La radice maggio 2014

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Vallelunga organo di formazione civica e di informazione della comunità vallelunghese anno Xiv - n. 3+34 01 maggio 2014 La scuola del dopoguerra (2) di Salvatore Nicosia Ancora un salto nel passato, nei primi anni del dopoguerra, tra i banchi di scuola. Dopo il primo articolo sull’argomento, pubbli- cato nel precedente numero, il prof. Salvatore Nicosia, una delle firme più prestigiose del nostro giornale, torna a raccontarci episodi di vita quotidiana che oggi hanno un sapore nostalgico e strappano sorrisi e riflessioni. Piccola Atene, un viaggio nell’entroterra siciliano del Prof. Pino Piraino A Vallelunga si è anche parlato di pedofilia, di collusione tra mafia e potere, tra mafia e Chiesa. Ma, soprattutto, si è parlato di anti- mafia di facciata. Perché oggi tutti, dal politico all’intellettuale, dal giornalista al semplice utente facebook, parlano facilmente di anti- mafia. Magari condividendo foto e aforismi di magistrati uccisi dalla mafia. Ma è veramente questa l’antimafia? Dietro questi volti da gente perbene si cela vera- mente un animo antimafia? Abbiamo avuto modo di parlarne con Salvatore Falzone, autore del libro Piccola Atene, e con il giornalista più volte minacciato e aggredito dalla mafia Pino Maniaci. All’interno anche un’attenta analisi del feno- meno curata dal prof. Pino Piraino. 26 gennaio 1979: Martyrium Caritatis del Prof. Loreto Noto i nuovi artisti di vallelunga di Grazia La Paglia Una pittrice ed un fotografo. Vallelunga ha due talenti che si raccontano al nostro giornale. vallelunga contro la violenza sulle donne di Grazia La Paglia Anche a Vallelunga, per la prima volta, si parla di un argomento che per lunghi anni è stato tabù. L’omertà non la troviamo solo nel contesto mafioso, ma anche in un’altra forma di criminalità che ha mietuto e continua a mietere un alto e infinito numero di vittime. Vittime della violenza brutale di uomini brutali, vittime della vergogna. Vittime del silenzio, vittime di una cultura che continua a vedere nella donna l’unica sorgente di peccato. L’unica responsabile di qualsiasi cosa, anche dell’ira bestiale di un uomo che non è degno di essere chiamato con questo nome. Ma è il momento di dire basta. Di levare dalle bocche quel sigillo e di denunciare. Rivendicare il proprio diritto a non essere sfiorate nemmeno con un fiore. Vallelunga ha risposto in maniera più che positiva alla nostra iniziativa. Qualcosa sta cambiano, quindi, nella coscienza sia delle nostre donne che dei nostri uomini. In questo numero riportiamo anche le frasi che alcuni cittadini ci hanno inviato per l’occasione, rispondendo così al nostro doppio invito: non solo di presentarsi all’incontro, ma anche di lanciare un proprio pensiero su una tematica così delicata quanto importante. villalba ricorda la sua fondazione e Michele Palmeri di Jim Tatano Un personaggio illustre. Una ricerca storica su chi fosse e su cosa fece. E un paese che ama ricordarlo e ringraziarlo. All’interno due articoli su Michele Palmeri, anima di Villalba a cura di Jim Tatano. Addio a GiovAnni CrisCione ceramista di vallelunga conosciuto in tutto il mondo di Grazia La Paglia Un delitto dimenticato. Un uomo della Chiesa che perse la vita senza una vera ragione. Il prof. Loreto Noto ci racconta quella tragica giornata.

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Giornale La Radice - periodico di Vallelunga Pratameno. In questo numero: Editoriale – L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita di Grazia La Paglia - Addio a Giovanni Criscione, ceramista di Vallelunga conosciuto in tutto il mondo di Grazia La Paglia – Giusi Malta, pittrice emergente che incanta con autoritratti di Grazia La Paglia – Catturare momenti con l'arte della fotografia: Antonio Castiglione di Grazia La Paglia - Ammazza ammazza! (piglia la canna) del prof. Calogero Giambelluca – La Scuola del dopoguerra (2) del prof. Salvatore Nicosia – 26 Gennaio 1979: Martyrium Caritatis del prof. Loreto Noto - Michele Palmeri di Micciché, quel nobile liberale villalbese amico di Mazzini, Stendhal e Dumas di Jim Tatano – Villalba ricorda la sua fondazione con un convegno di Jim Tatano – Premiazione del concorso Giusto Piraino – Piccola Atene presentato a Vallelunga - Riflessioni del Prof Pino Piraino - Festival del Libro di Vallelunga – II Edizione – Il Bando

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Vallelunga

organo di formazione civica e di informazione della comunità vallelunghese

anno Xiv - n. 3+34 01 maggio 2014

La scuola del dopoguerra(2) di Salvatore NicosiaAncora un salto nel passato, nei primi anni deldopoguerra, tra i banchi di scuola.Dopo il primo articolo sull’argomento, pubbli-cato nel precedente numero, il prof. SalvatoreNicosia, una delle firme più prestigiose delnostro giornale, torna a raccontarci episodi divita quotidiana che oggi hanno un saporenostalgico e strappano sorrisi e riflessioni.

Piccola Atene, un viaggionell’entroterra siciliano

del Prof. Pino Piraino

A Vallelunga si è anche parlato di pedofilia, dicollusione tra mafia e potere, tra mafia eChiesa. Ma, soprattutto, si è parlato di anti-mafia di facciata. Perché oggi tutti, dal politicoall’intellettuale, dal giornalista al sempliceutente facebook, parlano facilmente di anti-mafia. Magari condividendo foto e aforismi dimagistrati uccisi dalla mafia.Ma è veramente questa l’antimafia? Dietroquesti volti da gente perbene si cela vera-mente un animo antimafia?Abbiamo avuto modo di parlarne con SalvatoreFalzone, autore del libro Piccola Atene, e con ilgiornalista più volte minacciato e aggreditodalla mafia Pino Maniaci.All’interno anche un’attenta analisi del feno-meno curata dal prof. Pino Piraino.

26 gennaio 1979:Martyrium Caritatisdel Prof. Loreto Noto

i nuovi artistidi vallelungadi Grazia La Paglia

Una pittrice ed un fotografo. Vallelunga ha duetalenti che si raccontano al nostro giornale.

vallelunga controla violenza sulle donne

di Grazia La Paglia

Anche a Vallelunga, per la prima volta, si parla di un argomentoche per lunghi anni è stato tabù. L’omertà non la troviamo solonel contesto mafioso, ma anche in un’altra forma di criminalitàche ha mietuto e continua a mietere un alto e infinito numero divittime. Vittime della violenza brutale di uomini brutali, vittimedella vergogna. Vittime del silenzio, vittime di una cultura checontinua a vedere nella donna l’unica sorgente di peccato. L’unicaresponsabile di qualsiasi cosa, anche dell’ira bestiale di un uomoche non è degno di essere chiamato con questo nome. Ma è ilmomento di dire basta. Di levare dalle bocche quel sigillo e didenunciare. Rivendicare il proprio diritto a non essere sfioratenemmeno con un fiore.Vallelunga ha risposto in maniera più che positiva alla nostrainiziativa. Qualcosa sta cambiano, quindi, nella coscienza sia dellenostre donne che dei nostri uomini. In questo numero riportiamoanche le frasi che alcuni cittadini ci hanno inviato per l’occasione,rispondendo così al nostro doppio invito: non solo di presentarsiall’incontro, ma anche di lanciare un proprio pensiero su unatematica così delicata quanto importante.

villalba ricorda la sua fondazione e Michele Palmeri di Jim Tatano

Un personaggio illustre. Una ricerca storica su chi fosse e su cosa fece. E un paese che ama ricordarloe ringraziarlo. All’interno due articoli su Michele Palmeri, anima di Villalba a cura di Jim Tatano.

Addio a GiovAnni CrisCioneceramista di vallelunga conosciuto in tutto il mondo

di Grazia La Paglia

Un delitto dimenticato. Un uomo della Chiesache perse la vita senza una vera ragione.Il prof. Loreto Noto ci racconta quella tragicagiornata.

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editoriale di Grazia La Paglia

L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita"L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita”. Questa è la frase incisa nella facciata principale del Teatro Massimo di Palermo, il teatro piùgrande d'Italia e terzo in Europa e che, forse per niente casualmente, si trova in Sicilia. Perché in Sicilia l'arte è ovunque ma non cene accorgiamo. Non ci soffermiamo mai abbastanza ad ammirare i tesori che custodiamo con poca gelosia e con poca attenzione.Eppure la Sicilia è arte. E anche a Vallelunga abbiamo arte. Giovani e meno giovani si immergono in questo mondo scegliendo forme diverse: pittura, cerami-ca o fotografia, solo per citarne alcuni. Così questo nuovo numero de La Radice darà spazio, oltre che ad articoli di cultura e storia loca-li, di attualità e su attività dell'associazione, ad alcuni artisti del nostro paese. Dalla pittura della giovane Giusi Malta alla fotografia diAntonio Castiglione, alla ceramica e ai presepi dell'appena scomparso Giovanni Criscione. Nel precedente numero abbiamo già accen-nato ad un'altra forma di arte, la musica, parlando di giovani talenti musicali del nostro paese. Adesso il nostro viaggio in questo mondocontinua e si espande. Ma in questo numero non si parlerà solo dell'arte vallelunghese che rivela la vita del nostro paese, le sue sfac-cettature e la sua storia. Parleremo anche di violenza contro le donne, di vicende storiche del nostro paese che rischiano di andar perdute e di antimafia di fac-ciata. Risulta anche stavolta inevitabile citare, in questo nuovo editoriale, la figura del celebre e lungimirante Sciascia. Già nello scor-so numero si era parlato di uno dei più noti scrittori siciliani e stavolta, prima di lasciarvi alla lettura del giornale, vorrei riportare unaparte di un suo articolo che, scritto nel 1987 e pubblicato su Il Corriere della Sera, risulta essere più che mai attuale in una societàdove l'antimafia di facciata è sempre meno riconoscibile e distinguibile da chi, l'antimafia, la fa sul serio. «Prendiamo, per esempio, un sindaco che per sentimento o per calcolo cominci ad esibirsi in interviste televisive e scolastiche, in con-vegni, conferenze e cortei come antimafioso: anche se dedicherà tutto il suo tempo a queste esibizioni e non ne troverà mai per occu-parsi dei problemi del paese o della città che amministra (che sono tanti, in ogni paese, in ogni città: dall’acqua che manca all’im-mondizia che abbonda), si può considerare come in una botte di ferro. Magari qualcuno, molto timidamente, oserà rimproverargli lo

scarso impegno amministrativo: e dal di fuori. Ma dal di dentro, nel consiglio comunale e nel suo partito, chi mai oserà promuovere un voto di sfiducia, un’azione che lo metta in minoranza e neprovochi la sostituzione? Può darsi che, alla fine, qualcuno ci sia: ma correndo il rischio di essere marchiato come mafioso, e con lui tutti quelli che lo seguiranno. Ed è da dire che il senso di que-sto rischio, di questo pericolo, particolarmente aleggia dentro la democrazia cristiana: et pour cause, come si è tentato prima di spiegare. Questo è un esempio ipotetico». Oggi questa riflessione è più attuale che mai e basta solo sostituire la parola "sindaco" con quella di "presidente, assessore, deputato o consigliere" per far si che il risultato non cambi. Chi è ilvero mafioso oggi? Come possiamo distinguere la vera antimafia da quella di facciata? Il libro che abbiamo presentato e di cui parleremo in questo nuovo numero de La Radice forse ci darà qual-che risposta tramite l'arte della scrittura. Perché, alla fine, a cosa serve l'arte se non a rivelarci delle verità, a rivelarci la vita?

Grazia La Paglia - Giornalista pubblicista, si è laureata nel 2010 in Giornalismo per Uffici Stampa presso l'Università di Palermo e nel 2012 in Comunicazione Pubblica, d'Impresa e Pubblicità sempre presso lo stesso Ateneo. Si è formata collaborandocon diverse testate tra cui La Repubblica - Palermo e I Quaderni de l'Ora. Ha ricoperto il ruolo di addetto stampa per diverse manifestazioni culturali tra cui il Festival Internazionale dei Documentari Sole Luna 2012 e per gli eventi dell'Associazione LaRadice. Attualmente collabora con La Sicilia – Caltanissetta, La Repubblica - Palermo ed è direttore del periodico culturale “La Radice”.

