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La Rassegna d'Ischia 8/1993 3

La Rassegna d'Ischia

Periodico di ricerche e di temituristici, culturali, poliitici e sportivi

A N N O X I Vn. 8

Dicembre 1993Lire 1500

Spedizione in abb. postale gr. III/70%

Sommario

Convegno Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola p. 5, 6

Catalogazone territoriale e zonazione vinicola 7, 8

La zonazione viticola (aspetti giuridici) 9, 10, 11, 12

Rapporti tra vitigno e ambiente 13, 14, 15, 16

Progetto di zonazione viticola dell’isola d’Ischia 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23

Catalogazione territoriale 25, 26, 27, 28, 29

Risanamento più che salvaguardia 30

Agricoltura e ambiente 31, 32, 33, 34, 35

Conclusioni 36

I vitigni dell’isola d’Ischia 37, 38

In copertina (I) : Viticultura a terrazze in forte pen-denza nella zona di Forio

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Il Museo Archeologico di Villa Arbusto in Lacco Ameno deve es-

sere finalmente aperto al pubblicoper valorizzare

il ricco patrimonio culturale

Pithecusa fuori dall'oblio

La conservazione ha per definizione carattere statico. Essa non dovrebbe essere fine a se stessa, ma dovrebbe essere considerata come il punto di partenza di una azione di va-lorizzazione nel senso più pregnante del termine. Alla con-servazione devono più particolarmente aggiungersi misure destinate a far largamente conoscere il patrimonio culturale (Amadou-Mahtar M'Bow)

Questa pagina sarà pubblicatasu tutti i numeri de "La Rassegna d'Ischia", fino a quando non sarà avviato effettivamente il Museo archeologico

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Si è tenuto a Ischia, sabato 24 aprile 1993, un con-vegno sul tema "Salvaguardia ambientale e valorizza-zione agricola"; promosso dalla Legambiente Circolo dell'isola d'Ischia, esso si è avvalso del patrocinio dei Comuni isolani, della Unipol Assicurazioni, del periodico Ischia Oggi e della D'Ambra Vini. Ai lavori, coordinati dal prof. Nicola Lamonica, hanno preso parte studiosi ed esperti italiani del settore, tra cui il dott. Lucio Triolo, il prof. Mario Fregoni, il prof. Attilio Scienza e l'arch. Laura Ca-vagnaro Pontuale. Il convegno ha preceduto l'inaugurazione del Museo contadino dell'isola d'Ischia, allestito nelle cantine dell'Azienda D'Ambra Vini a Panza (Forio d'Ischia). Il Museo raccoglie antiche mappe, oggetti della tradizione agricola, strumenti della civiltà viticola isolana che risale addirittura all'VIII secolo a. C., epoca in cui Ischia divenne la prima colonia greca del Mediterraneo, grazie all'insediamento dei co-loni provenienti dall'Eubea. La struttura museale affiancherà i progetti di ricerca già in corso ed avrà una valenza territoriale, attraverso la proposta di itinerari che ripercorrono i primi insediamenti umani sull'isola, assumendo, quindi, una caratte-ristica promozionale anche sul piano turistico di qualità.

Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola

Convegno

Pubblichiamoalcuni interventidel convegno

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Nicola Lamonica Non è stata un’impresa facile e non tutto risponde all’aspettativa iniziale; basti pensare ad alcune assenze....., ma è comunque un’im-presa riuscita, se si tiene conto della qualità degli esperti che oggi siedono attorno al nostro tavolo e che daranno vita, con voi accorsi ad ascoltarli, al Convegno su “Salvaguardia ambientale e valorizza-zione agricola”. Mancano all’appello il Soprintendente ai BB. AA. di Napoli, arch. Mario de Cunzo, l’Ass. regionale all’agricoltura dott. Alfredo Pozzi (che d’altra parte era stato invitato ad Ischia dalla Legambiente anche per verificare la possibilità di un’intesa istituzionale tra il Comune

Legambiente Isola d'Ischia

Ischia - Distilleria presso i Pilastri (Foto Giorgio Buchner - anni '30 circa)

d’Ischia e la Regione Campania, vista la già piena disponibilità in tal senso del delegato del Comune avv. Nello Mazzella, contro l’avanzata della cocciniglia Marchalina Hel-lenica che sta attaccando in modo preoccupante i nostri pini d’Ischia), e Cesare Donnhauser della Segrete-ria Nazionale della Legam-biente.; l'ing. Angelo D’Abundo, dirigente del gruppo ENI, assente per motivi di lavoro, è invece in mezzo a noi con un suo scritto. Un lavoro enorme, dicevo, so-stenuto e patrocinato dai Comuni dell’Isola, dall’Unipol Assicura-zioni, dal periodico Ischia Oggi e in modo particolare dalla Casa Vinicola D’Ambra . Ringrazio tutti di cuore. Un doveroso saluto alla stampa, scritta e parlata (Paladino del TG3, Cenatiempo de "Il Mattino", Isabella Marino de "Il Golfo", .... del Gambero Rosso), alle radio e televisioni locali. Il ringraziamento ed il saluto della Legambiente vanno naturalmente ai relatori che con il loro acume scientifico e con semplicità espo-sitiva daranno il sale al Convegno; infine un ringraziamento a voi tutti che con la Vostra presenza nella sala date senso e consistenza all’iniziativa.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Corrado D'Ambra

due metodi compatibili?

Catalogazione territoriale e zonazione viticola

Il torchio

Questo convegno, organizzato dalla Legambiente Isola d’Ischia, con la collaborazione dei sei Co-muni, del settimanale Ischia Oggi, dell’Unipol assicurazioni, della D’Ambravini, e con la piena di-sponibilità del Jolly Hotel, è nato da una chiacchierata con l’amico Nicola Lamonica, convinto qual-che mese fa della realizzazione del Parco dell’Epomeo. Espressi i miei dubbi che un vincolo di tipo passivo potesse rivitalizzare e salvaguardare una zona di alto valore ambientale e produttivo agricolo qual è, non solo il Monte Epomeo, ma l’isola tutta. Convenimmo così di aprire un di-battito che certamente proseguirà dopo questo primo convegno. Ci siamo “inventati” questo rap-porto tra due metodi di analisi del territorio (zonazione viticola e catalogazione territoriale) che fin oggi in Italia non ha trovato una concreta confluenza, ma che in alcune nazioni europee costituisce un’interrelazione fondamentale per la legislazione dell’uso del suolo. Ritengo che vincoli territoriali

di tipo passivo, quali ad esempio lottizzazioni e zonizzazioni con indici e destinazioni d’uso gene-rici, abbiano alimentato la cultura urbanistica italiana, definendo di fatto il territorio una risorsa inesauribile ed innescando un processo di crescita quantitativa edilizia e trascurando le ragioni economiche che fino a qualche decennio fa avevano mantenuto in equilibrio perfetto il rapporto tra l’uomo ed il territorio. L’isola era un “museo reale”, un territorio dove si leggevano chiaramente la storia, la cultura, l’economia di millenni passati. Quindi una salvaguardia attiva di fronte ad una salvaguardia passiva, e cioè la formazione di una carta vocazionale dell’isola d’Ischia che tenga conto delle ri-sorse agricole, turistiche, storiche e artistiche secondo metodologie scientifiche che esistono ma che ancora non confluiscono in un progetto complessivo, contro l’individua-zione sommaria, o quanto meno generica, delle linee di tendenza di crescita lasciate al libero arbitrio di una concezione economica di quantità e non di qualità. Due culture a confronto e due metodi di gestione del territorio che devono confrontarsi, se vo-gliamo comprendere le ragioni di un degrado e vogliamo nello stesso momento rivitalizzare una cultura economica che prenda coscienza che il territorio è una risorsa in fase di esaurimento.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

I professori Mario Fregoni dell’Università Cat-tolica di Piacenza e Attilio Scienza dell’Università di Milano tratteranno della zonazione viticola e dei rapporti tra vitigno e ambiente per meglio comprendere il concetto di “vocazione viticola” o vocazione agricola di un territorio; Andrea D’Am-bra attuerà un primo approccio di zonazione ad Ischia, dimostrando come studi del prof. Cristofaro Mennella, Rittmann, Dora Niola, Giorgio Buchner ed altri studiosi rappresentino importantissimi lavori che possano confluire in un progetto di individuazione di una certa tematica. L’architet-to Cavagnaro Pontuale, direttrice dell’Istituto di Catalogazione territoriale di Roma, illustrerà il metodo di catalogazione di un territorio che supera la vecchia concezione di catalogazione settoriale per offrire un metodo che dia i giusti valori di uso di un territorio nella realtà odierna. Infine il dott. Lucio Triolo, ricercatore agroindustriale dell’Enea, darà una valutazione dell’inquinamento antropico di un territorio e le possibili soluzioni di un progetto di ricerca sulla formazione di una carta tematica dell’uso del suolo.

Arch. Corrado D'Ambra(D'Ambra Vini)

Valgono due dati esplicativi dell’inversione dell’u-so del territorio isolano in questo secolo. Un territorio di circa 4.500 ettari che per secoli si è attestato su circa 3.000 ettari coltivati a vigneto e circa 10.000 vani costruiti. Nel 1950 il rapporto era di circa 2.500 ettari e 20.000 vani, e nel 1990 si passa a 900 ettari col-tivati e 100.000 vani costruiti. Negli ultimi 40 anni si sono persi 1.600 ettari coltivati a favore dell’abbandono e di una crescita edilizia di circa 80.000 vani turistico-residenziali. Quindi tra l’abbandono agricolo e l’edilizia co-struita l’isola ha visto nel giro di 40 anni modifi-care circa 2.400 ettari del suo territorio (circa il 54%). Quest’inversione è avvenuta in una cultura assolutista e senza alternativa. Si sono gettati via l’acqua sporca ed il bambino: la povertà agricola e la nostra storia. E questo senza aver acquisito una cultura turistica che si integrasse con altri valori del territorio. Pensiamo oggi di poterci riappropriare della nostra storia con la recinzione a parco di una porzione di questo territorio oppure pensiamo che sia meglio mettere a frutto un terreno ricchissimo di risorse, cultura e storia?

Ischia - Pal-menti nella Falanga (Foto Giorgio Buchner - anni '30 circa)

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Mario Fregoni

La zonazione viticola (aspetti giuridici)

I Francesi per capirsi usano il termine “terroir” che deriva dal latino “terra”. Per noi non esiste una traduzione che dia lo stesso significato, però da molti anni io utilizzo un termine che chiamo ecosistema. Anche l’ecosistema può essere molto vario: forestale, pastorale, agricolo in genere; quin-di, se non viene aggettivato, non ha nessun significato. Allora noi dobbiamo parlare dell’eco-sistema viticolo e della sua protezione. Nel caso specifico dell’ecosistema viticolo d’Ischia, ma non di tutta Ischia, quando parliamo di zona-zione, parleremo di alcune zone viticole, anche perché non tutta l’isola è piantata a vigneto, nostro malgrado, perché prima la superfi-cie era così grande, oggi è limitata. Ma proprio per questo dobbiamo chiederci quali sono questi ecosi-stemi viticoli all’interno d’Ischia da proteggere. Che cos’è un ecosistema vi-ticolo, prima di tutto? E’ un insieme di fattori naturali ed umani che hanno dato dei vini con una certa storia, notorietà e così via. In questo eco-sistema comprendiamo: il terreno (terroir: per forza ci deve essere la terra), ma un certo tipo di terra; un certo tipo di clima, e in questo contesto l’inserimento di fattori

Parlandone anche con il prof. Scienza, ci siamo divisi un po’ i compiti sulla zonazione di carattere viticolo. Lui vi elencherà i compiti scientifici. Io, invece, anche se non sono un giurista, cercherò di defi-nire le cose prima di tutto da un punto di vista giuridico. Quando parliamo di zonazione viticola, pensiamo prima di tutto all’oggetto che vogliamo proteggere. Perché questo è l’obiettivo: proteggere qualcosa.

Ischia - Battuta dell'àsteco (Foto Giorgio Buchner - anni '30 circa)

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

biologici: la varietà, cioè il vitigno, ma anche l’uomo, cioè le cure an-tropiche, il modo di coltivare questa zona. Ecco, l’ecosistema viticolo è tutto questo, con fattori di carattere naturale e di carattere antropico. Gli ecosistemi da proteggere, a mio avviso, non sono tutti. Io, per esempio, che sono padano e lavoro nella pianura padana, non sprecherò un minuto della mia vita per proteggere i vigneti della pianura padana. Sono ecosiste-mi, a mio avviso, non degni di essere protetti, perché non danno vini di qualità, non hanno una storia che merita di essere protetta. Nel caso specifico d’Ischia risalia-mo ai Greci, agli Etruschi, quindi ci sono tutti gli elementi che consen-tono di dire che questo ecosistema va protetto. Normalmente gli eco-sistemi viticoli nobili (così li chia-miamo noi), cioè quelli che hanno dato i grandi vini, sono nati con sacrificio. Non è difficile parlare in questo modo di Ischia, dove a volte il terreno è stato trasportato a spal-la. E’ nato e mantenuto con grande sacrificio ed esistono normalmente dei nuclei storici che hanno dato origine a questi ecosistemi, per i quali poi la viticoltura si è diffusa. Oggi invece la viticoltura si sta restringendo ai nuclei storici, cioè alle aree più vocate. Esiste però il rischio di perderli, perché non sono definiti. Quindi c’è il rischio che la viticoltura rimanga, per esempio, nelle zone più facili da coltivare e scompaia in quelle più difficili, dove invece la qualità è migliore ed è lì che sono nati questi ecosistemi. E in questo modo essi sono divenuti talmente importanti e specifici che sono irripetibili, che sono non trasferibili. Pensate all’esempio del San

