La regina oscura

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Le armate degli Uomini Leone sono state annientate dagli eserciti della Terra, guidati da Aulo Persio Severo, l’invincibile Tribunus della Legio IV Italica. La nera Regina degli Inferi è riuscita a fuggire ancora più indietro nei secoli e prepara la sua terribile rivincita. Aulo e la sua compagna Clelia dovranno inseguirla fino al tempo dell’ultima dinastia di Ur e affronteranno fianco a fianco nemici umani, sovrumani e divini per evitare che le Tenebre scendano sulla Terra. Non tutti gli Dei di Sumer saranno contrari e un paio di antiche e quasi dimenticate divinità porteranno un aiuto tanto gradito quanto inaspettato. Aulo e i suoi amici sono pronti per l’ultima battaglia contro un nemico scaturito dal peggiore degli incubi o dal più oscuro degli Inferni. In un'era in cui storia, magia e mitologia si fondono tra loro, si disputerà, complici gli Dei, l'ultima battaglia dell'eterna lotta tra il bene e il male.

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Roberto Castiglione

La Regina Oscura

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Copyright © 2014 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice AntipodesVia Toscana, 290144 [email protected]

ISBN: 978-88-96926-51-2

In copertina: disegno di Roberta Bellotto

Roberto Castiglione, La Regina Oscura, Antipodes, Palermo 2014.

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A Lisa e Giulia,

le nostre damigelle di un tempo ormai lontano.

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Sono Aulo Persio Severo, Tribunus della Legio IV ItalicaInvicta di guarnigione nella fortezza di Rhesena ai confini orien-tali dell’Impero di Roma. Voglio continuare a narrare le avven-ture che io e i miei compagni abbiamo vissuto (o crediamo diaverlo fatto) in altre epoche, perse in un lontano passato.

Pensavo che nulla avrebbe più potuto stupirmi dopo la mis-sione a Volaterrae, conclusasi con la sconfitta del malvagio dioLaran e della sua accolita Lucrezia nella tomba di mio nonno.La mia pur fervida immaginazione fu messa a dura prova daquello che ci accadde nei mesi successivi.

Lasciate che riprenda le fila del mio racconto. Durante illungo viaggio per mare, che avrebbe dovuto riportarci in Siria,fummo colpiti da una terribile tempesta vicino a Creta. Io e Cle-lia combattemmo tutta la notte contro i fulmini che minacciavanodi mandare in frantumi la trireme. La nostra nave fu sbattutadalla violenza inaudita delle onde sulle rive dell’Argolide, vicinoa Tirinto. Mi accorsi subito di come qualcosa fosse cambiatointorno a noi.

La tempesta non era il mero frutto della Natura e ci avevascagliato lontano nel tempo. Nostro malgrado eravamo finiti unpaio di secoli (anno più, anno meno) prima della guerra combat-tuta sotto le ciclopiche mura di Troia. Il re di Micene ci accolsee ci avvertì del mortale pericolo che gravava sul loro mondo. Unsovrano del regno asiatico di Mitanni era risorto dalla tomba esi era impadronito di molte terre. Shaushatar era il suo nome e

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grazie al grande generale Varuna aveva sconfitto gli Ittiti e gliEgiziani in una travolgente campagna militare. Persino la Terradi Assur e la potente Babilonia erano minacciate.

Capisco che alcuni di questi popoli siano stati già dimenti-cati, sepolti sotto cumuli di rovine, ma giungerà il tempo in cui sa-ranno riportati alla luce da uomini ansiosi di conoscere la storiadell’umanità.

Scusate, ma sto divagando come mio solito. Per farla brevee non far addormentare gli ascoltatori e gli eventuali futuri let-tori, vi dirò che Shaushatar attaccò Micene, ma fummo in gradodi ricacciare le sue truppe in mare. Andammo a cercarlo in Siriacon una potente flotta, armata con macchine da guerra createappositamente da mio fratello Caelio. Durante lo sbarco ci tro-vammo di fronte un nemico inatteso, chiamato dalla Nera Re-gina di Mitanni.

Questa strega malefica aveva invocato l’aiuto dei terribiliPazuzu, gli Uomini Leone, provenienti da un altro mondo, simileal nostro. Un intero esercito era schierato davanti a noi nellapiana di Alalakh. A fatica ne venimmo a capo e ci rendemmoconto che non avremmo potuto vincere le armate di Karaindash,il re dei Pazuzu, non con il misero esercito di quindicimila Acheiche ero riuscito a levare in tutta fretta.