E' incredibile constatare quante cose riescano a fare le mani dell'uomo e quanto lontano possano condurlo.Per esempio Giovanni Criscione, da un paese sperduto nell'entroterra siciliano, è riuscito a farsi conoscereovunque e, seppur ci ha lasciato all'età di 73 anni il 19 novembre del 2013, continua a vivere. E continueràa vivere ancora per molto poiché le sue mani avevano un dono.C'è chi nasce per scrivere, chi per dipingere. C’è chi è un ottimo fabbro, chi un ottimo cuoco. Chi sa lavorarei metalli preziosi creando gioielli e chi dalla terra, da un materiale così grezzo e informe, è riuscito a farnascere immagini, suggestioni, personaggi ormai spariti ma che, grazie a lui, sono stati per sempre immor-talati e sottratti alla caducità del tempo.Giovanni Criscione era e verrà per sempre ricordato come uno dei più importanti esponenti della cultura pre-sepistica. Ma Criscione non si occupava solo di presepi in ceramica che sono diventati celebri in tutto il mondo(due di questi furono donati a Giovanni Paolo II e a Gorbacev), ma anche di tradizioni della sua terra grazie.Di quei mestieri che la modernità e il rombo dei motori ci hanno fatto scordare. L’ormai noto ceramista, infat-ti, ha esordito negli anni ’70 come abile figurinaio.Donne intente a preparare il pane, sia con il metodo conosciuto a Vallelunga che con quello utilizzato aRagusa, sua città adottiva. Fabbri, falegnami. Uomini che trascinano carretti carichi di frutta. Uomini e donnedella sua Sicilia, con la sicilianitudine riprodotta e impressa nei visi e nelle vesti, ricreata con terra e acqua.Vallelunga non ha ancora fatto nulla per ricordare uno tra i suoi più celebri artisti mentre Ragusa, città dovela sua arte è maturata e dove ha creato il laboratorio – bottega “Arte Criscione” ha dichiarato di aver perso“un grande Maestro ceramista che ha saputo interpretare in una forma stilistica diversa quella che nell’otto-cento è stata la grande tradizione della ceramica calatina del Bongiovanni - Vaccaro e Francesco Bonanno.Criscione continuerà a vivere ed essere presente nei nostri ricordi attraverso le sue innumerevoli opere, con-siderate autentici capolavori della ceramica che hanno rappresentato i personaggi del mondo contadino sicil-iano, ormai scomparso, e quelli che arricchiscono le scenografie dei presepi esposti in ogni parte d’Italia edin diversi Paesi europei.”

L’ARTE DI CRISCIONEUNA BREVE ANALISICercando di saperne un po' di più su uno dei pochi uomini che ha portato il nome del nostro paese in giroper il mondo, ho letto alcune sue lettere indirizzate al prof. Pino Piraino, ex direttore de La Radice. Una diqueste è stata pubblicata anche sul nostro periodico e lì si nota come i volti e l'ambiente di Vallelunga sianorimasti impressi nella memoria dell'artista che seppur emigrato in un'altra città siciliana, avvertiva come qual-cosa di perennemente costante il legame con il paese natio.Nella lettera in questione e pubblicata sul periodico dell'undici gennaio 2003 (n. 25/26/27), l'artista inviaanche una foto di una donna vallelunghese e così scrive: “Per la Zaa Sisidda ci fu un periodo che fui interes-

Addio a GiovanniCriscioneceramista da vallelungaconosciutoin tutto il mondodi Grazia La Paglia

CULTURA LOCALE

(segue a pagina 3)

sommario

Editoriale – L'arte rinnova i popolie ne rivela la vita di Grazia La Paglia .............................pag. 2

L'ARTE A VALLELUNGA Addio a Giovanni Criscione, ceramista

di Vallelunga conosciuto in tutto il mondodi Grazia La Paglia ...................................................pag 2-3

Giusi Malta, pittrice emergente che incantacon autoritratti di Grazia La Paglia ...............................pag. 4

Catturare momenti con l'arte della fotografia: Antonio Castiglione di Grazia La Paglia .........................pag. 5

CULTURAAmmazza ammazza! (piglia la canna)

del prof. Calogero Giambelluca ....................................pag. 4

La Scuola del dopoguerra (2)del prof. Salvatore Nicosia...........................................pag. 6

STORIA 26 Gennaio 1979: Martyrium Caritatis

del prof. Loreto Noto ..................................................pag. 6

Michele Palmeri di Micciché, quel nobile liberale villalbese amico di Mazzini, Stendhal e Dumasdi Jim Tatano ............................................................pag. 7-8

Villalba ricorda la sua fondazionecon un convegno di Jim Tatano ...................................pag. 8

DALLA SCUOLAPremiazione del concorso Giusto Piraino...........................pag. 10

I piccoli musicisti di Vallelunga ancora in concerto ......................................................pag. 10

ATTIVITÀ DELL'ASSOCIAZIONEPiccola Atene presentato a Vallelunga ..............................pag. 8

Riflessioni su Piccola Atene presentatoa San Cataldo del prof. Pino Piraino .............................pag. 9-10

La Radice contro la violenza sulle donne nella giornata mondiale contro il femminicidio....................................pag. 10

Frasi dei nostri lettori contro la violenza sulle donne .........pag. 11

Festival del Libro di Vallelunga – II Edizione – Il Bando.....pag. 12

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sato a questo personaggio per la sua struttura anatomica e per il suo inseparabile fazzo-letto bianco, e le ho chiesto se potevo farle qualche foto. Acconsentì senza titubanza, anzimi volle regalare dei fazzolettini che intercambiava per necessità a quelli bianchi, e liconservo tutt'ora.” E ancora, in un’altra lettera sempre indirizzata al prof. Piraino e scrittanel 2000, il ceramista rimembra un altro volto del suo luogo natio. “In un numero de LaRadice ho trovato la foto del Savaia cieco, così come me lo ricordavo io. Di questo per-sonaggio ho intenzione di realizzare una scultura da far rimanere in qualche degna zonadel paese.” E chissà quante altre volte i visi riprodotti dalle mani di Criscione hanno presoispirazione da persone della nostra Vallelunga. Nel descrivere la sua parabola ascendentenel mondo dell’arte, lo stesso ceramista non riesce a trascendere dal suo luogo d’origine.Come si legge nel volume “Criscione – dipinti, disegni e terracotte” il figurinaio intitola unparagrafo del libro (in cui parla di sé), “Da Vallelunga a Ragusa” ed esordisce così: “Pensoche accada a tante persone, dopo aver trascorso buona parte della propria vita, di volgerelo sguardo indietro nel tempo a ripercorrere quelle tappe che hanno segnato la loro esisten-za.” E qui inizia la narrazione, seppur breve, della sua nascita e crescita come artista inizian-do dal giorno in cui scoprì di avere una passione per la pittura e il disegno, tra i banchi discuola. In piazza, continua Criscione, grandi e piccoli gli chiedevano di realizzare disegniper terra utilizzando il gesso. Così, nel cuore della Sicilia, per qualche ora, si poteva osser-vare il volto di un noto personaggio del cinema degli anni ’50.Avrebbe voluto studiare arte Criscione ma, come confessa, la condizione economica dellasua famiglia contadina non potè soddisfare questa sua richiesta. Iniziò a lavorare come cal-zolaio fin quando un giorno, con una visita a Ragusa, la sua vita cambiò. Pur iniziando alavorare nella sua città adottiva come calzolaio, iniziò ad avere non solo il tempo per dipin-gere (supportato da conoscenti che erano già avviati nel mondo dell’arte), ma scoprì cheil mondo della terracotta non lo lasciava per niente indifferente. Si rammarica, Criscione,per non aver potuto approfondire la sua prima e grande passione. Ma oggi si resta stupe-fatti nello sfogliare il volume sopra citato e nel ritrovarvi riproduzioni di sue opere cherichiamano, in maniera equivocabile, le tele di impressionisti francesi. Il primo lavoro pit-torico di Criscione sul quale mi sono soffermata è stato il suo Autoritratto che richiama ilcelebre Autoritratto di Van Gogh. Può sembrare un’esagerazione, ma non lo è: le pennel-late, i colori, il non finito dei contorni richiama il noto pittore olandese. Se da una parte,quindi, la sua pittura si rifà ai maestri dell’impressionismo, i suoi lavori da ceramista ci par-lano di verismo. Ma attenzione: è un verismo che si scosta molto da quello verghiano.“Criscione non ha cercato di cogliere aspetti folkloristici di un mondo in estinzione con unocchio borghese, come molto spesso capita di vedere in fotografie impietose con una irri-sione celata dietro una ipocrita obiettività: ha invece interpretato una semplice realtà soci-ologicamente ancora presente e ricca di umanità, avvicinandosi con affetto, partecipazionee autenticità” (Paolo Nifosi). E per meglio comprendere il legame inscindibile tra la sua arte e la sicilianitudine dei per-sonaggi che incontrava e a cui poi si ispirava, basta leggere la critica riportata sempre nelvolume di cui abbiamo parlato e firmata da Giovanni Selvaggio: “A proposito di presepe èda ricordare il meraviglioso esemplare che Criscione ha donato a Papa Giovanni Paolo Ii: ilprimo presepe di una serie sempre diversa e sempre nuova, in cui i personaggi han-noassunto i volti del popolo siciliano. San Giuseppe puoi incontrarlo ancora ad ogni passo, inquel vecchio contadino dal colpo reso curvo e sbilen-co da anni di duro lavoro; la Madonnapuoi vederla ancora aggirarsi per i vicoli dei paesi arrampicati sulle colline calcinate dalsole; il Bambinello, in braccio alla giovane popolana, che attende da anni il marito emigra-to. E il venditore di ricotte, d’arance, di caldarroste, il pastorello con la pecorella sulle spallesimile al Buon Pastore, basta cercarli per le viuzze popolari per trovarli. […] Ci vedi ancorail mondo degli umili santificarsi nel volto di Cristo morente, del dolore di Maria, nello straziodelle popolane di fronte al corpo piegato del Redentore caricato dalla croce, nella pietàdella Veronica.” Tutto ciò è confermato dallo stesso Criscione: non c’è, quindi, libera fanta-sia o pura interpretazione: “Mi capitava di incontrare vecchiette, mendicanti, venditoriambulanti; li osservavo attentamente perché mi suscitavano un interesse creativo a talpunto che dicevo: A chistu l’haiu a fari ri crita e riuscivo a ricreare e memoria il personag-gio, riconoscibile per la struttura e i tratti somatici. Così la mia attività ebbe risonanza inItalia e all’estero.”

CRISCIONE E LA RADICECon La Radice, oltre ad aver intrattenuto un cordiale rapporto epistolare con il prof. Pirai-no, ha avuto un legame particolare perché dalla seconda alla sesta edizione del concorsoletterario (e dal primo al quinto concorso di pittura) indetti dall'associazione dall’anno 2001al 2005, furono dati a tutti i primi classificati dei lavori in terracotta realizzati da Criscione.Si tratta di pergamene spiegate dalla quali emergono, in rilievo, riproduzioni della fontanadi piazza Umberto I nel suo aspetto originario. La fontana, come si sa, è ormai diventatalogo dell’associazione e del giornale. In questo modo Criscione ha creato un omaggio allaVallelunga di un tempo e un omaggio ai giovani, a cui ha fatto dono di un oggetto arti-

gianale che, ovunque saràposizionato, in qualsiasi partedel mondo verrà appeso daqueste nuove generazioni dimigranti, richiamerà inevitabil-mente il paese natio. Il suorapporto con la nostra associ-azione ha portato anche i nos-tri componenti, qualche annofa, a far visita alla sua bottegad'arte . Di quella giornatarestano i ricordi degli odori deicolori utilizzati per dipingere lesue creazioni, delle scene divita ricreate dalle sue mani.Resta il ricordo di aver conosci-uto un vallelunghese che si èdistinto, che è arrivato lontanosenza lasciare la sua terra eche della terra ha saputo farneun'arte. Resta il ri-cordo di unartista che ha saputo usare ilsuo dono per lasciarci squarcidi una vita scor-data, oltre chel'incanto di suggestivi presepi.E ancora, in un volume editodall’associazione e dal titolo“Vallelunga Pratameno – Colorie Versi” sono contenute alcunesue opere. Il libro è una raccol-ta di poesie e di lavori arti-stici di vallelunghesi e Criscione ha scelto di riportare in quellache si può definire la pri-ma (e al momento unica) antologia di artisti vallelunghesi due suoipersonaggi. La prima è la già citata “Zà Sisidda” che, come si legge nella didascalia dellafoto dell’opera, è una delle tante rappresentazioni di donne semplici e caratteri-stiche dellasua Sicilia. Il secondo lavoro riportato nel volume è invece “Peppe Radar”, anche lui per-sonaggio di cui abbiamo già parlato e su cui l’artista aveva promesso di realizzare una ripro-duzione. “Questo personaggio, al secolo Totò Savaia – spiega la didascalia – gode ormai difama letteraria grazie all’omonimo romanzo del Prof. Salvatore Nicosia.

Questo a dimostrazione, ancorauna volta, di come tutte leforme di arte si completino e siincontrino. Con una pennacome con un pennello, con unoscalpello come con una chitarrain mano, si può infatti esserecantori del nostro tempo, deltempo vissuto e del tempo pre-sente. “Questo è Criscione: uncantore del nostro popolo; uncantautore dei nostri mestieri;un poeta dei nostri pensieri; unprotagonista della nostra vita.Modesto e mai rassegnato rein-venta i personaggi del passato,e li tormenta sino a farli riviverenei nostri giorni; li mette a letto,su tavole, “trispidi” e topi; eborse calde, coperte rattoppate,lenzuola sporche e comodini“scassati”, e renali; o li chiudenelle giare. I suoi sempre diver-si “ritorni dal lavoro” ci illumi-nando di un mondo contadinoormai in agonia, spento, super-ato, e che invece construggente amore egli imbal-sama per sé e per noi.” Questoera ed è Criscione. E noi oggi, aVallelunga, possiamo ricordarlo

con alcune opere che ha voluto donare al paese.Ma molto probabilmente ciò è davvero poco, come gesto, per chi ha donato luce e memo-ria ai nostri luoghi e ai nostri antenati.