Giovese: è un vitigno coltivato in tutta Italia, antichissimo, probabil-mente selezionato dagli Etruschi; 90.000 ettari circa di superficie di vitigno rosso maggiormente colti-vato. Sebbene i grandi vini di San Giovese italiani si ottengano solo in determinati ecosistemi, esso si può produrre dappertutto. Ma il Brunello di Montalcino si pro-duce solo a Montalcino, il Chianti classico solo nella zona del Chianti Classico, il Nobile di Montepulcia-no solo a Monte-pulciano e così via. Quindi sono questi gli ecosistemi che interessano principalmente (anche se esistono altri ecosistemi da proteggere). Ci sono adesso dei movimenti anche a carattere internazionale che tendono a considerare questi ecosistemi come dei monumenti storici. Così come i colleghi archi-tetti si preoccupano di proteggere i monumenti storici, giustamente, noi ci dobbiamo oggi preoccupare, visto che siamo in fase di rivoluzio-ne della viticoltura, di tutelare que-sti ecosistemi che sono fragili, che sono molto costosi in genere e sono questi che hanno dato appunto i grandi vini della storia. Di questo si è occupata recentemente in modo particolare un’associazione france-se che si chiama “Ass. de vin” e che è un’associazione di salvaguardia di terroirs mondiali, quindi non solo francesi; c’è l’O. I. V. (Office International de la Vigne et du Vin) che insieme all’Unesco sta pensan-do a dei film su questi ecosistemi, terroirs viticoli da proteggere. In Italia il CERVIM (Centro di ricerca per la viticoltura di montagna), che ha fatto anche ad Ischia un suo convegno, si sta occupando della protezione degli ecosistemi viticoli di montagna e fra questi c’è anche

Ischia. La conferenza europea delle regioni viticole che ha approvato recentemente in Spagna la Carta internazionale del vino ha dedicato un capitolo proprio alla protezione di questi terroirs. L’oggetto della protezione, come vi dicevo, è que-sto ecosistema viticolo minacciato da distruzioni materiali. E qui si è parlato di urbanizzazione, etc. Ma non è solo questo; ci possono essere distruzioni materiali anche diverse: pensate semplicemente ad una sistemazione di tipo agricolo che sconvolge la sistemazione del terre-no. Potrebbe già essere questa una minaccia ad un ecosistema viticolo. Ma ci sono anche delle minacce che noi chiamiamo di tipo intellettuale, come ad esempio l’usurpazione di un nome fatto all’estero. Pensate all’uso di una denominazione di origine tipo Ischia, per esempio. Se la denominazione Ischia ve-nisse utilizzata altrove, è chiaro che ci sarebbe una banalizzazione del nome Ischia legata al vino e considerata una minaccia intel-lettuale. Ma così pure la minaccia all’immagine di un vino legato ad un ecosistema particolare. Pensate, ad esempio, se ad Ischia venisse fatta un’industria che emette fumi, vapori, ecc., come la distruzione di rifiuti si potrebbe inquinare il vino e quindi distruggerne l’immagine. Sono quindi degli attacchi a questi ecosistemi.

Le tecniche di protezione

Purtroppo dobbiamo dire che le tecniche giuridiche di protezione sono molto limitate. Solo la Fran-cia, e mi dispiace dirlo perché sono dei concorrenti, praticamente ha un paio di leggi che consentono la protezione di questi terroirs,

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

di questi ecosistemi viticoli, perché la Francia ha una legge dell’80 e una del ’90, nelle quali si dice che prima di fare qualcosa, che sia un fabbricato, una strada o una ferrovia, qualche cosa che possa minacciare l’esistenza di singoli vigneti o di zone intere, bisogna chiedere il parere dei viticultori, dei loro sindacati e, se si tratta di denominazione di origine controllata, bisogna anche chiedere l’avviso dell’INAO, dell’istituto che corrisponde al nostro comitato nazionale. Al di là di questo, c’è ben poco, se non una protezione di tipo internazionale e cioè ci dobbiamo rifare agli accordi di Lisbona, Madrid e Parigi, che sono di carattere generale, per la salva-guardia della denominazione di origine dei prodotti agro-alimentari in genere, e riguardano in generale la protezione intellettuale dell’invenzione. Questa è la sintesi di questi accordi, perché in ef-fetti il patrimonio che vogliamo salvaguardare è di tipo intellettuale; dato che è il viticultore che crea questi vini, c’è quindi una partecipazione umana, ma nell’ambito della proprietà terriera, cioè della proprietà del suolo. Esiste quindi, noi diciamo, un diritto alla denominazione di origine e un diritto sulla denominazione di origine. Più esattamente il viticultore ha diritto alla denominazione di origine, il pubblico potere ha diritto sulla denominazione di origine. Sono due tipi di diritto: uno privato e l’altro pubblico che si esercitano su queste denominazioni di origine. E da ultimo cito, sempre in campo inter-nazionale, anche perché è stata utilizzata di recente, la Comunità Economica Europea che su delega degli stati membri tratta di questi attacchi internazionali per la denominazione di origine. Un esempio è la questione del Chianti con l’Australia: quest’ultima ha usurpato da sempre il nome Chianti che è uno degli ecosistemi che vogliamo proteggere. Ebbene la CEE ha avuto la delega dal governo italiano per proteggere il Chianti nei confronti dell’Australia cui sono stati concessi 5 anni di proroga ancora per usare il nome Chianti, dopo di che non potrà più farlo. Ci sono però anche delle leggi nazionali, in modo particolare sulle denominazioni di origine.Noi abbiamo in Italia una legge recente, la 164 del ’92, che ha innovato rispetto alla vecchia legge del ’63, perchè ad esempio pone proprio la possibilità di proteggere la denominazione di origine da questi attacchi. Infatti i produttori e lo stesso comitato

nazionale possono agire in giudizio quando l’e-cosistema di una denominazione di origine viene attaccato da qualche cosa. Vi cito un caso: Brunello di Montalcino. C’è stato un progetto di una discarica (e c’è ancora questo pericolo) ad un chilometro di distanza dalla zona di produzione di Montalcino. Sta di fatto che abbiamo dovuto intervenire perché avevamo paura che i fumi provocati da questa fab-brica di distruzione potessero inquinare il vino e che comunque la presenza stessa di questa cava di rifiuti e di distruzione di rifiuti potesse incidere negativa-mente sull’immagine del Brunello di Montalcino. Di questi casi ne abbiamo un po’ dappertutto in Italia e la legge ci consente di intervenire. Consente di intervenire alle organizzazioni tipo i consorzi (ad Ischia non esistono, ma bisognerà farli) o consigli interprofessionali, ma consente anche al comitato nazionale di intervenire in Italia e anche all’estero; purtroppo non abbiamo i mezzi. Riguardo alla protezione certamente le zonazioni sono uno dei mezzi per proteggere questi ecosistemi, perché con esse si delimitano gli oggetti e le zone da salvaguardare. In Italia le zonazioni sono state assegnate alle regioni nel piano vitivinicolo nazio-nale, però possiamo dire che fino ad ora hanno fatto poco o niente. Salvo eccezioni, le regioni non hanno impegnato né le loro capacità intellettuali né quelle finanziarie per fare queste zonazioni. Le città del vino si sono interessate a questo problema e vogliono fare addirittura una catalogazione di queste zone, vogliono offrire dei piani urbanistici ai comuni per salvaguardare le zone viticole a grande vocazione.

Nel caso specifico di Ischia stiamo affron-tando una tesi sulla zonazione, cioè sull’in-dividuazione delle sottozone viticole che dovrebbero essere messe sotto salvaguardia, con i due giovani allievi Iacono, il prof. Scienza e le cantine D’Ambra. Il governo italiano ha creato poi la commissione dell’agricoltura di montagna, nella quale noi cerchiamo di introdurre il concetto della protezione degli ecosistemi orticoli. Ma sostanzial-mente questa è la mia conclusione: noi siamo ancora agli inizi di questo problema. Non abbiamo cioè nemmeno gli strumenti giuridici, parlo dal punto di vista agricolo, per affrontare questi problemi. Un esempio: Ischia ha un patrimonio ambientale

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Ischia Carretto con barili(Foto Giorgio Buchner - anni '30 circa)

che è dato da questi ecosistemi di tipo naturale, ma ha anche un pa-trimonio viticolo che sono i vitigni (le varietà) che vengono coltivati. A mio avviso, per salvaguardare l’ecosistema viticolo dell’isola d’I-schia non solo vanno posti vincoli di carattere territoriale, zonale, cioè sul suolo, ma anche sull’uso dei vi-tigni: Forastera, Biancolella, Per’ ‘e palummo e Guarnaccia dovrebbero essere utilizzati solo sulle etichette dei vini d’Ischia e non degli altri vini, anche se appartenenti alla Campania. E’ una forma anche questa di protezione. Non dico che questi vitigni non possono essere usati come coltivazione altrove. E’ un’altra cosa: il vitigno non è tutelabile. Ecco una differenza che noi facciamo anche in campo inter-nazionale: mentre il terroir, cioè il sistema viticolo è proteggibile,

mentre il nome che vi corrisponde (il nome del vino) è proteggibile in campo internazionale, il nome del vitigno invece non lo è. Però lo stato può stabilire che quel nome di vitigno venga utilizzato solo in quella determinata zona. Per esempio, quando penso al Picolit, penso al Friuli perché per me il Picolit dovrebbe essere usato solo nel Friuli, ecc. Cioè si identificano anche la stessa varietà e il nome del territorio, il nome del vitigno legato ad una determinata zona. Ecco, questo volevo dirvi. Forse non è tanto, anzi è pochissimo. Però, se noi non lavoriamo anche sul piano giuridico oltre che in quello scientifico, di cui prevalen-temente mi occupo, forse perdiamo la battaglia. Occorre che chiediamo alle Regioni, chiediamo al nostro Paese di darci gli strumenti giuri-

dici per proteggere questi ecosiste-mi viticoli; concetto valido anche certamente per gli altri ecosistemi in pericolo. Nelle mie zone ci sono ancora le marcite, create secoli e secoli fa. Ebbene io metterei una protezione su questi pochi ettari di marcite che sono rimasti, perché sono veramente dei monumenti storici. Se le distruggiamo, perdia-mo qualcosa di unico di cui i nostri giovani perderanno l’occasione di venire a conoscenza.

Mario Fregoni

Cattedra di Viticoltura Università Sacro Cuore di Pia-

cenza

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Viticultura a terrazze in forte pendenza nella zona di Forio (Foto G. Buchner - anni '30 circa)

Attilio Scienza Tratterò della difesa e della valorizzazione di terri-tori viticoli storici attraverso strategie di zonazione. Questo argomento si colloca bene in una tematica generale che coinvolge altri aspetti della vita agri-cola ( e non solo agricola) mondiale e il processo di impoverimento al quale sta andando incontro sia la nostra agricoltura, sia tutto il nostro mondo naturale. E’ il problema generale della biodiversità, dell’erosione, della perdita di variabilità, alla quale, dicevo, non solo il mondo agricolo, ma anche e in particolare il mondo naturale sta andando incontro. A tutti è nota l’iniziativa dell’UNESCO e di altre organizzazioni internazionali di porre rimedio a questa semplificazione biologica che stanno attra-versando i sistemi biologici ed agricoli mondiali. Ebbene, è importante in una fase iniziale per tutte queste iniziative procedere ad un censimento, ad una catalogazione, ad un’analisi delle risorse ancora disponibili, purtroppo sempre progressivamente in diminuzione, e poi su di ese attuare delle strategie per contrastare la perdita di variabilità. Ci si chiede spesso il motivo per cui alcuni paesi sono più sensibili a difendere le loro risorse ed altri meno attenti a questo problema. Ci si chiede perché alcuni paesi, come la Francia, hanno intrapreso da molto tempo iniziative per proteggere ciò che hanno in campo viticolo (ma non solo in esso), mentre altri, come l’Italia, non hanno fatto registrare alcun inter-vento in merito. Le radici di questo comportamento sono molto lontane, come al solito affondano nella nostra storia, che è in parte una storia europea, molto spesso è una storia nazionale, e quindi le conseguen ze di questi comportamenti attuali in fondo vanno riportate in origini molto lontane. Un gruppo di paesi in questo mondo sono sensi-bili a proteggere l’ambiente, perché hanno legato la qualità del vino (e non solo del vino, ma anche del formaggio e di altri prodotti agroalimentari) all’ambiente. Altri paesi hanno legato la qualità dei prodotti agroalimentari alle tecnologie o ad alcuni aspetti tipo il vitigno, tipo qualche razza bovina e così via. In effetti noi abbiamo avuto uno sviluppo storico molto antico, prevalentemente legato a va-lorizzare l’ambiente. I Romani, pur riconoscendo una grande variabilità genetica ai vitigni, negavano che questi avessero una dignità genetica propria, ma sostenevano che fossero in effetti soltanto il frutto di una interazione con l’ambiente. Era l’ambiente che determinava le

