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Lacco Ameno

La collina e la villa dell’«Arbusto»

Lo scenario naturale dell’altu-ra dell’Arbusto, con una cresta di schiuma vulcanica, che si attacca alle colline di Mezzavia, di S. Lo-renzo e di Caccaviello, si produs-se durante l’eruzione vulcanica di Zara, dovuta probabilmente ad una profusione di magma viscosissimo simile a quello del Monte Tabor e del Castiglione. La sua formazione è stata datata tra gli ottomila e i diecimila anni prima di Cristo.

Su questa altura stupenda, im-pervia, quasi inaccessibile dalla parte orientale, trovò asilo l’uomo dell’età neolitica; attorno ai nume-rosi massi, che formavano grotte, impiantò agglomerati di capanne; qui affilò aste e frecce per la caccia; modellò vasi globulari con la mor-bida argilla, accese fuochi e, nelle immediate vicinanze del Belvede-re depose sepolcri ad inumazione1. Più tardi vi fiorì un insediamento dell’età del Bronzo, appartenente alla civiltà appenninica; gli usi e costumi sono attestati sufficiente-mente dall’abbondante materiale archeologico, rinvenuto in località Mazzola: si tratta di un’area lie-vemente acclive, posta al di là del giardino dell’Arbusto, tra il cocuz-zolo dei Pizzi ed il Terone. Su que-sta stessa altura, davanti al sole nascente, trovarono ampio spazio anche i colonizzatori Greci, che, tra la metà dell’VIII e gli inizi del VII sec. a. C, vi costruirono alcune case, aprendovi come una vigile fi-nestra sulla sottostante marina di Pithekoussai, crocevia delle gen-ti. Gli scavi, condotti da Giorgio Buchner (1969), hanno messo alla luce strutture di abitazioni, ruderi

1 P. Monti - Ischia Archeologia e Sto-ria, Linotipografia F.lli Porzio, Napoli 1980. Sono riportati alcuni vasi globu-lari eneolitici provenienti dalla Villa Arbusto, oggi esposti nel Museo di S. Restituta in Lacco Ameno, vetrina n. 2.

Ai margini della medesima collina, poi sorgeva un’altra villa più bella forse con il giuoco architettonico dei canali che servivano a racco-gliere le acque piovane dai tetti per immetterle in grossi dolii di terra-cotta in sostituzione della cisterna. L’anonimo proprietario aveva dato incarico di trasportare i grossi reci-pienti per l’acqua, forse dalla vicina Pozzuoli. Elementi di fresca bellez-za che rallegravano le casette ischi-tane durante il periodo augusieo, come i viridari e pergole pampinee, davano ombra e verzura alla villet-ta dell’Arbusto.

Verso l’anno 1036, la collina ar-bustata, posta a sud di Monte di Vico, entrava forse a far parte dei beni dotali che il Conte Marino assegnava al benedettino Pietro, abate del monastero di Cementar a a Lacco Ameno4. Tutta questa an-tica fascia boschiva, densa di ver-de dalle innumerevoli gamme, per quanto oggi tagliata dalla nuova strada che porta a Forio, è in par-te visibile e corre dalla sottostante collina di Mezzavia all’Arbusto, fin oltre le Stufe di S. Lorenzo. Sul ta-glio boschivo mirante a sfoltire pe-riodicamente la massa selvosa, Re Carlo I di Angiò..tassava, nel 1270, l’annuo censo di once d’oro3, censo che il casale di Mezzavia versava di-rettamente a Tommaso da Virone, Vicario del Maestro delle foreste di Terra di Lavoro5.

to dell’urna di Tiche e relativa epigrafe sono stati riportati dagli storici nostra-ni, i quali hanno attinto dal De Siano.4 Regii Neapolitani Archivii Monu-menta, Napoli 1849, Voi. IV, pp. 269. B. Capasso - Monumenta ad neapoli-tani ducatus Historiam pertinentia, Napoli 1866, Vol. II, parte I, p. 282 ss.; F. De Siano, op. cit., p. 7, descrivendo le caratteristiche boschive della collina, così si esprime: «A greco e levante de i Caccavelli sono le lave dell’Arbusto molto più basse, tra le quali sono due belli boschetti col casino del Duca di Atri, fabbricato tra il masso della lava di cui tiene un bel cono su la collina a mezzodì, in parte in decomposizione che rappresenta un paesetto pittore-sco».5 R. Filangieri e Archivisti Napoletani - I Registri della Cancelleria Angioi-na, L’Arte Tipografica, Napoli 1968, Vol. III pp. 285; vi si trova anche un

di officine metallurgiche, uniche nel genere in Italia, in un contesto storico così importante per lo svi-luppo delle civiltà occidentali, qual è appunto quello dell’VIII sec. a. C.

Pure i Romani presero di mira questa incantevole collina, quando all’ombra delle antiche memorie greche incominciarono a costruire lungo il litorale di Lacco Ameno le prime villette e, laggiù, dietro Varu-le gli Arcontes Nipsio e Magio get-tarono le fondamenta di una difesa portuale «Toixion», e, in piazza S. Restituta, elevarono il tempio con palestra dedicato «ad Numina2».È curioso, oggi, sapere che, fra tante villette romane, costruite sull’isola d’Aenaria, solamente quella posta nelle vicinanze dell’amena collina dell’Arbusto sia rimasta legata ad un nome. Pensiamo idealmente all’abitazione della liberta ‘fiche, al sacellum dei suoi Lari, dove l’affet-tuosa donna aveva deposto un’urna marmorea con i resti cremati di suo marito, Lucio Fenio Ursione Tura-no, imparentato con una nobile famiglia romana, commerciante di profumi, stabilitosi a Lacco Ame-no, durante il periodo augusteo3.

2 A Maiuri - L’iscrizione greca di Lac-co, in Ricerche Contributi e Memorie, a cura dell’EVI, Tip. Amodio, Napoli 1971, pp. 103-122; P. Monti, op. cit., p 188, descrizione del tempio dedicato ai Numi, due piantine; la fig. 88 porta l’iscrizione incisa su di un piatto di ter-racotta, che attesta il culto verso gli dei.3 F. De Siano - Brevi e succinte noti-zie di storia naturale e civile dell’Isola d’Ischia, Napoli 1801, pp. 89: “Urna vero supra clivum quemdam Terrae Lacci, ubi vulgo arbusto dicitur, effossa fuit, ac in vicino fratrum Carmelitarum Coenobio translata; ibi in divae Resti-tutae sacello conlocata est in pariete sinistro prope valvas in usum conti-nendae aquae lustralis”. Il De Siano fu Sacerdote, Medico e Fisico; morì a 73 anni, il 28 gennaio 1813. Il ritrovamen-

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Oggi, è facile immaginarsi come questi viali fiorili, i bei pergolati arabescati d’edera, come le ma-gnolie giganti abbiano sostituito la selvaggia progenie d’alberi: lauri, mirti, sorbi, eriche, corbezzoli, bo-schetti di elei, erbe, muschi, che do-minavano quelle rocce vulcaniche fino a farne sbocciare il toponimo terra arbusteta o arbustetum. Così il nome Arbusto nato dalla sponta-

elenco di alcuni casali dell’isola d’I-schia (1270)

nea esplosione della vivente natu-ra, passava nelle fonti storiche6.

Due ripidi sentieri, quello di Maùssaj a levante, e quello di San-tu Paulo a ponente, portavano a fa-tica su quel costone roccioso, dove affiorano i contorni di un’antica masseria, risalente al periodo alto

6 Il toponimo Arbusto sarebbe deriva-to piuttosto dalla presenza delle piante di corbezzolo «arbutus», anziché dalla macchia arbustiva costituita da una biocenosi boschiva fra lo strato arboreo e quello erbaceo.

medievale, costruita con materiale di ventura raccolto sul posto: un primitivo vano abitativo, il palmen-to, la pietra per l’uva e un’ampia corteglia con lo stupendo e nitido scenario del golfo di Napoli e del Vesuvio fumante. In tale serenità agreste, allo stormir dei pampini, al canto dei grilli, delle cicale, de-gli uccelli ed al puzzo dei fermenti vitali che fecondavano la terra, si mangiava all’aperto, seduti sulle panche e si mesceva vino da olpe dipinte del VI sec. d. C, da giugno

La presenza di Michele Bakunin (...)

La presenza che consegnerà alla Storia Villa Arbusto dell’Ottocento, fu quella di Michele Bakunin, che durante i cinque mesi circa (maggio-settembre 1867) di permanenza, ma-turò in via definitiva la sua vocazione sociale verso l’Anarchismo, depuran-dola dai residui di nazionalismo e troncando per sempre con il marxi-smo. Fuggito nel 1864 dalla Siberia, dove era stato deportato per le sue attività rivoluzionarie, si recò prima a Firenze poi a Napoli, dove diceva di aver trovato l’ambiente politico a lui più consono a contatto con il gruppo locale del Partito d’Azione.

Dopo una lunga villeggiatura a Sorrento con la poetessa tedesca Ludmilla Assing, anche lei fuoriusci-ta per ragioni politiche, nel maggio del 1867 Bakunin si trasferì a Villa Arbusto. Già nel luglio dell’anno pre-cedente era stato diversi giorni nell’I-sola d’Ischia, ma non si hanno prove che avesse soggiornato a Villa Arbu-sto, piuttosto, molto probabilmente, a Villa Pannella (Palazzo De Siano) a Lacco Ameno. Lo si rileva da una lunghissima lettera-saggio, datata Ischia, 19 luglio 1866 e indirizzala agli amici Herzen e Ogarjow. Oltre a di-squisizioni di carattere strettamente politico, in essa si accenna anche alla principessa Z.S. Obolenskaja, moglie dell’allora Governatore Civile di Mo-sca e figlia del conte Ssumarokow, vecchio militare di carriera. Parla di lei con grande rispetto e simpatia, esaltandone le doti di fermezza e le sue potenzialità rivoluzionarie. Dalle sue espressioni già si intravedono i prodromi dell’idillio che sboccerà tra i due l’anno successivo fra i roseti e i lunghi viali ombreggiati dai gelso-mini di Villa Arbusto. Michele l’aveva

mo innalzare la Giustizia umana al di sopra di ogni interesse na-zionale». Concludeva: «Finché esistono gli attuali Stati centrali, la pace generale è impossibile. Noi ci dobbiamo augurare la loro distruzione, affinché sulle rovine di queste unità di strapotere, che furono organizzate dall’alto in basso col dispotismo e le conqui-ste, possano organizzarsi unità più libere, organizzate dal basso in alto, come libere federazioni da comuni a province, da provin-ce a nazioni, e da nazioni a Sta-ti Uniti d’Europa». Impegnato com’era Bakunin ad approfon-dire temi politici, nelle tre lettere saggio da lui scritte durante II suo soggiorno a Villa Arbusto (7 e 23 maggio, e 22 giugno 1867) ac-cenni all’Isola d’Ischia non ce ne sono, né al paesaggio né alla vita quotidiana. Solo nella prima, fra l’altro, scriveva. «Ora siamo ve-nuti a Ischia, dove forse trascor-reremo un mese o due o anche tre e aspetteremo il denaro dalla Russia». Denaro che probabil-mente non arrivò mai, ma che poi per Michail Aleksandrovic non dovette più rappresentare un problema con la presenza del-la sua ricca compagna principes-sa Obolenskaja. Da Villa Arbusto inviò anche delle corrispondenze politiche che furono pubblicate sul giornale napoletano Liber-tà e Giustizia. Dopo e prima di Bakunin, altri personaggi sog-giornarono a Villa Arbusto, ma lasciarono solo un nome, non un’impronta!

Nino d’Ambra

incontrata per la prima volta a Napoli e subito aveva contratto con lei una profonda amicizia. La comune fede, la lontananza dalla terra d’origine, il rifiuto di vivere nella società zarista che entrambi disprezzavano, li aveva subito spiritualmente avvicinati. Ma non dovette essere una componente secondaria l’indubbio fascino che la imponente figura di Bakunin emana-va sia come uomo che come agitatore sociale. Sta di fatto che la Obolenskaja, l’anno successivo, dopo aver lasciato il principe consorte e i figli, raggiunse Michele a Villa Arbusto dove rimase con lui fino a settembre. E se è vero che il credo sociale di Bakunin arrivò a piena maturazione proprio durante il suo soggiorno a Villa Arbusto, la pre-senza della principessa non dovette es-sere né superficiale né fuorviarne, ma di vivificazione spirituale intensa, che solo la dedizione autentica può gene-rare. E la cornice romantico-bucolica della Villa, tramandataci anche dai dipinti dell’ epoca, dovette certamente avere un suo ruolo di amalgama nella vicenda.

Ai primi di settembre del 1867, Ba-kunin lasciò Villa Arbusto per Gine-vra dove il giorno 10, con un gruppo di democratici napoletani, partecipò al congresso della “Lega della Pace e della Libertà”. Quando entrò nella sala, il mitico abbraccio con Garibaldi che presiedeva l’assemblea mandò in visibilio il gran numero dei congressi-sti, fra cui tanti italiani. E il discorso che pronunziò al Congresso era stato preparato e approfondito nella dimo-ra di Villa Arbusto, con la sua celebre espressione: «Guai alle Nazioni, i cui condottieri ritornano vittoriosi dalle battaglie. I lauri e le corone del vinci-tori si trasformeranno in strumenti di sofferenza per i popoli!.. Noi dobbia-

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ad ottobre7. Verso il sec. XVI, la masseria era proprietà della fami-glia Monte8. Il 1731 la masseria de-gli eredi Matteo e Rinaldo Monte, unitamente al luogo do lardino seu l’arbusto, venne acquistato dal Dot-tor don Nicolò De Simone di Napo-li, il quale pagava ai frati Carmeli-tani del moniste™ di S. Restituta annui carlini trenta quattro per un pezzetto di territorio incorporato alla sua masseria detta «arbusto9».

L’anno 1785, in sostituzione del Signor De Simone, il censo dovu-to ai Padri Carmelitani di Lacco Ameno viene versato da «Sua Ec-cellenza il Signor D. Carlo Acqua-viva, Duca d’Atri», il quale, attratto dall’incantevole posizione natura-le, sulla rustica e quieta masseria decise di fare costruire una fastosa villa con tutte le comodità rurali ed alberghiere10. Furono edificati due

7 Probabilmente qualche nome di terreno, confinante con il giardino dell’Arbusto, potrebbe conservare un’etimologia greca come Maùssai; altri perfettamente medievali come cuniolum, pastola (da pastenatio terra trasformata da arbusteto in vigneto); altri dalla presenza di qualche pianta particolare «la cerase» o dallo steri-le raccolto come Mazzola; infine altri ancora dalla religiosità mediterranea, da nomi di Santi, come S. Paulo. Per il nome Maussaj vedi P. Monti, op. cit., p. 70. Ricordiamo due frantoi per olio di ulive, funzionami fino a pochi anni fa: quello dell’Arbusto e quello sito al Ca-losirto in Forio.8 G. Castagna - Il Casale del Lacco (1630-1749), in La Rassegna d’Ischia anno V - n. 2 (16) - marzo 1984, p. 12; LARBOSTO (l’Arbusto) «commorante in questo Casale et proprie nella mas-saria del Sig. Gennaro Monte chiama-ta LARBOSTO» (1668), «parzanaro dell’ARBUSTO» (1688), «Antonia Ja-cono del ARBUSTO» (1699), «Lucia Iacono morta nelle case dell’Arbusto» 1698).9 Arch. di Stato - Napoli, Mon. Soppr., Vol. 283, f. 22. Vol. 267 6, Fondo Notai del 700, dal f. 134 al f. 138, atti di enfi-teusi sul fondicino, stipulato tra Padri Carmelitani del Convento di S. Restitu-ta ed il Sig. Don Nicolò De Simone.10 Archivio di Stato di Napoli, Fondo Mon. soppr.. Vol. 282, II parte, f. 2: In-troito del mese di Xbre 1795 «R. da S. E. Sig. Duca d’Atri carlini trentaquattro sono per l’annata maturata nel venturo

palazzi: la dimora del Duca, com-posta di un piano terreno, scalinata coperta che mena al primo piano distinto in dieci vani, ampi, lumino-si, panoramici, con un oratorio pri-vato ergentesi a cupola; e il palazzo per gli ospiti, affacciantesi a levan-te, distinto in otto stanzette a pia-noterra, coronato da un pittoresco motivo di merli ogivali, chiamato foresteria, oggi belvedere. Tra l’u-no e l’altro fabbricato, lungo il viale principale del giardino, sorge una bianca chiesetta, dedicata alla Ma-donna delle Grazie, con una piccola sacrestia. Il giardino, che in parte già preesisteva, venne ampliato ed artefatto nel masso della lava, dota-to di un grande «piscinale», sopra-elevato nella massa boscosa, per la facile distribuzione dell’acqua nell’interno del complesso e per dare vita ad uno zampillo, posto al centro di un acquario11.

I magnifici loggiati ed i viali da passeggio, bordati di aiuole, sono sormontati da file di colonne ad in-tonaco bianco, terminanti in carat-teristici pinnacoli maiolicati, di co-lor verde bottiglia, a guisa di caru-sielli. La strada carrozzabile monta per un’erta leggera, costeggiata da parapetti di ferro ed in fabbrica; un tempo era ombreggiata da un lun-ghissimo pergolato di viti, che, ini-ziando dal cancello d’ingresso aper-to sulla strada Lacco Ameno-Forio, si perdeva sul cortile, davanti alla villa. Un’imponente costruzione, tinteggiata in rosso pompeiano e delineata dal bianco nel denso ver-de della collina! Un ottimo saggio di architettura del tardo ottocento, degno di competere con le numero-se ville signorili che allora sorgeva-no lungo la marina di Portici.