Per fortuna il coraggio degli Uomini non venne meno e leterre sconfitte da Varuna giunsero in nostro soccorso. Perun’unica volta gli eserciti ittiti, egiziani, assiri e khurriti avrebbero

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marciato insieme contro il nero terrore che minacciava il loro (enostro) mondo. Persino il grande Varuna era passato dalla no-stra parte ribellandosi contro le atrocità dei Pazuzu. Non voglionemmeno dimenticare l’aiuto giunto dalle rive del Fiume Gialloe dai Grandi laghi dove nasce il Nilo.

Shaushatar e la Regina Nera si rifugiarono a Washukanni,la capitale del loro regno, per preparare la fine del mondo e con-segnarlo nelle rapaci mani dei Pazuzu. Gli eserciti degli Uominisi presentarono di fronte alle loro mura, sfidando il nemico incampo aperto.

La battaglia che ne seguì fu tremenda, ma riuscimmo ad an-nientare gli Uomini Leone, grazie anche alla loro arroganza.L’indomani stesso attaccammo la capitale di Mitanni, dove laRegina governava senza il suo re.

Shaushatar era stato eliminato per aver contraddetto lastrega, ringraziandolo a modo suo per averla liberata dalla prigio-nia sotto la ziggurat di Ur. Il Male non ha riconoscenza né amici.

Una nera magia difendeva le mura della capitale assediata,ma un potere più grande fu in grado di abbatterle e scardinarele pesanti porte. Come una muta di cani inseguimmo Karain-dash e la regina fin nelle segrete del grande tempio di Teshube nell’oscurità la strega si rivelò finalmente ai nostri occhi. Il suoviso era quello di Clelia, la mia adorata Magistra, e soltanto gliocchi e i capelli, neri come la notte più buia, erano diversi. Il suonome era Eresh Kigal, la Dea della Morte di Sumer.

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Karaindash tentò di rientrare nel suo mondo, ma fu cattu-rato dai ribelli che avevano approfittato della sua assenza perimpadronirsi del potere. Eresh Kigal ci sfuggì grazie alla suamagia e un cilindro che conteneva le lamine del tempo. Questeerano state sottratte dalla tomba di nostro nonno dal demoneche si celava sotto le spoglie di Shaushatar.

Non ci restava altro da fare che attraversare ancora unavolta le cortine del tempo per catturare la strega prima che po-tesse sovvertire il passato e divenire la padrona del mondo. Iosapevo dove si era rifugiata e l’avrei inseguita fino all’alba dellacreazione pur di prenderla.

Die octavo ante Idus Octubris anno millesimo centesimoquadragesimo octavo ab Urbe condita.

«Scusa, Aulo! Non potresti usare il conto degli anni deicristiani? Mi piace molto di più!»

«Come vuoi tu, Clelia! Oggi è l’ottavo giorno del mese diottobre dell’anno 395 dopo la nascita di Cristo. Anche se inverità i calcoli non tornano e credo che ci siano almeno cinqueanni in più, ma questo dovrebbe dipendere da…»

«E io lo sapevo che dietro c’era la fregatura! Adessonon ti metterai mica a disquisire sui vari metodi di data-zione. Mi hai già riempito la testa con queste sciocchezzeun paio di giorni fa! Vuoi raccontare la storia o no?»

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«Va bene, Settimio. Inizio dalla partenza dalla capitale diMitanni dopo la fine dell’assedio. Sei d’accordo?»

«È meglio che tu cominci dalla mattina seguente, per-ché la notte potrei raccontarla sicuramente meglio io!»

«Su questo non si discute!»«Sempre la stessa storia con te, Settimio, ma non pensi

ad altro?»«Certo che no, Clelia!»

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Ur

Un’ora prima dell’alba Aulo si svegliò tranquillamente.Aprendo gli occhi vide la stoffa grezza della tenda che avevanomontato la sera prima sulle rive di un piccolo stagno. Era moltodiversa da quella solitamente usata per i contubernia della legione,ma per una notte poteva andare.

