La rappresentazione dei tedeschi nella letteratura...

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FACULTEIT LETTEREN EN WIJSBEGEERTE ____________________ Academiejaar 2008 – 2009 La rappresentazione dei tedeschi nella letteratura italiana di fine Novecento Stéphanie Muylle Promotor : Prof. dr. Sabine Verhulst Scriptie voorgedragen tot het behalen van de graad van Master in de Taal- en Letterkunde, optie Duits - Italiaans

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FACULTEIT LETTEREN EN WIJSBEGEERTE

____________________

Academiejaar 2008 – 2009

La rappresentazione dei tedeschi nella letteratura italiana di fine Novecento

Stéphanie Muylle

Promotor : Prof. dr. Sabine Verhulst

Scriptie voorgedragen tot het behalen van de graad van

Master in de Taal- en Letterkunde, optie Duits - Italiaans

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Prefazione

La scrittura della tesi di laurea non sarebbe mai riuscita senza il supporto di alcune persone.

Vorrei cogliere quest’occasione per ringraziare queste persone che mi hanno aiutato a portare

la tesi a buon fine.

In primo luogo, vorrei ringraziare prof. Dr. Verhulst del suo tempo e del suo aiuto. I suoi

consigli mi hanno sempre motivato di procedere la ricerca con rinnovato coraggio.

Mi si consenta anche di ringraziare i miei amici e la mia famiglia, soprattutto i miei genitori,

che mi hanno sempre incoraggiato e che mi spalleggiano in tutte le mie scelte. Finalmente,

vorrei esprimere la propria grattitudine a Marie Muylle, Valérie Muylle e Tom Rombouts, che

sanno sempre motivarmi con il loro contagioso entusiamo.

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Indice

Introduzione ...........................................................................................................................5

1. La rappresentazione dei personaggi nella letteratura........................................................8

2. La stereotipizzazione...................................................................................................9

2.1 La funzione degli stereotipi ...................................................................................11

2.2 Stereotipi nazionali ...............................................................................................12

2.3 Stereotipi tedeschi .................................................................................................15

3. Rapporto storico tra tedeschi e italiani...........................................................................16

4. Analisi dei romanzi.......................................................................................................22

4.1 Presentazione dei romanzi: chi sono i personaggi tedeschi?...................................22

4.2 La rappresentazione dei tedeschi: analisi tematica .................................................25

4.2.1 Aspetto fisico ................................................................................................25

4.2.2 La cultura tedesca..........................................................................................28

4.2.2.1 Abitudini alimentari.................................................................................28

4.2.2.2 Abitudini musicali ...................................................................................30

4.2.3 Il nazismo......................................................................................................31

4.2.3.1 Il Disperso di Marburg di Nuto Revelli ....................................................32

a. Immagine iniziativa.......................................................................................32

b. La svolta........................................................................................................35

4.2.3.2 Lo spirito nazista negli altri romanzi .......................................................40

4.2.4 Tedeschi o europei?.......................................................................................45

4.2.5 Il popolo serio ...............................................................................................49

4.2.5.1 La dedizione al lavoro .............................................................................52

4.2.5.2 Il burocratismo ........................................................................................54

4.2.6 Il tedesco ecologista ......................................................................................55

4.2.6.1 Werner in Due di Due..............................................................................57

4.2.6.2 Tatjana in Paso Doble..............................................................................59

4.3 Verso un nuovo paradigma ? .................................................................................62

5. Conclusione..................................................................................................................64

6. Bibliografia...................................................................................................................66

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Introduzione

Germania è come una moglie, con lei si ha un rapporto tranquillo e noioso, senza grandi collere e senza grande amore, mentre l’Italia è come un amante, con lei si vive un rapporto burrascoso ma passionale e si passa dalle liti violente all’adorazione. Ah ah ah1.A. Schopenhauer (1788 – 1960)

Il famoso tedesco Arthur Schopenhauer si dedicava già all’inizio dell’Ottocento alla

reputazione della sua nazione. Il filosofo si rendeva conto che una buona reputazione può

benificiare il paese e i suoi abitanti. Sull’esempio di Schopenhauer, tanti governamenti aprono

annualmente tali indagini sulla reputazione del loro paese. La letteratura, che è talvolta

denominata lo specchio della società, rispecchia spesso però meglio le opinioni reggenti di un

popolo, tanto ammirazione quanto tensioni sotterranee, di qualsiasi inchiesta. Le opere

letterarie contengono una miniera di informazioni culturali e sociali. Nella mia tesi di laurea,

vorrei concentrarmi sulla rappresentazione dei tedeschi nella letteratura italiana di fine

Novecento. Ho scelto questa problematica, perché unisce le discipline studiate durante la mia

formazione universitaria, ossia la cultura e letteratura italiana e tedesca.

In primo luogo, mi soffermo sulle analogie fra i romanzi del corpus. La mia prima

finalità è quindi esaminare quali sono le caratteristiche usate per rappresentare il personaggio

tedesco. La ricerca intende anche dare risposta alla natura della rappresentazione dei tedeschi.

La descrizione dei personaggi tedeschi fa quindi supporre che gli autori italiani stimino il

popolo tedesco o si può concludere che gli scrittori esprimono un profondo disprezzo del

popolo teutonico? La terza finalità è legata alle vicende storiche che hanno determinato la

cultura tedesca. La popolarità e la reputazione hanno subito un duro colpo a causa della

dittatura nazionalsocialista e il ruolo durante la seconda guerra mondiale. Tramite l’analisi del

corpus, si esamina l’influsso delle vicende storiche, cinquant’anni post factum, sull’immagine

dei tedeschi.

La questione della rappresentazione dei tedeschi nella letteratura italiana appartiene ad

un ramo giovane della narratologia, ossia l’imagologia.

Literary – and more particularly, comparatist – imagology studies the origin and function of characteristics of other countries and peoples, as expressed textually,

1C. Abate, La moto di Scanderbeg, Fazi editore, Roma 1999, p. 135.

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particularly in the way in which they are presented in works of literature, plays, poems, travel books and essys2.

L’imagologia, nascita all’inizio del Novecento, aggancia alla filosofia, alla psicologia, alla

sociologia e ha persino punti di contatto con la storia e la politicologia. Joep Leerssen, accanto

che è a Manfred Beller l’esponente più famoso degli Image Studies, ha formulato qualche

direttiva di un ottimo studio imagologico. Il metodo della ricerca è basato sui principi proposti

da Leerssen.

La tesi di laurea è composta da due grandi parti. La prima parte teorica inizia con un

primo capitolo in cui sono spiegate le regole codificate della rappresentazione dei personaggi.

Secondo Leerssen, una caratterizzazione di un personaggio è sempre vincolata a

semplificazioni. “With collectives, which we subsume into one concept as groups, peoples or

races, these emerge in the formulaic form of stereotypes3”. Visto che la stereotipizzazione

gioca un ruolo importante nella tipizzazione dei personaggi, è approfondita in un secondo

capitolo: sono individuate le funzioni degli stereotipi (2.1) e si spiega gli stereotipi nazionali

(2.2) e quelli tedeschi (2.3).

Inoltre, la rappresentazione letteraria è profondamente influenzata da motivi culturali e

storici4. Nel terzo capitolo è presentato un profilo storico della relazione italiano-tedesca.

La seconda parte della ricerca è composta da un’analisi di un corpus di cinque romanzi

con tematiche divergenti, scritti tra il 1989 e il 2002. Il paragrafo 4.1 mette in fila i personaggi

tedeschi e offre l’occasione di fare conoscenza con la tematica dei romanzi.

L’analisi letteraria è suddivisa in sei capoversi tematici (4.2). La ripartizione tematica

è basata sugli stereotipi tedeschi più persistenti dell’opera teorica Tipico tedesco: quanti

tedeschi sono i tedeschi di Herman Bausinger. Gli stereotipi sono confrontati con la

rappresentazione dei tedeschi nel corpus. I luoghi comuni suggellati o inficiati sono l’aspetto

fisico (4.2.1) e le abitudini culturali (4.2.2), che entra nel merito della tradizione alimentare

(4.2.2.1) e musicale (4.2.2.2). L’analisi prosegue con la questione spinosa dello spirito

nazista e guerresca in Germania (4.2.3). Visto che Il disperso di Marburg è un punto di

cerniera nella rappresentazione tedesca, è dedicato l’intero paragrafo 4.2.3.1 alla sua analisi,

mentre lo spirito nazista negli altri è presa in considerazione in 4.2.3.2. Questo luogo comune

2 M. Beller e J. Leerssen, Imagology: The cultural construction and literary representation of national characters, Editions Rodopi, Amsterdam/New York 2007, p. 7.3 Ibidem.4 Ibidem.

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si contrappone all’identità europea descritta nel capitolo “Tedeschi o Europei?” (4.2.4).

Seguentemente, si sofferma sulla reputazione dei tedeschi come popolo serio (4.2.5), per

finire con l’affronto del cliché dei tedeschi come ambientalisti e tipi alternativi (4.2.6).

L’analisi letteraria si conclude con il quinto capitolo, in cui sorge la domanda se emerge un

nuovo paradigma dalla rappresentazione dei tedeschi nella letteratura.

Nella conclusione nel sesto capitolo, in cui è fatto il bilancio finale, sono dimostrati i

risultati della ricerca.

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1. La rappresentazione dei personaggi nella letteratura

La questione del personaggio è un componente dominante nel procedimento e

funzionamento fondamentale della narrazione. Remo Ceserani delinea la complessità del

problema. Anche se un lettore inesperto potrebbe presumere che l’autore ha una maggiore

libertà nella scelta di rappresentazione, in realtà gli scrittori “sono poi condizionati, nello

sviluppare le loro storie, da una quantità di convenzioni e di stereotipi, dal genere di scrittura

che hanno scelto, dalle attese del loro lettori.”5 La rappresentazione dei personaggi è vincolata

a qualche regola determinata dalla narratologia.

Una buona caratterizzazione deve rispondere alle aspettative del pubblico. Hans

Robert Jauss descrive la lettura di un testo letterario come un dialogo intercorrente tra lettore e

testo. Il colloquio è però caratterizzato da una grande distanza tra i due interlocutori. La

lettura è un confronto tra i due orizzonti di attesa. Un elemento che determina la spaccatura tra

i due orizzonti è il dualismo tra finzione e realtà. Per poter affascinare il lettore, l’autore deve

fare delle concessioni alle attese del suo pubblico6. La verosimiglianza gioca quindi un ruolo

importante nel processo narrativo.

Joep Leerssen concede la parola a qualche autorità nel campo della narratologia.

Aristotele sosteneva già nell’antichità che una verità improbabile sfocia nell’arte pessima; è

meglio usare delle falsità plausibili. La realtà empirica deve adeguarsi alla verosimiglianza,

che viene creata attraverso un quadro di convenzioni. “Meaningfulness is the sense we make,

the sense we fabricate7”. Il concetto risale a Vico, che opta nel processo letterario per l’uso di

un ‘verum factum’, cioè la combinazione di un ‘vero fatto’ e una ‘realtà fabbricata’. Nell’età

contemporanea, E.H. Gombrich è dello stesso parere. Egli definisce la rappresentazione

pittorica e quella descrittiva, che vale per la nostra ricerca, come “not the faithful recording of

a visual experience, but the faithful construction of a relational model8”.

Tali concezioni risalgono a idee dell’essenzialismo, oppure “the idea that a knowable

essence inheres in objective reality, prior to, and independent of our perceptional activity, and

that therefore our perceptions and representations are measurable in terms of fidelity to the

essence of things”9.

5 R. Ceserani, Guida allo studio della letteratura, Editori Laterza, Bari 1999, p. 218.6 Ivi, p. 472.7 J. Leerssen, 'Mimesis and stereotype', in: Yearbook of European Studies (National Identity. Symbol and representation), Amsterdam, 1991, 4, p. 166.8 Ibidem.9 Ibidem.

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Nella narratività, non importa quindi come sono i personaggi in sé, ma come si svolge

la relazione dialettica tra la rappresentazione del personaggio e le aspettative dei lettori. La

teoria si spiega meglio attraverso un semplice esempio letterario: la fiaba. I lettori hanno delle

attese nei confronti dei personaggi. Nella Figlia del Sole, una delle fiabe italiane di Calvino,

ad esempio, la parte della maga maligna viene evidentemente recitata da una donna vecchia,

mentre l’eroina è una ragazza giovane.10 Se Calvino avesse usato descrizioni differenti per

questi medesimi ruoli, il testo non avrebbe corrisposto mai all’orizzonte d’attesa dei lettori e il

successo sarebbe stato minimo.

Secondo Leerssen, le implicazioni della teoria delle attese dei lettori sono due. Prima,

la regola impone delle restrizioni alla libertà di descrizione dei personaggi. I tratti fisici e

morali dei personaggi vanno ben definiti e ben dosati affinché il lettore aderisca alla storia e

metta da parte i propri pregiudizi. La seconda implicazione è, che un carattere rappresenta,

oltre alla specificazione di un attante, un’universalità. Non importa quindi soltanto l’azione

che il personaggio deve compiere, ma anche il messaggio universale che egli trasmette11.

Leerssen sceglie il personaggio femminile come esempio della sua teoria. Indipendentemente

dal suo ruolo di attante nella storia, il personaggio femminile può essere descritto come donna

tout court. Le aspettative del pubblico si concentrano soprattutto sulle idee che riguardano la

femminilità in generale. Se la donna gioca il ruolo della vittima o dell’eroina, importa anche il

suo comportamento universalmente valabile, ad esempio l’eleganza tipicamente femminile12.

L’autore deve rendersi conto di queste restrizioni e convenzioni affinché i suoi

personaggi siano credibili.

2. La stereotipizzazione

L’obbedienza al quadro delle convenzioni e alla percezione del pubblico è legata alla

stereotipizzazione dei personaggi:

Literary texts also reduce the complex of various characteristics of an individual to a small number of noteworthy, salient aspects and characteristics. With collectives, which we subsume into one concept as groups, peoples or races, these emerge in the formulaic form of stereotypes. Stereotyped representations are the seedbed of prejudices, which in their way rationalize and ‘confirm’ stereotyped notions.13

10 I. Calvino, “La figlia del sole”, in Fiabe italiane (1956), Mondadori, Milano 1999, p. 450.11 J. Leerssen, 'Mimesis and stereotype', cit., p. 169.12 Ivi, p. 170.13 M. Beller e J. Leerssen, Imagology: The cultural construction and literary representation of national characters, cit., p. 7.

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Il concetto stereotipo risale al campo della tipografia. Nel suo significato originario, uno

stereotipo disegna una lastra metallica, con il calco di un testo predefinito, fissato in un tale

modo, che può essere stampato e riprodotto. È stato il giornalista e scrittore Walter Lippmann

da attribuire un nuovo significato, che si situa nel campo della letteratura alla parola

esistente14.

Lo zingarelli definisce uno stereotipo come “Percezione o concetto relativamente rigido

ed eccessivamente semplificato o distorto di un aspetto della realtà, in particolare di persone o

di gruppi sociali15”. Nel libro di Herman Bausinger sugli stereotipi persistenti dei tedeschi, si

trova:

Stereòtipi (come anche stereotìpi) sono generalizzazioni acritiche, per cui non viene richiesta alcuna verifica critica o che non vengono evitate, e che resistono tenacemente ai cambiamenti. Esistono anche alcuni stereotipi positivi, utilizzati ad esempio dal turismo, ma generalmente quelli negativi passano in primo piano. Questo è ancora più evidente quando si usa il concetto di pregiudizio. È per certi versi una storia di incremento dello stereotipo. Mentre con il concetto di stereotipi si considerano anche giudizi innocenti e bizzarri, i pregiudizi sono quasi sempre elementi di immagini ostili16.

Non essendo acquisiti sulla base di un’esperienza diretta, gli stereotipi obbediscono alle

convenzioni della caraterizzazione17.

Inoltre, gli stereotipi risultano sempre da un’osservazione contrastiva. Ogni persona

può costituire un gruppo sociale. Basta qualche parametro, per esempio il sesso, le condizioni

sociali o la razza. Un osservatore, che a sua volte appartiene consapevolmente o

inconsapevolmente ad un certo gruppo sociale, esamina il comportamento e le abitudini di

persone di un altro sesso, di una razza diversa o di condizioni sociali differenti e mette il

comportamento esaminato a confronto con le proprie abitudini. Il paragone risulta in una

generalizzazione, in cui i costumi ricorrenti e sconosciuti dall’osservatore vengono attribuiti

all’altro gruppo sociale e definiti come caratteristiche tipiche. “Partendo da alcuni o da pochi,

si arriva a includere tutti, si generalizza troppo velocemente, in larga misura e senza alcun

controllo”18. Queste generalizzazioni e semplificazioni si chiamano stereotipi.

14 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, Edizioni ETS, Pisa 2007, p 26.15 N. Zingarelli, Lo Zingarelli 2006. Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 2006, p.1856.16 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p 26.17 www.garzantilinguistica.it18 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p.26.

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2.1 La funzione degli stereotipi

L’impatto degli stereotipi non è anodino e viene spesso usato nel processo letterario.

Le ragioni della caraterizzazione stereotipata nella letteratura sono molteplici.

Innanzitutto l’uso degli stereotipi dipende dall’intenzione dell’autore. La prima

funzione della stereotipizzazione è indicare l’importanza dei personaggi. Dolezel individua

una relazione dialettica tra norma narrativa e arte narrativa. La struttura di una storia è quindi

il risultato dell’interazione di due principi contradittori: il principio dello stereotipo (norma

narrativa) e il principio della variazione e innovazione (arte narrativa). La deviazione dalla

caratterizzazione stereotipata è unicamente prevista per i personaggi più importanti e rilevanti

per la storia. Loro sono dotati di una psicologia più complessa19.

In questo contesto, si sofferma sulla classificazione del sistema di personaggi annotata

da Remo Ceserani. La categoria più stereotipata è composta dai personaggi generici, ossia

quelli che sono trasmissibili tra opere diverse grazie alla loro descrizione astratta, ad esempio

‘il servo astuto’ o ‘la fanciulla ingenia’. La seconda classe è formata dai personaggi descritti

tipologicamente, la quale coincide con la teoria del romanziere E.M. Foster dei personaggi

piatti e personaggi a tutto tondo:

I primi provvisti di pochi “tratti” e caratteristiche e sempre uguali a se stessi, come per esempio Agnese nei Promessi Sposi, i secondi caratterizzati da un insieme complesso e mobile di “tratti” e quindi con la possibilità di cambiare nel corso della vicenda, di costruire una propria e diversa individualità come avviene in un tipico “romanzo del personaggio” come è il Bildungsroman20.

Il ruolo del personaggio però non è definitivo all’inizio del romanzo. Uno dei

personaggi piatti può svilupparsi e occupare una posizione più importante nello svolgimento

della trama. L’importanza maggiore è spesso accompagnata da un approfondimento della sua

psicologia. A confronto degli antagonisti statici e stereotipizzati, i personaggi cambianti si

chiamano personaggi dinamici.

La terza e ultima classe, ossia la descrizione ‘strutturale’, distingue i personaggi

secondo il loro ruolo nell’azione. 21 La prima funzione degli stereotipi è quindi descrivere i

personaggi secondari.

Si può anche individuare una stereotipizzazione a base di caratteristiche nazionali.

19 J. Leerssen, “Mimesis and stereotype”, cit., p. 174.20 C. Ceserani, Guida allo studio della letteratura, cit., p. 575.21 Ibidem.

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A questo punto conviene soffermarsi sulle implicazioni politiche che possono veicolare gli

stereotipi. Dolezel chiama questo gruppo “gli stereotipi della narratività, in senso tecnico22”.

Stereotipi evocano associazioni che vigono al di fuori del testo, basate su credenze

preesistenti e extratestuali. Esempi di tali generalizzazioni sono la debolezza e vulnerabilità

delle donne nelle fiabe oppure la nobiltà morale e raffinatezza dei borghesi. Ecco la

definizione della stereotipizzazione ‘nazionale’:

National stereotypes (one particular convention code among others operative in literary representation) may be deployed in many different ways: ironically or seriously, xenophobically or exotistically, appreciatively or denigratingly – but whatever the modality of their occurence, national stereotypes always invoke the audience’s prior knowledge, they always rely on a pregiven recognition value23.

Adriano Prosperi categorizza gli stereotipi nelle forme della caricatura e barzelletta. La

funzione delle facezie però è univoca, cioè fa ridere. Si usa gli stereotipi per fini diverse, ma

funzionano soprattutto come una “specie di lubrificante della comunicazione”24.

La terza funzione degli stereotipi si trova nello studio di Hermann Bausinger. Egli

definisce la tipizzazione nazionale come un momento di liberazione: all’autore, che compie

nel processo letterario il ruolo di osservatore, dà l’idea di aver capito lo straniero e di esser

riuscito a ridurre l’ignoto ad un comune denominatore.

Si può quasi parlare di una funzione di scongiuro: l’estraneo, nella realtà decisamente complicato e difficilmente penetrabili, viene relegato in un modello trasparente, che serve da schema esplicativo. Chi si reca in un paese straniero cerca più o meno automaticamente delle caratteristiche stabili ed è in primo luogo immediatamente pronto ad attribuire singole osservazioni all’insieme25.

