnastica specificando sia gli obiettivi tera-peutici da perseguire sia le controindicazioni(ad esempio nel caso di scoliosi minori: riedu-care la postura, sviluppare le reazioni di equili-brio, rafforzare e stabilizzare la colonna, nonmobilizzare; in preparazione al corsetto: mobi-lizzare la colonna e sviluppare la funzione re-spiratoria); verificare periodicamente le pre-scrizioni sia rispetto alla loro attuazione, siaper eventualmente modificarle secondo la ne-cessità del paziente.

Ai tecnici compete invece di attuare gliobiettivi terapeutici, di verificare con il medi-co i risultati del piano cinesiterapico e di inte-

ragire con il medico sia per eventualmente ag-giustare al meglio l’impostazione terapeuticasia per controllare la terapia.

Va precisato poi che i tecnici preparati de-vono utilizzare i metodi che conoscono, noncome “trattamenti esclusivi”, bensì come “tec-niche di rieducazione vertebrale” dalle qualitrarre di volta in volta gli esercizi più idonei arealizzare gli obiettivi terapeutici utili per ilpaziente.

Solo così la cinesiterapia verrà sempre piùaccettata dalla medicina come un interventoterapeutico efficace (e credibile), per la riabili-tazione del paziente scoliotico.

Senza alcuna pretesa di correggere la scolio-si, dobbiamo quindi essere coscienti che laginnastica è una terapia benefica al paziente,ma solo quando gli esercizi sono indirizzati adinsegnare dei comportamenti corretti ed a svi-luppare delle funzioni neuromotorie e dellequalità fisiche utili. Una cinesiterapia nellaquale Cobb credeva fermamente, quando af-fermava che è necessaria per “migliorare la for-za, il tono muscolare, la capacità vitale ed ilportamento”.

280753. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

8. UNA METODOLOGIA PER LO SVILUPPODEGLI OBIETTIVI TERAPEUTICI

Questa metodologia è nata ed è stata pro-gressivamente sviluppata in oltre 20 anni pres-so il Centro Scoliosi di Vigevano dai Prof. An-tonio Negrini e Nevia Verzini ed ha oggi rag-giunto la sua massima maturità. La presentia-mo con la coscienza che gli esercizi e le meto-dologie possono variare secondo la sensibilitàindividuale dell’operatore che le propone, pur-ché rimangano entro indicazioni e controindi-cazioni sin qui stabilite.

8.1. Le modalità terapeutiche

8.1.1. Rieducazione posturale

• presa di coscienza del corpo, in particolaredel rachide

• sensazioni di contrazione-rilasciamento° contatti del corpo nelle varie posture° controllo segmentale e globale del rachi-

de° educazione respiratoria

• presa di coscienza dei difetti° con assistenza manuale° davanti allo specchio

• autocorrezione° autocorrezione graduale sui tre piani

dello spazio.

8.1.2. Educazione ergonomica

• studio delle posture e dei movimenti di ba-se

• apprendimento degli atteggiamenti e movi-

menti funzionali corretti della vita di rela-zione

8.1.3. Mobilizzazione

• mobilizzazione delle cinture (quando si ri-levano zone di rigidità)

• mobilizzazione del rachide (in alcune fasidel trattamento ortopedico e chirurgico).

8.1.4. Rafforzamento

• rafforzamento dei muscoli paravertebrali(in postura corretta), dei muscoli addomi-nali e degli arti inferiori con utilizzo di cari-chi da 1/3 a 2/3 del carico massimale in po-stura corretta

• contrazione isometriche.

8.1.5. Equilibrio

• Sviluppo delle reazioni di equilibrio in po-stura corretta.

8.1.6. Integrazione neuromotoria

• Associazione dell’autocorrezione nei movi-menti globali ed ai gesti della vita quotidia-na.