Il 1789 la bellissima villa dell’’Ar-busto era già funzionante. E chi sa per quale nostalgia il duca Carlo d’Atri, romantico e poeta, abbia vo-luto far costruire questa sua dimo-

mese di Gen.io 179sei del Cenzo d. l’Ar-busto - 3.2.0. - (e cita: f. 22 a t.).11 F. De Siano, op. cit., p. 7: «Nel giar-dino artefatto anche nel masso della lava, evvi tra gl’interstizi di essa una fumarola accomodata per uso di stufa, ma non è in pratica, attesa la vicinanza di quella di S. Lorenzo».

ra estiva con alcune reminiscenze medievali! Una fresca e fedele ri-produzione della Villa Arbusto ven-ne eseguita a colori dal Rev. Cooper Willyams, cappellano della flotta inglese, comandata dall’Ammira-glio Nelson (1798-1805). Giunse a Ischia il primo maggio del 1802, vi ritrovò Mr. Rushout, mentre la popolazione si manifestava lea-le e molto affettuosa con i soldati inglesi. Procedendo verso Lacco contrattò con Don Scipio (Siano), agente del Duca di Acquaviva, di occupare, per un breve soggiorno, il palazzo dell’Arato, perché in quel periodo il Duca era stato imprigio-nato dai ribelli, a Napoli12.

12 C. Williams, Selection of Views in Egyt, Palestine, Rhodes, Italy, Minorca, and Gibraltar, Printed for John Hear-ne, London 1822. Nel testo si trova una stampa fedele con la scritta: Palazzo di Acquaviva, near Lago o Lacco. Dell’Ar-busto riporta una dettagliata descri-zione; vale la pena trascriverla: «Que-sto palazzo è incantevolmente posto a circa un quarto di miglio dal villaggio di Lacco, è ai piedi del Monte di San Nicola. Si vede in lontananza la visione del Vesuvio e nel panorama spicca la nostra flotta ancorata nella rada di Pre-cida. In questa piacevole ed accogliente residenza trascorsi un soggiorno piace-vole: l’acqua era dolce, l’atmosfera lim-pida e trasparente, la campagna vicina molto pittoresca e varia. Il giardino del palazzo era particolarmente attrezzato per respingere il calore durante i mesi estivi, essendo interamente ombreg-giato con rampicanti estesi su tutto il viale, e sorretti da colonne di pietra. Vi sono inoltre bei padiglioni, che, as-sieme a fontane e pergolati, sembran fatti apposta per un gradevolissimo luogo. Di qui, ogni sera, il Vesuvio si staglia in una visione stupenda e, come il sole tramonta, il colore della monta-gna cambia da un blu chiaro ad un vivo color rosa, da questo ad un ricco viola, che gradualmente diventa più scuro, fino ad avvolgerla in una nera sfuma-tura. Nella quiete e nel riposo di questo luogo noi quasi dimenticammo le scene di guerra e la desolazione in cui di re-cente eravamo stati impegnati, accadu-te non lontano da noi ». «Il 7 maggio..., ebbi l’opportunità di assistere al modo come la popolazione cattura le quaglie a Lacco. Stendono una lunga e profon-da rete intomo ad una piccola valle e gli uccelli nel loro rapido volo vengo-no impigliati in grande abbondanza.

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Chi volesse abbandonarsi al volo della fantasia non dovrebbe stu-pirsi incontrando in queste ampie stanze o vedere affacciati dalle log-ge volti italici e stranieri; udire le cortesi parole della Duchessa Anna Amalia di Sachsen-Vainar, accom-pagnata tra i viali fioriti dal ban-chiere e console danese Heigelin (3 agosto 1789); incontrare l’altro duca, Antonio d’Acquaviva, che ac-compagnava per la marina di Lacco il geologo russo Scipione Breislac, chiamato dai Lacchesi u’ rompa-prete; ascoltare la dolce ed amabile voce di Elisa von der Recke, fusa con quella dell’amico poeta Tiedge, i quali, da quel lontano soggior-no, trascorso sulla Villa Arbusto (1804), dardeggiano ancora sensi di vita13. Qui venne a riposarsi la Principessa Caramanica che ricevé ripetutamente la pittrice Barbara Bansi, «dame de première classe», che accompagnava Letizia Ramori-no, la madre di Napoleone, ai bagni d’Ischia (1805).

I Duchi d’Acquaviva, però, non ebbero la gioia di godersi a lun-go la dimora estiva dell’Arbusto; l’anno 1805, subentra la Contessa di Conversano, loro parente, es-sendosi spenta, in linea maschile la loro discendenza. Per quasi l’in-tero arco del novecento, Villa Ar-busto è tenuta dai Fratelli Biondi, appartenenti ad una ricca e nobile famiglia napoletana, impiantata-si a Forio; sicuramente già prima del 1840 ne furono i proprietari14. Il 1858, i Biondi ospitano, nel deli-zioso soggiorno, la famiglia Stuart

Avendo spesso assaggiato il tonno, che sono abbondanti sia in questa baia che a Palermo, desideravo molto assistere alla loro cattura e la mia curiosità ven-ne soddisfatta».13 P. Buchner - Gast auf Ischia, Uni-versitàtsbuchdruckerei Dr. C. Wolf & Sohn, Munchen 1971. Il Duca d’A-tri ospitò Caterina Womboll, la quale scrisse alcune lettere dall’Arbusto, e Guglielmo Womboll.14 V. Marone - Un breve ragguaglio dell’Isola d’Ischia, Tip. Di Gennaro, Napoli 1847, pp. 62: «... il giardino della Villa Arbusto attaccato ed in co-municazione del bellissimo e magnifico Casino di proprietà dei fratelli Signori D. Salvatore, e D. Camillo Biondi...».

d’Inghilterra, la quale riceveva fre-quenti visite dalla scrittrice svedese Frederica Bremer15. Qui trovò pace e solitudine la Principessa Obo-lenska, emigrata dalla Russia in Italia, e poté incontrarsi con il con-nazionale Michele Bakunin, venuto a seminare idee liberali ed anarchi-che nell’animo degli Ischitani so-gnando la «liberazione dell’Italia».

L’anno 1882, dagli eredi Biondi, don Salvatore e don Camillo, l’in-tero complesso passa al nipote Cav. Sergio Frisicchio, figlio della so-rella Emilia Biondi, il quale, largo, magnanimo qual era, imbandiva pranzi, cene e feste per gli amici, specie per la ricorrenza di S. Marti-no (11 novembre); di poi la vendita successiva dei terreni latistanti, di alcuni vani della villa, dell’intero Arbusto, dove morì.

Fu allora che i Signori Ciannelli-Nesbitt, dopo aver fatto costruire le Terme Regina Isabella, acquistaro-no, per lo sviluppo turistico di Lac-co Ameno, la villa con il giardino e fu chiamata Pensione Arbusto16. In seguito ad un dissesto finanziario, il 1919, l’ex villa del Duca d’Atri ve-niva espropriata e smembrata in due: quella a ponente, la dimora del Duca (con le Terme Regina Isa-bella), al Sig. Arcangelo Mastroril-lo; quella a oriente, il «Belvedere», con il giardino, al Signor Pasquale Angeloni di Napoli17. Il 1935, Ni-

15 P. Buchner, op. cit., pp. 342-349.16 Verso la fine del secolo scorso, l’in-tero complesso dell’Arbusto venne dal Sig. Frisicchio venduto ai Signori Ciannelli-Nesbitt; Nicola Ciannelli ave-va già ottenuto, il 5 febbraio 1898, dal Comune di Lacco Ameno l’ex giardino dei monaci di S. Restituta, per il prezzo di L. 2600, con l’obbligo di costruirvi uno stabilimento termale, che effetti-vamente vi costruì e di corrispondere al fondo Culto il canone di L. 55.Durante la gestione Ciannelli, con la re-alizzazione delle Terme Regina Isabella e la scoperta della sorgente greca, ricca di radioattività, vennero a Lacco i co-niugi Curie, scopritori del Radium, per eseguire ricerche ed esperimenti.17 Nella mattinata del 19 agosto 1919, dopo due ore di lavoro, lo spavaldo Mastrorillo, pigliando il possesso del-le Terme Regina Isabella, affronta il personale impiegato e dice: “Fermatevi ragazzi, da questo momento il padrone

cola Ciannelli, figlio, per un atto di orgoglio, riacquistò la parte dell’Arbusto dall’Angeloni; per una questione di confine si accese tra i Ciannelli e il Mastrorillo un lungo giudizio mai definito18.

Nel 1952, il Comm. Angelo Rizzo-li univa il tutto: giardino e villa; e, restaurandola, adattandola a tutti i moderni conforti, arricchendola di piante e di fiori, ne faceva la sua dimora preferita a Ischia.

Nell’ottobre del 1979 il comples-so fu comprato da un gruppo di operatori isolani. Ma il Comune di Lacco Ameno (sindaco il prof. Vin-cenzo Mennella) successivamente lo acquistava, dopo averne avviato anche l’esproprio, per destinarlo a Centro Studi e Museo Archeologi-co dell’Isola d’Ischia.

Pietro Monti

sono io! Quanto vi dava l’altro alla set-timana, 50? Io ve ne dò 55”. (Attestato del Sig. Domenico Scotti, allora bagni-no delle Terme Regina Isabella).Il Signore Angeloni di Napoli, invece, ospitò per un lungo periodo Vincenzo Gemito, lo scultore napoletano. Quivi l’artista dette l’ultimo tocco di martello al bronzeo volto di un vecchietto. Un mattino dell’estate 1928. entrando nel suo studio, al Belvedere, il solito pe-scatorello (Cristoforo Pascale) con la spasella piena di ricci di mare, Gemilo pieno di fervore e di gioia gli disse: “se indovini a chi rassomiglia questo vec-chio, ti regalo!” L’astuto marinariello, volgendo lo sguardo sulla parete dello studio tappezzata di figure, ne intuì su-bilo l’accostamento, e avvicinandosi al capolavoro, rispose: «Professò, chistu ccà è u’ pate vuoste»! E Gemito, sod-disfattissimo ed agitandosi con i suoi lunghi capelli che gli pendevano dietro le spalle, gridò: «Hai indovinato, hai indovinato, ora ti regalo!».18 Il 17 aprile 1935 il Sig. Nicola Cian-nelli figlio, per spirito di orgoglio, riu-scì ad acquistare dal Signor Pasquale Angeloni, residente a Piazza Munici-pio a Napoli, il Belvedere, il giardino con nuova scala d’ingresso posta sulla strada, le cantine latistanti al cortile di ingresso, il terreno detto lo sciabolotto, e 7 ha, per L. 2.500.000. Cfr. atto per Notar D’Eulio di Napoli, trascritto nei reg. immob., nello stesso giorno al n. 9981.

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di Pietro Monti

Nato in Sant’Angelo d’Ischia, ultimo di sette figli, il 28 gennaio 1907, ebbe esperienza dell’ambiente tipi-co di famiglia numerosa, votata al lavoro dall’alba al tramonto, radunata a mensa attorno all’unica tavola. Il tutto imbevuto di fede.

Sotto la guida del parroco don Luigi Trota si aprì al fascino della vita sacerdotale e al fascino della cultu-ra. A 13 anni entrò nel Seminario Vescovile d’Ischia per condurvi gli studi ginnasiali.

Un giorno, negli ultimi anni della sua vita, andai a trovarlo nella casa d’Ischia Ponte; entrando nello studio, dissi: «ecco qui un ricordo della prima ora; é la domanda autentica, fatta all’epoca, da tuo padre, per farti entrare nel Seminario d’Ischia»1 :

Sant’Angelo, 2 settembre 1919 Al Signor Rettore del Seminario d’Ischia

I sottoscritti Giovanni Polito e Filomena Mat-terà facciamo la domanda perché il nostro figlio Pasquale, il quale avendo terminato le scuole ele-mentari, vuole entrare nel Seminario per farsi prete.

Distinti salutiFto Giovanni PolitoVisto il Parroco di Sant’Angelo(firmato) Don Luigi Trofa

- Oh! come mi fai riandare agli anni lontani, - subito soggiunse lui, palesemente toccato da quel-lo scritto - quando la mia Sant’Angelo «dagli aridi fianchi incavati, una breve spianata vicino al mare e inclinata sui flutti», era isolata dal mondo: più faci-le raggiungerla per mare che per terra. Ricordo: «a volte a piedi, a volte su agili muli»2, rifacevo il ripido sentiero della Madonnella.

Mia madre veniva ad accompagnarmi fin sotto l’arco, che costeggia la chiesa parrocchiale di Ser-rara, e lì sotto mi salutava! e poi... in compagnia di mia sorella, a piedi, si scendeva verso Ischia

1 P. Monti - Preziosi documenti, inedito. Lettera prelevata dall’archivio scomparso del Seminario d’Ischia.2 P. Polito - Lamartine a Napoli e nelle isole del golfo - Editrice F. Fiorentino, S. Arpino (CE), 1975, p. 52.

Sacerdotein mezzo

agli uomini***

Letteratotra gli studiosi

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Allora, a Serrara, vi erano soltanto asini e muli... anche se la «carrozzella aveva fatto la sua appari-zione nell’isola nel 1854, l’anno in cui re Ferdinando inaugurò

Allora, a Serrara, vi erano solo asini e muli... an-che se la «carrozzella aveva fatto la sua apparizione nell’isola nel 1854, l’anno in cui re Ferdinando inau-gurò l’apertura del Porto e la carreggiata Ischia-Forio, detta ancora via Borbonica3».

Vedere Ischia di allora era un incanto e per me, la prima volta, un naturale paradiso silente, che ab-biamo perduto da lungo tempo.

Frequentò poi a Posillipo la Facoltà Teologica “San Luigi” dei Padri Gesuiti. Qui, inoltre, dalla roman-tica collina cominciò ad allargare gli orizzonti della cultura sull’incanto del Golfo di Napoli «punteggia-to da innumerevoli barche dalle piccole vele latine somiglianti alle bianche ali delle rondini marine4», davanti al Vesuvio fumante!

Questa eterna festa della natura non la dimentiche-rà mai! Quasi presagio di quanto di sublime avrebbe dovuto scrivere nel trionfo poetico della vita di La-martine!

E qui, a Posillipo, tra filosofia tomistica e letture classiche, nel silenzio della preghiera, arricchiva la sua intelligenza e la sua memoria, dando forma alla sua giovanile personalità di futuro sacerdote e stu-dioso. Ne fa fede una prima composizione poetica del 15 febbraio 1927:

TORMENTO Un di io venni a te, Signore. Oh! se io potessi, Frate, rivivere teco ne l’altra gioia de l’estasi,

e portare il suggellodi Cristo e il tuo bigello,

questa di gloria sete che struggemi che in ogni fibra mi reca un tormento che affretta igiorni miei!... 5

Conseguì il dottorato in Sacra Teologia il 24 luglio 1931, senza però staccarsi dalla letteratura, convinto che lo studio potesse essere un modo ideale per com-piere la missione nella Chiesa. Per cui andava suc-chiando, come ape, ai testi classici di letteratura, in particolare degli autori contemporanei, avvalendosi di un suo amico, don Gennaro Auletta, molto facolto-so, che gli forniva libri a suo piacimento.

Che cos’è la vita del sacerdote se non portare l’in-credibile annuncio: la parola del perdono!

Chi può conoscere l’esistenza del sacerdote in pre-senza di Dio! È segreta!

E chi potrà scriverne la storia?

3 P. Polito - Lamartine a Napoli e nelle isole del golfo - Editrice F. Fiorentino, S. Arpino (CE), 1975, p. 45.4 Diario, inedito, presso il nipote Mario.5 Diario, inedito, cit.

Don Polito l’apre e la scrive colloquiando con il Si-gnore.

È il preludio all’apertura della propria interiorità che va oltre la visualizzazione dei sentimenti.

Il 15 agosto 1931 venne consacrato sacerdote nel-la chiesa cattedrale d’Ischia; in quello stesso giorno, però, la gioia del suo sacerdozio si tramutò in lutto. Moriva sua sorella Lucia, che aveva rinunziato a farsi suora per rimanere accanto a lui, che si era avviato al sacerdozio. Quel giorno della sua prima Messa fu tutto festa di spirito, accettazione piena della volontà di Dio. Scrisse nel suo diario: «Ma il Signore, chis-sà perché, aveva stabilito diversamente. Quanto tu, Signore, hai voluto è stato solo e sempre per il mio bene6».

Questi ricordi di fiducia in Dio li porterà dentro, spesso li farà vibrare come nel discorso al neo sacer-dote don Filippo Buono, tenuto nella chiesa di S. Ma-ria Maddalena in Casamicciola:

« Non pensare che questo giorno sia l’inizio di una carriera di gloria e di affermazioni umane, ma pen-sa che oggi comincia per te - nuovo sacerdote di Cri-sto - l’ascesa al Calvario per celebrare insieme con Cristo il sacrificio della Croce, fino all’ultimo giorno di tua vita7».

IL MIO PRIMO INCONTRO

Ottobre 1931, avevo conseguito la licenza comple-mentare presso l’Istituto Tecnico «Vittoria Colonna», in Ischia, e, non essendovi altre scuole superiori, en-trai in seminario, dove don Polito era stato chiamato ad insegnare. Fui ammesso alla III ginnasiale e qui lo ebbi come insegnante di Geografia. Un’esperienza paterna, serena: pareva che già d’allora cadesse sul mio comportamento la simpatia di don Polito.

Il giorno 7 novembre, onomastico del vescovo Mons. Ernesto De Laurentiis, si tenne la vestizione dei nuovi seminaristi con una piccola accademia per esprimere gli auguri al vescovo.

Don Polito fece leggere ad un seminarista una com-movente laude:

LE MANI

Mani bianche di angioli in cammino, Mani conserte in trepida preghiera, Mani nervose, mani degradanti, Mani brunite dalla vanga ardente. Mani incallite nel lavor dei campi;

Di mani al mondo ne conosco tanteEppurDue mani amo e amerò! SoltantoLe mani stanche e ruvide di mamma8.

La lettura interiore di don Polito va ben oltre la vi-

6 Diario, inedito, cit.7 F. Buono, sacerdote: notizie riferitemi a voce (14-6-1995).8 Diario, inedito, cit

La Rassegna d’Ischia 1/1996 13

sualizzazione dei sentimenti nel fluir della poesia e dell’amore innocente vissuto nel segno della famiglia.

«Ruvide mani di mamma sua», che fra quattro anni non daranno più carezze: nella residenza di «Villa Joseph» subì, in un destino perdente, anche il dolore della morte della madre, spentasi in Sant’An-gelo.

Il 13 dicembre 1932 don Polito era stato manda-to a Ca-samicciola, cappellano della chiesa di «Villa Joseph», attaccata all’ospizio, fondato dalla signori-na Giuseppina Morgera, che con tanti sacrifici rea-lizzava ciò che era stato tanto al cuore dello zio, don Giuseppe Morgera.