(dalla pagina precedente)

L’ARTE A VALLELUNGA

organo di formazione civica e di informazione della comunità vallelunghese.Via Diaz, 160 - Vallelunga Pratameno (Cl)

Tel 0934 814744

Direttore Responsabile: Grazia La PagliaComitato di Redazione:

Giuseppe Piraino, Rosamarie Tasca, Angela Polizzano, Calogero Giambelluca.

Autorizzazione del Tribunale di Caltanissetta n. 165 del 19 gennaio 1999

Anno Xv – n. (3+34) 1 febbraio 2014

http://laradicevallelunga.wordpress.com/

Addio a Giovanni Criscione

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LA RADICELA RADICELA RADICE

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Ha iniziato a diseg-nare quando eramolto piccola eadesso, a soli ven-t'anni anni, è riusci-ta a riscuote-resuccesso traVallelunga eVillalba. Dopo lasua ultima mostrasi è pure guadag-nata l'invito adesporre le proprieopere a Villalbaanche il prossimoanno, dopo averavuto una salapiena e la necessitàdi prolungarel'apertura dellamostra per altrealtre ventiquattroore. Proroga essen-ziale visto l'elevatonumero di persone,

villalbesi e non, che hanno voluto ammirare la mostra di quadri e foto allestita dalla val-lelunghese Giusi Malta in occasione della festa patronale di Villalba.“Si è trattata della mia prima mostra, della mia prima esperienza – racconta la giovaneartista – ed è stata davvero molto soddisfacente. Ho anche ricevuto diverse sorprese,come una targa da parte dell'Amministrazione comunale in ricordo dell'evento, la presen-za dell'emittente televisiva Video Mediterrano e una dedicata lasciatami dalla cantanteManuela Villa che lunedì si trovava a Villalba per tenere un concerto.” Le opere esposte daMalta, come già accennato, erano quadri ma anche sue numerose foto che immortalanole note Serre di Villalba. Per questo motivo il paese che ha ospitato la giovane artista nonè rimasto indifferente. “Da molti visitatori ho ricevuto apprezzamenti per queste mie foto,poiché rievocano vecchi ricordi e suscitano anche un po' di nostalgia. Per coloro che,invece, non conoscevano il soggetto rappresentato, è stato un modo per ammirare unluogo che non hanno ancora visitato.”La mostra, che è durata in totale quattro giorni, ha quindi messo in risalto le qualità ed iltalento dell'artista vallelunghese che, come racconta, coltiva questa sua passione sin daitempi dell'asilo. “Le maestre avevano notato le mie capacità e io, crescendo, ho deciso dimigliorarle”. Per questo motivo, adesso, frequenta il secondo anno dell'Accademia delleBelle Arti. Soddisfazioni ed emozioni, quindi, per la giovanissima Giusi che ha ripetuto, sep-pur con un numero limitato di opere, la sua esposizione anche a Vallelunga, in PiazzaEuropa e in occasione della I edizione del Festival del Libro, nel mese di agosto.Ha riscosso successo e plauso tra i vallelunghesi con il suo Autoritratto, una perfetta eincantevole riproduzione del proprio viso. Con l'Associazione La Radice, promotrice del-l'evento, ha anche esposto le sue foto già proposte alla mostra di Villalba. Malta era la piùgiovane artista presente alla manifestazione insieme ad altri importanti e conosciuti nomidel territorio, come Giuseppe Inserra, Giuseppe Volante, Rosi Ministeri, Giuseppe Giardina,Angela Ferilli e la messicana Carmen Parra. Ma la sua giovane età non ha messo in dis-cussione la sua professionalità e le sue qualità. Anche dall'Associazione La Radice è giun-to l'invito a partecipare alle prossime manifestazioni culturali.

GiUsi MALTA, pittrice emergente cheincanta con autoritratti

di Grazia La Paglia

Ammazza ammazza!(piglia la canna!)del prof. Calogero Giambelluca

CULTURAL’ARTE A VALLELUNGA

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Ma l'animale più odiato e perciò più perseguitato rimane il geco, da noi chiama-to carmarasala o cammarasala, termine alla cui etimologia non sono ancora rius-cito a risalire, ma stranamente somigliante, sembra, all'italiano salamandra, ter-mine greco ma di origine incerta.Verso di esso si nutre tuttora un grande ribrezzo.

- Ho avuto sempre ribrezzo dei gechi: e coloro che ne sostengono l'utilità nell'or-dine della natura, in quanto si nutrono di moscerini nocivi alle piante, debbonoammettere che il disordine, o la gratuità, se non nell'esistenza dei gechi è dariconoscerlo nell'esistenza dei moscerini: e che un miglior ordine sarebbe nellainesistenza e dei moscerini nocivi alla natura e dei gechi che se ne nutrono.

(Leonardo Sciascia, Todo modo)

Si può obiettare a Sciascia che di moscerini si nutrono anche ed esclusivamentele rondini, in forte aumento, e i taddrariti (anch'essi senza etimologia), comple-tamente scomparse dalle nostre parti; ma rimane questo atteggiamento univer-salmente condiviso e che la scolarizzazione e la conseguente conoscenza dovuteanche ai tanti documentari di ispirazione scientifica e alla sensibilità naturalisticatrasmessi alla TV non sono riusciti ad intaccare.

Un volatile incappato nelle insidie dell'uomo oggi può ancora sperare nella libertà,concessa, ma per una carmarasala sorpresa con la rimozione di un'asse appog-giata al muro e che ci fa ritrarre il braccio inorriditi non c'è scampo se abbiamouna canna a portata di mano, e solo nella foga spasmodica e la precipitazionedell'odio che ci fa rompere la canna contro il muro sbagliando tutti i colpi l'ani-male può sperare di farla franca sia pure pietre pietre.

Lo stesso succede se l’abbiamo sorpresa annidata dietro i vasi esterni dei fioriche, abbeverati giornalmente, le forniscono l'umidità indispensabile alla vita.Ma nella esplorazione dei muri capita alla carmarasala di penetrare dentro leabitazioni quasi sempre aperte nel periodo estivo, comprese le camere da lettoposte al primo piano, allora non c’è scampo: la vista di quella sagoma nera chespicca nelle pareti chiare della cammara o della sala o salotto scatena l'isteria ditutti i membri della famiglia, compresi i bambini, i quali restano impressionati edinfluenzati dalla frenesia della caccia subito scatenata.

Saranno forse i figli o i nipoti di Piero Angela a cambiare questa mentalità per las-ciare finalmente in pace questo innocuo ed utile armaluzzo la cui popolazionetemo però che aumenterebbe in maniera incontrollata.Ecco, adesso, alcuni dei nomi che il geco ha nelle diverse parti della Sicilia, nomimolto spesso ristretti alla semplice area dei comuni o paesini.Il più suggestivo, tirasciatu, sembrerebbe accomunare il destino del geco a quel-lo temibile di alcuni serpenti come il basilisco, di cui si favoleggia attiri le sueprede ipnotizzandole con gli occhi o per lo meno paralizzandole.Passiaturi, nel ragusano, invece mette l'accento sulla loro abitudine a percorrerei muri.Più oscuro il significato di suffrizzu usato nel nisseno.Altrettanto zazzamìta, zeta dura, nel Catanese.Ma la curiosità mi ha fatto proseguire le indagini oltre lo Stretto, per appurare cheal di là della Campania il geco è sempre più raro fino a diventare sconosciuto oltreil Lazio, e perciò anche la mappa dei nomi che lo designano si arresta in quellaregione.Fra i termini più interessanti ricordo ‘a nfracedata femminile, del Salento, ossia‘la infracidita’, visto che se la fa e viene sorpresa nei posti più umidi.E quello usato a Gaeta che suona del tutto napoletano: gliu (il) stigliuni…

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LA RADICELA RADICELA RADICE Pagina 5L’ARTE A VALLELUNGA

Quel che occorre per realizzare una buona foto non è un a macchina fotografica costosama solo due cose: buon occhio e la capacità di saper catturare l’istante. Questa, in sinte-si, la lezione che oggi può darci Antonio Castiglione che nel mese di settembre ha debut-tato come fotografo d’eccezione a Vallelunga. Già da diversi mesi, grazie al noto social net-work facebook, tra i cittadini di Vallelunga iniziava a correre voce che, tra i tanti che posta-vano foto, uno di loro condivideva degli scatti particolari. E per scoprirne altri, perconoscere altre immagini suggestive, bastava andare sul suo sito personale. E poi ecco lamostra: 1.500 visite, commenti positivi da gente del paese e proveniente dal territorio lim-itrofe. Vallelunga ha scoperto in Antonio, che si è affacciato al mondo della fotografia perpura passione e non per lavoro, ma con talento.Abbiamo scambiato quattro chiacchere con lui per scoprire un po’ di più il suo mondo.

Quando hai iniziato a fotografare? Quando e come è nata la passione per la fotografia?La passione per la fotografia nacque tanto tempo fa, all'età di 7 anni, per caso, per puracuriosità. Complice di tutto ciò fu una marca di detersivi che, per premiare la fedeltà deipropri clienti, inseriva come regalo all'interno della confezione una piccola macchinettafotografica. Da quella fotocamera non riuscii mai a tirar fuori nemmeno un misero scatto,ma da lì comincia questa mia passione che a tutt'oggi coltivo.

Quali sono i soggetti che preferisci fotografare?Non ci sono soggetti nella fotografia, ogni cosa può essere un “Soggetto”. Preferisco la fotonaturalistica paesagistica e la macro ma mi sto perfezionando per altre tipologie di foto chepresenterò nella mia prossima mostra.

Quando hai realizzato la tua prima mostra?La mia prima mostra settembre, per la ricorrenza della festività Della Madonna Di Loretoin occasione anche del concorso fotografico “A Finestra aperta su Vallelunga” organizzatodall’associazione ‘A Finestra. Sono stato spinto a fare la mostra anche da un commento las-ciato su facebook da un nostro concittadino che vive fuori dall'Europa. Scrisse: “Ma è pos-sibile che quando scrivo su Google “Vallelunga Pratameno”, nella prima pagina trovo solonotizie e foto di mafia?” Ho raccolto l’input e ho risposto: “Io posso fare qualcosa!” Bhè,vi invito a scrivere su google “Vallelunga Pratameno”. Adesso, il settimo risultato dellaprima pagina racchiude le mie foto.

Quali sono state le reazioni? Quali i commenti che hai ricevuto?Intanto, devo sottolineare la massiccia partecipazione di spettatori, oltre 1500 persone conle quali ho commentato le mie foto, le tecniche e i luoghi che ho presentato alla mostra. ICommenti? Il massimo della gratificazione!

Ci sono in cantiere altre mostre?Si! Penso per la prossima estate. Sto pensando di organizzarne una in Bra-sile, ma vedròpiù avanti.

Come ti sei formato? Da autodidatta? Seguendo i consigli di qualche profes-sionista?Consultando manuali?Ovviamente da autodidatta, acquistando e leggendo riviste specializzate. Poi, crescendo,

Catturare momenti con l’arte della fotografia: Antonio Castiglionedi Grazia La Paglia

ho conosciuto una mia cara amica (che ci ha lasciati da poco) e che condivideva la miastessa passione. Da lì il perfezionamento e lo studio di alcune tecniche. Nel frattempo gliscatti si sono susseguiti a dismisura fino a raggiungere il livello che molti hanno potutoammirare durante la mostra.

Quanti sono, ad oggi, i tuoi scatti? Quelli che reputi migliori cosa ritraggono?Difficile contare gli scatti. Considerando la pellicola, diapositive e digitale penso di averraggiunto i 500.000 scatti. Difficile anche dare un giudizio a tutte le mie foto. Quelle chepiù adoro ritraggono il mare e il mio primogenito Giuseppe.

Hai un tuo sito web dove è possibile vedere i tuoi lavori?Si, www.fotospeciali.it. Nato per caso sette anni fa come un semplice contenitore, adessocomincia a regalarmi immense soddisfazioni superando le 230.000 mila visite, quasi130.000 nel 2013.

Come nasce una tua foto? Scegli già prima il soggetto e ti rechi sul posto per fotografar-lo o porti la tua fotocamera con te e catturi quello che ti colpisce di più?Le mie foto nascono per caso, nulla è confezionato. Preparato le mie foto colgono “l'atti-mo”, “l'istante” esatto in cui capito l'evento. Trovo che sia la migliore condizione per unafoto realisticamente bella.

Molti si dividono nei “fans” Canon e “fans” Nikon. Tu a quale delle due “correnti” senti diappartenere?Non appartengo a nessuna corrente, la scelta del mio corredo è stata una cosa fortuita.Diciamo che faccio parte della corrente dei Nikonisti ma simpatizzo per i Canonisti. Nonperdo tempo con le attrezzature o con le tecniche: per fare una foto qualsiasi mezzo èlecito, anche un semplice cellulare o una macchinetta trovata “come regalo” in un vecchiofustino di detersivo. Puoi avere qualsiasi corredo ma la cosa fondamentale è “l'occhio,” l'oc-chio del fotografo. L'occhio per l'arte. Come ogni piccolo paese, le iniziative artistiche non hanno un grande impatto sulla gente.