2.2 Stereotipi nazionali

Oltre alla stereotipizzazione basata su parametri sociali valgono per la nostra ricerca gli

stereotipi nazionali, e, nello specifico, quelli tedeschi. Come dimostra l’aneddoto seguente,

stereotipi nazionali si creano allo stesso modo di stereotipi sociali. Alle università tedesche

studiano ogni anno circa cinquecento borsisti stranieri su invito della fondazione Humboldt.

Ogni borsista riceve come regalo una cravatta, che va portata negli incontri o in occasione di

determinate festività. Una volta, un etnologo ungherese non sapeva fare il nodo e chiedeva

dopo qualche tentativo fallito l’aiuto del suo ospitante tedesco, il quale faceva il nodo senza

22 J. Leerssen, “Mimesis and stereotype”, cit., p. 17423 Ibidem.24 A. Prosperi, “Italiani e tedeschi. Vizi allo specchio”, in Corriere della Sera, 30-11-1999, p. 37.25 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 34.

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problemi. Il tedesco chiedeva però scherzando se gli altri ungheresi sapessero fare il nodo alla

cravatta. L’etnologo faceva cenno di sì, ma intuiva che la risposta non bastava per l’ospitante

tedesco, che avrebbe reso noto che gli ungheresi non sanno farsi il nodo alla cravatta e

avrebbe giudicato tutti i connazionali allo stesso modo26.

La piccola storia banale dimostra come nascono tipizzazioni comuni: l’osservatore lega

il problema del nodo alle abitudini nazionali degli ungheresi. Una nuova generalizzazione può

quindi nascere casualmente e banalmente, per sopravvivere dopo per lungo tempo.

Stereotipi basati su qualità nazionali si creano così facilmente come i giudizi basati su

condizioni sociali, ma termini come ‘tipico tedesco’ invitano però allo scetticismo. La parola

“tedesco” definisce la cittadinanza e si trova sulla carta d’identità, ma basta vivere all’interno

dei limiti statali per vedersi involontariamente inquadrati in una categoria artificiale? Herman

Bausinger riflette sul problema nella premessa del suo libro Tipico tedesco: quanti tedeschi

sono i tedeschi?, in cui indaga e passa in rassegna pregiudizi e stereotipi del popolo tedesco:

Se si dà uno sguardo alla pluralità delle regioni e delle professioni, se si pensa alle assai differenti caratteristiche derivanti dalla condizione sociale, dal genere, dalla generazione, appare abbastanza irragionevole parlare dei tedeschi e porli in relazione a ben determinate qualità specifiche: “i tedeschi sono così e così...”27

Una denominazione come ‘tipico tedesco’, che comprende tutti i (pre)giudizi non può che

essere artificiosa e scorretta, ma vero è però il contrario.

Il punto di partenza della stereotipizzazione nazionale consiste, alla stregua della

formazione degli stereotipi sociali, nel confronto delle abitudini culturali osservate e con

quelle dell’osservatore. Azioni e comportamenti conosciuti dall’osservatore appaiono

normali, per nulla tipici, mentre particolarità mai viste saranno generalizzate e etichettate

come tipiche della cultura nazionale degli stranieri. Quando aumenta la differenza tra i due

paesi, cresce anche il numero e il grado di stereotipizzazione. Un esempio concreto è una

ricerca condotta a Tubinga, in cui circa cinquanta studenti stranieri venivano interrogati sulle

loro impressioni dei tedeschi. Per garantire una varietà di prospettive, il numero degli

intervistati maschili e femminili era lo stesso. Il loro paese di origine era la Grecia, la

Giappone oppure gli Stati Uniti. Gli interrogatori sondavano la loro reazione e la loro

opinione sull’abitudine di camminare mano nella mano: I tedeschi mostrano l’affetto in

pubblico? Si vedono tante coppie tedeschi che camminano mano nella mano? E che cosa

vogliono esprimere con il loro atteggiamento? Gli studenti americani giudicavano che i

tedeschi non mostrano tanto affetto, perché le coppie camminano più spesso mano nella mano 26, H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 25.27 Ivi, p. 15.

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in America. I Greci erano dello stesso parere, sostenendo che camminare mano nella mano è

una pura formalità e che nessun sentimento affettivo si esprime attraverso questo gesto. Le

opinioni di queste due nazionalità occidentali differiscono totalmente dalla reazione degli

studenti di origine orientale. Essi criticavano l’atteggiamento dei tedeschi, dicendo che gesti

intimi e affettivi, come camminare mano nella mano, non sono moralmente positivi e sono,

per esempio in Giappone, impensabili in pubblico. Mentre gli studenti occidentali, che sono

familiarizzati con contatto corporeo in pubblico definiscono i tedeschi ‘non estremamente

corporali e affettivi in pubblico’, gli osservatori occidentali descrivono gli abitanti teutonici

come un popolo con grande contatto fisico. Una tale inchiesta mostra il valore relativo degli

stereotipi: Ogni osservatore è condizionato dal proprio bagaglio culturale e paragona

l’osservato incoscientemente con le proprie abitudini. Il retroterra culturale gioca un ruolo

importantissimo nell’immagine nazionale28.

Anche se il contrasto sta alla base della stereotipizzazione, qualche comportamento o

abitudine di un popolo potrebbe occorrere così frequentemente che non può più essere negato

come elemento tipico della cultura nazionale. Tratti caratteriali o abitudini culturali, come

quelli alimentari, possono essere così notevoli, che non è necessario paragonarli con i costumi

stranieri. Nessuno negherà ad esempio che la pasta e la pizza sono pasti tipicamente italiani.

Non sono soltanto gli stranieri che vedono gli stereotipi degli altri paesi, anche abitanti

di un paese si rendono conto della propria cultura e abitudini. Pur essendo all’interno della

cultura, anche i cittadini riescono a descriversi con una certa distanza attraverso stereotipi.

Cercando di descrivere le caratteristiche nazionali, tedeschi ‘autentici’ come Friedrich

Nietzsche si sono impegnati a osservare e giudicare il proprio popolo. Anche se il loro

approccio al problema differisce da quello degli stranieri, il modo di guidicare appare uguale.

Tutti i e due caratterizzano un abitante di un paese avvalendosi di clichés, stereotipi e

pregiudizi29. La differenza tra stereotipizzazione straniera e identificazione nazionale è

l’interpretazione dei risultati. Nigbur e Cinnirella costatano che gli osservatori della propria

cultura propongono un’immagine più positiva della valutazione condotta da stranieri. La

coscienza nazionale spinge, spesso inconsapevolmente, nella direzione di un attegiamento

difensivo30. La preservazione dell’immagine positiva nazionale vale anche rispetto a fatti

storici negativi. Mentre osservatori stranieri associano un altro popolo per lungo tempo agli

28 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi, cit, p. 33.29 Ivi., p. 15.30 D. Nigbur e M. Cinnirella, “National identification, type and specificity of comparison and their effects on descriptions of national character”, in European Journal of Social Psychology, 34, 2007, 4, p. 674.

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errori del passato, gli abitanti di una tale nazione si affrettano a dimostrare l’evoluzione

positiva che hanno subito31. Un esempio concreto, adattabile alla nostra ricerca, è la storia

nazionalsocialista e guerresca del popolo tedesco. Gli stranieri si gettano avidamente sul

passato guerresco per metterlo in cattiva luce. Cercando di far accettare la loro valutazione

positiva, i tedeschi invece rivangano il passato come situazione paragonabile per dimostrare

l’evoluzione e il trapasso da un popolo orientato verso trionfi nazionali fino ad un paese che si

impegna a fondo per riscuotere successi europei.

Se si tratta di autovalutazione o di giudizio straniero, il risultato rimane lo stesso: gli

stereotipi sono onnipresenti e inevitabili. Bausinger usa la metafora degli occhiali invisibili

che mettiamo per osservare una cultura nazionale. Nessuno, abitante o straniero, si rende

conto della loro presenza, ma essi influenzano la nostra visione fino alla deformazione della

realtà. Cittadino residente o straniero, nessuno riesce a liberarsi da una visione condizionata

dal pregiudizio:

Chi crede di poter mettere per prima cosa da parte i pregiudizi per poi fare una lista delle effettive qualità dei tedeschi, egli stesso soggiace con tale facile separazione ad un equivoco. Le rappresentazioni della realtà di norma vengono sistemate in testa e lì devono passare attraverso l’intreccio dei pregiudici; per di più clichés non sono del tutto casuali: in una determinata costellazione, essi sono stati desunti dalla realtà e sono a causa di ciò così resistenti, in quanto raramente si può mettere in dubbio che in essi vi sia ‘qualcosa di giusto’32.

2.3 Stereotipi tedeschi

Dopo la spiegazione generale degli stereotipi, conviene applicare il caso specifico della

teoria al popolo tedesco e alla sua rappresentazione nel corpus italiano. Seppure la

stereotipizzazione dipende dal punto di vista dell’osservatore, è innegabile che certi stereotipi

siano molto diffusi. Bausinger individua due gruppi di stereotipi, ovvero quelli positivi e

negativi. I pregiudizi più notevoli sono: lo spirito guerresco, l’amore per ordine, la forza, la

tenacia e la durezza, o in senso positivo, l’affidabilità, la disciplina, il perfezionismo e la

puntualita33. Anche nel titolo del libro di Pier Carlo Bontempelli dedicato agli studi tedeschi

compaiono le tre caratteristiche più notevoli dei tedeschi: ‘Knowledge, power and discipline’,

31 D. Nigbur e M. Cinnirella, “National identification, type and specificity of comparison and their effects on descriptions of national character”, cit., p. 676.32 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi, cit., pp. 15-16.33 Ivi, p.7.

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ossia conoscenza, forza e disciplina34. Nei romanzi, si può osservare come i protagonisti

combattono i propri pregiudizi nei confronti del popolo tedesco. All’inizio del romanzo Mai

senza una donna, il cui protagonista racconta le sue esperienze in Germania, si riscontra

l’evocazione dettagliata delle idee di un italiano che non è mai stato in Germania o che non ha

mai fatto conoscenza con un tedesco:

Se mi avessero detto che qui al posto di canzonette si servivano merci militari, io ci avrei creduto, non perché pensassi male della Germania, ma perché ne pensavo troppo bene. Non si parlava forse dei tedeschi come di gente che stava sempre sull’attenti, che sotto un cielo grigio sgobbava dal mattino alla sera, beveva birra e mangiava würstel, ed era così prospera, nonostante la guerra perduta, da dare ancora lavoro a stranieri, fatti venire su apposta a rimboccarsi le maniche e a lavorare con loro?35

Gli stereotipi sui tedeschi, cioè lo spirito nazista, le abitudini alimentari, la dedicazione

al lavoro e il talento economico vengono passati in rassegna anche qui.

L’analisi della rappresentazione tedesca nel corpus italiano è basata su questi stereotipi

ricorrenti. Nella ricerca, i pregiudizi sono confrontati con la rappresentazione dei tedeschi nei

romanzi, al fine di verificare se gli autori decostruiscono oppure confermano i cliché

prevalenti.

3. Rapporto storico tra tedeschi e italiani

Joep Leerssen dichiara che le vicende storiche hanno una grande influenza sulla

rappresentazione dei personaggi. “Historical contextualization is also necessary. Literary texts

cannot be interpreted in a timeless, aesthetic never-never-land. Historical facts must be taken

into account”36.

Per capire meglio la rappresentazione dei tedeschi nella letteratura italiana, conviene

quindi guardare la relazione storica dell’ultimo secolo tra i due paesi. Come si è sviluppata la

relazione storica tra italiani e tedeschi? Ci sono stati cambiamenti nel rapporto tra le due

nazioni? Quali sono le vicende che hanno influenzato l’opinione pubblica? Per la nostra

ricerca, bisogna concentrarci sul Novecento, in cui si sono verificate le evoluzioni più

cospicue nella relazione italiano-tedesca.

34 P. C. Bontempelli. Knowledge, Power, and Discipline: German Studies and National Identity, University of Minnesota press, Minnesota 2004, copertina.35 M. Fenoglio, Mai senza una donna, Sellerio, Palermo 2002, p. 14.36 M. Beller e J. Leerssen, Imagology: The cultural construction and literary representation of national characters, cit., p. 28.

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La storia italiano-tedesca inizia però nell’Ottocento. L’Italia stabilisce un legame

molto amichevole con la Prussia, la regione che diventerà più tardi la Germania. I territori

confinanti stringono un patto d’alleanza contro gli austriaci, che si sono impadroniti del regno

Lombardo-Veneto. Occupando l’Italia settentrionale, l’Austria è l’unica oppositrice del

movimento risorgimentale italiano e blocca l’unificazione italiana. Nel 1866, la Prussia sotto

il famoso cancelliere Otto von Bismarck dichiara la guerra agli austriaci, dando un’ottima

occasione ad una rivoluzione italiana. Per conseguenza, l’Italia entra a sua volta in guerra con

il suo invasore. L’Austria è costretta a combattere su due fronti allo stesso tempo: al sud

contro l’Italia rivoluzionaria e al nord contro i tedeschi. Gli occupanti riscuotano successo sul

fronte meridionale, lottando contro un esercito italiano disorganizzato e composto da soldati

di origini totalmente diversi. Alla fine, l’Austria si arrende e il Veneto e il Friuli, senza la

parte costiera, vengono annessi al Regno d’Italia37.

L’alleanza tra i due paesi viene però rotta all’inizio del Novecento con la prima guerra

mondiale.

“L’Italia [...] era rivolta alla soluzione dei suoi problemi interni e quindi, al di là di una formale alleanza con il mondo tedesco, non aveva peso internazionale. Quindi nel 1914 fu lasciata da parte e accettò volontieri questo ruolo. Dopo qualche mese tuttavia, viene chiaro che la guerra sarà lunga e cambierà il mondo, quindi l’Italia trasforma la sua neutralità in alleanza con le potenze occidentali, dietro la promessa ricevuta nel Patto di Londra di strappare all’Austria anche Trento, Bolzano, Trieste e l’Istria oltre a ricereve alcune delle colonie tedesche.38”

Mentre la relazione tra Italia e Germania era già guastata, la seconda guerra mondiale ha

creato poi una spaccatura irrimediabile tra le due nazioni. Nel 1940, un anno dopo la

dichiarazione della guerra, con Mussolini l’Italia entra in guerra a fianco di Hitler. Avendo

invaso la Sicilia dopo tre anni di guerra, gli alleati firmano l’otto settembre 1943 l’armistizio

con il capo del Consiglio Badoglio. Con la tregua, gli “alleati tedeschi” presenti sul territorio

italiano vengono bruscamente trasformati in “nemici occupanti”39. La relazione è turbolenta:

nel corso del Novecento, le due nazioni sono state due volte alleate, ma l’Italia ha cambiato

idea due volte.

La seconda guerra mondiale sfocia in una guerra civile dal 1943 al 1945, la quale

provoca la morte di 120 000 civili e 40 000 soldati. Per di più centinaia di migliaia di militari

italiani sono deportati durante il regime teutonico. Soffrendo di privazioni e maltrattamenti,

altre decine di migliaia di civili e combattenti nelle file della resitenza muoiono nei campi di

37 P. E. Balboni e M. Santipolo, Profilo di Storia italiana per stranieri, Guerra edizioni, Perugia 2004, pp. 84-85.38 Ivi, p. 90.39 Ivi, p. 100.

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concentramento nazisti. L’opinione pubblica italiana sui tedeschi è quindi univoca: il popolo

teutonico è composto da uomini ostili, interessati solo in successi guerreschi e economici:

L’occupazione tedesca in Italia dopo l’8 settembre 1943, che durò 20 mesi, lasciò tracce profonde nella coscienza collettiva della nazione italiana. L’immagine della Germania diffusa oggi nella società italiana si rifà continuamente ai ricordi delle ferite inferte durante gli anni dell’occupazione. Quest’immagine restò legata ai crimini del nazismo e alla punizione dei colpevoli: il Tribunale militare internazionale di Norimberga influenzò in maniera decisiva l’immagine del dopoguerra degli europei40.

Il dopoguerra è caraterizzato da numerosi cambiamenti dell’opinione pubblica. Il

costante mutamento ha le sue radici nel servizio giornalistico nella stampa italiana, la quale ha

un rapporto di amore e odio con i tedeschi.

Negli anni Cinquanta, la reputazione della Germania si migliora grazie a impegni

culturali, econimici e politici. Iniziative tedesche cercano di rivalorizzare la tradizione

culturale della Repubblica di Weimar. Le biblioteche degli istituti di ricerca tedeschi, come il

Goethe-institut, presente in Paso Doble di Culicchia, si restituiscono e le scuole tedesche

riaprono i battenti. I paesi europei lavorano per di più ad una politica comune europea, per la

quale bisogna una cooperazione internazionale.

I cambiamenti si svolgono anche al livello civile. Si mette in moto un flusso migratorio

dall’Italia alla Germania, perché l’industria tedesca sa meglio ristabilirsi dopo il crollo totale

della guerra e attrae tanti Gastarbeiter. Anche i flussi migratori nella direzione opposta, ossia

dalla Germania all’Italia restituiscono il contatto tra i due paesi. Il primo fattore che

ristabilisce il rapporto tra tedeschi e italiani è il turismo. Negli anni cinquanta, millioni di

turisti tedeschi affollano d’estate spiagge e città italiane. La seconda ragione della migrazione

tedesca è il ‘rifugio precario’, ovvero una migliaia di tedeschi fuggendo dal Terzo Reich, alla

ricerca di rifugio in Italia41.

Inoltre, Eva Sabine Kunz sostiene che il ruolo di Konrad Adenauer e Aldice De Gasperi

nel miglioramento della relazione italiano-tedesca sia stato innegabile. I due capi politici, che

si conoscono già dagli anni Venti, sono cresciuti con gli stessi valori etico-politici e

dimostrano un reciproco rispetto. Le similitudini tra i due sono frappanti. Entrambi

sostengono i principi democratico-cristiani, integrati nel programma politico dei loro partiti

CDU e DC, ossia rispettivamente la ‘christlich demokratische Union Deutschlands’ e ‘la

40 L. Klinkhammer, Riflessioni sull’immagine dei tedeschi in Italia dopo il 1945, il Veltro, 2005, 4-5, p. 141.41 Ivi, p. 140.

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democrazia cristiana’. Tutti i due governano con il partito liberale come partner della

coalizione governativa. Inoltre condividono il discredito delle tradizioni nazionali e

l’ambizione rovesciata di compiere un ruolo significante e prominente nell’unificazione

europea dopo le vicende della seconda guerra mondiale. Il cambiamento positivo

dell’immagine tedesco si dimostra nel servizio giornalistico a seguito di una visita del

cancelliere federale Adenauer al Vaticano nel 1951:

Wirft man Adenauer 1949 seine egoistische, kurzsichtige und nationalistische Politik vor, für die er sogar eine dauerhafte Schädigung des Verhältnisses zu den Alliierten in Kauf zu nehmen bereit ist, so nimmt man jetzt eine ganz anderen Adenauer – eine Persönlichkeit nämlich, der man zutraut, den schwierigen Spagat zwischen Patriotismus und Nationalsozialismus auf der einen und Demokratie auf der anderen Seite erfolgreich zu bewältigen42.

L’immagine del cancelliere federale si è quindi completamente mutato in un lasso di

tempo di solo due anni. Il suo imago è cambiato dal politicone egoista, sostenitore di una

politica nazionalista, al politico-salvatore, che ha trovato l’equilibrio tra il patriotismo e

nazionalsozialismo da una parte e i principi della democrazia dall’altra parte. “Adenauer [...] è

un volitivo, uno che sa come arrivare alla meta [...]. È un nazionalista senza essere uno

sciovinista, fiero senza essere presuntuoso”43.

Anche il Vaticano ha contribuito alla restituzione dell’immagine tedesca. Prima di

diventare il papa Pio XII, Eugenio Pacelli è stato nunzio in Germania per tredici anni.

Essendo familiarizzato con i tedeschi, si circonda di prelati tedeschi, ossia Ludwig Kaas e

Robert Leiber. Siccome l’influenza della chiesa cattolica sul popolo italiano è significante,

l’oppinione pubblica si cambia44.

Una relazione migliorata non vuole dire che l’impatto dei terrori guerreschi è totalmente

cancellato. Al contrario, lo smarrimento rimane per lungo tempo nelle menti. Gli impegni

tedeschi provocano un dualismo nell’opinione pubblica italiana: gli italiani ammirano da una

parte l’organizzazione e l’efficienza tedesca, ma dall’altro lato, temono il potere riacquistato

della Germania, che ha provocato uno spavento enorme e un dolore inconsolabile.

L’inquietudine non è ingiustificata: nel dicembre 1956 si scrive sulla rivista “L’Europeo” che

la Germania ricostruita è diventata nel frattempo “più forte di quella dei tempi di Hitler”45.