Qui trascorrerà circa vent’anni in compagnia dei suoi libri e frequentando la casa del dott. Giuseppe Mennella, che aveva una ricchissima biblioteca, so-prattutto di volumi sull’isola d’Ischia.

Qui, a Villa Joseph, poi, si respirava tutt’intorno at-mosfera pregna dei ricordi del Parroco Morgera; qui cominciò a fremere nel suo intimo l’urgenza di sten-dere la vita del «Parroco santo» e di averlo a modello e guida della sua vita sacerdotale e culturale.

«Sospinto dal cardinale Luigi Lavitrano, da P. Gaetano Fornari, priore di Montecassino, che, dal 1936 in poi, come nessun altro mi aveva sollecita-to a scrivere la vita del buon don Giuseppe9», senza sostanziali rinunce di ricerche scritte e orali, entro e fuori dell’isola, dopo cinque anni di lavoro profondo, il 1942, pubblicò, senza clamori, il libro

«IL PARROCO MORGERA».

Devo confessare che il volume ebbe pochissimo successo perfino tra le fila del clero locale: l’ammasso dei volumi, protetti da una logora coperta, ristagnò in una stanzetta deposito dell’Ospizio per molti anni.

La mania gaia di allora era di non leggere e di non saper leggere. Spesso mi diceva: «qui, sull’isola, la gente sa leggere soltanto il Barba Nero10».

LO ZELO PER IL «PARROCO SANTO»

L’esperienza di aver lavorato e conosciuto profon-damente il valore spirituale del parroco Morgera sug-gerisce spunti di profonde riflessioni.

In occasione della prima Messa volle dedicarmi la vita de «IL PARROCO SANTO»:

«Al neo Sacerdote don Pietro Monti perché lo ami e lo imiti» 12-7-1942 XX don Polito.

«Amalo!perché anch’io lo amo veramente! Imi-tane le virtù! anch’io l’ho scelto a modello della mia vita sacerdotale e culturale11».

Don Polito, come divulgatore della santità del Morgera, se ne fece un programma. Gli anni della sua tarda esistenza sono pieni di questa realtà e di una particolare modalità con cui propone la certezza

9 P. Polito, Il Parroco Morgera, Tipomecc, Napoli 1942, p. 8.10 P. Monti, Ricordi personali, inedito.

11 P. Mpnti, Biblioteca privata.

delle virtù eroiche del Morgera. La freschezza della sua testimonianza emerge dalle nuove pagine «della seconda edizione riveduta e ampliata» de IL PAR-ROCO MORGERA, che dedica, nel Natale 1988: «Ai Sacerdoti della Santa Chiesa di Dio che è in Ischia con cuore fraterno12».

Quasi per dir loro: muovetevi, non perdiamo più tempo. E in tale veste rimprovera i Casamicciolesi che nelle loro famiglie si parla poco della santità di don Morgera.

Ciò che più stupisce è « il solito ritornello» che ri-volge al parroco di S. Maria Maddalena, dove erano stati traslati i resti mortali di don Morgera: «NON FARMI ADDORMENTARE IL PARROCO SANTO!».

Animato da tanta buona volontà, nella veste di sacerdote e di storico, egli ha espresso una testimo-nianza ammirevole, qualificante, corroborata da un sigillo di fede giurata. Lo stesso postulatore apostoli-co, Padre Carlos Lizarraga, ha espresso complimen-ti e plausi per il lavoro sul Morgera. Tutto questo fa parte della storia contemporanea della Diocesi d’I-schia, che oggi attende con ansia la beatificazione del Parroco Morgera.

Quel pomeriggio, 13 aprile 1991, tanto memorando, davanti alla Commissione della Congregazione dei Santi insediatasi, alla presenza delle Autorità Eccle-siastiche e Civili dell’isola d’Ischia, nella Basilica di S. Maria Maddalena, rigurgitante di fedeli, convenuti dai sei comuni, tra luci, fiori e acclamazioni plaudenti il «Parroco santo», Don Polito, seduto accanto a me, provò emozioni di una gioia straordinaria, sentì in-grandito il senso della sua vita sacerdotale.

ISCHIA L’ATTENDE

A seguito della nomina di Mons. Agostino d’Arco a vescovo di Castellammare di Stabia, si rese vacante la parrocchia nella chiesa collegiata della Spirito Santo, in Ischia. Parecchi concorrenti - tra sacerdoti di Ba-rano, Casamicciola, Forio e Ischia Ponte - aspiravano a quel beneficio tanto ambito; fra i sei candidati vin-se, per titoli ed esami, don Polito.

Il 5 marzo 1950, già ricco di esperienza pastorale, prese possesso del nuovo beneficio. E così, dal tem-pio di San Giovan Giuseppe della Croce, di cui cono-sce la storia e ogni momento della vita, cominciò ad irradiare la sua opera pastorale. Ma i suoi contatti con i fedeli avvenivano anche in casa: un modestissi-mo appartamento ad Ischia Ponte, nel basso dell’an-tico palazzo Cossa, oggi chiamato «palazzo Lauro», li tutto si sviluppò all’interno di una teologia pastora-le che trova il suo centro nell’avvenimento di Cristo Crocifisso Risorto.

Spesso l’ho trovato con un librone aperto sulle gi-nocchia, in silenziosa lettura... - «Cosa leggi?», ho chiesto una volta. - «Leggo la sacra Bibbia, da capo

12 P. Polito, Il Parroco Morgera, Testimonianze raccolte da Pasquale Polito. Seconda edizione riveduta ed ampliata. Tipolito Epomeo, Forio 1988.

14 La Rassegna d’Ischia 1/1996

e per la seconda volta. Questo è l’Antico Testamento! È sem-pre interessante dialogar con il Signore».

C’è una cosa che mi ha sempre colpito, tutte le volte che l’ho trovato nella, lucida esperienza della sua preghiera privata: la lettura del breviario e la recita del Rosario, cosa che ha sempre fatto fino agli ultimi giorni della sua vita.

Sembrò gioco della Provvidenza, quando dal vescovo d’I-schia gli vennero affidate cariche più delicate e serie, per il bene spirituale della Diocesi: è nominato «Difensore del vin-colo matrimoniale» e poi «Promotore di giustizia» presso il tribunale ecclesiastico diocesano.

Alle volte l’ho sorpreso nel silenzio di voci messe a tacere, di parole risentite a richiamare un giovane sacerdote «biric-chino», che passava da lui e poi da Mons. Vescovo. «Ora va, va dal tuo superiore... non resistere! cedi all’altro! va con lui! Diventar prete non basta e, sotto certi aspetti, restar prete è molto difficile13».

SORPRENDENTE INTERVENTO

Don Polito non è stato parroco soltanto in chiesa e nella sua casa canonica, ma anche lungo le strade.

«Durante le lunghe serate d’inverno (ha scritto don Camillo d’Ambra) soleva attardarsi... un po’ nello studio fotografico di Gaetano Di Scala, accanto al cinema Excelsior. Qui spe-cialmente era un vero porto di mare. Vi passava gente di ogni genere14».

Anch’io spesso mi portavo in quello studio a ritirare fotogra-fie che man mano venivano eseguite negli scavi e anche per incontrarmi con don Polito.

Una sera di marzo 1968, si discuteva sulla presenza di Dio nella storia umana. Ad un certo momento la disputa s’infiam-mò perché un signore laicista, lì presente, interloquì: «Dio, se c’è, non c’entra». Improvvisamente don Polito, alzatosi in pie-di, dette ad alta voce, com’era solito, la risposta finale a quel «SE C’È...».

«Dio c’è! E Dio c’entra». Tutti i presenti ammutolirono. «Il Cristianesimo non è un avvenimento, il Cristianesimo è in-contro con la presenza di Cristo, immagine visibile del Dio invisibile15».

Il suo vivere senza clamore era un continuo lavoro d’inven-zione, una continua ricerca di confronto tra l’oggi e la Parola eterna, che faceva calare nella realtà della vita.

L’ENTUSIAMO DI COMPIERE «GRANDI COSE»Il suo secondo sogno: la cultura!Il 1944 si costituisce in Ischia il CENTRO STUDI SU L’ISOLA

D’ISCHIA; fra i sette illustri fondatori vi è anche don Polito. Egli, già da tempo, risalendo dalle sorgenti, dopo l’opera sul

Parroco Morgera, aveva fatto ricerche per stendere la storia su S. Restituta. E all’improvviso (marzo 1951) iniziano gli scavi nella cappella di S. Restituta in Lacco Ameno16.

Evento staordinario che si faceva storia per la Chiesa d’I-

13 P. Monti, de visu et audita.14 C. D’ambra, Ricordo di Mons. Pasquale Polito, Commemorazione recitata nella chiesa parrocchiale di S. Maria Maddalena, 1995, p. 415 P. Monti, de visu et audita, marzo 1968.16 P. Monti, Ischia archeologia e storia, Lino-Tipogr. Fili Porzio, Napoli 1980, p.229.

ISCHIA

Rossa di gloria ne ‘l fiammante occaso, sciolta la chioma a l’imminente nume, ch’educa biondi grappoli e matura

pomi ed ulive,

veglia la maga de ‘l partenopeo golfo ridente. L’ampio mar si slancia voluttuoso e scuotesi a ‘l consueto

palpito ardente.

Ella solinga e de ‘l tirreneo incanto madre e regina ne l’intatta veste d’oro e d’azzurro coronata, ‘l capo

leva tra ‘ nembi.

Lungi, ravvolte ne’ purpurei pepli, come vanenti rocche di cristallo, mira la ardita Procida con Capri

culle di fate,

quasi invidiando i secoli e gli eventi, quando a raccolta la fatale squilla plebi migranti pe’ titani avanzi

tutti chiamava

ché de gli ulani ‘l barbaro rancore ahi! non prostrasse, qual furente lupo tutte l’agnelle, le fiorenti isclane

giovani vite,

come de’ mori l’ansia distruttrice che sospingeva l’umili Clarisse de l’Epomeo le rupestri cime

a risalire:

Ivano lente, in rozze lane avvolte, come solinghe vedove recenti,

carche di affanni, deprecando i fati, rosarianti.

Lotte e trionfi in subdola vicendatrama la storia tessitrice eterna:tacciono i tempi e gaudiosamente

stanno a guardarla.

Glorie tu pure, pria che ‘l musulmano ccontaminasse la fatata rocca, Ischia libasti, l’itaco ramingo

ospite avendo,

che, disfidando de gli avversi numi l’ire funeste, l’itale marine nudo percorse, deploranti ancora

Circe e Calipso.

Si l’onda e i flutti senza nave e remi sfidò non vinto, duce l’alma dea

La Rassegna d’Ischia 1/1996 15

Nell’adunanza culturale del 3 maggio 1951, fra gli illustri relatori (Prof Amedeo Maiuri, Soprintendente alle Antichi-tà della Campania, Dott. Giorgio Buchner, Mons. Domenico Mallardo, preside della Facoltà Pontificia dell’Italia Meri-dionale in Capodimonte) parlò anche Polito su «Documen-ti inediti su Santa Restituta17». Carico di ansia e di gioia, concluse: «Queste testimonianze archeologiche ci aiutino a riscoprire senza interruzione e senza zone d’ombra la sto-ria di questa chiesa, dove ci siamo riuniti... faro luminoso dell’idea cristiana nell’isola d’Ischia... e centro propulsore del culto diS. Restituta nel mondo... Mi auguro che un gior-no non lontano io possa meglio e con più ampiezza rielabo-rare i dati già in mio possesso e collegarli con altri». «Ci voleva la volontà realizzatrice, non priva di ardimento di un giovane sacerdote per rompere ogni indugio».E «quel giorno non lontano» non si fece attendere!

Il 21 giugno 1963, don Polito, «nel sorriso di Santa Resti-tuta» annunziava e dedicava

Ai filiani di ieri e di oggi Agli ex-alunni vicini e lontani Agli amici di prima giovinezza Nel XXX del mio sacerdozio

il volume «LACCO AMENO - Il Paese - La Protettrice - Il Folklore» con brillante presentazione di Mons. Antonio Cece, vescovo d’Ischia18.

Da questo volume si è levato un messaggio senza riserva: con un suggello ed un avvio. Il suggello di una realtà storica e l’avvio a nuove e grandi scoperte archeologiche della ge-ografia paleocristiano-romano-greca e preistorica dell’isola d’Ischia. Il suo secondo sogno, la cultura in sincronia con la vita sacerdotale si andava realizzando.

Dopo la pubblicazione della vita del parroco Morgera e di S. Restituta, don Polito eleva inediti ponti figurati, come scritti nello spazio.tra il centro della sua anima e centri cul-turali di università europee, per portare a termine la sua «triade»: Lamartine, Renan, Enrico Ibsen.

Con sorprendente coraggio avviò un ponte di cultura con il prof. Ernesto Grassi dell’Università di Monaco, ottenendo ampie congratulazioni su «pagine limpide, armoniose», su cui era caduta anche l’ammirazione dello scrittore Abel Ver-dier, più volte premiato per le sue opere su A. Lamartine19.

Elevò altresì un ponte culturale con il prof. Fernand Letessier, dell’Università di Parigi, che scrisse parole di lode per l’opera di don Polito, sul frontespizio del volume «Méditation». Altro ponte culturale con il prof. Jean Michel Gardair, dell’Università della Sorbonne, che ricorda le più incantevoli passeggiate, fatte con don Polito, «sui luoghi stessi delle villeggiature ischitane di Lamartine». E poi le corrispondenze letterarie con poeti italiani: Guido Mazzoni, Antonino Anile, Renato Pezzani che han dato plauso e pub-

17 Ricerche Contributi E Memorie, Atti relativi al periodo 1944-1970, a cura dell’E.V.1., Tip. Amodio Napoli 1971, pp. 347-354.18 P. Polito, Lacco Ameno - Il Paese - La protettrice - Il Folklore, Arti Grafiche Amodio, Napoli 1963, pp. 286.19 G. Barbieri, Il villaggio di S. Angelo nell’Isola d’Ischia, Tipo-Litografia Istituto Anselmi, Marigliano (NA) 1989, p. 81.

cui la pupilla l’infinito azzurro ama e riflette.

Vigila, o maga del ridente golfo cui stanno a guardia talami d’amanti Procida e Capri, poi che più superba

ora ti aspetta.

E via lontano, degradanti al mare pe’ colli ameni, pe’ virenti piani, brillar com’astri ne’ profondi cieli,

geni e guerrieri.

Poi tutto tacque. I vedovi lamenti pia non ridisse la turrita rocca, che l’apprendeva con pietoso affetto

la Saffo isclana.

Tacque! e su l’onda che gorgoglia e rode levasi altero in atto di minaccia l’ermo castello, scheletro gigante

al mare, al cielo.

Solo da 7flutto ch’interrotto ascende, quasi clangor di buccine guerriere, ahi! cupamente viene 7 ritmo arcano

di note squille.

Lì nel profondo pelago giacenti naufraghi bronzi di una rabbia ultrice, forti, su l’ombra del mistero umano,

squilli mandate!...

Or ne ‘l cospetto de ‘l sognante azzurro, l’incantatrice de’ poeti accenna nuovi trionfi e mitiche leggende

narra a’ venienti.

Pasquale PolitoIschia 21.11.192

(da La Cultura, periodico di O. Buonocore,n. 99/aprile 1928)

schia. Tutti gli studiosi di storia antica erano puntati sulle scoperte che man mano venivano alla luce.

Mons. Onofrio Buonocore, profondamente commosso, toccando il primo «signum crucis» impresso sopra una lucerna del IV secolo, mi scriveva: «Dilettissimo don Pietro, sei un eroe! Santa Restituta ti deve assai. Il mio motto, alla prossima tornata di Studi è questo: Resta satolla la millenaria sete».

Don Polito, ancora più commosso e attento, mi fu sempre accanto durante la delicata ricerca ar-cheologica.

16 La Rassegna d’Ischia 1/1996

blica risonanza alla poesia di don Polito20. Quante fi-nestre aperte sul mondo della cultura!

La sua presidenza al Centro Studi sull’Isola d’Ischia (1978-1981) corrisponde ad un periodo molto denso di comunicazioni e pubblicazioni su Ischia. Ebbe modo di conoscere uomini illustri, di fama mondia-le, fra cui il prof Alfredo Rittmman, il vulcanologo, cui l’UNESCO affidò lo studio delle pietre lunari e al quale Ischia deve tanto. C’è una battuta simpatica. Tra gli anni 1977-1979, quando andavo a rilevarlo per passeggiate istruttive sulla vulcanologia dell’isola (ubicare vulcani sconosciuti, fenomeni eruttivi, edifi-ci tettonici, sovrapposizioni di magmi, piogge di cine-riti e esplosioni di lapilli...) un mattino stavo con don Polito ad aspettarlo nella sala della pensione Ulisse, quando un ospite, vedendoci salutare il prof. Ritt-man, disse: «Professore, ma lei se la fa con i preti?». E Rittman di rimando, «ma questi preti non sono preti, sono preti che danno onore alla cultura21».

La cultura è stata sempre il secondo sogno di don Polito! Ha scritto nel suo diario:

«Mi è sempre piaciuta una citazione di papa Gio-vanni XXIII: - La vita è il compimento di un sogno di giovinezza. Abbiate ciascuno il vostro sogno da portare a meravigliosa realtà -. Di sogni, continua don Polito, credo di averne avuto due in uno: essere sacerdote e restar sempre sacerdote - cosa ben di-versa dalla prima - e coltivare la letteratura. E cre-do di aver tenuto fede all’impegno22».

Per conoscere meglio don Polito, non bastano que-ste brevi note, né bastano criteri estetici, sociologici. A mio avviso, qualsiasi prospettiva di ricerca e di stu-dio su don Polito deve essere preceduta da due con-dizioni preliminari:

1) la preparazione di un’edizione critica delle sue opere e dei suoi scritti, editi e inediti, che promul-gano la presenza di don Polito nel mondo letterario-religioso e storico-letterario italiano, anzi europeo;

2) la composizione di una sua biografia scientifica e moderna, discussa nelle sue valenze religiose e lette-rarie, soprattutto nella forza della sua fede cristiana, una fede vissuta dentro la realtà delle cose odierne, una fede che nel dramma del nostro tempo l’ha co-stretto all’essenziale, a purificarsi, a spogliarsi di ciò che offre il mondo.