Ma penso che se non si comincia, si rimane sempre disinteressatamente fermi. Io ho lan-ciato la prima pietra e qualcuno ha risposto. È stato un buon segno: vuol dire che l'arte,in tutte le sue sfaccettature, alla fine piace. C’è comunque sempre un po’ di reticenza nelmettersi in gioco, nel rischiare anche un flop, ma penso che niente è impossibile.Vallelunga è uno strano paese: chi ci vive quotidianamente arriva ad un punto di appiatti-mento per la mancanza di stimoli o spesso per mancanza di iniziative che coinvolgono siaa livello globale che personale. Chi si attiva per una qualsiasi iniziativa riceve, nella stra-grande maggioranza, critiche che spesso tolgono il “mordente” e lasciano cadere nell'obliole “idee” da realizzare.Castiglione però si è messo in gioco. Ha voluto rischiare. Sarebbe potuto andare incontroa critiche negative o a quelli che lui definisce “possibili flop.” Ma ha tentato e ha raccoltoun ottimo risultato. Risultato ottenuto di certo grazie alla sua bravura. Ma se non avesserischiato, se non avesse tentato almeno una volta di mostrarsi, oggi non potremmo ammi-rare questo talento e non potremmo regalarvi gli scatti che proponiamo in questo numero.

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LA RADICELA RADICELA RADICE

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Questa data ai vallelunghesi non dice nulla, e forse nem-meno cercando di scavare tra i ricordi viene in mente qual-cosa. E’ comprensibile, sono passati ormai ben 35 anni. Mipermetto allora dalle pagine di questo lodevole periodicopaesano di richiamare alla memoria di tutti un fattoaccaduto nelle prime ore del mattino di quella anonimagiornata di Gennaio nella nostra Vallelunga. Lo faccio pertutti, sia per quelli che lo ricorderanno sia per i molti cheper motivi semplicemente anagrafici non lo hanno maisaputo, con la speranza che tutti ne traggano beneficio cosìcome a me ha fatto riflettere e insegnato tanto.Di buon mattino, alla Casa del Fanciullo, tre sacerdoti eranointenti a caricare l’automobile di bagagli perché due di lorosta-vano per partire alla volta di Messina dove erano statiincaricati di aprire una Parrocchia. Si trattava di PadreGiuseppe Giorgio, Superiore della Casa, e dei giovani PadreGiuseppe Civiletto, Rettore della Casa dei Bocconisti di SanMartino delle Scale, e Padre Giovanni Bruno.Un po’ per la fregola di partire, un po’ per il freddo pun-gente di quella gelida mattinata, facevano ogni cosa congesti ap-prossimativi e frettolosi. Quando improvvisamentenel chiaroscuro dell’alba si videro presentare davanti unuomo dalla folta barba e con in mano un fucile da caccia.L’uomo, di origini paesane e con evidenti disturbi mentali,intimò ai tre religiosi, minacciandoli con l’arma, di rientrarenell’Istituto. Di botto la loro frenesia di quella mattinata sitrasformò in agitazione e paura e, comprensibilmentespaventati, poterono appurare che le intenzioni dell’uomoarmato erano quelle di un sequestro in piena regola dapianificare attraverso la richiesta assurda di un miliardo di

lire e di un aereo per fuggire. L’uomo aveva preteso a ta-lescopo che si chiamasse immediatamente al telefonol’Arciprete ed il Sindaco perché si attivassero in fretta peresaudire la sua folle richiesta. Padre Giorgio rispose chenon poteva chiamare il parroco Zuzzè in quanto questi erafuori sede. Allora l’uomo con il fucile spianato gli intimò dichiamare l’ex Arciprete Don Calcedonio. Padre Giorgiodovette così avvicinarsi tremante al telefono per ubbidirealle strane richieste dell’uomo ma cercava anche di pren-dere tempo e assecondarlo. Alzò dunque la cornetta, com-pose il numero e, per non fargli intendere molto, trovò lalucidità necessaria, in quei delicati momenti, di rivolgersiall’Arciprete, intercalando qualche parola in lingua latina,per scongiurarlo di non provare nemmeno a salire su allaCasa del Fanciullo e contestualmente fargli capire che eranecessario avvertire i Carabinieri. Poi passò la cornettaall’uomo che si rivolse all’Arciprete gridandogli agitato: «Hosequestrato tre persone, preparate un miliardo di lire emettetemi a dispo-sizione un aereo per fuggire!» AncheDon Calcedonio, compresa la pericolosità del momento,cercò di prendere tempo e gli rispose: «Cosa posso farti io,figliolo…?». Ma la telefonata fu bruscamente interrotta eDon Calcedonio uscì subito di casa con l’intenzione di recar-si personalmente sul posto ma fu fermato lungo la strada edissuaso da qualche compaesano. Medesima telefonatapartì per il Sindaco Dott. Tommaso Biondo e anch’egli,cercò di rabbonire l’interlocutore, spiegandogli che non erafacile mettere subito insieme così tanti soldi e assoluta-mente impossibile far atterrare un aereo a Vallelunga. Mal’uomo non voleva sentire ragioni e replicò perentoriamentele sue richieste. Intanto, dal piano superiore della casa,scendeva il Fratello coadiutore sessantacinquenne GerardoVizzì che passò dall’androne e s’accorse dell’uomo sullaporta d’ingresso del salotto e dei tre sacerdoti seduti den-tro. Non possiamo sapere se si accorse pure del fucile pun-tato o comprese la drammaticità del momento. Fatto stache proseguì oltre e si diresse in cucina, come faceva quo-tidianamente, per andare a preparare la colazione agliorfani. Poi i tre sacerdoti, sempre sotto minaccia, andaronoin fondo al corridoio perché l’uomo armato volle che si chiu-desse bene la porta che immette nel cortile, quinditornarono dentro il salotto. Passarono ancora parecchiistanti che ai tre dovettero comprensibilmente sembrareun’eternità dal momento che la situazione non sembravasbloccarsi; in quei momenti infatti, come racconta PadreCiviletto, nella loro mente provavano a farsi strada diversesoluzioni per uscire dall’impasse, com-presa un’azione diforza, ma poi le circostanze consigliarono loro più pruden-za e quindi decisero di non far innervosire l’uomo e diassecondarlo. Nel frattempo Fratel Gerardo uscì dalla cuci-na diretto verso la parte opposta del corridoio. Anche in

questo caso non sappiamo se le sue intenzioni erano quelledi andare in Cappella per le preghiere del mattino o, aven-do percepito il pericolo in cui si trovavano i suoi confratelli,volesse uscire fuori e chiamare aiuto. Fatto sta che, l’uomoarmato, ve-dendolo transitare, lo seguì per qualche passonel corridoio e, insospettito probabilmente che il Fratellovolesse dirigersi verso la porta d’uscita nel cortile, senzaperdere tempo, gli sparò una fucilata alle spalle a brucia-pelo senza concedergli il minimo scampo. Il povero FratelGerardo stramazzò, immediatamente morto, a terra in unlago di sangue mentre i tre sacerdoti, rimasti dentro lastanza, rimasero atterriti udendo il forte boato che l’armada fuoco aveva prodotto rimbombando nel piccolo an-drone. Pochi attimi e l’uomo con la canna del fucile ancorafumante ritornò dai tre ostaggi che, pietrificati dalla paura,non si rendevano ancora pienamente conto di ciò che erasuccesso mentre da lui venivano spinti ad uscire fuori dallaCasa. Raggiunsero l’auto di Padre Civiletto, quella dovemezz’ora prima stavano caricando i bagagli, fece salire abordo i sacerdoti con al posto di guida lo stesso PadreCiviletto ed egli sul sedile posteriore sempre con l’arma inmano. Erano all’incirca le 7,30 del mattino e la vetturascese dalla Casa del Fanciullo, attraversò tutto il paese,senza dare molto nell’occhio di quanti a quell’ora erano ingiro per le strade del centro, quindi imboccò la strada chesaliva verso la Stazione Ferroviaria per poi immettersi nellatrazzera che portava verso l’Azienda di Regaleali e fermar-si lungo la statale 192 ad una ventina di chilometri dallosvincolo autostradale di Tremonzelli.Nel frattempo alla Casa del Fanciullo il corpo di FratelGerardo giaceva senza vita in mezzo al corridoio ed il primoad ac-corgersene fu Padre Filippo Rizzo, l’altro sacerdotebocconista che coadiuvava Padre Giorgio nella gestionedella Casa, il quale scendeva dal piano superiore e di tuttoil trambusto precedente non aveva capito nulla probabil-mente perché era ancora a letto, così come nulla avevanocapito i circa 25 ragazzi ricoverati nell’Istituto che ancoradormivano. Nella penombra del corridoio vide FratelGerardo riverso per terra e, credendo che il cuciniere sifosse improvvisamente sentito male, cercò dichiamare aiuto ma, non vedendo alcuno in giro, si diresseal telefono per chiamare il medico dell’Istituto il Dott.Antonino Patti. Questi, arrivato dopo pochi minuti, si reseimmediatamente conto del tragico accaduto e diede subitol’allarme. Anche il Sindaco Dott. Biondo, che poco primaaveva ricevuto la strana telefonata, si era allertato e, appe-na fu sufficientemente chiaro per tutti quanto era succes-so, scattò l’allarme generale, i carabinieri uscirono con leloro auto, furono avvertite anche le caserme dei paesi vici-ni, un elicottero si alzò in volo per setacciare dall’alto tutta

La scuola del dopoguerradel prof. Salvatore Nicosia

26 Gennaio 1979: Martyrium Caritatisdel prof. Loreto Noto

L’atrio centrale (lu bbàgliu) era sede, per una buona mezzora prima che iniziassero le lezioni, di tutti i giochi: quattrucantuna, a satari, a la marreddra, a cavaddru e fianu; e poi, dopo l’inizio delle lezioni, di interminabili passeggiate deivari maestri, che affidate le classi a fidati capiclasse, trascorrevano ore a discutere di politica e d’altro. Uno di loro erafamoso per l’abitudine inveterata di entrare in classe e dettare alla svelta un «pobblema» (diceva proprio così):dopodiché girava i tacchi e si faceva una fumatina nell’atrio, in attesa che uscisse il più sollecito dei suoi colleghi, pron-to ad intrecciare la conversazione. E mentre gli altri si alternavano, lui era occupante fisso dell’atrio, tranne i pochi minu-ti in cui rientrava per la rapida dettatura del secondo e terzo “pobblema”. E la mattinata era finita.Tutt’intorno all’atrio si aprivano le porte delle aule maschili, ampie e luminose, ma assolutamente prive di qualsiasi formadi riscaldamento. Al freddo intenso si sopperiva intabarrandosi in indumenti di lana, berretti, calzettoni, cappottoni fuorimisura. Ricordo ancora con terrore l’operazione mattutina, agevolata da mia madre, di farmi entrare i piedi dentro lecalze, e il torace dentro un maglione, entrambi di “lana filata”, cioè di lana grezza di pecora filata artigianalmente al fusoe poi lavorata a mano con i ferri: come farsi pungere da migliaia di spilli acuminati, come vestirsi di una corazza di por-cospini, come sottoporsi alla terribile autopunizione di un cilicio laico. Ma una volta che la pelle si era sistemata, e cioè

che gli aculei della lana erano penetrati nella carne, il freddo, assai più intenso di quello odierno di almeno 5-6 gradi, si poteva considerare sconfitto per tutta la giornata; senza dire delsenso di liberazione, la sera, quando in casa ci si poteva liberare da quella tormentosa strettoia: salvo a non dormire la notte al pensiero di dover ripetere al mattino quella tortura.I banchi, data la numerosità della classe (tra 40 e 50 alunni), occupavano tutti gli spazi disponibili, spesso guardando verso la cattedra almeno da due lati, in maniera da lasciare liberoil lato della porta. Erano costituiti da un pezzo unico in legno, con due ripiani inclinati non sempre ribaltabili, e due stretti sedili rigidi e fissi. Recavano inoltre una scanalatura per allog-giarvi la penna, un buco circolare per il calamaio, e tracce vistose di antichi utenti succedutisi negli anni, sotto forma di incisioni, disegni, autografi, stampini (decalcomanie) e ogni pos-sibile espressione di minuto vandalismo. Il buco per il calamaio rimaneva quasi sempre inutilizzato, perché i calamai erano bottigliette di tutte le fogge possibili e immaginabili, anche ditipo domestico, provviste di un tappo di fortuna, e venivano semplicemente poggiate sul banco, pronte al primo urto a riversare dove capitava il loro contenuto. A causa di questa insta-bilità e fragilità, della cattiva qualità dell’inchiostro – lo si acquistava da una vecchietta che si chiamava la Piditeddra, in via Cavour, e che pare lo facesse col nerofumo – e del fatto chequando il pennino cominciava a perdere (era scancaratu) si usava inumidirlo tra le labbra, non c’era alunno che rientrasse a casa privo di macchie nelle più impensabili parti del corpo enei vestiti.La mattina si arrivava a scuola alla spicciolata, chi mezzo addormentato, chi infreddolito, chi contento e chi imbronciato. L’uscita collettiva era invece, nell’istante stesso in cui risuonavail liberatorio campanello, non un ordinato trasferimento a casa, ma un’esplosione incontenibile di gioia, che si esprimeva in voci, urli, corse, zuffe, e soprattutto in duelli alla borsa: c’eraun certo Tommasino che, appena uscito, nello spiazzo davanti alla scuola incominciava a roteare la sua borsa (era l’unico che l’aveva “di fibbra”, come si diceva) tenendola per la tracol-la, sfidando tutti “a borsate”, e guai al malcapitato che gli veniva in testa di accettare la sfida: la sua borsa di debole cartone nello scontro con la “fibbra” era destinata allo sventramentoe alla dispersione per tutto lo spiazzo di libri, matite, gomme e pennini.