Rapporti tra

vitigno e

ambiente

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caratteristiche dei vari vitigni. Questo tipo di impostazione an-dava avanti per molto tempo, in effetti fino all'800. Ugualmente più tardi esso prevalse in Francia: basti pensare all'esaltazione addi-rittura dell'ambiente prima della rivoluzione. Il ‘600 è un tipico periodo di imi-tazione culturale dei geologi latini, quindi ripeteva in modo molto rigido ciò che dicevano. Era l’ambiente che andava pro-tetto e quindi naturalmente era dall’ambiente che derivava la qua-lità. “Un posto che ha aria salubre, acque fresche, pulite, un posto che ha abitudini felici, non può che dare un grande vino”. In effetti era una conseguenza logi-ca: di certo posti nei quali le acque non sono pulite o buone, posti nei quali gli uomini non sono pacifici o ospitali, non possono dare vino. Vii era peraltro un altro gruppo di persone, in fondo forse più ra-zionali, nelle quali forse l’aspet-to dell’immaginario non era così forte come nei loro contrapposti; ecco, queste persone invece cercavano di capire da dove nasceva la qualità in modo più oggettivo e in fondo in modo più cartesiano: scompo-nendo il problema in tanti piccoli problemi e risolvendolo. Pier De Crescenzi fu il primo a fare una lista di varietà finalmente slegata da una necessaria o conse-guente interazione con l’ambiente: diceva : “i vitigni sono o buoni o cattivi per quello che sono, non tanto perché sono piantati in un posto piuttosto che in un altro”. Anche il Gallo, agronomo lombar-do del ‘500, e il Guyot affermavano che il genio del vino è nel vitigno. Ebbene queste due scuole che han-no avuto un peso determinante, lo hanno ancora negli atteggiamenti

produttivi e commerciali di molti paesi del mondo ed hanno trovato una sintesi in un gruppo di perso-naggi di scienza dell’800, i quali finalmente identificano nell’inte-razione “vitigno-ambiente” la base della qualità. Ed è su questa inte-razione che si basa questa nuova tecnica di giudicare la vocazione ambientale. Perché, se noi partissimo solo da presupposti ambientali o solo dalle varietà, rischieremmo di non riuscire a capire la qualità di un ambiente, daremmo cioè troppa enfasi al terreno o al clima o all’e-sposizione, ma non riusciremmo a dare a queste descrizioni di tipo pedologico-climatiche il peso necessario che loro hanno sulla qualità. Così, se noi puntassimo sul vi-tigno, rinunceremmo a zonare, a identificare un ambiente nel quale questo vitigno può ottimizzare le proprie prestazioni. Ebbene è l’interazione che ci dà la misura della qualità di questo vino o comunque di questa inte-razione che deve essere dall’uomo ottimizzata. Noi abbiamo lo stru-mento della varietà, lo strumento ambientale; l’uomo è colui che ottimizza l’uso di questi strumenti, è colui che sa fare le scelte e che in fondo è l’interprete di questa ottimizzazione. Ed infine mi piace citare Piero Vasenga, ampelografo ottocentesco (vi era allora questa mania collezionistica non solo nella varietà di vite, ma anche in altri campi), il quale vide un gran-de futuro a questa interazione, a condizione che si fosse passati alla creazione di una nuova varie-tà. In effetti diceva: è inutile che insistiamo sull’ottimizzazione di queste interazioni con i vitigni che abbiamo a disposizione: il

terreno e il clima sono quelli che sono, non possiamo modificarli e quindi non possiamo ottimizzare questo rapporto, se non creiamo nuove varietà. Quindi lui aveva veramente proposto cose che si fanno attualmente, non dico nella vite, perché in vite è difficile fare genetica pratica, ma in mais o in soia o in altre culture erbacee, nelle quali, dato un ambiente, in fondo è il genetista che ottimizza il rapporto creando una varietà. Allora a queste due concezioni contrapposte bisogna arrivare con una sintesi ed è quella che adesso cercheremo di proporre proprio come strumento per zonare, per capire la vocazione di questi am-bienti. Il prof. Fregoni aveva, al suo esordio, indicato in alcune minacce il pericolo alla viticultura. Abbiamo delle minacce di tipo endogeno (di tutta la viticultura difficile, della viticultura di montagna): costi di produzione, la difficoltà a modifi-care anche la varietà (non sempre a zone difficili corrispondono grandi vini). Purtroppo vi sono limita-zioni in queste zone di tipo cultu-rale, varietà inadatte, tecniche di produzione non perfette; quindi la difficoltà a non adeguare le va-rietà al fabbisogno e al consumo e naturalmente la difficoltà anche per la tecnologia. Non è facile in zone difficili introdurre tecnolo-gie anche enologiche di un certo tipo per motivi di investimento e quindi è chiaro che l’abbandono o comunque l’erosione di zone diffi-cili passa anche attraverso questa incapacità di adeguare il prodotto alla richiesta. E poi vi sono delle cause di tipo esogeno che sono in fondo rappresentate dalla sottra-zione di superficie a questi vigneti, e voi vivete questa realtà e non occorre che ve la illustri.

La Rassegna d'Ischia 8/1993 15

pretativo: la persona che fa il vino, che sa che quella provenienza darà quel tipo di prodotto, applicherà un tipo di tecnica.... Allora la cantina ha bisogno di queste conoscenze di zonazione per capire l’interazione, per capire poi come interpretare questa interazione. Gli enti. Sono i più svariati gli enti che devono gestire, difendere un territorio: un comune, un pianifi-catore, un architetto. Gli organismi. Una camera di commercio, un consorzio... Sempre c’è bisogno di maggiori conoscenze per difendere, per va-lorizzare. Se non conosciamo, non possiamo difendere né valorizzare. Ma purtroppo molto spesso non abbiamo gli strumenti di cono-scenza per difendere; parliamo, facciamo tante chiacchiere, però non abbiamo gli agganci oggettivi per poter dare forza alle nostre strategie. Molto spesso anche chi fa assistenza tecnica, chi vende concimi, chi vende antiparassitari, chi vende barbatelle, non ha una conoscenza del territorio tale da dare un consiglio efficace che porti ad un risultato concreto. Tutti questi signori hanno esigenza di informazione e passano attraverso i centri di assistenza tecnica che in alcune regioni funzionano, in altre non ci sono neppure. Quanti hanno esigenza di informazione, si rivol-gono ai centri di ricerca e, attraver-so il flusso di ritorno viene fatta questa ricerca, che viene data alla utenza tecnica, alle cantine, ecc. e si ha questo circolo interessante, utile fra utenza e ricerca. Questo è un fatto importante; molto spesso questo circolo, questo rapporto non esiste, per cui tutti vanno per la propria strada. La ricerca va per la propria strada e fa delle ricerche magari utili fra 10 anni, ma non completamente applicabili subito. Fra l’altro invece esistono esigenze,

abbastanza bene, anche se forse ha meno fascino come parola). L’ecosistema vuol dire studiare l’ambiente nelle sue componenti, conoscere i genotipi (le varietà) e soprattutto valutare le interazioni. Direi che il nocciolo del metodo, delle sinergie, è in questa frase: valutare le interazioni, e cioè non solo studiare l’ambiente, o i vitigni, ma cercare di capire come questi vitigni in questo ambiente reagi-scano, e dai vini che si producono, dalla loro qualità, dai profitti che ci saranno, capire se questo rapporto è ottimizzato, non dico perfetto, ma abbastanza equilibrato, o è un rapporto che può essere migliorato con scelte culturali o anche gene-tiche, ma comunque con qualcosa che può migliorare i nostri risultati. Allora gli obiettivi in parte li abbia-mo già definiti. Sono impliciti per quanto abbiamo finora detto, ma cerchiamo di renderli più espliciti: individuare le zone viticole dove la qualità e la peculiarità dei prodotti ne hanno sancito la notorietà. Ecco questo è molto importante: noi dobbiamo partire da un presup-posto che lavoriamo sui vini, su zone, su ambienti noti, difendibili, non su qualcosa di molto vago o di assolutamente sconosciuto, qualcosa su cui possiamo fare un investimento culturale: mettere in atto le strategie: la zonazio-ne. approfondire la conoscenza dell’ecosistema di produzione, determinare i fattori che esistoono sulla qualità e ponderarne l’effetto esercitato. Per esempio, tanto per dare alcune indicazioni, quali sono i rapporti fra gli attori di un ambiente, fra utenza e servizio? Le cantine. Non è un fatto mec-canicistico prendere l’uva, pigiarla, farla fermentare, applicare tecni-che di filtrazione, sterilizzazione, e poi imbottigliare. E’ un fatto inter-

Vi sono altri paesi, come la Francia (in questo momento minacciata dalle linee di treni veloci i quali hanno bisogno di spazi molto larghi e di percorsi rettilinei), in cui non si guarda molto in faccia ai problemi della produzione o alle zone storiche e con questo loro ci-nismo tecnologico dividono paesi, dividono zone altrimenti uniche, dividono anche le persone. Quindi vi è questo pericolo che non è il nostro, ma anche le linee urbane ferroviarie rompono l’integrità. Allora vi sono delle perdite di tipo fisico, che sono quelle che minac-ciano fisicamente la superficie (il fatto di costruire molte case, il fatto di farci strade vuol dire sottrarre superficie alla viticultura), ma molto più gravi sono secondo me le minacce di tipo di immagine. Non è solo il fatto di perdere un pezzo di vigneto, ma il fatto che questi vigneti vengano erosi nella loro immagine: così avviene quan-do da altre parti si fanno vini con uno stesso nome, quando il vino di alcune zone non è più come quello di una volta, e così via. Allora è su questo che bisogna puntare, perché se l’isola d’Ischia era o è ancora, forse per alcuni aspetti, un’isola viticola, diventa molto difficile per un visitatore magari poco attento vedere molti vigneti sul suo territorio. Non han-no, questi visitatori, l’immagine dei territori della Borgogna o del Palatinato in Germania.

E’ necessaria una ripresa sociale, culturale, economica, capace di contrastare l’erosione fisica, ma anche di immagine di questa viti-cultura. Allora la nostra zonazione cos’è? E’ uno strumento che ci consente di conoscere l’ecosistema di produzione (il “terroir” non al-trimenti traducibile, come diceva il prof. Fregoni; ecosistema si presta

16 La Rassegna d'Ischia 8 / 1993

richieste di ricerca che non sono soddisfatte, rimangono latenti o, come si dice, inespresse. Allora come si giudica questa interazione, visto che è il punto focale del metodo? L’interazione viene giudicata attraverso delle conoscenze biologiche, delle co-noscenze della produzione, dello sviluppo della pianta, attraverso i risultati qualitativi, analitici del mosto, ma soprattutto attraverso i risultati sensoriali del vino, l’anali-si del vino. Naturalmente tutte que-ste cose che noi misuriamo sono il frutto di uno stimolo ambientale fisico-chimico (suolo, atmosfera) e di tipo anche umano (le scelte culturali, il tipo di impianto, la carica di gemme, il modo con il quale viene gestita la forma di al-levamento, e così via) e sono anche legate a fattori imprevedibili, come sono spesso gli eventi stagionali. Anche se conosciamo bene il ter-reno, alcuni regimi di piovosità, di temperatura, vi sono (questo è un fattore imponderabile, difficile) delle situazioni annuali meteoriche imprevedibili, alle quali dobbia-mo reagire, trovando tecniche culturali e varietà stabili, cioè che reagiscano poco a questi stimoli. E si parte allora con una conoscenza di base, questa calcografia di base, nella quale vengono allocate le varietà e con una destinazione enologica di questi vini vogliamo sapere che cosa produrre in quella zone perché altrimenti le nostre de-cisioni, le nostre interazioni sono abbastanza superficiali. Ad Ischia sappiamo che il vino ha questa ti-pologia; bisogna che noi scegliamo (utilizziamo) alcune condizioni per produrli bene. Allora il primo passo è di tipo climatico, pedologico. Nel-la sua relazione Andrea D’Ambra vi dirà come, per esempio, l’isola d’Ischia, pur così piccola, ha due climi, due o tre piovosità; vi sono

differenze importanti in ambienti limitati, molto spesso. Occorre una descrizione del suolo con un criterio diverso dal passato. A noi non serve più conoscere forse una stratigrafia o una tipicizzazio-ne di tipo pedologico, ma quella che viene chiamata unità di paesaggio. Paesaggio vuol dire collocare quel suolo in un ambiente dove esso può manifestare le proprie influenze, ma anche collocare quel suolo all’interno dei fattori che hanno portato alla sua genesi. Quindi una genetica del terreno, le condizioni che hanno portato a quel suolo e le condizioni per le quali quel suolo può manifestarsi. Questo suolo può essere presente, ad esempio, in un fondovalle, con un tipo di falda piuttosto superficiale, oppure in collina e con una presenza d’acqua molto più bassa. La geologia o la pedologia non ci dà da sola un supporto adeguato per capire l’interazione. Bisogna che collochiamo quella geologia in un paesaggio, perché vi sia la pos-sibilità di capire come quel suolo funziona, quali sono le variabili di funzionamento di quel suolo. Allora si arriva ad una posizione forse più analitica. Io non mi sof-fermo sull’argomento, perché non è questa la sede per spiegare come funziona, come sono le fasi e le azioni di una zonazione; in fondo bisogna capire la filosofia, il con-cetto come si arriva ad un risultato attraverso questa strategia. (...)Ed ecco in fondo quali sono le conclusioni che si possono fare da questo breve intervento. La zonazione è una strategia, è un pacchetto di tecniche che portano ad un risultato, che è di conoscen-ze, che però non è fine a se stesso (conoscenze di terreno, vitigno, clima), ma dà la possibilità di usarle in modi molto diversi. In questo caso, oggi, parliamo di tu-

tela, di difesa del territorio, quindi la conoscenza di questo territorio è necessaria per poterlo proteggere, vuol dire identificare sull’isola 7, 4, 10, 15 zone particolari, difendibili perché ne conosciamo il potenziale qualitativo, perché sappiamo che qualsiasi modificazione di quel rapporto storico esistente porterà ad una modificazione del risultato interattivo. Quindi non vuol dire neanche ingessare quella zona, vuol dire cercare di migliorare, di portarci strumenti di meccaniz-zazione (monorotaie, strade più agevoli per l’uomo); ma quel tipo di struttura produttiva (la terraz-za, il vitigno) non deve essere di molto modificata. Però questo non è sufficiente, perché molto spesso una difesa presuppone che vi siano anche altri interessi; i pacchetti di notizie vengano dati a tutti: cam-biare il portainnesto, o magari la forma di allevamento, concimare in modo diverso, utilizzare un di-serbante piuttosto che un altro, se questo dovesse essere necessario. Difendere il territorio vuol dire in sostanza conoscere per poter migliorare la qualità e la gestio-ne economica di questo vigneto. Quindi il primo passo da fare per poter arrivare ad una tutela, ad una salvaguardia sia quello di de-scrivere queste situazioni attuali, di proporne eventualmente una ottimizzazione anche per arrivare ad un miglioramento della quali-tà, ed in effetti consentire ai vari Comuni di inserire queste notizie nei loro piani regolatori, affinché in queste zone particolari, irripeti-bili di viticultura di qualità, non si facciano case, strade, non vengano cioè sottratti terra o spazio o inte-resse economico a questi ambienti.

Attilio ScienzaIstituto Coltivazioni arboree

Università di Milano

La Rassegna d'Ischia 8/1993 17

Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Andrea D'Ambra

Progetto di zonazioneviticola dell'isola d'Ischia La produzione vitivinicola dell’isola ha subito, dall’ulti-mo dopoguerra, autentici “tracolli” quantitativi, dovuti soprattutto allo sviluppo del comparto turistico, che ha sollecitato l’aggressione disordinata al territorio, di cui parte integrante era la viticoltura.