A CHE VALE LA VITA SE NON LA SI DONA

Tappa segreta e decisiva di don Polito, quasi per sparire davanti a se stesso, è stato il donarsi agli altri,

20 Diario inedito, cit. - Guido Mazzoni: “Accetti i miei ral-legramenti per la vena e per il sentimento delle sue poesie” (Dieci poeti) - Renzo Pezzani: “Ho letto Dieci Poeti e mi sono soffermato più lungamente sul manipolo di liriche sue. Le dirò dunque che vi ho trovato dentro molte cose fe-lici, indizi sicuri di poesia”. - Antonino Anile: “Le sue liriche hanno versi armoniosi e strofe bellissime, e sono mosse da una ispirazione calda”.21 P. Monti, Ricordi personali, inedito22 Diario, inedito, cit.

nella duplice dimensione di sacerdote e di uomo di cultura. Donarsi a tutti! Donare tutto! Volendo ammainar la vela della sua esistenza,

«stanco dal tarlo del pensiero insonnein cerca di risposoio vengo a te da lungi...»

sulla rada di Sant’Angelo, chiese al nipote Mario un palmo di terra dove arrotolar l’ultimo frammento di sua vita stanca. E qui si è spento il 15 agosto 1994.

Addio Seminari!Addio Casamicciola!Addio Ischia-Ponte!Addio Isola Verde, terra tanto amata!Decisamente spoglio me ne vadoCon il Sacerdozio eternoil Rosario di Mariae il bacio di mamma mia!

DAMMI L’ULTIMO BACIO

Chinati e dammil’ultimo bacio, mamma!La vita che mi destisento che vien meno.Nel tuo cuore non c’è qualche cosache si spezza per il dolore?

È così,mamma, domaninon sarò più.Ricomponimi tu(tu il mio fiale) nella barae bocca profana non tocchiné baci queste mani sulle qualiogni mattina il Verbo s’incarnò.

Come la Nazarena sul calvario,mamma, tu sola,china nel dolorestarai accanto a me. (Diario, inedito)

(Casamicciola, febbraio 1934)

Pietro Monti

Suoi saggi, articoli, novelle e poesie sono apparsi su numerosi giornali e riviste specializzate, tra cui La Cultura - Il Globo - Il Bollettino di Montevergine - Gioventù Nuova - Matelda - La Voce di Napoli - Cor-riere di Napoli - Il Popolo di Roma - L’Avvenire d’Ita-lia - L’Osservatore Romano.

Principali opere:- Il Parroco Morgera, I edizione, Tipomeccanica, Na-poli 1942. -II edizione: 1988, Tipolito Epomeo, Forio.- Lacco Ameno - Il Paese - La Prolettrice - Il Folklore, Arti Grafiche Amodio, Napoli 1963.- Lamartine a Napoli e nelle isole del golfo - Editrice F. Fiorentino, S. Arpino (CE), 1975.Ibsen e Renan a Roma, a Napoli e nell’isola d’Ischia - Ediz. C.I.R.V.I.

La Rassegna d’Ischia 1/1996 17

18 La Rassegna d’Ischia 1/1996

La Rassegna d’Ischia 1/1996 19

L’opera di Giulio Iasolino

“De’ Rimedi Naturali”

si può leggere

nel suo insieme,

sempre in formato .pdf,

riportato

alla fine

della pagina generale 1996:

iasolino.pdf

20 La Rassegna d’Ischia 1/1996

La Rassegna d’Ischia 1/1996 21

di Vincenzo Cuomo

Al termine della prima crocia-ta (1099), nella necessità di dover continuare a difendere il Santo Sepolcro, appena liberato, e de-siderando fondere in un perfetto amalgama l’ardore religioso e lo spirito combattivo che animava i cavalieri, vennero creati degli Or-dini i cui componenti, pur avendo accettato di obbedire ad una regola monastica/ fossero nel contempo anche dei guerrieri. Si costituirono in tal modo nuove potenti organiz-zazioni militari che non avevano al-cun riscontro con la storia passata e destinate, con alterne vicende e radicali mutamenti, a sopravvive-re, non solo nel ricordo ma anche quali prestigiose istituzioni, sino ai giorni nostri. In merito va altresì rilevato che esse, pur rappresen-tando un’immagine decisamente insolita nel panorama feudale, ben si sposavano con quel chiaroscuro mondo medievale, all’interno del quale riusci-vano tranquillamente

Dipinto dell’Ottocento raffigurante Filippo Augusto (a destra) e Riccar-do Cuor di leone (a sinistra) dopo la battaglia di S. Giovanni d’Acri.

22 La Rassegna d’Ischia 1/1996

a convivere sia i grandi ardori mistici di trascendenza a Dio, che ardori improntati alla più terribile ferocia.

La prima di queste strutture monastico-cavallere-sche ad essere creata fu quella dei Templari. Altre poi fecero seguito nel corso dei decenni successivi.

Questi Ordini tuttavia con il passare del tempo non smarrirono scopi ed obiettivi. Ciò di conseguenza mantenne vivo il desiderio di appartenervi e costi-tuirne di nuovi. Pertanto, dopo circa un secolo dalla fondazione dei Templari, fu la volta di quella Confra-ternita che, lasciata poi la Terrasanta per raggiunge-re il nord-Europa, diverrà l’artefice dell’espansione della civiltà feudale-occidentale anche all’interno di quel frastagliato territorio dell’Est ancora incolto e pagano:

l’Ordine Teutonico.

Esso infatti in queste regioni non si limitò solo a distruggere e devastare, come era avvenuto per pre-cedenti crociate europee ed asiatiche. Nonostante il gran numero di morti e l’infima condizione servile a cui condannò milioni di individui, volle però anche, colonizzando e coltivando, che questi luoghi, abban-donando una precedente realtà di arretratezza, po-tessero finalmente accedere all’interno del mondo europeo. Inoltre, come non ricordare pure che furo-

La città di San Giovanni d’AcriUna pagina della Historia Anglorum di Matthew Paris

con la descrizione dell’itinerario da Londra a Gerusalem-me, 1250-1259 (Londra, British Museum)

no proprio i Cavalieri Teutonici a sviluppare quell’in-tenso commercio marittimo attraverso il mar Baltico, da loro reso sicuro, che consentì a tante città e regioni di prosperare e progredire. Queste condizioni di be-nessere favorirono di conseguenza pure una notevole affermazione artistico-cultura le, le cui vestigia anco-ra esistono. Muta testimonianza di una civiltà sorta grazie alla loro presenza.

L’idea di questa nuova aggregazione balenò nella mente di alcuni tedeschi, durante l’assedio (1191) di San Giovanni d’Acri da parte delle milizie di Fede-rico I Barbarossa (1152-1191). Alla pari delle altre, anch’essa sorse con una fisionomia rigidamente mi-litare, per assumere la denominazione di Ordine dei Cavalieri di Santa Maria dei Tedeschi (Ordo Sanctae Mariae Teutonicorum). Le principali mansioni che vennero imposte ai componenti, necessariamente di religione cristiana, furono la difesa della Terrasanta dagli infedeli. Inoltre, essendo costoro anche monaci, oltre che guerrieri, furono pure obbligati ad un’esi-stenza onesta, da vivere in castità, povertà e purezza di costumi, nonché ad assistere gli infermi, con cure e pratiche di culto. Il tutto però senza mai perdere di vista anche l’elevazione spirituale. Caratteristica saliente del Sodalizio fu poi quella di essere riserva-ta solo ed esclusivamente ad uomini di razza germa-nica, unico gruppo etnico a cui di rimando venivano concesse attenzioni. La divisa che questi Cavalieri indossarono fu un ampio mantello bianco, con una larga croce nera impressa all’altezza delle spalle, da indossare sull’armatura. L’approvazione papale, tan-to necessaria per il prosieguo dell’attività, non tardò a venire. Infatti, nel 1191 vi fu una prima ratifica da parte di Clemente III (1187-1191; conferme si ebbero successivamente pure da Celestino III (1191-1198)) ed Innocenzo 111(1198-1216).

In questi primi anni e sino al 1198 la Confraternita vide sempre più aumentare il numero dei suoi com-ponenti. I nobili, inizialmente pochi, con il passare del tempo divennero invece una maggioranza quasi assoluta. Tale robusta presenza condusse allora ad una profonda e radicale trasformazione. Al termi-ne l’Ordine appariva completamente mutato nella struttura interna. L’aspetto era ora decisamente oli-garchico ed aristocratico. Pertanto fu così stabilito che nessuno potesse più accedervi se non blasonato ed ovviamente di razza germanica. Nel contempo, ai fondatori veniva concessa un’investitura nobiliare, al fine di equipararli agli altri eletti componenti. Questi cambiamenti portarono anche a nuove scelte ed in-dirizzi. Le buone intenzioni fecero presto a svanire!

Le pratiche ascetiche di carità ed umiltà vennero così poste da parte, mentre la Congregazione assu-meva sempre più un aspetto rigidamente militare, alla continua ricerca di spazi da conquistare ed eser-citi da sconfiggere per la gloria dei componenti. Lo spirito guerriero aveva preso il sopravvento sull’ar-dore religioso, con il cavaliere che predominava sul monaco. In merito, di sicuro, molto avrà influito pure

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Incisione su una patera d’argento 1155 - 1171 - Battesimo di Federico Barbarossa (Berlino, Staatliche Museum)

l’appartenenza a nobili casate. Di-fatti, questi cadetti, oltre ad aver respirato il clima mistico dei tempi, erano anche intrisi dello spirito av-vincente e cavalleresco che aleggia-va sui castelli ove erano venuti alla luce. Dopo circa un ventennio di af-fermazioni e conquiste territoriali, nell’animo di questi impavidi guer-rieri iniziò però a spegnersi quella magica atmosfera dell’Oriente, in-trisa di poesia e bagliori di fede. Di conseguenza nacque in loro la ne-cessità di accostarsi il più possibile alle proprie regioni di origine. Così, pur non abbandonando del tutto quelle terre ove avevano acquisito una effettiva sovranità, iniziarono a spostarsi nel nord-Europa. Intan-to a capo dell’Ordine, sin dal 1209, vi era Hermann von Salza. Uomo di grande valore individuale e no-tevoli doti di equilibrio, occuperà tale carica sino al 1239, anno del-la morte. I territori, ove credettero opportuno stabilirsi, furono quelli sui quali successivamente sorgerà il futuro regno di Prussia. Tuttavia, poiché intanto gli ideali non erano mutati, si predisposero a cristianiz-zare e colonizzare le popolazioni

pagane dell’Est. Gente ancora lon-tana da quel progresso .materiale, spirituale e culturale, già da tempo patrimonio degli abitanti dell’Eu-ropa centrale ed occidentale.

Dopo essere stati solo delle attive presenze locali, con Federico II di Svevia (1198-1250) i Cavalieri Teu-tonici videro la propria immagine assurgere ad un ruolo ed un pre-stigio che ancora non conosceva-no. Il giovane Hohenstaufen infatti sempre li privilegiò e li protesse, in quanto sperava con il loro aiuto di costituirsi un esercito personale tutto suo.

Esso lontano dagli inceppamenti feudali, avrebbe dovuto consentir-gli di realizzare finalmente quella crociata che da anni andava pro-mettendo ai vari pontefici. Nel 1226 la benevolenza sovrana si materializzò poi nella Bolla d’Oro di Rimini, che permise ai territori dell’Ordine di divenire parte inte-grante dell’Impero, in un quadro di vassallaggio feudale leggermen-te discosto da quello canonico. La nuova realtà politica, la notevole potenza militare e la splendida or-ganizzazione, consentirono allora

di allargare i confini del Potentato. La vicina Curlandia venne così

invasa, mentre ovunque sorgeva-no castelli, fortezze e città, di cui alcune destinate ad un felice avve-nire. Tra esse: Thorn (1231), Kulm (1232), Marienburg (1233) e Elbing (1237). Successivamente fu poi fon-data anche Kònisberg.

Icavalieri, ai ritorno dalla Ter-rasanta, dopo la crociata voluta da Federico II (1229), nel 1237, grazie alla fusione con un altro Ordine re-ligioso-cavalleresco, i Portaspada, unirono al loro territorio pure la vasta Livonia. Volendo poi entra-re in possesso anche dell’immensa pianura ad est dei loro confini, abi-tata dai russi ortodossi, subirono allora una grande sconfitta. Ales-sandro Nevskij infatti, nel 1242 a Peipus, dopo averla arginata, riuscì a fermare l’invasione. Non fu però l’unico insuccesso di questo perio-do, in quanto l’anno precedente (5 aprile 1241) un loro robusto nucleo, insieme alla migliore cavalleria feudale, aveva subito un’altra gra-ve disfatta a Liegnitz ad opera delle orde mongole di Batu Khan.

Superate queste difficoltà, nuove nubi andavano intanto addensan-dosi all’orizzonte. Stanche di subire la prepotenza tedesca, che li ave-va privati della libertà e costretti ad abiurare la religione degli avi, intere regioni diedero vita ad una violenta rivolta. Inizialmente, i Ca-valieri, colti di sorpresa, furono tra-volti. Successivamente però, grazie anche all’aiuto di un esercito cro-ciato, voluto dai reggitori limitrofi, riuscirono a sedare l’insurrezio-ne (1254). Iniziata poi una nuova campagna di conquista, orientata questa volta verso la Lituania, nel 1260 a Durben subirono una del-le più rovinose disfatte della loro storia. La dura sconfitta indusse allora le popolazioni soggette a ri-bellarsi ancora una volta. Il valore teutonico, tuttavia, fece presto a riemergere ristabilendo l’antico equilibrio (1283). La repressione fu però aspra con lo sterminio di inte-ri gruppi etnici. Il processo di ger-manizzazione frattanto, nonostan-te le sommosse e le sedizioni, con-tinuava serrato. Difatti i Cavalieri,

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I quattro cavalieri dell’Apocalisse nell’armatura dei par-tecipanti alla prima crociata - Miniatura nel commentario del monaco spagnolo Beatus per la Rivelazione di Giovan-ni, ca. 1100. (Londra, British Museum)

l’ausilio di cinque ministri. In possesso di un pote-re decisamente assoluto, era a lui che spettavano le più importanti decisioni, nonché l’amministrazione dello stato e la politica estera. Inoltre, era sempre a questa figura, potente e ieratica, che facevano capo pure i Maestri provinciali per il controllo delle terre conquistate ed i Commendatori dei vari distretti.

In seguito alla caduta di San Giovanni d’Acri, la Confraternita nel 1291 trasportò la propria sede uffi-ciale, che ancora era ubicata in quella città, a Venezia. Essa trovò poi definitiva sistemazione a Marienburg nel 1309.

Durante la prima metà del XIV secolo, i Cavalie-ri furono impegnati a reprimere una grande rivolta contadina in Estonia. Al termine di quella che è pas-sata alla storia come una delle più violente insurre-zioni rurali del Medioevo (1343-45), non domi dalle precedenti sconfitte, diedero inizio ad una nuova in-vasione della Lituania. Dopo una splendida vittoria (1348), un evento inaspettato intervenne però a porre fine a quell’alone di crociata che sin dagli inizi aveva accompagnato le loro azioni: i Lituani, abbandona-ta la precedente fede, si erano convertiti in massa al Cristianesimo. Ciò interveniva a togliere qualunque validità a quel movente ideologico-religioso, che da sempre era stato il loro più valido sostegno nelle lot-te contro i popoli dell’Est. Ora, il comportamento dei Cavalieri, liberato da quell’alone di guerra sacra con-tro il paganesimo, appariva finalmente nella sua vera essenza: una pura e semplice aggressione, a danno di un popolo che cercava invece disperatamente di sopravvivere e conservare intatti territori e caratte-ristiche etniche. Il profondo mutamento, tra l’altro, pose pure termine a quelle crociate baltiche, che tan-te volte erano servite a ristabilire l’equilibrio dell’Or-dine, messo a dura prova dai tanti nemici interni ed esterni. Intanto, non va trascurato di rilevare che quel profondo solco, da secoli esistente e che divide-va Slavi e Tedeschi, andava ancor più allargandosi, con il risultato che mai più si riuscirà ad arginarlo o colmarlo.

Nonostante la fiera resistenza, i risultati prefissi vennero ugualmente raggiunti. Di conseguenza in questa seconda metà del XIV secolo lo stato, che i Ca-valieri avevano creato, occupava un’area vastissima. In essa rientravano parte di Prussia e Lituania, non-ché Livonia, Estonia, Curlandia e territori limitrofi. Dietro la gloria ed il fulgore, già montava però la tem-

nei loro territori, sempre favorirono l’immissione di presenze tedesche in una posizione dichiaratamente egemone nei confronti degli elementi autoctoni.

Vaste regioni da governare fecero allora nascere all’interno dell’Ordine esigenze precedentemente ignote. Ragion per cui venne spontaneo darsi nuovi statuti e modificare precedenti ordinamenti. Al ver-tice della gerarchia era e restava il Gran Maestro, figura antica e di gran lunga superiore a qualunque altra. Eletto a vita da un Capitolo Generale, compo-sto da tutti i Cavalieri, esercitava il suo imperio con

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pesta del la disfatta. Una unione tra Polonia e Lituania libera permise infatti a questi atavici nemici di di-sporre improvvisamente di una tale forza da poter validamente contra-stare la potenza teutonica. Lo scon-tro decisivo avvenne a Tannenberg, ove i tedeschi vennero seccamente sconfitti. Anche se fu possibile con-tenere le perdite, si infrangeva però un mito che aveva sfidato i secoli.

I nemici, oramai arditi, dopo questo colpo ne infersero pure al-tri. I Cavalieri tuttavia resistettero bene. La discesa non fu comunque possibile arginarla. Di conseguenza il loro territorio iniziò a divenire sempre più esiguo, mentre si in-grandiva quello della lega lituano-polacca. Dopo una nuova guerra, che costò non meno di centomila morti, si giunse a quella che è pas-sata alla storia con il nome di “Pace Perpetua” (1466). Con essa, all’Or-dine, di tutti i suoi immensi pos-sedimenti, non restava che la sola Prussia orientale, gravata da un ob-bligo di soggezione feudale verso il re di Polonia.

Con l’avvento della Riforma pro-testante, i Cavalieri, che avrebbero dovuto av-versarla, si convertirono invece al luteranesimo. Ancora una volta quindi prevaleva l’amore per la Germania a danno di un’antica Regola, da secoli dimenticata.

