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Anno XXIII N. 3 Aprile 2002 Euro 2,00 La Rassegna d’Ischia Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Dir. responsabile Raffaele Castagna Ischia sconosciuta scogli e pietre I “parlari” dell’isola d’Ischia (il dialetto di Serrara Fontana) Bozzetti isclani Le visite pastorali dei Vescovi d’Ischia (II parte)

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Anno XXIII

N. 3

Aprile 2002

Euro 2,00

La Rassegnad’Ischia

Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportiviDir. responsabile Raffaele Castagna

Ischia sconosciuta

scogli e pietre

I “parlari” dell’isola d’Ischia(il dialetto di Serrara Fontana)

Bozzetti isclani

Le visite pastorali dei Vescovi d’Ischia(II parte)

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Edizioni La Rassegna d’Ischia

- Raffaele Castagna - Calcio Ischia - Storia, risul-tati, classifiche, protagonisti delle squadre isolanenegli anni 1957/1980 - Supplemento al n. 1/aprile1981 de La Rassegna d’Ischia.

- Giovanni Castagna - Guida grammaticale del dia-letto foriano letterario - 1982

- Giovanni e Raffaele Castagna - Ischia in bianco enero - 1983 (esaurito).

- Giuseppe d’Ascia - Caterina d’Ambra (drammastorico del 1862) - Introduzione e note a cura diGiovanni Castagna - 1986.

- Giovanni Maltese - Poesie in dialetto foriano:Cerrenne I, II, III; Ncrocchie; Sonetti; Poesie ine-dite - Ristampa con introduzione, note, commentoe versione in italiano a cura di Giovanni Castagna -1988.

- Raffaele Castagna - Lacco Ameno e l’isolad’Ischia: gli anni ’50 e ’60 (cronache e immagini) -1990.

- Vincenzo Cuomo - La storia attraverso i suoi per-sonaggi - Febbraio 1991 (esaurito)

- Francesco De Siano - Brevi e succinte notizie distoria naturale e civile dell’isola d’ischia (1801) -Ristampa - Supplemento de La Rassegna d’Ischia /giugno 1994.

- Pietro Monti - Tradizioni omeriche nella naviga-zione mediterranea dei Pithecusani - Supplementode La Rassegna d’Ischia/Gennaio 1996.

- Pietro Monti - Pithekoussai - segnalazione di sitiarcheologici - Parte I - La Rassegna d’Ischia n. 1 -Gennaio 1997.

- Venanzio Marone - Memoria contenente un breveragguaglio dell’isola d’Ischia e delle acque mine-rali. (1847) - Ristampa con introduzione di GiovanniCastagna - Supplemento de La Rassegna d’Ischia/giugno 1996.

- Pasquale Balestriere - Effemeridi pithecusane - Po-esie - Giugno 1994 (edizione fuori commercio).

- Vincenzo Pascale - Descrizione storico-topografico-fisica delle Isole del regno di Napoli(1796) - Ristampa allegata a La Rassegna d’Ischia,aprile 1999.

- Vincenzo Mennella - Lacco Ameno, gli anni ‘40 -‘80 nel contesto politico-amministrativo dell’isolad’Ischia, gennaio 1999 (edizione fuori commercio).

- Raffaele Castagna - Ischia e il suo poeta CamilloEucherio de Quintiis, allegato a La Rassegnad’Ischia, settembre 1998.

J. É. Chevalley De Rivaz - Déscription des eauxminéro-thermales et des étuves de l’île d’Ischia(1837) - Ristampa in versione italiana curata da Ni-cola Luongo, 1999.

- Philippe Champault - Phéniciens et Grecs en Italied’après l’Odyssée (1906) - Ristampa in versione ita-liana curata da Raffaele Castagna con il titoloL’Odissea, Scheria, Ischia, 1999.

- Il Castello d’Ischia: la rocca fulgente - scritti varied in particolare: Stanislao Erasmo Mariotti - Il Ca-stello d’Ischia (1915) - Raffaele Castagna: Uncenacolo letterario del Rinascimento sul Castellod’Ischia.

- Ischia: un’isola nel Mar Tirreno... - Raccolta diarticoli vari già pubblicati su La Rassegna d’Ischia(storia - archeologia - folclore....), settembre 2000.

- Antonio Moraldi - Ferdinando IV a Ischia (1783-1784) - Ristampa (allegato a La Rassegna d’Ischian. 5/settembre 2001).

- Paolo Buchner - La Villa Reale presso il portod’Ischia e il protomedico Francesco Buonocore(1689-1768) - Ristampa (allegato a La Rassegnad’Ischia n. 5/settembre 2001).

- Associazione Pro Casamicciola - Sotto il sole diCasamicciola - Raccolta di scritti vari sulla cittadi-na isolana, distribuita in occasione del Premio CiroCoppola 2001 (edizione fuori commercio).

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Anno XXIII - N. 3 - Aprile 2002 - Euro 2,00

4 I “parlari” dell’isola d’IschiaStudi di carattere storico-filologico

5 “Beiträge zur Mundart von Ischia”Il primo studio... intorno ad una varietàdel dialetto d’Ischia (Serrara Fontana)

7 Ischia - Serrara Fontana e il suo dialetto

10 La fiaba del serpente

13 Glossario

15 Le visite pastorali dei vescovi d’Ischia(II parte)

27 Tra favola e realtàFrancesco “l’impagliasedie”

28 Bozzetti IschitaniIl letto di Tifeo - La “culata”

32 Girovagando...Le “pietre” dell’isola d’Ischia

La Rassegna d’Ischia

Mensile di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi

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Editore e direttore responsabile Raffaele Castagna

La Rassegna d’IschiaVia IV novembre 25 - 80076 Lacco Ameno (NA)Registrazione Tribunale di Napoli al n. 2907 del 16.2.1980Stampa in proprio Laserprint

La Rassegna d’Ischia 3/2002 3

n. 29034808intestato a Raffaele CastagnaVia IV novembre 2580076 Lacco Ameno (NA)

Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista - La collaborazione ospitatas’intende offerta gratuitamente - Manoscritti, fotografie e disegni (anche se non pubblica-ti), libri e giornali non si restituiscono - La Direzione ha facoltà di condensare, secondo leesigenze di impaginazione e di spazio e senza alterarne la sostanza, gli scritti a disposi-zione. Per eventuali recensioni inviare i volumi.

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I “parlari”dell’isola d’Ischia

studi di caratterestorico-linguistico

«L’isola d’Ischia, già divisa in sei comuni di re-cente unificati e di nuovo in via di spartizione - silegge nel testo di una conferenza tenuta al Cen-tro di Studi Isclani nel 1945 dal dott. GiuseppeBaldino - si distingue a rigore in sette dialetti dif-ferenti per la fonetica: di essi diamo l’area appros-simativa nell’annessa cartina. Non tendiamo,però, determinare dei confini linguistici a guisadi quelli territoriali, perché in realtà non esistonodelimitazioni dialettali, sibbene compenetrazionidi aree diverse paragonabili al moto ondoso. Illessico, però, è uguale per le singole parlate; sonopochi i fonemi e le voci caratteristiche di determi-nate zone linguistiche e non tali da renderci pos-sibile una qualsiasi delimitazione territoriale deiparlanti e, comunque, un giudizio sulla maggioreo minore grecità dei medesimi. Neppure la topo-nomastica ed onomastica ci soccorrono in ciò, poi-ché i nomi greci dell’una e dell’altra branca sonosparsi, frammisti ai latini, per tutta l’isola.

Quanto alla pronunzia, i parlari più facili edeufonici si riscontrano lungo la costa settentrio-nale (Ischia, Casamicciola, Lacco), maggiormen-te aperta al traffico e frequentata da forestieri nel-l’antichità come al presente. Ad occidente seguo-no le aree di Forio e Panza dai caratteristici suonischiacciati più o meno e dai frequenti marcati dit-tonghi. Il parlare diventa più oscuro e più sensi-bili si fanno le differenziazioni fonetiche manmano che, varcata la barriera centro-occidentale

4 La Rassegna d’Ischia 3/2002

1) - Giovanni Castagna - Guida grammaticale del dialetto forianoletterario - 1982- Giovanni Maltese - Poesie in dialetto foriano: Cerrenne I, II, III;Ncrocchie; Sonetti; Poesie inedite - Ristampa con introduzione,note, commento e versione in italiano a cura di G. Castagna - 1988.

dell’Epomeo, siprocede verso sud.I casali rurali diSucchivo, Ciglio,Serrara-Fontanae S. Angelo, con-servano le caratte-ristiche glottichedei parlari meri-dionali (siciliani)e soprattutto lanotevole nasaliz-zazione dittongaleche si va poi atte-nuando con l’a-vanzare verso l’in-terno.. I distretti

montani di Moropano, Barano, Pieio e Fiaianohanno del foriano e dell’isclano, ma del primo nonhanno l’asprezza (suoni schiacciati e dittonghi),né dell’altro la fluidità. Il dialetto di Campagna-no è un baranese (meglio piejese) attenuato moltoprossimo all’isclano. Procida, infine, ritiene le ca-ratteristiche fonetiche dei paesi meridonali dellavicina Ischia». (Giuseppe Baldino - Sostrato arcai-co della lessicografia isclana, 1945).

Già in passato abbiamo dedicato spazio a questoaspetto della lessicografia isclana, pubblicando, fral’altro, uno specifico testo sul dialetto foriano (richie-stoci anche da studiosi universitari) e la ristampadelle opere poetiche del foriano Giovanni Maltese(1). In questa sede vogliamo proporre all’attenzioneuno studio (“rigorosamente filologico” lo definisce ilcitato Baldino), della dott. Ilse Freund, allieva delRohlfs a Lipsia, sul dialetto di Serrara Fontana daltitolo “Beiträge zur Mundart von Ischia” (il testo èin tedesco), pubblicato nel 1933, con materiale rac-colto a Serrara Fontana. Nella prefazione l’autriceringrazia quanti l’hanno aiutato nel lavoro: il par-roco Mario Iacono e il fratello ins. Stefano Iacono;ed inoltre Brigida Mattera (frazione Calimera) e lenipoti Bigina e Pierina, Teresa di Mast’Antonio diFontana (78 anni) e la sorella Agnesina, Giuseppi-na Iacono di Fabio di Fontana.

Mentre è in preparazione la traduzionecompleta del libretto, curata da NicolaLuongo, riportiamo la parte introduttiva,un racconto trascritto in appendice, ilglossario ed un commento di GiovanniCastagna

r. c.

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«Beiträge zur Mundart von Ischia» - Contributi sul dialetto d’Ischia

Il primo studio rigorosamente filologicointorno ad una varietà del dialetto

di Ischia (Serrara-Fontana)

di Giovanni Castagna

La tesi di dottorato di Ilse Freund, «Beiträge zurMundart von Ischia», presentata all’università diTübingen nel novembre del 1932, relatore il profes-sore Gerhard Rohlfs, e pubblicata nel 1933 fu, se-condo l’espressione del professor Giuseppe Baldino,“il primo studio rigorosamente filologico intorno aduna varietà del dialetto di Ischia (Serrara-Fonta-na)”. Fino ad allora, continuava Baldino, solo rari etimidi accenni linguistici sulle parlate ischitane.

Clemente Merlo, recensendo il saggio (in L’ItaliaDialettale, 1938) affermò che Freund aveva scrittosulla falsariga del suo maestro. Dando al termine“falsariga” l’accezione di princìpi metodologici, cisembra opportuno trascrivere la “profession de foi”che Rohlfs riportò nella prefazione all’edizione ita-liana nel 1966 della Historische Grammatik der Ita-lieniscen Sprache und ihrer Mundarten: «In questagrammatica l’autore ha tentato di concertare il me-todo storico con il metodo geografico e con la rap-presentazione descrittiva, associando così, in quan-to fosse possibile, la linguistica diacronica (cioè evo-lutiva e storica) alla linguistica sincronica, cercan-do di dare una trattazione dei fenomeni il più possi-bile chiara e sistematica. Questa grammatica vuolessere “a naturalistic history of Italian” (Leo Spit-zer), dando “a full documentation from all stages ofthe literary language from the dialects” (Robert AHall)». (1)

In altri termini, secondo la definizione del profes-sor Mario D’Elia, «Lo studio descrittivo e storico dellalingua e dei dialetti d’Italia, nella concezione di Rohl-fs, è legato dai più intimi rapporti con il vivo dell’in-chiesta dialettale e con la partecipazione, starei perdire, sanguigna, dell’esploratore al dialogo con gliinformatori». (2)

È il metodo che segue Ilse Freund e sul quale ri-torneremo in un nostro prossimo intervento.

Ad Ischia, il primo a parlare della Freund fu ilprofessor Giuseppe Baldino in Sostrato arcaico del-la lessicografia isolana, in una conferenza tenuta alCentro di Studi su l’isola d’Ischia nell’aprile del1945. (3)

L’illustre studioso, rivendicando al «Sinus Cuma-no il primo e più efficiente focolaio di ricezione ed’irradiamento della civiltà greca nel Mediterraneooccidentale» (Ischia in particolare), mentre i filologitedeschi lo fissavano in Calabria e in terra d’Otran-to, “cioè nelle punte estreme della penisola”, si sfor-zava di “dare l’etimo greco e latino della maggiorparte dei toponimi e dei patronimici” e di ritrovarea Ischia “le tracce o risonanze dell’antica koinè gre-ca”, senza, peraltro, tener conto né dell’epoca in cuiil termine risulta per la prima volta attestato nédell’osservazione della Freund stessa, la quale, neldare un breve elenco di termini in cui si rivela an-cor viva l’origine greca nelle parole di Fontana, af-ferma “è del tutto trascurabile la domanda se sianopresenti relitti o parole importate”.

Il saggio di Ilse Freund fu molto importante siaper lo stesso Rohlfs sia per tutti quelli che s’interes-sarono alla dialettologia, ma stranamente quasisempre le forme della parlata di Fontana, analizza-te dalla Freund, sono riferite alla parlata di Forio o,genericamente, a quella di Ischia: si veda Rohlfs,Devoto-Giacomelli, Pavao Tekavcic (4)

Sono, infatti, 1100 le forme analizzate nel saggio,fra cui 669 sostantivi, 221 forme verbali, 35 nomipropri di cui 21 nomi di luogo, 60 aggettivi qualifi-cativi e 33 avverbi, nonché pronomi ed altri aggetti-vi, numerali e preposizioni.

Alla fine del suo studio, Freund riporta La fiabadel serpe, raccolta dalla viva voce di una narratricedel luogo, trascritta foneticamente e tradotta.