Anno Sup. vigneto in ha Produzione in hl

1929 2.747 250.000 1961 2.270 121.000 1985 1.400 70.000 1990 900 62.000

Da qualche anno deve annotarsi una inversione di tendenza della coltura della vite in zone storicamente

vocate per il prestigio che la qualità del vino d’Ischia mantiene sul mercato. Al fine di razionalizzare la ripre-sa è necessario individuare le zone ad alta vocazione viticola, definirne il modello e diffonderlo perché “la tradizione secolare e l’esperienza personale possono non essere più sufficienti a sostenere la produzione che regge soltanto sull’aspetto qualitativo” (Mario Fregoni). Il progetto di zonazione è legato all’ambiente di cui il clima ed il suolo sono parti essenziali. Clima e suolo, diversificati nell’isola per aspetti geologici e litologici, caratterizzano tipologie diverse di vino, in un territorio definito per il passato genericamente vulcani-co. La configurazione geologica, litologica, topografica dell’isola può produrre effetti diversi nell’interazione pianta-clima-suolo.

Considerazioni generali // CLIMA

Le caratteristiche climatologiche fondamentali dell’i-sola d’Ischia sono contrassegnate da una eccezionale mitezza termica, specie nel corso del periodo invernale, i cui valori delle medie sono comparabili con quelli delle stagioni intermedie (primavera ed autunno) delle località del nord e del centro della penisola (vedi sche-da A); invece il campo corrispondente di variazione vi risulta quanto mai limitato per i valori delle massime e delle minime e con estremi termici assoluti molto ristretti. L’autunno assume la fisionomia di una estate lungamente protratta, per cui solo il dicembre viene a rappresentarvi il pre-inverno. La primavera invece pur termicamente “depressa” rispetto all’inverno, fa rilevare, in confronto ad altre località della penisola, una sensibile precocità (caratteristica del periodo esti-vo mediterraneo). L’estate termicamente “contenuta” notevolmente areata anche per influenza orografica, presenta la inconfondibile fisionomia dell’estate mediterranea. Potremmo quindi far rientrare l’isola

18 La Rassegna d'Ischia 8 / 1993

Andamento termico annuo dell’isola secondo distribuzione mensile e ripartizione in stagioni (1) Pre-inverno dicembre media gradi 11,8 Inverno gennaio-febbraio media gradi 10 circa Post-inverno marzo media gradi 12,1 Primavera aprile-maggio medie gradi 14 e 18 circa Pre-estate giugno media gradi 21,9 Estate luglio-agosto medie gradi 24,2 e 24,5 Post-estate settembre media gradi 22,1 Autunno ottobre-novembre medie gradi 18 e 14 circaSi noti che periodi-stagioni sono caratterizzati da una soddisfacente eguaglianza termica tra stagioni simmetriche ri-spetto all’elemento temperatura, e ciò a prescindere, evidentemente, dalle anomalie e dalle instabilità che sono proprie dei climi delle regioni temperate.

(1) Da: Cristofaro Mennella - L'isola d'Ischia, gemma climatica d'Italia - Napoli, 1959.

Scheda A

Temperature medie mensili: confronto Ischia Porto - Napoli Università G F M A M G L A S O N D

Ischia Porto 9,9 10,2 12,1 14,4 18,1 21,9 24,2 24,5 22,1 18,6 14,6 11,8Napoli Univ. 9,1 9,2 11,8 14,6 18,7 22,4 25,0 25,0 22,1 18,4 13,8 10,8diff. Ip - Nu 0,8 1,0 0,3 -0,2 -0,6 -0,5 -0,8 -0,5 0,0 0,2 0,8 1,0

Media annua Porto d’Ischia 16,87 Media annua Napoli-Università 16,74

Medie mensili delle temperature massime diurne G F M A M G L A S O N D Ischia Porto 12,4 12,9 15,2 17,7 22,3 25,8 28,2 28,6 25,3 21,3 16,9 14,4Napoli Univ. 12,1 12,7 15,4 17,9 22,3 26,4 28,7 28,2 25,5 21,4 16,8 14,2Diff. Ip - Nu 0,3 0,2 -0,2 -0,2 0,0 -0,6 -0,5 0,4 -0,2 -0,1 0,1 0,2 Medie mensili delle temperature minime diurne G F M A M G L A S O N D

Ischia Porto 7,6 7,6 9,2 10,8 14,3 17,6 19,7 20,4 17,8 15,0 11,5 9,6Napoli Univ. 6,6 6,8 8,9 10,9 15,0 18,3 20,5 20,9 18,2 14,9 11,0 8,8Diff. Ip - Nu 1,0 0,8 0,3 -0,1 -0,7 -0,7 -0,8 -0,5 -0,4 0,1 0,5 0,8

Medie mensili delle escursioni diurne G F M A M G L A S O N D

Ischia Porto 4,8 5,3 6,0 6,9 8,0 8,2 8,5 8,2 7,5 6,3 5,4 4,8Napoli Univ. 5,5 5,9 6,5 7,0 7,9 8,3 8,2 8,0 7,3 6,5 5,8 5,4

Scheda B

La Rassegna d'Ischia 8/1993 19

ISCHIA Temperature medie decadiche G F M A M G L A S O N D

I decade 10,1 10,2 11,1 13,4 16,7 21,1 23,7 24,8 23,2 20 16,2 12,4II decade 9,7 10,0 12,2 14,3 18,1 21,4 24,2 24,6 22,1 18,3 14,4 11,8III decade 9,9 10,7 13,0 15,6 19,3 22,9 24,8 23,9 20,2 17,3 12,9 11,1

NAPOLI Università Temperature medie decadiche G F M A M G L A S O N D

I decade 9,2 9,4 10,5 13,5 17,3 21,9 24,7 25,5 23,6 19,7 15,6 11,4II decade 8,8 9,1 12,0 14,4 18,8 21,8 24,9 25,1 22,2 18,2 13,7 10,9III decade 9,0 10,2 12,8 15,9 19,9 23,6 25,7 24,5 20,5 17,2 12,1 10

Differenza ISCHIA - NAPOLI Università I decade 0,9 0,8 0,6 -0,1 -0,6 -0,8 -1,0 -0,7 -0,4 0,3 0,6 1,0II decade 0,9 0,9 0,2 -0,1 -0,7 -0,4 -0,7 -0,5 -0,1 0,1 0,7 0,9III decade 0,9 0,5 0,2 -0,3 -0,6 -0,7 -0,9 -0,6 -0,3 0,1 0,8 1,1

Scheda C

Scheda D Andamento pluoviometrico su Ischia e sui diversi versanti di essa (Punta Imperatore sud - Porto d'Ischia nord - Casamicciola nordest) in confronto con l'andamento sul golfo di Napoli e sulle isole al di fuori del g. di Napoli (Ponza e Ventotene) (1)

Stazione Altitudine Periodo Media annua in mmPonza(Semaforo) m 290 1922-1942 651,4Ventotene (id.) m 40 1887-1900 610,8P. Imperatore (id.) m 234 1922-1945 685,9Casamicciola m 123 1898-1902 1927-1942 859,9Porto d'Ischia m 37 1888-1897 1903-1926 982,0Procida m 102 34 anni 745,2Pozzuoli m 57 42 anni 665,0Napoli (Specola) m 149 1821-1930 851,0Pompei (Valle) m 25 21 anni 887,0Capri (Anacapri) m 368 39 anni 934,0Si noti la media elevata della stazione di Ischia Porto, qua tunque a ridosso del m. Epomeo rispetto ai venti meridionali.1) Da: C. Mennella - Regime pluviometrico caratteristico dell'isola d'Ischia

nel clima mediterraneo tendente al temperato caldo-asciutto (vedi schede B e C). Dal punto di vista pluviometrico la quantità di pioggia che si verifica (pur differente sui suoi diversi versanti e con singolare regime e distribuzione), sufficiente per le esigenze ecologiche, vi è ripartita con limitata accentuazione nell’autunno (massimo annuale in novembre) rispetto alle altre stagioni; pertanto il mas-simo annuale si verifica in un periodo termicamente intermedio, ciò che rappresenta un notevole vantaggio agli effetti ecologici. Viceversa nell’inverno la pioggia si dimostra già regressiva, contrariamente a quanto si verifica nelle estreme regioni meridionali ed in Sicilia dove, viceversa, risulta preminente. Nella stessa estate si presenta con discreta frequenza evitando aridità persistenti (vedi scherda D). L’umidità relativa rientra a sua volta nell’ambito di regimi marittimi mediterranei, con valori abbastanza contenuti nell’inverno e moderati in estate, escludendo così sia gli inconvenienti di una eccessiva secchezza che quelli non meno controproducenti del caldo-umido.

Si noti come sia assurdo considerare per l'isola d'Ischia il dicembre (media 11,8) come mese invernale ed il marzo (media 12,1) come mese primaverile. Un contrasto ancora più forte si ha per il giugno (media 21,9) che viene compreso nell'estate, ed il settembre (media 22,1) ossia superiore a quella del giugno considerato mese autunnale. Tutto ciò altera agli effetti statistici il carattere reale delle stagioni e non consente di precisare l'effettivo andamento termico in date epoche dell'anno. L'andamento decadico mette in maggiore evidenza i suddetti anacronismi. Si rileva inoltre che nelle stagioni intermedie (primavera ed autunno) è enorme (di circa e oltre 10 gradi) la differenza tra le medie delle loro decadi estreme.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Le condizioni anemologiche vengono sintetizzate nella elevata frequenza di brezze nei mesi estivi, generate od esaltate dalla varia orografia locale, le quali assicurano una gradevole areazione nelle ore più calde del gior-no; nel periodo invernale i venti raramente superano gli ottanta chilometri ora, ciò che per una stazione insulare rappresenta una autentica pregevolezza. Le perturbazioni atmosferiche di forte entità sono rare, fatto dovuto alla limitata estensione del territorio (45 kmq) ed alla fitta vegetazione che non consentono il riscaldamento del suolo o squilibri termici zonali di qualche rilevanza, e alla notevole distanza dall’Ap-pennino e dai suoi effetti perturbatori sulle correnti atmosferiche. E’ da notare infine che il differenziato regime pluvio-metrico dell’isola d’Ischia (spiegato chiaramente dal prof. Mennella nel suo libro ISCHIA gemma climatica d’Italia) ha avuto grande incidenza nel passato per l’impostazione viticola, creando maggiore o minore fertilità del terreno, diversi sistemi di allevamento della vite e tipologie diverse dei vini per quanto riguarda grado zuccherino, acidità, ricchezza di polifenoli, ph, ceneri, estratto (vedi fig. A, B,). Il progetto di zonazione, per gli obiettivi che si propo-ne, deve verificare i dati del clima che probabilmente è modificato, con la constatazione, sito per sito, dei fenomeni climatici (temperatura dell’aria, del suolo, piogge, ecc.). Negli anni la modificazione del clima avrebbe potuto indurre a mutazioni e variazioni del genoma dei vitigni base con varianti nei parametri (zuccheri, acidi, polifenoli) che riguardano la qualità dei vini.

Geologia

Ancora oggi sono evidenti i residui di quell’attività vulcanica che determinò l’origine dell’isola e la sua caratteristica formazione (termalismo e fenomeni se-condari del vulcanesimo). L’isola d’Ischia rientra, per la sua origine geologica, nell’attività vulcanica flegrea. Essa fu definita dal Rittmann horst vulcano-tettonico e cioè un unico magma che trovò varie vie di uscite at-traverso il bacino magmatico già consolidato in crosta terrestre (vedi figura C). Sulle origini geologiche ancora si discutono le tesi del Rittmann, a mio avviso perché l’indagine attuale scopre realtà ascrivibili al concetto base di horst vulcano-tettonico. Quanto della crosta terrestre raffreddata e quanto di lava magmatica abbia dato origine, con le rocce relative, all’attuale litologia, è una ricerca che continua, ma ci coinvolge per la realtà

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

5) MARTOFA (comune di Serra-ra Fontana) - prodotti piroclastici stratificati incoerenti-semicoe-renti, caratterizzati da una prevalenza di livelli pomicei o pozzolanacei con intercalazioni di brecce o orizzonti tufitici.

6) FRASSITELLI (comune di Serrara Fontana) - scorie di am-massi o bastioni con colate di lava intercalata.

7) CALIMERA (comune di Serrara Fontana) - sabbie pomicee con livelli di lapilli intercalati.

8) CAMPOMANNO (comune di Casamicciola) - argille e marne alter-nate a materiali piroclastici (tufiti) deposti in ambiente marino.

9) TESTACCIO (comune di Bara-no) - lave da fonolitiche a trachitiche

in cupole di ristagno; colate più raramente in dicchi.

10) CAMPAGNANO (comune di Ischia) - idem come Testaccio.

11) COSTA DEL LENZUOLO (co-mune di Ischia) - cupole di ristagno; lave da fonolitiche a trachitiche.

Per ogni vigneto-sito saranno de-scritti:1) - vitigni coltivati, raccomandati o temporaneamente autorizzati; 2 - portainnesti; 3 - sistemi di alle-vamento, sistemi di lavorazione e numero di ceppi per ettaro; 4 - alti-metria; 5 - pendenza; 6 - esposizione; 7 - costituzione fisico-meccanica e chimica del terreno a diverse pro-fondità. Nel triennio della sperimentazione e nelle fasi fenologiche del periodo

del suolo che assume aspetti diver-sificati, anche se sostanzialmente si tratta di suolo vulcanico. Sono le piccole differenze che determinano la diversa struttura fisico-meccanica e addirittura chimica nei terreni che nel progetto di zonazione bisogna individuare e collegare alla vocazione viticola.

Metodologia // Individuazione dei vigneti guida

Si prospetta di indagare una serie di vigneti guida (44) dislocati nelle varie zone dell’isola in riferimento alla litologia dei luoghi (vedi carta litologica 1:25.000 allegata- Figura D). Per ogni zona si prevede la identifi-cazione di due vigneti guida a sito dif-ferenziato per altimetria, pendenza, esposizione. I vigneti devono essere omogenei per vitigno, terreno, clima, lavorazioni culturali, pendenze. Le zone individuabili in riferimento alla litologia si prevede che siano:

1) PIELLERO (comune di Forio) - sabbie pomicee con livelli di lapilli intercalati.

2) MORTOLA (comune di Fo-rio) - materiali detritici derivanti dal distaccamento del tufo verde dell’Epomeo in blocchi di notevoli dimensioni o in elementi minuti frammisti a prodotti piroclastici più recenti misti a fango; il più delle volte tutta la formazione è in frana.

3) CAMPOTESE (comune di Forio) - recinto craterico; sabbie pomicee con livelli di lapilli intercalati.

4) MONTECORVO (comune di Forio) - sabbie pomicee con livelli di lapilli intercalati.