L’arrivo degli Stati nazionali poi, che venivano a sostituire il medie-

Nell’esercito feudale accanto al cavalieri erano schierati arcieri e bale-strieri, la cui Importanza andò crescendo nel secoli XIII e XIV.

vale principio politico dell’Impero, trovò ampio riscontro anche presso il Potentato teutonico. Nel 1525 infatti, il Gran Maestro Alberto di Brande-burgo, modificandone la natura, lo trasformò in un Ducato secolare ed ereditario. Pertanto i Cavalieri divennero solo una forza militare all’inter-no dello Stato. La loro storia era così terminata!

Nel 1805 la carica di Gran Maestro passava nelle mani dell’imperatore d’Austria, che la tenne sino al 1809, anno in cui Napoleone abolì ufficial-mente l’Ordine.

Nel 1840 Ferdinando d’Austria volle però rifondarlo.Vincenzo Cuomo

Gerusalemme in una immagine deò XII secolo

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* Queste pagina di diario è del notar Giovan Carlo Milone di Forio che l’ha scritta nelle prime pagine, non numerate, del protocollo degli atti notarili da lui rogati nel 1713 (cfr. A. S. N., Notai sec. XVIH, sche-da 28 del notar Giovan Carlo Milo-ne di Forio, protocollo n. 13 del 1713 primi fogli n. n.).

Quale motivo lo abbia spinto a ciò non è chiaro. Forse per tramandare non solo l’eccezionalità del predi-catore quaresimale che quell’anno predicò a Forio, ma anche per la parte avuta da lui stesso in tutta la vicenda. Comunque il suo breve scritto ci permette di conoscere una pagina di cronaca della nostra Isola che, altrimenti, non avremmo cono-sciuto. Per questo motivo ho deciso di pubblicare così com’è questo do-cumento, aggiungendo solo qualche breve nota esplicativa per meglio comprendere la vicenda narrata.

L’attività notarile di questo No-taio è conservata nella scheda n. 28 dei Notai del sec. XVIII della sezio-ne Giustizia dell’ASN. Si compone di ben quarantotto protocolli dal 1701 al 1748.

Abbreviazioni più frequentiACC : Archivio Congregazione

del Concilio - Roma ADI : Archivio Diocesano d’I-

schia ASBN : Archivio Storico Banco di

Napoli ASML : Archivio S. Maria di Loreto-Forio

ASN : Archivio di Stato di Napoli MS : Monasteri Soppressi (fon-

do dell’Archivio di Stato di Napoli) O.P. : Ordo Predicatorum O.S A. : Ordo Sancti Augustini f. : foglio – ms: manoscritto – not.: notaio r : recto - v : verso

1) Tra le incombenze proprie delle Università vi era quella di designare e pagare il predicatore per la Quaresima. Tale prerogativa è stata esercitata fino al periodo de-curionale a metà del sec. XIX. Nell’Università di Forio, che comprendeva - è bene ri-cordarlo - anche il villaggio di Panza nel quale vivevano alcune centinaia di anime (il vescovo Nicola Antonio Schiaffinati nella relazione ad limina del primo dicembre 1741 ne enumera cinquecentonovanta) - tale predica si svolgeva nella chiesa di S. Maria di Loreto, anche se le fonti documentarie che possediamo sull’argomento non citano la chiesa quale sede della predica quaresimale.

Il d’Ascia però (G. d’Ascia, Storia dell’Isola d’Ischia, Napoli 1867, p. 382), parlando di questa chiesa, ci fa sapere che l’Università di Forio “vi destinò ogni anno il predica-tore per lo Avvento e per la Quaresima”.

Dai documenti del Collaterale spesso si rilevano notizie interessanti su questo ar-gomento. Il Parlamento dell’Università di Forio, svoltosi il 23 dicembre 1579, assegna al predicatore la somma di cinquanta ducati (ASN, Provvisioni del Collaterale, vol. 7 f. 333), mentre negli atti relativi a quello svoltosi il 1592 si afferma che «altri ducati trenta li bisognano spendere ogni anno per elemosine et spese del predicatore de la quatragesima di detto Casale...» (ibidem, vol. 18 f. 40 v.). Gli atti del Parlamento svol-tosi il 6 aprile 1611, si limitano a citare il predicatore senza indicare la somma ad esso assegnata (ibidem, vol. 39 f. 72 v.). Negli atti del Parlamento svoltosi il 2 aprile 1623, invece, leggiamo che per il predicatore, che viene dalla terraferma, ogni anno si spen-dono da seicento a settecento ducati. Poiché tale spesa è esorbitante, viene stabilito che gli si diano non più di trenta ducati, oltre vitto e alloggio, e nessun’altra elemosina (ibidem, vol. 115 f. 62). Come e perché in pochi anni sia stata raggiunta una cifra così spropositata per la predica quaresimale non sappiamo. Si può pensare ad un erro-re dell’amanuense che ha segnato uno zero in più accanto alla cifra pagata per cui si dovrebbe leggere sessanta o settanta ducati a non seicento o settecento. In tal caso la spesa per il predicatore sarebbe stata dimezzata e la cosa sembrerebbe più verosimile. Infatti gli atti del parlamento svoltosi il 3 maggio 1630 (ibidem, voi. 136, f. 184 v.) indi-cano a favore del predicatore quaresimale la somma di ducati 70.

Negli atti del parlamento del 6 aprile 1642 leggiamo che «per la carità solita darsi ogni anno al Padre Predicatore li bisognano denaro per le spese, letto e detta carità....» (ibidem, voi. 166 f. 120 v.), ma non viene quantificata né questa né le altre spese elen-cate. Troviamo ancora la somma di settanta ducati deliberata a favore del predicatore negli atti del parlamento del 20 novembre 1644 (ibidem, vol. 172 f. 424-25). Negli atti del parlamento del marzo 1660, invece, troviamo deliberata una somma di cento ducati per il predicatore dell’Avvento e della Quaresima. Nel 1667 il predicatore qua-resimale fu il P. Fra Antonio Tarano O. R, al quale fu corrisposta una elemosina di appena dieci ducati (Notai sec. XVII, scheda 480/7 not. Alfonso di Maio di Forio, atto del 30 maggio 1667). Per la quaresima del 1675 l’Università designò quale predicatore il P. Baccelliere Francesco Antonio Dragonetti O. E. S. A. stanziando la somma di ven-ticinque ducati (ibidem, 552/4 - not. Silvestro Polito di Forio, f. 126, atto del 7 febbraio 1675). Infine, per il predicatore della quaresima del 1712 furono stanziati appena otto ducati (Notai sec. XVIII, 28/12 - not. Giovan Carlo Milone di Forio, f. 76, atto del 13 aprile 1712). L’ultima notizia sul predicatore quaresimale di Forio in mio possesso risa-le al 1779 quando a P. Bonaventura Cinquegrana (non è detto a quale Ordine apparten-ga), per la predica quaresimale di quell’anno vengono dati venti ducati (ASBN, Banco di S. Giacomo, matricola 2122 f. 1134, partita estinta il 28 giugno 1779).

Per l’Università di Fontana viene deliberata per il predicatore la somma di quattro ducati nel 1710 e di cinque ducati l’anno successivo {Provvisioni del Collaterale voi. 335 f. 104 r). Inoltre nel 1765 vengono assegnati ducati dodici al predicatore (cfr. Re-lazione del razionale D. Domenico Cerase, per la liquidazione de’ conti delle tonnare del Lacco al 1763 a tutto Decembre 1772 e della tonnara di S. Pietro da marzo 1746 a

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parlamento (2) dovessero essere in futurum li Predica-

tori de Padri Osservanti Reli-giosi di S. Francesco havendo

il peso la Università del loro monasterio in questa Terra

febraro 1777, d’ora in poi citata come Relazione Cerase 1777 f. 52). L’anno successivo il predicatore quaresimale di Fontana fu P. Ludovico di Forio, dei Francescani Riformati, ed ebbe un compenso di dodici ducati (ibidem, f. 53 v.). Per Casamic-ciola segnalo il parlamento svoltosi l’I 1 dicembre 1673 con il quale viene stabilito di revocare la delibera dèi parlamento dell’anno precedente, con la quale era stato stipulato una spe-cie di contratto con il P. Maestro Fra Antonio di Pescopagano dei Francescani Conventuali, perché predicasse nel periodo quaresimale ogni volta che volesse. Ma poiché l’Università di Casamicciola è povera e non può pagare la somma che il P. Francesco pretende, nel parlamento del settembre dello stes-so anno 1673, viene stabilito di revocare l’incarico al detto pa-dre e di affidarlo ai Padri Riformati di S. Francesco o ai Padri Riformati Scalzi di S. Agostino “ad elettione delli Deputati” perché “stante che detti Padri non vogliono carità, ne paga-mento per le Prediche, et ridonda in utilità dell’animo delli Paesani, et in beneficio del Pubblico” (Provvisioni del Collate-rale, voi. 223 ff. 321-322 v.).

Ancora per Casamicciola ho rinvenuto i seguenti dati docu-mentari. Il Parlamento del 23 agosto 1674 accenna in modo generico al predicatore (notai sec. XVII, 552/3 - not. Silvestro Polito di Forio - f. 211 v.), mentre in quello svoltosi il 27 set-tembre 1694 furono deliberati a favore di fra Michele di Cri-scenzo diciotto ducati per la predica quaresimale di quell’an-no (notai sec. XVII, 698/4 - not. Nicola Francesco Piro di Ca-samicciola - f. 217 e ss.). Inoltre, il Parlamento del 18 febbraio 1706 designa quale predicatore per quell’anno P. Teodoro Ga-rofalo, priore del convento agostiniano di S. Maria della Scala del borgo di Celsa (ibidem, 751/11 - not. Pietro Paolo Monti di Casamicciola, f. 25 e ss.). Il 4 luglio 1711 vengono deliberati ancora quaranta ducati a favore del predicatore di quell’an-no (ibidem, 751/16, f. 172), mentre il 23 settembre 1720 vie-ne designato per la prossima quaresima quale predicatore D. Francesco Ruocco di Sorrento (ibidem, 751/25 f. 166v. e ss.). Dodici ducati per il predicatore di quell’anno vengono delibe-rati dal parlamento svoltosi l’11 ottobre 1721 (ibidem, 751/26, f. 365 e ss.), mentre il 29 novembre 1722 per il predicatore di quell’anno, D. Nicola Battimelli di Casamicciola, furono de-liberati quarantotto ducati (ibidem, 751/27 f. 222 e ss.). Nel 1765, infine, il predicatore di Casamicciola fu il P. Pietro Paolo Molina (non è indicato l’Ordine di appartenenza) e fu ricom-pensato con venticinque ducati (cfr. Relazione Cerase 1777, f. 38). La Città d’Ischia si serviva della chiesa degli Agostiniani per la predica della Quaresima. Nel 1673 dagli Eletti “di quel tempo si pretese d’innovare contro la forma del solito con vo-lere che in detti giorni... dovesse ciò farsi nella chiesa parroc-chiale dello Spirito Santo”. Ne scaturì un lungo contenzioso che alla fine riconobbe i diritti acquisiti dai Frati Agostiniani (su questa sentenza cfr. MS voi. 106 ff. nn.). Inoltre troviamo un’elezione del predicatore quaresimale in un atto del notaio Antonio Aniello Attanasio del 1721 (Notai sec. XVIII, 768/16, f. 226) e in un altro del 3 gennaio 1724 (ibidem, 768/19 f. 1 e ss.). Altre notizie sul predicatore quaresimale di Ischia si ri-scontrano nella citata Relazione Cerase 1777. Tra il 1773 e il 1780 vengono fissati per il predicatore venti ducati e l’ordi-ne di successione di essi risulta il seguente: 1773 Arcidiacono Paolo Sassi (Relazione Cerase 1777, f. 142); 1776 P. Vincenzo Masselli (ibidem, f. 165 v.); 1777 P. Bonaventura Cinquegrana (ibidem, f. 172 v.); 1780 ancora P. Bonaventura Cinquegrana (ASBN, Banco di S. Giacomo, Libro Maggiore vol. 20 del 1780 f. 3127, partita di venti ducati estinta il 24 agosto 1780).

Vediamo ora qualche documento che si riferisce alla pre-dica quaresimale nell’Università di Barano. La sede della predicazione era la chiesa parrocchiale di S. Sebastiano, di patronato della stessa Università. Il Parlamento svoltosi il 18

febbraio 1651 (Provvisioni del Collaterale voi. 186 f. 18) e del 24 novembre 1653 (ibidem voi. 192 f. 514) elencano generica-mente tra le spese da sostenere anche quella del predicatore. Negli atti di quello svoltosi il 30 agosto 1658 si dice che vengo-no deliberati a favore del predicatore quattro ducati (ibidem, vol. 198 f. 330). Nel 1776 il predicatore fu D. Mattia Sirabella a favore del quale furono assegnati dieci ducati (cfr. Relazio-ne Cerase 1772, f. 319); l’anno successivo D. Michele Matterà al quale vengono assegnati quindici ducati per supplemento della predica (ibidem, f. 323 v.). Nel 1779 predicò a Barano D. Nicola Sirabella e fu ricompensato con la somma di quindici ducati (ASBN, Banco di S. Giacomo matr. 2121 f. 617 partita estinta il 17 aprile 1779).

Sebbene negli Stati Discussi Comunali dal 1807 al 1817 dell’ASN non si riscontri alcun accenno al predicatore qua-resimale né per Barano né per gli altri Comuni dell’isola d’I-schia, ho trovato alcune notizie su tale argomento nel volume delle delibere parlamentari e decurionali di Barano, periodo 1796-1802 e periodo 1809-1823. Una delibera di massima per il predicatore viene adottata il 19 agosto 1800 (f. 11 v.), il 2 no-vembre dello stesso anno (f. 12) e il 15 giugno 1801 (f. 15) nel corso di tre diverse riunioni del Parlamento Generale di Ba-rano svoltosi nell’Oratorio della Confraternita della Madonna del Carmine di Barano. Il Decurionato, riunitosi il 30 maggio 1808 (f. 21) e il 24 aprile 1809 (f. 26) delibera entrambe le vol-te la somma di trenta ducati per il predicatore quaresimale. Con la delibera del 20 novembre 1818 (Delibere del Decurio-nato periodo 1809-1823 f. 75) viene designata una terna di nomi da presentare al Vescovo per il predicatore quaresimale dell’anno successivo e vengono indicati i Canonici Giovanni e Michele Garofalo e Innocenzo Mazzella. Nella riunione del 10 settembre 1819 vengono indicati nella terna per il 1820 Fra Gennaro Maria di S. Giuseppe, del convento alcantarino di S. Lucia al Monte di Napoli, D. Aniello Migliaccio di Forio e D. Nicola Cenatiempo di Barano (f. 86). Il 9 settembre 1821, infine, per l’anno successivo, viene formulata una tema così composta: D. Aniello Migliaccio di Forio, P. Ludovico Verde dei Minori Riformati del Convento di S. Francesco di Forio e il Canonico Giovanni Garofalo di Ischia (f. 88). Queste tre delibere però non indicano alcuna somma da destinare al pre-dicatore.

Per concludere questo sguardo panoramico sulla predica quaresimale resta da citare solo qualche documento che si ri-ferisce all’Università del Lacco. Gli atti delle riunioni del Par-lamento svoltosi il 23 marzo 1647 (Provvisioni del Collaterale voi. 179 f. 26,; il 18 gennaio 1654 (ibidem, voi. 192 f. 45) e il 22 ottobre 1658 (ibidem, voi. 198 f. 429), non indicano né il nome del predicatore né la somma deliberata a suo favore, ma accennano solamente alle spese per il predicatore. Il Par-lamento svoltosi il 2 settembre 1688 deliberò per tale scopo venticinque ducati (Notai sec. XVII, not. Gaetano Sorrenti-no di Forio 1314/4 f. 144) e quello dell’ 11 ottobre 1721 solo dodici ducati per il predicatore della quaresima dello stesso anno (ibidem, 751/26 f. 365). Per il secolo XVIII abbiamo due testimonianze. Nel 1766 il predicatore fu D. Ludovico de Fa-zio e ricevette come compenso solo quindici ducati (Relazione Cerase 1777, f. 227) e altrettanti ne ricevette nel 1771 D. Ago-stino Verde di Forio (ibidem f. 216). L’Università per la predi-ca quaresimale si serviva della sua chiesa del SSmo Rosario. Così con delibera del 24 aprile 1834 furono dati al predicatore quaresimale quattro ducati in più dei trenta stabiliti per la quaresima perché aveva predicato anche negli ultimi quattro giorni di carnevale (Archivio Comunale di Lacco, Delibere del Decurionato periodo 1826-35 f. 174 v.). Il 2 novembre dello stesso anno il Decurionato stabilisce che nella prossima qua-resima del 1835 la predica si svolga non nella chiesa attigua

28 La Rassegna d’Ischia 1/1996

(3) e cosi sempre sin oggi è stato osservato. In quest’anno dunque 1713 si è mutato l’or-dine, a causa che il Padre Provinciale Grot-taglia promise al Magnifico Domenico dello Deo Sindico (4) di questa Terra sin dal mese di settembre del caduto anno mandare un Pa-dre il migliore della Religione di Natione Ro-mano chiamato il R (spazio bianco) e si stiede con tal promessa sino a IO aprile del corrente

anno (5); nel quale giorno il P. Andrea di Pro-cida della medesima Religione partiale dell’e-stimazione di questa Terra, et habitante da più di 12 anni nel Monastero di questa Terra fé sapere al detto Sindico, che il Predicatore promesso, il Provinciale l’haveva mandato alli (spazio bianco) et haveva destinato altro frate per predicare qui. Questa nuova rama-ricò molto il Sindico e Parlamentari (6) che

della Confraternita di S. Maria Assunta, dove si svolgono le funzioni della chiesa del Rosario a causa dei lavori che in essa il Decurionato sta effettuando, ma nella chiesa della Madonna delle Grazie alla Marina della famiglia Monti perché la chiesa dell’Assunta è angusta e non potrebbe contenere la folla che la frequenta durante la quaresima (ibidem, f. 182).

2) Non vi è traccia di questa conclusione parlamentare nelle Provvisioni del Collaterale e negli atti notarili del sec. XVII.

3) Per quanto riguarda la costruzion del convento di S. Fran-cesco di Forio dei Frati Minori Osservanti, esiste una buona do-cumentazione, anche se non dettagliata nei particolari.