42 E.S. Kunz, „Vogelzügen gleich kehren sie immer wieder…?“, in A. Comi, e A. Pontzen (a cura di), Italien in Deutschland – Deutschland in Italien: die deutsch-italienischen Wechselbeziehungen in der Bellestristik des 20. Jahrhunderts, Erich Schmidt, Berlin 1999, pp. 67-68.43 Ivi, p. 68.44 Ivi, p. 67.45 L. Klinkhammer, “Riflessioni sull’immagine dei tedeschi in italia dopo il 1945”, cit., p.143.

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Inoltre esisteva un tacito consenso per far passare le vicende del passato sotto silenzio e per

volgere uno sguardo ottimistico al futuro.

La visione italiana dei tedeschi cambia di nuovo negli anni Sessanta, caratterizzati da

un boom economico tedesco. Nel 1957, la nuova Germania viene ancora descritta nei

quotidiani italiani come un modello di democrazia, liberato da vicende erronee, ma negli anni

Sessanta, l’opinione pubblica italiana diventa più negativa. Mentre all’Italia costa molta fatica

per avviare di nuovo l’economia, i tedeschi si godono uno strepitoso successo economico.

Temendo un nuovo imperialismo teutonico, l’ammirazione sparisce totalmente. La soluzione

migliore sembra quella di inquadrare la Germania nell’Europa del futuro, in cui gli altri paesi

possono fungere da cuscinetto e controllare l’espansione teutonica46.

La situazione italiana differisce però dalle altre nazioni europei. Essendo stato alleato

dei nazisti sotto la dittatura mussoliniana, il popolo italiano non dimentica nel dopoguerra la

propria partecipazione al terrore prima del 1943. Un cambiamento mentale si opera però nel

corso degli anni Sessanta e sussiste fino ad adesso. Le generazioni del dopoguerra ricordano

unicamente il periodo della violente occupazione, mentre l’alleanza italiano-tedesca è stata

bandita dalla coscienza collettiva. Persino Pietro Badoglio, ex Capo di Stato Maggiore

dell’Esercito scrive nelle sue memorie:

La memoria originaria, i primi ricordi della guerra a fianco dei tedeschi (cioè i ricordi degli italiani oppressori, occcupanti, avversari dei partigiani), fu sostituita da una memoria susseguente, i ricordi degli oppressi, degli occupati e dei combattenti per la liberazione dal giogo tedesco47.

Non solamente l’assenza della memoria delle generazioni giovani provoca la visione negativa,

anche il clima politico anti-fascista reggente contribuisce alla posizione ostile rispetto al

popolo tedesco48.

La politica condotta da Adenauer, sul quale la stampa italiana era prodigo di lodi

durante il decennio precedente, viene negli anni Sessanta descritta come una strategia

autoritaria, patriarcale e troppo rigida. Anche il cancelliere federale proprio perde credebilità e

viene minacciosamente presentato come un politicone dritto e un “Meister der Diplomatie”,

maestro di diplomazia49. Dopo un decennio di rispetto reciproco, sono punto e a capo con una

relazione inaccidita.

46 L. Klinkhammer, “Riflessioni sull’immagine dei tedeschi in Italia dopo il 1945”, cit., p. 143.47 Ibidem.48 Ibidem.49 E.S. Kunz,“Vogelzügen gleich kehren sie immer wieder…?“, cit., p. 72.

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Il rapporto di amore e odio tra i due paesi riprende però di nuovo una spinta positiva

durante la legislatura di Willy Brandt, il cancelliere della partita sociale-liberale.

‘Stabilität der Demokratie’, ‘deutsche Vergangenheit’, ‘deutsche Identität’ – die Presse macht alle diese Themenbereiche an der Person Willy Brandts fest. Sie sieht ihn als ehrlichen Demokraten und integren, couragierten Politiker, der auch den Mut aufbringt, unpopuläre Entscheidungen zu vertreten und Kritik nicht scheut50.

Brandt è apprezzato dalla stampa italiana per la sua audacia politica e la sua integrità.

Grazie ai suoi impegni, la Germania è diventata un paese ‘adulto’, ossia una responsabile

nazione, caratarizzata da un neutralismo politico. Negli anni Settanta, dopo la legislatura di

Brandt, la popolarità dei tedeschi vola di nuovo in picchiata51.

Il cinema e soprattutto la letteratura contribuiscono all’immagine negativa teutonica.

Contrariamente agli scrittori tedeschi, gli autori italiani del dopoguerra non approfondiscono

la loro conoscenza della “terra dei barbari” prima di incorporarla nelle loro opere. Pochi autori

visitano effettivamente la Germania prima di descriverla nei loro romanzi; bastano i vecchi

pregiudizi e le idee generali.

Secondo Lutz Klinkhammer, gli anni Ottanta e Novanta formano finalmente un punto

di cerniera nella visione italiana dei tedeschi dopo un’egemonia di opinioni negative. “Gli

schemi rigidi dei decenni passati amico-nemico con i partigiani da una parte e i nazisti e i

fascisti dall’altra parte hanno iniziato a vacillare.52” Balboni e Santipolo dichiarano che

l’unificazione della Germania nel 1989, che segna la fine di uno stato dittatoriale e di

controllo, mette l’opinione pubblica italiana su una pista più positiva53.

La Kunz è dallo stesso parere. La stampa italiana riferisce la caduta del muro berlinese

ai cittadini italiani con termini potenti come Freiheit, Hoffnung e Vertrauen, rispettivamente

la libertà, la speranza e la fiducia nel futuro.

In queste giornate memorabili, è così accaduto, per la prima volta dopo più di mezzo secolo, che gli europei, tutti europei, abbiano partecipato senza riserve ad una grande emozione nazionale dei tedeschi, gli facendola propria54.

La distanza emozionale tra l’Italia e la Germania è completamente sparita dopo la

caduta del Muro di Berlino. Il paese tedesco viene finalmente accettato come un paese

normale, su un piede di parità dei paesi confinanti55. Gian Enrico Rusconi, autorità nel campo

50 E.S. Kunz,“Vogelzügen gleich kehren sie immer wieder…?“, cit., p. 73.51 Ivi, p. 74.52 L. Klinkhammer, “Riflessioni sull’immagine dei tedeschi in Italia dopo il 1945”, cit., p. 147.53 P. E. Balboni e M. Santipolo, Profilo di Storia italiana per stranieri, cit., p. 116.54 E.S. Kunz,“Vogelzügen gleich kehren sie immer wieder…?“, cit., p. 77.55 Ibidem.

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della relazione italiano-tedesca, fa il bilanco di un mezzo secolo con tantissimi alti e bassi:

“Ritengo semplicemente che la Germania sia diventata una democrazia adulta, come le altre,

esposta a tutti i guai e pericoli che ciò comporta – ad esclusione di una ricaduta nel suo

passato.”56

La fondazione dell’Unione Europea nel 1992 a Maastricht smorza definitivamente la

paura di un ‘Quarto Reich’ e rafforza l’immagine di una Germania orientata su una forte

Europa57.

In questa tesi, esamineremo se la letteratura italiana asseconda il processo di

cambiamento mentale o se persevera negli stereotipi limitato e nell’immagine dei tedeschi

barbari e guerreschi.

4. Analisi dei romanzi

4.1 Presentazione dei romanzi: chi sono i personaggi tedeschi?

Il corpus della nostra ricerca è composto da cinque romanzi, scritti da autori italiani tra

il 1989 e il 2002. Nonostante che nessun libro abbia un protagonista tedesco, contengono una

miniera di informazioni sul popolo tedesco.

I personaggi tedeschi si presentano su tre livelli diversi. Il piano più ampio è quello dei

tedesci come popolazione. Qualche protagonista italiano vive in Germania e comunica in

generale le sue esperienze del nuovo pease e i suoi abitanti. Il secondo piano della

presentazione tedesca è più specifico, ossia il tedesco come antagonista, che passa, a volte per

breve tempo, sul cammino di vita dei protagonisti italiani e che lascia la propria impronta

sulla loro vita. Finalmente, ad un terzo livello di rappresentazione, il tedesco non svolge un

ruolo attivo nella storia, ma funge da soggetto del romanzo. Contrariamente agli altri livelli, il

protagonista non incontra fisicamente il personaggio tedesco, ma fa conoscenza con una

leggenda, che apre uno studio sugli abitanti della Germania.

Il libro più anziano del corpus è Due di due di Andrea de Carlo58. Il protagonista

Mario racconta la storia della propria vita e del suo migliore amico Guido Laremi. I ragazzi

56 G. E. Rusconi,”La riunificazione delle due Germanie”, in: Il Mulino, n° 230, 1990, 1, p. 41.57 P. E. Balboni e M. Santipolo, Profilo di Storia italiana per stranieri, cit., p. 116.58 A. De Carlo, Due di Due, Bompiani, Milano 2008.

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crescono nei turbulenti anni Sessanta, il decennio dei rivolti degli studenti universitari. Mentre

Guido è il pioniere ideologico che agisce senza discernimento, Mario è la parte più morale del

tandem amicale. I due amici viaggiano in Grecia, dove fanno conoscenza con tantissimi

ragazzi e ragazze stranieri, tra cui alcuni tedeschi. Dopo un ritorno di breve durata

all’università milanese, Mario si trasferisce nella campagna umbra, vicino a Gubbio, dove

compra e restaura una vecchia casetta semidistrutta. Mario intende di vivere secondo i

principi ambientalisti, ovvero presso alla natura, rinunciando tutte le tecnologie e operando

con materiali naturali come un mulino. Nel frattempo, il protagonista milanese ha trovato

Martina, una venditrice di una libreria a Gubbio, che diventa la sua compagna di vita. Quando

Matrina è incinta, sua sorella Chiara viene a vivere con loro per assistere alla nascità dei

gemelli. Ella fa conoscenza con Werner, un giovane tedesco che ha deciso di abbandonare la

città e di vivere in campagna. I quattro adulti abitano e lavorano insieme nella loro scorrevole

fattoria, fino al momento in cui Guido torna alla galla. Il tedesco ponderato non sa concorrere

con l’italiano affascinante. Chiara si innamora di Guido e Werner, che è sconfitto nel duello

d’amore, sparisce di scena. Nonostante che il soggiorno di Werner sia stato breve, non passa

inosservato. Dopo una litigiosità, anche Chiara e Guido partano dalla casa. Alla fine del

romanzo, Mario ha dimostrato la possibilità di condurre una vita ‘naturale’, senza aiuto

tecnologico e in armonia con la natura.

Il personaggio tedesco ambientalista ritorna in Paso Doble di Giuseppe Culicchia59, in

cui viene raccontato la vita noiosa di Walter, lavoratore in un edicola con videoteca. Il

protagonista fa conoscenza della tedesca Tatjana, una segretaria del Goethe Institut di cui si è

innamorato. Quando sente che la tedesca sta cercando una casa, Walter propone di stabilirsi

presso lui. Tatjana è, come Werner in Due di Due, un prototipo del personaggio tedesco

alternativo: cerca di integrarsi al massimo nella natura, è vegetariana, vuole ridurre la sua

impronta ecologica e preferisce vivere nuda, senza il fastidio dei vestiti. Il contrasto con

Walter, carnivoro, che è sempre stato circondato da colleghi aspiranti top model che seguono

la moda con attenzione, è innegabile. Egli si fa però passare per un convinto ambientalista e i

due si lanciano in un’avventura amorosa. La loro vita consiste in fare l’amore e guardare ogni

sera dopo il lavoro il Porfirio Topazio Show. Di mattina, riguardare tutte le ritrasmissioni. I

due caratteri divergenti si perdono in una vita noiosa. Un giorno, Tatjana riceve una lettera,

59 G. Culicchia, Paso Doble, Garzanti, Cernusco 1998.

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invitandola ad insegnare il tedesco in Finlandia. La tedesca coglie l’occasione e invita il suo

amante ad accompagnarla in Finlandia. Walter però non ha voglia trasferirsi all’estero e

decide di rimanere indietro nell’Italia. Nonostante che la relazione si sia già raffredata, egli

non riesce a dimenticare Tatjana, e viaggia a Oulu, la città finlandese in cui abita la sua

amante. Trova Tatjana a capodanno a casa sua, ma diventa di controvoglia testimone di

un’orgia. Alla fine del romanzo, Walter tronca la sua relazione con Tatjana e ritorna

totalmente deluso a casa.

Il romanzo successivo del corpus è Mai senza una donna di Marisa Fenoglio60 del

2002. Dopo aver avuto un attacco cardiaco, il protagonista Nicola fa dal suo capezzale il

bilancio della sua vita. Alla fine degli anni Cinquanta, il giovane Nicola si è trasferito come

Gastarbeiter da San Martino degli Abruzzi in Germania, la quale offriva una via d’uscita

dalla povertà e dalla disocuppazione. Grazie alla prospera economia tedesca, riesce a elevarsi

socialmente. Il successo professionario e finanziario lo fa, come è già indicato nel titolo,

benvoluto dalle donne. Ellen, la sua prima sposa è una donna tipicamente tedesca, a cui piace

il Würstel e che lo impara l’amore per la Germania. La sua seconda grande amore è Noor, una

donna musulmana. Le altre donne amate sono Punicchia, Karin e finalmente Enricchetta.

L’amore di tantissime donne non può impedire che Nicola diventa un uomo amareggiato,

perché è anche confrontato con il rovescio della medaglia: il suo successo provoca l’invidia

con i suoi colleghi tedeschi, i matrimoni sonotutti falliti, è estraneo ai suoi figli e non ha

nessun amico intimo. Il suo soggiorno in Germania gli ha portato la fortuna, ma non ha mai

potuto adattarsi totalmente alla nuova cultura.

La vita del protagonista Nicola si lascia facilmente paragonare alla situazione del

personaggio principale della Moto di Scanderbeg di Carmine Abate61. Giovanni Alessi è un

italiano alla ricerca della felicità. Egli scappa dall’Italia e si trasferisce in Germania, seguendo

Claudia, la donna di cui è innamorato fin da ragazzino. Ella è figlia di padre italiano e madre

tedesca, che ha sempre trascorso le sue vacanze a Hora, la città nativa di Giovanni. Il

protagonista comunica nel romanzo, descritto dall’autore come un insieme di narrazione,

memoria e registro lirico62, le difficultà di una relazione internazionale e, analogamente a Mai

senza una donna, i problemi di adattarsi come straniero in un nuovo paese. Alessi lavora,

60 M. Fenoglio, Mai senza una donna, Sellerio editore, Palermo 2002.61 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit.62 Ivi, copertina.

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insieme con il suo collega tedesco Thomas Winkler, per una stazione radiofonica europea,

intervistando dei migranti sulla loro esperienza in un paese straniero. Quando il protagonista

scopre che la sua sposa l’ha tradito, rompe la loro relazione. L’italiano rimane deluso e isolato

in un paese straniero.

La presenza del personaggio tedesco nel Disperso di Marburg63 differisce dagli altri

romanzi. Il personaggio tedesco non si presenta come personaggio attivo, ma forma il

soggetto del libro. L’autore scrive un diario autobiografico, in cui corrisponde la sua ricerca di

una legenda sulla morte di un ufficiale tedesco. Nella metà degli anni ’70, Revelli fa

conoscenza con la leggenda del buono tedesco discutando le rappresaglie nel 1944. Il suo

amico partigiano Marco racconta il ricordo sorprendente di un ufficiale tedesco durante la

seconda guerra mondiale. Il militare usciva ogni mattina a cavallo dalla caserma di San

Rocco, seguendo sempre lo stesso itinerario tra il santuario della Madonna degli Angeli alla

cappella della Croccetta. Durante il suo cammino, offriva una sigaretta ai passanti e parlava

con i bambini. Una mattina, il suo cavallo ritornava alla caserma senza lui. Benché i tedeschi

si siano messi alla ricerca del loro connazionale, il suo corpo non è stato ritrovato dai soldati.

Non sono neanche state delle rappresaglie per vendicare la sua morte. Era però un segreto

pubblico in Pulcinella che sono stati i partigiani ad ammazzare l’ufficiale tedesco. La storia ha

colpito Nuto Revelli, il cui è stato comandante di una brigata partigiana contro i tedeschi e gli

ha incitato dieci anni più tardi ad una ricerca profonda della storia. È possibile che ci dava un

ufficiale tedesco non temuto dalla gente? Chi sono i buoni e i cattivi nella storia? La leggenda

ha aperto la discussione della problematica morale di ogni guerra civile. Il romanzo diaristico,

si sviluppa come un giallo, in cui il lettore scopre insieme con Nuto Rivelli come la verità

viene a galla.

4.2 La rappresentazione dei tedeschi: analisi tematica

4.2.1 Aspetto fisico

Prima di concentrarsi sul carattere e sui principi morali, è interessante osservare la

rappresentazione dei tedeschi, nel suo significato letterale.

63 N. Revelli, Il disperso di Marburg, Einaudi, Torino 1994.

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Nell’intero corpus, sono disponibili delle informazioni su sette abitanti della

Germania. Si tratta soprattutto di donne tedesche: Claudia, la moglie del protagonista della

Moto di Scanderbeg e la sua madre amburghese; Tatjana, l’amante in Paso Doble; Ellen e

Karin, le amore tedesche del protagonista-seduttore e finalmente Steffi, moglie di un amico

migrante italiano di Mai senza una donna. Anche l’aspetto fisico di Rudolph Knaut, il soldato

che sta centrale nel romanzo rivelliano, è descritto.

Nessun narratore si dilunga però ampiamente sugli aspetti fisici. La rappresentazione

delle sette persone tedesche si limita a quattro caratteristiche, che sono presupposte di cogliere

l’essenza del personaggio, rappresentante del popolo tedesco. Le somiglianze tra i componenti

presenti in ogni persona tedesca, saltano immediatamente agli occhi. Si tratta in particolare

degli occhi azzurri, dei capelli biondi o rossi, della pelle bianca e pallida e finalmente della

loro altezza.

La corrispondenza tra i cinque autori del corpus non può essere una pura

combinazione. Si può individuare qualche motivazione dell’univoca descrizione dell’aspetto

fisico.

Primo, le caratteristiche evocano un legame con l’Übermensch, ossia l’Oltreuomo

tedesco collocato in primo piano durante il regime nazionalsocialista. Il termine risale

all’Ottocento, quando veniva introdotto da Friedrich Nietsche. Durante la dittatura

nazionalsocialista, il concetto Übermensch è stato preso in prestito da Hitler per giustificare le

sue operazioni belliche e le deportazioni di razzi ‘inferiori’. “Hitlers Krieg war ein

Rassenkrieg. Nur rassisch hochwertige und homogene Völker waren nach Hitlers Meinung

imstande, dauerhaft zu herrschen; verhindert werde dies durch den weltgeschichtlichen

Gegner der arischen Rasse, durch das Judentum, und durch dessen „zersetzende“ Natur“64. Il

biondo o la bionda con occhi azzurri, l’opposizione dell’aspetto fisico degli ebrei, è stato

idealizzato e diventava rappresentante dell’Arier. Nonostante che tantissimi tedeschi non

rispondano a questa rappresentazione, gli scrittori italiani si servono tutti della descrizione

stereotipata, perché essa colma la spaccatura tra gli orizzonti di attese del lettore e del testo.

Gli autori concedono quindi alle aspettative del loro pubblico, affinché quest’ultimi possano

immedesimarsi più facilmente nella storia.

La seconda ragione della rappresentazione è la creazione di un contrasto tra i

protagonisti italiani e i tedeschi, che svolgono il ruolo di antagonisti. La problematica di Mai

senza una donna e della Moto di scanderbeg è la difficoltà per uno straniero di integrarsi in

64 H. Schulze, Kleine deutsche Geschichte, dtv, München 2006, pp. 180-181.

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un’altra società65. La spaccatura tra i due popoli è simbolizzata dalla fisionomia differente. I

protagonisti dei due romanzi, rispettativamente Nicola e Alessandro sono originario dall’Italia

del Sud e sono quindi tipi mediterranei, con la pella bronzata e gli occhi neri. I personaggi

tedeschi, con cui sono confrontati provengono dalla Germania del Nord. Ellen, l’amante in

Mai senza una donna, con cui vive a Hannover è descritta come tipo nordico:

[Ellen] Era elegante e ben tenuta, come il solito, forse un po’ più matronetta, ma sempre i suoi zigomi larghi e quei colori chiari sparsi sulla faccia: chiari gli occhi i capelli la pelle. Quella pelle così bianca e delicata che quando si grattava sembrava si fosse frustrata a sangue.66

Claudia, la moglie di Alessandro, ha ereditato gli occhi blu e i capelli della sua madre di

Amburgo67. Anche Steffi, la moglie del loro amico Giustino “non è bionda e non è bruna, ma

per così dire pallida”68. La differenza tra le donne nordiche e gli uomini mediterranei

simboleggia la spaccatura irrimediabile tra la cultura tedesca e quella italiana.

La descrizione contrastiva gioca anche un ruolo importante nella storia d’amore di

Walter e Tatjana in Paso Doble. Gli amanti hanno dei caratteri e delle concezioni di vita

totalmente differenti. Mentre Walter, rappresentato come uomo bruno e peloso, è ordinario e

passivo, Tatjana, descritta come donna rossa con occhi blu, è impegnata e eccentrica. La loro

fisionomia sottolinea la differenza caratteriale.

Per la terza motivazione della rappresentazione uniforme, conviene porre mente al

culto di bellezza. Geoffrey Jones ha attentamento studiato l’influenza dell’industria cosmetica

sull’ideale della bellezza. Negli anni Venti, si è messo in vista l’immagine della bionda con

occhi azzurri come presentazione della donna ideale. Nel dopoguerra, il culto della bionda

veniva rafforzata dalla potente cultura americana: i concorsi di bellezza erano dominati dalle

bionde dorate – persone di colore erano perfino cacciate dalla competizione. Inoltre l’aspetto

fisico della bambola Barbie, creata alla fine degli anni Cinquanta e modellata sull’ideale in

voga, ossia quella bionda, rafforza grazie al suo successo mondiale la sua predominanza. I

film hollywoodiani fanno figurare le attrici con capelli pettinati platinati. L’immagine e

l’influenza delle dive, come Marilyn Monroe in Gentlemen prefer blondes, ha contribuito al

carattere persistente dell’idealizzazione della bionda.69 Le donne descritte nel corpus

compiono il ruolo della donna amata e adorata dai protagonisti italiani. La loro

65 G. Ugolini, “I tedeschi nella letteratura italiana di fine Novecento: cambiamenti di paradigma”, in Il Veltro, 2005, 4-5, p. 219.66 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 59.67 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 13.68 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 100.69 G. Jones, “Blonde and blue-eyed? Globalizing beauty, c.1945–c.1980”, in: Economic History Review, n°61, 2008, 1, p. 132.

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rappresentazione coincide quindi con il loro ruolo di donna divina. Giovanni Alessi,

protagonista della Moto di Scanderbeg, idoleggia e vagheggia la sua amore giovanile: “Chissà

cosa farà ora Claudia, ci chiedevamo, chissà se è ancora così bella, bruna come il padre di

Hora, e alta, gli occhi blu, come la madre di Amburgo70.”

4.2.2 La cultura tedesca

4.2.2.1 Abitudini alimentari

“Però in Italia il mangiare è diverso come in Germania, è piu buono.71”

Giovanni Alessi, il protagonista della Moto di Scanderbeg, affronta l’argomento delle

abitudini alimentari dei tedeschi. Indagare le abitudini alementari nazionali può sembrare

futile, ma cose banali possono fornire informazioni e verità profonde sul patrimonio culturale

ed esprimono sottilmente le abitudini degli abitanti. Siccome la Germania è un grande paese,

piena di regioni e di specialità diverse, è difficile trovare un piatto che rappresenti l’intera

nazione. Alcune specialità si trovano però in più luoghi e valgono come piatto nazionale:

Fra questi si trovano, ad esempio, i piatti a base di aringa, diffusi in molte regioni del Nord della Germania, i minestroni o piatti unici, Eintöpfe, che spesso si distinguono l’un l’altro per le sfumature della composizione e per il loro nome oppure, specie nelleregioni meridionali, i crauti con speck o salsiccia. D’altra parte in generale non esiste solamente un piatto nazionale in una regione, ma una ricca verietà di piatti, che si considerano più o meno come tipici.72

Nella ricerca del piatto nazionale, bisogna rendersi conto delle condizioni dell’ambiente

naturale e delle influenze storico-politiche. Gli scrittori italiani sono convinti del potere dei

piatti tipici nella descrizione del popolo tedesco. Infatti, in tre romanzi del corpus si mette in

fuoco l’alimentazione per rafforzare l’immagine dei personaggi tedeschi. La presentazione del

cibo tedesco è, come si usa spesso per gli stereotipi, basata sul contrasto tra due nazionalità, e

nello specifico sul contrasto italiano-tedesco.

In Mai senza una donna, Fenoglio usa i prodotti tipici nazionali per lumeggiare la differenza

tra il protagonista italiano e la sua amante tedesca.

A Ellen piaceva il Wurst, il salame tedesco. Mi faceva le lasagne quando venivano amici, questo sì, ma quotidianamente mangiava Wurst, e se rideva o mi baciava sapeva di Wurst. Piccoli disgusti che col tempo diventano fatali; Alla fine mi sembro che tutta

70 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 13.71 Ivi, p. 30.72 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p.50.

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la casa, i suscini, le lenzuola, i vestiti, tutto puzzasse di Wurst. Il Wurst era la Germania, e la Germania era Ellen. [...] Bastava quel Wurst per buttare all’aria il mio matrimonio73.

La citazione, che si trova a metà del libro, fa parte del capitolo XVII, in cui Nicola

comunica la sua relazione calante e i problemi dell’ immigrante in un paese straniero. Il

protagonista ha problemi con tutte le regole della cultura tedesca (vedi sotto). Nella citazione,

il narratore sottolinea la differenza tra i due paesi attraverso i piatti tipici, opponendo le

lasagne italiane al salame tedesco. La pasta viene mangiata soltanto in occasione di qualche

incontro con gli amici. Per Nicola, sembra che le sue radici, simboleggiate dalle lasagne,

vengono usate solamente come dimostrazione della richezza interculturale del coppia. Ellen,

ossessionata dall’ascensione sociale, impone sempre dietro le quinte norme tedesche,

corregge suo marito e dicendo sempre “in Germania si fa così”74, ma approfitta allo stesso

tempo della ricchezza italiana per presentarsi come coppia con una ricchezza interculturale.

Come il Wurst si mangia quotidianamente, anche Nicola deve adattare il suo comportamento

ogni giorno alle norme tedesche. All’inizio, l’italiano si rassegna al proprio ruolo nella

relazione. Tuttavia col passar del tempo, come tutta la casa è pervasa dall’odore del Wurst,

Nicola è continuamente frustrato dal condizionamento tedesco e la negazione obbligatoria

delle sue radici culturali. Il capitolo XVII è il punto di svolta nella sua relazione con ambidue

la Germania e la moglie tedesca. Egli ha cercato di adattarsi, ma la spaccatura tra le due

culture sembra irrimediabile. I piatti tipici dimostrano la differenza tra le due culture.

Anche in Paso Doble si parla delle abitudine alimentari di Tatjana, l’amante tedesca di

Walter.

La sera mangiavamo zuppe di barbabietole, germi di soia, insalate di porri e mais, iltutto accompagnato da succo di carote o infusi di ortiche. Dopo cena Tatjana preparava una tisana di tiglio, quindi parlavamo per ore di piogge acide e balene in via d’estinzione, magari sgranocchiando pannocchie abbrustolite o biscotti di sesamo. Cominciavo a pensare che sarei diventato un pappagallo. Avevo voglia di carne.75

In questa citazione, il cibo non rappresenta il paese come nel romanzo fenogliano, ma il

modo di vivere accettato nel paese. I tedeschi sono noti per il loro impegno ambientalista e lo

stretto contatto con la natura76. In un prossimo capitolo, daremo un’occhiata al topos della

coscienza ecologica del popolo tedesco nella letteratura italiana. L’importanza della

descrizione dell’alimentazione però è, come nella citazione di Mai senza una donna, il 73 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 104.74 Ivi, p. 102.75 G. Culicchia, Paso Doble, cit., p. 73.76 H. Bausinger, Tipico Tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 89.

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contrasto tra i protagonisti. L’italiano fa finta di essere vegetariano, ma non perde il gusto

della carne. Le due nazionalità sono di nuovo divise da una spaccatura simbolica: Walter può

cercare di cambiare per Tatjana, ma i loro caratteri sono troppo diversi per trovare un vero

equilibrio. La vera ragione della loro rottura non è la partenza di Tatjana in Finlandia o la

paura di Walter di trasferirsi in un paese sconosciuto, ma la differenza culturale tra i due.

Anche se Walter cerca di adattarsi, non può staccarsi dalle radici nazionali.

Oltre alla funzione specificata delle due citazioni, le abitudini alimentari ci informano

anche sul popolo tedesco in generale. Anche nella Moto di Scanderbeg, il protagonista

italiano osserva i tedeschi in un piccolo ristorante:

Entra all’Imbiss del Greko e vede coetanei tedeschi con le facce schifate come la mia, che divorano pattatine würstel cotelette, in fretta in fretta, il lavoro li attende o l’appuntamento con una donna, così vi rovinate lo stomaco, piano, piano, così vi va di traverso77.

Non può essere una coincidenza che in questa citazione torni di nuovo il Wurst, come in

Mai senza una donna. La preferenza tedesca per il pasto semplice, detto Eintopf, risale al

tempo della dominazione francese. Preparando dei piatti semplici, i tedeschi si

contrappongono alla raffinata cucina francese. L’alimentazione simboleggia quindi

l’autocoscienza nazionale e esprime un’ideologia. Durante il nazionalsocialismo, veniva

instituito il culto del pasto semplice78.

Per di più, il cibo riflette il carattere tedesco. La preferenza per una cucina forte e

naturale concorda con l’immagine del tedesco forte, realistico e down to earth.

4.2.2.2 Abitudini musicali

Nel paragrafo precedente, si è rivelata la preferenza tedesca dei piatti semplici. La

predilezione per la semplicità può anche essere ritrovata in altri aspetti della cultura tedesca,

ad esempio nel gusto musicale. Qui si delinea una prima contraddizione nella

rappresentazione del popolo tedesco. Da un lato, i tedeschi sono presentati come popolo

serio79, ma gli autori italiani fanno dall’altra parte caso al culto del divertimento popolare. I

tedeschi sono, oltre alla loro voglia di lavorare, anche noti per la scioltezza nel tempo libero80.

77 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 68.78 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., pp. 53-54.79 Cfr. Infra, paragrafo 4.2.5.80 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p.180.

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Il gusto musicale, discusso nei romanzi fenogliani e culicchiani, lumeggia il

divertimento popolare tedesco. In Mai senza una donna, il protagonista-narratore si intrattiene

sul genere musicale preferita da sua moglie:

Io con lei [Ellen] volevo fare bella figura e agli appuntamenti tenevo pronto un repertorio di cassette italotedesche: d’obbligo canzioni d’amore, ad alto volume, quasi da far scoppiare la macchina, per creare l’atmorfera. Le variavo a suo e a mio piacimento e ad ogni cambio di cassetta, sui sedili allungati, noi sprofondavamo nel miele dei motivetti tedeschi, giusti giusti per passioncine casalinghe: “Hab ich dir heute schon gesagt, dass ich dich liebe?” Ti ho già detto oggi che ti amo?), o toccavamo le vette altissime del “Cielo in una stanza” con la voce di Mina81.

È chiara la preferenza di Ellen per il genere ‘Schlager’, ossia la Volksmusik tedesca

molto popolare. Il successo della musica leggera è una reazione, secondo Wolfgang Spahr, al

clima serio dell’intensiva vita professionale. Dopo le ore lavorative, i tedeschi vogliono

distendersi. Spahr, un giornalista della rivista Billboard ha intervistato Holger Thomas della

stazione radiofonica NDR Welle Nord in Kiel:

Germans no longer want to hear complicated songs and lyrics. They want to be able to sing along again and be merry. Schlager music, particularly from the '70s, is ideal for this. The economic situation is also playing a major role. Listening to this music is relaxing and helps you forget your worries.82

Anche se è molto popolare, la musica Schlager non ha una buona reputazione. In Mai

senza una donna, anche Ellen si vergogna della sua preferenza musicale. Lo Schlager non si

conviene alle persone di classe sociali più elevate. Dopo aver visto il successo di suonare il

pianoforte, sostiene che sia indispensabile avere un pianoforte e che “fare Hausmusik è il

segno della più grande distinzione83”. Ellen fa quindi finta di amare la musica classica. La sua

mentalità calcolatrice da fastidio al marito italiano. Ellen non rinnega soltanto le origini di

Nicola, ma si presenta anche differentemente per elevarsi socialmente.

4.2.3 Il nazismo

Nel terzo capitolo, si è lumeggiata la relazione turbolenta tra l’Italia e la Germania.

Una situazione problematica, che ha profondamente segnato le menti italiane. Gherardo

Ugolini ha osservato che la letteratura italiana del dopoguerra è di conseguenza stata dominata

dai ricordi dell’esperienza bellica, e in particolare dai traumi provocati durante l’occupazione

militare tra il 1943 e il 1945. Col passar del tempo, le generazioni successive, che non hanno

81 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 66. 82 W. Spahr, “Schlager Sees Boom On-Air, At Retail”, in Billboard, 110, 1998, p.42.83 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 90.

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vissuto l’occupazione tedesca nazista, hanno parzialmente rimosso la loro critica. La loro

opinione è plasmata dalla dialettica tra ammirazione del potere economico tedesco e paura

della rinascita di un nuovo Reich. L’evoluzione dell’opinione pubblica è però in stridente

contrasto con la letteratura, nota per il suo carattere molto conservatore. “Nei romanzi di

ambientazione resistenziale il Tedesco compare invariabilmente quale soldato feroce, crudele

e violento. È raffigurato spesso e volentieri come incarnazione del male, barbaro distruttore e

nemico dell’umanita.84”

Per conseguenza, gli stereotipi negativi reggono per lungo tempo: il cliché del popolo

tedesco come popolo malato rimane il filo conduttore nei romanzi del dopoguerra fino agli

ultimi decenni del Novecento. Negli anni Ottanta e soprattutto negli anni Novanta, due

generazioni dopo la guerra, cambia finalmente il paradigma. Il cambiamento si svolge prima

nei mass media e poi nel campo della narrativa85. Guardiamo adesso se i romanzi del corpus

seguono la propensione verso un’immagine più positiva dello spirito nazista e guerresco.

4.2.3.1 Il Disperso di Marburg di Nuto Revelli

a. Immagine iniziativa

La tematica della storia guerresca è onnipresente nel Disperso di Marburg di Nuto

Revelli. Il libro fu pubblicato nel 1994, ma l’elaborazione del romanzo era già stata avviata

nel 1986, il periodo in cui tanti scrittori stanno rivedendo la loro immagine dei tedeschi. Il

libro, concepito come un diario in cui Revelli comunica il progresso delle sue ricerche,

esprime il graduale cambiamento d’opinione. L’autore è confrontato una prima volta con la

leggenda del tedesco ‘buono’ negli anni Settanta, quando parla con l’ amico partigiano Marco

della paura della rappresaglia durante l’occupazione militare del 1944.

Revelli è immediatamente colpito dalla storia, perché contrasta non solo con tutte le storie

conosciute, ma anche con le proprie convinzioni.

Non avevo mai ascoltato una storia così insolita, così estranea alla mia esperienza di guerra. E mentre Marco parlava, altre immagini si affollavano davanti ai miei occhi, come le sequenze rapide di un film muto. Immagini infinitamente più tristi, più cupe. Altro che il “tedesco buono”!86

84 G. Ugolini, “I tedeschi nella letteratura italiana di fine novecento cambiamenti di paradigma”, cit., p. 214.85 Ivi, p.215.86 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 7.

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Con ‘la mia esperienza della guerra’, allude al suo passato come partigiano. Revelli,

nato nel 1919, ha vissuto la guerra da vicino. I capi italiani, che avevano stretto un’alleanza

con i nazisti (vedi capitolo relazione italiano-tedesca), mandavano forze militari di rinforzo al

fronte russo. Nel 1942, anche la divisione militare di cui faceva parte Revelli dovette partire

per combattere i comunisti sovietici. Raccapriccianti le vicende sul fronte in Russia. Dopo

qualche facile successo militare sul territorio russo, Hitler passò all’offensiva di Mosca, ma si

scontrò con un esercito staliniano rinforzato. Le truppe tedesche e italiane non avevano tenuto

conto della forte resistenza e erano impreparate per il rigido inverno russo: i soldati soffrivano

in temperature di -35 gradi, in cui perfino l’olio congelava e i mezzi corazzati recenti non

erano all’altezza del nuovo carro armato russo. La determinazione di Hitler di procedere con

l’avanzata costò la vita a migliaia di soldati87. 64000 dei centomila uomini dell’ARMIR, ossia

l’Armata italiana in Russia furono dispersi88. Nuto Revelli è uno dei pochi uomini

sopravvissuti alla ritirata nel grande freddo. Nel 1942 ritornò totalmente deluso in Italia.

L’esperienza drammatica lo spronò ad entrare nelle milizie partigiane e a lottare contro i

nuovi nemici nazisti e fascisti, che avevano provocato la morte dei soldati ‘innocenti’, tra cui

tantissimi dei suoi amici. L’impatto profondo delle vicende belliche traspare in tutta la sua

opera. I romanzi rivelliani vertono sempre su esperienze guerresche. L’importanza della

guerra si è già rispecchiata persino nei titoli: Mai tardi. Il diario di un alpino in Russia;

L'ultimo fronte. Lettere di soldati caduti o dispersi nella II guerra mondiale; Le due guerre.

Guerra fascista e guerra partigiana. Inoltre, Revelli sostiene di non aver mai letto un libro di

antropologia o sociologia: l’ispirazione viene sempre dalle proprie vicende e ricordi89. Il

retroscena personale dell’autore influenza quindi profondemente la sua opinione sui tedeschi,

la quale si riflette nella loro rappresentazione, soprattutto all’inizio del diario:

Continuavo a pensare che tutti i tedeschi, e non solo le SS di Stolbtzj, erano bestie, non uomini. Ma questa reazione istintiva, rabbiosa, non mi portava lontano. Non bastava a rimuovere quell’immagine del “tedesco buono”, che introduceva una nota di disordine nell’ordine delle mie certezze.”Forse non erano tutti uguali i tedeschi”, mi dicevo nei rari momenti di serenità, ma a denti stretti, come se temessi di concedere troppo a un nemico che meritava solo odio e disprezzo90.

Nel 1986, quarant’anni dopo la seconda guerra mondiale, l’immagine dei tedeschi si

limitava ancora al loro ruolo durante la guerra: essi continuavano ad identificarsi con il loro

passato bellico. L’odio profondo dell’autore-narratore si esprime attraverso le denominazioni

87 D. Boyle, World War II, Rebo productions, Lisse 1999, p. 129.88 J. Petersen, “Il nemico ritrovato” in N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. XVIII.89 M. Pirovano, ‘Ricordi di Nuto Revelli’, in La ricerca folklorica, n°49, 2004, 1, p. 156.90 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 7.

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dei tedeschi nel frammento e nelle prime pagine del romanzo diaristico: Tedeschi sono bestie,

non uomini, banditi, nemici: non si meritano che odio e disprezzo. Dall’altra parte, la

citazione testimonia però una prima spaccatura nel pensiero rivelliano. La leggenda del

‘buono tedesco’ apre la strada ad un nuovo approccio della tematica. Revelli, partigiano

convinto, cerca di dimenticarla, ma non riesce a cancellare la sua influenza. La storia gli gira e

rigira per la testa e fa vacillare le sue convinzioni. Al tema dell’eterno nemico, che fino agli

anni Ottanta dominava nella letteratura italiana, viene qui aggiunto il tema del ‘disperso’, cioè

la ricerca all’uomo dentro il nemico91 e il problema della dialettica tra il buono e il cattivo.

Revelli ha sempre contemplato la storia in bianco e nero, cioè i partigiani buoni contro i

tedeschi cattivi. Se i soldati teutonici ammazzano un uomo, è perché sono bestie. Se i

partigiani prendono la vita di un avversario, è perché ‘ogni tedesco ucciso voleva dire una

pallottola ben spesa, un nemico in meno.”92 Revelli non si è mai reso conto della dimensione

umana della storia. Un nemico è sempre stato un nemico, non può considerarsi un uomo.

Dopo quarant’anni di sicurezza mentale, la piccola leggenda apre la discussione sulla

necessità delle sfumature.

Dopo la battaglia vera contro i tedeschi durante la guerra, il diario è quindi una nuova

lotta di Revelli, ma questa volta contro se stesso e i propri pregiudizi. Il libro è una forma di

terapia, in cui Revelli impara a vedere l’uomo dietro il nemico. Il tempo necessario per

compiere l’opera prova la difficoltà del processo letterario. La lunga è dovuta al ritardo creato

dalle numerose interviste, il numero di testimoni passati in rassegna e l’accuratezza con cui

Revelli ha svolto la ricerca, ma sicuramente anche al bisogno di tempo per riordinare e per far

sedimentare i nuovi risultati nel suo pensiero. La leggenda giunge all’orecchio di Revelli nel

1976, ma egli inizia la ricerca solo dieci anni più tardi, parzialmente per mancanza di tempo,

ma dall’altra parte probabilmente perché non è in grado di aprirsi a nuove idee.

Dopo l’introduzione negativa, l’immagine dei tedeschi rimane negativa durante la prima

metà del romanzo, la quale rappresenta i primi anni della ricerca. La storia dell’eventuale

esistenza di un tedesco buono viene sottoposta a tantissime prove, cioè numerosi tentativi di

rompere ogni immagine positiva dei tedeschi. La prima prova consiste nel creare confusione

sull’identità. Revelli deve appoggiarsi su “fonti orali”, ossia testimonianze di partigiani,

perché le “fonti scritte” sono disperse. I problemi delle interviste sono l’affidabilità e gli errori

di memoria. Qualche intervistato dubita della nazionalita del disperso: era un tedesco o un

91 N. Revelli, Il disperso di Marburg, p.XI92 Ivi, p. 7

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polacco? “L’avrò visto passare almeno una dozzina di volte quel tedesco. Ma forse non era un

tedesco, forse era un polacco, un maresciallo polacco.93” Cresce la confusione analogamente

al numero di testimonianze: “I miei testimoni avevano sempre parlato di russi, ucraini,

polacchi, georgiani, armeni. Mancavano i cecoslovacchi a rendere più complicata la

situazione.94” Revelli coglie l’opportunità della confusione per sostenere che un tedesco

buono non potrebbe essere corretto. Quando l’identità dell’ufficiale è affermata da officiali

fonti tedesche, Revelli deve tornare sul sostegno. “Escluse la “pista polacca” e la “pista

ucraina”, e non rimane che la “pista tedesca”95.

Dopo il fallimento del primo tentativo, cerca di inficiare la leggenda. È una storia reale

o non è più che un mito? Che cosa è vero e quali sono i fatti inventati? Per mettere in dubbio

la plausibilità, confronte la storia del tedesco buono con altri esempi che sono sicuramente

reali. Un esempio è l’incontro di un testimone con un maresciallo tedesco: un uomo panciuto,

uno di quei tipi che giocava a intimorire il prossimo, provoca l’avversario con un risolino

cattivo, sempre cercando di umiliare gli altri96. La leggenda, indebolita dall’incertezza della

correttezza, sparisce nel nulla nei confronti delle storie orribili dei testimoni:

[I tedeschi] Erano allegri, parlavano ad alta voce. “Se mi guardano e mi sbeffeggiano li ammazzo, li ammazzo, gli sparo dentro”. E misi mano alla fondina della pistola. Mi passarono accanto senza degnarmi di un solo sguardo, come se non esistessi97.

Se la leggenda risulta vera, Revelli deve trovare spiegazioni per il comportamento

positivo del tedesco. Non è possibile che faccia camminate senza scopo. Ci sono due

possibilità: “O era un matto, o con il pretesto delle sue passeggiate apparentemente innocenti

perlustrava la zona98”.

b. La svolta

Nonostante i suoi tentativi per custodire la rappresentazione prevalente del tedesco

nemico, Revelli deve cedere davanti ai fatti a vantaggio dei tedeschi. Ciò che colpisce nel suo

comportamento, è la ripetizione dell’intenzione della ricerca nella prima metà del romanzo.

“Non provo alcuna pietà nei confronti dei tedeschi. Ma se è esistito anche un solo tedesco

93 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 12.94 Ivi, p. 60.95 Ivi, p. 122.96 Ivi, p. 23.97 Ivi, p.75.98 Ivi, p. 40.

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diverso dall’immagine che io mi ero fatto di loro, vorrei proprio conoscere la storia”99. È

come se Revelli volesse giustificarsi e convincere il lettore, ma soprattutto se stesso di non

aver cambiato idea sui tedeschi. Ci sono però tanti testimoni e tante prove a favore del tedesco

buono.

Primo, le testimonianze dei partigiani confermano la leggenda. Dopo una serie di

interviste, in cui ogni interrogato conferma l’immagine del tedesco buono, Revelli non può

che assumere che la leggenda sia vera. L’ufficiale tedesco era in effetti un uomo ineccepibile

che faceva camminate e che parlava con i bambini, mentre i partigiani l’avevano ammazzato

senza ragione valida. Anche se Revelli vuole credere nell’innocenza del suo popolo, le prove

non sono innegabili. L’opposizione tedesco cattivo versus partigiano buono, in cui ha creduto

per quarant’ anni della sua vita, non regge più. Questa consapevolezza lo spinge a continuare

la ricerca per fare conoscenza con l’uomo dopo la figura mitica e rivelare, quarant’anni dopo

le vicende, la pura verità.

La seconda ragione del cambiamento mentale è dovuta a Christoph Schminck, un

tedesco che gioca un ruolo importante nella ricerca storica. Revelli deve ammettere che il suo

amico tedesco non è come si immaginava tutti i tedeschi. Al contrario, ha fiducia in lui e

stima il suo contributo alla ricerca. In una lettera, Christoph confronta Revelli sottilmente con

i suoi pregiudizi. Non cerca di imporre le proprie convinzioni positive sui tedeschi. Il tedesco

vuole convincere lo scrittore italiano di aprirsi a una nuova visione. Dicendo all’inizio della

lettera che spesso non si sente un tedesco, Schminck vuole sottolineare la sua serenità e

oggettività, perché non parla in funzione di un tedesco, ma da amico neutrale, la piccola voce

morale nella testa di Revelli. Christoph non vuole neanche giustificare le azioni dei tedeschi

durante l’occupazione biennale, ma chiede a Revelli di togliere i paraocchi:

“Magari il vostro odio di allora vi ha accecati, fino al punto che non vedevate più quei tanti poveri diavoli che indossavano pure la divisa tedesca.” [...] “Nuto, lo sai meglio di me che non tutti i tedeschi erano uguali, - e si immedisima nella situazione drammatica di allora: - Come mi sarei comportato io? – si domanda. – Mio padre non andò mai al fronte, era un timido, un debole, uno che non ha fatto male nemmeno a una mosca. 100

Nella lettera, Christoph tratta l’autore italiano con i guanti, per non offenderlo, perché

innanzitutto è vittima di vicende traumatiche, più che autore di un romanzo. Il suo intento è

quindi di convincere Revelli di non mettere tutti i tedeschi nello stesso mazzo. Invece di

99 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit, p.35.100 Ivi, p. 81.

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demonizzare un intero popolo, bisogna cercare i veri colpevoli. Revelli, che dopo le sue

esperienze drammatiche ha preso le redini e si è impegnato a combattere nella resistenza, ha

dimenticato che non tutti hanno il fegato di ribellarsi contro un regime dottrinario. Nella sua

lettera, Schminck apporta una nuova caratteristica, che contribuisce al miglioramento

dell’immagine tedesca, cioè la cultura dell’obbedienza. Christophe confronta il carattere

appassionato e animato del popolo italiano con il conformismo dei tedeschi. L’atteggiamento

passivo non significa però che tutti i tedeschi siano favorevoli al nazismo.

“Abbiamo pochi ribelli in Germania, per tradizione, per cultura dell’obbedienza, per conformismo. Non siamo un popolo ribelle. In questo mi sento tedesco. Mi costa fatica oppormi: preferisco mediare, pacificare, calmare le risse...101”

La perorazione di Schminck induce a contemplare diversamente il ruolo dei tedeschi

durante la guerra. L’odio rivelliano del regime nazista non è naturalmente sparito – per questo

l’impatto dell’esperienza è stata troppo traumatica – ma la porta è aperta per altre versioni

della storia.

Finalmente, Revelli si rende conto della sua generalizzazione dei tedeschi. La coscienza

lo conduce a continuare la ricerca e ad approfondire la leggenda, per cercare di affermare

l’uomo dietro il nemico. Il 23 settembre 1991, dopo cinque anni di ricerca, Revelli riceve del

suo amico Michele una telefonata emozionatissima con l’identità del disperso: egli si chiama

Rudolf Knaut, è nato a Marburg il 18 settembre 1920. Con queste informazioni, i ricercatori

perlustrano gli archivi, cercando dettagli sulla sua breva vita. Il 1992, sei anni dopo l’inizio

della ricerca, significa una svolta definitiva nelle idee revelliane. Lo scrittore indica il

cambiamento nel titolo della settima parte del libro, cioè “1992 – La svolta”102. In questo

capitolo, il lettore fa la conoscenza dell’uomo Rudolf Knau, tramite informazioni

archivistiche e testimonianze di tedeschi.

Salta alta agli occhi il contrasto tra i due grandi parti del romanzo. La seconda parte del

romanzo è diametralmente opposta alla prima: mentre nella prima sezione Revelli vuole

approfondire la leggenda per inficiarla, dopo la svolta mostra un sincero interesse per l’uomo

dietro il mito. Il cambiamento di idea si manifesta nel linguaggio e nella struttura del

romanzo.

101 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit.,81.102 Ivi, p. 171.

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All’inizio del romanzo, i tedeschi sono sempre denominati impersonalmente e descritti

negativamente, come ‘ostili’, ‘nemici’, ‘bestie’. Nella seconda parte, quando conosce

finalmente il nome del disperso e lo chiama per nome, il che crea un legame.

Il cambiamento di prospettiva viene anche fuori della struttura del testo. Mentre le

testimonianze della prima parte sono quelle del versante italiano e partegiano, volte a minare

il mito, dopo la svolta invece, esprimono il punto di vista dei tedeschi. L’attenzione per il

punto di vista dell’altra parte è un grande passo avanti nel cambiamento di rappresentazione.

Gli intervistati, come ad esempio la signora E., zia del padre di Rudolf, descrivono l’ufficiale

tedesco come “un ragazzo tranquillo, molto tranquillo, non appariscente, non irrequieto. [...]

Era una buona famiglia quella dei Knaut, una famiglia borghese, di gente per bene.103”

Non sono soltanto parenti a lodare Rudolf, anche il professor Dietrich Rieth ricorda il

suo compagno di scuola come un ragazzo molto riservato, ma sincero e gentile104.

Quando vengono rivelate queste informazioni e dettagli sull’identità, diventa chiaro la

drammatica e improvvisa inversione di rotta. La storia di Rudolf ha molte analogie quella di

Revelli stesso.

La prima evocazione dell’identificazione è un confronto con la fotografia dell’ufficiale

tedesco, giovane morto durante la guerra, come tantissimi amici di Revelli, il quale se l’è

proprio cavata per il rotto della cuffia. L’immagine del giovane ragazzo colpisce lo scrittore

italiano. È più facile disprezzare un ignoto, ma una confrontazione rende la storia più

concreta. La fotografia di Rudolf Knaut suscita compassione per tutti i caduti della guerra,

non solamente per quelli italiani.

Osservo a lungo la fotografia di Rudolf, e provo una forte emozione. Morire in combattimento fa parte del gioco, in guerra si va con due sacchi, uno per darle e l’altro per prenderle. Ma morire quando meno te l’aspetti, in un ambiente che giudicava più di pace che di guerra, è una beffa atroce. Quanto è stupida e assurda la guerra!105

La seconda ragione dell’identificazione è l’esperienza sul fronte russo. Rudolf ha perso

il fratello Karl Wilhelm sul fronte russo nel 1943. Per di più, egli ha propriamente combattuto

ed è sopravvissuto all’assedio russo. Come indica il capitolo della relazione italiana – tedesca,

l’Italia e la Germania erano alleati nella lotta contro la Russia. Revelli e i fratelli Knaut hanno

quindi combattutto allo stesso lato dell’esercito.

103 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 165.104 Ibidem.105 Ivi, p. 137.

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Inoltre, entrambi non sono andati al fronte per convinzione politica. Questa è la terza

similitudine tra l’autore e il soldato tedesco. Rudolf è stato chiamato sotto le armi la prima

volta nel 1938. Nel 1942, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Marburg, ma torna sotto

le armi due mesi dopo. Il suo impegno politico però non è grande. Egli è stato iscritto da

ragazzo alla Hitlerjugend, il che non è eccezionale, perché la maggior parte dei bambini

tedeschi in quei tempi era arruolata. Inoltre Rudolf ha il grado di Rottenführer, cioè il grado

più basso. Non era nemmeno membro della NSDAP, il partito nazionalsocialista tedesco106. I

testimoni confermano l’assenza di interesse politico nella famiglia Knaut. “Non credo che

fosse impegnato politicamente. Niente, niente del tutto. Neppuro mio zio. Assolutamente

niente.107” Un altro compagno di scuola ricorda che Rudolf era scettico nei confronti della

NSDAP108. Lo scopo del giovane Knaut però è diventare ufficiale della riserva, ma

chiaramente non per convinzione politica, ma magari per amore dell’esercito. Anche i suoi

genitori perdono ogni fiducia nel nazismo dopo la morte del figlio maggiore Wilhelm nel

1943 al fronte russo109.

Il punto di vista di Revelli coincide con quello dei Knaut. Revelli, ufficiale degli alpini

nella campagna di Russia del 1942-43, si distacca dal regime fascista dopo il suo ritorno in

Italia. Nell’autunno del 1943, prende le armi come comandante di una brigata partigiana110.

L’identificazione dell’autore sprona ad una rappresentazione dei tedeschi più positiva,

come un popolo meno indottrinato dallo spirito guerresco.

In conclusione si può dunque osservare che Revelli cambia paradigma durante la sua

ricerca della legenda del tedesco buono. All’inizio della sua ricerca e quindi anche del

romanzo, osserva i tedeschi in modo stereotipato, come popolo guerresco e ostile. Numerose

testimonianze però vanno vacillare i pregiudizi scorretti e superati. Lo scrittore si apre a nuovi

punti di vista e comincia la ricerca dell’identità del disperso, la quale risulta in una svolta nel

pensiero dello scrittore. I dettagli del corso della vita dell’ufficiale tedesco portano

all’identificazione dell’autore con il suo oggetto. L’esempio concreto del tedesco buono ha

aperto gli occhi di Revelli. Non approva ancora le azioni del popoli tedesco durante la guerra

e l’occupazione biennale, ma si rende conto che non si può mettere tutti i tedeschi in un

mazzo.

106 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 167.107 Ivi, p.165.108 Ivi, p.167.109 Ivi, p. 168.110 J. Petersen, “Il nemico ritrovato” in N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. XVII.

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Eva Sabine Kuntz, specialista nelle scienze politiche e le relazioni internazionali,

indugia sul Disperso di Marburg. Ella confronta l’evoluzione della rappresentazione tedesca

nel romanzo rivelliano con quella della stampa italiana, che è già stata discussa ampiamente

nel terzo capitolo. La Kuntz si chiede se il progresso rivelliano potesse essere uno sviluppo

rappresentativo dell’opinione pubblica o se si tratterebbe di una “exemplarische

Entwicklung”, ossia un caso isolato. Secondo la Kuntz, si può individuare effettivamente

numerosi paralelli tra lo sviluppo dell’immagine revelliano e quella proposta dalla stampa

italiana. Entrambi le rappresentazioni sono profondemente influenzate dalle vicende

dell’occupazione biennale del ‘43-’45 e rimangono insostitiubili per lungo tempo, ad

eccezione del periodo durante la coalizione social-liberale. Negli anni Ottanta si svolge un

cambiamento d’opinione, il quale provoca una spaccatura i due partiti differenti. Mentre

Rivelli attraversa un cambio progressivo, in cui lo stima dei tedeschi aumenta gradualmente,

la stampa e l’opinione pubblica italiana percorrono un altro tragitto. I giornalisti italiani

creano una nuova immagine che non sostituisce, ma esiste accanto alla vecchia presentazione

negativa. La conclusione della Kuntz quindi è, che Il disperso di Marburg è quindi piuttosto

un caso isolato e non rappresentativo per l’intera cultura letteraria111.

4.2.3.2 Lo spirito nazista negli altri romanzi

Opposto all’immagine negativa dei tedeschi, esiste l’equivalente luogo comune della

‘Gemütlichkeit’, ossia la socievolezza tedesca. “Gemütlich è ciò che si addice alla

Gemütlichkeit, ciò che scatena la felicità e il buonumore, senza che si compia un gesto

particolare. Non si intende solamente la comodità, ma un clima agiato, un’atmosfera

“familiarizzante”, che produce una particolare sensazione di legame sentimentale.112”

Siccome Il disperso di Marburg è stato scritto da un testimone profondemente traumatizzato

dalle vicende guerresche, è evidente la forte rappresentazione dei tedeschi tramite lo

stereotipo del popolo nazistico. In questo capitolo si esamina se gli altri scrittori del corpus,

che appartengono alle generazioni del dopoguerra, seguono la tradizione persistente della

rappresentazione negativa o se introducono delle innovazioni, rappresentando i tedeschi come

popolo socievole.

111 E.S.Kuntz, ,“Vogelzügen gleich kehren sie immer wieder…?“, cit., p. 79.112 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit.,p. 73.

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Giuseppe Culicchia, nato nel 1965, fa parte di una generazione che non ha vissuto la

guerra o l’occupazione biennale, e che non è stata testimone delle conseguenze del periodo

bellico. Nonostante la presenza di richiami al passato nazistico, abborda la problematica

conseguentemente di modo differente di Revelli. In Paso Doble del 1995, il protagonista

Walter soffre di un neo sulla schiena, il quale deve essere tolto. Walter, che teme l’intervento

chirurgico, associa il medico a Josepf Mengele, il dottore nazistico con il soprannome

l’angelo della morte, che ha effettuato esperimenti su esseri umani all’interno dei campi di

concentramento di Auschwitz: “Bene, bene”, rispose quello che nella mia mente aveva

assunto le sembianza di Joseph Mengele.113” Il paragone tra il medico e Mengele ha due

scopi. Primo, aiuta il lettore a formarsi un’immagine del medico agghiacciante. Ogni lettore

con una conoscenza di Mengele capisce immediatamente la situazione. Un’allusione ad una

persona conosciuta e agghiacciante è più efficace di una descrizione minuziosa di un carattere

angoscioso. Secondo, la fantasia di Walter lumeggia la sua profonda paura dell’intervento

chirurgico, cossiché diventi tangibile la problematica. Il richiamo allo spirito nazistico dei

tedeschi in Paso Doble quindi è superficiale e non ha nessun plusvalore alla creazione di

un’immagine tedesca.

Dopo aver discusso l’approccio delle idee naziste di un sopravvissuto e di uno scrittore

senza coinvolgimento emozionale, si passano in rassegna due romanzi del corpus in cui si

trova un’immagine filtrata attraverso gli occhi di personaggi italiani emigrati in Germania. Si

tratta della moto di Scanderbeg e Mai senza una donne, entrambi lavori di mano di scrittori

immigranti, ossia Carmine Abate e Marisa Fenoglio. La testimonianza sul mondo tedesco dei

due autori, i cui protagonisti Giovanni Alessi e Nicola sono proiezioni autobiografiche, è di

prima mano. Nel 1957, la sorella del famoso scrittore Beppe Fenoglio, si è trasferita in

Germania con il suo marito, il manager del gruppo Ferrero. La tematica dei suoi romanzi è

l’impossibilità per uno straniero di integrarsi completamente in un nuovo paese114.

L’immagine dei tedeschi, specie per quanto riguarda le loro idee nazistiche, è molto

realistica in questi due romanzi. In contrasto col romanzo rivelliano, essi descrivono

oggettivamente la cultura tedesca senza avere dei pregiudizi persistenti. La loro posizione

privilegiata, di osservare i tedeschi da un punto di vista interno alla società, nel loro habitat

normale, risulta in una rappresentazione bipolare rispetto al carattere nazistico. Essendo

113 G. Culicchia, Paso doble, cit., p. 83.114 G. Ugolini, “I tedeschi nella letteratura italiana di fine novecento: cambiamenti di paradigma”, cit., p. 219.

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stranieri in Germania, il nocciolo della loro rappresentazione concernente lo spirito nazistico

sarà sulla minaccia dei ‘Übermenschen’ nei confronti di stranieri di una razza ‘inferiore’115.

Nella Moto di Scanderbeg, non si parla effettivamente del periodo 1943-1945, ma del

ragionamento nazistico onnipresente nelle menti tedesche. Il protagonista è un giornalista che

fa dei reportage radiofonici. Nel romanzo, intervista due italiani immigrati in Germania.

All’inizio del romanzo, ha ricevuto l’ordine di parlare dei problemi della seconda generazione

di emigranti. Ha bisogno di testimonianze di studenti e vuole sapere se si sentono italiani o

tedeschi, dove vogliono vivere, se notano differenze tra il modo di vivere tedesco e italiano.

Da una parte, i giovani emigranti si sono adatti alla società tedesca, ma vengono spesso

confrontati con pregiudizi o gelosia dei tedeschi.

In Italia è bello, c’è il mare, la sera puoi andare a passeggiare, questo non lo posso fare qua in Germania? Perché ho paura, perché ci sono tanti Nazis contro noi stranieri, allora da una parte sarebbe più meglio in Italia... se non c’era la mafia”.

“Pensare non posso dire che penso come gli italiani, perché non mi piace come ragionano. Stanno sempre a criticare gli altri, invece i tedeschi si fanno i fatti suoi. Però in Italia il mangiare è diverso come in Germania, è più buono.”

“Io non so proprio dire la differenza tra un italiano e un tedesco perché siamo tutti gente e non bestie, a fare la differenza è la lingua che cambia.”116.

L’odio che si riscontra nell’opera rivelliana è sparito, ma i ragazzi intervistati

avvalorano perfino parzialmente l’opinione del Revelli. Anche decenni dopo il periodo

nazionalsocialista i tedeschi rimangono in un certo senso ostile rispetto agli emigranti. Il

giovane ragazzo però attenua il suo giudizio per non dare troppo peso al giudizio negativo,

dicendo che anche l’italia lotta contra i propri problemi, come ad esempio la mafia.

L’immagine bianco-nero che si designava all’inizio del Disperso di Marburg, è

completamente sparita. Il secondo e terzo testimone dimostra che la spaccatura mentale tra gli

italiani e i tedeschi non vale più. Mentre Rivelli denomina i tedeschi delle “bestie, non

uomini”117, i giovani si contrappongono letteralmente alla citazione. Le differenze tra le due

culture si limitano a caratteristiche superficiali, come la lingua e l’alimentazione.

La seconda intervista del protagonista è con Mario Schirò, un italiano che vive in

Germania da ventotto anni. Egli si è trasferito a causa della persistente disoccupazione

italiana. Anche le sue esperienze nella Germania sono ambigue. Da una parte, loda la

gentilezza e il grande rispetto delle leggi dei tedeschi. Inoltre, esprime la sua grattitudine agli

115 H. Schulze, Kleine deutsche Geschichte, cit., 2006, p. 81.116 C. Abate, La moto di scanderbeg, cit., p. 30.117 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 7.

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aiuti sociali, che forniscono i soldi per la disoccupazione e il pronto soccorso gratis118. Egli fa

però delle osservazioni sul rovescio della medaglia.

Mi voglio riferire ancora alle umiliazioni. Con bastardità ci dicevano devi fare quel lavoro e se rifiuti pacca la valigia e ritorni a mangiare spaghetti. Magari a denti stretti ma quel lavoro lo dovevamo fare perché tornando al paese trovavi disoccupazione. [...] Non piacevoli sono la gelosia e invidia di molti colleghi i quali non sopportando che uno straniero quale per loro ero sono e sarò possa essere tenuto più in considerazione dai superiori cercano sempre dietro le spalle di mettere in mala luce il compagno e ciò è una debolezza di molti di loro. Purtroppo una buona parte appena c’è una crisi ricordo la crisi dell’olio minerale e la crisi dopo l’unificazione pretende che la manodopera straniera deve essere rimpatriata. Senza pensare al contributo avuto dagli stranieri al grande sviluppo economico che la Germania ha vissuto dagli anni Cinquanta ad oggi. E così grazie a queste teste vuote hanno cominciato a cacciare al testa fuori anche i nazisti perché si sentono sicuri come i topi di fogna che si muovono protetti dalle ombre.119

Lo stereotipo della ‘Gemütlichkeit’ tedesca viene soppiantato dall’aspro ricordo della

gelosia e minaccia verso gli stranieri. I tedeschi sembrano a prima vista sempre socievoli e

danno l’impressione di dare il benvenuto ad ogni straniero, ma solo quando ne hanno bisogno

per risollevare la loro economia. Quando una crisi finanziaria incombe, ritorna a galla il

disprezzo teutonico degli stranieri. Le frustrazioni si traducono in rimproveri stereotipati,

come la denominazione degli italiani come mangiaspaghetti.

La minaccia nei confronti dei migranti è anche una questione spinoza in Mai senza una

donna di Marisa Fenoglio. La storia del protagonista è paragonabile a quella di Mario Schirò.

Entrambi si sono trasferiti in Germania alla ricerca di una via d’uscita dalla disoccupazione

italiana. Il primo incontro del protagonista Nicola con la Germania presenta un protagonista

che non giudica la Germania per gli errori del passato.

Perché io vivevo come un cieco che non percepisce lo spazio, e come un bambino che non conosce il passato. Mai avuto panorami, punti di riferimento, date. La Germania mai esistita prima di me. E sfido chiunque a sostenere che i miei connazionali ne sapessero di più. Neanche di Hitler si parlava. L’ho sentito nominare soltanto da un vecchio operaio, che cercava invano di spiegare tutto quello che il Führer aveva sbagliato nella guerra, altrimenti l’avrebbe vinta. [...] La Germania per me consisteva in quel ben definito territorio della fabbrica, e nel privato in quelle stradine nel verde dove abitavo e dove al sabato sera i miei ospiti parcheggiavano in una fila che arrivava fin sui cancelli dei vicini120.

Dopo il suo arrivo in Germania, Nicola non vuole essere influenzato dalle vecchie storie

e dai pregiudizi. Il protagonista vuole dare un colpo di spugna quando entra in Germania, il

paese promesso. Oltre alla fabbrica, che offre una via d’uscita dalla disoccupazione, non

118 C. Abate, La moto di scanderbeg, cit, p. 132.119 Ibidem.120 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 87.

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esiste niente. Nicola si trasferisce negli anni Cinquanta dal Sud dell’Italia alla Germania,

duemila e cento chilometri al Nord. La Germania offre una nuova vita, un’opportunità unica,

che non può farsi sfuggire. L’emigrante vede durante il viaggio in treno il paesaggio

cambiante e si lascia alle spalle il suo infelice passato italiano, senza lavoro, senza famiglia e

senza speranza del futuro.

Il viaggio e l’arrivo in treno di un personaggio che si aspetta grandi cose del nuovo

paese è un motivo spesso usato nella tradizione letteraria, dotato di una chiara funzione

simbolica121. Il viaggio in treno presenta il cambiamento graduale di un ambiente rurale al

panorama industriale e urbano. Trapassando il confine dell’Italia, presentato come paesaggio

campagnolo, il protagonista viene confrontato con un mondo totalmente differente e

sconosciuto, ossia della modernità. Lo shock culturale, provvocato dal brusco cambiamento,

culmina talvolta nell’immagine di un personaggio tragico, che prova all’inizio entusiasmo per

la nuova vita, ma che rimane alla fine totalmente deluso, perché è passivamente integrato nel

sistema impersonale dell’industria.122 Il protagonista fenogliano coincide con un tale

personaggio tragico. L’idea ottimista, ma sprovveduta, della nuova vita perfetta, in cui tutto è

rose e fiori, viene mandata a picco con il primo incontro con la fabbrica. “La Germania in

quell’anno ci accoglieva a braccia aperte, c’era posto per tutti, ma solo se non si avevano

pretese123.” Gli emigranti italiani sono i benvenuti negli anni Cinquanta, perché i tedeschi

hanno bisogno delle forze di lavoro, ma non vengono totalmente accettati nella società. Dopo

la seconda guerra mondiale, la concezione nazistica della minaccia e gelosia rispetto all’

‘Untermensch’ non è quindi sparita; anzi rimane sempre lo stigma di ‘emigrante’ che è

sempre inferiore agli operai autoctoni.

La situazione degli emigranti italiani differisce quando arrivano stranieri più esotici:

“Eravamo le prime staffette di emigrati, e i tedeschi ci vedevano come veri stranieri. Dopo di

noi sarebbero arrivati i turchi, i greci, gli spagnoli, e poi gli afgani, i pakistani, i marocchini,

con quelle facce impastate da un’altra storia e da un’altra religione, e allora i tedeschi

avrebbero capito chi è veramente lo straniero. Noi al confronto siamo diventati i vicini di

casa124.” Quando fanno conoscenza con Gastarbeiter di razze totalmente diverse, i tedeschi

guardano gli italiani con altri occhi. La spaccatura tra i due popoli è ristretta. Anche se il

121 B. Keunen, “Over het wegtrekken uit en het aankomen in de stad – De Hagemeijertjes”, in G. Krol, Werken op het snijpunt, Rozenberg Publishers, Amsterdam 2007, p. 125.122 Ibidem.123 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 14.124 Ivi, pp. 14-15.

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disprezzo dei tedeschi non è rivolto verso il popolo italiano, il protagonista non intende

giustificare la reazione dei tedeschi, perché in fondo, rimane l’indole malvagia.

Oltre alla minaccia degli stranieri, Marisa Fenoglio fa menzione di un altro ricordo alla

storia teutonica, ossia il totalitarismo nella Germania nazistica. L’influenza del regime basato

su tale rigide restrizioni è ancora consolidata nella cultura tedesca:

Presto scoprii il verboten, la più tedesca delle parole tedesche, quella che senti più

congeniale al luogo, al tempo, alla razza, quella che non ha bisogno di traduzione, che ti apre gli occhi e ti introduce, e allora anche tu te ne impossessi e la usi a destra e a manca, anche coi connazionali, che fanno la stessa cosa. Ti guardi in giro e vedi tutto verboten125.

Il totalitarismo è onnipresente nelle fabbriche tedesche, che funzionano come piccole

stati autonomi. Nell’ambiente industriale, gli operai sono oppressi dai capi, che gridano degli

ordini. La presentazione della vita professionale contrasta con lo stereotipo di Herman

Bausinger, che propone il concetto della ‘famiglia aziendale’. La concezione ha le sue radici

nello stereotipo della ‘Gemütlichkeit’ tedesca. Bausinger individua una mentalità in

Germania, di considerare unità più grandi, come ad esempio i colleghi nella sua ditta, come

famiglia126. In Mai senza una donna, prevale però l’atmosfera concorrenziale.

In conclusione si può osservare che gli autori, che non sono stati coinvolti

emotivamente nella storia nazistica, rappresentano i tedeschi di modo realistico, basato su

osservazioni personali. Il risultato è un’immagine biunivoca. I richiami alle idee naziste si

concentrano nel campo della gelosia e della minaccia degli operai tedeschi nei confronti degli

emigranti. Da una parte, i tedeschi sono sempre gentili e danno il benvenuto agli stranieri. I

colleghi tedeschi si sentono dall’altra parte però sempre meglio. Le tensioni latenti salgono

conseguentemente in superficie quando la loro posizione superiore ne soffre.

4.2.4 Tedeschi o europei?

Nel capitolo precedente, è stata discussa a fondo il disprezzo di qualche tedesco degli

stranieri. Di fronte alla mentalità gretta, si delinea una tendenza che favorisce la tolleranza

internazionale. Inoltre, una parte del popolo tedesco nel corpus ragiona oltre i confini della

Germania ed è rivolta ad un futuro europeo.

125 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., pp. 24-25.126 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, p. 77.

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Ellen, la sposa di Nicola in Mai senza una donna cambia soggetto quando un discorso

con amici cade sulla questione dell’accertamento delle responsabilità dei tedeschi durante la

seconda guerra mondiale: “Perché parlare di queste cose? Ormai tutte le vecchie ruggini sono

superate... Non siamo forse in un’epoca in cui vogliamo diventare europei? Su, su, brindiamo

all’Europa! All’Europa unita! E impugnata una bottiglia di “Sekt” la versò con slancia nei

bicchieri degli ospiti.127”

La sua risposta evasiva segnale due cose. Prima, indica l’imbarazzo tedesco della

storia guerresca. In contrasto agli operai tedeschi discussi nel capitolo precedente, la classe

sociale più elevata, a cui appartengono gli amici di Ellen e Nicola, si vergogna del

ragionamento nazionalsocialista e l’atteggiamento teutonico durante la guerra. Nicola annota

che i tedeschi piu colti non parlano neanche di Hitler. Ad eccezione di un vecchio operaio,

che è ancora fervente sostenitore dai principi nazisti, il capitolo storico sul ‘Führer’ è messo a

tacere128.

La reazione di Ellen esprime, oltre alla vergogna del passato, la fiducia

nell’unificazione europea. La scena in Mai senza una donna si svolge alla fine degli anni

Cinquante, in cui si mettono in moto tanti flussi migratori. Naturalmente, l’opinione di Ellen è

influenzata dalla situazione personale, cioè il matrimonio con un migrante, ma ella non è un

caso solito nella sua preferenza per un’Europa unita. Anche romanzi che hanno luogo alla fine

del Novecento, come La moto di Scanderbeg delineano la loro speranza di una forta

cooperazione europea. Il direttore della stazione radiofonica, il capo di Giovanni Alessi,

comunica la sua opnione al protagonista: “Primo: non esistono più gli emigrati. O meglio: noi

vogliamo parlare, oggi, di cittadini europei, non più di emigrati che vengono emarginati, che

non si integrano, eccetera129.”

L’opinione personale del direttore coincide con la politica della stazione radiofonica, il

quale si indirizza “verso un pubblico perfettamente bilingue, insomma europeo, con

programmi biligui, insomma una radio che anticipava i tempi, non la solita radio per gli

emigranti che puzzava il vecchio, innanzitutto perché gli emigranti non esistevano più.”130

La speranza di una forte unione europea va mano nella mano con la perdità

dell’identità nazionale. In qualche altro romanzo del corpus, si può ritrovare la persa identità

127 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 88.128 Ivi., p. 86.129 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p 133.130 Ivi, p. 42.

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tedesca. In Paso Doble, Tatjana sostiene di non sentirsi una tedesca131. Christoph Schminck,

l’aiutante di Revelli nella ricerca della leggenda è dallo stesso parere: “Il più delle volte non

mi sento nemmeno un tedesco.132”

Il disperso di Marburg riassume il cambiamento mentale dei tedeschi in una situazione

simbolica. Christoph visita Marburg, dove si trova la casa natale di Rudolf Knaut. Alla

residenza dove ha abitato la famiglia dell’ufficiale tedesco, è assicurato un Plakat: “Demo

gegen Rassismus und Asyländerungen”, ossia Manifestazione contro il razzismo e le

limitazioni dell’asilo politico133. Revelli, che è sempre stato convinto del carattere cattivo e

l’intolleranza tedesca, viene quindi alla fine della sua ricerca confrontato un’ultima volta con i

suoi pregiudizi. Christoph, che descrive la casa, aggiunge alla notizia, che questa situazione

rispecchia effettivamente “La Germania di allora.134” per sollevare il valore drammatico. Per

lo scrittore-narratore italiano, la casa del soldato tedesco Rudolph Knaut ha sempre

simboleggiato il luogo in cui il pensiero nazista ha il proprio fondamento. Alla fine del

romanzo, essendo trasformata in un luogo di speranza e tolleranza, la casa costringe Revelli a

guardare in faccia la realtà. In altre parole, evidenzia il difetto delle sue idee sorpassate e la

nuova mentalità tedesca.

Si può individuare tre tesi che spiegano l’identità europea dei tedeschi. Herman

Bausinger attribuisce l’atteggiamento tedesca all’aumento del numero di migranti. Nel 1955,

la Repubblica Federale di Germania firma un accordo di reclutamento con l’Italia. Il patto è

stato l’inizio di qualche corrente migratoria da tutti i recessi dell’Europa. La scena di strada

tedesca era sempre più riempita di persone straniere, i Gastarbeiter, che dopo qualche tempo

diventavano accolti nella società135. L’ambientamento alla nuova situazione, combinato con la

coscienza di aver bisogno di suplementarie forze di lavoro, spiana la strada all’accetazione di

un futuro oltre i confini nazionali, in cui gli abitanti europei vivono insiemi in una forte

unione europea.

Un secondo motivo dell’impegno tedesco per un’Europa unificata risale alla fine della

seconda guerra mondiale. Vergognandosi delle anomalie belliche, i tedeschi hanno perso ogni

orgoglio nazionale. La loro identità è messa più in crisi nel 1949, a causa della suddivisione

del Dritte Reich in due parti: il RFT (Repubblica Federale di Germania), la parte indipendente

131 G. Culicchia, Paso doble, cit., p 94.132 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 81.133 Ivi, p. 166.134 Ibidem.135 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 156.

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occidentale e la RDT (Repubblica Democratica Tedesca), la sezione orientale che è stata

assegnata all’Unione Sovietico136. Il popolo tedesco cerca di riparare i danni causati durante la

seconda guerra mondiare e di risollevare l’economia. I paesi confinanti e le altre gran potenze

europee guardano però ogni progresso e successo tedesco con sospetto. Cercando di

riguadagnarsi la fiducia e risuscitare la simpatia delle altre nazioni, si impegnano a fondo per

la formazione di una forte Europa. La Germania ha contribuita alla nascità dell’ Unione

Europea nel 1993 e per questo ha meritato, come è stata discussa nel capitolo sulla storia

italiano-tedesco, il rispetto dell’opinione pubblica italiana137.

L’identità nazionale tedesca ha fatto luogo a un’identità europea. Secondo Bausinger,

una forte Europa può portare prosperità alla cultura nazionale. La cultura regionale tedesca è

stata rivalutata dopo l’unificazione delle parti occidentali e orientali. I tedeschi sperano in una

situazione analoga nell’Europa unita: “più le competenze politiche vengono sottratte agli stati

nazionali, più marcatamente questi avrebbero l’occasione di profilarsi come nazioni culturali,

secondo ogni disponibilità verso lo scambio e la comprensione reciproca.138” In altre parole,

rafforzando la posizione europea, riguadagnano la propria cultura nazionale.

Una terza e ultima spiegazione dell’identità europea è stata individuata da Bausinger,

ed è una motivazione economica. Gli ultimi decenni del Novecento sono caratterizzati da una

globalizzazione economica, dominata dagli Stati Uniti. L’egemonia americana viene

sprezzantamente dominata la ‘Disneyization’ e ‘McDonaldisation’ della cultura mondiale139.

Per tentare la scalata ad una posizione potente tra i global players, conviene costituire un

fronte forte:

L’Unione Europea è per certi aspetti una risposta alla globalizzazione. Da una parte perché le tecnologie globali premono per uscire dalle frontiere, dall’altra perché nella concorrenza economica mondiale le unità più grandi hanno più probabilità di successo.140

La speranza di un’identità europea è forte, ma incontra anche resistenza. Accanto agli

operai presenti in Mai senza una donna, anche un professore nella Moto di Scanderbeg

osserva la tendenza europea con scetticismo. L’insegnante si prononcia sulla situazione

europea, e depreca l’entusiasmo dei suoi connazionali:

136 H. Schulze, Kleine deutsche Geschichte, cit., p. 201.137 P. E. Balboni e M. Santipolo, Profilo di Storia italiana per stranieri, cit., p. 116.138 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 171.139 Ivi, p. 168.140 Ivi, p. 170.

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E convincere piuttosto questi ragazzi che loro sono la speranza dell’Europa. Parlano più lingue, vivono in piccole culture, possono sconfiggere con più armi degli altri pregiudizi, il razzismo”. “L’Europa? Dove la vede, l’Europa?”, chiede io con un pizzico di sarcasmo, e penso: Dio, che ottimista! “Questa è l’Europa, questo casino”, dice lui, e una pallonata colpisce in pieno il mio registratore a tracolla. I ragazzi ridono, il professore pure141.

4.2.5 Il popolo serio

Uno degli stereotipi più persistenti è l’immagine dei tedeschi come popolo serio: sono

persone affidabili, ma allo stesso tempo un po’ noiose e con un’esistenza grigia. Gli autori

italiani adottano anche questo stereotipo.

L’antagonista Tatjana in Paso Doble è un’ammiratrice della prima ora del Portofirio

Topazio Show, un programma divertente, in cui sono presentati delle persone straordinarie:

l'uomo ippopotamo, la donna nasello, le gemelline pipistrello... Tatjana, che fa una prima

conoscenza con un tale show, imputa l’assenza in Germania al carattere serioso del suo paese

nativo:“In Germania non abbiamo programmi così, credo. La Germania è un paese serio”142.

Nella Moto di Scanderbeg, il protagonista italiano fa appello al filosofo Schopenhauer,

per descrivere l’atmosfera tedesca. Il filosofo riscontrava già nell’Ottocento e nel Novecento

la rappresentazione noiosa della Germania.

Germania è come una moglie, con lei si ha un rapporto tranquillo e noioso, senza grandi collere e senza grande amore, mentre l’Italia è come un amante, con lei si vive un rapporto burrascoso ma passionale e si passa dalle liti violente all’adorazione. Ah ah ah143.

Il contrasto tra i due paesi favorisce il carattere più appassionato e eccitante dell’Italia.

Inoltre si concreta l’affermazione schopenaueriana nel Disperso di Marburg. Ma

mentre il famoso filosofo disprezza la passività tedesca, Christoph Schminck, l’amico tedesco

di Revelli, si è rassegnato alla reputazione tedesca. Per di più, sembra orgoglioso di poter

affermare lo stereotipo e stima perfino in un certo qual modo il modo di vivere più tranquilla

della cultura tedesca rispetto all’infiammabile carattere mediterraneo e la collerica natura

italiana. “Abbiamo pochi ribelli in Germania, per tradizione, per cultura dell’obbedienza, per

141 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 30.142 G. Culicchia, Paso Doble, cit., p. 76.143 C. Abate, La moto d Scanderbeg, cit., p. 135.

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conformismo. Non siamo un popolo ribelle. In questo mi sento tedesco. Mi costa fatica

oppormi: preferisco mediare, pacificare, calmare le risse…144”

L’atteggiamento tedesco di non ribellarsi e di non contrapporsi alle istanze superiori e

la loro preferenza per l’ordine nella vita ha delle radici culturali profonde che risalgono al

Seicento145. Lo storico Paul Münch si è dedicato allo studio dell’immagine principale

dell’ordine, assieme alle esigenze caratteriali che portano con sé, ossia lo zelo,

l’autodisciplina, la parsimonia e la sobrietà nei secoli precedenti lo sviluppo industriale:

Ancora nel 1600 i tedeschi brillavano nel confronto con gli altri paesi come contemporanei estremamente disordinati: viene sottolineata la loro smisuratezza, la dipendenza dall’alcol e la loro gioia di vivere. In seguito però si insinuò un processo di addomisticamento, che – in Germania più fortemente che altrove – è rivolto maggiormente alla casa, all’ordine e alla consumatezza della famiglia e ai braccianti che vivono assieme ad essa.146

Per imporre un nuovo modo di vivere ed istaurare una nuova moralità, bisogna

introdurla nella vita quottidiana dei cittadini tedeschi. Un’ottima collaborazione tra la chiesa e

la letteratura contribuisce all’accettazione graduale dei nuovi leggi morali e risulta in una

stima dell’ordine. Le prediche, i tratti istruttitivi, ma anche le favole, le poesie e gli aforismi

sono mezzi ottimi per avvertire tutti i cittadini, anche la parte meno colta e analfabetica della

popolazione, delle conseguenze di una vita disordinata. Dall’altra parte, i trattati dimostrano la

benedizione che risiede nell’ordine e in un modo di vivere modesto.

I nuovi principi ottengono una posizione solida nella moralità tedesca. Prendendo

sempre più piede, sfocia in una sopravalutazione l’adorazione dell’ordine e della laboriosità.

Nel contenuto domestico, si può tradursi in una ‘Pünktlichkeit’, puntualità eccessiva, in cui si

perdono i personaggi tedeschi di Mai senza una donna.

Tra poco sarebbero arrivati a frotte, freschi di doccia gli uomini, di parucchiere le donne, e avrebbero invaso la casa di risate e di profumi. Tutto era a posto e perfetto, ma fino all’ultimo Ellen aveva passato in rassegna il suo regno, come si fa in attesa della visita di altri sovrani, altrettanto potenti e pignoli e smaliziati. Qui aveva spostato una poltrona, aggiustato i cuscini, ritoccato i fiori nei vasi, là aveva aggiunto pile di giornali. Fuori il giardino faceva da sfondo coreografico e alla luce delle lanterne le ultime foglie brillavano sotto la pioggia147.

Il protagonista Nicola si stupisce che gli amici tedeschi si perdono in dettagli. Lo

scetticismo crea una spaccatura tra l’italiano e i personaggi tedeschi.

144 R. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 81.145 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 97.146 Ibidem.147 M. Fenoglio, Mai senza una donna, cit., p. 82.

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Max Weber sostiene che la religione, il protestantismo così come il cattolicismo, giochi

un ruolo nella preferenza per l’ordine. Tantissimi autori cattolici predicano nelle loro opere

l’ordine ossessiva, ma nelle nazioni totalmente cattoliche regna un’interpretazione più elastica

e meno rigida del codice. Il protestantismo era nelle sue radici anche più moderata – Luther

vedeva ad esempio nel lavoro una maledizione – ma si sviluppava verso la rigidità. In fondo, i

paesi con un predominio di una religione sono moderati. La presenza di entrambi le religioni

all’interno del territorio tedesco provocava una lotta e creava una particolare situazione in

Germania148.

La particolarità tedesca risiede proprio nel fatto che gli ininterrotti diverbi confessionali stimolarono entrambe le parti in una competizione pastorale, che si espresse in ammonizioni e provvedimenti morali. Questi intendimenti erano fino ad un certo grado strettamente collegati agli sforzi statali per imporre comportamenti e anche sentimenti ordinati fra i sudditi. Proprio nei territori più piccoli si formò sin da subito una influente burocrazia, che sopravvisse alle svolte epicali e difese con ogni mezzo l’ordine costituito149.

Nei secoli successivi, l’amore dell’ordine rimane sul primo piano nella cultura tedesca.

Da bambini, i tedeschi imparavano i valori d’ordine attraverso libri, ad esempio

Struwwelpeter di Heinrich Hoffmann, in cui una serie di piccole storie e disegni mostravano

le conseguenze dell’infrazione dell’ordine. Anche la letteratura studentesca e adulta insegna

sul valore morale e sulla validità del modo di vivere strutturato.

Oltre alla cultura, la religione e l’insegnamento, si può individuare un quarto fattore

che ha contribuito all’esaltazione dell’ordine, ossia il mondo militare. Bausinger attribuisce il

successo del nazionalsocialismo novecentesco all’amore dell’ordine, che è passata dal campo

domestico a quello politico. Revelli nota l’organizzazione rigida delle truppe tedesche,

rispetto all’arma italiana spesso disorganizzata: “Nell’esercito tedesco sia la cura che

l’impiego dei cavalli erano regolamentati da disposizioni ben precise e rigorose. In ogni

reparto, a livello di compagnia o di batteria, esisteva un sergente o un maresciallo maniscalco

la cui autorità era quasi assoluta. Anche l’ufficiale doveva rispettare le regole perché così

voleva la tradizione150.”

L’immagine serio e la preferenza dell’ordine si rispecchia su due campi diversi: il

burocratismo e la schiavitù volontario del lavoro.

148 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 97.149 Ivi, p. 97-98.150 N. Revelli, Il disperso di Marburg, cit., p. 122.

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4.2.5.1 La dedizione al lavoro

La Germania è conosciuta per la sua forte economia ed industria. La rivoluzione

industriale alla fine dell’Ottocento ha avuto il nocciolo sul territorio tedesco.

Il libro Kleine Deutsche Geschichte fa un resoconto dello sviluppo economico della

Germania. La giovane nazione tedesca, fondata il 10 ottobre 1847, era circondata dalle gran

potenze europee. Spinti dalla volontà di misurarsi con i paesi confinanti, i governanti tedeschi

maneggiavano una politica economica rischiosa, ma molto lucrativa. Approfittando della

posizione indebolita della Francia sconfitta nella guerra, si scatenava un’esplosione di nuove

ditte e di manovra speculativa in Germania. I tedeschi si servivano appieno delle capacità

industriali, anche se non avevano garanzie di rendimento. Grazie al buon clima economico e

alla linea politica ben messa a punto, hanno riscuoto un veloce successo economico. La

nazione tedesca, che ha messo insieme una bella fortuna in un breve lasso di tempo,

rivendicava la sua posizione tra le potenze europee151. Una solida base ecomonica è rimasta

un cavallo a battaglia della politica tedesca e l’industria gioca conseguentemente un ruolo

importante nella vita quottidiana dei tedeschi.

Herman Bausinger collega la formazione di severe misure ordinative al processo

dell’industrializzazione.

Il detto Benjamin Franklin, time is money, vale come segnavia di questo sviluppo: l’organizzazione della fabbrica richiedeva, e i macchinari permettevano una rigida ripartizione meccanica dei tempi. L’industrializzazione senza dubbio comportò una forte spinta verso la disciplina; per i lavoratori emigrati dalla campagna l’adattamento del luogo di lavoro agli inizi dell’era industriale era collegato a difficoltà di questo genere.152

La dedizione al lavoro è un’abitudine consolidata nella cultura tedesca. I protagonisti

italiani, che provengono dalla rurale Italia del Sud, si stupefanno della puntualità tedesca,

combinata con la dedizione al lavoro. Giovanni Alessi della Moto di Scanderbeg osseva il suo

collega tedesco Thomas Winkler. Essi porta rispetto all’amico, “che lavora con un certo

distacco, ma con grande professionalità” 153. La descrizione dell’amico tedesco lumeggia che

le norme di accuratezza differiscono molto fra i due paesi. Winkler assolve i suoi compiti

radiofonici sempre con precisione. Giovanni va ad esempio nello studio di registrazione

assieme al tedesco per incidere il giornale radio. Il tedesco corregge ogni errore, anche se è

quasi impercettibile, come ad esempio una vocale troppo chiusa o troppo aperta,

151 H. Schulze, Kleine Deutsche Geschichte, cit., p. 108.152 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., pp. 96-97.153 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 100.

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un’intonazione sbagliata o una pausa eccessiva. Per il tedesco è evidente quest’accuratezza,

ma Giovanni si meraviglia del perfezionismo. “Un perfezionista”, lo lusingavo io nelle rare

pause del lavoro. “No, un professionista”, diceva lui facendo luccicare d’orgoglio le guance

rosse e bianche154.”

Anche Tatjana di Paso Doble si impegna profondemente nel suo lavoro. Trasferendosi

in Finlandia, sacrifica la sua relazione amorosa. La vita professionale prevale sulla vita

personale. Herman Bausinger aggiunge una dimensione supplementaria al trasloco, per

sottolineare l’impegno di Tatjana. Secondo lui, i tedeschi sono conosciuti per la loro

stanzialità. Ogni anno, soltanto un milione di tedeschi si traslocano da un Bundesland ad un

altro. Quando si mette i ciffri in rapporto al numero totale di abitanti della Germania, se ne

può dedurre, che un tedesco si trasferisce una volta nella vita oltre i confini del suo

Bundesland. Se sono compresi i traslochi all’interno della sua regione, il numero è elevato a

quattro trasferimenti in una vita media, una frequenza ancora bassa secondo Bausinger155.

Inoltre, “in Germania, [...] ogni trasloco, anche quando non ‘obbligatorio’ – cioè causato da

necessità esterne – bensì per libera scelta, è sentito comunque come un fastidio, una seccatura

e un sacrificio enorme”156.

La dedizione al lavoro e la profondità con cui i tedeschi eseguono i compiti è anche

presente in Due di due, quando Werner controlla il generatore a vento in attesa di due ospiti. Il

controllo sembra dal punto di vista del protagonista italiano troppo approfondito, “come se

stessimo aspettando un’ispezione tecnica invece di due amici.157”

Da una parte, la cura e l’amore del lavoro suscitano l’ammirazione degli italiani. Il

rispetto rimane fino ad un certo punto, ma viene spesso sostituito dallo scetticismo. I valori

del popolo italiano divergono molto delle virtù tedesche. Il perfezionismo talvolta esaggerato

blocca la spontaneità ed il contatto personale, che sono importanti per gli italiani. Le piccole

situazioni simboliche, come ad esempio la lotta amorosa tra Werner e Guido in Due di Due,

testimoniano che gli italiana danno precedenza alla spontaneità rispetto al carattere serio.

Werner soccombe a Guido, l’amico italiano fiammeggiante del protagonista, nella lotta

amorosa per Chiara158. Mentre Guido corteggia Chiara tramite chiacchiere e discussioni

154 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., , p. 44.155 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 65.156 Ibidem.157 A. De Carlo, Due di Due, cit., p. 247.158 H. Felten e D. Nelting, “Imagerie populaire allemande bei Andrea De Carlo und Susanna Tamaro“, in A. Comi, e A. Pontzen (a cura di), Italien in Deutschland – Deutschland in Italien: die deutsch-italienischen Wechselbeziehungen in der Bellestristik des 20. Jahrhunderts, cit., 55.

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sull’opera letteraria che sta scrivendo, Werner è troppo impegnato nel suo lavoro per tenere

sottocchio la sua amante. Quando Chiara sembra affascinata dall’italiano, Werner si da per

vinto e scivola via nel cuore della la notte. L’intelligenza tecnica e l’interesse meccanico sono

collegati ad un’incompetenza sociale e emozionale159: “Aveva un carattere semplice, e la sua

esperienza di donne mediterranee si limitava a Chiara; senza volerlo ha finito per spingerla

ancora più verso Guido.160”

Werner non è un caso isolato con la sua dedizione al lavoro e la conoscenza tecnica,

ma con una mancanza di facilità nei contatti sociali. Anche Nicola in Mai senza una donna si

lamenta degli schiavi dal lavoro. Egli vive e lavora a Hannover, una metropoli nel cuore della

zona industriale nella Germania settentrionale, ed è testimone della seria e impersonale

mentalità tedesca.

Signicava capire il più presto possibile che in quel posto le macchine erano più importanti delle persone e che io ero solo, più solo che al mio paese, perché non sapevo il tedesco e non potevo fidarmi di nessuno. E che tutti lì, per il frastuono, più che a parole si parlavano a gesti, o con dei comandi brevi, gridati, quasi sparati, che mi mettevano in grande affanno: Rechts, nach links, Achtung, Aus!, Gut!, nicht gut!, komm! Komm!.161

I tecnici tedeschi insegnano a Nicola con gran entusiasmo e con l’amore del lavoro i

trucchi del mestiere. Manca però il calore personale, che potrebbe rendere infelice il

protagonista. La relazione del protagonista con il popolo tedesco è quindi ambigua: da una

parte, è riconoscente ai tedeschi per le possibilità professionali, ma non si sente mai a proprio

agio in Germania.

Gli scrittori italiani presentano i tedeschi nei loro romanzi quindi come workaholics,

che sacrificherebbero tutto per il lavoro. L’abilità professionale sta in stridente contrasto con

l’incapacità in contatti sociali e emozionali. Nonostante l’ammirazione della professionalità

tedesca, si possa osservare un disprezzo italiano nei riguardi della vita seria.

4.2.5.2 Il burocratismo

La nascità delle società moderne attizza la necessità di una burocratizzazione. Secondo

Bausinger, la complessità del sistema e degli interessi contrastanti richiede un’istanza neutrale

per le misure regolamentatrici. In Germania, lo spirito perfezionista ed il feticismo dell’ordine

159 H. Felten e D. Nelting, “Imagerie populaire allemande bei Andrea De Carlo und Susanna Tamaro“,cit., 55 .160 A. De Carlo, Due di Due, cit., p. 267.161 C. Abate, Mai senza una donna, cit., p. 24.

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risulta in un burocratismo troppo complesso e, ironicamente, poco chiaro. Mentre le altri

nazioni europee cercano l’equilibrio tra rigide prescrizioni e una imprecisa applicazione,

l’amministrazione tedesca è caraterizzata da un’eccesso di regolamentazione, il perfezionismo

e l’inflessibilità delle procedure.162

Il sistema laborioso frustra Giovanni Alessi nella Moto di Scanderbeg. Ha bisogno di

un nuovo permesso di soggiorno ed è irritato perché l’amministrazoine è una babele di

scartoffie.

“Piano”, dico io conciliante, “piano, si dimentica che siamo in Europa, Europäische Gemeinschaft, nel Duemila, Zweitausend”, dico io conciliante a parole ma con uno sguardo tra l’incazzato e l’ironico. E lui alza il tondo faccione roseo, con la doppia mezzaluna di mento, e grugnisce a più non posso, ora non afferro che suoni catarrosi di gola, qualche ‘hier Deutschland”, qualche “nicht” sottolineato con l’indice163.

La richiesta neutralità amministrativa della burocrazia è risultata nell’indifferenza e

nell’arroganza del funzionario. L’impiegato dell’ufficio stranieri personifica il rigido

burocratismo tedesco. È presentato come un uomo antipatico, che assomiglia ad un maiale.

Per di più, Giovanni esprime il suo disgusto del funzionario tramite il suo particolare senso

dell’umorismo, rivolgendo la parola ai maiali: “vi chiedo scusa se dico che quell’uomo vi

assomiglia, non vi offendete per favore, è solo una somiglianza esteriore, il vostro cuore è di

buono.164” Anche se l’esagerazione intende essere divertente, è innegabile il forte disprezzo

dell’impiegato e del burocratismo in generale.

4.2.6 Il tedesco ecologista

Nella prefazione di Tipico tedesco, Bausinger contempla la stereotipizzazione dal

punto di vista della nazionalità. La pluralità di regioni, condizioni sociali, generi e età non può

che risultare in caratteristiche contradittorie165. Lo stereotipo successivo ribadisce il suo

scetticismo e dimostra l’incongruenza tra i cliché.

La dedizione dei tedeschi al loro lavoro e l’interesse dell’industria contrasta con un

forte gruppo tedesco ambientalista, che si ribella contro il clima del modernismo. Anche se i

162 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 93.163 C. Abate, La moto di Scanderbeg, cit., p. 67.164 Ivi, pp. 67-68.165 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 15.

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due luoghi comuni sono contradittori, vengono entrambi considerati caratteristiche

tipicamente tedeschi.

Il concetto Heimat, ‘patria’, gioca un ruolo importante nella cultura tedesca. Il famoso

storico Jakob Burckhardt definisce il Heimat come “una parola creato dallo spirito della

nostra lingua, che non è possibile ritrovare in altre lingue”166. I tedeschi sostengono in altre

parole che nessuna traduzione possa includere l’intero concetto, perché nessun altro popolo ha

sviluppato un rapporto così intimo con il luogo in cui sono cresciuti e in cui vivono. Alle

radici del concetto Heimat stanno i poeti romantici, che hanno lasciato delle tracce enorme nel

pensiero tedesco. Fino al diciannovesimo secolo, ‘patria’ aveva una connotazione positiva, ma

anche ordinaria. Nell’ottocento, ‘Heimat’ ha preso il suo significato attuale.

La patria è diventata il programma contrastivo del nascente modernismo, l’antipolo dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione; la patria ora si lega in prima linea alla natura intatta, pacifica e armonica.167

In quei tempi venne data vita ad una forta tendenza ambientalista come contrappeso

alla nuova tendenza industriale, con gli uomini schiavi del lavoro. Hausinger individua due

ragioni della forza e sopravvivenza del movimento ambientalista. Il primo fattore è la velocità

e profondità del cambiamento sociale. La situazione in Germania è più marcata di quella negli

altri paesi europei. L’ostilità accompagnata ad esse è conseguentemente anche più forte e

persistente. Inoltre, le motivazioni dei movimenti ambientalisti sono diverssissimi. Una parte

puritano-religiosa si ribella contro il lusso mondano, portato dal capitalismo. Essi ottengono

un grosso consenso di un gruppo social-economico, che protesta contro l’esortazione al

risparmio. Anche un raggruppamento sociale manifesta contro il modo di vivere e la

reputazione degli strati sociali più bassi. L’ultimo gruppo che si impegna sono gli esteti, ossia

i poeti e gli scrittori. Essi disapprovono il disordine dei canoni dovuto ai continui

cambiamenti. Gli artisti vogliono quindi conservare la bellezza naturale della loro patria,

perché si sentono dispersi nella nuova società. La purezza della natura si protegge contro ogni

meccanismo innaturale168.

Le reazioni si tradocono concretamente in uno stile di vita al massimo naturale, ovvero

ad esempio la fiducia nella medicina alternativa.

Le persone aderiscono all’alimentazione vegetariana più spesso e più costantamente che negli altri paesi europei. Anche il movimento della cultura nudista ha in Germania il suo maggiore sostegno. In tutti gli ambiti citati inoltre il numero dei

166 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 15.167 Ivi, p. 85.168 Ivi, pp. 86-87.

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seguaci praticanti non solo è notevole, ma la pratica in genere si accomuna a concetti determinanti, sebbene diffusi, di natura e naturalezza169.

Le reazioni avverse all’industrializzazione di tanti punti di vista diversi contribuiscono

al carattere persistente del movimento ambientalista nella Germania.

Due romanzi del corpus prestano attenzione ai tedeschi ambientalisti. I personaggi

tedeschi in Due di due, cioè Werner, e Tatjana in Paso Doble sono sostenitori ferventi del

modo di vivere naturale.

4.2.6.1 Werner in Due di Due

Il personaggio Werner è il prototipo dell’ambientalista tedesco. La sua partecipazione è di

breve durata, ma di grandissimo valore simbolico.

Werner entra nella storia nel sesto capitolo della seconda parte del romanzo. Una sera in

gennaio, bussava alla porta della piccola casa presso a Gubbio, disperato per il freddo, la

solitudine e la fame. Diventando l’amante di Chiara, sorella di Martina, è immediatamente

accolto nella piccola famiglia. La presentazione di Werner lo introduce senza mezzi termini.

Martina e Chiara gli hanno portato altro da mangiare; lui ha raccontato che si chiamava Werner ed era scappato da Francoforte perché odiava la città e sognava di vivere nella campagna mediterranea coltivando la terra. D’estate era riuscito a trovare Ca’Ciglione in affitto, ma non aveva luce né acqua né una stufa, non si era immaginato che l’inverno in Italia potesse diventare così duro170.

Il movimento ambientalista spinge tanti tedeschi alla ricerca di vie d’uscita per fuggire

la nuova società economica. Werner è il tipo estremo di questo tedesco naturale: Egli fugge

effettivamente dal suo paese natale, nello specifico da Francoforte. Prenendo la città famosa,

la culla dell’industrializzazione e il cuore delle attività economiche, come città nativa di

Werner, l’autore sottolinea il contrasto tra la Germania industriale e l’ambiente rurale e

tranquillo dell’Umbria, in cui si trasferisce.

Il modo di vivere preferito di Werner coincide con quello degli altri personaggi: tutti

vogliono vivere vicino alla natura. Ritornano alle radici della civiltà e provvedono al proprio

sostenamento con il minimo aiuto di macchine e con il massimo rispetto per la natura:

coltivano il proprio raccolto e fanno appello ad un generatore a vento per l’elettricità. La

169 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 88.170 A. De Carlo, Due di Due, cit., p. 231.

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compagnia alternativa dimostra che è perfettamente possibile vivere e essere felice senza il

materialismo e soprattutto senza lo stress portato dalla società capitalista.

La presenza di Werner ha un altro significato ad un secondo livello, che si trova in

Italien in Deutschland – Deutschland in Italien. Hans Felten e David Nelting si sono dedicati

allo studio della ‘imagerie populaire allemande’ di Andrea De Carlo. Secondo i due studiosi,

Due di due è un ‘Bildungsroman’ per eccelenza. La storia del ragazzo milanese, che fugge

della metropoli impersonale, trasferandosi nell’Umbria, dove fonda una famiglia e crea una

fattoria biologica di successo, è la tematica per eccelenza di un romanzo di formazione.

Mit seinem zum umbrischen Öko-Bauern mutierten Mailänder hat De Carlo ein ‘typisch’ deutsches ideologisch-soziologisches Klischee in ein italienisches Ambiente transponiert. Und damit die Provenienz dieses Klischees dem Leser auch ganz offensichtlich wird, ist die Herkunft des Klischees dem Leser auch ganz offensichtlich im Text markiert, indem nämlich die Figur des Aussteigers Werner aus Frankfurt gleichsam im From einer mise en abyme als Nebenfigur und Helfer des Ich-Erzählers eingeführt wird171.

De Carlo ha quindi trasposto un luogo comune ideologico-sociologico tipicamente

tedesco in un ambiente italiano. Per dimostrare il legame tra il genere letterario e la sua

provenienza, ha introdotto il personaggio Werner. Il tedesco, che fugge la metropoli

Francoforte come il protagonista Mario si è trasferito da Milano, può quindi essere

considerato come il suo ritratto, inventato dall’autore per mettere in evidenza il legame con il

romanzo di formazione tedesco172.

Per sottolineare il carattere stereotipato del romanzo di formazione, la scena d’incontro

tra i due personaggi è piena di cliché reciproci delle due culture. Werner, che vive senza

macchina, in una rovina senza elettricità, perfino senza aqua corrente e non è preparato per

l’inverno caldo, perché “non si era immaginato che l’inverno in Italia potesse diventare così

duro173”. Werner si è perso nel cliché del paese mediterraneo, in cui fa sempre caldo. Il

secondo luogo cumune è quello dell’ospitalità mediterranea, simboleggiato dalla famiglia

italiana che da immediatamente il benvenuto allo straniere. La sovrabbondanza dei luoghi

comuni è quindi incadrata nel sistema inglobante174.

171 H. Felten e D. Nelting, “Imagerie populaire allemande bei Andrea De Carlo und Susanna Tamaro, cit., p. 55.172Ivi, pp. 54-55.173 A. De Carlo, Due di Due, p. 231.174 H. Felten e D. Nelting, “Imagerie populaire allemande bei Andrea De Carlo und Susanna Tamaro“, cit., p. 55.

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4.2.6.2 Tatjana in Paso Doble

La teoria del Felten, del tedesco come riferimento al romanzo di formazione, può essere

adattata a Paso Doble di Giuseppe Culicchia. Il protagonista Walter, che sembra un uomo

inconsapevole della sua propria identità, percorre un processo di identificazione durante il

romanzo. Nonostante il suo ruolo di protagonista nella storia, sembra all’inizio un antagonista

nella propia vita, perché si lascia trascinare dalle idee di altri personaggi e non sa prendere le

proprie decisioni. L’infusso più grande viene da Tatjana, la bibliotecaressa del Goethe-

Institut. La sua presenza ha due funzioni: Essa fa riferimento, analogo a Werner in Due di

Due, allo scopo letterario del romanzo. Inoltre, Culicchia ha scelto una rappresentazione

stereotipata di Tatjana come tipica tedesca ambientalista, per accentuare il suo ruolo

d’opponente nella storia. Il contrasto con l’antagonista femminile e il suo modo di vivere, è

così grande, che aiuta Walter a fare conoscenza con se stesso e rendersi conto del proprio

carattere.

Il primo incontro con Tatjana lascia, analogamente alla conoscenaza in Due di due,

un’impronta sull’immagine. Mentre Walter conduce un’esistenza grigia, Tatjana fa una forte

impressione sin dal primo incontro:

Non accettava buste di plastica. Anche i suoi vestiti sembravano riciclati. Dai sacchetti della spesa notai che frequentava solo erboristerie e negozi di cibi macrobiotici. Alle caviglie portava gli stessi campanellini che induisti e hippies utilizzavano per avvertire vermi e ragni del loro passaggio175.

Tatjana è presentata come una donna sicura, che è consapevole della propria immagine.

Mentre si veste in pubblico da hippy, a casa è una fervente ed accesa sostenitrice del nudismo.

“E oltretutto lei di solito girava completamente nuda per casa. I vestiti sono la prigione del

corpo, sosteneva.176” Herman Bausinger sostiene che in Germania, il movimento della cultura

nudista ha il suo maggiore sostegno177. L’atteggiamento vestimentario, o meglio non-

vestimentario, stra in stridente contrasto con l’ambiente milanese di Walter. Egli vive e lavora

in un ambiente di feticisti della moda, che coincide con uno stereotipo dominante della cultura

italiana. Le descrizioni di marche esclusive ritornano spesso: sulla prima pagina del romanzo

si parla delle camicie di Ralph Lauren, dei pantaloni Ermenegildo Zegna, di una giacca Hugo

Boss, della cravatta di Salvatore Ferragamo e degli occhiali di Armani Eyewear. I colleghi di

Walter, tutti aspiranti top-model, adorano la moda. La rappresentazione di entrambi i

175 G. Culicchia, Paso Doble, cit., p. 71.176 Ivi, p. 73.177 H. Bausinger, Tipico tedesco: quanto tedeschi sono i tedeschi?, cit., p. 88.

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personaggi è quindi stereotipata. Walter è presentato come l’italiano schiavo della moda, che

si contrappone alla tedesca estremamente ambientalista.

La presentazione contrastiva non si limita all’aspetto fisico: Tatjana si impegna in

diverse organizzazioni ambientaliste, come Greenpeace e sceglie consapevolmente una vita

vicina alla natura, ad esempio vivendo in un mulino in Germania. Il suo atteggiamento

impegnato e resoluto si oppone alla mancanza di personalità walteriana. La sua vita si limita

all’adozione della televisione nel tempo libero e al lavoro noioso in un’edicola e videoteca :

“Come le sembra il lavoro qui da noi?”, mi domandò.“Fantastico. Su misura per me”.“Dice sul serio?”.“Be’, devo ancora imparare un sacco di cose. Ma mi sono sempre piaciuti i film.”178

Mentre Tatjana attribuisce un grande valore ai suoi principi e alle convinzioni personali,

l’italiano senza spina, si lascia trascinare dalla tedesca dominante. Dopo aver osservato

attentamente il suo modo di vivere, Walter si fa passare per un tipo ambientalista per

corteggiare Tatjana.

[Walter]“Perché non vieni da me domenica prossima? Potremmo pranzare insieme e poi fare una camminata nei boschi.”[Tatjana]“Tu mangi carne?”“Mai”, mentii.“Allora vengo”.

L’ironia della presentazione ipocrita di Walter è, che deve subire le conseguenze dell’

alter ego che ha creato. Tatjana fa sempre la prima mossa e Walter è costretto a seguire il suo

esempio per non essere smascherato e rischiare di perdere la donna amata. Concretamente, è

condannato ad una dieta vegetariana, a lunghe conversazioni su problemi ecologici e alle

abitudini da nudista di Tatjana:

La sera mangiavamo zuppe di barbietole, germi di soia, insalate di porri e mais, il tutto accompagnato da succo di carote o infusi di ortiche. Dopo cena Tatjana preparava una tisana di tiglio, quindi parlavamo per ore di piogge acide e balene in via d’estinzione, magari sgranocchiando pannocchie abbrustolite o biscotti di sesamo. Cominciavo a pensare che sarei diventato un pappagallo. Avevo voglia di carne... E oltretutto lei di solito girava completamente nuda per casa. I vestiti sono la prigione del corpo, sosteneva179.

Walter, che è sempre stato convinto di poter abituarsi ad ogni stile di vita, sperimenta

quanto può essere difficile rassegnarsi ad un modo di vivere estremo. Il confronto con il

carattere estremo, gli apre gli occhi e lo spinge a creare una propria identità. All’inizio della

178 G. Culicchia, Paso Doble, cit., p. 16.179 Ivi, p. 73.

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loro relazione, le piccole frustrazioni, basate su uno stile di vita totalmente diverso, stendono

un velo pietoso, ma quando sparisce anche la passione, le differenze danno fastidio. Inoltre

Tatjana sta perdendo le proprie convinzioni durante la relazione. Lei ha perso il suo

entusiasmo: nel tempo libero, sta sempre guardando la tv. La tedesca ambientalista,

iperimpegnata, perde l’interesse di tutto; anche quando Walter dice di soffrere di un neo, non

non si prende nemmeno la cura di distogliere lo sguardo dal suo amato Porfirio Topazio

Show.

Le due figure contrastanti durante la loro relazione si sono adattati al comportamento

dell’altro. Il ripudio dei propri principi provoca una spaccatura tra di loro, che si effetua nella

partenza della tedesca. Tatjana, che è sempre aperta a nuove esperienze, parte in Finlandia,

mentre Walter è più il tipo conservativo, pauroso per ogni cambiamento drastico. Durante il

soggiorno finlandese dell’amante, Walter ricade nelle vecchie abitudini, ossia la vita

nell’edicola tra i feticisti della moda. Anche Tatjana, che durante la sua relazione con Walter

ha smorzato il suo entusiasmo, riprende la sua vita originaria attraverso principi nudisti. Il

confronto finale tra i due personaggi si svolge quando l’italiano è testimone del modo di

vivere di Tatjana durante la sua visita in Finlandia.

La casa brulicava di lapponi. Tutti mangiavano biscotti di muesli e bacche. Tutti bevevano alcol chiacchierando. Tutti esibivano corpi atletici, proporzionati, nudi.

[...]“Credo che a questo punto vorrai spogliarti anche tu.”“Be’, se proprio devo...”.Mi accompagnerò in camera da letto. Sulla moquette due lapponi stavano

scopando. Tatjana fece le presentazioni. Il ragazzo e la ragazza risposero qualcosa.“Piacere, dicono”, tradusse la padrone di casa180.

Werner si rende conto che la differenza tra lui e la tedesca ambientalista è troppo grande

e che una riconciliazione delle loro idee non sarà mai possibile. Ritorna deluso in Italia, ma sa

finalmente in quale ambiente si sente a proprio agio.

Il personaggio abientalista fa parte del processo d’identificazione del protagonista.

Mostrando il suo stile di vita totalmente diverso, aiuta Walter a rendersi conto della propria

volontà e il modo di vivere preferito. I personaggi ambientalisti presentati nei due romanzi,

tanto Werner quanto Tatjana, hanno quindi entrambi un ruolo didattico. Come hanno sostenuti

Felten e Nelting, la loro nazionalità sottolinea il legame con il genere del romanzo, ossio il

romanzo di formazione.

180 G. Culicchia, Paso Doble, cit., pp. 128-129.

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4.3 Verso un nuovo paradigma ?

L’analisi dei romanzi nei capitoli precedenti testimonia di un cambiamento nella

rappresentazione tedesca. L’immagine prevalente nella letteratura italiana del dopoguerra,

cioè la rappresentazione negativa del popolo tedesco, fa spazio ad una nuova descrizione più

ampia e positiva.

I legami tra i paesi europei sono rafforzati con l’introduzione dell’Euro come unità

monetaria europea. Si aspetterebbe quindi che la relazione tra i due paesi, e conseguentemente

anche l’immagine dei tedeschi, si migliorino. Vanna Vannuccini, giornalista della Repubblica,

fa nel 2008 però il bilancio della relazione italiano- tedesca, citando il nuovo libro di Gian

Enrico Rusconi, Thomas Schlemmer e Hans Woller. Gli storici concludono che si sta

formando un’estraniazione strisciante tra l’Italia e la Germania. Le cause della relazione

raffreddata sono diverse. Il primo motivo è l’immagine rappresentata nella pressa. Basta

sfogliare i giornali italiani quanto le gazzette tedesche per trovare degli esempi del reciproco

coprire di fango.

Per quelli tedeschi l’Italia è diventata unicamente il paese del degrado e del malgoverno, della camorra e della spazzatura; quelli italiani a loro volta titolano “La fabbrica dei tedeschi” a proposito della Thyssen di Torino, e su Tempelhof informano i lettori che i berlinesi difendono “l’aeroporto di Hitler”. Per non parlare delle polemiche sul seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, o dell’ingresso dell’Italia nel 5+1 (il gruppo che tratta con l’Iran sul dossier nucleare, dove l’Italia credeva bastassero le buone parole di Bush a guarantire l’accesso), fino alle recenti sentenze della Corte di Cassazione sul diritto dei deportati italiani in Germania durante la guerra a far causa allo Stato tedesco (una questione di diritto internazionale molto controversa, ma il tema è così scottante che nessuno si è sentito di affrontarlo nella residenza dell’ambasciatore.)181

Si può quindi notare un ritorno agli stereotipi negativi. Rusconi teme un processo di

lunga durata. Lo storico basa la sua ipotesi sulla relazione storica tra l’Italia e la Germania. Da

parte italiana, è sempre stato un fragile rapporto, ma anche da parte tedesca sono delle

tensioni sotterranee. I tedeschi hanno sempre idealizzato l’Italia, che è stata incantata già dai

tempi di Goethe, Humboldt e Heine. Quando i tedeschi incontrano la realtà italiana, l’ideale è

rotta e rimangono delusi. Rusconi continua, che i rimproveri nella pressa provano che in

181 V. Vannuccini, “La guerra degli stereotipi quegli attriti a tedeschi e italiani”, in La Repubblica, 16-07-2008, p. 43.

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fondo, niente è cambiato. Nonostante la loro collaborazione sul livello europeo, i due popoli

non vanno d’accordo con l’un l’altro182.

Hans Woller non si mette però d’accordo con il suo collega Rusconi. Secondo il

curatore del libro Estraniazione strisciante tra Italia e Germania, il contatto tra il turismo e

gli scambi economici e culturali, sta sempre migliorando. Il disprezzo reciproco si limita al

campo della politica, che è sempre stata l’anella debole della relazione italiano-tedesca. La

situazione sta, secondo Woller, sempre peggiorando. “Ma almeno i politici italiani e tedeschi

fino agli anni 90 italiani e tedeschi si erano parlati, anche se magari senza capirsi. Oggi non si

parlano nemmeno più”.183 Alla base dell’incomunicabilità, si schiera Rusconi, sta il cosidetto

“berlusconismo”184. La politica italiana affronta la crisi recente senza strumenti stabilizzanti,

mentre la Germania è diventata una nazione sicura di se, che ha costruito un solido imperio

economico sotto il potere della Bundeskanzlerin Angela Merkel185.

Se si mette i risultati dello studio di Rusconi e Woller a confronto della letteratura, si

può immaginare che anche l’equilibrio tra luoghi comuni negativi, come il rigido burocrazia e

lo spirito nazista, e stereotipi più apprezzati, come l’identità europea, sarà distrutta e che la

rappresentazione dei tedeschi pendera di nuovo dal lato sfavorevole...

182 V. Vannuccini, “La guerra degli stereotipi quegli attriti a tedeschi e italiani”, in La Repubblica, 16-07-2008, p. 43.183 Ibidem.184 Ibidem.185 Ibidem.

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5. Conclusione

Per affrontare la problematica della rappresentazione dei tedeschi nella letteratura

italiana di fine Novecento, conviene inserirla nel quadro più ampio della caratterizzazione dei

personaggi letterari. La rappresentazione è sempre vincolata a semplificazioni. Inoltre, lo

scrittore deve concedere alle aspettative del suo pubblico. Nel concreto caso della descrizione

di un popolo o di una nazionalità, si traduce nell’uso di stereotipi, che nascono dal confronto

fra il modo di vivere dell’osservatore, in questo caso le abitudini italiane, e la cultura

osservata, ossia quella tedesca.

Oltre alle restrizioni narratologiche, la descrizione di un rappresentante di una

nazionalità, è modificata dal contesto storico. La relazione dialettica italiano-tedesca è stata

turbolente nel Novecento, ma è soprattutto stata l’occupazione biennale del ’43-’45 che ha

lasciato delle tracce profonde nelle menti degli scrittori italiani. La reputazione dei tedeschi ha

conseguentemente subito un duro colpo nella letteratura del dopoguerra. Alla fine del

Novecento, si può però osservare un cambiamento di paradigma. Gli autori si richiamano ad

una forte stereotipizzazione, ma i cliché riguardano tanti aspetti differenti del carattere

tedesco. Mentre i personaggi teutonici del dopoguerra hanno soprattutto svolto il ruolo

limitato del cattivo nemico nazista, gli autori di fine Novecento introducono il personaggio

tedesco come donna amata o amico rispettato. Nei romanzi, si usa sei stereotipi, spesso

contrastanti tra di loro, per descrivere il popolo tedesco e il suo modo di vivere.

L’aspetto fisico dei personaggi tedeschi combacia con l’immagine dell’Arier

idealizzato durante il regime nazionalsocialista, ossia il tipo biondo con gli occhi azzurri. Il

contrasto tra i tedeschi nordici e i protagonisti italiani, tipo mediterraneo, simboleggia la

spaccatura mentale e culturale tra le due nazioni. Inoltre corrisponde la rappresentazione delle

belle tedesche bionde, con l’ideale di bellezza. Le abitudini culturali descritte, ossia i piatti

Wurst e Patattine e la musica Schlager, creano l’immagine del carattere popolare dei tedeschi.

Si delinea un primo contrasto tra la seria vita professonale e il tempo libero rilassante del

popolo tedesco.

Lo stereotipo più persistente nel dopoguerra è lo spirito nazista dei tedeschi, ma gli

anni Novanta significano una svolta nel pensiero. Il disperso di Marburg di Nuto Revelli è il

romanzo di cerniera nella tradizione letteraria. All’inizio del romanzo diarico, l’autore-

narratore, convinto partigiano e soppravvissuto della seconda guerra mondiale, è convinto dal

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cattivo carattere di ogni tedesco. La ricerca di una leggenda su un tedesco buono dimostra la

rigidità dei propri preguidizi e spiana la strada ad una rappresentazione più positiva e umana.

Il pensiero nazista lascia però tracce negli altri romanzi. I migranti italiani in Mai senza una

donna e la Moto di Scanderbeg testimoniano di un disprezzo tedesco degli stranieri. Il numero

dei tedeschi razzisti è però molto limitato e sta in stridente contrasto con una forte identità

europea. I personaggi tedeschi più colti si vergognano del loro passato e sostituiscono il ferito

orgoglio nazionale dall’impegno per una forte unione europea.

Il tedeschi sono nell’intero corpus raffigurati come persone serie e feticisti dell’ordine,

che risulta in una dedizione al lavoro e il rigido burocratismo. I personaggi italiani ammirano

da una parte la professionalità dei tedeschi, di cui cogliono i frutti in un solido e redditizio

sistema economico. Il clima serio e la burocrazia troppo rigida dà però anche fastidio ai

personaggi italiani disorganizzati. L’intelligenza tecnica e l’interesse meccanico dei tedeschi

sono anche collegati all’incapacità nei contatti sociali.

La rappresentazione del carattere professionalista è di nuovo attuttita da un luogo

comune contrario. La cultura industriale tedesca incontra una forte resistenza di tedeschi

ambientalisti. I personaggi ecologisti, Werner in Due di due e Tatjana in Paso Doble, sono

sostenitori di una vita presso alla natura, del nudismo e del vegetarianismo. Essi hanno di

nuovo anche una funzione contrastante ai personaggi italiani dei due romanzi di formazione

del corpus. La loro presenza evidenzia il genere del romanzo, ossia il Bildungsroman, che ha

le sue radici in Germania.

La letteratura degli anni Novanta può aver dato origine ad un cambiamento di

paradigma definitiva, ma le prospettive sono pessimiste: secondo uno studio di Gian Enrico

Rusconi, la fragile relazione italiano-tedesca si sta inasprendo. Le conseguenze dei problemi

culturali potrebbero risultare in una ricaduta della rappresentazione tedesca.

In conclusione si può quindi osservare, che la rappresentazione dei tedeschi ha

attraversata una fase di sviluppo alla fine del Novecento, da una univoca descrizione negativa

ad una raffigurazione sempre stereotipata, ma che riguarda vari aspetti del popolo tedesco. Il

contrasto tra i personaggi italiani e tedeschi sta spesso alla base della rappresentazione

stereotipata. Il passato nazista e guerresco, che ha dominato l’immagine tedesco nel

dopoguerra, è ancora presente, ma è gli scrittori si sono tolti i paraocchi e danno luogo ad una

rappresentazione più ampia dei personaggi tedeschi.

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6. Bibliografia

Fonti primarie:

DE CARLO, Andrea, Due di Due, Bompiani, Milano 2008.

FENOGLIO, Marisa, Mai senza una donna, Sellerio editore, Palermo 2002.

REVELLI, Nuto, Il disperso di Marburg, Einaudi, Torino 1994.

ABATE, Carmine, La moto di Scanderbeg, Fazi editore, Roma 1999.

CULICCHIA, Giuseppe, Paso Doble, Garzanti, Cernusco 1998.

Fonti secondarie:

BALBONI, Paolo e SANTIPOLO, Matteo, Profilo di Stroria italiana per stranieri, Guerra edizioni, Perugia 2004.

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