22 La Rassegna d'Ischia 8 / 1993

allegagione-invaiatura si registreranno: 1 - pioggia; 2 - venti dominanti; 3 - temperatura dell’aria; 4 - temperatura del suolo; 5 - avversità metereologiche; 6 - resistenza alla penetrazione; 7 - capacità idrica; 8 - umidità; 9 - indici bioclimatici; 10 - numero e peso medio dei grappoli; 11 - zuccheri del mosto; 12 - ph; 13 - acidità titolabile; 14 - acido tartarico; 15 - acido malico; 16 - salificazione degli acidi; 17 - microvinifica-zione di kg 50 di uva per vitigno; 18 - analisi del vino e saggio organolettico.

Analisi statistica

L’elaborazione statistica dei dati dovrà consentire la identificazione di “isozone” a livello di potenziale qualitativo; ossia dovrà individuare le correlazioni tra i parametri su indicati e la qualità del prodotto, ordinati in una scala gerarchica di valori. Conclusioni Largo spazio dovrà essere dedicato nella ricerca vocazionale ai fattori che interessano l’interazione sito, vitigno, clima. La metodologia dovrà prevedere

Figura D - Individuazione dei vigneti guida

La Rassegna d'Ischia 8/1993 23

la reattività del vitigno nei diversi ambienti attraverso i parametri iden-tificati della qualità. Dovrà indicare il sito (e quindi formare il modello) che ha più alta vocazionalità viticola posti come variabili fissi i vitigni tradizionali attualmente coltivati ed i momentaneamente autorizzati. Questi ultimi (uva arilla) potrebbero rilevare una idoneità frettolosa-mente messa da parte all’epoca del decreto della DOC (DPR 1966). Tra i fattori del-l’interazione vitigno, sito, clima, il microclima modifi-cato potrebbe giocare un ruolo es-senziale e motivare le diminuzioni delle gradazioni naturali rispetto al 1960 (S. D’Ambra: La vite e il vino nell’isola d’Ischia) in relazione anche alla variazione del genotipo. Come ultima ipotesi non è da esclu-dere in un momento successivo, la sperimen-tazione di vitigni noti ma non tradizionali della zona, al fine di ottenere la massima interazione vitigno-ambiente. In via preliminare non sono dell’opi-nione di capovolgere la piattaforma ampelografica locale, per evitare l’uniformismo che distruggerebbe la personalità del vino dell’isola. La zonazione viticola dell’isola d’Ischia potrà assumere in futuro, specie in un territorio oggetto da un ventennio di particolare aggressione edilizia, la base scientifica su cui poggiare i vincoli paesaggistici specie in quelle zone (fascia pedemontana dell’isola) non ancora eccessivamente urbaniz-zate.

Andrea D’AmbraEnotecnico

Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

'U nassiello utilizzato per essiccare fichi o altri prodotti della campagna (Foto di Ugo Vuoso)

24 La Rassegna d'Ischia 8 / 1993

Porto d'Ischia - Carico delle botti (Foto Giorgio Buchner - anni '30 circa)

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Laura Cavagnaro Pontuale

Catalogazione territoriale

Sono lieta di essere presente a questo convegno il cui tema in-veste, per una sua parte, il lavoro che mi tiene occupata da anni e di avere occasione di esporre alcune considerazioni sulle principali problematiche che attengono alla catalogazione territoriale effettua-ta in seno al Ministero per i B. C. Desidero anzitutto ringrazia-re l’arch. Corrado D’Ambra per avermi invitata a partecipare a questo incontro culturale che, tra l’altro, potrebbe porre le basi per un rapporto di collaborazione fra tutti coloro che, a livello locale o nazionale, hanno a cuore le sorti del patrimonio culturale e ambientale di questa Isola favorita dalla natura e densa di storia. In questo mio intervento vorrei esporre le motivazioni che hanno determinato l’esigenza di definire ed applicare un metodo scientifica-mente corretto per la catalogazione non solo del patrimonio culturale ma anche di quello ambientale (ciò anche se attualmente si sta purtroppo verificando un’involu-zione dei concetti informatori la catalogazione stessa).

Nel nostro Paese il dibattito at-torno al tema della schedatura del patrimonio culturale ed ambientale ha sempre trovato attenzione quasi esclusivamente, e con alterna for-tuna, presso gli “addetti ai lavori” interessando la pubblica opinione solo in occasione di estese calamità, Forio d'Ischia - Architetture abbandonate (Foto di Marianna Lamonica)

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Per soddisfare le esigenze di tale forma di tutela, che non è una semplice sommatoria di sporadici o estremamente generici vincoli distribuiti in modo episodico e casuale, occorre un’indagine preventiva del territorio finalizzata alla puntuale, oggettiva in-dividuazione delle testimonianze storiche, vagliate da un’approfondita ricerca scientifica.

In effetti la maggior parte delle “testimonianze storiche” o sono incorporate in edifici apparen-temente insignificanti o ridotte a labili tracce sul terreno se non limitate alla semplice permanenza di allineamenti e particellizzazioni catastali. Per questo il territorio deve essere esaminato senza distinzioni, particella per particella, e confrontato con le fonti letterarie e di archivio, fino a conoscere il valore culturale di ciascun bene.

Ciò richiede un’indagine ad ampio raggio ed è per questo che l’estensione del campo di studio del ca-talogo dei beni culturali ed ambientali, escludendo la selezione a priori, non ha teoricamente limiti né temporali né tipologici né qualificativi: l’estensione cronologica assunta dal metodo di catalogazione rispetto al criterio di tutela diretta consente di sche-dare anche i beni più recenti, andando oltre i ter-mini imposti per la protezione, mentre l’estensione tipologica o qualificativa, non presentando limiti di sorta, consente di considerare indistintamente tutti i beni culturali definiti come tali per il loro valore di testimonianza, anche indiretta, della civilizzazione e dell’attività umana. Di conseguenza la catalogazione prende in considerazione tanto i capolavori quan-to gli oggetti della cosiddetta “cultura materiale”, dell’archeologia industriale, della civiltà contadina, nonché le cerimonie e le tradizioni popolari.

Stabilito così che il catalogo considera tutti indi-stintamente i beni culturali esistenti nel territorio nazionale, va da sé che esso mira ad una investi-gazione globale di beni situati in zone culturali di diversa estensione e fisionomia.

Sulla base di una lunga esperienza e su quanto si è andato facendo in Italia e all’estero, l’Istituto per il Cat. e la Doc. ha definito, a metà degli anni settanta, il metodo della “catalogazione territoriale” che a tutt’oggi pare il più idoneo per cogliere e correlare

di irreversibili scandalose manomis-sioni, di clamo-rose dispersioni compiute o paventate.

E’ noto come da più di un secolo la funzione e l’im-portanza della catalogazione siano state occasione di dibattito. La funzione del catalogo, un tempo legata all’imposizione dei vincoli, fu motivo di contrasto già da quando, subito dopo l’unità d’Italia, urtò con il concetto liberalista della proprietà privata e, con-seguentemente, provocò divergenze di opinioni sul criterio di selezione del materiale da schedare (ciò che era catalogato era automaticamente vincolato). Sebbene già dal 1909 la legge ampliasse il campo al patrimonio da salvaguardare estendendo la tutela a tutti i beni di interesse storico, archeologico, pale-ontologico, proprio recentemente sembra riaffiorare il rischio che all’atto pratico quei concetti selettivi, tanto discussi cento anni or sono, stiano per essere nuovamente applicati.

Resta comunque acquisita alla cultura l’estensione del concetto di “bene culturale” e la preoccupazione che con il bene da conservare si salvaguardi anche il suo “contesto”; la nozione stessa di bene culturale esclude qualsiasi selezione qualitativa basata su pre-supposti “estetici”; non per nulla la nozione di “bene culturale” è più ampia di quella di “opera d’arte”, che è legata ad un concetto idealista e selettivo. Il catalogo esamina pertanto opere che non sono necessariamente “opere uniche”, ma che costitui-scono tuttavia parte grande ed importante del ma-teriale archeologico, architettonico ed etnografico così come esamina i fenomeni di qualsiasi natura che hanno lasciato una traccia nel territorio. Dal momento in cui l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione mise a punto la metodologia per la catalogazione sistematica e capillare del territorio mediante modelli cartacei per la raccolta dei dati, già da allora il principale fine che si voleva perseguire non era la semplice tutela delle cosiddette “emer-genze”, tutela che si esercita prevalentemente con l’imposizione di vincoli, ma una più vasta forma di salvaguardia attraverso quell’insieme di normative che, pur definite da amministrazioni diverse, se or-ganicamente e sapientemente integrate, consentono una gestione del territorio efficace anche sotto il profilo della tutela del patrimonio culturale.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

strazioni quando queste si accin-gono ad elaborare i loro piani di intervento e intendono utilizzare anche i dati raccolti dalle Soprin-tendenze.

Il fine che ci si propone con l’im-piego delle schede territoriali è la conoscenza del territorio conside-rato nel suo insieme come realtà oggettiva, inteso cioè nella sua globalità e senza indicazione di zone privilegiate, ma tenuto conto di ciascuna sua parte per il valore e il carattere che essa ha acquisito.

Sono stati così definiti modelli di scheda per settori urbani e per settori extraurbani che esaminano porzioni di territorio, con le quali, senza soluzione di continuità, si suddivide l’intera estensione co-munale e le descrivono nel rapporto tra il loro intorno e il loro interno. Essi inoltre costituiscono com-pendio delle schede per l’analisi di dettaglio dei beni componenti (= unità minime territoriali). Analisi dalla quale, a lavoro completato, deve infine risultare QUANTO e COME un bene è “documento” del passato, di “cosa” è testimonianza, come e perché è stato creato o ha assunto quell’aspetto o è stato trasformato; perché insomma è un bene culturale. Il catalogo, che come s’è detto, non segue solo l’ottica della cultura storico-artistica, tende a interelare ricerche pertinenti alla storia eco-nomica, sociale, naturale, etnica e di costume, fino a comporre un quadro generale dell’evoluzione culturale.

La catalogazione completa richiede

appunto una ricerca bibliografica, archivistica e tecnica che interessi diverse discipline storiche analiz-zando locali, civili e religiosi, la storia del costume, dell’agricoltura, del commercio, etc., senza trascu-rare indicazioni apparentemente secondarie come l’esame dei ca-lendari delle fiere e mercati o di descrizioni patrimoniali, da cui possono essere tratte significative informazioni su strumenti di lavo-ro, su introduzione ed estinzione di specie (vegetali ed animali), sulle tipologie delle attrezzature, sui luoghi e le modalità di lavoro, ecc.

Infatti, per individuare e defi-nire le connotazioni culturali del territorio, necessita una ricerca pluridisciplinare che indaghi su tutti i fenomeni e gli avvenimenti (artistici, naturalistici, politici, demografici, ecc.) che in qualsiasi epoca hanno contribuito a creare quel patrimonio che ci preme tute-lare e, nel contempo, a modificare l’aspetto dei luoghi lasciando in essi preziose testimonianze che pure si intende salvaguardare.

I dati ricavati dalle ricerche e quelli dedotti dai rilievi e dall’esame so-pralluogo devono essere posti in relazione al fine di correlare cause ed effetti e delineare finalmente l’esatta fisionomia culturale dei beni catalogati.

Ciò significa che la ricerca tiene conto della presenza simultanea di beni culturali di epoca e di natura differente, qualsiasi sia il loro ca-rattere individuale, e considera i motivi storici del succedersi della loro comparsa e delle loro mutue relazioni.

tutti gli aspetti e le componenti culturali di un ambito territoriale definito e pervenire alla conoscen-za esaustiva di tutti i beni in esso esistenti. E’ necessario che il territorio venga preso in esame tanto globalmente quanto analiticamente al fine di verificare TUTTE le testimonianze culturali che permangono in forma più o meno tangibile.

Per prendere in considerazione i beni immobili e cogliere quei caratteri di matrice culturale che sono insiti nella natura di ciascuno di essi, occorre suddividere tutto il territorio ed esaminarlo sistema-ticamente in ogni sua parte.

E’ quindi parso opportuno proce-dere per entità territoriali via via più ampie, focalizzando i beni - e le informazioni ad essi pertinenti - secondo “scale” diverse e con l’a-dozione di schede che mettano in evidenza tanto i rapporti esistenti tra i singoli beni quanto la pecu-liarità della loro collocazione nel contesto in cui sono inseriti.

Conservando la visione globale del territorio, per questioni di ordine pratico sono stati previsti diversi tipi di scheda che riflettono la gra-dualità delle entità territoriali e che si adeguano alle diverse categorie dei beni da catalogare. Le entità territoriali alle quali le schede fanno riferimento non sempre coincidono con la suddivi-sione amministrativa del territorio, anche se tale suddivisione viene utilizata come mezzo strumentale che facilita la buona organizzazione delle schede stesse e favorisce la collaborazione con altre ammini-

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

1) Definito il territorio in cui intervenire si redige un progetto di catalogazione che consta di una lista della principale documen-tazione esistente (cartografia storica e attuale, bibliografia, fonti archivistiche, collezioni fotografiche ed aerofotografiche, etc.) e di una mappa disegnata suddividendo il territorio secondo il sistema di organizzazione delle schede. Vale a dire che sulla mappa saranno individuati i centri storici e, al di fuori di essi, una ripartizione del territorio in settori extraurbani; altre mappe, in scala maggiore, indicheranno la ripartizione dei centri storici in settori urbani. Nel contempo si programmano le campagne di catalogazione per le diverse categorie di beni mobili: reperti archeologici, oggetti medievali e moderni, tradizioni popolari. Le visite sul territorio sono indispensabili per mettere a punto il piano di catalogazione e per eseguire sopralluogo le “schede di inventario”. Per la semplice inventariazione si utilizzano gli stessi formulari della catalogazione limitando le informazioni a quelle necessarie per l’identificazione degli oggetti. Da quel momento in poi la scheda va gradualmente arricchendosi di informazioni e notizie sino a diventare una esauriente scheda di catalogo che consta in un Dossier vero e proprio, in quanto vi sono allegati al suo interno rilievi appositamente eseguiti, relazioni di restauri, copia di relazioni tecniche, di decreti di notifica, etc.

