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FRANCESCO CORTESI LAURA LUDOVISI VALENTINA MARIANI LA PROGETTAZIONE STRUTTURALE SU EDIFICI ESISTENTI Interventi locali, di miglioramento e adeguamento sismico secondo le NTC 2018

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FRANCESCO CORTESI LAURA LUDOVISI

VALENTINA MARIANI

LA PROGETTAZIONE STRUTTURALE

SU EDIFICI ESISTENTI

Interventi locali, di miglioramento e adeguamento sismico secondo le NTC 2018

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5. Riparazione o intervento locale

Si riporta integralmente la definizione che la norma affida alla categoria di interventi di “Riparazione o intervento locale” definito al §8.4.1 delle Norme Tecniche per le Costruzioni.

“Gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura. Essi non debbono cambiare significativamente il comportamento globale della costruzione e sono volti a conseguire una o più delle seguenti finalità:– ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali

di elementi o parti danneggiate;– migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non

danneggiati;– impedire meccanismi di collasso locale;– modificare un elemento o una porzione limitata della struttura;

Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati, documentando le carenze strutturali riscontrate e dimostrando che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non ven-gano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi non comportino una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti.

La relazione di cui al §8.3 che, in questi casi, potrà essere limitata alle sole parti in-teressate dall’intervento e a quelle con esse interagenti, dovrà documentare le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, ed indicare le eventuali conseguenti limita-zioni all’uso della costruzione.

Nel caso di interventi di rafforzamento locale, volti a migliorare le caratteristiche mec-caniche di elementi strutturali o a limitare la possibilità di meccanismi di collasso locale, è necessario valutare l’incremento del livello di sicurezza locale”.

In sintesi, la norma definisce come “Riparazione o intervento locale” tutte quelle modifiche che il progettista apporta alla struttura senza snatu-rarne il funzionamento. Per funzionamento si intende la modalità con cui gli elementi sismo-resistenti (pilastri, setti, ecc.) reagiscono alla eventuale sol-lecitazione orizzontale.

Al fine di non modificare il comportamento strutturale del fabbricato, il progettista, nella prima fase, ha il compito di comprendere a pieno l’oggetto dell’intervento. In questa fase preliminare di analisi e conoscenza, il proget-

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tista dovrà procedere secondo l’iter conoscitivo che è stato descritto nello specifico al capitolo 4 del presente testo. È comunque chiaro che i saggi e le indagini dovranno concentrarsi, in particolar modo, sugli elementi che pos-sono risentire delle possibili modificazioni che il progetto comporta.

Nel corso della fase di acquisizione dati del fabbricato, il progettista si trova ad osservare anche le carenze strutturali dell’intero fabbricato che pos-sono configurarsi come problematiche puntuali oppure vulnerabilità diffuse.

È importante comprendere le problematiche che caratterizzano un edifi-cio perché l’intervento locale può essere l’occasione per modificare e correg-gere situazioni che possono, a lungo termine, essere pericolose in condizione sia statica sia dinamica. Nel corso della “vita” dei fabbricati spesso gli inter-venti di manutenzione non sono frequenti quanto dovrebbero; avere quindi a disposizione le opere provvisionali per realizzare un intervento può confi-gurarsi come un risparmio economico per la committenza.

La norma fornisce un chiaro elenco delle finalità che devono perseguire gli interventi rientranti nella categoria di “Riparazione o intervento locale”; nei paragrafi successivi si descriveranno le varie finalità dichiarate dalla norma e si riporteranno alcuni casi tipici ricadenti nelle singole finalità di intervento.

5.1. Finalità 1 – “ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate”

In questo caso si fa riferimento a danni che si possono riscontrare su un fabbricato a seguito di un evento eccezionale: uno fra tutti il sisma. Quanto detto ha valore nel caso in cui si osservino dei danni leggeri che possono es-sere riparati abbastanza facilmente e che non pregiudichino il comporta-mento e funzionamento degli elementi strutturali. Nel caso di danneggia-menti estesi e di grave entità solitamente è auspicabile procedere con inter-venti di “miglioramento sismico” o di “adeguamento sismico” in cui viene valutato l’intero complesso strutturale.

Si affrontano nel seguito gli interventi di riparazione locale più emblematici.

Interventi su strutture in muratura Le murature che presentano linee di fessurazione o deterioramento degli

elementi stessi vengono tipicamente ripristinate con due tipologie di inter-vento: “scuci-cuci” o la sarcitura delle lesioni.

Nel caso di scuci-cuci si procede a rimuovere i conci danneggiati per una fascia di circa 40-50 cm a cavallo della lesione e si procede alla disposizione di blocchi che dovranno presentare caratteristiche meccaniche e fisiche ana-

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loghe a quelle originarie. I nuovi elementi dovranno essere collegati alla mu-ratura esistente con adeguate ammorsature nel piano del paramento mura-rio e, se possibile, anche trasversalmente al paramento stesso, in modo da conseguire la massima omogeneità e monoliticità della struttura riparata.

La sarcitura si prevede, invece, quando le lesioni sono caratterizzate da ampiezze ridotte: in questo caso si prescrive l’utilizzo di malta a base di calce idraulica, rinforzata mediante l’aggiunta nell’impasto di fibre corte di vetro.La sarcitura delle lesioni consiste nelle seguenti fasi: a) stonacatura di una fascia di 40 cm a cavallo della lesione;b) scarnitura della lesione;c) pulizia a secco;d) sigillatura della lesione con malta di calce idraulica;e) ripristino dell’intonaco.

Nelle seguenti Figure 5.1, 5.2, 5.3 e 5.4 si riportano immagini che mo-strano i danni che possono essere risolti con gli interventi sopra descritti e i relativi particolari costruttivi che possono risolvere puntualmente le sud-dette problematiche.

Figura 5.1 – Lesioni su muratura in mattoni pieni da ripristinare con intervento di scuci-cuci

Figura 5.2 – Particolare costruttivo tipologico dello scuci-cuci

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Interventi su strutture in cemento armatoÈ ben evidente che gli interventi di riparazione possono essere riferiti non

solo a strutture murarie ma anche ad elementi tecnici in calcestruzzo armato e in acciaio.

Tra gli interventi di riparazione sul calcestruzzo danneggiato quello più co-mune è la ricostruzione del copriferro; tale operazione viene eseguita su ele-menti esposti agli agenti atmosferici, come balconi o sbalzi, o su costruzioni realizzate nei pressi di fonti di cloruri, come possono essere le località marine.

Figura 5.3 – Lesioni di ridotta ampiezza su muratura da ripristinare con intervento di sarcitura, cortesia dell’ing. Paolo Piazzini Albani

Figura 5.4 – Particolare tipologico di sarcitura della lesione

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La ricostruzione del copriferro viene eseguita con la finalità di riportare l’elemento in calcestruzzo armato alla capacità resistente originaria dopo che questa è decaduta per i fenomeni di ossidazione e/o pitting delle barre di armatura.

L’intervento di ricostruzione del copriferro è costituito dalle seguenti fasi:a) eliminazione della ruggine dei ferri di armatura esistenti;b) spazzolatura di ferri esistenti;c) idropulizia del substrato;d) applicazione di due mani di malta passivante su armatura;e) bagnatura del supporto;f) disposizione di malta tissotropica fibrorinforzata, a ritiro compensato.

Si riporta in Figura 5.5 il tipico danneggiamento che può essere risolto con l’intervento sopra descritto.

Interventi su strutture o parti in acciaio da carpenteriaPer quanto riguarda le strutture di acciaio, il ripristino solitamente si ef-

fettua tramite una operazione di sabbiatura su elementi corrosi. Come indi-cato per le armature delle sezioni in c.a., anche questi interventi sono speci-fici per elementi metallici esposti agli agenti atmosferici o nelle vicinanze di fonti di cloruri.

Figura 5.5 – Immagine di una colonna in c.a. con evidente fenomeno di carbonatazione

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Figura 5.6 – Profili metallici interessati da corrosione evidente

L’intervento di sabbiatura ha l’utilità di rimuovere le porzioni superficiali di acciaio corrose e di creare una superficie scabra che permetta di disporre uno strato di verniciatura protettiva uniforme per rallentare i successivi fe-nomeni di degrado.

In Figura 5.6 si riporta un’immagine che mostra i danni che possono es-sere risolti con l’intervento sopra descritto.

5.2. Finalità 2 – “migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di dut-tilità di elementi o parti, anche non danneggiati”

A differenza della finalità 1 descritta precedentemente, in questo caso non vi è un obbligo esplicito per il committente a intervenire in seguito a un danno. Questa differente tipologia di intervento viene eseguita quando il pro-gettista si trovi a fare fronte ad una vulnerabilità evidente concentrata su sin-goli elementi tecnici.

Per rientrare nella categoria di “Riparazione o intervento locale” è fondamentale che ciascun elemento strutturale facente parte della struttura

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sismo-resistente non subisca una variazione di rigidezza che possa compor-tare una differente ripartizione delle azioni in caso di evento sismico.

Se il progettista vuole quindi aumentare la resistenza e la duttilità di ele-menti strutturali senza variare la condizione di rigidezza ante operam, può procedere con un’altra filosofia di intervento. Nel caso specifico si propone un intervento che può ritenersi valido per fabbricati sia in muratura sia in c.a.: la calastrellatura di colonne.

Questo intervento consiste nella disposizione, in corrispondenza degli spi-goli della colonna, di angolari metallici fissati per mezzo di perfori armati; su questi angolari andranno poi saldate delle fascette metalliche di collegamento. L’intervento riesce ad incrementare la resistenza flessionale dell’elemento per la presenza di nuovi angolari metallici che fungono da “armature integrative”; le fascette orizzontali forniscono un incremento di resistenza a taglio, poiché fun-gono da staffe esterne, e di duttilità, per l’effetto del confinamento della sezione.

La calastrellatura, di cui si riporta un esempio grafico (Figura 5.7), non modifica in maniera sostanziale la rigidezza delle colonne ma riesce a garan-tire un incremento di resistenza e duttilità: in questo modo si può asserire che l’intervento rientra nella categoria di “intervento locale”.

Figura 5.7 – Particolare costruttivo di calastrellatura di una colonna

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5.3. Finalità 3 – “impedire meccanismi di collasso locale”

Interventi finalizzati a impedire l’attivazione di meccanismi di collasso lo-cale sono principalmente focalizzati nelle strutture in muratura o sulle tam-ponature di una struttura in calcestruzzo armato. Queste, infatti, possono sviluppare, in assenza di presidi antiribaltamento e di ammorsamento tra pareti, cinematismi isolati dove ciascun elemento reagisce in modo indipen-dente all’azione sismica.

La Figura 5.8 mostra, a titolo esemplificativo, un cinematismo tipologico che interessa un fronte principale di un fabbricato in muratura che tende a ribaltare fuori dal piano per l’azione del sisma, a causa di inefficace collega-mento con le pareti trasversali.

L’inserimento di presidi antiribaltamento su un fabbricato esistente in muratura non modifica in alcun modo la rigidezza globale della costruzione, anzi ne migliora il comportamento di insieme collegando pannelli murari op-posti e/o trasversali e garantendo il cosiddetto “comportamento scatolare”. I presidi antiribaltamento si configurano tendenzialmente come catene me-talliche dotate di ancoraggio o capochiave alla estremità e/o come fasciature in materiale composito. Entrambe le soluzioni forniscono un vincolo passivo all’eventuale tentativo di ribaltamento dell’apparecchio murario proprio gra-zie alla loro capacità di resistere alle sollecitazioni di trazione. In Figura 5.9 si mostra uno schema che mette in evidenza il funzionamento di questi pre-sidi antiribaltamento a seguito di una azione orizzontale e nelle successive

Figura 5.8 – Schema tipologico di un cinemati-smo della facciata di un fabbricato in muratura

Figura 5.9 – Schema di funzionamento di un presidio antiribaltamento

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Figure 5.10 e 5.11 i particolari costruttivi relativi all’applicazione di fasce in materiale composito e catene metalliche.

5.4. Finalità 4 – “modificare un elemento o una porzione limitata della struttura”

Nella categoria “riparazione o intervento locale” possono rientrare anche tutti quegli interventi che hanno l’obbiettivo di modificare un elemento solo strutturale o anche le strutture con esso interagenti. In tal caso il progettista dovrà pensare e calcolare l’intervento in modo che questo non modifichi in

Figura 5.10 – Schema tipologico di fasciatura in materiale composito

Figura 5.11 – Esempio di capochiave di una catena metallica

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modo sostanziale (variazione di masse e/o rigidezze) la situazione ante ope-ram. L’esempio che più di altri può rientrare nella casistica in esame è la re-alizzazione di cerchiature nel caso di realizzazione di aperture su strutture murarie portanti; queste possono essere progettate senza valutare la condi-

Figura 5.12 – Schema di funzionamento di una cerchiatura metallica

Figura 5.13 – Particolari costruttivo-tipologici di cerchiatura metallica su apertura

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zione globale del fabbricato a patto che vengano previsti appunto degli ele-menti che compensino la perdita di sezioni resistenti in muratura.

Questi elementi possono configurarsi come telai costituiti da traversi e montanti in acciaio o calcestruzzo armato. I traversi fungono da architrave e da collegamento dei montanti e hanno la funzione di sostenere la mura-tura soprastante; i montanti, attraverso la propria resistenza e rigidezza fles-sionale, sono in grado di compensare la perdita di sezione muraria. È bene specificare che la cerchiatura metallica deve prevedere profili che non sot-tostimino né sovrastimino il contributo di rigidezza della porzione di mura-tura “rimossa”, proprio per mantenere una condizione il più prossima pos-sibile a quella esistente.

A titolo di esempio, si riportano in Figura 5.12 e Figura 5.13 della pagina seguente, rispettivamente, uno schema di una cerchiatura metallica per la re-alizzazione di un varco e i relativi particolari costruttivi.

5.5. Errata valutazione di intervento locale

Per rendere ancora più chiaro quanto descritto, si riportano degli inter-venti che, a primo avviso, paiono di piccola entità e che sembrerebbero rien-trare tra gli interventi locali. Tuttavia gli esempi di seguito riportati mo-dificano il comportamento globale del fabbricato e, conseguentemente, necessitano della valutazione globale da parte del progettista che dovrà redigere modelli di calcolo dell’intera unità strutturale che simulino la condizione ante operam e post operam. In questo modo è quindi possibile determinare se gli interventi comportino o meno una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti. Di seguito si riporta una serie di interventi che potreb-bero sembrare di natura “locale” ma che vanno a modificare in modo sostan-ziale il comportamento globale della struttura.

A. L’incamiciatura delle colonne (siano esse in c.a. o in muratura) può com-portare un aumento della sezione resistente e della rigidezza del singolo elemento, ma può anche comportare una modifica del comportamento globale dell’edificio. A titolo esemplificativo si riporta lo schema di una struttura semplice che viene perturbata a causa di un ipotetico intervento di modifica della sezione delle colonne (Figura 5.14). Nell’esempio grafico di Figura 5.15 si osserva invece come, a causa di una variazione di rigi-dezza di due elementi strutturali, il centro di rigidezza GR diventi eccen-trico rispetto a quello delle masse GM, favorendo l’instaurarsi di fenomeni di torsione della struttura.

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Figura 5.14 – Schema di distribuzione delle rigidezze prima di un ipotetico intervento di incamiciatura

Figura 5.15 – Schema di distribuzione delle rigidezze a seguito di un ipotetico intervento di incamiciatura

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B. La sostituzione di elementi primari sismo-resistenti con sezioni che pos-sano comportare una variazione della ripartizione delle azioni orizzontali.

C. Il getto estradossale di rinforzo per la realizzazione di una cappa su un so-laio in latero-cemento modifica sostanzialmente il comportamento di un impalcato che potrebbe passare da comportamento “non rigido nel pro-prio piano” a “rigido nel proprio piano”. In aggiunta, ciò potrebbe in al-cuni casi comportare anche un aumento di massa non trascurabile.

Si tiene a specificare che, nel caso di impalcato non rigido, le azioni oriz-zontali vengono ripartite sugli elementi primari sulla base delle aree di in-fluenza, nel caso di impalcato rigido la ripartizione avviene in base alla ri-gidezza degli elementi. Si mostra la differente valutazione di un modello di calcolo per la presenza o meno di impalcati rigidi; si fa notare infatti come, nel caso di piano rigido, la massa del solaio venga schematizzata come un’unica entità (Figura 5.16), in caso contrario ogni elemento strut-turale possiede una sua massa indipendente (Figura 5.17).

Figura 5.16 – Schema delle masse con impalcati rigidi

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Figura 5.17 – Schema delle masse con impalcati non rigidi

D. La realizzazione di interventi di consolidamento su murature esistenti può non rientrare in intervento locale; infatti interventi come gli intonaci ar-mati, seppure localizzati, possono comportare un incremento notevole di ri-gidezza. Anche in questo caso, quindi, un intervento può implicare una mo-difica della ripartizione delle azioni orizzontali, specialmente nel caso di im-palcati rigidi. Per poter rientrare nella categoria di intervento locale, è quindi obbligatorio redigere due modelli di calcolo che simulino la condizione pre e post intervento dimostrando che i livelli di sicurezza non diminuiscono.

E. Il consolidamento delle opere fondali realizzato in maniera non diffusa, sia esso conseguito tramite allargamento della sezione delle fondazioni oppure con l’inserimento di micropali. Esso infatti può comportare una modifica sensibile del comportamento della struttura in quanto local-mente viene a modificarsi il coefficiente di sottosuolo che simula l’inte-razione struttura-terreno. La variazione del coefficiente del sottosuolo incide sensibilmente sulla ripartizione delle azioni verticali delle strut-ture; anche in questo caso un intervento che di per sé risolve una vulne-rabilità potrebbe comportare un peggioramento del funzionamento glo-bale della struttura. Si propone di seguito (Figura 5.18) la deformata di

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un modello di calcolo che tiene in conto del consolidamento della fonda-zione tramite l’inserimento di micropali: si noti come, proprio in corri-spondenza dell’intervento di consolidamento, vi siano minori cedimenti e, conseguentemente, maggiori sollecitazioni sugli elementi coinvolti.

5.6. Esempi applicativi

Nel seguito si riporta una serie di esempi applicativi relativi alla realizza-zione di interventi locali.

5.6.1. Cerchiatura metallica: intervento locale ma non soloL’apertura di un nuovo varco all’interno di una parete muraria può rica-

dere nella categoria di intervento locale a patto che tale intervento struttu-rale non comporti una modifica sostanziale in termini di rigidezza e resi-stenza del maschio murario interessato. Nell’aprire questo vano, infatti, la parete diminuisce di rigidezza e resistenza, per cui nasce l’esigenza del ripri-stino dello stato originario.

La soluzione che spesso viene adottata è quella di inserire una cerchiatura metallica in corrispondenza del perimetro della nuova bucatura. In funzione

Figura 5.18 – Deformazioni statiche (in verde) di una struttura muraria consolidata localmente; si noti la riduzione di cedimenti nella zona cerchiata in rosso che individua l’intervento