Fu fondato nel 1646 a spese dell’Università di Forio, che ne ottenne il diritto di patronato, in seguito a pubblico parla-mento dell’I ottobre 1646, approvato dal Consiglio Collaterale il 6 febbraio 1647 (Provvisioni del Collaterale voi. 179 ff. 13r -16). Da questo anno, sia nei documenti del Collaterale che nei protocolli dei Notai dei secoli XVII e XVIII, troviamo innume-revoli documenti che si riferiscono al Convento di Forio. Della fondazione del Convento tratta anche la Cronica Francescana della riformata provincia di Napoli composta da P. Antonio da Nola, Napoli 1718, pp. 249-50 (cfr. anche G. d’Ascia, op. cit., p. 388). La costruzione della chiesa, invece, fu iniziata verso il 1660. In tale occasione la Confraternita di Visitapoveri ce-dette all’Università un fabbricato di tre stanze che si trovava nell’area sulla quale doveva sorgere la chiesa (Notai sec. XVII, 323/19, not. Dionisio di Nacera di Forio, ff. 69r-71v; A. Di Lu-stro, La Confraternita di Visitapoveri a Forio, S. Giovanni in Persiceto, 1983 p. 29; G. d’Ascia, op. cit., p. 388).

4) Domenico dello Deo, sindico del 1713, compare tra i sei deputati dell’Università di Forio nel 1684 (Notai sec. XVII, scheda 480/24), f. 161 e ss.). Fu sindico anche nel 1711 (Notai sec. XVIII, 28/11 f. 201) e nel 1718 (ibidem, 29/16, not. Mi-chelangelo Sorrentino, f. 129v). Inoltre compare tra i quattro governatori della chiesa di S. Maria di Loreto di Forio negli anni 1692, 1711, 1718 (ASML, I-IH-22 ff. 2v - 3r e i vari registri contabili).

5) Sicuramente qui il notaio Giovan Carlo Milone è incorso in un errore. È impossibile infatti che si tratti del 10 aprile, perché nel 1713 il Mercoledì delle Ceneri cadde il 1° marzo e la Pasqua il 16 aprile. Da quello che viene detto più avanti si deduce che il Predicatore iniziò il Quaresimale il Giovedì delle Ceneri, 2 marzo.

6) Dalla metà del sec. XVII alla fondazione dei Comuni nel 1806, il Parlamento delle Università corrispondeva a quello che oggi è il Consiglio Comunale. Quindi i «Parlamentari» erano i «Consiglieri comunali». D loro numero variava da una Università all’altra. A Ischia erano 24, mentre nelle quattro Università che costituivano il Terzo - Barano, Casamicciola, Fontana, Lacco - 20 per ognuna di esse (cfr. G. d’Ascia, op. cit., pp. 286 sgg.). L’Università di Forio, invece, nel secolo XVII ne aveva cinquanta, ma nel 1680 furono ridotti a qua-ranta (Notai sec. XVII, 480/20 ff 4r - 5v, atto del 3 gennaio 1680). A capo del Parlamento vi erano: a Ischia due Eletti e sei Deputati (una specie di assessori); a Forio, un Sindico e sei Deputati; nel Terzo un Sindico comune, che si alternava nelle singole Università ogni anno, e due Deputati. Il Sindico, gli Eletti, i Deputati e gli altri Officiali delle Università veniva-

no eletti nel corso del Parlamento generale dell’Isola che nel 1594 si svolgeva «nella loggia del Castello». Vi partecipavano i due Eletti, i due Sindici con i Deputati delle varie Università (cfr. ADJ, Forigii 1597, Insili ut io Parochialis Ecclesiae S. Viti dejurepatronatus Universitatis inpersonam D. Natalis Capua-no - Fundatio seu restitutio juris patronatus Parochialis Ec-clesia ut ex Bulla expedita armo 1306 folia scripta n. 190 - D’o-ra in poi indicherò questa fonte come «Atti di S. Vito 1596» - f. 62 e ss., documento del 14 agosto 1594).

Questo Parlamento è presieduto dal Governatore dell’Isola. Risulta, inoltre, che dal 1634 i Deputati, almeno quelli di Fo-rio - penso pero che ciò avvenisse anche nelle altre Università dell’Isola - venivano eletti da’ Sindico in pubblico Parlamento (ibidem, ff. 135,137,140, testimonianze varie). Nel secolo XVI e forse nei primi decenni del seguente, il parlamento gene-rale delle singole Università si svolgeva in luogo pubblico e con la partecipazione di tutti i capifamiglia. Le notizie su tale argomento non sono molte e provengono tutte dai citati Atti di S. Vito 1596. Poiché nel 1596 e nel 1634 sorse un lungo contenzioso tra l’Università di Forio, che deteneva e detiene ancora oggi il diritto di patronato sulla parrocchia di S. Vito, e il vescovo Innico d’Avalos (sul lungo episcopato, 1590-1637, di questo vescovo cfr. P. Lopez, Ischia e Pozzuoli, due diocesi nell’età della Controriforma, Napoli 1991 ) che non voleva ri-conoscere l’esistenza di questo patronato. La lunga vertenza si svolse presso la Corte Vescovile di Ischia, quella metropolita-na di Napoli e presso la S. Congregazione del Concilio. Negli atti ad essa relativi, si riscontrano alcune testimonianze sullo svolgimento del Parlamento Generale dell’Università di Fo-rio, chiamato ad eleggere il nuovo parroco di S. Vito. Cosi il 13 marzo 1634 Agostino Calise di Matteo «pubblico bisconte et banditore» dell’Università di Forio, dichiara che nel 1634 per l’elezione di D. Guglielmo Capuano a parroco di S. Vito «si gittò per me, barino pubblico in loco solito dello Casale di Forio dicendo alta et intelligibile voce cum formeis solito ba-rino et Comandamento da Parte del Illustrissimo D. Alfonso d’Avalos de Aragonia, che ognuno dello casale di Forio capo di casa domenica si abbia da conferire nella piazza a fare il parlamento dello Parrocchiano di Santo Vito sotto pena a chi contravenerà di onze sei, et così sodetta domenica, che furono le cinque del corrente mese di marzo venne in detta piazza il Sig. Giacinto di Francesco Secretario del detto Illustrissimo Signor D. Alfonso, et si toccò la coscia seu tamburino more solito con farsi intendere al popolo il detto parlamento seu colloquio et in presenzia dello sopradetto Signor Giacinto se-cretario si fece detto Parlamento....» (ibidem, f. 23). Il Parla-mento si svolgeva alla «Via in Croce», cioè all’attuale quadri-vio centrale di Forio, presso la Basilica di S. Maria di Loreto. Ne abbiamo confeima in diverse dichiarazioni del 1544 (ibi-dem, f. 87); 1600 (Provvisioni del Collaterale, voi. 29 f. 293); 1607 (ibidem, fol. 42 f. 79); 1623 (ibidem, voi. 115, f. 62); 1651 (ibidem, voi. 186, f. 226). La più antica notizia circa lo svol-gimento del parlamento, risale al 22 ottobre 1544, quando fu decisa l’elezione di Girolamo Capuano a parroco di S. Vito (1544-1578) (cfr. A. Di Lustro, Documenti della chiesa madre diS. Vito di Forio, Forio 1988, p. 25): vi parteciparono 34 ca-pifamiglia (ADI, Atti di S. Vito 1596, cit., f. 87). È da osservare che siamo ad appena quattro mesi dalla terribile invasione

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non ostante la Università dà ducati 195 al mo-nastero (7) incluse le spese del Predicatore, non poteva havere mai una sodisfazione, si risolse chiamare altro sogetto a predicare per non fare vedere la Università mangare a nien-

te; si mandò al detto P. Provinciale il Signor Agostino Salicona (8) ad supplicarlo e diman-dare il Predicatore e.... o che non havesse mandato nessun altro, mentre la Università si videro providere d’altra Religione (9). Il

dell’isola d’Ischia operata dal Barbarossa nel giugno dello stesso anno. Il Parlamento Generale era il supremo organo deliberante nell’ambito delle Università, mentre al Sindico e Deputati erano affidati compiti secondari. Ecco quanto a tal proposito dichiara D. Orazio Tuttavilla il 22 ottobre 1595: «... tanto gli eletti et deputati che sono creati ogni anno alla ad-ministrazione del Casale di Forio et altri luoghi dell’isola non ponno da loro soli trattare concludere expedire, o fare cosa alcuna che appartiene alla administrazione et governo delle ragioni entrade jus patronati et altre cose della città predetta senza publico parlamento et consiglio, nel quale si congrega-no la maggior parte de cittadini et insulani, dove ogni uno dice il suo parere et quello per la magior parte si conclude, si mette ad exequtione non obstante che li eletti et deputati del casale di Forio non ponno fare detto parlamento et consiglio senza lo intervento della persona nostra o de altri da noi deputati...».

Non ancora sono in grado di indicare l’anno in cui fu rifor-mato il Parlamento delle Università, quando cioè, al posto dei capifamiglia, fu nominato un certo numero di Parlamentari. In quell’anno il Parlamento di Forio non si svolse più alla «Via in Croce», ma in case private fomite di spazi adeguati. Sappia-mo che quello del 19 novembre 1696 si svolse nel cortile delle case del sig. Pietro Migliaccio «loco solito» (segno che spesso si riuniva qui il Parlamento) e che fu presieduto dal Regio Ca-pitano e Giudice delle Cause (Provvisioni del Collaterale, voi. 288 f. 4 e sgg.). Ad Ischia, già nel secolo XVII, vi era la «Casa dei Parlamentari», cioè l’attuale «Palazzo dell’Orologio» (cfr. Provvisioni del Collaterale, voi. 238 f. 133, Atti del Parlamento svoltosi il 16 agosto 1678). Il Parlamento Generale dell’Iso-la, però, qualche volta si è riunito nell’«Oratorio dei Laici», cioè nella chiesa dell’attuale Arciconfratemita di S. Maria di Costantinopoli. Così, ad esempio, il 24 gennaio 1755, quando fu deliberato che le Università dovessero pagare al Semina-rio diocesano, riaperto dal Vescovo Felice Amato, la somma annua complessiva di 300 ducati (cfr. O. Buonocore, Mono-grafie Storiche dell’Isola d’Ischia, Napoli 1954, p. Ili) - A. Di Lustro, Madonna di Costantinopoli in La Rassegna d’Ischia, anno XV n 2/Aprile 1994 p. 17). Le delibere che venivano adottate dal Parlamento di una qualsiasi Università dovevano essere approvate dal Consiglio Collaterale (vedi Le Provvisio-ni del Collaterale) il quale esaminava le domande delle varie Università accompagnate da copia del verbale della riunione parlamentare e da eventuali altri allegati. A questi documenti in seguito veniva allegato anche il decreto vicereale che ap-provava e autorizzava quanto richiesto in riferimento a im-posizione di gabelle, assensi a contratti, feudali e capitolati. I provvedimenti diretti agli interessati venivano riportati in copia nella Serie Decretorum o Partium (cfr. J. Mazzoleni, Le fonti documentarie e bibliche dal sec. X al sec. XX conservate presso l’Archivio di Stato di Napoli Napoli MCMLXXIV, voi. I p 101). Abolito il Consiglio Collaterale, con prammatica dell’8 giugno 1735, (fu creata la Regia Camera di S. Chiara che venne ad assumere anche parecchie competenze sul controllo degli atti delle Università. Questa era presieduta da un Presidente, quattro Capiruote e un Segretario, coadiuvati da una serie di scrivani ordinari e straordinari. Le Università erano sotto la giurisdizione di un Caporuota, o soprintendente, che dispo-neva anche dei conti aperti in nome delle Università presso vari banchi napoletani. I Capiruota succedutisi alla soprin-tendenza dell’isola d’Ischia fino al 1806 sono: Ferdinando Vaccinari, Giuseppe Romano, Francesco Vargas Macciucca, Diodato Targiani (notizie desunte da vari documenti soprat-tutto dell’ASBN).

7) Poiché l’Università di Forio deteneva il diritto di patrona-to sul convento di S. Francesco (fino a circa 30 anni fa sul por-tale della chiesa vi era lo stemma di Forio in pietra di piperno: la rosa con le iniziali «T F» - Terra Florigii -. Fu tolto per far posto ad un moderno stemma francescano, per cui quello an-tico oggi risulta... disperso), oltre alle spese di manutenzione e di abbellimento dell’immobile, che venivano amministrate dai «Procuratori», probabilmente laici, designati dalla stessa Università, questa doveva anche corrispondere una somma di cento ducati per il «vestiario» ai Frati. A conferma di ciò si po-trebbero portare molte testimonianze d’archivio. Ne cito solo qualcuna: Notai sec. XVII, 480/ 11 f. 151 e sgg. Atti del Par-lamento di Forio del 12 maggio 1671 ; ibidem 480/19 f. 181, Atti del Parlamento del primo dicembre 1679; ibidem 1314/4 f. 154, Atti del Parlamento del 13 marzo 1688. Bisogna ancora sottolineare che la documentazione sulle spese effettuate dai Procuratori è da considerare perduta. Non conoscendo i loro nomi, risulta impossibile anche una indagine nelle Pandette dei vari banchi napoletani per arrivare agli eventuali conti da loro aperti. Annotazioni di contributi erogati a favore dei Francescani di Forio, soprattutto in riferimento al «vestiario ai frati» si rinvengono anche nella Relazione Cerase 1777 già citata. Anni fa mi capitò di rinvenire nell’archivio di una nota famiglia di Forio un frammento di una pagina degli atti par-lamentari di Forio in cui si delibera la ricostruzione del se-condo coro nella chiesa di S. Francesco. Poiché questa pagina é ancora inedita, la trascrivo: «.. al Parlamento una supplica del Padre Guardiano de’ Riformati del nostro Convento di S. Francesco in cui si domanda al detto Signor Soprintenden-te di ordinare.a questa Università che ha il jus padronato del detto convento la summa di ducati cinquanta per impiegar-li fra maggior somma nella rifazione dell’orchestra del Coro della Chiesa. E perché il detto Convento è il decoro di questa nostra Terra e sempre nelle occorrenze è stato sovvenuto da questa Università come quella che ne ha il juspadronalo come sopra: stimando il Parlamento essere necessaria la cennata rifazione, ha risoluto accordargli la connata summa: tantopiù che cosi il detto Guardiano che tutti i Padri del Convento han-no adempito a quanto dal detto Signor Marchese Sopranten-dente è stato ordinato in desso della riferita supplica: come si vede dall’annesso documento. I nomi de Parlamentari in-tervenuti nel cennato Parlamento sono i seguenti: Magnifico Don Emanuele Verde, sindico; Don Aniello d’Ascia, Giovan Battista Regine, Nicola Capuano, Ignazio Foglia, Gaetano Verde, Don Michelangelo Caruso, Don Nicola Regine, Don Diodato Biondi, Erasmo di Lustro, Andrea Palumbo, Vin-cenzo Schioppa, Don Giuseppe Madalena, Michele Caruso, Don Tomasantonio Milone, Notar Pietro Matarese, Don Gio-vanni Castellacelo, Cesare Fumo, Rocco Iacono, Don Ignazio Caruso, Vito Castaldi, Don Michelangelo d’Ambra, Giacinto Patalano». Nei protocolli dei notai della prima metà del seco-lo XVIII, si trovano spesso annotate somme erogate dall’Uni-versità di Casamicciola a beneficio dei Francescani di Forio. Ne cito qualcuno: Notai sec. XVII 751/27 (not. Pietro Paolo Monte di Casamicciola) f. 87 e sgg., atto del 4 giugno 1722 dal quale si ricava che l’Università dava ogni mese un’offerta di due ducati; ibidem, 751/28 f. 17, atto del 5 giugno 1723; Notai sec. XVIII (not. Nicola Antonio Pisani del Lacco) f. 28 e sgg., atto del 15 giugno 1724.

8) È un nome finora sconosciuto. Sembra non originario dell’isola d’Ischia.

9) Forse non è superfluo far notare che qui per Religione il notaio vuole indicare Ordine Religioso.

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Provinciale a questa imbasciata rispose che esso non haveva mangato, ma che il Ministro Generale haveva voluto che il Padre promes-so fosse andato a predicare allo sudetto luo-go, et havesse proposto d’altro sogetto il pul-pito destinatoli prima onde si ramarica a.... non havendo potuto rimediarvi. Ma poiché il Padre che venne a predicare era migliore del primo che ne fussero contentati. Se ne ven-ne il detto Signor Agostino da….. a 13 aprile, giorno di domenica ultima di carnevale (10) con l’imbasciata la quale rammaricò tutti; e si concluse tra detto Sig. Sindico con li Signo-ri Giuseppe Calise (il), Loreto Calise (12), Nr Antonio Iacono (13), Tomaso dello Deo (14), suoi Deputati, Dr Fisico Nicola Castellacelo (15), Nr Fortunato et Oliviero Milone (16), Emanuele Migliaccio (17), Luca Verde (18), Dr Francesco Antonio Polito (19), et molti al-tri secolari e con una quantità de Reverendi Sacerdoti di questa Terra, di chiamarsi altro Predicatore quest’anno. In esequzione di che

10) Anche qui la data non corrisponde, perché l’ultima do-menica di Carnevale del 1713, nell’antica liturgia chiamata do-menica di Quinquagesima, cadde il 26 febbraio.

11) È uno dei Deputati dell’Università di Forio già nel 1711 (Notai sec. XVIII, 28/11,f.201esgg.).

12) Anche lui è uno dei Deputati dell’Università di Forio nel 1711 (ibidem). Inoltre nel 1699 è uno dei Governatori della chiesa di S. Maria di Loreto (cfr. ASML I-III-12 f. 2).

13) La scheda del notar Antonio Iacono di Forio è la n. 120 del fondo Nootai sec. XVIII che si compone di 45 protocolli dal 1708 al 1755. Proprio in questo anno 1713 è uno dei Go-vernatori della chiesa di S. Maria di Loreto (ibidem f. 3). È sindico di Forio nel 1720 (Notai sec. XVII, 1314/35 f. 47-50)

14) È stato Governatore di S. Maria di Loreto negli anni 1675, 1687, 1693 e 1714 (ASML 1111-12 f. 2) e Deputato ancora negli anni 1687 (Notai sec. XVII, 522/9 - not. Salvatore Milo-ne di Forio f. 113) e nel 1711 (Notai sec. XVIII, 28/11 f. 201 v. e sgg.).