8.1.7. Valorizzazione funzionale

• Sviluppo delle grandi funzioni: cardiorespi-ratoria, circolatoria e metabolica attraversol’attività motoria globale e di tipo sportivo(non agonistica)

• Esclusione o limitizaione delle attività spor-tive che mobilizzano eccessivamente la co-lonna.

8.1.8. Obiettivi specifici nel trattamento ortopedico e chirurgico

• Attivazione respiratoria• Rafforzamento muscolare• Modellamento delle gibbosità• Esquive (sgusciamento dagli appoggi del-

l’ortesi)• Recupero delle curve sagittali.

8.2. L’organizzazione del piano di trattamento

La durata delle sedute è di 45-50 minuti,di cui 5’ iniziali sono dedicati al “riscaldamen-to” (attivazione organica e muscolare”) e 5’ fi-nali “defaticamento” (ritorno alle condizioninormali).

Le modalità terapeutiche (scelta e dosaggidegli esercizi) variano in funzione delle fasi ditrattamento (libero, ortopedico, chirurgico);gli esercizi del piano di trattamento sono pe-riodicamente modificati, adattati ed intensi-ficati (ogni 2-3 mesi).

8.2.1. La scoliosi minore (trattamento liberocon sola cinesiterapia)

Periodo di frequenza nell’annoModalità terapeutiche dominanti

8.2.1.1. 1° periodo

• Rieducazione posturale, educazione ergo-nomica, integrazione neuromotoria iniziale

• Rafforzamento (blando) con e senza pesileggeri

• Equilibrio• Mobilizzazione (solo se necessaria)

8.2.1.2. 2° periodo

• Rafforzamento (intensificare): stessi eserciziaumentando i carichi

• Equilibrio• Integrazione neuromotoria (iniziale)• Educazione ergonomica

8.2.1.3. 3° e 4° periodo

• Rafforzamento (intensificare)• Equilibrio• Integrazione neuromotoria• Educazione ergonomica

8.2.2. La scoliosi evolutiva (trattamento ortopedico con ortesi)

8.2.2.1. Fase preparatoria

• Mobilizzazione intensiva• Attivazione respiratoria• Presa di coscienza ed autocorrezione

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2808

8.2.2.2. Fase in busto (intensificare gradualmente il piano di lavoro)

• Modellamento e mobilizzazione• Rafforzamento muscolare• Attivazione respiratoria

8.2.2.3. Fase di liberazione (intensificare gradualmente il piano di lavoro)

• Rieducazione ed integrazione posturale• Rafforzamento ed equilibrio

N.B. se il corsetto è indossato a part-timeed il medico prescrive di eseguire totalmente oparzialmente gli esercizi senza busto, applicarele modalità terapeutiche descritte ne “la sco-liosi minore”

8.2.3. La scoliosi grave (trattamento chirurgico secondo Harrington o altri strumentari che prevedono una prolungata immobilizzazione post-operatoria)

8.2.3.1. Fase pre-operatoria

• Come nel trattamento ortopedico

8.2.3.2. Fase post-operatoria

• Modellamento e rafforzamento muscolareprogressivi

• Attivazione respiratoria

8.2.3.3. Fase di liberazione

• Come nel trattamento ortopedico

8.2.4. La scoliosi grave (trattamento chirurgico secondo Cotrel-Dubousset ed altri strumenti senza prolungata immobilizzazione post-operatoria)

8.2.4.1. Fase pre-operatoria

• Come nel trattamento ortopedico

8.2.4.2. Fase post-operatoria

• Recupero graduale di: postura, forza, equi-librio, coordinazione, fiducia in se stessi.