Si voltò verso Clelia che dormiva al suo fianco e stette a osservarlaper alcuni istanti. Non riusciva a capire come potesse essere così bella.I lunghi capelli biondi erano sparsi sulle spalle esili e le braccia sottilierano attaccate al corpo. Tra poco avrebbe aperto gli occhi ed egli sa-rebbe rimasto abbacinato dal loro verde splendore. Alle volte gli ap-parivano come due smeraldi in grado di illuminare il mondo intero.

Le carezzò una guancia liscia e rosea e Clelia si svegliò sorri-dendogli: «Dobbiamo partire. Il tempio di Teshub ci aspetta!» ledisse con un sussurro.

Clelia gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra:«Andiamo! Dobbiamo finire quello che abbiamo iniziato!» dissecon voce chiara.

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Con un movimento fluido la donna si alzò senza nessunosforzo, mentre lo stesso non riuscì ad Aulo. Al mattino le ferite diguerra si facevano sentire e si mettevano sempre in fila per l’ap-pello, in maniera tale che non potesse dimenticarle.

«Sono sempre più convinto che non sia del tutto umana, men-tre io lo sono sicuramente, anche troppo!» pensò Aulo, uscendodalla tenda e stirandosi le membra indolenzite «Una Dea si deveessere incarnata in lei!»

Andarono a nuotare nell’acqua fresca dello stagno e tornaronoverso il piccolo accampamento che si destava dal riposo notturno.

Videro per primo Quinto, un uomo alto e robusto, che si pre-parava la titanica colazione. La sua testa pelata risplendeva aiprimi raggi del sole.

«Primuspilus!» lo salutò Aulo.«Tribunus!» rispose Quinto balzando in piedi e portandosi la

destra chiusa a pugno sul cuore.Da una delle tende uscì ancora assonnato Sesto che cercava di

dare un senso alla sua fluente capigliatura nera. Nel giro di dieciminuti si sarebbe trasformato nel soldato più in ordine della Le-gione, se questa non fosse restata ad alcuni millenni di distanza.

Uno dopo l’altro i compagni si svegliarono e iniziarono a smontareil campo. Aulo e Clelia videro Alexandros, il principe di Micene, aiutareClaudia, la loro figlia adottiva, nel riporre le poche cose in suo possesso.Erano due giovani molto simili, alti e biondi, fatti l’uno per l’altra.

Vicino si trovava Caelio, il fratello minore di Aulo, che discu-teva animatamente con Sherri, la figlia del fabbro del palazzo realedi Karkemish. Aulo li indicò con un cenno del capo a Clelia e sor-risero. Sicuramente parlavano di minerali e metodi per fonderli odi qualche altra diavoleria del genere.

«Mio fratello non molla mai la presa!» disse Aulo sottovoce«Ho sentito che hanno lavorato per almeno un paio d’ore nella

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loro tenda questa notte. Poi uno sbercio di Quinto li ha messi adormire!»

Sentirono un allegro vociare di ragazze e videro Enlil Nirari,l’erede al trono di Assur, circondato dalle allieve di Clelia. Il ra-gazzo teneva sotto braccio Camilla, la pronipote di Quinto, mentrele altre non facevano altro che domandare della nottata passata daidue davanti al fuoco.

Il principe scuoteva i lunghi riccioli neri che gli arrivavano finsulle spalle dicendo a bassa voce: «Non posso rivelare nulla delnostro incontro segreto. Il legionario pelato è troppo vicino!Quello mi strappa le gambe e le braccia se se ne accorge!»

Camilla sorrideva felice al fianco del suo Enlil Nirari e il solenascente illuminava i suoi capelli rossi.

«Mi pare che siano tutti presenti!» gridò Quinto cercando diriportare un minimo d’ordine nell’accampamento. Dette un’oc-chiata incendiaria al piccolo principe e continuò a fare l’appello.

«Non siamo all’adunata del mattino della legione!» gli fecenotare Sesto, finendo di prepararsi con somma cura.

«Ha ragione, fratello!» aggiunse Aulo «E poi credo che man-chino almeno due componenti del gruppo!»

«È vero! Come al solito Settimio è in ritardo!» esclamò Quintorendendosi conto che l’ultimo legionario e la sua nuova fiammaerano assenti.

Gli occhi dell’intera compagnia si volsero verso l’unica tendaancora in piedi, ma nessuno ne uscì e non udirono alcun rumoreprovenire dall’interno.

«Adesso stanno zitti e fermi, ma questa notte hanno fatto unbel po’ di rumoroso movimento!» disse Claudia. Alexandros sistrinse nelle ampie spalle. Era perfettamente consapevole che suasorella Ariadne fosse l’unica a poter competere con Settimio inuna particolare arte.

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«Sarebbe ora di svegliargli. Non possiamo attendere che rie-mergano dal sonno nel quale sono sprofondati. Devono essere sve-nuti un paio d’ore dopo la mezzanotte!» propose Aulo, avviandosiverso la tenda.

Fece cenno al fratello e si misero uno di fronte all’altro. Pre-sero la tenda e la ribaltarono completamente. Videro i due occu-panti seminudi avvinghiati e ancora addormentati: «Non si sarannomica ammazzati a vicenda?» pensò Aulo, valutando le enormiforze scese in campo la sera prima.

Poi si voltò e ordinò a Quinto di gettare una secchiata d’acquasui due. Il Primuspilus corse allo stagno e prese una discreta quan-tità d’acqua mista a melma e alghe, seguito da Sesto: «Una forsenon basterà» disse tornando verso la tenda divelta.

Stettero un istante a osservare i due che ancora non avevanodato segno di vita. Soltanto il leggero alzarsi e abbassarsi del pettoindicava che erano ancora vivi.

Aulo li indicò e con il pollice rivolto verso il basso ne decretòil risveglio.

«Ma chi? Ma cosa? Per l’animaccia dannata di Catone!» an-naspò Settimio sputando l’acqua dello stagno e balzando in piedi.

Poi vide i due con i secchi ancora in mano: «Ecco i fanatici!»li apostrofò scuotendo i lunghi capelli biondi intrisi di fango.

Per tutta risposta Quinto e Sesto lo presero sotto braccio e dicorsa si diressero verso lo stagno, incuranti delle grida dell’amico.Arrivati sulle rive, si arrestarono di botto e lo catapultarono inacqua.

«Hai dieci minuti di tempo per prepararti a partire!» lo rim-proverò Quinto.

Settimio riemerse e li mandò al diavolo. Poi uscì a fatica dallostagno, cercando di darsi un contegno di fronte alle ragazze.Ariadne, invece, si alzò imperturbabile, si avviò verso lo specchio

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d’acqua e vi si gettò, dopo essersi spogliata completamente. Dopoalcune bracciate tornò a riva e si mise al sole del mattino ad asciu-garsi, sdraiata su una coperta, suscitando l’interesse di svariaticomponenti maschili della piccola compagnia.

Clelia e Claudia si avvicinarono e dopo una breve, ma animatadiscussione le imposero di rivestirsi e prepararsi a partire.

«È peggio di Settimio!» disse Clelia ancora infuriata ad Aulo.Il Tribunus allargò le braccia impotente. Nella legione era suf-

ficiente il loro amico a creare scompiglio e la principessa di Mi-cene avrebbe potuto scatenare disastri ancora peggiori.

Un’ora dopo il sorgere del sole la compagnia era pronta a ri-partire verso le rovine della capitale di Mitanni. Le provviste eranostate riposte nelle bisacce e le bestie da soma caricate.

Caelio si avvicinò al fratello e gli porse lo scudo e la spada,dicendo sottovoce: «Nella notte ho apportato alcune piccole mo-difiche. Spero che le troverai molto utili nel tempo e nel luogodove siamo diretti»

Aulo osservò le sue armi con attenzione: «Fratello, ma tu hai…»«Un piccolo regalo dal cielo non guasta mai!» ribattè Caelio

sorridendo. La malinconia e la delusione del giorno prima non erano scom-

parse, ma il lavoro iniziato doveva essere portato a termine. Aulodette l’ordine di partenza e la minuscola carovana si mise in mar-cia verso Sud. Incontrarono quasi subito le colonne degli Ittiti cheritornavano a Hattusas in silenzio. Ci furono pochi e sbrigativi sa-luti.

«Per tutti gli Dei!» sbottò Quinto vedendole «Sembra che ab-biano perduto la battaglia, quando dovrebbero rientrare in patriaesultanti per la grande vittoria!»

«E per lo scampato pericolo» suggerì Sesto osservandole men-tre si allontanavano verso i monti del Tauro.

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