15) È stato Governatore di S. Maria di Loreto negli anni 1715, 1722, 1723 e 1730 (ASML I -ffl-12 f. 2) e Deputato negli anni 1700 (Notai sec. XVII, 480/40 f. 213), 1701 (Notai sec. XVIII, 28/1 f. 17), 1709 (Notai sec. XVII, 522/24 f. III v), 1741 (Notai sec. XVIII, 120/33b f. 188).

16) Il notar Fortunato e il fratello Oliviero Milone sono figli di Salvatore. I protocolli del notaio, conservati in Notai sec. XVH, sono appena 4, inclusi nella scheda 1259 e vanno dal 1696 al 1730. È stato sindico nel 1699 (Notai sec. XVII, 480/39 f. 90) e nel 1700 (ibidem, 522/20 f. 114). Oliviero, in-vece, è stato Deputato nel 1718 (Notai sec. XVIII, 29/16, not. Giuseppe Milone di Forio, f. 129 v). Entrambi i fratelli il 17 dicembre 1690 fittano un locale sito a Forio, dove si dice «Ca-stello a Roccio» a Riccardo e Luca Antonio Giliberti di Napoli (Notai sec. XVII, 655/8 -not. Nicola Citi di Napoli - f. 341). Li troviamo ancora insieme negli atti del Parlamento del 25 settembre 1691 (Notai sec. XVII, 1314/7 f. 167). Inoltre Oli-viero è conduttore di gabella nel 1696 (ibidem, 535/23 - not. Ignazio Ferrelle di Napoli - f. 268, atto del 18 settembre 1696) e Deputato dell’Università di Forio nel 1692 (ibidem, 522/13 f. 112), nel 1696 (ibidem, 522/17 f. 284) e nel 1707 (Notai sec. XVIII, 28n f. 150).

17) È stato governatore di S. Maria di Lore-to negli anni 1699, 1703, 1711,1712,1722.1723 (ASML, I-ffl-12 f. 2); Deputato nel 1729 (Notai

sec. XVIII 29/26 f. 178) e sindico nel 1708 (ibidem, 28/8 f. 369; Notai sec. XVII, n. 522/23 f. 191); nel 1709 (ibidem, 522/24 f. 118) enei 1715 (Notai sec. XVIII, 28/15 f. 174).

18) Anche lui è stato Governatore di S. Maria di Loreto nell’anno 1700 (ASML, I-IH-12 f. 2); Deputato nel 1707 (No-tai sec. XVIII, 28n f. 150) e Sindico nel 1723 (ibidem, 120/16 f. 286) e nel 1724 (ibidem, 28/24 f. 141 v).

19) Il Dottor Fisico Francesco Antonio Polito fu Deputato nel 1723 (ibidem, 120/16 f. 286) e nel 1730 (ibidem,28/30f. 169v); pro-sindico nel 1731 (ibidem,28/31 f. 105), 1732(ibi-dem, 28/32 f. 5) e nel 1734 (ibidem, 28/34 f. 3).

20) Francesco Migliaccio, nato a Forio nel 1663 e morto a Ischia nel 1716, era canonico penitenziere della cattedrale, confessore delle Clarisse e parroco (cfr. A. Di Lustro, Cano-nico Penitenziere Francesco Mgliaccio, in In Cammino Insie-me, Bollettino Ufficiale per la Diocesi d’Ischia, anno VI n. 1 / gennaio-marzo 1989, pp. 37/41.

21) P. Teodoro Garofalo, agostiniano, è stato priore del Convento di S. Maria della Scala del Borgo di Celsa nel 1708 (Notai sec. XVIII, 44/6 -not. Natale Buonocore d’Ischia - f. 36). Già sappiamo che ha predicato a Casamicciola durante la Quaresima del 1706. Doveva essere un predicatore abba-stanza ricercato.

22) Siamo al lunedì 27 febbraio 1713.23) Cioè Luca Trapani, vescovo d’Ischia dal 22 dicembre

1699 al 1717. Nato a Napoli il 26 marzo 1664 nella parrocchia di S. Tommaso a Capuana, si addottorò in Sacra Teologia a 17 anni e successivamente anche in Utroque. Fu ordinato sacer-dote il 2 marzo 1687 e insegnò nel Seminario di Napoli (cfr. A. Lauro, Collaterale e Curia Romana per la sospensione del Sinodo d’Ischia nel 1717, in Archivio Storico per le Province Napoletane, voi CXI, anno 1993 p. 212).

24) Siamo al giorno di carnevale che in nessun modo può essere caduto nel giorno 15 (di febbraio?) nell’anno 1713, ben-sì, come abbiamo già detto, il 28 febbraio. Infatti dalla Tabella delle feste mobili dal 1709 al 1732 non risulta per nessun anno che il Mercoledì delle ceneri sia caduto il 16 febbraio e quindi carnevale il giorno 15.

25) Ancora all’inizio del secolo XIX la giornata veniva fatta iniziare, secondo la tradizione della chiesa, derivata dal costu-me ebraico e in parte da quello romano, al tramonto del sole, nell’ora in cui si canta il Vespro. In qualche chiesa di Forio persiste l’uso di suonare le campane alle «ventun’ore», cioè

si risolse di mandarmi che ero cancelliero della detta Università in Ischia a parlare, o al Molto Reverendo Sig. Canonico D. Francesco Migliaccio nostro concittadino, confessore delle Reverende Monache della Città d’Ischia (20), o al P. Maestro Garofalo (21) dell’Ordi-ne Eremitano di S. Agostino, nel monastero di S. Maria la Scala di detta Città. Il lunedì mattino (22) si pigliò la barca per andare in Ischia, e venne con me il detto Signor Sindi-co e dopo haver parlato a tutti e due li sogget-ti, il primo disse non poter venire per essere stato destinato da Monsignore Illustrissimo (23) per l’esercizio spirituale del Sacerdoti ordinandi, il secondo essendo troppo vicina la quaresima non poteva nemeno venire. Indi essendo già tardi ci ne venimmo di nuovo in Forio e si stava con molto rammarico, e forse non havevamo predicatore, si anche perche restavamo corrivi del trattato del provincia-le. Il martedì 15 ultimo di Carnevale (24) a 20 hora (25) venne il Predicatore mandato

La Rassegna d’Ischia 1/1996 31

dal Provinciale Fra Giampiero (? illeggibile), e insieme una lettera del Padre Matteo da Forio de Padri Osservanti di Santa Maria la Nova nostro concittadino, e compreso delli honor della patria, il quale haveva saputo il successo del Predicatore dove avisava a me, che se la Università voleva un predicatore di grido havesse mandato la filluca (26) in Na-poli con un huomo della Università a pigliar-lo che lui l’haveva appuntato, et era il Padre Lettore Aniello Lombardo di Napoli, che nell’anno 1711 haveva predicato in Napoli a S.

Giovanni de’ Fiorentini, et haveva portato il primato, essendosi posto il fatto in consulta, che doveva farsi, mentre era venuto il Predi-catore, il Dottor Fisico Antonio Polito, Luca Verde, Oliviero Milone, e molti altri si misero a difendere il predicatore venuto; tutti l’altri sudditi ed i Sacerdoti conclusero andarsi a pi-gliare il Predicatore preposto dal P. Matteo. Mentre era nota a tutti la fama del sogetto fu data a me la cura di andare.

Onde la notte dal martedì ad hora cinque (27) con felluca (28)andai a Napoli et arri-

tre ore circa prima del tramonto del sole. Le ore venti, di cui parla qui il notaio, corrispondono alle nostre tredici-quat-tor-dici, quindi alle prime ore del pomeriggio.

26) La “filluca” o più comunemente “felluca” o “feluca” è una imbarcazione bassa e veloce, con uno o due alberi e con vele latine.

27) Le ore cinque di notte corrispondono alle dieci o undici circa di sera.

28) Non è stata fatta ancora una ricerca sulla marineria ischitana dal medioevo in poi. Interessanti notizie si possono desumere dai protocolli dei notai dell’isola d’Ischia conservati presso l’Archivio di Stato. Secondo R. Porcaro e G. Cisternino (La Marineria mercantile napoletana dal XVI al XIX secolo, Napoli MCMLIV, p. 13), gli kenilani «costruivano e padroniz-zavano quasi esclusivamente tartane».

Tornando per un momento ai Notai dell’isola d’Ischia, bi-sogna tener presente che presso l’Archivio di Stato di Napoli i documenti notarili sono conservati nella Sezione Giustizia suddivisi nei fondi: Notai sec. XVI (nel quale troviamo solo qualche frammento degli atti rogati dai notai dell’isola d’I-schia); Notai sec. XVII (con venti schede di notai ischitani e trecentosettandue protocolli); Notai sec. XVIII nel quale sono conservate le schede di quei notai che hanno cessato di ro-gare entro il 1754-55 circa (dei notai d’Ischia abbiamo otto schede con duecentosei protocolli). Le schede dei notai che hanno finito di rogare da questo anno in poi si trovano presso l’Archivio Notarile Distrettuale di Napoli. Dei notai del secolo XVI ho già detto che vi è solo qualche frammento. Comunque, tutto il fondo è in fase di ordinamento ed è fuori consultazione

Per il secolo XVII vi sono i seguenti notai d’Ischia:- Calise Francesco di Forio, scheda n. 642, protocolli 1-11

(1684-1700);- Calosirti Scipione di Ischia, scheda n. 894, protocolli 1-31

(1617-1660);- Capuano Silvestro di Forio, scheda n. 39 protocolli 1-24

(1603-1649);- Cigliano Scipione di Ischia, scheda n. 474, protocolli 1-40

(1660-1712);- De Cigliano Attanasio Aniello di Ischia, scheda n. 768,

protocolli 1-35 (1699-1740);- De Francesco Giovanni Aniello di Ischia, scheda n. 1008,

protocolli n. 1 (1630-1636);- De Nacera Antonio di Forio, scheda 162, protocolli 1

(1619-1656);- De Nacera Dionisio di Forio, scheda n. 323, protocolli 1-45

(1638-1685);- Di Maio Alfonso di Forio, scheda n. 480, protocolli 1-41

(1661-1701);- Ferrari Giuseppe di Ischia, scheda n. 924, protocolli 1-4

(1651-1655);- Ferraro Fabio di Ischia, scheda n. 220, protocolli 1-27

(1626-1655);- Calatola Giovan Battista di Procida dimorante a Ischia,

scheda n. 401, protocolli 1-13 (1651-1666);

- Marone Giovanni di Ischia residente a Napoli, scheda n. 463;

- Milone Fortunato di Forio, scheda n. 1259, protocolli 1-4(1696-1730);

- Milone Salvatore di Forio, scheda n. 522, protocolli 1 -25 (1667-1725);

- Monte Pietro Paolo di Casamicciola, scheda n. 751, proto-colli n. 1 (1619-1656);

- Perciati Giovan Domenico di Casamicciola, scheda n. 122, protocolli 1-13(1613-1664);

- Piro Francesco Nicola di Casamicciola, scheda n. 698, protocolli 1-15 (1690-1709);

- Polito Silvestro di Forio, scheda n. 552, protocolli 1-10(1672-1681);

- Sorrentino Gaetano di Forio, scheda n. 1314, protocolli 1-38 (1685-1725);

- Filisdeo Giovan Tommaso, scheda n. 1207, protocolli 1-15 (1662-1686);

Per il sec. XVIII (fino al 1754) abbiamo i seguenti notai:- Buonocore Natale di Ischia, scheda n. 44, protocolli 1-31

(1703-1733);- De Maio Antonio di Forio, scheda n. 179, protocolli 1-6

(1715-1721);- Iacono Antonio di Forio, scheda n. 120, protocolli 1-45

(1708-1755);- Milone Giuseppe di Forio, scheda n. 29, protocolli

1-50(1701-1753);- Milone Giovan Carlo di Forio, scheda n. 28, protocolli

1-48 (1701-1748);- Monte Giuseppe di Ischia, scheda n. 289, protocolli 1-9

(1728-1736);- Pisani Nicola Antonio del Lacco, schedan. 202, protocolli

1-20 (1717-1745);- Sorrentino Michelangelo di Forio, schedan. 267, protocol-

li 1-7 (1725-1732).

Per i notai che hanno rogato dalla metà del secolo XVIII, bisogna ricavarne l’elenco dall’inventario esistente nell’Archi-vio Notarile Distrettuale di Napoli, dove ho potuto consulta-re e ottenere copia solo di qualche atto notarile. Ma data la particolare situazione di quell’Archivio, confesso di non avere molta voglia di frequentarlo, perché troppo dispendioso. Gli atti rogati da altri notai possiamo trovarli nelle raccolte di atti notarili dei Conventi di S. Maria della Scala (ASN, MS diversi fasci tran. 85 e n. 119); S. Maria delle Grazie (ibidem, n. 5225 a 5382 bis); S. Maria del Carmine o S. Restituta (ibidem n. 284) e in alcuni registri delle chiese dello Spirito Santo d’Ischia e S. Maria di Loreto di Forio (cfr. ASML da 1 -111-33 a I-III-36). I protocolli degli altri notai sono andati perduti. Per avere un’idea approssimativa del materiale documentario perduto nel corso dei secoli, è molto indicativa questa Nota dei Notori defonti che troviamo nella Platea Corrente di S. Maria della Scala conservata nell’ADI:

f. 97 «Nota de Notari defonti d’Ischia e da chi presente si

32 La Rassegna d’Ischia 1/1996

vai ad hora 13 (29), e ritrovai che il P. Mat-teo ancora dormiva, subito saputo il fatto si alzò, et andassimo a ritrovare il detto P. Aniello, il quale benché mattino era alzato per andare a celebrare, fattoli l’imbascia-

ta ringraziò molto l’Università dell’honore, subito andò a celebrare messa, hebbe la pa-tente dal Provinciale e andassimo per la li-cenza da Monsignor Illustrissimo, D. Luca Trapani (30), che era in Napoli, il quale era

conservano le di loro scritture seu protocolli e fascicoli.Notar Giovan Battista Funcrio d’Ischia (ha rogato nella pri-

ma metà del secolo XVI, cfr. A. Di Lustro - CU Archivi dell’i-sola d’Ischia, in Ricerche Contributi e Memorie, voi. II, Napoli 1984, p. 148 e sgg.), fascicoli si conservano dal Signor Scipione, Domenico, Antonio Nicola Attanasio d’Ischia figli ed eredi del quondam notar Aniello Attanasio d’Ischia e Signora di Jolio. - Notar Giovan Domenico Vitale d’Ischia (ha rogato verso la metà del secolo XVI, ibidem p. 152) fascicoli si tengono dai suddetti Signori Attanasio.

- Notar Filippo Casdia d’Ischia (ha rogato nella seconda metà del secolo XVI, cfr. ibidem, p. 152); fascicoli si conserva-no dai suddetti Signori Attanasio.

- Notar Bartolomeo Albano d’Ischia; protocolli si tengono dai suddetti Signori Attanasio.

- Notar Polidoro Albano d’Ischia (ha rogato nella prima metà del secolo XVI - cfr. ibidem p. 150): protocolli si conser-vano dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Giulio Cesare Rongione (ha rogato nella seconda metà del secolo XVI - cfr. ibidem, p. 153): protocolli si conser-vano dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Giovanni Aniello Mancusi di Ischia (seconda metà del secolo XVI - ibidem p. 153); protocolli si tengono da sud-detti Signori d’Attanasio.

- Notar Giovan Tommaso Filisdeo d’Ischia (esistono ancora in ASN, Notai sec. XVII, sceda 1207); protocolli si conservano dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Giuseppe Filisdeo d’Ischia; si tengono dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Giovanni Anielli di Francesco (è la scheda n. 1008 dei Notai sec. XVII dell’ASN) di Napoli, commorante in Ischia; protocolli si tengono dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Scipione Calosirto d’Ischia (è la scheda 894 dei notai sec. XVII dell’ASN); protocolli si tengono dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Scipione Cigliano d’Ischia (è la scheda 474 dei Notai sec. XVII dell’ASN); protocolli si tengono dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Giovan Battista Galatola di Procida (è la scheda 401 dei Notai sec. XVII dell’ASN); protocolli si tengono dai sud-detti Signori d’Attanasio. Mi si dice da suddetti Signori d’At-tanasio che scritture scu protocolli fatti dal sudetto quondam notar Giovan Battista Galatola parte ne tengono essi d’Attana-sio, parte sono in Forio e parte in Castellammare.

- Notar Aniello Attanasio di Cigliano d’Ischia (è la scheda 768 dei Notai sec. XVII dell’ASN); protocolli si tengono dai suddetti Signori d’Attanasio.

- Notar Aniello Ricchera di Napoli commorante in Barano; si conservano dal Signor Ricchera suo figlio in Napoli.

- Notar Natale Buonocore d’Ischia (è la scheda 44 dei Notai sec. XVIII dell’ASN) defonto nel 1733; protocolli si conserva-no da suoi eredi Don Domenico Buonocore suo figlio ora dal Reverendo Canonico Don Giuseppe Curcio.

- Notar Tommaso de Francesco di Napoli commorante in Ischia; protocolli si tengono dall’eredi suddetti di Buonocore.

- Notar Giuseppe Morgioni; protocolli si conservano da suoi eredi; defonto li 24 febraro 1762.

- Notar Giulio Cesare Foglia d’Ischia; protocolli si conser-vano in Napoli dal Signor Notaro Policino di Napoli abitante nella strada di Porto in Napoli.

- Notar Francesco Antonio Guamieri d’Ischia; protocolli si conservano dal sudetto Signor Notar Policino di Napoli.

Casamicciola, notizie da Don Ignazio Piro.

- Notar Giovan Domenico Perciato (è la scheda 122 dei No-tai sec. XVII dell’ASN); protocolli si conservano dal Signor Domenico Gaetano Piro.- Notar Nicola Francesco Piro (è la scheda 698 dei Notai sec. XVII

dell’ASN), protocoli si conservano dal Signor Domenico Ga-etano Piro.

- Notar Pietro Paolo Monte (è la scheda 751 dei Notai sec. XVII dell’ASN); si conservano da Notar Gennaro Monte .

- Notar Giuseppe Monte; protocolli si conservano dal No-tar Gennaro Monte - Forio, notizie dal notar Manuele Maria Milone

- Notar Alfonso di Maio (è la scheda 480 dei Notai sec. XVII dell’ASN) dal notar Marc’Antonio Calise.