CULTURA

STORIA

(segue a pagina 7)

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la zona attorno all’abitato e i vigili urbani girarono per tuttele strade con un megafono invitando la popolazione a starea casa e a non fare uscire i bambini per andare a scuolaperché un uomo armato era pericolosamente libero per ilpaese. Insomma, la giornata iniziata normalmente cometante altre, nel volgere di poche decine di minuti si trasfor-mò per tutti i vallelunghesi in un vero e proprio incubo chedurò per tutta la mattinata o almeno fino a quando nonfurono rintracciati i tre sacerdoti sequestrati che, probabil-mente per la prima volta nella loro vita, sperimentarono davicino la concreta possibilità di finire anche loro inutilmenteuccisi da un momento all’altro. Invece, grazie a Dio, ad uncerto punto del loro girovagare fra le contrade agricole,l’uomo, probabilmente consapevole di essere ormai brac-cato, decise di lasciarli andare liberi con la loro auto men-tre egli si allontanava.Dopo qualche ora i tre religiosi, comprensibilmente scossidall’assurda vicenda loro capitata, poterono finalmente fare

ritorno in paese.Intanto per tutta la giornata e la notte successiva pros-eguirono le ricerche per stanare il sequestratore, ma senzaalcun risultato. Soltanto l’indomani mattina verso le diecil’incubo cessò e l’uomo fu ritrovato esausto, infreddolito edaffamato, seduto su di una pietra presso l’ovile di suofratello in contrada Campanella, a circa 8 chilometri daVallelunga. Ammanettato, senza opporre alcuna resistenza,fu condotto nella locale caserma dei carabinieri e successi-vamente tradotto presso il penitenziario di Caltanissetta.Come è facile immaginare, tutta la vicenda fu una di quellestorie che in una piccola comunità paesana non possononon la-sciare il segno,anche se oggi, a distanza ormai dimolti anni, dopo che i principali protagonisti sono quasitutti scomparsi, appare abbastanza scolorita dal tempo enon molti in verità sono ancora quelli che ne ricordanobene i dettagli. A me personalmente è parso molto giustosoffermarmi a rievocare il fatto, non tanto per il gusto friv-olo di raccontare cose paesane ma soprattutto per rendereomaggio ed onore cristiano ad una persona che aVallelunga, lavorando umilmente al servizio di Dio e deipoveri, un mattino di Gennaio ha perso brutalmente la vita.E’ stata la vittima più debole, la più semplice e la più indife-sa, come spesso accade, per un misterioso ed insondabiledisegno divino: l’umile Fratello Gerardo Vizzì da Raffadali,un altro martire, dopo il Beato Francesco Spoto, nella sto-ria della Congregazione dei Servi dei Poveri del Beato PadreGiacomo Cusmano.Mi è stato fatto notare che forse parlare di martirio inquesto caso specifico appare improprio. L’osservazione ineffetti non è infondata dal momento che di martirio, nel suotradizionale significato, si parla solamente “in odium fidei”,cioè nei casi in cui si perde la vita per testimoniare aperta-mente la propria fede dinanzi a chi la disprezza. Ma la rif-lessione teologica già da qualche decennio molto opportu-namente si interroga con sempre maggiore insistenza sullanecessità di estendere e dilatare il concetto di martirio (lamorte subita a motivo della fede) anche a testimonianze difede di altro genere ma ugualmente forti, oppure «alla te-stimonianza cristiana in campi non immediatamente atti-nenti la professione di fede». Giovanni Paolo II, nel suoviaggio in Sicilia del 1993, ad Agrigento, parlando di alcunevittime della mafia, come ad esempio il magistrato RosarioLivatino, le ha definite «martiri della giustizia e indiretta-mente della fede». In altre occasioni ha parlato anche di«martiri della carità», «martiri della pace», «martiri del-l’ateismo», fornendo quindi nuovi spunti alla riflessione perallargare il concetto classico di martirio. Ora io non vorrei atutti i costi e forzatamente assimilare Fratel Gerardo ad una

di queste tipologie di martirio, ma un fatto mi appare inop-pugnabile: Fratel Gerardo fin da giovanissimo aveva con-sacrato la sua vita a Dio e ormai da quarant’anni lo servivanelle membra più deboli e povere del suo popolo, e questavita l’ha persa per mano violenta proprio mentre svolgevail suo quotidiano servizio di assistenza ai poveri.Indubbiamente la sua tragica fine appare umanamentesegnata anche da una buona dose di casualità: se non sifosse trovato in quel posto, se quella mattina non si fossedeciso ad uscire dalla cucina, probabilmente non sarebbefinito ucciso. Ma proprio questa sua morte casuale, spi-etatamente inutile e banale agli occhi del mondo, fa di lui,a mio parere, un martire nascosto del quotidiano, inevi-dente ed inosservato, che ha coronato la ferialità di unservizio ordinario di quarant’anni con il sacrificio straordi-nario della sua stessa vita. Se questo non si chiama mar-tirio, francamente io non vedo come lo si possa definire.Rileggendo la cronaca di quei giorni sono rimasto allibito difronte al giudizio espresso nel suo articolo sul Giornale diSicilia dal giornalista Candido Casagni. Egli infatti, riferen-do della cattura dell’omicida, chiude il suo pezzo di cronacariflettendo sulla problematica personalità dell’uomo segna-to dalla malattia e dalla sfortuna, e dice:L’hanno trovato immobile a cogliersi il tepore del primo sole(…) Come sua abitudine ha detto poche parole, poi, docil-mente, ha seguito chi lo portava via. Lo ha seguito con lastessa, mite, rassegnata acquiescenza con la quale avevaseguito, per tanti anni, un destino ingrato che gli avevainfranto speranze e ambizioni costringendolo a rinunziaredapprima alla passione per il pugilato, poi al paese natio,quindi al lavoro, infine al dialogo coi suoi simili. L’esplosionedella follia, nella mente già toccata dal male, può forseessere stata causata dalla lunga, ininterrotta, somma difrustrazioni che R.G. s’è trovato a subire (…) Stamattinaquando R.G. è stato preso, l’incubo è finito: guardandolo infaccia, conoscendone le traversie, il dramma in-terno, leimplorazioni d’aiuto di una società che in tutti i sensi gli hasbattuto la porta in faccia, si ha chiara la sensazione che èstata trovata la vittima principale della tragedia costata lavita a Vincenzo Vizzì.In sostanza, già il giorno successivo alla tragedia, fattosalvo il rispetto assoluto e l’umana e cristiana compren-sione che si deve anche alla persona disturbata dell’omici-da, il povero Fratel Gerardo non ha avuto riconosciuto dallastampa laica, non dico il ruolo di martire, che davvero all’e-poca sembrava eccessivo, ma nemmeno quello ovvio di vit-tima principale. Forse anche per questo motivo il suo sac-rificio oggi appare quasi dimenticato, come il suo ritrattofotografico, sbiadito dagli anni, che la sensibilità di PadreGiuseppe Giorgio aveva voluto fosse appeso all’internodell’Istituto a perenne memoria.

Michele Palmeri di Miccichè Quel nobile liberale villalbese amico di Mazzini, Stendhal e Dumas

VILLALBA – Il 3 novembre 1779 nasceva a Termini Imerese uno scrittore profondamentelegato a Villalba e destinato a diventare un irrequieto giramondo amico di Mazzini, Dumase soprattutto di Stendhal. Nella vita di questo personaggio ci sono tutti gli ingredienti perun moderno romanzo d’appendice: l’uomo di cui stiamo per parlare è Michele Palmieri diMicciché marchese di Villalba.Michele Palmieri (o Palmeri) fu uno scrittore, poeta, militare, nobile, liberale e carbonarovillalbese. Per tutta la sua vita visse senza un soldo in tasca e grazie alla compassione diqualche parente o protettore che pagò i suoi frequenti debiti di gioco. Era consapevole dellanegatività del duello, ma il suo temperamento caldo e il suo carattere irrequieto mai lo ten-nero lontano dalla sfida all’ultimo sangue, che, va detto, sebbene fosse nobile per censo sidimostrò ancor più nobile d’animo nel lanciare la sfida a singolar tenzone. Gli annali sullasua vita ricordano diversi duelli, tra cui la sfida che lanciò al cavaliere Inguaggiato, feu-datario, che durante un ballo di carnevale a Palermo derideva i contadini delle sue terra perla loro ignoranza. Tanto bastò per sfidarlo e schierarsi al fianco degli ultimi.Non ebbe un’infanzia facile. Da giovane scapestrato qual era, in perenne cerca di denaro,con un mulo affittato a Caccamo si diresse alla volta di Villalba, dove la famiglia, presso “laRobba”, aveva grandi magazzini colmi di grano per di fatto derubare suo padre. Una voltaarrivato in paese prese in affitto una ventina tra asini e muli e si diresse verso i granai perfar caricare quelle bestie allo scopo di vendersi il bottino una volta tornato a Palermo.Faccia a faccia con il magazziniere, Michele fingeva temerarietà e il vecchio custode, anco-ra più astutamente, finse pietà per evitare le pene, la perdita del lavoro o della vita stessauna volta venuta a galla la truffa ai danni del padre. Epilogo grottesco e divertente: Michelese ne tornò indietro con tanto grano quanto ne bastò per pagare l’affitto del suo mulo epagarsi le spese di viaggio. L’episodio, però, arrivò ugualmente alle orecchie del padre chenon ne rise per la bravata e lo spedì alla “Quinta-casa”, ovvero una casa di correzione dovemonaci e suore lo prendevano a nerbate per piegarlo all’obbedienza e al rispetto del gen-itore. Fu utile? A quanto pare no, perché Don Michele fu spesso “ospite” del carcere diCastello-a-Mare e non solo in quello.Nel 1806 si diede alla vita militare, indossando la divisa dell’esercito inglese per difenderere Ferdinando (e per evitare il carcere), ma indisciplinato com’era non ottenne mai grandisuccessi di battaglia, anzi notando la politica antisiciliana del suo sovrano divenne antibor-bonico, lui, un nobile siciliano, contro la sua stessa stirpe, scelta forse anche dettata daisuoi interiori dissidi familiari. Infatti, in vita si schierò sempre da parte dei contadini e dei

più deboli, probabilmente anche a causadell’astio nei confronti della sua famigliadalla quale ereditò ben poco. Una sec-onda volta indossò la divisa inglese, nel1813, stavolta in Spagna, e se la primavolta divenne antiborbonico, questaseconda esperienza lo portò ad essereanti-inglese, perché ebbe modo divedere il doppiogioco dei britannici chesegretamente sostenevano Ferdinandoil Borbone, e li tacciò d’ipocrisia, come siafferma nel vol. I del libro Villalba.Storia e Memoria di Luigi Lumia.Cambiano i tempi e i luoghi, ma la polit-ica dell’affare non cambia mai.Politicamente fu inviso al Regno, tant’èche ne fu espulso. Viaggiò per mezzaEuropa e nel novembre degli anni ’20dell’800 giunse in Francia, politicamentee socialmente anche lì non era benvisto, il governo di Napoli vietò il suoingresso in patria, conobbe la galera aBruxelles per debiti di gioco, e non man-carono nemmeno rapporti della poliziafrancese e lettere borboniche con la dicitura “Riservatissima” che lo citano come autore diintrallazzi cospiratori, intrighi politici e legami di fratellanza con la Carboneria, non partico-larmente infondate, in quanto, Michele riceveva da Marsiglia numerose lettere di GiuseppeMazzini che lo invitavano a denunciare l’ambiguità politica della Francia nei confrontidell’Italia.Michele Palmieri sia in Sicilia, in Italia che all’estero fece sempre vita mondana, fu uninstancabile donnaiolo, ebbe le porte aperte in tutti i migliori salotti d’Europa in quantointellettuale fine e uomo dai racconti affabulatori. Infatti, spesso ebbe modo di raccontaree di mettere nero su bianco del favoloso “castello di Villalba”, che altro non era che laRobba; e per la prima volta in assoluto dagli accurati studi del villalbese Prof. Antonio

STORIA

di Jim Tatano

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(dalla pagina precedente) 26 Gennaio 1979: Martyrium Caritatis