Queste operazioni di indagine elaborata trovano la loro esplicitazione in un’apposita scheda, riferita ad una entità di territorio di maggiori dimensioni e che costituisce la verifica di tutte le informazioni derivanti dalle altre schede, rispetto alle quali si pone come elemento di sintesi e di collegamento. Essa ha come unità di riferimento il “territorio comunale” ma raccoglie notizie, attuali e storiche, riferibili a più vasta scala travalicando i limiti amministrativi secondo i criteri in uso nelle diverse discipline.

I dati richiesti da questa scheda sono organizzati in modo tale - sia nella scheda cartacea che in quella informatizzata - da raccogliere separatamente le descrizioni dello stato attuale secondo le diverse discipline (geologica, naturalistica, urbanistica, ecc.) e, ancora separatamente ma per momenti storici successivi, gli avvenimenti che hanno interessato il territorio esaminati qui in forma interdisciplinare.

Le indagini, seguendo le diverse metodologie che attengono alle singole discipline, devono poter convergere verso l’unità della conoscenza che, se prescinde da qualsiasi valutazione emessa a priori, consente di creare quell’apparato critico su cui basare piani e programmi.

Volendo evidenziare come la catalogazione territo-riale dei beni culturali ed ambientali non sia avulsa dagli interessi specifici di questo convegno mi preme segnalare che l’indagine storica richiesta dalla scheda in questione prevede per ogni fascia cronologica la compilazione di un paragrafo destinato ad illustrare la “situazione naturalistica ed agraria” ed in parti-colare i mutamenti avvenuti, individuando cause e conseguenze. In particolare si richiede che per ogni periodo storico individuato si ponga attenzione a:

“- l’introduzione e l’estensione di specie ed essenze;- i mutamenti di qualsiasi origine;- i criteri di particellazione, appoderamento, accorpamento;- la costruzione, i mutamenti o l’abbandono di si-stemi irrigui e le loro tipologie”. Così come è richiesta la descrizione della “localizza-zione nel territorio di abitazioni ed altri edifici per la

conduzione agricola o per l’attività silvo-pastorale”, nonché “le opere particolari, come terrazzamenti, canali artificiali, dighe per sistemi irrigui, recinzio-ni, ecc.” risalenti sempre ad ogni periodo storico individuato.

Visto che la metodologia di catalogazione si basa es-senzialmente sul pragmatismo, l’Istituto Centrale per il Catalogo ha altresì stabilito le procedure pratiche di approccio e di esecuzione per la realizzazione della schedatura e la produzione della documentazione ad essa relativa (1).

Dato che una catalogazione completa ed opportu-namente organizzata si configura come un vero e proprio Sistema Informativo Territoriale, occorre che essa sia in grado di colloquiare con altri Sistemi territoriali. Così come i modelli cartacei definiti anni addietro per la raccolta dei dati storico-culturali relativi al territorio erano stati studiati e organizzati in modo da poter affiancare analoghi modelli relativi a discipline complementari aggregabili alla cartografia numerica onde ottenere automaticamente carte tematiche ed elaborazioni di dati in forma facilmente comparabile

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

con dati conservati altrove ed uti-lizzabili in fase di pianificazione e programmazione territoriale. Si riteneva e si ritiene infatti indi-spensabile che ciascuna istituzione, pubblica o privata, statale o locale, debba contribuire nell’ambito delle proprie specifiche competenze a fornire tutti gli elementi utili all’in-dagine preliminare e pregiudiziale alla pianificazione.

Questi erano, in linea di massima, gli obiettivi cui l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documenta-zione mirava nel momento che varava la “catalo-gazione territo-riale” e chiedeva che questa fosse suffragata sempre dal massimo rigore scientifico fondato sulla ri-cerca più seria ed approfondita da effettuarsi su tutte le componenti del territorio, e chiedeva altresì che qualsiasi notizia riferibile a beni singoli e d’insieme, e ai loro con-testi ambientali, fosse visualizzata su più carte (nella scala di volta in volta più opportuna) e attraverso di esse fosse possibile all’occorren-

za cogliere anche la dinamica dei fenomeni più significativi.

In questi tempi in cui pretestuose motivazioni politico-ammini-strative impongono di eseguire esclusivamente precata-logazioni e rapidi censimenti - operazioni in-dubbiamente utili ma certamente non da sole sufficienti - vale la pena di ribadire come tali operazioni presentino una qualche utilità solo se si avvalgono di una seria ricerca. Infatti, se è vero che la funzione principale del catalogo è quella di fornire e diffondere la conoscenza necessaria per tutelare, occorre che le informazioni fornite siano precise e documentate. Mentre oggi il rischio maggiore è proprio quello che si finisca con il creare un catalogo di sole opere già riconosciute o facilmente ri-conoscibili come “beni culturali”, opere che comunque devono es-sere catalogate, ma si trascuri di segnalare quell’enorme quantità di patrimonio che è stato “som-merso” dal tempo e dagli eventi

e che proprio perché occultato o misconosciuto è più facilmente vulnerabile. La cultura di un po-polo non è infatti testimoniata solo dai capolavori o dalle diverse espressioni d’arte colta o popolare, è testimoniata altresì da tutte quelle tracce dell’attività, degli interessi, del modo di vivere che ciascuna generazione ha adottato e che di generazione in generazione ha selezionato, modificato, maturato lasciando un segno, talvolta labi-le, talvolta saliente, talvolta solo nella memoria collettiva ma di cui è dovere indagarne la storia, tramandarne le testimonianze alle generazioni a venire e farne tesoro per gli insegnamenti che da essa possiamo trarre.

Laura Cavagnaro

(Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del

Ministero dei BB. CC.

Vasetto per pe-stare il sale

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Angelo D'Abundo(L'ing. Angelo D'Abundo, - dirigente Gruppo ENI - assente al convegno per motivi di lavoro, ha fatto pervenire il contributo che qui riportiamo)

L’Isola ha visto finora lo scempio incontrollato del territorio nella latitanza o con la connivenza delle autorità e di enti preposti alla pianifi-cazione ed al controllo dello sviluppo territoriale. L’uso speculativo dei terreni a scopo edificatorio ha penalizzato un'agricoltura già in profonda crisi economica. I vigneti sono stati abbandonati e l’equilibrio ambientale e paesaggi-stico sconvolto. E’ sufficiente oggi visitare una zona come Montecorvo a Panza per co-gliere appieno la portata dei danni irreversibili causati. Un paesaggio caratterizzato da vigneti a terrazzo, con muri a secco in tufo verde e con poche case rurali e cantine, sempre in tufo verde, per-fettamente integrate nel paesaggio,

è stato sconvolto dalla speculazione. Questa ed altre bellissime zone collinari dove veniva prodotto il vino più pregiato sono oggi quasi completamente incolte. E’ quindi evidente che oggi la possibilità di risanare (più che di salvaguardare) l’ambiente passa attraverso:1) una maggiore sensibilità dei cittadini verso i valori ambientali e paesaggistici;2) una mobilitazione civile per far approvare adeguati strumenti di pianificazione territoriale, orientati alla valorizzazione del paesaggio e dell’agricoltura;3) la scelta di amministratori più sensibili a queste problematiche;4) la definizione di interventi regio-nali e comunitari orientati alla solu-zione delle problematiche specifiche

dell’agricoltura isolana (proprietà molto frazionata, costo elevato de-gli interventi di razionalizzazione e rinnovo dei vigneti);5) una politica di rilancio economi-co dell’agricoltura che punti sulla produzione di un vino di qualità elevata con prezzi remunerativi degli alti costi di produzione. Per questo è necessario un ruolo più attivo da parte delle case vitivinicole isolane, che hanno registrato una grave perdita di immagine sul mercato e non sono state in grado di orientare le scelte dei produttori in termini di caratteristiche peculiari e di qualità del vino isolano.

Lacco Ameno - La vendemmia ( giovani intenti al trasporto dell'uva)

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Lucio Triolo

Agricoltura e ambiente

studio sulle reciproche interazioni e possibilità di tutela dell’agroecosistema

L’ENEA (Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), nel quadro della politica scientifica e tecnologica del Paese, ha il compito di promuovere lo sviluppo e la qualificazione dell’industria nazionale, attraverso attività di ricerca e di diffusione e trasfe-rimento all’intero sistema produttivo di tecnologie, processi e prodotti avanzati, sviluppati nei settori dell’energia, della salute dell’uomo e dell’ambiente e di tutti i settori produttivi suscettibili di innovare le tecnologie in essi incorporate. L’ENEA, nella sua ultima configurazione program-matica e organizzativa investe tre Dipartimenti: energia, ambiente e salute, innovazione.

Il Dipartimento Innovazione dell’ENEA assicura, al fine di generare innovazione, lo sviluppo, la diffu-sione e il trasferimento all’intero sistema produttivo, in particolare alla piccola e media impresa, delle tecnologie avanzate sviluppate e/o acquisite. Esempi di tecnologie avanzate, di cui l’Ente detiene valide conoscenze, sono il laser, anche di potenza, le tecnologie elettroottiche, la robotica per la ma-nipolazione a distanza, le tecnologie informatiche, i materiali speciali, l’intelligenza artificiale, la crio-genia, le macchine acceleratrici per elettroni, le biotecnologie, sia quelle di uso agricolo che quelle sviluppate in relazione a problemi di protezione ambientale e sanitaria.

Le attività di ricerca e sviluppo svolte dall’ENEA in campo agricolo riguardano svariati aspetti, da quelli agronomici, genetici e di biologie molecolare, a quelli connessi con l’uso più razionale dell’energia in questo settore. E’ particolarmente curato il trasferimento al set-tore produttivo di tecnologie innovative che hanno particolare rilevanza e per gli aspetti ambientali e per quelli connessi con la competitività e la moder-nizzazione del sistema agricolo nazionale.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

In senso più specifico e in armonia con le attuali tendenze politiche ed economiche della Comunità europea nel settore, gli obiettivi più importanti perseguiti nei programmi dell’ENEA si articolano da una parte nel miglioramento della qualità della produzione e dall’altra nel contenimento dei costi di produzione.

Il contributo dell’ENEA nella promozione della domanda in questo settore, si dispiega anche attra-verso un criterio di definizione delle qualità della produzione alimentare che include nei connotati tradizionali di qualità aspetti legati alla salubrità del prodotto e dunque si riferisce all’abbattimento dei residui dei composti agrochimici e degli inqui-nanti industriali che possono essere contenuti nel prodotto agroalimentare.

L’ENEA ha espresso anche interesse per le pro-blematiche del territorio nel quale si compongono aspetti energetici associati a quelli tipici dell’in-treccio agricoltura-ambiente. L’energia è uno dei più importanti fattori che regolano l’estensione e l’intensità di relazione tra l’agricoltura e l’ambiente. Lo sviluppo dell’agricoltura è storicamente legato alle caratteristiche degli ecosistemi natu-rali e alla resistenza di questi, nella situazione socio-economico-demografica esistente, ad una loro trasformazione efficace in agroecosistemi di concezione moderna. Il fattore energia sembra anche giocare un ruolo importante, se non determinante, nella formula-zione di progetti mirati a rendere effettiva questa trasformazione. L’ENEA ha promosso studi su altri comprensori (Pantelleria, Vittoria (RG), Valle Cannobina, etc.) nei quali in misura diversa si concentrano e reci-procamente si influenzano gli aspetti agricoli con quelli energetici e con l’ambiente. Il territorio in sé rappresenta un sistema com-plesso la cui analisi potrebbe determinare una con-figurazione comprensibile, prevedibile e dunque suscettibile in qualche misura di essere modificata. E occorre dunque sottolineare che negli ultimi

anni, nell’ambito della comunità scientifica si osserva una crescita di interesse per i sistemi complessi (1).

L’ispirazione sulla quale si fonda la categoria della “complessità” si basa tra l’altro sul riconosci-mento della irriducibilità dei diversi livelli di orga-nizzazione della realtà e sulla affermazione della compresenza di aleatorietà e regola, di rumore e di segnale in ogni sistema capace di autorganizzarsi. Non è lecito tuttavia generalizzare i termini entro cui definire la “complessità” per ogni disciplina, che dovrebbe avere una sua definizione tecnica del termine. Considerato il sistema territorio-ambiente-salute umana percorso da elevati flussi energetici antro-pici, occorre distinguere due tipologie principali:1) Quando si vogliono identificare le perturbazioni che si generano nell’agroecosistema a causa degli inquinanti industriali e dei servizi di origine an-tropica, occorre far riferimento ai processi indu-striali, ai servizi, agli insediamenti residenziali e commerciali, alle discariche o agli inceneritori di rifiuti solidi urbani. E dunque ai sistemi di combustione, anche di dimensioni non rilevanti, stazionari e non, in cui si producono o si utilizzano grandi quantità di energia per unità di prodotto o per abitante fruitore di servizi.2) All’inverso, quando si considera un’agricoltura perturbatrice degli ecosistemi naturali, ci si deve necessariamente riferire a quei processi agricoli in cui sono utilizzati fattori di produzione ad alto contenuto energetico.

Questi due aspetti in cui si collocano anche le interazioni Agricoltura-Ambiente sono general-mente trattati distintamente perché gli approcci culturali che li ispirano sono diversi. I gruppi di ricercatori o di analisti che li affrontano proven-gono da esperienze di ricerca in agronomia, tossi-

1) M. Cini - Relazione di apertura del convegno “Dalla rivoluzione dei paradigmi scientifici ad una nuova politica per una società sostenibile”:

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cologia ed epidemiologia medica, ecologia, fisiologia e patologia vegetale, modellistica della dif-fusione degli inquinanti etc. In ambedue gli aspetti lo sviluppo delle linee di ricerca e di analisi ha prodotto una estesa conoscen-za di base sufficiente, in buona parte dei casi, per quantificare i danni causati dalle emissioni dei sistemi produttivi industriali o dei servizi sull’agricoltura e di questa sull’ambiente. Una impostazione più avanzata delle ricerche dovrebbe conside-rare non disgiuntamente le cause e i meccanismi di sviluppo dei due tipi di effetti nocivi. Questi si manifestano nei sistemi biologici presenti nei comprensori territo-riali dove, ad una intensificazione delle produzioni agricole, fa spesso riscontro la presenza di rilevanti insedia-menti industriali o resi-denziali: inoltre è da considerare che gli inquinanti emessi da questi sistemi diffondono in atmosfera ed investono gli agroecosistemi a distanza di decine e anche di centi-naia di chilometri e dunque effetti sinergici possono svilupparsi anche in aree non industriali. E’ utile quindi evidenziare tali potenziali effetti indesiderati nelle rappresentazioni grafiche di un territorio, nel quale i flussi di energia fossile e di materia siano specificamente marcati da indici di rischio per l’ambiente: le differenze chimiche e fisiche degli inquinanti determinano variazioni sia nella loro capacità di diffusione, trasfor-mazione e persistenza nelle fasi aeriformi, solide e liquide dell’am-biente, sia nelle alterazioni che producono negli organismi viventi che a loro volta sono diversamente suscettibili ai composti tossici.

Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

vegetazione a causa della presenza in atmosfera di NOx, SO2, O3, os-sidanti fotochimici e nel suolo, di particolato depositato, contenente elementi tossici. Da questo tipo di combustione viene emesso anche particolato, che contiene elementi tossici quali cromo, cadmio, piombo, arsenico, nichel, vanadio, selenio e mercurio. Può determinarsi rischio di espo-sizione per l’uomo nell’ina-lazione di questi elementi che d’altronde possono anche alterare la qualità degli alimenti se sono assorbiti per via radicale negli organi commer-ciabili delle piante.

I rischi per la catena alimentare si accentuano qualora si incre-mentino gli apporti alle colture di fertilizzanti fosfatici, nei quali cromo e cadmio sono contenuti in tracce. Infine, occorre considerare che questo stesso fertilizzante tra-scinato dalle acque di scorrimento e immesso nei corsi d’acqua e nel mare contribuisce (anche se in misura molto limitata rispetto al fosforo metabolico) al fenomeno dell’eutrofizza-zione. I medesimi inquinamenti, generati da fonti diverse, costituiscono dunque una serie di vettori che si susseguono e si assommano e della cui risultante occorre conoscere entità e dire-zione per valutare correttamente le reali perturbazioni prodotte sull’ambiente. La possibilità di considerare con rigore accettabile la complessità degli impatti descritti parzial-mente, dagli esempi citati, è legata all’adozione di metodologie anali-tiche ad ampio spettro d’azione. Occorre perciò superare la ristretta dimensione della pura definizione

E’ possibile per ogni incremento di energia non rinnovabile dissipata in un comprensorio, identificare e quantificare nuove o più consistenti emissioni di inquinanti rispetto a quelle preesistenti che, nella parti-colare situazione climatica, socio-economica, di natura dei suoli e delle acque, di vegetali ed animali, presentano dei connotati specifici di rischio per la popolazione umana e per l’ambiente. La frazione additiva di inquinanti può solo assommarsi al pool di inquinanti preesistenti, ma può anche moltiplicarne gli effetti per fenomeni di sinergismo. Ad esempio se si rende neces-sario un aumento di potenza di macchinari agricoli per particolari condizioni dei terreni e del regi-me idrico, occorre prevedere che per ogni chilogrammo di gasolio combusto sono immessi in aria circa 6 gr. di anidride solforosa, 16 gr. di particolato, 3 gr. di ossido di azoto, 9 gr. di ossido di carbonio e 26 gr. di idrocarburi: e se ad esempio tale aumento è motivato dall’adozione di nuove varietà di cereali che necessitano di più consistenti fertilizzazioni azotate, occorre anche considerare che per ogni chilogrammo di azoto nitrico somministrato a queste colture, una percentuale rilevante, a volte superiore al 50%, non è trasformata in proteine nel prodotto vegetale e fluisce nelle acque e in piccola parte è immessa sotto forma di ossidi di azoto e di ammoniaca (effetto serra). Si assomma quin-di il rischio per la popolazione di ingerire nitrati attraverso l’acqua a quello di inspirare ossidi di azoto che derivano dalla combustione di prodotti petroliferi e sono anche da registrare effetti nocivi sulla

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

dei fenomeni che accadono contemporaneamente in un sistema complesso perturbato da fonti inqui-nanti, con la sola isolata competenza scientifica sia essa naturalistica o chimica o ecotossicologica o medico-epidemiologica.

Vediamo ora nello specifico i due aspetti di cui occorre condurre l’analisi nelle interazioni:

inquinanti delle acque che possono essere influenti sul sistema agricolo. Nella scheda 2 sono riportate alcune informazioni sintetiche sui residui di ele-menti tossici rinvenuti nei prodotti agroalimentari

Scheda 2

in Italia e sul caso di studio di impatto sulla salute di Portoscuso (Cagliari), che negli ultimi mesi ha assunto una rilevanza drammatica. Ovviamente tali interazioni si generano a causa di varie fonti di emissioni energetiche, industriali e dei servizi. La specificità di un’isola come Ischia in tale scenario è certamente ristretta alle emissioni del traffico automobilistico e alla presenza nelle acque di scarico di composti come de-tersivi, solventi, ecc. legate agli insediamenti residenziali. Questi diventano, soprattutto nei periodi estivi, una fonte importante di inquinamento costituito dal carico organico e dal carico batterico. Nelle schede 3, 4, 5, che seguono sono analizzati i composti chimici più comunemente usati nell’agricoltura di

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Scheda 3Alcuni pesticidi ed erbicidi usati nell'agricoltura di Ischia

Tiovit 80% ZolfoEnovit 38-70% Tiofanato metilAspor 79-80% ZinebBayfidan Combi PB 2,5% Triadimenol 50% ZolfoAntrocol 70% PropinebE 605 1,5% Metil-ParathionE 605 ft. 20 19,6 % Metil-ParathionParaquat Enich 18% Paraquat di cloruroNeoram Blu 30% Tetracloruro di rameR6 Triplo Blu 2,5% Cynoxanil + 32,5% Fosetyl-Al + 25% MancozebR6 M50 50% MancozebBloc Combi Wuarinol 1,5% + Zolfo 75%Round-UP 30,4% GlyphosateDuna 10,13% Glyphosate

Classe di tossicità dei principi attività secondo il DM 2 agosto 90/258

Scheda 4

Classe di Classe di tossicità cancerogenicità EPA IARC CCTNDIS Glyphosate EFUN Zolfo FUN Zineb IIc B 3 3FUN Triademenol IIc CFUN Propineb IIc INS Parathion IaNT C 3INS Metil-Parathion Ia NT 3DIS Paraquat Ia NT 3FUN Rame cloruro IcFUN CymoxanilFUN Fosetyl-AL CFUN Mancozeb (ETU) B 3 3FUN Nuarimol IId

DIS = diserbanteFUN = fungicidaINS = insetticida

Scheda 5Definizione delle classi e sottoclassi di tossicità Classe I: molto tossici, tossici - sottoclassi: Ia, Ib, Ic

Classe II: nocivi - sottoclassi: IIa, IIb, IIc, IIdDefinizione delle classi di cancerogenecità

IARC (1) EPA (2) CCTN (3)1 cancerogeno per l'uomo A 1 sostanze note per gli effetti cancerogeni sull'uomo2A cancerogeno probabile (indizi sufficienti B 2 sostanze che dovrebbero considerarsi cancerogene in animali, limitati indizi epidemiologici) per l'uomo2B cancerogeno possibile (evidenza sufficiente C 3 sostanze da considerarsi con sospetto per i possibili di cancerogeneicità in animali, non esistono effetti cancerogeni, sulle quali non sono disponibili dati sull'uomo) informazioni sufficienti per procedere ad una valutazione completa3 non classificabile per la cancerogeneicità D 4 sostanze non valutabili in modo adeguato per l'uomo 4 probabilmente non cancerogeno per l'uomo E 5 sostanze studiate in animali di laboratorio in esperimenti adeguati, in almeno due specie senza eccessi tumorali

1) IARC = International Agency of Research on Cancer: è l'Agenzia dell'OMS per la ricerca sul cancro2) EPA = Environmental Protection Agency: è l'Agenzia per la protezione dell'ambiente negli USA3) CCTN = Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale: è l'organo ufficiale del Ministero della Sanità.

Ischia (almeno da una prima ricognizione), da un punto di vista della tossicità acuta e del rischio cancerogeno. Poiché si tratta di una indagine preliminare, non rite-niamo possano essere delineati con certezza, da questi primi elelementi, i rischi per le matrici ambientali e per la salute umana. Occorre tuttavia raccogliere tali elementi come segnali di rischi probabili, suscettibili certamente di essere approfonditi, con una ricerca

sul territorio sulle catene alimentari e sui dati epide-miologici eventualmente in possesso delle strutture sanitarie dell’isola.

Lucio Triolo(Dipartimento Ricerca e Sviluppo

Agroindustriale ENEA)Si ringrazia la dott.ssa M. R. Rapagnani del Dipartimento Ricerche & Svi-luppo Agroindustriali dell'ENEA per il contributo fornito nell'elaborazione delle schede relative ai pesticidi.

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Convegno "Salvaguardia ambientale e valorizzazione agricola"

Nicola Lamonica

Le ricerche delle linee più opportune per il recupero dell’economia agricola e della viticoltura in termini nuovi e moderni, che possano ridare soprattutto fiducia e... soldi all’agricoltura attraverso la piena qualificazione dei prodotti, erano tra gli obiettivi del Convegno; mi pare che attraverso le varie relazioni, recuperando quanto c’è in questa direzione, sia possibile individuare una li-nea maestra, quella della ricerca scientifica anzitutto per recuperare alla pro-duttività tante aree abbandonate e/o che sono nelle mire della speculazione edilizia. Ricordo qui, ma è stato già citato da altri, che dagli anni '30 ad oggi, il terreno coltivabile dell’isola d’Ischia è passato da 3000 ettari agli attuali 900. Conservare e tramandare una cultura contadina, fatta anche di ripari campestri, di pietre tagliate e usate per “parracine”, di case nella pietra, di imponenti cellai oggi colpevolmente abbandonati o stoltamente trasformati, di case contadine dai lineamenti inconfondibili e cariche di una essenzialità umanizzante... mi pare sia la preoccupazione e la sfida di ogni intervento; si tratta anche di recuperare i nostri ambienti umanizzati e gli ecosistemi, unici e rari, di cui disponiamo per una felice combinazione tra morfologia, clima e benefiche emissioni geotermiche; tutti pezzi del collage ischitano che fanno della nostra isola un unicum prezioso. Tutto questo c’è nelle proposte dei vari interventi; ognuno ha tirato le somme in “casa propria”, noi faremo tesoro delle indicazioni emerse dal Convegno che da oggi sono già pezzi della nostra battaglia politica qui ad Ischia; una battaglia politica che è ricerca di nessi tra l’ambiente e l’economia a sostegno del concetto “difesa attiva del territorio” che rimane la migliore arma contro il degrado e la speculazione, unitamente ad una cosciente acquisizione di valori da parte di tutti. A ciò va associata la riduzione progressiva dell’uso dei prodotti chimici in agricoltura per salvaguardare la salute umana e le altre specie viventi e per prevenire l’inquinamento delle nostre falde acquifere, nella piena consapevo-lezza che il problema travalica i confini della nostra isola. L’isola d’Ischia, ci è stato ricordato, è stata crocevia di popoli e di civiltà; oggi, grazie ai nostri ospiti conferenzieri che ringraziamo ancora una volta, possiamo sperare di leggere la nostra storia attraverso un’altra fonte, attraverso il vitigno.

ConclusioniLegambiente Isola d'Ischia

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Vitignidell'isola d'Ischia (**)

BIANCOLELLASinonimi - Ianculillo - Ianculella - Bianco-lelle. Secondo il Foex sarebbe originaria dalla Corsica.Descrizione ampelografica - Per la descri-zione ampelografica di questo vitigno mi sono servito di un clone coltivato in aperta campagna in località Ciglio (comune di Serrara Fontana), controllandolo simultaneamente con un altro clone coltivato in località Fiaiano Barano).Germoglio di 10-20 cm. - Apice di forma media, di colore verde bronzato con orlature carminato. Foglioline apicali spiegate, aracnoidee, foglioline basali piegate a coppa, lanuginose sotto, glabre sopra, di colore verde intenso sopra, biancastro sotto. Asse del germoglio curvo.Germoglio alla fioritura - Espanso, vellutato, biancastro con orlature carminato. Ricurvo a pastorale.Tralcio erbaceo - Con lenticelle. Sezione trasversale circolare e contorno liscio, glabro. Colore rosso e verdastro interamente diffuso, costoluto. Le coste sono evidenziate da variazioni di sfurmature rosso verdastre.Viticcio - Lungo, bifido o raramente trifido con distribuzione intermittente (012 - 012 ecc.).Infiorescenza - Cilindrica, allungata con l’estre-mità rivolta in su.Fiore - Morfologicamente ermafrodito, a stami lunghi, autofertile.Foglia - Media, pentagonale, quinquelobata; seno peziolare a V aperto; seni laterali superiori a V stretto; seni laterali inferiori idem. Pagina superiore glabra; pagina inferiore con tomento sparso qua e là; lembo piano o leggermente piega-to a gronda. Angolo alla sommità dei lobi laterali acuto. Superficie del lembo liscia, piegata a coppa. Nervature principali verde sbiadito. Denti laterali irreglari in due grandezze, uncinati. Colore verde bottiglia. Lucentezza opaca. Colorazione autun-nale giallastra. Picciuolo medio, glabro, sezione trasversale con canale poco evidente.Portamento della vegetazione - Eretto.Grappolo a maturità industriale - Medio compatto, allungato, alato con due ali. Peduncolo ben visibile, erbaceo. Ombelico non persistente né infossato né prominente. Colore giallo con distribuzione regolare. Polpa molle di sapore dolce, neutro. Pedicello corto, di colore verde. Cercine evidente, di colore verde con bordi rossastri. Pennello corto, di colore giallo verde. Separazione del pedicello dell’acino: facile.Vinacciuoli - n. 2 per acino, piriformi con becco

lungo e arcuato.Tralcio legnoso - Medio, robusto, poco ramifi-cato. Corteccia aderente con lenticelle. Sezione trasversale circolare. Nodi globosi. Lunghezza media meritalli 5-6 cm. Colore dei meritalli nocciola o grigio nocciola, accentuato verso i nodi. Gemme coniche.Tronco - Robusto.Radici dell’anno - Di colore giallo, sinuose, di calibro irregolare, carnose.Fenomeni vegetativi - Germogliamento : fine di marzo-inizio di aprile. Fioritura: prima quindicina di giugno. Invaiatura: prima quindicina di agosto. Maturazione: prima quindicina di settembre.Caratteristiche ed attitudini colturali - Pianta vigorosa. Produzione non molto abbondante. Femminelle fertili ma non sempre; la fertilità è in dipendenza degli altri fattori (stato di nutrizione, terreno, annata). Sensibile all’oidio. Utilizzazione - E’ utilizzata per la vinificazione, benché localmente qualche volta venga anche consumata come uva da tavola per la dolcezza del suo succo, nonostante la buccia abbia tutte le caratteristiche dell’uva da vino.Analisi del vino - E’ stato analizzato il vino proveniente dall’uva del clone in osservazione: Alcool: 14,8 per cento, Acidità totale 8,44 per mille, Acidità volatile lorda 0,49 per mille, Acidità volatile detratta SO2 0,32 per mille, Acidità fissa 7,83 per mille, Zuccheri 0,28 per cento, Estratto 23,27 per mille, Ceneri 1,64 per mille, Alcalinità ceneri 19,40 per mille, Sostanze tanniche e co-loranti gr. 0,439 per mille.Giudizio organolettico sul vino - Paglierino carico, di giusto corpo, armonico, lievemente am-mandorlato, alcolico, vino superiore da pasto.Importanza economica - Questo vitigno è col-tivato e diffuso più o meno in tutti i Comuni dell’Isola. E’ considerato vitigno di pregio e la sua diffusione è soltanto limitata dal fatto di non essere molto produttivo, come lo è invece l’altro di più grande diffusione, il Forastera.