1) Gerhard Rohlfs, Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei suoi Daletti, I Fonetica, II Morfologia, III Sintassi e formazionedelle parole, Giulio Einaudi editore. La citazione è tratta da I Fonetica, p. XXI. Nato a Berlino il 14 luglio 1892, morto a Tübingen il12 settembre 1986, professore di filologia alle Università di Tübingen e di München. Molti i suoi studi nel campo delle lingue e deidialetti della Romània, un lavoro che lo tenne impegnato dal 1921, quando “trentenne conduceva le prime inchieste dialettali nell’Ita-lia meridionale. Fino alla sua scomparsa”.2) Mario D’Elia, Gerhard Rohlfs, in Sallentum, rivista quadrimestrale di cultura e civiltà salentina, E.P.T. Lecce, Anno IX, Nn. 1-2-3, Gennaio-Dicembre 1986, pp 5-6.3) Giuseppe Baldino, Sostrato arcaico della lessicografia isolana, conferenza tenuta nell’aprile 1945 al Centro di Studi su l’Isolad’Ischia, pubblicata nel 1947, Napoli, Stab. Tipo-Lito Manzoni&De Lucia, Piazzetta Trinità degli Spagnoli.4) G. Devoto-G. Giacomelli, I dialetti delle regioni d’Italia, Sansoni Università, 1975. – Pavao Tekavcic, I Fonematica, II Morfosintassi,III Lessico, Il Mulino Bologna.

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La fiaba comporta nella parte finale elementi similialla fiaba di Procida Re Tamburo. (5)

Nella fiaba procidana un giovane cerca una giovi-netta per i servizi ed una povera ragazza, su consi-glio materno, si presenta e viene assunta. Le com-pagne le chiedono il nome del giovane, lei non lo sae, spinta dalle compagne, glielo chiede, ma il giova-ne dice che se le rivela il suo nome succederà unabrutta cosa. Le insistenze delle compagne costrin-gono la giovane a ridomandare il nome al signore;“Re Tamburo”, risponde il giovane e subito diventaun colombo, svolazzando via. La giovane si disperaed un bel giorno lo rivede e viene a sapere che è

6 La Rassegna d’Ischia 3/2002

sposato. Appare, allora, una fata alla giovane inpianto e le dà tre palline, palline che svolgono lastessa funzione della noce, della nocciola e della ca-stagna della “Fiaba del serpe”, anche se con qual-che elemento diverso: chioccia e pulcini d’oro (nelledue fiabe), poltrone e poltroncine d’oro, porca e por-cellini d’oro (in “Re Tamburo”); aspo ed arcolaio d’oro(in “La fiaba del serpe”). Nelle due favole è presente“nu scurparo” che favorisce lo scioglimento della fa-vola: i due partono insieme e la moglie si dispera(“Re Tamburo”); la regina parte e i due “fecero unavita felice” (“Fiaba del serpe”). Lo schema seguenteevidenzia le similitudini e le differenze:

Il testo della fiaba comporta 952 parole, fra le quali556 parole autosemantiche, che si riducono a 139vocaboli (59 sostantivi, 51 verbi, 24 avverbi e sol-tanto 5 aggettivi qualificativi). È un documentomolto importante, che, con i Lieder, Proverbi e In-dovinelli, raccolti e foneticamente trascritti dalla

Freund, ci permette di conoscere la parlata fonta-nese all’inizio del XX secolo e ci dà la possibilità diutili confronti con alcuni testi letterari (poesie) diFlorindo Matarese e di “Spupulianne”, una speciedi “Cerrenne” di Fontana: due piccoli volumi di so-netti, pubblicati anonimi nel 1905 e 1907, che pren-dono soprattutto di mira il poeta Matarese e l’am-ministrazione comunale, nonché con i testi in par-lata foriana della fine del ‘700, trascritti da D’Ascia,i testi di Maltese ed altri poeti dialettali.

5) C. Borgogna-L. Di Luccio in collaborazione con gli allievidel S.M.S «A.Capraio» di Procida, Dialetto e lingua a Procidaun’esperienza didattica, XXIV Distretto Scolastico delle Iso-le di Ischia e Procida, 1998, pp.28-31.

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Agostino Di Lustro

II parte

Abbreviazioni più comuni:

ACC = Archivio Congregazione del Concilio

ADI = Archivio Diocesano d’IschiaADP = Archivio Diocesano

di PozzuoliASN = Archivio di Stato di NapoliASV = Archivio Segreto Vaticano.

Con l’episcopato (63) di Francesco di Nicola (1872-1885) la visita pastora-le assume un aspetto diverso dalle precedenti per le vistose novità che vi siriscontrano. La più importante di esse è la comparsa, per la prima volta,del questionario, anzi dei questionari, che verranno ripresi, quasi di sanapianta, dai successivi vescovi fino alla pubblicazione del Codice di DirittoCanonico nel 1917. La santa visita di di Nicola, indetta il 15 ottobre 1872ed aperta il 27 successivo, può considerarsi chiusa solo il 1° giugno 1876 edè durata complessivamente cinquantasei giorni. La documentazione relati-va è composta da un grosso volume manoscritto in folio di ben duecento-ventuno fogli (64) e dai decreti raccolti in un volumetto a stampa (65). Aquesti bisogna aggiungere undici volumi dello stato generale d’anime dellesingole parrocchie richiesto dal questionario.

La visita pastorale fu uno dei primi atti del nuovo vescovo, arrivato indiocesi l’11 febbraio 1872 come coadiutore del vescovo Romano, che trascor-se gli ultimi mesi della sua vita nella natia Torre del Greco perché grave-mente ammalato, e poi divenuto vescovo residenziale alla morte del Roma-no (3 agosto 1872). La visita si svolse in due momenti. Nel primo, che va dal27 ottobre 1872 al 14 aprile 1874, il vescovo visitò tutta la sua chiesa ren-dendosi conto del suo stato ed emettendo una serie di decreti particolari econtingenti, necessari al bene delle anime ed al decoro del culto divino: inciò impiegò diciannove giorni per Ischia, sei giorni per Forio, due per Bara-no, due per Serrara ed uno rispettivamente per Fontana, Testaccio, Moro-pane, totale trentanove giorni. Il vescovo visitò personalmente tutte le chiesead eccezione di qualche cappella di scarsa importanza. Questa prima partedella visita è descritta minuziosamente dagli Atti. La seconda parte fu qua-si una occasione di “verifica”, cioè il vescovo volle rendersi conto se, e fino ache punto, i decreti emanati fossero stati eseguiti. Essa durò solo diciasset-te giorni, dal 25 ottobre 1875 al 1° giugno 1876, ed anche questa volta fucondotta personalmente dal vescovo, che solo per qualche cappella secon-daria o situata in luoghi piuttosto impervi si fece sostituire da un convisita-tore e dal parroco della zona in cui sorgeva la cappella. In questo secondomomento nella maggior parte dei casi si limita a lodare la diligenza con cuisono stati eseguiti i decreti particolari e, dove ciò non è accaduto, e si trattadi pochi casi, ribadisce i decreti precedenti e le eventuali sanzioni discipli-nari per i trasgressori. Di questa seconda visita, che ho chiamato di “verifi-ca,” non è stato steso un resoconto particolare, ma essa è annotata al termi-ne degli atti della prima, in poche righe.

Nell’editto di indizione della visita il vescovo, dopo aver ricordato il grave

63) Acta S. Visitationis Dioecesis Isclanae, parte I e parte II.64) Decreta Generalia ab Ill.mo et Rev.mo Domino Francisco di Nicola Episcopo in SuaPrima S. Visitatione edita, Neapoli ex Tipographia et Libraria Sacrae Familiae 1876, pp. 1-40.65) 0. Buonocore, op. cit., p. 54.

Le Visite Pastorali

dei Vescovi d’Ischia

La Rassegna d’Ischia 3/2002 7

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8 La Rassegna d’Ischia 3/2002

Veduta del Castello

dovere del pastore, ribadito con forza dal Concilio di Trento, di visitareperiodicamente la sua chiesa, annuncia gli obiettivi che si prefigge di rag-giungere. Li possiamo sintetizzare nel modo seguente:1) vigilare sulla integrità della fede cattolica per preservarla dagli errori;2) conservare i buoni costumi e correggere quelli deviati;3) indirizzare i fedeli alla retta sequela della religione, alla conservazionedella pace e dell’onestà della vita;4) preordinare tutto al bene dei fedeli, esortandoli ad eliminare gli abusi, eriformare i costumi con premura ed affetto di vero padre e pastore.

Esorta ancora i fedeli a collaborare con il vescovo in questo difficile com-pito, proprio del pastore, per alleviarlo dal peso grave del governo pastora-le della diocesi. Comunica che a quanti parteciperanno ai riti, che si svolge-ranno nel corso della visita, impartirà la benedizione apostolica concessa-gli da Pio IX, e concederà l’indulgenza plenaria. Esorta ancora i parroci apreparare i propri filiani a ricevere la cresima che amministrerà nel corsodella visita e conclude chiedendo al popolo preghiere per la buona riuscitadella visita, implorando l’aiuto e la protezione di Maria e degli Apostoli.

Nel corso della visita il vescovo non è accompagnato sempre dagli stessiconvisitatori. Infatti mentre il penitenziere Antonio Sersale, nella sua qua-lità di segretario, è sempre presente, i convisitatori sono due dei seguenticanonici: primicerio Pasquale Mazzella, Vito Castaldi, Domenico Garofalo,Agnello Tirabella, Giovanni Manzi, arcidiacono Marcantonio Sorrentino,Giovanni Taliercio. Il cerimoniale che viene seguito per le chiese parroc-chiali, o per quelle non parrocchiali più importanti, è quello indicato nelpontificale romano. L’ingresso nei vari comuni e loro frazioni è sempre so-lenne con processione ed uso del baldacchino, suono di campane ecc., ed inquasi tutti i casi il vescovo rivolge la sua parola al popolo, riceve il baciodella mano in segno di obbedienza da parte del clero, amministra la cresi-ma. Per Forio l’ingresso solenne e la cerimonia di apertura si svolsero nellachiesa di S. Maria di Loreto, come da antica tradizione. Dopo i riti prelimi-nari, ha inizio la visita vera e propria nel corso della quale il vescovo osser-va tutto quanto si conserva in chiesa e la statica della stessa ed emana idecreti necessari al buon funzionamento ed al decoro del luogo sacro. Solo

e della Città d’Ischia - acquaforte acquerellata di Ignoto sec. XIX

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Lo Statutodel Capitolo cattedrale

raramente celebra la messa senza alcuna solennità particolare. A Forio, altermine della visita, oltre ad amministrare la cresima nella chiesa di SantaMaria di Loreto, visita le scuole di dottrina cristiana, consacra altari, com-pone dissidi e vari scandali pubblici e privati e quindi emana vari decretisugli oneri di messe, i libri parrocchiali, la disciplina del clero.

Negli spostamenti il vescovo si serve sempre della carrozza e nei giornidella sua visita a Forio non vi si ferma a pernottare, perché il convento diSan Francesco, dove una volta i vescovi fissavano la loro residenza durantela visita, non esiste più per l’incameramento dei beni ecclesiastici in segui-to alle leggi eversive del 1866.

Il vescovo visita le parrocchie, che allora erano 13: 3 nel comune di Ischia,2 in quello di Barano, 1 in quello di Testaccio, 2 in quello di Serrara-Fonta-na, 3 in quello di Forio, 1 a Lacco ed 1 a Casamicciola; i due Capitoli: quellodella Cattedrale e quello della Collegiata dello Spirito Santo e S. Vito; unmonastero femminile: S. Maria della Consolazione di Ischia del SecondoOrdine Francescano; le chiese, gli oratori e cappelle rurali che sono, com-plessivamente 87 così ripartite: Ischia 19, Barano 15, Serrara Fontana 10,Forio 24, Lacco 10, Casamicciola 9. Di esse il vescovo visita gli altari, deiquali dà i titoli, i confessionali, il battistero, i sacri olii, le reliquie, il coro edi libri corali, la sacrestia e sacre suppellettili in essa conservate, l’interocorpo della chiesa, il campanile. Oltre al resoconto della visita dei luoghi,questi Atti, al termine della visita delle singole chiese, riportano anche ilquestionario e le relative risposte: inventario dei beni e della suppellettilesacra, i documenti più importanti che ad esse si riferiscono. Bisogna notareperò che non per tutte le chiese vi sono le risposte ai questionari, anzi man-cano anche per qualche parrocchia. In totale vi sono le risposte a soli cin-quanta quesiti che però si riferiscono tutti a luoghi sacri perché ai parrocivengono inviati due questionari: uno sulla chiesa ed uno sul proprio benefi-cio. Inoltre vi sono questionari, e le relative risposte, per i vari organi cen-trali della diocesi. Non tutti i responsabili delle chiese, siano essi ecclesia-stici o laici, hanno risposto ai questionari perché mancano le risposte rela-tive ad almeno trentasette chiese o cappelle. Tra l’altro non vi sono le rispo-ste delle parrocchie di S. Sebastiano di Barano e S. Giorgio di Testaccio,mentre di qualche confraternita vi sono le risposte date dal cappellano equelle date dal priore. È difficile dire se la mancanza delle risposte ai que-stionari, relative ad un elevato numero di luoghi sacri, sia da attribuireall’estensore degli atti, o piuttosto all’incuria degli interessati che non sisono preoccupati di inviare al vescovo le risposte. Sta di fatto che dellerisposte mancanti non esistono tracce, né sappiamo se il vescovo abbia ri-chiamato qualcuno per questa mancanza.

Caratteristica di questi atti è la trascrizione di vari documenti di partico-lare rilevanza storica che si riferiscono alle varie chiese. Infatti di alcunesono trascritti i più importanti documenti pontifici relativi alle origini del-la chiesa oppure alle indulgenze, ai privilegi e rescritti. Delle confraternitesono trascritte le “Capitolazioni”, o statuti, approvati dall’Autorità civilenel secolo precedente e che noi troviamo in copia anche nell’Archivio delCappellano Maggiore nell’Archivio di Stato di Napoli. Delle diciassette con-fraternite o pii monti allora esistenti nella diocesi d’Ischia, sono trascrittele capitolazioni di cinque.

Sempre in tema di statuto, bisogna notare che il vescovo finalmente riu-scì a dotare il Capitolo di un vero e proprio statuto, o costituzioni, colmandoun vuoto che né i sinodi, né le precedenti sante visite erano riuscite a col-mare. Ho già detto che il vescovo Sebastiano De Rosa nel 1780 aveva dotatoil Capitolo di un primo regolamento che non era un vero e proprio statuto,ma solo una “convenzione” proposta liberamente dagli stessi Capitolari perregolare lo svolgimento delle funzioni capitolari onde evitare malintesi emalcontenti. Queste poche norme dovevano valere «come Statuto partico-lare, o sia capitolare convenzione, seu Costituzione di questa Nostra Catte-drale chiesa d’Ischia, ed abbia perciò sempre il suo vigore di obbligare tutti

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10 La Rassegna d’Ischia 3/2002

I questionari propostiper la visita pastorale

i Reverendi Signori Capitolari tanto i presenti, quanto i futuri» (66). Sicompone di solo quattro articoli che trattano delle funzioni che deve cele-brare il primicerio o l’arciprete; del modo di celebrare le esequie e le proces-sioni; le funzioni che spettano al canonico ebdomadario, dell’assistenza,delle dignità e dei canonici durante il pontificale del vescovo. Queste normesolo in parte sono state ribadite dallo “statuto” del 1873.