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VILLALBA – Niccolò Palmeri (1700 - 1781) acquistato il feudo Miccichè l’8 luglio 1751 ericevuta l’investitura il 22 giugno 1752, il 12 aprile 1753 otteneva il permesso di fabbri-care e popolare il feudo entro cui ebbe origine Villalba. Così nonostante annose contro-versie , "sotto le intelligenti cure del barone prosperò economicamente e divenne tostouno dei più fiorenti centri della Sicilia". A perenne memoria del 260° anniversario l’Amministrazione Comunale, la SocietàNissena di Storia Patria il 27 dicembre 2013 posero. Queste sono le parole scolpite sullapietre che resteranno imperiture a ricordare la Storia e un appuntamento storico diVillalba, organizzato dall’Amministrazione Comunale, in collaborazione con la SocietàNissena di Storia Patria, a cui hanno preso parte molti cittadini villalbesi con notevoleinteresse nel riscoprire le proprie origini e il passato memorabile. Il ventaglio del dibat-tito si è esteso dagli albori del feudo e del suo acquisto da parte del barone NiccolòPalmeri fino alla fondazione del paese e alla vita attiva dei primi concittadini spaziandosui documenti storici tratti dai libri di Giovanni Mulè Bertòlo, Luigi Lumia e MichelePalmieri di Miccichè, grande risalto avuto anche la residenza dei Palmeri, il casale oggichiamato “la Robba” per concludersi in un analisi che prende spunto dal passato peressere proiettata al presente e al futura per un piccolo paese che rivendica un grandecontributo culturale. Di questo e molto altro hanno parlato orgogliosamente i relatori a partire dal SindacoAlessandro Plumeri; dal preziosissimo e continuo impegno culturale del Prof. AntonioGuarino, l’Arch. e Storico Luigi Santagati; il Prof. Antonio Vitellaro Storico locale e

Presidente della Società Nissena; l’Arch. AngeloGuarino; il Prof. Sergio Mangiavillano Preside e scrit-tore; la Prof.ssa Maria Immordino; il marcheseSalvatore Palmeri di Villalba; e lo scrittore Jim Tatano.Nell’interesse di tutti i cittadini villalbesi il convegno,che ha accolto un ampio plauso, è stato un’occasioneper riscoprirsi e per incentivare la conoscenza del pas-sato riportando alla memoria la Storia e la cultura diVillalba. 29 dic 2013

Jim Tatano è giornalista, blogger e scrittore. Scrive per la tes-tata telematica “Castello Incantato” e per il suo blog “FlatusVocis”. Nel 2009 ha esordito nella narrativa con “Il MagicoGiardino” e nel 2012 ha pubblicato il romanzo “Il Mito dellaLanterna.”

Guarino è emerso che quel “castello” è stato protagonista d’un curioso, quanto ormai pre-scritto, caso di plagio ai danni di Michele da parte dell’autore de I tre moschettieriAlexandre Dumas (padre) che in seguito fece apparire quell’aneddoto, verbatim, sullepagine del suo libro Il brigante siciliano. Non gli mancarono amicizie illustri, infatti nellacasa parigina della famosissima cantante Giuditta Pasta conobbe Stendhal di cui divenneamico e con cui scambiò una fitta corrispondenza: ne nacque una amicizia sincera e ancheuna fonte d’am-mirazione per l’autore francese, come lui stesso ammise. E a riprova,Leonardo Sciascia nel suo saggio L’adorabile Stendhal sottolinea e dichiara testualmentequanto Palmieri fu fonte d’ispirazione, fino ad affermare che il XX capitolo de La Certosadi Parma sia stato influenzato dal nobile villalbese.Serve a ben poco, a questo punto, sottolineare che il nostro notabile villalbese fu unapenna raffinata, fine cronista e fantasioso scrittore di testi in lingua francese: tra i suoilibri attualmente semidimenticati troviamo Pensée*, Moeurs; scrisse inoltre: Le Ducd’Orléans, A chacun selon sa capacité in queste due opere Michele accusava il ducad’Orléans Luigi Filippo di tradimento in quanto doppiogiochista e poco deciso a liberarel’Italia dal dominio austriaco e papale; Le Nouveau Gargantua e Les Carbonari. Questi soloalcuni dei titoli.La vita di Michele Palmieri racchiude molti aneddoti, alcuni coraggiosi altri fatti con inge-nuità, tanti curiosi e divertenti, i più memorabili, in quanto fu un precursore del progres-so a venire, fu un illustre uomo laico del suo tempo e negli ultimi anni della sua vita unalone di malinconia si adagiò su di lui, come spesso capita agli eroi del romanticismo. Nel1860 quando arrivò Garibaldi in Sicilia Michele ebbe l’onore di incontrarlo e di fargli unreclamo riguardante una pensione che aveva ottenuto anni prima e che lo stesso Eroe deiDue Mondi gli aveva fatto togliere con il dubbio d’esser stata ottenuta grazie a dei servizidi spionaggio per il governo borbonico. Garibaldi gli fece ridare quel vitalizio (minore diquanto Michele pretendesse) e quattro anni dopo, a Palermo, precisamente in Via Divisi,nella casa del nipote Salvatore Palmeri e Mantegna – come ci ricorda il discendentemarchese Salvatore Palmeri di Villalba –, assistito dalla sorella Maria, moriva MichelePalmieri di Micciché marchese di Villalba. Era il 9 febbraio 1864.La vita di quest’uomo fu messa nero su bianco nella chiarificante e benfatta monografiascritta dal Prof. Nicola Cinnella intitolata “Michele Palmieri di Micciché” (Sellerio, 1976)tanto unica quanto ormai introvabile.A 234 anni dalla sua nascita e a 149 dalla sua morte, quell’uomo che visse 84 anni diavventure, oggi è semidimenticato, avvolto da una nube di fascino nascosta che attended’essere riaperto per permettere ai posteri di conoscere il suo (e il nostro) passato – eperché no! – per fornire un esempio volto verso un futuro che miri in alto, molto in alto,ad una laicità culturale che riesca a riportare in auge la memoria di un uomo che vissenella Storia, che aveva dei valori solidi, che conobbe le migliori menti del suo tempo, chesfidò la casta e il potere. Questo personaggio è un tesoro nascosto e allo stesso tempo èa portata di mano, basta soltanto comprendere come poter usufruire della sua eredità cul-turale.Molte cose sono state tralasciate per ovvi motivi di spazio, ma vorrei concludere porgen-do all’attenzione di tutti i lettori delle semplicissime domande: si può far precipitare nel-l’oblio più nero una figura storica così affascinante che è riuscita a sferzare il potere, araccontarci non senza ironia la sua epoca e ad essere difensore dei più deboli? Perché confrequenza si minimizza e ci si dimentica di personaggi che affiancano gli ultimi? Nei suoiideali, o nel suo modo d’essere era un esempio pericoloso? Perché il famigerato orgogliocampanilistico non ha attecchito nei confronti dello scrittore Michele Palmieri?

*I titoli delle opere sono stati abbreviati volutamente per rendere più fluente la lettura. Qui sono ripor-tati integralmente e tradotti:“Pensée et souvenir historique et contemporains” (Pensieri e ricordi storici e contemporanei, 1830);“Moeurs de la cour et des peuples des Deux Siciles” (Costumi della corte e del popolo delle DueSicilie, 1837; Longanesi 1987);“Le Duc d’Orléans et les émigrê français en Sicile, ou Italiens Justifiés” (Il Duca d’Orléans e i france-si emigrati in Sicilia, o gli Italiani Giustificati);“A chacun selon sa capacité, à chaque capacité selon ses oeuvres, ou le Faux doctrinaire et le liber-al” (A ciascuno secondo le sue capacità, a ogni capacità secondo le sue opere, o il Falso dottrinarioe il liberale);“Le Nouveau Gargantua, vieux manuscrit italien anonyme, trouvé dans le fossés des Tuileries, con-tenant une esquisse biographique et un drame” (Il Nuovo Gargan-tua, vecchio manoscritto italianoanonimo, trovato nei fossati delle Tuileries, contenente un profilo biografico e un dramma);“Les Carbonari, ou Naples en 1821, drame historique en 5 actes et en prose, avec un choeur de car-bonari, précédé d’une notice historique” (I Carbonari, o Napoli nel 1821, dramma storico in 5 atti ein prosa, con un coro di carbonari, preceduto da una notizia storica).

(continua dalla pagina precedente) villalba ricorda la sua fondazionecon un convegno

di Jim Tatano

Una sala gremita ha accolto sabato 16 novembre l'autore Salvatore Falzone che, a Vallelunga, ha presen-tato il suo noir “Piccola Atene”. La serata, organizzata dall'associazione culturale “La Radice” nel centropolifunzionale di Piazza Europa, è stata arricchita anche dall'intervento di un noto nome del giornalismo didenuncia, Pino Maniaci che, direttamente dagli schermi della sua Telejato di Partinico, ha raggiunto il pic-colo paese dell'entroterra siciliano per affrontare, insieme all'autore, tematiche delicate ispirate dalla let-tura del libro. La serata è stata aperta dai saluti della presidente dell'associazione, Angela Polizzano, ed èstata moderata da Angela Ferilli che ha presentato al pubblico i due ospiti. A seguire la giornalista e diret-tore del periodico edito dall'associazione, Grazia La Paglia, ha intervistato Falzone e ha alternato alledomande sul libro e sulle tematiche trattate dall'autore altre domande rivolte a Maniaci per sapere la suaopinione in merito al legame tra stato e mafia e mafia e Chiesa ma anche sugli atti di pedofilia nascostidal Vaticano. A conclusione dell'intervista doppia la parola è passata al pubblico in sala. Numerosi, infatti,gli interventi e le domande spontanee che i vallelunghesi hanno voluto porgere ai due ospiti dell'associ-azione, soprattutto sulla situazione attuale del potere della mafia. È emersa la voglia di Vallelunga di riscat-tarsi da un passato e da episodi purtroppo anche attuali che la etichettano ancora come terra di mafia, lasete di sapere sui meccanismi che legano mafia e politica e sul come, oggi, si possano riconoscere queimovimenti definiti “antimafia di facciata” e distinguerli dagli atti di vera antimafia. È questo, infatti, il temache ha voluto principalmente affrontare il libro.

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE Piccola Atenepresentato a Vallelunga di Redazione

STORIA

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riflessioni su Piccola Atene presentato a San Cataldo

Sono stato presente alla sua presentazionesabato 5 ottobre 2013 a San Cataldo pres-so l’auditorium “Notar Fascianella” delVillaggio di Nuova Civiltà in Via Mons.Cammarata 19.Moderatore il Prof. Giunta del Centro StudiCammarata.NoteSull’intervento del Dott. SalvatoreTaormina, dirigente della Regione Siciliana:Sviluppa, tra l’altro, la figura della ragazza,Valeria che, ha lasciato il protagonista ed èandata via a lavorare nel nord. La ragazzanon fa parte del romanzo. Si sa soltantoche è andata via. Quindi non c’è. Tuttavia,più volte, è richiamata nella mente diGaspare Lazzara – protagonista- blogger-sfaticato. Per quanto mi riguarda, mentreleggevo il romanzo, qualche mese fa, lafigura di Valeria, me la sono trasfiguratacome una specie di grillo parlante allacoscienza dello scrittore/protagonista e,quindi ne impersona il suo intimo più pro-fondo e vero, noto soltanto a lui e, ripeto,alla sua coscienza.Lo scrittore /blogger/Gaspare, avrebbepotuto dare nome e cognome ai suoi per-sonaggi protagonisti di vere vicende. Sonopersonaggi della classe dirigente diCaltanissetta che ruotano attorno al vesco-vado e alla chiesa: Politici, impresari,affaristi, commercianti, entrati tutti quantiin fibrillazione quando Gaspare, venuto aconoscenza che Edoardo Alvaro detto “Ilcavaliere”, proprietario di un centro com-merciale, era stramazzato al suolo, “ mortoda cent’anni”, proprio nel momento in cuistava per inaugurarlo, scrive sul suo Blog:Chi ha ucciso il cavaliere Alvaro?La “piccola Atene” è Caltanissetta, appella-tivo, questo, - dice Enzo D’Antona che neha curato la postfazione - che la cittadina siera guadagnato per molti anni felicissimi, inparticolare dalla metà degli anni trenta allametà degli anni sessanta.In principio i tiratardi sulla piazza eranoVitaliano Brancati che insegnava allemagistrali e il suo gruppo di amici. Tra igiovani c’era anche il comunista clandesti-no Pompeo Colajanni che nel 1945 avrebbeliberato dai nazifascisti Torino in qualità dicapo partigiano (comandante «Barbato»)per poi approdare come sottosegre-tario aigoverni Parri e De Gasperi. Dal dopoguerrai duecento metri tra la fontana delTripisciano e il monumento a re Umbertovengono stabilmente occupati da LeonardoSciascia e dai suoi ex compagni di scuolatra i quali va citato il poeta e scrittoreStefano Vilardo. Si aggiungono altri giovaniin prima fila nelle battaglie civili come i fra-telli Massimiliano e Emanuele Macaluso.Talvolta vi si incontrano anche personaggiche insegnano in università lontane. DaGamaliele Bonavia, storico della filosofia, aRosario Assunto, teorico e padre dell’estet-ica del paesaggio. Limitiamoci a questipochi nomi perché l’elenco sarebbe infinito.Decine e decine di intellettuali che di-scettano di arte, filosofia, diritto e letter-atura. Che scrivono poesie e romanzi,dipingono quadri, si impegnano nella polit-

ica. Ecco che cos’erala «piccola Atene».Al dunque, nellafase finale del Noir,Gaspare, quandodovrà decidere diaccettare un postodi lavoro e scenderea compromesso conla sua coscienza,oppure no, eccoriapparire il suo gril-lo parlante che nonparla e viene sola-mente evocato e,mandandolo let-teralmente a quelpaese, rimuoveValeria definitiva-mente e accetta il