FORASTERASinonimi - Furastera - Forestiera. Il nome stesso del vitigno ne indica la provenienza dal di fuori dell’Isola. La sua acclimitazione nell’Isola non deve risalire ad epoca troppo remota perché il vocabolo fa piuttosto parte del dialetto attual-mente corrente. Non è ancora citato tra i vitigni coltivati nella Storia dell’Isola d’Ischia di G. d’Ascia (1867).Descrizione ampelografica - Per la descrizione ampelografica di questo vitigno si è usufruito di un clone coltivato in aperta campagna in località Ciglio (comune di Serrara Fontana). (La località di osservazione è la stessa per tutti e quattro i vitigni descritti per meglio confrontarli tra loro e meglio metterne in evidenza le differenze ampelografiche). Germoglio di 10-20 cm. - Apice globoso, quasi espanso cotonoso, verde bronzato con orlature carminato. Foglioline apicali quasi spiegate, co-tonose, verde bronzato con sfumature carminato.

** Da La vite e il vino nell’isola d’Ischia di Salvatore D’Ambra(Estratto dagli Atti dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino / vol. XIV (1962)

Foglioline basali spiegate, glabre al di sopra, cotonose al di sotto, verde bronzate. Asse del germoglio ricurvo.Germoglio alla fioritura - Espanso, lanugino-so, verde con orlature lievi carminato. Ricurvo a pastorale.Tralcio erbaceo - Senza lenticelle, circolare, costoluto, aracnoideo; tomento parzialmente diffuso verde con striature ramato da un lato, in-teramente rossastro dall’altro. Coste evidenziate dalla differenza di colore tra verde e rosso.Viticcio - Subcontinuo, bifido di formula 012 - 012 ecc.Infiorescenza - Piramidale con l’estremità rivolta in su (lunga cm 20-25)Fiore - Globoso, medio, ermafrodito, a stami stretti, autofertile.Foglia - Pentagonale (quasi orbicolare), grande, tri e pentalobata. Seno peziolare a U aperto o a bordi sovrapposti. Seni laterali superiori e in-feriori a V aperto o a bordi sovrapposti. Pagina superiore glabra, pagina inferiore aracnoidea. Lembo piano, sottile. Lobi idem. Angolo alla sommità dei lobi laterali acuto. Superficie del lembo liscia. Nervature principali sulla pagina inferiore verde chiaro, sulla pagina superiore verde cupo. Denti laterali prominenti, irregolari, concavi da un lato e convessi dall’altro. Colore verde cupo. Lucentezza opaca.Picciuolo - Lungo, di grossezza media, glabro. Sezione trasversale con canale poco evidente.Portamento della vegetazione - Strisciante, espanso.Grappolo a maturità industriale - Medio, di aspetto medio o spargolo. Forma alata. Peduncolo corto, ma visibile, erbaceo, lungo 10-15 cm.Acino a maturità industriale - Grosso, ellissoida-le, regolare. Ombelico persistente. Sezione tra-sversale circolare. Buccia pruinosa, sottile. Colore verde paglierino con lessature; Succo incolore. Polpa molle. Sapore neutro. Pedicello medio di colore verde; Cercine evidente di colore verde; Pennello medio di colore paglino. Separazione del pedicello dall’acino: facile.Vinacciuoli - 2 o 3 piriformi con becco lun-go.Tralcio legnoso - Lungo, robusto, ramifica-to. Corteccia aderente con lenticelle. Sezione trasversale ellittica. Superficie liscia, glabra. Lunghezza media meritalli cm 9-10, di colore nocciuola uniformemente distribuito. Gemme appuntite.Tronco - Robusto.Radici dell’anno - Brune, di calibro irregolare, sinuose, dure e fibrose.Fenomeni vegetativi - Germogliamento : prima quindicina di aprile. Fioritura: prima quindicina di giugno. Invaiatura: seconda quindicina di agosto. Maturazione: seconda quindicina di settembre.Caratteristiche ed attitudini colturali - Pianta vigorosa, preferisce potatura ricca ed espansa. Produzione abbondante e costante. Femminelle costantemente fertili. E’ poco resistente all’oidio

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e al marciume.Utilizzazione - Soltanto per la vinificazione;Analisi del vino - E’ stato analizzato il vino proveniente dall’uva del clone in osservazione: Alcool: 12,1 per cento, Acidità totale 7,24 per mille, Acidità volatile lorda 0,35 per mille, Acidità volatile detratta SO2 0,33 per mille, Acidità fissa 6,81 per mille, Zuccheri 0,11 per cento, Estratto 20,91 per mille, Ceneri 2,54 per mille, Alcali-nità ceneri 26,20 per mille, Sostanze tanniche e coloranti gr. 0,418 per mille.Giudizio organolettico sul vino - Paglierino, di giusto corpo, leggermente frizzantino pur essendo secco, armonico. Vino da pasto, indicatissimo sul pesce.Importanza economica - La coltura di questo vitigno interessa tutta l’Isola d’Ischia. La sua produttività costante e il pregio altresì del viti-gno (tipico vitigno da vino) hanno permesso la sualarga diffusione.

GUARNACCIASinonimi - Guarnaccia - Uarnaccia - Canna-meluDescrizione ampelografica - Per la descrizione ampelografica è stato utilizzato un clone coltivato in località Ciglio (Serrara Fontana).Germoglio di 10-20 cm. - Apice medio, lanugi-noso, verde con riflessi ramato. Foglioline apicali piegate, leggermente a coppa aracnoidee, verde ramato brillanti, spesso con orlo carminato; seno peziolare a V aperto. Foglioline basali piegate a coppa, aracnoidee, verde pallido, seno penzolare a V. Asse del germoglio glabro, verde eretto.Germoglio alla fioritura - Apice espanso, glabro, verde con riflessi ramato. Foglioline apicali lanceolate, piegate, aracnoidee, verde pallido, seno peziolare a V. Foglioline basali a bordi sollevati, glabre, verdi; seno peziolare a V. Asse del germoglio eretto.Tralcio erbaceo - Senza lenticelle, circolare, costoluto, glabro con rari peli diritti e corti, verde.Viticcio - Subcontinuo, bifido, lungo, verde.Infiorescenza - Di media grandezza cilindro-conica.Fiore - Bottone fiorale globoso, piccolo; fiore ermafrodito, autofertile.Foglia - Di media grandezza, pentagonale, quin-quelobata, di color verde bottiglia, opaca. Seno penzolare a V aperto; seni laterali superiori a V aperto. Pagina superiore glabra; lembo legger-mente piegato a coppa. Angolo alla sommità dei lobi laterali ottuso. Superficie del lembo liscia. Nervature principali sulla pagina inferiore verde giallastro. Nervature principali sulla pagina su-periore verdi. Denti laterali irregolari a margini concavi da un lato e convessi dall’altro.Picciuolo - Medio, glabro. Sezione trasversale con canale poco evidente. Grappolo a maturità industriale - Di media grandezza, di aspetto quasi spargolo, tozzo, alato, conico. Peduncolo di media grandezza,

semilegnoso, verde.Acino a maturità industriale - Grosso, tron-co-ovoide, di forma regolare. Ombelico non persistente. Buccia pruinosa di colore nero, consistente. Succo colorato in rosa, di sapore dol-cissimo, neutro. Pedicello lungo con escrescenze di colore rosso brune. Cercine di colore rosso scuro. Pennello lungo. Separazione dell’acino dal pennello: facile.Tralcio legnoso - Piuttosto corto, fragile, ramificato. Corteccia aderente con lenticelle. Sezione trasversale ellittica. Superficie striata. Nodi sporgenti. Lunghezza meritalli 4-5 cm., di colore grigio chiaro macchiettato; il colore è più scuro nelle vicinanze dei nodi. Gemme piccole, coniche. Tronco - Medio, non molto vigoroso.Radici dell’anno - Colore bruno-rossastro o carnicino, di calibro irregolare e sinuose.Fenomeni vegetativi - Germogliamento : secon-da quindicina di aprile. Fioritura: prima quindici-na di giugno. Maturazione: seconda quindicina di ottobre. caduta delle foglie: tardiva.Caratteristiche ed attitudini colturali - Non molto vigoroso. Produzione delle femminelle irregolare e scarsa.Utilizzazione - Soltanto per la vinificazione.Analisi del vino - E’ stato analizzato il vino proveniente dall’uva del clone in osservazione: Alcool: 14,5 per cento, Acidità totale 6,33 per mille, Acidità volatile lorda 0,89 per mille, Acidità volatile detratta SO2 0,81 per mille, Acidità fissa 5,30 per mille, Zuccheri 0,18 per cento, Estratto 29,74 per mille, Ceneri 2,47 per mille, Alcalinità ceneri 20,20 per mille, Sostanze tanniche e co-loranti gr. 1,45 per mille.Giudizio organolettico sul vino - Rosso rubino, profumato, alcoolico, armonico, adatto all’invecchiamento. Vino rosso superiore.Importanza economica - Fa parte essenziale della mescolanza con il “Per’e palummo” per ottenere il classico rosso d’Ischia. E’ vitigno pregiato e coltivato da epoca remota nell’isola.

ARILLASinonimi - Rille - Agrilla.Cenni storici - E’ vitigno acclimatato da epoca remota nell’Isola. Si è soprattutto propagato per tutto il versante sud e sud ovest. E’ menzionato nella “Storia dell’Isola d’Ischia di G. d'Ascia (1867). Probabilmente proviene dalla Sicilia.Descrizione ampelografica - Per la descrizione ampelografica è stato utilizzato un clone coltivato in pieno campo in località Ciglio (comune di Serrara Fontana). Germoglio di 10-20 cm. - Apice: espanso, glabro, verde bronzato, brillante. Asse del germoglio eretto. Foglioline apicali piegate a coppa, glabre, verde bronzato con sfumature rosso brillante; quinquelobate con seni molto accentuati. Foglio-line basali piegate a coppa, glabre, verdi.Germoglio alla fioritura - Apice espanso, glabro, verde con riflessi bronzato. Asse del

germoglio ricurvo. Foglioline apicali leggermente piegate, glabre di colore verde. Foglioline basali spiegate, glabre, di colore verde.Tralcio erbaceo - Con lenticelle; sezione tra-sversale ellittica. Contorno costoluto, leggermen-te lanuginoso, con tomento parzialmete diffuso. Colore verde da un lato, verde con sfumature rosso dall’altro, colore più diffuso all’estremità del tralcio.Viticci - Intermittenti; di formula 1 o 2, bifido, lungo o corto di colore verde bronzato.Infiorescenza - Piramidale allungata.Fiore - Bottone fiorale piriforme; fiore normale, autofertile.Foglia - Pentagonale, orbicolare, grande, tri o quinquelobata. Seni laterali a V aperto. Lembo leggermente piegato a gronda, involuto. Angolo alla sommità dei lobi terminali acuto. Superfi-cie del lembo ondulata, bollosa. Denti laterali regolari, concavi da un lato e convessi uncinati dall’altro. Colore verde bottiglia. Colorazione autunnale delle foglie giallastra.Picciuolo - Lungo, di grossezza medio, glabro. Sezione trasversale con canale poco evidente. Grappolo a maturità industriale - Grosso, compatto, piramidale, allungato. Peduncolo visibile, semilegnoso, lungo 20-25 cm.Acino a maturità industriale - Medio, ovoide o troncovoide. Ombelico non persistente. Buccia pruinosa coriacea; giallo ambrata. Succo dorato. Polpa carnosa sapida. Pedicello corto, verde. Cer-cine evidente verde rosso. Pennello corto, giallo. Separazione del pedicello dell’acino: facile.Tralcio legnoso - Medio, robusto, ramificato. Corteccia aderente con lenticelle. Sezione trasver-sale circolare. Superficie striata, non pruinosa. Nodi globosi. Lunghezza meritalli 10-12 cm., di colore nocciola uniforme.Tronco - Robusto.Radici dell’anno - Colore bruno-rossastro, sinuose, di calibro regolare, fibrose.Fenomeni vegetativi - Germogliamento : prima quindicina di aprile. Fioritura: prima quindicina di giugno. Maturazione: seconda quindicina di settembre. Caratteristiche ed attitudini colturali - Pro-duzione: regolare. Fertilità delle femminelle: costante regolare.Utilizzazione -Soltanto per la vinificazione.Analisi del vino - E’ stato analizzato il vino proveniente dall’uva del clone in osservazione: Alcool: 10,7 per cento, Acidità totale 7,17 per mille, Acidità volatile lorda 1,61 per mille, Acidità volatile detratta SO2 1,53 per mille, Acidità fissa 5,16 per mille, Zuccheri 0,8 per cento, Estratto 26,15 per mille, Ceneri 2,86 per mille, Sostanze tanniche e coloranti gr. 0,340 per mille.Giudizio organolettico sul vino - Vino giallo, tannico, sapido, ricco di estratto, con acidità volatile superiore al normale.