- Notar Donato Polito dal notar Marc’Antonio Calise.- Notar Nicola Agazio dal notar Marc’Antonio Calise.- Notar Silvestro Polito (è la scheda 522 dei Notai sec. XVII

dell’ASN) dal notar Marc’Antonio Calise.- Notar Francesco Calise (è la scheda 642 dei Notai sec.

XVII dell’ASN) dal notar Marc’Antonio Calise.- Notar Giovanni Antonio Monte da Nicola Pizzillo del

quondam Giovanni (forse ha rogato nella seconda metà del sec. XVI: cfr. A. Di Lustro, op. cit. p. 153).

- Notar Antonio di Naccra (scheda 162 dei Notai sec. XVII dell’ASN) da Nicola Pizzillo del quondam Giovanni.

- Notar Tommaso Ferraro dal notar Lue’Antonio Milone del quondam Oliviero.

- Notar Giovanni Antonio di Crescenzo dal notar Luc’Anto-nio Milone del quondam Oliviero (ha rogato sicuramente nel sec. XVI. Nell’inventario dei Notai sec. XVI dell’ASN compare tra quelli i cui atti sono stati distrutti).

- Notar Giovan Vincenzo di Nacera dal not. Luc’Antonio Mi-lone (nella vecchia catalogazione dei Notai sec. XVI dell’ASN aveva il n. 317. La scheda è costituita da un solo protocollo).

- Notar Nicola Ferraro dal notar Luc’Antonio Milone.- Notar Silvestro Capuano (è la scheda 39 dei Notai sec.

XVII dell’ASN) dal notar Luc’Antonio Milone.- Notar Fabio Ferraro (è la scheda 220 dei Notai sec. XVII

dell’ASN) dal notar Luc’Antonio Milone.- Notar Dionisio di Nacera (è la scheda 323 dei Notai sec.

XVII dell’ASN) dal Notar Luc’Antonio Milone.- Notar Salvatore Milone (è la scheda 522 dei Notai sec.

XVII dell’ASN) dal notar Luc’Antonio Milone.- Notar Gaetano Sorrentino (è la scheda 1314 dei Notai sec.

XVII dell’ASN) dal notar Giuseppe Sorrentino del quondam Gaetano.

- Notar Michelangelo Sorrentino (è la scheda 267 dei Notai sec. XVIII) dal notar Giuseppe Sorrentino.

- Notar Giovan Carlo Milone (è la scheda 28 dei Notai sec. XVIII dell’ASN) dal notar Emanuele Maria Milone suo figlio.

- Notar Giuseppe Milone (è la scheda 29 dei Notai sec. XVIII dell’ASN) del quondam Salvatore dal Nicola Capuano marito dell’unica figlia del medesimo. Il Signor Notaro Ema-nuele Maria Milone suddetto n’è amministratore.

- Notar Antonio di Maio dalla Signora Porzia di Maio.- Notar Antonio Iacono (è la scheda 120 dei Notai sec. XVIII

dell’ASN) dal notar Luigi suo figlio.- Notar Fabio Coppa del quondam Cristoforo dal Reveren-

do Bartolomeo Coppa.- Notar Luca Marzia (ha rogato nel sec. XVI) non vi sta noti-

zia di questo né dove sia né chi ne sia il conservatore.29) Sono circa le sette del mattino. La traversata notturna

Forio-Napoli è durata quindi otto ore.30) L’abitazione napoletana del Vescovo Trapani si trovava

La Rassegna d’Ischia 1/1996 33

renitente a concederla, mentre l’aveva data al Predicatore venuto havendolo io infor-mato del fatto con sorriso concedé la licenza al detto padre Aniello, e così a 17 hore (31) ci imbarcassimo e giungiamo in Forio ad hora 21 (32). Quando si seppe la venuta, fu tanto il concorso del Popolo e Clero (33), che il molo (34) non era capace, e si fé conto d’es-serci più di 1500 Anime (35) accorse a rice-vere il Predicatore P. Aniello e s’affollavano alla meglio poteva baciarli le mani. Io lo por-tai nella mia casa (36) con ordine del sindico (37) delli sudetti aderenti dove dimorò tutta la Quaresima et il secondo giorno predicò (38) e

fu tanto il concorso che la Chiesa non era ca-pace di tanto Popolo, che per tutta la Quare-sima in ogni giorno si affollava per sentire un nuovo S. Paulo. Tutte le sue prediche fumo ammirate per un portento dell’arte (39). Ma le prediche delle Domeniche e quelle di S. Giu-seppe (40) e la Nuntiata (41) hebbero il non plus ultra, e il giorno dell’Annunciata, che fece la Predica dell’Annunciata, fu tale il con-corso che fu necessario aprire le porte della Chiesa acciò il popolo havesse potuto sentire dalla strada e si fé conto a quella Predica es-serci d’huomini e donne più di 3000 persone (42), e vi vennero da più di cento Forastieri,

presso la chiesa volgarmente detta «San Nicoliello» (A. Lau-ro, op. cit., p. 241).

31) Sono, quindi, le undici circa del mattino.32) Il viaggio di ritorno da Napoli a Fono viene effettuato

con la stessa feluca, in pieno giorno, e dura circa quattro ore: dalle undici circa del mattino alle tre circa del pomeriggio. La durata di questi due viaggi, ad una prima lettura del docu-mento, mi ha lasciato un po’ perplesso per cui ho consultato alcune persone esperte di navigazione che mi hanno convinto a ritenerla fondata. Infatti il viaggio di andata, durato ben otto ore, fa pensare che nella notte tra il 28 febbraio e il 1° marzo 1713 spirassero venti intorno al Nord, per cui la feluca ha in-contrato vento di prua ed ha dovuto bordeggiare, raggiungen-do una velocità di crociera di circa tre nodi all’ora. Al ritorno, invece, persistendo sempre vento intorno al Nord, l’ha avuto di poppa e ciò le ha permesso di raddoppiare la velocità e co-prire la distanza tra Napoli e Forio in appena quattro ore, cioè la metà del tempo impiegato in andata.

33) Per i primi due decenni del secolo XVM non ho alcu-na notizia sulla consistenza numerica del clero della diocesi di Ischia in generale, e di quello di Forio in particolare. La relazione ad limina del vescovo Giovanni Maria Capecelatro del 25 novembre 1721 enumera, per la diocesi, un clero di tre-cento unità tra sacerdoti, diaconi e chierici per una popola-zione totale di dodicimila anime (ACC, Relazioni dei Vescovi d’Ischia). Per il numero dei preti esistenti a Forio nel 1713 una indicazione, molto parziale, possiamo ricavarla dai libri con-tabili dei Governatori della cluesa di S. Maria di Loreto. Infatti nella nota delle messe dei legati della chiesa distribuiti ai pre-ti dall’8 settembre 1712 alla stessa data dell’anno successivo, sono indicati 68 sacerdoti, un chierico e un suddiacono che sono stati al servizio del culto della stessa chiesa (ASML, R 5 in ff. 30r -33v). Da un atto del not. Alfonso di Maio di Forio del 3 ottobre 1692 (Notai sec. XVII, scheda 480 prot. n. 32 ff. 108 v -110 v) rogato in favore della Venerabile Congregazio-ne del Clero di Forio, si riscontra che vi sono 62 sacerdoti, 3 suddiaconi e 21 chierici. Quindi, in venti anni, il numero degli ecclesiastici di Forio è certamente aumentato.

34) A partire dal sec. XVII, nelle Provvisioni del Collaterale e negli atti dei Notai, si riscontrano delle spese per lavori alla banchina del porto di Forio deliberate dal Parlamento dell’U-niversità. Ne cito solo qualcuna che può servire da supporto per futuri studi sull’argomento: Provvisioni del Collaterale, voi. 172 ff. 423-25 Parlamento del 20 novembre 1644; voi. 186 f. 279 e sgg., Parlamento del 21 settembre 1651; voi. 190 f. 63, Parlamento del 2 maggio 1653, voi. 282 f. 259 e sgg., Parla-mento del 25 agosto 1696; voi. 288 f. 4 e sgg., Parlamento del 19 settembre 1696; Notai sec. XVII, 522/16 cit. f. 234 anno 1695; ibidem 535/23 (not. Ignazio Ferrelle di Napoli) f. 268 e sgg. atto del 18 settembre 1696; Notai sec. XVffl, 28/46 f. 1 e sgg., atto del 3 gennaio 1745; ibidem, 120/39 f. 265 e sgg., atto del 30 dicembre 1742 - Relazione Cerase 177 f. 21 anno 1768.

35) Per i primi anni del secolo XVIII non ho dati precisi sulla popolazione dell’Università di Forio. Il vescovo Luca Trapani, nella relazione ad litnina del 4 marzo 1703, afferma che Forio, con più di quattromila anime, è il centro abitato più grande della sua diocesi, della quale però non dà il numero complessivo delle anime. Solo la citata relazione ad limino del 1729 del vescovo Capecelatro ci indica la cifra di dodicimila anime per tutta la diocesi.

36) Non sono in grado di indicare l’ubicazione della casa del Notar Giovan Carlo Milone di Forio.

37) L’autore già ci ha fatto sapere che il sindico di quell’an-no era il Magnifico Domenico dello Deo, mentre quattro dei sei Deputati: Giuseppe Calise, Loreto Calise, not. Antonio Ia-cono e Tommaso dello Deo (questo cognome viene scritto in diversi modi: de lo deo, dello deo, dello Deo. In seguito diven-terà “del Deo”, mentre oggi è “Del deo”).

38) Il Quaresimale, quindi, iniziò con un giorno di ritardo, il giovedì delle ceneri: «Feria quinta Cinerum».

39) II nostro Autore, essendo notaio, era persona di una certa cultura e mette in rilievo che le prediche di questo re-ligioso siano un «portento dell’arte» del dire. Sembra accon-tentarsi esclusivamente di questo aspetto esteriore e monda-no del suo eroe, dimenticando che era pur sempre il predica-tore per la Quaresima di quell’anno. Nessun accenno trovia-mo sull’aspetto principale di questa vicenda: quello spirituale. Dalla sua relazione nulla si ricava sul profitto e rinnovamento spirituale che tale predicazione riuscì a produrre sul popolo che sarebbe per noi la cosa più interessante per lo studio della pietà e la spiritualità popolare di Forio e dell’isola d’Ischia, soprattutto in questi anni dell’episcopato di Luca Trapani che precedono la celebrazione del contestato Sinodo Diocesano della Pentecoste del 1716. Un altro dato importante, comun-que, ci fornisce l’Autore. Se «tutte le prediche furono ammira-te per un portento dell’arte», dobbiamo supporre che nel va-sto uditorio vi erano persone di un certo livello culturale. Ne è prova il fatto che molti, come ci tramanda il nostro notaio, si cimentano in componimenti poetici in lode del predicatore.

40) Nell’anno in cui si svolge la vicenda narrata dal nostro Autore, il culto a S. Giuseppe nell’isola d’Ischia aveva già rag-giunto una notevole diffusione e importanza. A Forio nel 1659 era stato fondato un «beneficio» intitolato al Santo nell’an-tica chiesa di S. Rocco alla Marina e la sua immagine già dal 1620 circa era in venerazione nella pala dell’altare della con-fraternita di Visitapoveri. Al Fango, nel corso dello stesso se-colo XVII, viene fondata la chiesa di S. Giuseppe (sul culto a S. Giuseppe nell’isola d’Ischia, cfr. A. Di Lustro: Il culto di S. Giuseppe, in G. Morgera, parroco di Casamicciola - Vita diS. Giuseppe, Casamicciola Terme 1993, pp. 108-125).

41) Bisogna ricordare che all’epoca il 25 marzo, dedicato dalla liturgia cattolica all’Annunciazione di Maria Santissima, era considerato festa di precetto.

42) Nel 1713 la chiesa di S. Maria di Loreto, nella quale si

34 La Rassegna d’Ischia 1/1996

quali in ogni Domenica ci ne venivano dall’I-sola. Il Reverendo Clero di questa terra era sempre assistente quasi mai in ogni giorno alla Predica, li Signori D. Troiano Caruso, D. Battista Polito Parroco di Panza, Dottor Fi-sico Ni-cola Castellacelo, Agostino Salicona (?) e Michelangelo Sorrentino fecero in sua lode molte epigramme e sonetti stampati, che ogni volta che si buttavano empivano la chie-sa (43). E solo l’epigramma di detto D. Troia-no (mio zio carissimo) mi restò che sta cosita nell’antecedente carta non havendo potuto havere dell’altre, che erano anche bellissime.

Quando poi se n’andò detto padre Predica-tore, si licenziò da tutti cordialmente ringra-ziando il Signor Sindico con tutta la Universi-tà, et il Clero dell’onore fattoli, che veramen-te fu cosa non fatta a nessun altro predicatore antecedente. In tutta la Quaresima fu visitato da molti Sacerdoti, Sindico, Deputati, perso-ne particulari quasi in ogni giorno, e fu am-mirato che per tutto il tempo, che stiede in Forio non volse mai uscire di camera fuori quando andava a predicare e stava sempre con la porta chiusa.

Il Sabato Santo volse cantare l’esultet (44) e fu tal consolazione al public o che la chie-sa s’empi come quando fece la predica della Nunziata, e fu ammirabile che essendo vec-chio d’anni 65 in circa haveva una voce così dolce, piena, e grave come se fusse stato d’an-ni 25. Si piacque oltre modo la processione della mattina di Pasqua, che la volse vedere

svolgeva la predica, aveva già le odierne dimensioni, ma non aveva il pulpito di marmo che fu realizzato solo nel 1823 (cfr A. Di Lustro - Il restauro settecentesco della Basilica di S. Maria di Loreto a Forio, Fono 1995, pp. 57-60). Fino ad una trentina di anni fa esisteva un pulpito di legno, mobile, che si addossava ad un pilastro dinanzi all’altare dell’Imma-colata per la predicazione durante il novenario in suo onore. Negli ultimi giorni, invece, durante le Quarantore, le funzio-ni si celebravano all’altare maggiore e la predica si svolgeva dal pulpito di marmo. Fino agli anni della mia adolescenza, durante la novena della Madonna delle Grazie, che si svolge dal 24 giugno al 2 luglio, nell’ Arciconfraternita di S. Maria di Visitapoveri, si copriva il cortile antistante la chiesa con un tendone e sotto l’arco della porta della chiesa veniva collocato un pulpito mobile. I fedeli prendevano posto nel cortile, dove venivano sistemate sedie e panche. In questo modo si stava al fresco e si seguiva la predicazione. Se il 25 marzo 1713 furono circa tremila persone ad ascoltare la predica del quaresimali-sta, bisogna immaginare che per l’occasione sia stato sistema-to un pulpito mobile sotto l’arco della porta della chiesa così da permettere che l’ascoltassero anche quelli che affollavano «la Via in Croce».

43) Non sono in grado di fornire notizie sulle per-sone qui citate. Certamente dovevano essere perso-ne colte, visto che compongono versi encomiastici in onore del predicatore. Il Michelangelo Sorrentino qui ricordato deve essere identificato con il notaio della scheda n. 267 del fondo Notai del secolo XVIII, che presenta appe-

dalla finestra della casa del Reverendo D. Giuseppe Biondi, dove ammirò la quantità dei sacerdoti che vi andavano e la divotione (45).

Si notò che in tutta la quaresima non volse-ro venire alla Predica li padri di S. Francesco Reformati (46), mentre si lagnavano dell’a-gravio fatto alla loro Religione. Fra France-sco da Forio vi venne qualche volta contro la volontà degli altri.

Fra Giampiero per il dolore s’infermò, e stiede da 15 giorni infermo a letto nel Mo-nastero, e poi se n’andò in Napoli. Ma vera-mente l’agravio della Repulsa non fu fatta a detto P. Giampiro per essere persona da bene e meritevole, ma al P. Provinciale per la manganza della parola (47). Il sabato primo di Quaresima, il detto P. Aniello andò con il suo compagno P. Paulo di Napoli a visitare il P. Guardiano del convento di S. Francesco, il quale con l’altri Frati non vi si fece trovare (48), ma solamente il P. Pietro da Forio suo vicario solo l’accolse, e li fece molti compli-menti. Venne nella Quaresima il P. Visitatore di detti P. Riformati e sgridò come non ave-vano accudito al detto P. Aniello; onde poi il Giovedì Santo il P. Guardiano convitò detto P. Aniello per la messa di detto giorno, il qua-le lo ringratio e solamente vi volle andare in detto giorno a dire la messa privata e fu molto accolto dai padri e si fecero molte scuse delle manganze alle quali cortesemente ringratio.

Haverei altro da scrivere ma la carta manga (49).

na sette protocolli dal 1725 al 1732. Alla sua morte fu redatto un inventario dei suoi beni mobili ed immobili tra cui quello dei suoi libri (cfr. Notai sec. XVIII, 28/36 ff. 84 e sgg., anno 1736). Era figlio di Gaetano, anche lui notaio, la cui scheda, nei Notai del secolo XVII, è la n. 1314 di ben 37 protocolli di atti dal 1685 al 1724 più un volume di indici (per un totale quindi di ben 38 protocolli). Anche alla sua morte fu redatto un inventario completo dei suoi beni, tra i quali vi è anche l’elenco dei libri della sua biblioteca (cfr. ibidem, 28/26 f. 146 e sgg., anno 1726).

44) Vale, forse, la pena ricordare che la Veglia Pasquale, che oggi si svolge dal tramonto in poi del sabato santo, allora si svolgeva nelle ore mattutine dello stesso giorno.

45) Sulla processione che si svolge a Forio la mattina di Pasqua, cfr. A. Di Lustro - La Confraternita di Visitapoveri a Forio^ pag. 51 e sgg. Non sono in grado di ubicare la Casa di D. Giuseppe Biondi né ho notizie che lo riguardano.

46) Fecero così una vibrata e pubblica protesta.47) In questa memoria il nostro notaio non fa alcun rife-

rimento al compenso che l’Università di Forio diede al pre-dicatore.

48) Fu un grave atto di scortesia, che venrà rimproverato ai Frati successivamente dal padre Visitatore.

49) Peccato! Stavamo prendendo gusto a conoscere quanto accadde in quell’anno particolare, non esclusi i pettegolezzi e i piccoli ed innocenti .... «scherzi da frate».

Agostino Di Lustro

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