compro-messo. Il bello della sua coscienzamuore e vince la realtà cruda nell’ac-cettazione di un lavoro diretto e mano-vrato dai poteri sporchi.Sull’intervento del Magistrato Dott. Tona:Affonda subito il bisturi sulla mancanza dicoraggio di Salvatore Falzone e arriva achiamarlo, amichevolmente, “Furbac-chione”. I Nisseni tutti sanno di chi sta par-lando!Il Magistrato resta legato al suo lavoro equindi è nel giusto. Lui è un operatore diGiustizia, stanco dell’autogiustificazione deisiciliani alla reticenza, al non “buttarsi maiin acqua”.Risultato: La mafia continua a riciclarsi,trasformarsi e, infine, a risultare semprevincente.Il suo collega, Roberto Scarpinato, aPalermo, a proposito della commemo-razione della morte di Borsellino ebbe adire: “Caro Paolo, oggi siamo qui a com-memorarti in forma privata perché piùtrascorrono gli anni e più diventa imbaraz-zante il 23 Maggio e il 19 Luglio parteciparealle cerimonie ufficiali che ricordano le stra-gi di Capaci e di Via D’Amelio.stringe il cuore a vedere talora tra leprime file, nei posti riservati alleautorità, anche personaggi la cui condot-ta di vita sembra essere la negazione stes-sa di quei valori di giustizia e di legalità peri quali tu ti sei fatto uccidere; personaggidal passato e dal presente equivoco le cuivite – per usare le tue parole – emananoquel puzzo del compromesso moraleche tu tanto aborrivi e che si contrapponeal fresco profumo della libertà.e come se non bastasse, Paolo,intorno a costoro si accalca una cortedi anime in livrea, di piccoli e grandimaggiordomi del potere, di questuan-ti pronti a piegare la schiena e abarattare l’anima in cambio di pro-mozioni in carriera o dell’accessodorato dei facili privilegi.se fosse possibile verrebbe dachiedere a tutti loro di farci la graziadi restarsene a casa il 19 Luglio, diconcederci un giorno di tregua dallaloro presenza. Ma, soprattutto, ver-rebbe da chiedere che al-meno cifacessero la grazia di tacere, perchépronunciate da loro, parole comestato, legalità, giustizia, perdonosenso, si riducono a retorica stantia, agusci vuoti e rinsecchiti. ...“

Quindi, anche il magistrato RobertoScarpinato ha fatto il suo lavoro con spic-cata coerenza, senza mezzi termini, senzal’opacità di “ Piccola Atene”. opacità:Parola,questa, abbondantemente usata dalmoderatore Prof. Giunta nei confronti del“Noir curiale”, “Piccola Atene” di SalvatoreFalzone.Per quanto mi riguarda vedo il problema dadue, distinti e convergenti, punti di vista:Lotta reale alla mafia, quella di oggi e didomani, da parte degli operatori diGiustiziaLotta alla mafia a lungo termine, quella per

capirci che dovrebbe incidere sulla menta-lità siciliana e non solo.La prima non può che spingere tutta lasocietà e in particolare gli imprenditori, icommercianti, ecc … alla de-nuncia dellevessazioni subite da parte della mafia e senon lo fanno, vanno bene le espulsioni dairelativi ordi-ni, dalle camere di commercioecc … Va bene tutto al fine di, almeno,frenare il dilagare del “pizzo” e quant’al-tro.Tuttavia, malgrado l’operatività effettivacontro la mafia, sappiamo tutti e lo sannoaltrettanto bene anche gli operatori diGiustizia che se non si incide sulla mental-ità, quelle reali misure adottate rischiano diessere inutili.

Questa seconda lotta alla mafia a lungotermine, è la più difficile. Deve incidere sul“carattere”, sull’ “educazione” dell’Uomo, ingenerale e in particolare su un uomo, quel-lo siciliano, che ha convissuto per secolicon la mafia, con il concetto di mafia, inuno Stato che per lunghissimi tempi è statoin assenza di “Stato” attivo e organizzato.Quel tipo di “Stato” non “Stato” vissuto daisiciliani, invece, come un vero e proprionemico. Tanto è vero che una parte delpopolo siciliano, la più vera, la più siciliana,quella che non parla, che è di “panza”,per “naturale autodifesa”, ma che lavora atesta bassa, ha sempre diffidato sia dellamafia, quella che si vede, quella che spara,in-somma il braccio armato e, sia anche del“cosiddetto stato o Principe che ritor-na”, la mente. Quello dei colletti bianchi,quello dei “seduti nelle prime file” nellecommemorazioni di chi si è fatto ammaz-zare per uno Stato vero e libero. Quello cheè impersonato da chi dovrebbe starsene acasa e che almeno dovrebbe tacere neigiorni in cui si commemora Capaci e ViaD’Amelio.E … La “ Chiesa” ?Facciamo parlare quel famoso libro scritto adue mani dal magistrato RobertoScarpinato e dal giornalista-scrittoreSaverio Lodato “il ritorno del Principe”che, a mio parere, dovrebbe essere tenutosul comodino come la Bibbia:Pag. 185 – Premessa: Il capitolo ha cometitolo “ Le Imposture”. Ne riporto un branointegralmente: … “… , il sapere di mafiaè sempre stato contaminato dalleimposture del potere. Fino agli annisettanta la vulgata costruita da unamiriadi di intellettuali interni al sis-tema – tra cui anche alti magistrati eautorevoli prelati – era che la mafianon esisteva. Che si trattava solo diun atteggiamento culturale dellapopolazione isolana o di un’inven-zione dei comunisti per screditare ilbuon nome dell’isola.” …Ma non basta.

Riporto la risposta del magistratoScarpinato alla Prof.ssa Fiorella Falci che loha intervistato sul giornale L’Aurora, peri-odico della diocesi di Caltanissetta – AnnoVI – n. 7 –settembre 2012:Domanda: Caltanissetta è stata lacittà in cui ha lavorato Gaetano Costa,aprendo indagini a 360° su banche,imprese, istituzioni e loro legami conla criminalità mafiosa, senza mairilasciare una sola riga di intervista. ilsuo stile può essere ancora un model-lo nella società spettacolarizzata dioggi?risposta: Costa che era stato un par-tigiano ed aveva partecipato allaresistenza nel nord italia svolse aCaltanissetta un importante ruolo diavanguardia culturale nel diffondereil nuovo ethos della Costituzioneall’interno di una magistratura il cuihabitat culturale negli anni Cinquantae sessanta era ancora permeato davischiosità e incrostazioni culturaliereditate dal passato. Basti pensareche ancora nel 1955 il Procuratore

Generale presso la corte diCassazione, massimo verticenazionale della magistraturarequirente, aveva tessuto il pubblicoelogio della mafia come strutturad’ordine che affiancava la legge nellarepressione dei crimini comuni edaveva formulato i suoi auguri alnuovo capo mafia Genco russo can-didato a succedere a Don Calogerovizzini, deceduto poco tempo prima.….Facciamoci spiegare dallo stesso MagistratoScarpinato cosa significano “nuovo ethosdella Costituzione” e “habitat cultur-ale negli anni cinquanta e sessantaera permeato da vischiosità eincrostazioni cul-turali ereditate dalpassato.”Sempre dalla stessa intervista della Falci:…“vorrei prescindere dalle vicendedell’attualità e provare a dare una chi-ave di lettura storica dei motivi chestanno alla radice dello stato di per-manente tensione tra politica e magi-stratura che da vari decenni segna lastoria nazionale. A questo riguardo èil caso di ricordare che sino agli annisessanta del XX secolo questo proble-ma non sussisteva perché era statorisolto a monte da un ordinamentogiudiziario che durante la monarchiaed il Fascismo prevedeva la sottopo-sizione della magistratura al controllodel potere governativo. i processi cheriguardavano la criminalità dei po-tenti erano rari e, come dimostra lacronaca del tempo, si concludevanoquasi tutti con sistematicheassoluzioni. i magistrati requirentiricevevano talora istruzioni diretta-mente dai vertici governativi, cosìcome accadde, ad esempio, per ilfamoso processo concernente lo scan-dalo della Banca ro-mana che nel1893 coinvolse circa novanta espo-nenti della nomenclatura del poteredel tempo. i magistrati che osavanodiscostarsi dalle direttive ricevuterischiavano di essere penalizzati nellecarriere, di essere sottoposti a pro-cedimenti disciplinari e talora trasfer-iti d’ufficio. il problema si è posto solodopo che la Costituzione del 1948 hagarantito l’autonomia e l’indipenden-za della magistratura dal poterepolitico. Dopo un periodo diincubazione culturale durato circa unventennio, la magistratura italiana halentamente metabolizzato questa riv-oluzione culturale che segnava unanetta linea di discontinuità storicarispetto al passato, facendo viverenella prassi un nuovo modello di con-trol-lo della legalità e di giurisdizionepenale conformi ai principi costi-tuzionali secondo cui il giudice èsoggetto solo alla legge e la legge èuguale per tutti: potenti e impotenti,ricchi e poveri, furbi e ingenui.” ….

Il mio modesto parere è che i semi della“Letteratura” e tutto ciò che ruota attornoalla “cultura” con i suoi tem-pi moltolunghi, dovendo incidere sulla “for-mazione”, potrebbero dare il “Frutto” subitoma, come sanno bene gli operatori di cul-tura, potrebbero darlo con ritardi di decen-ni se non di secoli.Un esempio per tutti, come sanno bene gliInsegnanti di ogni ordine e grado: Non sipuò pretendere da un ragazzo di terzamedia la risoluzione di un “integrale”.L’educazione, la formazione di un uomo, èuna bevanda che va bevuta a piccoli, pic-colissimi sorsi.Bisogna, quindi, accontentarsi di “PiccolaAtene”. Non è che un piccolo, piccolissimopasso avanti che, assieme ai piccoli, piccol-issimi passi avanti di Sciascia ma anche di

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

del Prof. Pino Piraino

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Manzoni o di Fallaci, ci porteranno verso la meta dellapresa di coscienza umanitaria dell’ “Uomo” non comebestia ma come “Essere Superiore”. Rispettoso pri-ma che di se stesso, degli “Altri”, senza distinzione dicolore, di razza, di genere femminile o maschile.Rispetto-so, quanto meno del “cervello” di ogniessere umano e dei suoi “sentimenti”. Rispettoso diquel “non so che”, che accomuna l’intera umanità e cidà la sensazione di contenere in noi stessi ciò che chi-amiamo Dio.In quel periodo di incubazione culturale durato circaun ventennio in cui la magistratura metabolizzavalentamente il nuovo dettato della nostra Costituzione,fino agli anni settanta, si è mai sentita una voce dellagerarchia ecclesiale levarsi in alto e dire che la mafiaesisteva e che, invece, non era vero che la mafia nonesisteva?Ci voleva la morte di Don Puglisi, la “Voce” di PapaGiovanni Paolo II ad Agrigento, perché la chiesaacquisisse un minimo di coraggio?Lo dico al “Papa che viene da lontano”, ma tanto, tan-tissimo vicino a noi del sud, senza pretesa di alcunarispo-sta e, che ha scelto per se stesso un nome cheè tutto un programma: Francesco.Quanto ha pesato il silenzio di quella chiesa nella “Educazione civica e morale”, non solo dei siciliani madi tutti gli italiani? Tutti sappiamo quanto pesavano lesue indicazioni politiche quando diceva: “Votate D.C.”.I milioni di voti non si contavano! Tanto incideva nellacoscienza del popolo! Ma sulla mafia preferiva il silen-zio che, non poteva non essere assenso, non potevanon sapere dove si annidava “la mente” della mafia.In definitiva: La magistratura per bocca delPresidente Generale della Cassazione, sappiamocome la penava! La Costituzione non era stata anco-ra metabolizzata! La Chiesa faceva silenzio! Pertanto,Magistratura e Chiesa avevano lasciato in solitudine leforze dell’ordine e “La Cultura”. Questa ultima, a com-battere una guerra che aveva sempre fatto ma con isuoi tempi lunghi che, dura ancora oggi e, chissà ,quanto durerà ancora! Le forze dell’ordine, in baliadel braccio operativo della mafia e della sua “mente”.I risultati non potevano che es-sere quelli che abbi-amo visto!: Tra un segreto di stato e l’altro, una mat-tanza, tipo tonnara, a partire dalla stessa magistratu-ra, delle forze dell’ordine, di politici, di uomini dichiesa, delle stragi “fine a se stesso” per il piacere difarli, di pentiti, di falsi pentiti, di gruppi contrappostidi malviventi, di donne e di bambini, e chi più ne hane metta!Il tutto in una specie di danza macabra che ci haposto un dilemma: Siamo bestie o Uomini?“Piccola Atene”, oggi, per questa guerra infinita, hascelto due metodi sicuramente collaudati:Nell’impostazione e nel ritmo, quello di Camilleri.Depurato della lingua siciliana e nell’inversione delleindagi-ni: Non è il blogger Gaspare Lazzara che va acercare l’assassino ma sono gli assassini che cercanolui. Nella sostanza, il metodo è sciasciano fino almidollo.E …. Vi pare poco?