Nel 1872 il vescovo nominò una commissione formata dai canonici Fran-cesco Mazzella, Antonio Sersale, Gaetano Romolo e Cristoforo Milone perpreparare tale statuto. La commissione lo presentò al vescovo il 14 settem-bre 1873 che, a sua volta, ne chiese l’approvazione alla S. Congregazionedel Concilio che lo approvò definitivamente il l° ottobre 1874 (67). Si dividein quattordici capitoli, per complessivi cento articoli, nei quali si tratta del-la natura e della ragione dell’esistenza del Capitolo cattedrale, delle digni-tà e dei vari uffici, dell’ufficio divino, delle distribuzioni quotidiane, delleinsegne capitolari, delle riunioni, degli officiali, della comminazione dellemulte, degli obblighi, delle funzioni avventizie, degli ebdomadari e dei qua-rantisti. Infine vi sono quattro tabelle che riguardano le funzioni ed il mododi farle da parte del Capitolo in certi giorni particolari. La veste latina aqueste costituzioni fu data dal canonico Cristoforo Milone (68).

L’originalità di questa visita, però, sta certamente nel questionario, anzinei questionari dal momento che sono diversi: uno per il Capitolo dellaCattedrale e della Collegiata con ventuno quesiti diversi; uno per gli ebdo-madari e quarantisti di appena tre quesiti; due per i parroci: uno che ri-guarda la chiesa parrocchiale di ventitré quesiti (ma quello della parroc-chia della cattedrale ne ha trentasette), gli stessi rivolti ai rettori e cappel-lani di chiese, confraternite, cappelle; uno riguardante la persona del par-roco e suo beneficio, di ventotto quesiti; ai priori delle confraternite vienesottoposto un questionario di sedici quesiti; quello delle Monache presentatredici quesiti; quello rivolto agli officiali della Curia Vescovile presentasette quesiti; quello rivolto al rettore del seminario, cinque quesiti. In tota-le abbiamo nove questionari diversi, compreso quello per il curato dellaCattedrale che differisce in alcuni punti dagli altri, per complessivi cento-cinquantatrè quesiti diversi, anche se alcuni trattano argomenti comuni atutta la serie dei questionari.

Anche se scopo della presente ricerca non è la presentazione di un rege-sto sistematico di questa e delle altre visite, tuttavia ritengo opportunosoffermarmi brevemente su tali questionari perché le successive visite nonfaranno altro che riproporre, con qualche piccola e casuale modifica, lo stessoquestionario del vescovo di Nicola. Ci interessano particolarmente quellirivolti ai parroci e rettori di chiese, per quanto riguarda le chiese, parroc-chiali e non, e quelli rivolti ai soli parroci relativi alle loro persone ed al lorobeneficio.

Le ventitrè domande del primo questionario possiamo così raggrupparle:1) notizie storiche sulla chiesa e suo stato giuridico; il canto che vi si usa

durante le celebrazioni liturgiche; notizie sulla eventuale consacrazionedella chiesa ed indulgenze di cui gode;

2) descrizione delle chiese e degli altari con notizie ad essi relative edeventuali obblighi di messe;

3) cappella del SS.mo Sacramento;

66) Copia di questo “statuto”, come ho già detto, ed è l’unica in nostro possesso, si conservanelle carte Rosini dell’Archivio Vescovile di Pozzuoli. La “convenzione” fu stipulata dalCapitolo in presenza del vescovo il 3 luglio 1780 e fu promulgata il 13 ottobre successivo.La prefazione delle costituzioni capitolari, redatta al tempo dal vescovo di Nicola, non faalcun riferimento a questa “convenzione” di De Rosa.67) Isclanae Cathedralis Ecclesiae Capitulares Constitutiones recognitae et approbatae abill.mo et rev.mo Domino D. Francisco di Nicola eiusdem Ecclesiae Episcopo in SanctaVisitatione anno Domini 1873 Apostolica etiam Autoritate munitae die 14 septembris 1874,Isclae Tipys Antonii Cenatiempo 1898.68) 0. Buonocore, op. cit., p. 57.

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Stemma del vescovo di Nicola

4) esistenza dell’organo e suo stato; pulpito e notizie sulla pre-dicazione che si effettua nel corso dell’anno;

5) sepolture e cimiteri;6) campanile e suo stato; se le campane siano consacrate o be-

nedette e se vengano usate per usi profani;7) confessionali e loro stato;8) presenza nella chiesa di confraternite o altre associazioni che

possano arrecare disturbo alle funzioni della chiesa;9) sacrestia: sua descrizione; descrizione delle suppellettili in

essa conservate; eventuali rendite e loro amministrazione;10) reliquie;11) patrimonio della chiesa e sua amministrazione;12) obblighi di dotazione di messe; se esiste in sacrestia la ta-

bella degli obblighi;13) funzioni sacre che si svolgono in chiesa;14) personale al servizio della chiesa;15) eventuali abusi esistenti nella chiesa, sia da parte dei preti

che dei fedeli, che debbano essere corretti o eliminati.

Il secondo questionario si riferisce alla persona del parroco ed al beneficiodel quale è titolare. I quesiti vertono sui seguenti argomenti:

1) notizie biografiche del parroco;2) natura ed origine della parrocchia e descrizione degli antichi ed attuali

confini;3) emolumenti percepiti dal parroco, descrizione della congrua, stato at-

tivo e passivo della parrocchia;4) assistenza ai poveri e provenienza dei fondi a ciò destinati;5) residenza ed attività del parroco;6) se applica le messe pro populo;7) notizie sugli economi della parrocchia;8) anagrafe parrocchiale e sua custodia;9) amministrazione dei sacramenti;10) catechesi in preparazione ai sacramenti;11) matrimonio: dove viene celebrato, se si fa il processetto, coabitazione

dei fidanzati prima del matrimonio, eventuali matrimoni civili;12) conservazione dei Sacri Olii, assistenza ai moribondi, esequie, osser-

vanza della “bolla piana” da parte dei medici;13) feste, processioni, predicazione;14) nota degli ecclesiastici, degli eremiti, bizzoche, ecc.;15) note delle chiese, cappelle, confraternite, ecc. esistenti nel territorio

della parrocchia;16) compilazione dello stato delle anime;17) stato spirituale e morale della parrocchia.Da questi due questionari il vescovo deve ricavare il quadro esatto di ogni

parrocchia che non potrebbe conoscere invece nel corso della visita dal mo-mento che si ferma nelle singole parrocchie così poco tempo. La veridicitàdella situazione generale di una parrocchia, quale si evince dalle risposteai quesiti, è direttamente proporzionale alla scrupolosità dimostrata daiparroci nel preparare le risposte. Nel nostro caso si ha l’impressione che gliinteressati siano stati abbastanza scrupolosi nel preparare le risposte.

I quesiti rivolti ai priori delle confraternite, ai quali solo qualcuno rispon-

de, possiamo così riassumerli:

1) fondazione, opere pie, statuti dei quali si chiede la copia;2) insegne;3) aggregazione degli iscritti;4) il padre spirituale;5) opere di carità, processioni, privilegi ed indulgenze di cui si chiedono

copie dei documenti relativi;6) ufficiali, loro elezione ed eventuale conferma da parte del vescovo;

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12 La Rassegna d’Ischia 3/2002

L’istruzione religiosa

7) stato patrimoniale, entrate ed uscite e se vengono presentate al vesco-vo per l’approvazione;

8) pesi vari e loro adempimenti;9) inventario dei beni mobili e stabili.

I quesiti rivolti al Capitolo seguono la stessa falsariga:1) notizie di carattere generale sulla fondazione, la conformazione del

Capitolo, abiti corali ed assistenza ai pontificali del vescovo;2) officiatura corale;3) elezione delle cariche interne;4) puntature e puntatori;5) rendite, obblighi vari, celebrazione delle varie messe;6) feste e processioni;7) inventario delle suppellettili;8) adunanze del Capitolo, archivio.

Gli ebdomadari ed i quarantisti vengono interpellati sui titoli ed i privile-gi, sugli obblighi e loro soddisfazione e sullo stato patrimoniale.

Alle Monache si chiedono notizie su:1) fondazione e conformazione del monastero;2) se esiste l’educandato;3) osservanza della clausura;4) elezione della badessa;5) confessori, cappellani ed altri addetti laici al monastero;6) stato patrimoniale del monastero.

Al personale della Curia vescovile il questionario chiede notizie sulle loropersone, sull’inventario delle carte dell’archivio, sull’esistenza del registrodei vari atti e sulle tasse che si esigono per i diversi atti emanati dallaCuria.

Al rettore del Seminario si chiedono notizie di carattere generale sullostesso, sulle regole che vengono osservate dai seminaristi; sul numero deglialunni e la pensione che essi pagano; sui professori ed il loro insegnamento;sui deputati, i superiori ed il personale di servizio; sullo stato attivo e pas-sivo e l’inventario dei beni e delle suppellettili.

Dalle varie risposte pervenute, e da quello che il vescovo ha visto di per-sona nel corso della sua duplice visita, può avere una visione chiara e gene-rale della situazione della sua chiesa e di quello che dev’essere corretto ecambiato. Egli avverte la mancanza di una legislazione sinodale modernaed adeguata alla situazione presente per cui cerca di sopperirvi, almeno inparte, con la pubblicazione di alcuni decreti di carattere generale. Questi sidividono in quindici capitoli per un totale di centocinquantotto articoli chetrattano i seguenti argomenti: i parroci, i vicari foranei; i vari sacramenti,il sacrificio della messa, le chiese, la dottrina cristiana, la predicazione, isacerdoti.

In questa sede non si possono esaminare a fondo le risposte date dai par-roci e dai rettori di chiese, soprattutto dai primi, ai quesiti dei questionariloro sottoposti, dai quali si possono trarre utilissime indicazioni sulla vitareligiosa, sulla pietà e sullo stato spirituale e materiale della chiesa iscla-na. Sarebbe necessario una trattazione sistematica ed approfondita sì dapresentare un quadro chiaro e preciso. Tuttavia non si può non accennare,anche se sommariamente, a qualche aspetto della vita religiosa e moraledel popolo ischitano ed in modo particolare all’istruzíone religiosa, alla pre-dicazione, alla frequenza dei sacramenti, all’osservanza del precetto festi-vo, ai matrimoni civili ed alla convivenza prematrimoniale.

L’istruzione religiosa, compito specifico di chi ha cura d’anime, viene fat-ta nei giorni festivi dal parroco, dai suoi collaboratori ecclesiastici, e spesso

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La predicazione

anche laici, dai rettori di alcune chiese rurali. Il parroco, durante la messa,tiene l’omelia ed al pomeriggio spiega il catechismo ai bambini e fa l’istru-zione ai grandi. La maggior parte dei parroci per il catechismo si serve deltesto del card. Giuseppe Spinelli (69). Alcuni alternano anche il testo delvescovo Carlo Maria Rosini (70), o qualche altro ancora, come quello delcard. Roberto Bellarmino (71). Oltre il normale corso di catechismo, si svol-gono anche corsi di preparazione sia alla prima comunione che alla cresimaed anche i fidanzati spesso vengono istruiti sulle principali verità dellafede e sui doveri che comporta il matrimonio. Il popolo frequenta sia il cate-chismo che l’istruzione. Il parroco di S. Sebastiano di Forio, Giuseppe Milo-ne, si lamenta del fatto che, trovandosi la sua sede parrocchiale ospitatanella chiesa di S. Antonio Abate e mancando di spazio, il catechismo nonpuò essere impartito a classi e sessi separati e che l’istruzione è frequenta-ta maggiormente dalle donne, mentre gli uomini, che pure desiderano par-teciparvi, non riescono a trovare posto nella chiesa.

La predicazione, oltre quella ordinaria del parroco, dei cappellani di alcu-ne confraternite e dei rettori di alcune chiese, si svolge in occasione di nove-ne o feste nelle varie chiese. La predica di Avvento e Quaresima, che fino adalcuni anni prima si teneva nelle chiese principali a spese dei Comuni e,prima di essi, delle Università (72), dal 1860 circa non viene più effettuataperché i Comuni non pagano più il predicatore per simili occasioni. Da que-sta visita risulta che solo il comune di Ischia paga ancora il predicatore cheogni giorno tiene al pomeriggio il quaresimale nella Cattedrale. Nelle altreparrocchie, o chiese principali dei vari paesi, la predica quaresimale si svolgesolo in giorni stabiliti da parte di qualche predicatore forestiero, invitato epagato dal parroco, o da sacerdoti del luogo che ricevono qualche emolu-mento secondo disponibilità finanziarie del parroco. La predica dell’Avven-to non si effettua più in nessuna chiesa. Il Parroco di S. Domenico, anzi,afferma che non vi è predicazione nella sua chiesa, anche perché il popolodi domenica frequenta poco la chiesa parrocchiale, e nei giorni feriali nonla frequenta affatto, tanto che non benedice neppure le ceneri dal momentoche celebra con la presenza in chiesa del solo inserviente.

69) Sul card. Giuseppe Spinelli, arcivescovo di Napoli dal 1734 al 1754, cfr. R. Ritzler, P.Sebrin - Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, vol. V (Padova 1957) p. 173 e nota7; vol. VI (Padova 1958) pp. 7-8 nota 53, 304: ed anche R. De Maio, op. cit., pp. 205 e ss. Iltesto del catechismo di Spinelli è introvabile nelle maggiori biblioteche napoletane. Unacopia priva del frontespizio pare che si trovi nell’Archivio dei Padri della Missione (Verginisti)di Napoli (ringrazio vivamente l’amico e collega prof. Angelo d’Ambrosio per le notiziefornitemi sullo Spinelli ed il suo catechismo). Sul Catechismo del card. Spinelli cfr. C.Sarnataro: La catechesi a Napoli negli anni del card. Giuseppe Spinelli (1734-1754), cit.70) Carlo Maria Rosini fu vescovo di Pozzuoli (1797-1836), Cappellano Maggiore del Re-gno, e, dal 1803 al 1818, ebbe la supervisione sulla chiesa d’Ischia (cfr. A. Di Lustro, op.cit., p. 54). Il titolo del catechismo è il seguente: Compendio della Dottrina Cristiana pub-blicato per ordine dell’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Carlo M. Rosini Vescovodi Pozzuoli adottato dalla Pubblica Istruzione per uso degli Istituti e Scuole Private, Napoli1845, pp. 199. Una seconda edizione fu pubblicata nel 1861. Sulla figura di umanista delRosini cfr. S. Cerasuolo, N. Capasso, A. D’Ambrosio - Carlo Maria Rosini (1748-1836) unumanista flegreo tra due secoli, Napoli 1986; e ancora D. Ambrosi - A. D’Ambrosio: LaDiocesi e i Vescovi di Pozzuoli, Napoli 1990, pp. 340-356 con la ricca bibliografia.71) S. Roberto Bellarmino (1542-1621) sull’argomento pubblicò nel 1592: Dottrina cristia-na breve, e nel 1598: Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana e istruzioni per iSacramenti, come sono pubblicate nell’edizione napoletana, R. Bellarmino, Opera omnia,VI, Napoli 1862. Cfr. anche A. Lapple: Breve storia della Catechesi, Brescia 1985 p. 139 ess.72) Le Provvisioni del Collaterale e gli atti notarili dei secoli XVII e XVIII sul fitto dellevarie gabelle, sono disseminati di notizie sulle somme che ogni anno le Università stanzia-vano per le prediche durante il periodo dell’Avvento e della Quaresima che rientravanonello “stato discusso” delle Università. Cfr. P. Villani - Mezzogiorno tra riforme e rivoluzio-ne, Bari 1974 p. 145 e ss.

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14 La Rassegna d’Ischia 3/2002

Il riposo festivo

La frequenzadei sacramenti

Costumi ecomportamenti

Il riposo festivo viene osservato in tutte le parrocchie; tuttavia alcuniparroci segnalano certi “abusi”. Quello della cattedrale fa presente che dal1860 il riposo festivo non è osservato perché il traffico delle barche, ed iltrasporto delle merci, si svolge nei giorni festivi come in quelli feriali. Lastessa lamentela viene dal curato della Collegiata dello Spirito Santo e S.Vito, specialmente per la zona di Villa dei Bagni (cioè l’attuale zona di IschiaPorto) ed in modo particolare per i pescatori che, secondo l’antica consuetu-dine, non andavano a pesca il sabato sera mentre ci andavano la domenicasera. Alcuni ora escono per la pesca sia il sabato che la domenica sera.Inoltre, sempre a Villa dei Bagni, non osservano il riposo festivo anche ifabbricanti di succhi di limone. Anche il parroco di Fontana riferisce che viè qualcuno che di domenica va a lavorare, nonostante che egli tuoni forte-mente contro ciò minacciando i castighi di Dio. Anche i pescatori di Lacco,nonostante i richiami del parroco, di domenica vanno a pescare.

Nella frequenza dei sacramenti non si riscontrano lamentele degne dirilievo perché tutti, o quasi, si accostano ai sacramenti, ed in modo partico-lare fanno il precetto pasquale. Non in tutte le parrocchie vengono distri-buite le cartelle per il precetto, o perché tutti lo soddisfano o perché vengo-no usati altri metodi per aggiornare la situazione continuamente. Il parro-co di S. Vito di Forio afferma che frequentano i sacramenti le donne piùdegli uomini, anche se poi i tre quarti dei suoi filiani fanno il precetto pa-squale. La stessa situazione troviamo anche nella parrocchia della Colle-giata ed a Panza, mentre a Fontana alcuni non fanno il precetto per “tra-scuraggine”.

Nei rapporti tra i fidanzati non vi sono, in generale, casi di convivenzaprima del matrimonio; solo il parroco di Serrara lascia capire che, nella suaparrocchia, anche se non si verificano casi di convivenza prematrimoniale,vi è qualche piccola trasgressione. Il parroco di Fontana, invece, osservache i fidanzati praticano le case di estranei e che egli continuamente de-nuncia tale scandalo e “le grandi miserie” che da esso potrebbero scaturire,ma ne ottiene scarsi risultati. Di matrimoni civili se ne contano in tuttosette, due dei quali però vivono separati e sono in attesa della dispensa perconsanguineità. Una consuetudine presente in tutta l’Isola, dettata in mol-ti casi dalla grave situazione economica in cui molte famiglie vivevano, eraquella di far dormire i figli nel letto dei genitori. I parroci affermano diinsistere in continuazione sui pericoli che ne possono scaturire, ma i risul-tati sono scarsi perché non sempre le famiglie hanno la possibilità di com-prare altri letti per i figli. Questa situazione si protrarrà ancora per decen-ni, perché anche nelle sante visite dell’inizio del XX secolo ci imbattiamo inquesto fenomeno.

Sulla situazione generale tutti i parroci sottolineano che il popolo è buo-

no e religioso, ma mettono anche in evidenza quei casi che potrebbero cre-are seri pregiudizi per la pubblica morale. Infatti il parroco della Cattedra-le, pur sottolineando che non vi sono sospetti di eresie né pubblici bestem-miatori, dice tuttavia che vi sono «certi scandali pubblici» ed «amicizie so-spette che fanno parlare il pubblico». Nella zona di Villa dei Bagni vi èrilassatezza nei costumi delle donne, sostiene il parroco di San Vito, spe-cialmente in quelle povere, costrette a lavorare insieme con gli uomini.Questi, tra l’altro, frequentano troppo spesso le bettole dove sciupano i sol-di con grave danno per le proprie famiglie. A Forio, nella parrocchia di SanVito, non ci sono pubblici bestemmiatori, ma persone licenziose nel parla-re. Ci sono anche scandali, ma “sono guardinghi”; vi sono spacciatori distampe oscene che fanno venire da Napoli, ed alcune donne pubbliche, ol-tre ad una meretrice “incettatrice di altre”. Gli scandali ricordati dal parro-co Giuseppe Milone per la sua parrocchia di San Sebastiano sono quellicausati “dalle risse dei preti”. A Panza i giovani molto spesso sono deditiall’ubriachezza, alla bestemmia ed ai furti campestri. Inoltre i proprietari
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Tabella 3 - Ecclesiastici ascritti a

Parrocchia sacerdoti

Cattedrale 22Collegiata 14S. Domenico ?S. Sebastiano/Barano ?S. Giorgio ?S. Giov. Batt. 4S. Maria la Sacra ?S. M. Carmine 7S. Leonardo 4S. Vito/Forio 14S. Sebastiano/Forio 31SS. Annunziata 8S. M. Madd. ?Totale 104 (?)

presso i quali vanno a lavorare “spargono le più nere massime, burlandositalvolta delle cose più sante”. Fortunatamente le loro parole non fanno “moltabreccia”, mentre in qualcuno questo atteggiamento viene mantenuto più“per bizzarria che per sentimento”. Nella chiesa di Santa Maria Maddale-na si chiacchiera sia nel coro che nella sacrestia, nonostante tutte le pre-mure del parroco per eliminare tale abuso. A Fontana vi sono alcuni casi dipubblici scandali tra persone coniugate e libere, che non si è potuto elimi-nare. A Sant’Angelo la presenza dei soldati ha dato luogo a qualche scanda-lo pubblico; ma ve ne sono due anche al Ciglio ed a Serrara che però, con ilpassare del tempo, “si sono ammortizzati perché non se ne fa più conto”. Igiovani, invece, sull’esempio dei compagni, alcuni de’ quali si trovano aNapoli, si demoralizzano con facilità e disprezzano gli ammonimenti deigenitori

In margine a questa santa visita è necessario accennare ad un documen-to di notevole importanza da essa scaturito. Il quesito numero ventisei delsecondo questionario rivolto ai parroci, quello «riguardante la sua persona,nonché il suo beneficio parrocchiale», ordina: «esibirà lo stato delle animecorredato di quelle categorie che vengono prescritte dal Rituale Romano».Le notizie che questo “stato delle anime” ci fornisce sono certamente moltopreziose e costituiscono un utile spaccato sulla situazione socio-economicadell’isola d’Ischia negli anni 1873-74, dal momento che i parroci lo hannopresentato in concomitanza con le risposte ai quesiti della santa visita.Sono undici registri relativi a dieci parrocchie, perché quella di San Seba-stiano di Forio ha avuto bisogno di due registri per dare il quadro completodella situazione. Mancano i registri relativi alla parrocchia del comune diCasamicciola (Santa Maria Maddalena), del comune di Testaccio (73) (SanGiorgio) e di metà comune di Serrara-Fontana (Santa Maria la Sacra diFontana). Perché manchino questi tre “stati d’anime” non si capisce. Il par-roco di Fontana Luigi Trofa nelle risposte al questionario, dice che “lo statodelle anime” si è già presentato, ma di esso non vi è più traccia. Di SantaMaria Maddalena negli atti della santa visita sono trascritte solo le rispo-ste ai quesiti che riguardano la chiesa parrocchiale e non a quelli che ri-guardano il parroco ed il suo beneficio. Della parrocchia di Testaccio, oltreallo “stato delle anime”, mancano anche le risposte ad entrambi i questio-nari. La mancanza di ben tre registri non ci permette di fare un quadrocompleto della situazione di tutta l’Isola, ma, nonostante ciò, questo docu-mento rimane di notevole importanza per noi. Dalle risposte ai questionari

lle singole parrocchie nel 1873

accoliti novizi totale

2 1 2514 ?

? ? 4 ?

2 91 5

1431

8?

5 (5) 1 (?) 110 (?)

ricaviamo la seguente tabella cir-ca la distribuzione degli ecclesia-stici nelle varie parrocchie. Alcuniparroci non hanno fornito alcunaindicazione nelle risposte al que-stionario (tabella 3).

Il vescovo Francesco di Nicola,negli ultimi anni della sua vita, fucolpito da emiplagia, per cui nel1882 ottenne da Leone XIII unausiliare nella persona del parro-co di Casamicciola Carlo Mennella,nominato vescovo titolare diMennith. Questi però morì sotto lemacerie della sua casa crollata acausa del terremoto del 28 luglio1883. Pochi giorni dopo, il papa no-minava coadiutore, con diritto disuccessione, del vescovo di Nicola

73) Testaccio è stato comune autonomo dal 1806 al 1873.

La Rassegna d’Ischia 3/2002 15

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16 La Rassegna d’Ischia 3/2002

La visita pastoraledel vescovoG. Portanova

il napoletano Gennaro Portanova, docente nel Seminario arcivescovile. Allamorte del di Nicola avvenuta nel 1885, il Portanova divenne vescovo diIschia a tutti gli effetti e, tra i primi atti del suo episcopato, vi fu l’indizionedella santa visita il 1° febbraio 1886. Questa visita ebbe inizio il 28 febbra-io successivo, domenica di Sessagesima, e fu dichiarata chiusa solo il 7 Mag-gio 1888 quando il vescovo era stato già trasferito alla sede arcivescovile diReggio Calabria e reggeva temporaneamente la chiesa isolana come ammi-nistratore apostolico.

La visita è durata complessivamente appena ventitrè giorni dei quali dieciimpiegati per il comune di Ischia, cinque per quello di Forio, tre per Bara-no, tre per Serrara-Fontana, uno per Moropane ed uno per Lacco eCasamicciola insieme. Le chiese, cappelle ed oratori visitati sono in tuttocinquantotto (diciassette ad Ischia, undici a Barano, sedici a Forio, otto aSerrara Fontana, due a Lacco, quattro a Casamicciola). C’è da osservareperò che siamo all’indomani del terremoto, per cui sono ancora parecchie lechiese inagibili.

Decreti generali non ne furono emanati, perché il vescovo non ne ebbe iltempo. Tuttavia questa santa visita, sotto moltissimi aspetti, riflette quel-la di di Nicola che farà da modello anche ad altre successive. Il vescovoeffettua la visita di persona, accompagnato sempre dagli stessi convisitatoriche sono l’arcidiacono Marcantonio Sorrentino, il canonico Giovanni Taliercioed il primicerio Antonio Sersale che, ancora una volta, fa da segretario. Iquestionari con le risposte, i decreti particolari e tutti gli altri atti che siriferiscono ad essa sono raccolti in un volume di 329 pagine, compilato dauna sola mano. In appendice vi è un prospetto con notizie biografiche delclero della diocesi, un secondo prospetto degli uffici ecclesiastici ed il“Catalogus Episcoporum”.

Il cerimoniale della visita è quello prescritto dal Pontificale Romano, conle stesse cerimonie riportate nella visita di di Nicola. Il vescovo in ognipaese viene accolto in forma ufficiale e solennemente accompagnato nellachiesa parrocchiale o in quella più importante. Nelle altre chiese il cerimo-niale è molto più semplice. La visita dei luoghi è piuttosto minuziosa enulla si sottrae al controllo del visitatore. Chi ne rimane fuori è il popolo egli stessi ecclesiastici, da quello che risulta dagli atti della santa visita. Sesi esclude la predica che il vescovo rivolge al suo arrivo in una parrocchia,non vi è altro contatto con il popolo; né d’altra parte il vescovo ha il tempoper accostarsi ad esso perché il suo interesse immediato sembra rivoltoesclusivamente alle cose. Lo stesso si dica degli ecclesiastici, ché, almenodagli atti, non risulta che siano stati chiamati alla visita personale da par-te del vescovo.

Una conoscenza piuttosto approfondita dello stato spirituale della diocesiil vescovo può acquisirla solo dalle risposte ai questionari.

La novità rispetto alla visita precedente consiste nel fatto che il vescovonon amministra la cresima. Nei questionari, pur rimanendo essenzialmen-te gli stessi, si nota qualche novità. Essi sono indirizzati ai due Capitoli(della Cattedrale e della Collegiata) e sono essenzialmente uguali e similia quelli della visita precedente; ai parroci o vicari curati, anch’esso simile aquello indirizzato ai parroci circa la propria persona ed il proprio beneficionella precedente visita; “per i rettori ed altri capi di Chiesa”; per leConfraternite laicali, che comprende solo otto quesiti; per gli amministra-tori dei Monti eretti in qualche chiesa” con appena sei quesiti che chiedonoinformazioni sugli stessi argomenti del questionario prima menzionato; peril monastero di clausura, comprendente dieci quesiti simili a quelli dellavisita precedente. Mancano i questionari per i cappellani delle confraternite,i responsabili del Seminario, gli officiali della Curia Vescovile. Nuovo, inve-ce, è il questionario “per i Vicarii Foranei” formato da undici quesiti cheriguardano: generalità personali, descrizione della propria forania, delleparrocchie e delle anime; emolumenti annessi all’incarico; eventuali abusiche si riscontrano in chiese e sagrestie della forania; come si amministrano

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La situazionespirituale e pastorale

Tabella 4 - Ecclesiastici ascritti parrocchie

Parrocchia sacerdotiCattedrale 29Collegiata 23S. Domenico 8S. Sebastiano/Barano 18S. Giorgio 5S. Giov. Batt. 5S. Maria la Sacra 7S. M. Carmine 9S. Leonardo 7S. Vito/Forio 11S. Sebastiano/Forio 24SS. Annunziata 7S. M. Madd. 18

Totale 171

Tabella n. 5 - Ecclesiastici suddper Comune

Comune sacerdotiIschia 60Barano 28Serraara Fontana 16Forio 42Lacco 7Casamicciola 18Totale 171

i sacramenti agli infermi e come si istruiscono i fanciulli sui rudimentidella fede; vita e costumi degli ecclesiastici; eventuali abusi in confessione;notizie sul patrimonio dei preti e dei chierici; eventuali inadempienze degliobblighi di messa; notizie sulle cappelle di jus patronato e loro obblighi;rapporti tra parroco e clero.

A differenza della visita di di Nicola, pare che questa volta i preti sianostati più solleciti nel compilare i questionari ed inviarli al vescovo, perchédi quasi tutte le chiese vi sono le risposte, anche se si presentano piuttostopovere di notizie riguardanti la parte più strettamente spirituale e pasto-rale. Questo fatto non permette di farci un’idea completa della situazionein questo momento per confrontarla con quella scaturita dalla visita di Fran-cesco di Nicola terminata circa dieci anni prima. Tuttavia riscontriamo no-tizie di un certo interesse intorno ai luoghi di culto, specialmente di alcunidanneggiati dal terremoto del 1883.

La situazione spirituale e pastorale della diocesi presenta delle novitàrispetto alla visita precedente. La predicazione diventa meno frequente,particolarmente in certi periodi, come quello quaresimale, anche se, oltreai parroci, sono molti i rettori di chiese e cappellani che tengono l’omeliaogni domenica. I rettori enumerano i giorni nei quali si tiene la predicanelle loro chiese per cui in alcuni casi si predica solo nel giorno della festadel Santo titolare della chiesa. Soltanto in alcune parti la scomparsa dellapredica quaresimale viene compensata da quella che si effettua durante ilmese di maggio che in tal modo viene acquistando maggiore importanzanella pietà dei fedeli.

La mancanza di istruzione religiosa del popolo viene lamentata dal par-roco di San Domenico che l’attribuisce alla scarsa frequenza della chiesa

alle singole

ivisi

parrocchiale che si trova in una posizione eccentrica” ri-spetto al territorio, ed al fatto che nelle altre chiese dellasua ottina i responsabili ecclesiastici poco curano di fare ilcatechismo o di istruire il popolo. Il parroco di Fontana,invece, fa presente che la frequenza del catechismo è mag-giore nei mesi invernali ma che gli ecclesiastici vi si dedi-cano poco. Scarse sono le notizie sulla frequenza ai sacra-menti che risulta un po’ fredda a Fontana, mentre a Panzalascia a desiderare solo per quanto riguarda gli uomini.

Di matrimoni civili si riscontra solo qualche caso, peresempio a Sant’Angelo, mentre sulla convivenzaprematrimoniale i parroci affermano di vigilare attenta-mente. La loro vigilanza è sempre desta nell’impedire che ifigli dormano nello stesso letto dei genitori, ma i casi diinfrazione sono ancora frequenti. A tal proposito il parrocodi Lacco riferisce che, a causa del terremoto, la gente si èammassata nelle baracche per cui non si può rimediare aquesto fatto che si è ulteriormente accentuato.

Anche sulla vita del clero non riusciamo a delineare unquadro molto sicuro della situazione. Il parroco di San Vito,d. Saverio De Luca vicario foraneo di Forio, nelle risposteal questionario per la sua forania, afferma che sulla vitadel clero non c’è nulla da eccepire, ma fa anche intendereche qualche cosa di poco regolare esiste, e promette di rife-rirne al vescovo in un colloquio privato. Volendo dare unosguardo alla consistenza del clero nella diocesi al tempodella visita pastorale del vescovo Portanova, dalle rispostedei quesiti del questionario si ricavano i seguenti dati cheraccogliamo in due tabelle:

Tabella 4 - Ecclesiastici divisi per parrocchia.Tbella 5 - Ecclesiastici raggruppati per Comune.

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18 La Rassegna d’Ischia 3/200

Il vescovoMario Palladino

L’episcopato di Giuseppe Candido (1886-1901) (74) trascorse senza alcunasanta visita. Il successore Mario Palladino (1901-1913) effettuò la santa visitanel 1904, ma le notizie che possediamo di essa sono frammentarie e, al tempostesso, disarticolate perché ci sono solo poche carte. Il diario, o atti, della visitanon è stato mai compilato; esiste solo qualche brevissimo appunto scritto a matitae quindi quasi deleto. Non vi è neppure una copia completa del questionariodistribuito per la visita, ma dalle poche risposte conservate, dal momento chesolo pochi parroci o rettori di chiese hanno risposto, ed anche in modo non trop-po scrupoloso, si evince che tale questionario è identico a quello che verrà distri-buito in occasione della visita del successore Pasquale Ragosta.

Le risposte più scrupolose sono quelle date dai parroci di San Domenico, diSanta Maria La Sacra e San Sebastiano di Barano.

Il primo, pur sostenendo che i suoi filiani sono di buona indole e che la mag-gior parte frequenta i sacramenti, si lamenta del fatto che, da quando è statocostruito il cimitero, è scemata ulteriormente la frequenza dei fedeli nella chie-sa parrocchiale. Inoltre l’ubicazione della chiesa parrocchiale ed il fatto che siconservi il Santissimo Sacramento anche nella chiesa di Sant’Antuono, che ri-sulta più comoda per i fedeli per la ubicazione, ha fatto sì che meno del 20% deisuoi filiani ascolti “la voce del parroco”. Egli per il precetto pasquale non distri-buisce le cartelle perché vanno a farlo tutti in Cattedrale. Nella sua parrocchiaora vi è anche un caso di concubinato.

La situazione generale della parrocchia di Barano è soddisfacente perché ven-gono frequentati i sacramenti e non vi è alcun matrimonio civile né disordinemorale.

Anche in Fontana non vi sono abusi particolari da correggere. Il parroco peròesorta costantemente i genitori a non lasciar soli i fidanzati perché non“amoreggino”. Vi è un solo caso di matrimonio civile. Si lamenta inoltre del fattoche i cappellani delle chiese della sua ottina, ed il maestro della scuola pubbli-ca, non facciano il catechismo ai ragazzi, nonostante che, in modo particolarequest’ultimo, sia stato ripetutamente sollecitato dai genitori.

C’è da segnalare una risposta del rettore della chiesa dell’Annunziata diCampagnano il quale afferma che non esistono carte sulle origini della chiesaperché bruciate nel corso di una lite con il parroco di San Domenico nell’ottinadella quale si trova. La mancanza degli atti della santa visita è in parte com-pensata dall’emanazione di alcuni decreti che entrarono in vigore il 1° novem-bre 1904 (75). Si dividono in due parti: “Memoranda de jure communi” e “Decre-ta specialia”. Il primo capitolo ribadisce certi principi giuridici che riguardano irapporti tra le confraternite ed i parroci. Gli altri capitoli trattano dei seguentiargomenti: “De cultu et liturgia” in cui, tra l’altro, richiama tutti all’osservanzadel “motu proprio” di Pio X del 23 novembre 1904 sulla musica sacra da esegui-re in chiesa durante le celebrazioni liturgiche. Il capitolo secondo tratta deiluoghi sacri e della celebrazione delle messe con varie norme di carattere disci-plinare; nel capitolo quarto “De confessariis et praedicatoribus”, vengono elen-cati gli esami necessari per queste attività. Il capitolo quinto tratta “De doctrinachristiana” ricordando ai parroci l’obbligo, sancito dal Concilio di Trento, di fareogni domenica l’omelia e la catechesi. Gli altri capitoli trattano dei vicari foranei,dei parroci, dei sacerdoti, delle pie associazioni.

La seconda parte disciplina i rapporti tra i preti ed i parroci di Forio e tra ilparroco di San Sebastiano e la confraternita di Santa Maria di Loreto, in modoparticolare nella celebrazione delle esequie. Il secondo dirime una vertenza perdiritto di precedenza nella processione di Santa Maria Maddalena a Casamicciolasorta tra la confraternita della Pietà ed il Pio Monte di Sant’Anna. Il terzoriguarda l’ammissione delle donne nell’oratorio della confraternitadell’Annunziata di Panza. In appendice vi è l’elenco della documentazione ne-cessaria per essere ammessi ai vari ordini sacri.

(2 - continua)

74) Su questo vescovo cfr. 0.Buonocore, Un vescovoscienziato (Mons. GiuseppeCandido), Porto d’Ischia1931. E ancora A. Di Lustro:Mario Palladino da Ischia aCaserta, in Quaderni cit. pp.35-46.75) Decreta Visitationis edi-ta ab Illustrissimo et Reve-rendissimo Domino MarioPalladino episcopo isclano,Neapoli 1904, pp. 32.

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di Clementina Petroni

Tra favola e realtà

Francesco“l’impagliasedie”

Premio Letterario Nazionale“Città di Fondi”

Bandita la prima edizione del Premio Letterario Nazio-nale “Città di Fondi” promosso dall’ A.N.G.A E. (Ass.Naz. Giovani Artisti Emergenti preieduta da Stefano DiPietro) e patrocinato dal Comune di Fondi, dall’Amm.prov. di Latina, dalla regione Lazio, dall’Ass. It. Arti-sti. Il concorso vuole mettere in luce nuovi talenti, perquesto sono stati creati, tra gli altri, il Premio per il mi-glior Artista nazionale e l’artista più giovane.Il concorso (aperto ad autori di ogni nazionalità e di ognietà) è suddiviso in 6 sezioni: A) Poesia singola inedita;B) Raccolta di poesie (max. 5); C) Libro di poesie; D)Racconto; E) Libro di narrativa, romando; F) Autori,Cantautori, Compositori.Le opere dovranno essere inviate entro il 30 aprile2002. Per informazioni: A.N.G.A.E, Casella postale15 - 04022 Fondi - Latina (tel. 3395802507 [email protected]).

Quando si è bambini, la fantasia galoppa, ed è mol-to facile scambiare un uomo, magari corpulento, altoe con la barba, per uno dei personaggi delle favole,di quelli che, per intenderci, venivano chiamati or-chi, uomo nero, bestioni, ecc.

Francesco “l’impagliasedie” era un uomo solitarioe schivo, alto e robusto, con le spalle curve e dueocchi neri con sopracciglia folte. Viveva in una cata-pecchia che confinava con l’orto di zio Nicolino, unvecchio contadino che amava la terra.

Era vissuto sempre nella miseria e nella solitudi-ne e nessuno conosceva le sue origini. Lo chiamava-no “l’orco, il bestione”, oppure era conosciuto come“il forestiero”, perché si diceva che tanti anni addie-tro era sbarcato da un bastimento che trasportavameloni e patate.

Il suo mestiere era quello di impagliare le sedie,un lavoro che non gli permetteva la sopravvivenza.Ma egli era dignitoso e, quando poteva, aiutava ilvecchio zio Nicolino a curare l’orto e ne riceveva incambio degli ortaggi. D’inverno metteva un saccosulla testa e sulle spalle per ripararsi dalla pioggiae dal freddo, un pantalone rattoppato alla meglio,degli scarponi consumati e vecchi.

La porta d’ingresso dell’unica stanza era erosa econsumata dal tempo e dalle intemperie; nella par-te inferiore il legno era marcito e aveva creato bu-chi e fessure così voluminosi al punto che era dovu-to ricorrere ai ripari, mettendo degli stracci per tap-pare quella che diventava un’aerazione naturale.

Quando lo si vedeva rientrare all’imbrunire conquel sacco sulla testa e qualche sedia tra le mani,con passo silenzioso e pesante, sembrava venir fuo-ri dal nulla e noi bambini che lo vedevano da lonta-no gridavamo: “sta arrivando l’orco, scappiamo, scap-piamo!”

Quel personaggio strano ci incuteva paura e ci af-fascinava contemporaneamente, perché metteva inmoto la nostra fantasia. Ci faceva immaginare unmondo a noi sconosciuto e misterioso.

Spesso, appena dopo che aveva serrato la portad’ingresso, cercavamo di spiare attraverso le fessu-re, nella stanza dell’orco e cercavamo di capire comesi svolgesse la sua vita all’interno di quelle quattromura, vissuta alla luce di una candela. Come tra-scorreva le lunghe serate invernali?

Volevamo captare, percepire attraverso queglispioncini naturali le sensazioni di un uomo che vi-veva nella completa solitudine, senza affetti, senza

amici, senza svago alcuno. Pensavamo a quella vitasolitaria, emarginata dal mondo intero, priva del ne-cessario, priva di tutto.

Strane le reazioni di noi bambini che di notte pro-vavamo angoscia e tenerezza per quel bestione mi-santropo. Di giorno ci faceva paura e scappavamo.

Per la verità non aveva mai dato fastidio a nessu-no ed il timbro della sua voce pochi lo conoscevano.Ma forse noi bambini ci sforzavamo d’immaginarlocattivo e con una forza che avrebbe potuto annien-tarci. Ma certamente la sua forza era dentro e que-sto a noi non sfuggiva; perciò ci attirava tanto.

Neppure in primavera o nelle calde giornate esti-ve apriva quella porta di cenci e legno marcio. Inquella stagione l’unica forma di vita fuori all’abita-zione erano il sacco appeso ad un chiodo e gli scar-poni su un muricciolo, sul quale sedeva qualche vol-ta con un pezzo di pane ammuffito tra le mani.

Un pomeriggio non lo vedemmo rientrare per lasolita ora, la vecchia porta era chiusa con il lucchet-to. Lo aspettammo ansiosi, ma non arrivò. Il giornoappresso c’era ancora il lucchetto, segno che non eraancora ritornato. C’informammo, ma nessuno neidintorni l’aveva visto.

Quell’essere animalesco e misterioso sembravascomparso nel nulla.

Alcune settimane trascorsero e si sparse la voceche qualcuno l’aveva visto sul bastimento che ave-va portato il carico di patate e meloni in paese e cheaveva poi preso il largo.

Ci rattristammo al pensiero di non vederlo più ecorremmo verso la catapecchia. C’era ancora il sac-co appeso al chiodo, ma non c’erano gliscarponi,vicino alla vecchia porta non c’erano piùgli stracci che tappavano le larghe fessure. Noi nonosammo guardare dentro….

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BozzettiIschitani

..................Enrico Monti

«... Il libro è incantevole, unodei pochi che valga oggi la penadi leggere, degno di uno scritto-re autentico. Ed è anche il piùbell’omaggio che sia statoofferto all’isola d’Ischia. Lavera réclame di un luogo si faattraverso la poesia, rivivendocioè - lo sanno tutti - cose epersone attraverso la memorialirica, dando a momenti e figurein sé caduche una collocazioneeterna....».«... Leggete: e sarete felici, enaturalmente anche malinconici,come è giusto che ci lasci unlibro così, dove il fascino dellarievocazione di luoghi e personefa parte della govinezza di tuttinoi. In quel miracolo, dunque,che ci fa partecipi totalmente distati d’animo e di epoche delmondo» (Max Vajro).

Il letto di TifeoSecondo la leggenda (Eneide, libro IX, verso 716) Tifeo dorme anco-

ra sotto il monte Epomeo, il gigante verde che veglia sulla sorte dellavecchia Inarime secondo i greci, Enaria secondo i latini. Si vuole cheGiove si arrabbiasse, perché Tifeo volle tentare la scalata dell’Olimpoe solo Venere riuscisse a mitigare le ire del padre degli Dei, che tra-sformò in acque salutari le lacrime del gigante finito in mare, assie-me ad altri, dopo le reiterate preci della Dea Venere. La punta delmonte sembra costituire ancora oggi, a parte gli impianti di caratteretecnologico che hanno spinto la scienza a svernare lassù, tra l’odoreacre di vecchie botti, poste a sonnolenta fermentazione del vino, cheha ancora il pregio della genuinità, e folte macchie di abeti e casta-gni, il punto di riferimento di qualsiasi nave di passaggio, sia di quel-le che puntano sulla conca, un tempo di verde e di grazia, del portod’Ischia, sia delle altre che per abbreviare il viaggio verso Capri, ta-gliano la rotta tra Procida e il vecchio Castello di Ischia, pieno del-l’abbandono di molti suoi abitanti, diventati tutti o quasi sensibili aisuoni chiassosi di fisarmoniche e di chitarre e un po’ meno propensiai misteri della storia e dell’arte, che ancora fanno mostra della loropresenza in chiese antichissime e caduche.

Attorno alla dimora mitica di Tifeo è sorta la vecchia Ischia, terrad’incanto e di storia, non ancora del tutto conosciuta, per le trasfor-mazioni subìte per capriccio di tempi e di uomini, se archeologi e stu-diosi si attardano tuttora sugli scavi di San Montano, Mezzavia eSanta Restituta a consultarne i visceri, come aruspici di passate epo-che intenti a trarne propizianti auspici.

L’odore di freschi limoni non è così pungente come a Procida, incompenso c’è ancora quello di pesce fresco, che si vende lungo le stra-de con le “carrette di passaggio” anche in tempo di rinnovato coleranella zona dei Campi Flegrei, cui l’isola è per visceri sotterranee e,grazie a Dio silenziose, da lungo tempo legata. Il vaporetto vi arriva-va dopo aver doppiato la punta del faro di Procida; aver lanciato unosguardo ammiccante all’isolotto di Vivara e al lungo ponte che la legaa Procida; aver dedicato un saluto disattento al castello di Ischia,diventato da tempo a questa parte, si dice, di proprietà privata, dopoche un attento compratore l’ebbe ad acquistare, come uno scampolodi pesci, al tocco delle dodici. Di notte, quando vi si arriva ora, in queldelizioso catino che Ferdinando Il volle regalare a sé stesso e agliisolani, il turista ha la sensazione di essere toccato dalle mille lucidelle case che vi si insediano sui lati, sui fianchi e soprattutto ai piedidella collina del Montagnone, che già rigurgita di ville e di cemento.Allora, quando invece vi capitavo in compagnia di mio padre o qual-cuno dei miei, le luci erano poche e poco luminose, perché la luceelettrica era quasi un dono, più che di Dio, di una vecchia Societàprivata ora scomparsa, che cercava di fare del suo meglio per allevia-re le sofferenze degli abitanti, abituati a consumare cene e colazioneper opera, quasi di carità, di fioche lampade a petrolio, di spiritiere ecerogeni, così come avveniva all’epoca delle nostre nonne. Allo sbarcosi verificava l’immancabile agitarsi dei cocchieri e dei cavalli in pa-ziente attesa, che consumavano, avendo ancora negli occhi il clientedi passaggio, l’ultima manciata di fieno in un sacco consunto e pienodi buchi, come lo stomaco del cocchiere, che offriva ripetutamente i

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ENRICO MONTI, campano diCasamicciola Terme, è stato magi-strato di Cassazione ed è noto negliambienti letterari nazionali ed esteriper le sue opere di narrativa,saggistica e poesia, ormai numerose,tanto che è stato insignito per quattrovolte del “Premio Cultura” della Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri.Si è imposto all’attenzione e del pub-blico e della critica con Kappusta(Longanesi ed., Milano 1975) in cuinarra in chiave originale le sue tragi-che esperienze nei campi di prigio-nia e di lavoro forzato in Germaniadurante la seconda guerra mondiale,ove è stato deportato quando era pocopiù che un ragazzo.

Notevole è stata di seguito l’acco-glienza a Bozzetti Ischitani (Delfino,

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servizi, calando di mano in mano,di fronte alla studiata resistenzadell’avventore, prezzo e duratadella traversata: “Signurì, tre sol-di, no! signurì duie soldi, no! si-gnurì nu sord... signurì vi portogratis, in un momento”. E già,perché il viaggio da Ischia versoCasamicciola, Lacco Ameno o peg-gio ancora Forio, che faceva par-te di un altro mondo, era operadi autentica maestria, tra stradeprive di luci, malandate e pienedi fossi, col cavallo che tirava pa-ziente e scaricava “pasticciottigialli” sotto l’incitamento impie-toso del padrone, che colloquiavacon la bestia “iamm teresì, è l’ul-

Illustrazione della pittrice Krimon

timo! jamm totonn, nat poco e poice ne jamm ‘a cuccà”.

Il cocchiere, uno qualsiasi dellebuone anime che hanno fatto intempi felici il folclore e l’incanto diquest’isola, ti raccontava nella cor-sa, trovando le parole adatte nel-l’àmbio del cavallo, prima della sa-lita di Mezzocammino o quella piùdolce dei Pilastri, tutta la storiadella famiglia. La moglie, come alsolito, incinta; incinta la prima fi-glia sposata alla meglio ad un fac-chino, incinta la capra, che per ilmomento non dava più latte, incin-ta persino la cagna che non potevaaccompagnarlo nelle cacce dellequaglie e dei tordi che allora costi-tuivano il motivo di una guerra si-lenziosa tra l’autorità, attaccata alrigido rispetto del calendario vena-torio, e il povero cristo, che di quelcalendario non sapeva che farsene,perché, avendo incinta tutta lacasa, si serviva di qualche passe-rotto o volatile di passaggio, permettere carne al fuoco, far fumare

il camino, soprattutto nei momen-ti di burrasca, quando il cavallosi consumava, nei posteggi di Ca-samicciola o Ischia colla biada, colfieno o colla “vrenna” tutta la spe-ranza di qualche decente affare ela misera moneta per quel crudogiorno.

Le fatiche della giornata coc-chiere e cavallo le smaltivanospesso, se non proprio assieme,comunque vicini, in una delle va-rie grotte che sulla salita di S.Pasquale, da un lato, su quella diFontana, dall’altro, sembravanoessere unghiate di orsi, che quinon hanno mai avuto dimora, omomenti di ira dell’audace Tifeo;scossoni violenti del suo sonno disecoli, per cui le passate genera-zioni gli furono grate e tanto, per-ché è da seicento anni che dallabocca spenta dell’Epomeo non vie-ne più vomitata sulle case, sullebaracche, sulla paura di questagente, né fuoco, né cenere, né la-pilli.

La “culata”Quando te la vedevi davanti, distesa al sole del mattino che, coi suoi

raggi di vita e di luce, sembrava voler visitare il Mortito a preferenzadi altri quartieri finitimi, quasi a voler significare che anche lui lassùsapeva quel che capitava tra quelle mura e quelle anime, avevi l’im-pressione di assistere ai moti di una distesa di vele bianche in agitazio-ne, su di un mare di fango e di terra, che erano i vicoli, le arterie di quel

Napoli, 1976), adottato come testo di narrativa, al pari delprecedente e di Napoli senza sole (Delfino, Napoli), nellescuole medie.

Fuga nel tempo è la sua prima raccolta di liriche (LoFaro, Messina, 1976) cui seguono le poesie in dialetto na-poletano raccolte sotto il titolo Addo’ sta cchiù (Delfino,Napoli, 1977) e, in italiano, Napoli senza sole (Ed. Delfi-no, 1977) e Male d’ombre (Ed. Lalli, Poggibonsi, 1980).

Roma al femminile, un saggio sulla vita delle donne inepoca romana, è del 1984 (Ed. Nuovi Autori, Milano) edel 1988 è Marc’Aurelio, imperatore del dovere (ibidem).

Nel 1991 ha pubblicato il romanzo Aria di Paese(Todariana editrice, Milano) e nel 1993 il saggio FedericoSecondo Svevo, il potere luce del mondo (ibidem).

Esuli pensieri, Nullità itineranti e Ritorno da Stige (checonclude il discorso narrativo iniziato con Kappusta) met-tono a fuoco i drammi dell’uomo contemporaneo. Sonostati pubblicati rispettivamente nel 1995, nel 1996 e nel1997 dall’Editrice Aetas di Roma.

Le opere di Monti e i saggi sparsi sulle riviste sono stati

in buona parte tradotti in lingue straniere (polacco e tede-sco) e discussi in Italia e all’estero, in simposi, riunioni econferenze. Buon conferenziere egli stesso, ha intrattenutoil pubblico e gli studiosi in istituti italiani di cultura (Mo-naco) e nel Dipartimento di Filologia Classica dell’Uni-versità della stessa città, su tematiche storiche e attuali, comead esempio Il pianeta uomo oggi e Modifiche del pensierostoico nel passaggio dalla Grecia a Roma, per cui ha con-seguito riconoscimenti e onorificenze varie. Napoli, i mi-steri d’una città (Eura Press/Ed. italiane, Milano 2001) se-gue al testo autobiografico Una vita tante vite (Longo edi-tore, Bari, 1999) e alla raccolta di liriche Alla taverna deivagabondi (ibidem, 1997). Tra gli inediti meritano di esse-re in particolare ricordati, oltre a varie raccolte di liriche, isaggi Momenti, interventi di varia letteratura e La coe-renza e il suo contrario nel contesto umano e storico (parteseconda di una trilogia).

Enrico Monti vive attualmente a Forio d’Ischia, dove perdiletto si interessa anche di attività agricola e continua adattendere ai suoi studi letterari e giuridici.

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da Bozzetti Ischitani di Enrico Monti

fazzoletto di case e di pietre della mia infanzia. Ledonne vi avevano lavorato col pensiero giorni egiorni scegliendo il momento giusto, l’occasionepropizia, per portare odore di fresco e di pulizia,in quei quadrati di miseria, in quei cubi di umani-tà, una ventata di aria nuova, tra cose vecchie ecaduche. Ma scegliere il giorno, l’ora, il momentopiù appropriato, quello che valesse a rendere l’im-presa scevra da contrasti e pericoli, non era cosafacile. Perché le strade, le vie di Perrone, le sciefangose del Mortito, erano un presepe in continuomovimento, in eterna agitazione e fervore, cogliasini che già di buon mattino prendevano la stra-

Illustrazione della pittrice Krimon

da delle “limone” e di Nziata, coi cesti sui fianchi eparaocchi di cuoio ai lati della faccia, lunga e nera,con un ciuffetto di peli, sparsi al centro della fron-te dura e spaziosa; coi muli che scalpitavano, ner-vosi sotto gli incitamenti pungenti degli accompa-gnatori armati di mazze e bastoni, e che, ombrosicom’erano, potevano d’improvviso arrestarsi, colmuso contro una “parracina”, un muretto a seccodi quelli che circondavano una casa o un fondo evalevano a segnare quasi il confine tra due stati.Stavano lì, nonostante le carezze violente dei loropadroni sui fianchi rossi e pelosi, che si arcuavanoal momento di scagliare nell’aria, contro l’aggres-sore, calci o sferzate, coi zoccoli di ferro, che unmaniscalco competente e bravo, come un delicatocallista, sistemava per pochi soldi, poco oltre il li-

2 La Rassegna d’Ischia 3/2002

mite di quel mondo. E spesso capitava che in unoscatto violento perdendo redini e pazienza, la be-stia si lasciasse andare, si trascinasse dietro il suoaccompagnatore, portando lo scompiglio tra la “cu-lata”, tra quella macchia di pensieri bianchi, dilenzuola e indumenti vari, odorosi di cenere e dipulizia, che si offriva alla vista e alle attenzioni ditutti, tenuta su come era da “forcine” sistemate atendere una corda lunga, fissata ai chiodi di muridistanti tra loro, in modo da occupare tutto o qua-si lo spazio stradale.

Persino per noi ragazzi, quella culata rappresen-tava un vero guaio perché ci impediva di correre,di giocare a “pastora” o col “piuzo” (colla lippa), unasse appuntito che veniva battuto alla estremità,fatto saltare e scagliato, colpendolo con una maz-za, a metri e metri di distanza. Ma si rimediava incompenso, per quei disegni di fantasia che sonouna specialità di ragazzi, il gioco a nasconderello,con gambe che filavano tra merletti di lenzuolamatrimoniali, grandi e spaziose, come coperte,perché dovevano servire spesso a raccogliere, sot-to un unico manto, non due, ma tre o quattro corpisistemati tutti nello stesso letto, con testoline chesi incappucciavano dietro federe di cuscini, con cu-letti che si divertivano a comparire e scompariretra quel labirinto di sogni, disposto su più file, cherappresentava, nell’occasione, un mondo di bian-co, nel bianco. Le varie Concettine, Nannine e Te-resine, donne diverse ma tutte uguali, quando sitrattava di quella operazione, vi depositavanoquanto di meglio avevano nelle mani, quanto dipiù delicato avevano nel cuore, quanto di più toc-cante poteva esistere in fatto di speranze, di atte-se e di dolcezza, per la loro casa tenuta su dallebraccia robuste di uomini in lotta coi marosi inpunti lontani del globo terracqueo, su barche a velao a motore, che suscitavano, sì, pensieri, rimorsi epaura nel perdersi oltre le chiazze di Gerulmino, iforni per la cottura dei vasi; nell’ingolfarsi in pro-celle di acqua e di vento, nello scomparire insom-ma, ma che poi a distanza di mesi, se non di anni,ricomparivano miracolosamente magari coll’uovodi Pasqua e colla mangiatoia del presepe.

E spesso quella sistemazione di teli bianchi sufuni robuste e bagnate, era l’unico mezzo di colle-gamento sentimentale col loro uomo, perché leportava a viaggiare con loro, colle loro vele candi-de, in mari difficili per lo meno come le strade delMortito. Alla culata non si arrivava così di botto,ci voleva qualche giornata di preparazione, di sforzie di braccia che dovevano strofinare gli indumentisu e giù, per i solchi di una tavolozza di legno, “atavulella”, che consumava sporco e pensieri tristie restituiva con la pulizia dell’indumento, gioia esperanza di vita. Nella giornata di preparazione, i

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Il testo, pubblicato nel 1976, oggi risultadel tutto esaurito

corpi erano come percorsi da unafebbre di rinnovamento, il pannoveniva strofinato, avvolto e sbat-tuto, schiumoso e stillante sui sol-chi della “tavulella”, batuffoli dischiuma si stendevano per ognidove, fissavano sul verde deimuri, gocce di bianco e di sudore,che erano come pezzi di anima incontesa, tormenti di vita alla ri-cerca del nuovo. Gerulmino, uncapo bianco dalle mille fantasio-se idee, creava laggiù, sul sospi-ro dell’onda, nell’incontro, nel-l’abbraccio tra creta e genio, igrossi vasi, le “cufunature”, chedovevano servire appunto per laculata. Grandi recipienti in ter-ra cotta, alti un metro e più, stret-ti sotto e larghi sopra, una speciedi cono rovesciato, destinati araccogliere, in strati ben studia-ti, prima la biancheria piccola,intima, poi man mano, le federe,le lenzuola ad una, a due piazze,tutto quel desiderio di pulizia edi rinnovamento, che diventavavisibile, toccante e consolante, solquando una colata di cenere e re-sidui di carbonelle cotte a punti-no, si spandeva grigia e bianca sudi un sacco di iuta, che copriva labocca del recipiente, ingoiava soz-

Migliorare la formazper rilanciare le professioni

zura e restituiva odore, pulizia, ecandore. La notte, mentre gli oc-chi si chiudevano al sonno ristora-tore, lavorava tra quegli strati, por-tava quel misto di cenere e carbo-ne a cercare tra le pieghe di len-

ione marittime

zuola e risvolti di indumenti, col-l’odore del bianco, la felicità e lafortuna di quel giorno “Nanni’,Carulì a culata è pronta!”. Maniaffannose cercavano, portavanoogni cosa alla luce del sole, ficca-vano il naso tra gli indumenti,tutto il corpo si stendeva, il capoaffondava verso il basso, per tirarsu alla luce, quasi a tenere a bat-tesimo l’ultimo dei capi cotto e ri-pulito; affidavano alla compren-sione, al rispetto di tutti quegliaffanni e quella gioia tra canti dicontentezza “è arrivata stamatti-na, na cartulina, nu poco e’ cere eNapule che m’ha mannata mam-meme. Se vede tutto o Vommero,se vede Margellina...”, tra “trom-macantanti“ che stordivano ani-mo e pensieri nascosti e repressiper l’uomo che forse sarebbe arri-vato, ma che aveva fissato il suovolto in mezzo a quella distesa;massacravano note e musica. La“culata” prendeva forme e dimen-sioni, si stendeva al sole del Mor-tito. La vita di fuori, tra asini,muli, venditori, biasilli e ragazzi,si complicava, si rinnovava, si rin-verdiva in compenso quella didentro.

È stata costituita una commissione che avrà il compitodi trovare soluzioni realizzabili a breve per migliorare con-cretamente ed in un’ottica di maggiore qualità la forma-zione. Nell’ambito della riforma degli ordinamenti scolasticipresentata dal Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, iGiovani Armatori hanno lanciato l’idea di varare un nuo-vo programma per la formazione di ufficiali, la cui caren-za rappresenta un grave problema per la marineria italia-na. A tal fine è stato organizzato a Roma, presso la sededella Confederazione Italiana Armatori, il primo incontrotra i rappresentanti di Amministrazioni, Armamento e Isti-tuti Tecnico-Nautici. Vi hanno partecipato i presidi dei 29Istituti Nautici del Paese, i rappresentanti dei Ministeri del-l’Istruzione e delle Infrastrutture e dei Trasporti, delleCapitanerie di porto, nonché di numerose impreseamatoriali. L’incontro ha consentito di discutere i nuovi percorsi for-mativi per tecnici del trasporto marittimo, aggiornati in

modo che abbiano validità per la normativa internaziona-le IMO-STCW 95, recepita in Italia nell’ottobre 2000, conil coinvolgimento diretto sia degli Istituti Nautici, per quan-to riguarda l’istruzione, sia delle imprese di navigazione,per quanto concerne il tirocinio a bordo delle navi. Anche i Ministeri dell’Istruzione e delle Infrastrutture edei Trasporti devono essere parti attive in questo processo.Al termine della riunione è stata accolta la proposta di Ste-fano Messina, Presidente dei Giovani Armatori, di costitu-ire una commissione composta da rappresentanti del Mi-nistero dell’Istruzione, del Ministero delle Infrastrutture edei Trasporti, degli armatori e degli Istituti nautici. Talecommissione coordinata dalla Confederazione Italiana Ar-matori, con il supporto del prof. Veltri, ex Preside dell’Isti-tuto Nautico “A. Elia” di Ancona, avrà il compito di trova-re soluzioni realizzabili a breve per migliorare concreta-mente ed in un’ottica di maggiore qualità la formazione.Dopo questo primo momento di confronto, la Commissio-ne sarà naturalmente ampliata a rappresentanti delle Orga-nizzazioni Sindacali, secondo quelle ottiche di collabora-zione e confronto che hanno sempre caratterizzato i rap-porti tra parti, così come sancito anche in accordi passati erecenti (Comunicato, Roma, 6 marzo 2002)

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Le “pietre”dell’isola d’Ischia

Girovagando......

«Conoscete voi quella terradove il pampino e l’amo sonol’emblema dei suoi laborio-si figli? Dove il mare, ora ac-carezza teneramente le suespiagge sterminate, ora cor-re a infrangersi contro rupiscabrose? Ove il pino sacroagli amanti accoglie nel-l’ombra i teneri sospiri del-le donne innamorate? »

(Questa terra) «è Ischia: laterra dei mille panorami,dei più svariati colori, dovelo stridio della cicala matu-ra le vigne, e le acque scatu-

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1) G. Cervera G. - Questa è Ischia, Arti Gr. Am2) Pubblicata negli Atti del Centro Studi: RicMemorie 1944-1970, EVI 1971.

renti dalla roccia mormora-no il carme della pace, e labenefica onda sorgiva rido-na la gioia ai sofferenti eprolunga la vita ai mortali.(…)»

«Tutto in quest’isola parladi mistero: l’eterno ondeg-giare del mare, le balze pro-

odio, Napoli 1955erche, Contributi e

fumate di origano e di men-ta selvatica, i paesucoli im-mersi nel verde… si ha l’im-pressione di trovarsi oltre iltempo, di dove si scorge lavita, l’uomo in una pace se-rena, che infonde una soa-vissima e irresistibile eb-brezza di vivere!» (1).

Non è soltanto un’isola “che non c’é più”, mutata dallo sviluppo degli ultimi anni, quellache viene fuori dalla lettura di alcuni testi che ci ha lasciato Giovan Giuseppe Cervera, maanche un’isola che può mostrarsi chiaramente in tutto il suo “mistero” e in tutta la sua realtàa chi la percorre, attento ad ogni immagine, ad ogni pietra che si trova da presso o intravedein lontananza, se gli sembra fatica improba portare i propri passi lungo sentieri impervi e“scarrupati”. Il Cervera deve certamente aver girovagato in lungo e in largo, se è capace diindicare, di dare il nome specifico a ciascun anfratto, a qualsiasi angolo, e soprattutto aquelle “pietre” che hanno fatto parte della vita dei nostri antenati: di queste non di rado sonoricordati fatti e fatterelli che forse a noi danno l’impressione di fiaba, ma che devono ancheaver costituito elementi quotidiani delle epoche passate. E sia pur soltanto con la lettura econ la fantasia ci si può inerpicare su per le balze (lontane dalle nostre comuni passeggiate),come peraltro procedere lungo spiagge e lidi più frequentati e noti. Ma si riesce a scoprirequalcosa di nuovo e che normalmente non ha mai fatto da richiamo per la nostra attenzione(anche perché per molti tratti ormai si va soltanto in macchina).

Da una comunicazione di Giovan Giuseppe Cervera tenuta nell’adunan-za del Centro Studi dell’isola d’Ischia del 4.10.1959 (2) riportiamo la seguentedescrizione:

« (...)La Falanga, solitaria come un convento di frati;

S. Angelo, ultimo vestigio d’un passato aprico, ulti-mo capriccio d’un’era fatata; Castanite, prora di ba-stimento sopra un’immensa colata lavica che, comemare in tempesta, s’avvolge in mille contorcimentidi perpetua agonia; il Castello venuto a costruirsicome un paesaggio fiabesco; il Porto che in certi mo-menti del giorno assomiglia a una giostra fatata incui corrono in delirio carrozzelle dai fili d’oro conl’ultimo vertice degli alberi, e una folla di gente ge-sticolante in giro su questo carosello di luci e di co-lori; Matarace su cui tutti si soffermano a contem-

plare e si stropicciano gli occhi per vedere se è unsogno o una realtà questo presepe vivente che parestia in mezzo ai monti circostanti come un bel gio-cattolo tra ninnoli d’oro; la Guardiola di Testaccio,piccola vedetta isclana che scruta dall’alto del cas-sere l’orizzonte; l’Epomeo che riserva al tramontol’ora delle pure emozioni; S. Montano, ultimo cantodella natura. Come vedete ci troviamo già di frontea un modo diverso di intendere l’Isola, inconfondi-bile per i suoi nomi caratteristici, perché esso è ilmodo di vedere di chi ama l’Isola, che l’ha percorsain lungo e in largo traendo da ogni zolla di terraispirazione e amore.

Di qui nasce quell’entusiasmo per i sentieri, per iviottoli, per le arene delle spiagge, per la cristallina

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Veduta di Sant’Angelodal belvedere di Serrara

La Falanga - Pietra dell’acqua

trasparenza del mare, per le pie-tre di tufo disseminate dappertut-to, per gli scogli che popolano ilmare. È solamente in questa cor-nice che gli esseri inanimati pos-sono pigliar vita e partecipare allanostra, innestandosi sulla nostravita giornaliera come il parametroche l’abbellisce, l’armonizza e leconferisce continuo alimento. Chi,infatti, potrebbe sottrarre tale eb-brezza a chi abita nella PiscinaLeggia, nella Pietra Spaccata, nel-la Pietra di Lacco (Pannella), nel-la Pietra di Santa Maria, in quelladel Turco o in quella di Zerrone oin Pietra Mosca o nella Pietra diTramontana o nella Casa del Ce-farotto? Chi potrebbe distoglieredalla partecipazione alla nostravita di ogni giorno quei comignoliche sporgono il capo dai tetti, que-gli archi che vivono con noi, quelle“parracine” e quelle “madonnelle”che partecipano e accompagnano lanostra esistenza, che, con noi, sonvenuti quasi a costruire il nostrocarattere e che, come questo, stan-no attorno a noi come custodi di unmodo di vivere semplice e onorabi-le?

Così parlano a noi le cose, allor-ché ci avviciniamo ad esse col cuo-re pieno d’amore. Ci parlano conantiche leggende come la PietraBianca, la Pietra Nera, lo scogliodella Nave e le Pietre del Cavallo-ne (1). Ci parlano con fresche leg-

1) Giulio Iasolino nel De Rimedi naturali (158di Citara con quello di Agnone, fra il Ciesco bcieschi; e, dopo, il promontorio dell’Imperator

gende come il Fungo, la Tomba delFaraone, la Sedia di Monsignore,la Navicella. Le une, attinte dallamitologia, le seconde attinte dallanostra storia; ma tutte dispiegan-tisi davanti al visitatore che le ri-cerca, come un poema di metamor-fosi di ovidiana bellezza, calde an-cora per la recente trasformazione.

A un certo punto il visitatore,quasi ammaestrato a leggere nellecose che trascorrono sotto i suoiocchi, non ha più bisogno della gui-da, impara a leggere egli stesso nelvecchio graffito della facciata di S.Pancrazio e nei Mammocci, nelleSerre e nel Lido, nella Pietra Cre-spa e nelle Cammerate, come nellechiane delle Pezzogne, del Fronto-ne e del Sarparo. Una volta che ha

8) scrive: “... vi sono la Pietra rossa, il bagnoianco e il nero nel mare, due gran sassi, dettie e lo Scoglio, detto la Nave”.

imparato a leggere, il visitatorevorrà percorrere da solo i sentieriche s’addentrano nell’Ischia scono-sciuta e segreta: vorrà gustare insolitudine il percorso di Via Ciu-làra, di Via Cràtica, di Via Ombra-sco e di Via Paravisiello; assapora-re l’aria ancestrale dove lo immet-tono Via Lanternino e Via Dietro ilNonno; rifare cento volte Via dellaPenna Nova, Via Bocca-Bellomo,Via Fondolillo. È solo allora che ilpanorama s’allargherà e il visita-tore vorrà ancora conoscere unaper una le fumarole, le ventarole,le acque e i bagni, le sorgenti e learene medicamentose, i paesucolie la loro storia, le cave e le balze,le piane, le torri.

Avviciniamoci a tutte quelle pie-tre di tufo sparse un po’ dovunqueper l’Isola. Sono molte, dai nomi di-versi. Alcune di esse, trasformatein abitazioni, custodiscono ancora

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Le “pietre” dell’isola d’Ischia

il caldo di una famiglia come la Pietra Spaccata e la Pie-tra di Cazzuoli, al Ciglio; Pietra Mosca, a Forio; Pietra diTramontana, al Cuotto; la Pietra, a Lacco; Pietra del Tur-co, a Casamicciola (1); Pietra di Santa Maria, a SantaMaria del Monte. Altre rimangono cantine, come PietraPedrone, al Maio; Pietra di Zerrone, a Forio. Altre, infine,sono scavate per un riparo nei tempi rigidi e contengonouna cisterna che raccoglie l’acqua che cade sulla stessapietra, o restano solo pietre che s’impongono per la lorosingolare bellezza. Cercherò di presentarvele nel migliormodo possibile, spigolando tra questi grani gettati sul-l’Isola come una manciata di coralli.

Riduciamoci sulla Falanga, quel bellissimo altopianoraccolto tra l’Epomeo, la montagna della Falanga e il Ca-carone per tre lati, mentre col quarto si affaccia sulla stu-penda visuale che da Punta Imperatore va a San Monta-no. Esaminiamo il quadro. Sopra la montagna della Fa-langa v’è Pietra dell’Acqua, una cisterna sul cui fondo balzain rilievo la figura d’un uomo con un solo braccio in atto discalfire la pietra. Nel mare di Citara, gli scogli che vannosotto il nome di Pietra Bianca, Pietra Nera, Pietre delCavallone, Pietre Rosse. Di fronte al Soccorso, andandoverso la spiaggia della Chiaia e di San Francesco, il Lorio,l’Impisa e lo scoglio di Nucicasa. Sull’estremità della co-lata di Zaro, altre pietre che si presentano come exuviaedi enormi animali preistorici. Sulla Falanga, poi, comin-ciando da quella maestosa pietra che, per rassomigliaread un maniero, va sotto il nome di Castello di Pietra Mar-

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1) Chevalley de Rivaz - Description des eaux minéro-thermales.... (1837):“... Al di sopra di Casamicciola si osserva un’enorme roccia, cava all’in-terno, che aveva un tempo una sola apertura nella sua parte superiore; quisi rifugiavano gli abitanti dei dintorni all’arrivo dei corsari nell’isola eperciò si chiama la Pietra del Turco. Una scala di legno serviva a penetrar-vi e veniva tolta, una volta che tutti vi erano discesi. Ai nostri giorni questacaverna monolitica, la cui origine, secondo le congetture del saggio autoredella Campania sotterranea, deve risalire a un’epoca molto antica, è statatrasformata in cellaio e vi si entra ora per una porta tagliata su uno dei suoifianchi. Una roccia simile, che serve attualmente da cisterna, si trovasull’Epomeo nel luogo chiamato Pietra dell’acqua”.

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Lacco Ameno - Scoglio un tempo visibileal Capitello a sinistra del Faro

Forio - Scogliovisibile sotto il

Soccorso, lato molo

tone, si ha un susseguirsi di pietredai nomi di Stele del Drago, Pietradel Cavaliere, Pietra Due Grotte,Pietra Grotta del Poeta, Pietra delPrete, Pietra del Pennino, PietraFontana di Pescefora, Pietra dellaMandria, Pietra Perciata. Que-st’ultima pietra è tutta traforata,sicchè le lamine di tufo rispondo-no con un rumore che va quasi ver-so il suono a chi le colpisce batten-dovi con la mano. L’animo asseta-to di poesia scorge facilmente unfilo conduttore che le trasporta tut-te nella più bell’immagine fanta-stica e si diverte a ricamarci soprauna graziosa leggenda. Perchè essenon restano solo pietre, ma vivimonumenti capaci di esaltare an-cora il visitatore, il cui occhio vuo-le scoprire in esse il suo occultopassato. Ed a ciò è sufficiente unpizzico di fantasia: e tutta la Fa-langa si popola, le Pietre parlano,il nostro cuore partecipa della vitadi queste antiche dimore nelle qua-li un tempo preferivano rifugiarsigli elementi. Infatti, nei vuoti vi-sceri di Pietra Perciata il ventoandava a rincantucciarsi, quandoera stanco della lotta; ed ivi, anco-ra oggi, di tratto in tratto, negliafosi meriggi estivi, va a rannic-

chiarsi per un po’ di riposo. E que-sta Pietra, bellissima come un co-rallo dei mari d’Oriente, si proten-de dall’ultimo limite della Falan-ga come uno strumento misterio-so. Basta percuoterla colla manoche una divina melodia comincia apropagarsi nel suo interno: permille concavità della Pietra il suo-no si ripercuote acquistando perogni nuovo cunicolo una nota di-versa, e tutta la Pietra, come unenorme giocattolo magico, prendea suonare una musica d’organo maiintesa dall’orecchio dell’uomo. LaFalanga era la parte più romanti-ca dell’isola, l’aiuola della pace: sinasceva e si moriva nella più pie-na libertà. Mentre le pecorelle e imaialetti, tutti affiatati, uscivanodal chiuso di Pietra della Mandria,un Poeta d’arditissima vena, com-pletamente cieco, affidava alle alidel vento i canti immortali dell’epo-pea ischitana.

Nelle notti serene, spinto dal-l’amore, si trascinava fino a PietraPerciata e lì, seduto sull’orlo dellaFalanga, di fronte all’infinito, in-vaso dal nume, il suonatore valen-tissimo di quest’arpa naturale mo-dulava il suo canto sui mille con-

centi della Pietra accompagnato insordina dalla cantilena della Fon-tana di Pietra Perciata e di Pesce-fora. Egli non vedeva davanti a sèquella fantastica visuale di PuntaImperatore, della spiaggia di Cita-ra, della Pietra Bianca e della Pie-tra Nera, non le Ninfe tirrenichedel Cavallone attratte dal cantodivino, non le Pietre Rosse, il Lo-rio, le Cammerate, il Pantalino, ilPetrellone, la Roia, non Punta Ca-ruso con le Fiere in estasi, ma tut-to descriveva e musicava nel versosublime. Solo a questi canti il Ser-pente dalle sette teste usciva dalCastello di Pietra Martone e si at-torcigliava intorno alla Stele delDrago, fino a quando l’ultima notadel cantore non si perdeva nel chia-rore dell’alba. Pochi, sull’Epomeo,non potendo dormire per l’inson-nia, usciti per caso all’aperto, po-terono ascoltare qualche squarciodivino. Quivi s’era rifugiato unCavaliere che, non avendo potutoottenere la mano della principes-sa, aveva dedicato il suo cuore allavita campestre. Egli spagliava ilgrano sulla Pietra Due Grotte e,quando aveva sete, si sporgeva abere nella sottostante cisterna dalbuco sul pelo dell’acqua. Anche un

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Le “pietre” dell’isola d’Ischia

Lacco Ameno - Il Fungo

sacro ministro, per attendere con maggior impegnoalla mistica contemplazione, sulla Falanga, solita-ria come un convento di frati, nella Grotte del Prete,aveva trovato le dolcezze dello spirito.

Il valentissimo architetto di tutte queste Pietreaveva intanto trascorsa la vita a scavare i Finestro-ni, Pietra Rapesta, la Grotta del Pennino; s’era pre-fisso di trattare con ricchezza di particolari PietraBlox; Pietra di Schioppa, di Tatillo, di Don Giovan-ni, di Scappuccino, della Madonna, del Turco; ma,giunto alla Pietra del Cantariello, sentì l’avvertimen-to dell’angelo del riposo. Sorretto dalla fortissimatempra si scavava la bara nella Pietra dell’Acqua esi effigiava in quest’ultima opera del suo ingegno,come la firma sull’ultimo capitolo di un libro. Dopotanti secoli ancora oggi chi va alla Pietra dell’Ac-qua, sul fondo, nel tremolio dell’onda vede l’effige diquel valoroso che con un braccio solo aveva saputodare agli uomini opere che il tempo ingiurioso harispettato con riverente ammirazione.

Rifacciamoci ancora sulla spiaggia di Citara. Giàabbiamo preso conoscenza con Pietra Bianca, Pie-tra Nera e Pietre del Cavallone. Affacciamoci oltre

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Punta Imperatore per far la conoscenza di un’altroscoglio, la Nave. L’aspetto è imponente: sembra undromedario con le sue due gobbe, un dromedario cheritorni dai deserti del mare e non riesce a toccareterra, vittima d’un volere divino che lo pietrifica. Èla nave che portò Ulisse a Itaca secondo la leggen-daria narrazione omerica. Gli studi eseguiti dalloChampault indicano, infatti, Ischia come la terradei Feaci. Per ultimo facciamo conoscenza con quelmonumento che il mare ha lavorato con le sue onde,il Fungo di Lacco. Son tutte pietre bellissime, cheresterebbero soltanto pietre, se una leggenda non levivificasse tutte, per renderle partecipi del nostrointeressamento, e perché esse stesse accogliesseroun palpito del nostro cuore che piange sulla loro con-dizione di pietre, perché le pietre non sono altro chepietre. Ed ecco la vecchia e nuova leggenda si fon-dono in un quadro di ovidiana freschezza. Lì, sottoPunta Imperatore, relegata a perpetua immobilità,espia la sua colpa la Nave che riportò Ulisse ad Ita-ca. Essa, come un dromedario che ha percorso ildeserto del mare si accascia su la meta raggiuntama non toccata. Un uomo e una donna riuscirono afuggire e si diressero verso la spiaggia di Citara.Ma, ahimè, essi furono i primi e gli ultimi a vederelo stuolo delle Ninfe Tirreniche del Cavallone scher-zanti tra il mare e la terra.

Sulla deserta spiaggia, ogni anno, si dice che ilmare si calmi, per vedere se quella Pietra Bianca equella Pietra Nera riescano a raggiungere il lido, ose le Pietre del Cavallone, un giorno bellissime fan-ciulle, riprendano i loro giochi in riva al mare. Manessuna pietra raggiunse mai il lido. Il fato fu ine-sorabile, come a quel fanciullo e a quella fanciullache troppo presto si amarono e vollero fuggire nel-l’immenso mare. Essi perirono insieme, e la natura,affranta, eresse loro nel mare un tumulo, un Fun-go, che sotto l’alcova della sua ombrella veglia anco-ra il riposo dei piccoli.

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Monte Maschiatta

Ma noi abbiamo ignorato la Pietra del Turco Regine, laquale composta di una originalità di linee mai uguagliate esituata presso le fumarole del Bellomo tra i vigneti di Mon-tecorvo, lascia affacciare il suo moro padrone da quel ter-razzino che fa impazzire per la sua bellezza rusticana. Ab-biamo taciuto del Cantone di Sparaina su cui saliva la ve-detta per scrutare l’orizzonte e dare l’allarme se mai si pro-filasse tra le brume mattutine il legno corsaro. Ma non pos-siamo passare sotto silenzio la Pietra di Santa Maria nelcui tufo sono ricavati il cellaio, la cisterna, una cameretta alprimo piano, un’altra al secondo piano con un balconcinoche affaccia su Forío e infine col magnifico terrazzo che do-mina dal Belvedere dei Frassitelli alla Punta Callotta.

Addentrarsi nell’Isola percorrendo quelle stradette che con-servano ancora il sapore d’un’era passata sembra non unarealtà ma un sogno. La maggior parte di queste stradette,oltre a conservare nomi che attendono lo studioso il qualeritrovi nella loro etimologia l’antico linguaggio isolano, sonoben delimitate da muri a secco, detti “parracine”. Esse fan-no parte delle bellezze non naturali, sebbene abbiano trattola loro composizione generalmente dalle pietre di tufo, lequali, pertanto, rappresentano gli elementi, le sillabe diquesto meraviglioso linguaggio che accompagna il turistanelle sue escursioni alla scoperta dell’Ischia sconosciuta. Laforma rusticana con cui il colono volle recintare i suoi campiresta il più bell’ornamento delle nostre stradette di campa-gna. L’ingegno e la fantasia che univano la necessità dellosfogo dell’acqua piovana imbevuta dal terreno ad un orna-mento semplice e rustico s’incontrarono quando la mano del-l’artista posò la prima pietra di questi muri a secco che ilcolono greco chiamò parracine.

Le balze tagliate a scaloni le ebbero per contrafforti dandoalle campagne ischitane un pregio ornamentale. Sul lorociglio l’ingordo vignaiuolo incastonò, talvolta, acuminati coccidi vetro, per evitare al passante troppo prodigo coi beni al-trui di piluccare arditamente i bei grappoli maturi per lavendemmia, o vi fece nascere il rovo spinoso; ma la natura,che asseconda l’opera dell’artista, vi fece spuntare gratuita-mente il roseo fiore della cannochiara. E dalle fessure uscìla menta selvatica, e molte si rivestirono di parietaria, men-tre alla base, sul verde fondo, gli anemoni incastonaronogemme azzurre e gialle.

Quando da poco sono state erette, la pietra è fresca, brunase lavica, gialla o verdina se tufacea, rossa se vicino sta unavena di roccia ferrigna. Col tempo si macchiano di chiazzebianche, poi si rivestono di muschio prima rossastro, poi ver-de, che i fanciulli raccolgono per coprire i loro presepi.

Di giorno, quando il sole ne illumina di sbieco la facciata egli interstizi appaiono bene ombrati, esse esprimono un ri-camo, in cui si leggono i sobri pensieri dei contadini, le som-messe parole del solitario viandante, il canto degli uccelli, ilverso dell’asinello, l’immagine del cacciatore e del cane. Èun bassorilievo che racconta tutta la vita e i costumi del-l’Isola.

E questo bassorilievo, spiegandosi alla nostra contempla-zione, ci mostra un susseguirsi d’immagini. Ecco i carri conla pila dei barili, che l’artista cesellò con mano maestra; i

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Le “pietre” dell’isola d’Ischia

Calimera

Ulteriori notizie si possono trovare anche in Ischia - l’architeturarupestre delle case di pietra di Nicoletta D’Arbitrio e LuigiZiviello, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1991.

muli con la classica soma; le contadine col fasciod’erba in testa, cantando ariette patetiche; il comi-gnolo che fumiga; la massaia che cuoce il “coniglioalla cacciatora”; lo zappatore al lavoro; la noria, cheal girar del somarello bendato riempie le capacivasche. E poi filari di viti, balze a scaloni, alberi dafrutta ed erbe aromaticbe. Di notte, quando la luna è piena, l’effetto si ripete;ma la scultura acquista una tonalità più poetica.Dalla sua reggia il grillo, fattosi sul limitare, incantale notti col suo cri-cri. E quando tutto tace e ilnotturno silenzio avvolge la vita di sogni, chinascostamente sta a spiare vede quella vitastatuaria a poco a poco animarsi: l’uccelletto saltadi ramo in ramo; la vite s’abbraccia ai rami,intrecciandoli con amplessi svenevoli; l’uva premutacola nei palmenti odorosi. Più in là quelli chebattono il solaio di lapillo: i tamburi suonano;arrivano i grossi cesti imbandierati pieni di cibiprofumati e, mentre i magli di legno - i “pentoni” -battono, tutti ballano e cantano: “curre, patrone, eport’u buttiglione”. Ecco l’alta scala a pioli; le campane di mezzogior-no; il fischio di primavera, di salcio bianco, suonatoil 21 marzo; i fuochi artificiali sparati all’alba - ladiana - per annunziare il giorno di festa; il crotaloche nel venerdì santo andava suonato in giro pelpaese, al posto delle campane; le nasselle piene difichi al sole; i soffietti per lo zolfo; la vecchietta chefila alla “conocchia”; la ragazza che lava nel vaso diterracotta; la donna davanti alla “ariatella”; il “pien-nolo” di pomodori; lo stridere delle tessitrici; la con-serva sui tetti aprichi; l’uccelletto in gabbia; la ci-cala col suo rauco accento matura l’estate; il pesca-

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MostreGalleria Ielasi - Ischia Ponte

Giò PontiDisegni

Esposizione dal 23 marzo al 15 aprile 2002Orario: 18.00 - 21.00

tore fa la nassa; il gozzo e i remi; le processioni delSanto Patrono per mare e quelle in campagna.