8.3. Esempi di esercizi

8.3.1. Rieducazione posturale: presta di coscienza del corpo e dei difetti

• Supino: sentire i contatti del corpo con ilsuolo (con l’aiuto delle mani del terapista edel paziente); variare la posizione degli artisuperiori ed inferiori, sentire la delordosicervicale e la delordosi lombare

• Ripetere gli stessi esercizi in appoggio pare-te

• Carponi: incurvare la colonna (massimaflessione), quindi inarcare la colonna (mas-sima estensione)

• Carponi: flessione laterale totale della co-lonna a destra e a sinistra

• Carponi: retroversione ed anteversione delbacino

• Seduto sgabello, dorso contro montantedella spalliera: flettere lentamente il bustoavanti (rotolare) e ritornare lentamentecontro il montante (srotolare)

• Seduto, arti inferiori flessi: rotololamentosul dorso

• Seduto ed in piedi all’altimetro: autoallun-garsi (come presa di coscienza)

• Supino: presa di coscienza della respirazio-ne (toracica-addominale- totale)

• Esercizi di contrazione e decontrazione (ti-po Jacobson).

• Far rilevare e sentire le zone del gibbo, didepressione e asimmetrie del tronco (spallee bacino) nelle varie posture. Nelle posizio-ni seduto ed in piedi: il paziente controlla leasimmetrie e le correzioni allo specchio.

8.3.2. Rieducazione posturale: autocorrezione(AC)

L’insegnamento dell’autocorrezione vieneeffettuato sui tre piani e comprende:• Piano frontale: traslazione della zona di

convessità verso la zona di concavità• Piano orizzontale: derotazione localizzata

alla curva scoliotica, spingendo verso dietrola zona dell’emitorace dal lato della conca-vità

• Piano sagittale: recupero della cifosi fisiolo-gica per le scoliosi dorsali e dorso-lombari;

280953. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

reupero della lordosi fisiologica per le sco-liosi lombari.

• L’AC viene insegnata separatamente perogni piano dello spazio e quindi associatanei tre piani. I movimenti dell’AC devonorealizzare, nei limiti del possibile, un riequi-librio del tronco (simmetria del triangolodella taglia e del cingolo scapolo-omerale) euna normalizzazione delle curve sagittali.

• L’AC deve essere associata a tutti gli esercizidel piano di lavoro.

8.3.3. Ergonomia

• Studio delle posture e dei movimenti abi-tuali (passaggi di posizione)

• Uso corretto del banco scolastico, sollevaree trasportare pesi, ecc.

8.3.4. Mobilizzazione delle cinture

• Qualora venissero rilevate delle limitazioniarticolari alle cinture (pelvica e/o scapolo-omerale), effettuare esercizi di stretchingdei muscoli interessati, in particolare deglipsoas, crurali, pettorali

• Mobilizzazione dell’angolo ileo-lombare(quando è necessaria).

8.3.5. Rafforzamento

• Muscoli spinali e scapolari: inclinazioniavanti da seduto, in ginocchio, in appoggiotavolo, in piedi e semipiegato, senza e conpesi progressivi in mano e/o sul capo.

• Muscoli addominali:Da supino, gambe flesse: estendere arti a

90, poi 60 e 120 gradi; idem staccando nuca;idem con arti divaricati; senza e con cavigliere

Da supino: spingere con mano destra sulginocchio dell’arto sinistro, staccando nuca;idem con l’arto opposto• Muscoli arti inferiori: piegamenti e semi-

piegamenti lenti, senza e con pesi sul capo.

8.3.6. Reazioni di equilibrio

• Sui ceppi: elevarsi sugli avampiedi, occhiaperti e chiusi

• Esercizi di equilibrio sui piani instabili (ta-voletta, panchetta oscillante, ecc.), occhiaperti e chiusi.

8.3.7. Integrazione neuro-motoria

• Correre sul posto in autocontrollo• Esercizi di coordinazione arti inferiori e su-

periori, da fermi e in movimento, con pie-gamento, affondi, saltelli, andature, ecc.

• Lanciare e riprendere piccoli oggetti (palle,ecc.) in equilibrio sui piani instabili

8.3.8. Valorizzazione funzionale

Attività motorie globali, anche di tipo spor-tivo, che sviluppano oltre alla capacità vitale(CV) e alla massima capacità di sforzo (VO2max), un’immagine positiva del corpo.

8.3.9. In preparazione al busto

1. Esercizi di mobilizzazione del rachide suitre piani e delle cinture, con e senza attrez-zi, sul tavolo di trazione

2. Educazione respiratoria:– toracica e addominale– inspirazione emitorace lato concavità (se

necessaria)3. Esercizi specifici di mobilizzazione toracica:

– supino, con gambe flesse e braccia cande-liere, mani in presa all’ultimo piolo della spal-liera: inspirare con trazione esterna mani; espi-rare premendo il torace con le mani

– supino, con gambe flesse e braccia fuori,avambraccia perpendicolari al suolo: inspirarepremendo i gomiti al suolo, espirare premen-do le mani sul torace4. Esercizi di mobilizzazione-modellamento

del gibbo con spinte manuali (se necessari)5. Esercizi di rafforzamento della muscolatura

inspiratoria: inspirare con peso sul torace esull’addome (se necessari)

6. Esercizi di rafforzamento della muscolaturaespiratoria (se necessari):1.carponi: espirare retraendo l’addome2. soffiare a labbra socchiuse o in un pal-loncino.

Disabilità ortopedico-reumatologiche, cardiovascolari, respiratorie, oncologiche ed uroginecologiche2810

8.3.10 In corsetto

1. Esercizi di mobilizzazione2. “Sgusciare” dalle prese e “allontanarsi” dagli

appoggi del busto (collare, ascellare, presso-ri laterali)

3. Esercizi di modellamento: flessione dellacolonna (cifotizzazione) associata alla mas-sima inspirazione

4. Esercizi di rafforzamento e di equilibrio5. Educazione ergonomica6. Rafforzamento muscolatura espiratoria.

8.3.11. In fase di liberazione

1. Presa di coscienza del corpo, dei difetti eautocorrezione

2. Rafforzamento ed equilibrio: intensificareprogressivamente

3. Integrazione neuro-motoria ed educazioneergonomica.

8.3.12. Nel trattamento chirurgico

1. In preparazione all’intervento (paragrafo8.3.9.)

2. In fase post-operatoria immediata a letto:blandi esercizi di respirazione e di mobiliz-zazione delle articolazioni distali degli artisuperiori e inferiori

3. In fase post-operatoria (dopo la verticaliz-zazione): effettuare con gradualità gli eser-cizi descritti nel paragrafo 8.3.9 ai punti 2,5, 6, e nel paragrafo 8.3.10 ai punti 3, 5

4. In fase di liberazione (paragrafo 8.3.11)5. Dopo intervento CotrelDubousset: esercizi

graduali di rieducazione posturale statica edinamica, di educazione ergonomica, di co-ordinazione e di equilibrio.

281153. La riabilitazione del paziente affetto da scoliosi idiopatica

9. CONCLUSIONE

Quanto riportato in questo Capitolo è sta-to abbondantemente ripreso e sistematizzatoin questi anni nelle Linee Guida per il tratta-mento riabilitativo delle deformità vertebra-li (52d) pubblicate da Europa Medicophysica efirmate da tutte le Società Scientifiche di set-tore. Si tratta di un approccio pienamente ria-bilitativo, che supera la visione meccanicisticalimitata alla sola scoliosi ed alla sua correzione,per rivolgersi al paziente scoliotico nella suainterezza. Siamo convinti che, in questo pas-saggio epocale per il settore, in cui gli ortope-

dici divengono sempre più chirurghi, il cosid-detto trattamento conservativo debba essereprofondamente ripensato dagli specialisti chepossono fronteggiarlo con l’adeguata compe-tenza, i fisiatri, per diventare un trattamentoriabilitativo rivolto alla persona nella sua inte-rezza. Fermo restando la necessità fondamen-tale di specializzarsi in questo settore in cuinon ci si può improvvisare, pena un aumentodegli errori in una patologia profondamenteinfida e dalla prognosi incerta come quellascoliotica(52d).

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