(dalla pagina precedente)riflessioni su Piccola Atene

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

La radice contro la violenza sulle donne

Premiazione del concorso Giusto Piraino

L’associazione, quest’anno, ha deciso di impegnarsi anche su unnuovo fronte e ancora mai trattato a Vallelunga. Ha deciso infattidi schierarsi a favore delle numerose donne che restano vittime diuomini possessivi e violenti. Per questo motivo giorno 25 novem-bre, nella giornata mondiale per l’eliminazione della violenza con-tro le donne indetta nel 1999 dalle Nazioni Unite, ha organizzatoun incontro - dibattito dove si è dato spazio, appunto per la primavolta a Vallelunga, ad una tematica così attuale e delicata.“L’incontro ha voluto fare luce sulla situazione attuale della violen-za contro le donne – spiegano i componenti dell’associazione – eha voluto portare i vallelunghesi a soffermarsi, almeno per ungiorno, su un argomento così importante”.Una sala gremita ha seguito l’evento che si è tenuto al centropolifunzionale e a cui hanno preso parte diversi nomi noti nelmondo della lotta alla violenza che assoggetta, anno dopo anno,sempre più donne. Relatori dell’incontro, moderato dal medicoFrancesca Lombardo, sono state Marcella Santino, Dirigente Asp diCaltanissetta, Annamaria Oliva dell'Associazione Italiana DonneMedico, la dirigente scolastica dell'Istituto comprensivo diVallelunga, Villalba e Marianopoli Graziella Parello, la fondatricedell'Associazione Antimafie “Rita Atria” Nadia Furnari e il Dirigentedella Divisione Anticrimine della Questura di Caltanissetta AndreaLo Iacono.I vallelunghesi sono stati coinvolti anche con l’invito a elaborare unpensiero sulla tematica e le frasi sono state stampate su dei car-toncini, esposti durante il convegno. Trovate alcune frasi nell’ulti-ma pagina del giornale.Tutti i relatori hanno ricevuto da La Radice, come ricordo dellagiornata e per ringraziarli della disponibilità dimostrata, dei piattiin ceramica dipinti dall’artista vallelunghese Angela Ferilli.

di Redazione

di Redazione

Anche quest'anno, per la giornata nazionaledella Colletta Alimentare, i vallelunghesi non sisono smentiti partecipando e aderendo congenerosità all'iniziativa. Per il sesto anno con-secutivo, infatti, i volontari dell'associazioneculturale La Radice si sono distribuiti nei negozidi generi alimentari di Vallelunga che hannoaderito numerosi all'iniziativa. Da lì hanno con-segnato i volantini che spiegano lo scopo del-l'iniziativa e i sacchetti di plastica gialli dove iclienti potevano lasciare un proprio dono: dallatte agli omogenizzati, dalla pasta all'olio, dailegumi allo zucchero.Nonostante la forte crisi economica, quindi, ivolontari de La Radice hanno potuto registrareanche quest'anno una forte partecipazione e,nello stesso tempo, segnalano come le famigliebisognose di Vallelunga aumentino sempre dipiù. Infatti l'associazione, ogni mese, si recanella sede del banco alimentare di Caltanissettaper prendere e ridistribuire a famiglie in crisieconomica del proprio paese gli aiuti del banco.E, anno dopo anno, le famiglie che l'associ-azione sostiene mensilmente aumentano sem-pre di più.

Di nUovo CoLLeTTA ALiMenTAreCon i voLonTAri De LA reDiCe

Si è svolta il 23 novembre, nel plesso Sorrentino, lapremiazione del decimo concorso dedicato all'inge-gnere Giusto Piraino e riferito all'anno scolastico2012/2013. Si tratta di un concorso che si ripete ognianno e che coinvolge gli studenti delle classi terzedella scuola secondaria di primo grado di Vallelunga.I giovani alunni devono affrontare una prova conelaborati di matematica, tecnologia e scienze edun'apposita commissione ne decreta i vincitori.Per gli elaborati dello scorso anno la commissionegiudicatrice era composta dagli insegnanti di matem-atica e tecnologia R. Cumella, M.C. Scozzari, G. La

Piana, V. Piraino. Al primo posto si è piazzata Irene Migliore, al secondo Klarissa Pace e al terzo Desirèe Greco. Le tre studentessefrequentavano, durante lo scorso anno, la classe 3B e hanno ottenuto una targa e, rispettivamente, 500, 300 e 200 euro. Allacerimonia di premiazione, oltre ai premiati e ai loro familiari, erano presenti la dirigente dell'Istituto Comprensivo di Vallelunga,Villalba e Marianopoli Graziella Parello, la vicepreside Rosamaria Scarlata, l'ex dirigente dell'Istituto Vincenzo Nicastro, che erain carica durante lo svolgimento della decima edizione del concorso, il figlio dell'ingegnere Giusto con altri parenti e familiari egli alunni delle attuali classi terze e che parteciperanno, durante il corrente anno scolastico, all'undicesima edizione del premio.Il concorso è stato ideato, voluto e realizzato su iniziativa della famiglia dell'ingegnere che ha deciso di ricordarlo con un con-corso rivolto alle nuove generazioni.

i piccoli musicisti di vallelunga ancora in concertodi Redazione

Anche quest'anno gli alunni della scuola secondaria di primo grado di Vallelunga e che frequentano l'indirizzo musicale hannoregalato ai loro genitori, ai docenti e a tutti i cittadini un concerto di Natale.“Il concerto dell'orchestra della Scuola si è tenuto nei locali del plesso F. Sorrentino – spiega la dirigente scolastico dell'Istitutocomprensivo di Vallelunga, Villalba e Marianopoli prof.ssa Graziella Parello – e per noi è stato un momento davvero importante.Non solo perché dà visibilità alle attività promosse dalla nostra scuola ma anche perché vuole contribuire a creare un'atmosferanatalizia. I brani che hanno eseguito, infatti, erano musiche dedicate al periodo delle festività che si stanno avvicinando.”Come già accennato il concerto è stato aperto anche a tutta la cittadinanza, e non solo agli studenti delle altre classi della scuo-la secondaria di primo grado e della scuola primaria. “Questo perché abbiamo voluto realizzare sia un momento di socializ-zazione tra tutti i nostri alunni – continua la dirigente Parello – che aprirci al paese. Per questo l'invito è stato rivolto sia ai gen-itori che a tutti i vallelunghesi che hanno voluto prendere parte all'iniziativa ed è per questo motivo che abbiamo scelto di orga-nizzarlo nel pomeriggio.”L'indirizzo musicale della scuola di secondaria di primo grado già da diversi anni è attivo a Vallelunga grazie all'iniziativa intrapre-sa dall'ex preside dell'Istituto comprensivo di Vallelunga e Villalba Vincenzo Nicastro. E adesso, sotto la nuova dirigente GraziellaParello, l'attività continua facendo sì che Vallelunga sia l'unico paese della zona ad avere un corso che si concentra sullo studiodella musica. Inoltre ciò ha permesso a numerosi ragazzi di iscriversi, dopo la scuola secondaria di primo grado, al conservato-rio per proseguire nello studio del proprio strumento musicale preferito.

DALLA SCUOLA

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- A volte, quando lo sfrenato correre quotidiano ciconcede una tregua, è possibile che il nostro pen-siero si soffermi brevemente su alcuni accadimen-ti, a cui ormai ci siamo incredibilmente abituati.A me è capitato, dopo aver udito l’ennesimanotizia di uxoricidio.Inutile sprecare aggettivi quali orribile, bestiale,infame…Eppure, stranamente, il mio pensiero è andato atutte quelle donne che ogni giorno vivono una vio-lenza forse meno brutale, ma non per questomeno dolorosa: la violenza psicologica, perpetua-ta su di loro con puntuale odiosa costanza, cheimprigiona la mente e l’anima, fino a portarla allamorte.A tutte queste donne voglio dire: Non siate suc-cubi, cercate dentro di voi la forza che avete erendete libera la vostra mente dalla paura diperdere ciò che erroneamente considerateimperdibile.rosalba G. sabatino

- L'uomo usa la violenza sulle donne perché ègeloso della forza di lottare che ha ogni donna,quindi uomo si più umile e lotta accanto a lei perrisolvere i problemi che non sai risolvere.Marianna Carta

- Le donne sono l'altra metà del cielo. Come puòpiacere un cielo che piange? Cinzia Antonella La Paglia

- Esistono molti modi per usare violenza controuna donna: il male fisico lo è di certo, ma che diredel pregiudizio, degli stereotipi? Chi fa violenza auna donna arreca danno ad ogni donna, arrecadanno alla terra che lo ha partorito, arreca dannoanche a se stesso.silvia di Baudo

- La violenza contro le donne è una delle cose piumeschine che l’uomo possa fare...violenza, miporta a pensare lividi, dolori ma soprattuttol'essere segnati a vita da un profondo vuoto nel-l'anima che haime! non puoi colmare..per nonparlare del silenzio... Io dico stop al silenzio, è oradi iniziare a far capire che le donne come i bambi-ni NON SI TOCCANO.. Alle donne dico: care donnebisogna agire con coraggio parlate, parlate non

“Frasi dei nostri lettori contro la violenza sulle donne”

Cerchio imperfetto

Nuda giace l’Ombra passata al torchio del dolore d’asciutta lacrima nutre l’Ego sua famelica brama e declinano sogni di speranza orfani corrodono carni spegnendo luci non c’è voce non c’è pianto muto taglio di ferita langue e sangue d’Anima pretende l’Orco nero della Notte consunta Donna di tenebre avvolta il grembo trascina come barca alla deriva Che la Parola sia lama, che sia taglio al dolore, che sia forte il Suo sentire, perché nessuna più si senta sola. MaricòMariaconcetta Lo re

Tu sola sei

Tu sola sei silenziosa sostanza di vita, latrice di autentica luce pur nella nera sofferenza. Luogo essenziale che salvifica l’essere umano e la sua storia. Col suo mite esistere santifica la vita, che in essa si fa gloria. Donna, tu sola custodisci fatti primordiali, tu sola sei memoria di quei pensieri e gesti, diretti al cuore dell’uomo perché guariscadai suoi scuri e orridi difetti. Terra buona, in te sembra ricresca ciò che è stato vergognosamenteumiliato. Che in te si riconoscal’amore, che unisce saldamente una giusta voglia di ricominciare e tutte le questioni della mente. Tu continui a voler generare un’umanità pericolosa, ma che è divina, ahimè, nel suo errare!Donna, meravigliosa creatura che ha in sé ciò che si può desiderare:cuore, mente e formule magiche. Non smettere di sognare e sperare.Tu sola sai veramente piegarti al sentimento: tu sola sai amare!Lucia immordino

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE

abbiate paura perché voi siete forti.. chicommette violenza DEVE PAGARE.Giusi insinna

- Voglio con poche parole esprimere chenon condivido con nessun uomo cheusa violenza sulle donne, sia in formaverbale che non. Siamo un mondocivile, ed è giusto che ci sia parità. Poichi usa violenza credo che sia più unprimitivo, uno che conosce solo violen-za.Carmelo di Bernardo

- Non dovrebbe esistere. La poliziadovrebbe tenere più conto delledenunce ke le vengono fatte.sandra oddo

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Vallelunga. Poeti, scrittori, pittori, fotografi, artigiani e scultori potran-no partecipare, anche quest'anno, alla seconda edizione del Festivaldel Libro di Vallelunga che si terrà il sei settembre. In vista del ritorno di un evento che nel 2013, durante la sua primaesperienza, ha riscosso un grande successo, la nostra associazione(promotrice dell'evento) ha da poco pubblicato un apposito bandocon diverse novità. Innanzi tutto diventano due, per il 2014, i concorsiletterari che prevedono premi monetari per gli unici due vincitori. Unconcorso, chiamato “Estemporanea di scrittura”, rappresenta la novitàassoluta di quest'anno e vedrà scrittori e poeti impegnati nell'elabo-razione di un testo il giorno stesso del Festival su un tema che verràreso noto, sul momento, da una giuria. Sempre la giuria sceglierà ilmiglior componimento in assoluto. Un secondo concorso, invece, daràla possibilità a scrittori e poeti, sia dilettanti che non, di candidare unapropria poesia ouna prosa alReading sotto leStelle. Dopo una valu-tazione della giuria,gli elaborati verran-no letti durante ilReading e anche inquesto caso è pre-visto un premioassoluto per ilmiglior testo per-venuto e letto.Oltre ai concorsi, gliscrittori potrannopartecipare anche alla Bancarella del Libro, esponendo i propri volu-mi e incontrando altri autori e i lettori, e all'Esposizione di Arte.Scultori, pittori, artigiani e fotografi (ma anche altri artisti) potrannoinfatti avere un proprio spazio dove esporre le proprie creazioni artis-tiche. In questo modo, oltre a far conoscere la propria arte al pubbli-co, sarà possibile incontrare altri artisti provenienti da tutta la Sicilia. La giornata sarà aperta da una tavola rotonda di cui, successiva-mente, verranno comunicati titolo del convegno e nomi dei relatoriche parteciperanno. Il termine ultimo per inviare la propria candi-datura è il 10 luglio. Per consultare il bando e per restare aggiornatisul programma si potrà consultare il sito dell'associazionewww.laradicevallelunga.wordpress.com

TornA iL FesTivAL DeL LiBro Di vALLeLUnGAPer sCriTTori, PoeTi, PiTTori, FoToGrAFi e ArTiGiAni

ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE