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La produzione snella

ing. consuelo rodriguez

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Il termine produzione snella (lean production) è stato ideato nel 1992 dai

ricercatori del MIT Womack e Jones, nel loro best-seller “La Macchina che ha

cambiato il mondo”, in cui illustrano il sistema di produzione che ha permesso

all’azienda giapponese Toyota di ottenere risultati nettamente superiori a tutti i

concorrenti nel mondo.

Negli anni il modello della lean production è stato affinato, assumendo anche

altre denominazioni, quali lean organization, lean manufacturing, lean service,

lean office, lean enterprise e persino lean thinking (pensiero snello), a indicarne

la natura di “filosofia” industriale che ispira sostanzialmente tutti i metodi e le

tecniche.

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La produzione snella

La produzione snella (lean production) è un

insieme di principi, metodi e tecniche per la

gestione dei processi operativi, che mira ad

aumentare il volume percepito dal cliente finale

e ridurre sistematicamente gli sprechi.

Questo è possibile solo con il coinvolgimento

di persone motivate al miglioramento continuo.

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L’obiettivo della Produzione Snella è “fare sempre di più

con sempre di meno”:

• meno tempo

• meno spazio

• meno sforzo

• meno macchine

• meno materiali

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Cenni storici: le tappe fondamentali della lean production

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WCM -World Class Manufactoring Ispirandosi in modo originale ai principi, ai metodi e alle tecniche della

lean production, il metodo World Class Manufacturing (WCM),

sviluppato negli Stati Uniti negli anni ’90, viene introdotto in Italia dal

gruppo FIAT (oggi FCA) attorno al 2005 e attualmente rappresenta

uno dei migliori standard di produzione a livello mondiale, applicato

con successo da tutti gli stabilimenti del Gruppo Fiat.

Così come il Lean, si tratta di un modello integrato che riguarda

l’organizzazione della fabbrica nel suo complesso: dalla gestione degli

aspetti ambientali e di sicurezza sul lavoro, alla manutenzione, fino

alla logistica con particolare attenzione all’eliminazione degli sprechi.

Il WCM si applica a tutti gli ambiti della produzione con l’obiettivo di

ottimizzare i risultati attraverso il miglioramento continuo dei processi e

della qualità del prodotto, il controllo e la progressiva riduzione dei

costi di produzione, la flessibilità di risposta alle esigenze del mercato

e il coinvolgimento e la motivazione delle persone.

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Organizzazione del WCM

Il sistema ruota attorno a dieci pilastri tecnici e a dieci pilastri

manageriali.

Un audit esterno valuta il grado di applicazione dello standard

raggiunto dallo stabilimento e stabilisce così un punteggio che si

traduce in quattro tipi di certificazione:

• Bronzo

• Argento

• Oro

• World class

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Pilastri tecnici

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Il WCM viene raffigurato come un tempio retto da 10 pilastri tecnici (pilar)

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Pilastri tecnici

SA Safety - Sicurezza del Posto di lavoro

CD Cost Deployment - Fonti di perdita economica

FI Focus Improvement - Miglioramento Focalizzato di uno specifico

problema

AM + WO Autonomous Maintenance - Workplace Organization

PM Professional Maintenence - Manutenzione professionale

QC Quality Control - Controllo Qualitativo

L&CS Logistic / Customer Services

EEM + EPM Early Equipment Management, Early Product Management -

Strategia di acquisizione dei mezzi di lavoro / processi

ENV Enviroment - Ambiente e sfruttamento servomezzi energetici

PD People Development - Sviluppo delle competenze del personale

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Pilastri manageriali I10 pillar manageriali che debbono operare in modo che il

sistema/stabilimento sia adeguato a sostenere le attività dei pillar

tecnici

OPL One Point Lesson

SOP Standard Operating Procedure

SMP Standard Manutentive Procedure

4M MAN/METHOD/MATERIAL/MACHINE metodo di scomposizione del

problema per identificare le aree sensibili

5W 5 WHY porsi domande sul perché di un fenomeno

5W+1H WHAT/WHERE/WHEN/WHICH/WHO/HOW posizionare il

fenomeno nell’ambito di questi item

3M valutazione oggettiva del posto di lavoro

KAIZEN progetti specifici di miglioramento

KPI Key Performance Indicators – Indicatori oggettivi dei risultati

KAI Indicatori delle attività (vedi Kaizen)

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PRINCIPI DEL PENSIERO

SNELLO (LEAN THINKING)

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Il lean oltre che un metodo da applicare è

innanzitutto una forma mentis cioè un modo di

pensare che ispira il metodo stesso.

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I 5 principi del Lean thinking

Il Lean si fonda su 5 principi:

1. Valore (Value): ciò che il cliente è disposto a pagare; tutto il resto è spreco

2. Mappatura (Mapping): Per eliminare gli sprechi occorre mappare il flusso

del valore ossia delineare le attività in cui si articola il processo operativo

distinguendo tra quelle a valore aggiunto e quelle non a valore aggiunto

3. Flusso (Flow): Il processo di creazione del lavoro è visto come un flusso

che deve scorrere in modo continuo

4. Produzione tirata (Pull): Soddisfare il cliente significa produrre solo quello

che vuole, solo quando lo vuole e solo quanto ne vuole. La produzione è

“tirata” dal cliente e non “spinta” dal produttore

5. Perfezione (Perfection): La perfezione è il punto di riferimento cui si deve

tendere attraverso il miglioramento continuo. Corrisponde alla completa

eliminazione degli sprechi

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Gli sprechi (MUDA)

E’ spreco tutto ciò che

consuma risorse, in

termini di costo e tempo,

senza creare valore per

il cliente.

Gli sprechi sono

classificati in 7 tipologie

(seven Wastes) tra cui la

più grave è la

sovrapproduzione in

quanto è all’origine degli

altri tipi di sprechi.

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Metodi per eliminare gli sprechi

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Le 3 MU: Muda – Muri - Mura

I Muda sono solo uno dei

tre elementi negativi che il

lean combatte nei processi,

ovvero le cosidette 3 “MU”:

Muda: spreco, perdita

Muri : cosa irragionevole,

innaturale

Mura: irregolarità, instabilità

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Obiettivo zero Gli obiettivi fondamentali della produzione snella sono rappresentati nella così

detta “casa del lean”

Alla base due concetti fondamentali:

1. Standardizzazione (Standard Work) che fa ampio uso della Gestione Visiva (Visual

Management)

2. Miglioramento Continuo (Kaizen) che fa leva su specifiche tecniche di Problem

Solving.

I 4 pilastri sono:

Questi singoli obiettivi, che concorrono ad ottenere Zero Sprechi (muda), si trasformano

in Valore percepito dal Cliente, in termini di qualità, di costo e di tempo.

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Just In Time Jit Zero scorte

Autonomazione Jidoka Zero difetti

Manutenzione produttiva Total Productive Maintenance

TPM

Zero fermi

Organizzazione del

posto di lavoro

Workplace Organization

WO

Zero

Inefficienze

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1. LOGISTICA:ZERO SCORTE –

JUST IN TIME

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Logistica: zero scorte (Just in time)

Metodo logistico-produttivo il cui obiettivo è

quello di produrre e consegnare al cliente:

• Solo cosa richiesto

• Solo quando richiesto

• Solo quanto richiesto

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Insieme all’autonomazione (contrazione di autonomia e automazione - concetto

che prese vita intorno al 1980, con lo sviluppo della lean production , fu

introdotto per primo dalla fabbrica automobilistica giapponese Toyota), il JIT è

il pilastro principale della lean production, in quanto conferisce rapidità e

flessibilità al sistema logistico-produttivo e risulta nella progressiva riduzione di

tutti i tipi di sprechi.

In particolare, con il Just-In-Time si ottengono notevoli riduzioni di:

• tempo di attraversamento (lead time), impiegato per produrre e consegnare

il prodotto al cliente, grazie alla riduzione dello spreco da attesa

• spazio di stabilimento, necessario per contenere il flusso di produzione e le

relative scorte, grazie alla riduzione degli sprechi da sovrapproduzione, scorta

inutile e trasporto.

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Le regole del JIT

Non produrre se il cliente non lo richiede

Livellare la domanda

Collegare tutti i processi alla domanda del

cliente con semplici strumenti visivi (kanban)

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Elemento operativi di un JIT

- Flusso continuo (continuous flow)

- Produzione snella tirata dal cliente (pull

system)

- Livellamento della produzione (heijunka)

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Mappatura del flusso (Value Stream

Mapping – VSM)

La mappatura del flusso del valore consiste nella rappresentazione

grafica di tutti i passaggi dei flussi di materiali e informazioni che

portano un determinato prodotto dall’ordine al la consegna.

Questo strumento permette di individuare in modo immediato e visivo

gli sprechi, quindi le opportunità di miglioramento. Il metodo prevede di

tracciare prima la mappa dello stato attuale (as is), per poi proporre

dei cambiamenti da inserire nella mappa dello stato futuro

(to be).

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Flusso continuo (continuous flow)

La produzione di massa tradizionale prevede che il

materiale venga lavorato a grandi lotti. Questo sistema

prevede a interporre tra le diverse fasi di lavorazione dei

magazzini intermedi in cui i semilavorati stazionano,

formando come una coda (batch and queue)

La produzione snella o a flusso continuo prevede la

riduzione progressiva della dimensione dei lotti tendendo

idealmente a 1 lotto = 1 pezzo (one piece flow). In tal

modo la produzione fluisce in modo continuo senza

interruzioni, attese e magazzini di semilavorati.

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Batch-and-queue production

One piece flow

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Sistema pull

Il sistema pull è un metodo per controllare il flusso di

materiali basato sul reintegro sistematico solo di ciò che

effettivamente viene consumato.

La produzione è tirata (pull) dal cliente in quanto ogni fase

di lavorazione avviene solo se richiesto dalla fase di

lavorazione a valle.

I processi di produzione sono livellati in quanto vi è una

distribuzione costante di carichi di lavoro tra stazioni

successive.

Il principale obiettivo del sistema pull è di evitare la

sovrapproduzione in quanto tale approccio vincola a

produrre solo se necessario

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La movimentazione e la produzione di materiali o

componenti tra fasi di lavorazione successive è autorizzata

dal Kanban (cartellino) nel quale verranno riportate

informazioni visuali che indicano: cosa,quando e quanto

produrre.

Il Kanban permette il flusso continuo

dell’approvvigionamento costituendo lo strumento

principale di realizzazione del JIT

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Livellamento della produzione (heijunka) L’irregolarità (mura) della produzione e il carico eccessivo (muri)

costituiscono, insieme agli sprechi (muda) uno dei tre elementi negativi

dei processi (le tre Mu) che il lean punta ad eliminare.

Al fine di rendere più regolare l’attività di una linea produttiva è

necessario:

Regolarizzare la domanda del cliente (qualora possibile) attraverso

il livellamento delle consegne (level selling)

Regolarizzare la produzione attraverso il livellamento della stessa

(heijunka) ottenuto con la produzione frequente di piccoli lotti di ogni

prodotto alternati con piccoli lotti di altri prodotti.

In tal modo sarà più facile

Adattarsi rapidamente alla variazione della domanda

Ridurre i carichi eccessivi

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Il livellamento è il fondamento indispensabile per la corretta applicazione del

metodo JET

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2.QUALITA’: ZERO DIFETTI –

AUTONOMAZIONE (JIDOKA)

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L’autonomazione /jidoka)

L’“autonomazione” (jidoka), descritta anche come

automazione intelligente” o “automazione a misura

d’uomo”, è un metodo preventivo di gestione della qualità,

in cui operatori e macchine si auto-attivano per identificare

le anomalie dei processi, comprenderne le cause ed

eliminarle prontamente.

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L’efficacia dell’autonomazione deriva dalla capacità di individuare gli errori

Prima che si trasformino in difetti sul prodotto, di arrestare il processo se

necessario, e di rendere le cause dei problemi visibili appena questi si

verificano, facilitandone così l’eliminazione.

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Nella lean production l’autonomazione ha un’importanza nettamente

superiore all’automazione, in quanto solo l’eliminazione sistematica

delle anomalie può permettere il flusso continuo tirato dal cliente

proprio del Just-In-Time, oltre a rendere possibili forti aumenti di

produttività con le lavorazioni multi-macchina e multi-processo.

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L’autonomazione si pone l’obiettivo di ottenere zero difetti,

quindi qualità al 100%, in quanto nessun cliente è

disponibile a tollerare un prodotto difettoso.

Essa va così al di là del tradizionale approccio statistico

alla qualità, che si limita a ridurre i difetti entro una

percentuale “accettabile”, ma non punta a eliminarli del

tutto. In una produzione industriale, accettare una

difettosità dello 0,1% (uno per mille) equivale ad accettare

un atterraggio pericoloso al giorno in un aeroporto

internazionale.

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Sistemi “a prova di errore” (poka-yoke)

Il principale strumento dell’autonomazione è il

poka-yoke, che in giapponese significa “a

prova di errore”.

I poka-yoke (P-Y) sono dispositivi, meccanismi

o semplici accorgimenti atti ad evitare che gli

errori si trasformino in difetti.

Senza saperlo, la nostra vita quotidiana è

disseminata di poka-yoke

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I poka-yoke si basano su una logica di prevenzione dei difetti e di gestione

della qualità alla fonte.

Essi sono più efficaci quando consentono un controllo assoluto, forniscono

un riscontro immediato, sono semplici, robusti, affidabili ed economici, e

quando non richiedono particolare attenzione da parte dell’operatore.

È preferibile che tali soluzioni siano ideate già in fase di sviluppo del prodotto

e del processo.

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Principali metodi di rilevamento delle anomalie con relativi esempi di

Soluzioni poka-yoke

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Esempi di poka-yoke

in ambito manifatturiero.

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3. MACCHINE: ZERO FERMI – MANUTENZIONE PRODUTTIVA (TOTAL

PRODUCTIVE MAINTENANCA – TPM)

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Total Productive Maintenance(TPM)

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Il Total Productive Maintenance(TPM) è un programma di

miglioramento continuo che riguarda l’impiego efficace ed efficiente

delle macchine e degli impianti.

Con questo nuovo approccio la responsabilità della manutenzione degli

impianti è estesa a più livelli,spettando quindi non solo ai manutentori

ma anche, anzi soprattutto, agli operatori diretti. Essi sono coinvolti

nella manutenzione, in progetti di miglioramento e in riparazioni

semplici, tutte attività che diventano parte della loro routine. Per

esempio gli operatori si occupano quotidianamente di lubrificare, pulire

e controllare le macchine che utilizzano.

Il TPM si basa sul coinvolgimento totale delle persone e sulla

prevenzione come principale strumento di eliminazione delle perdite.

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Sono tre le tipologie di perdite che minano l’efficienza degli impianti:

1) perdite per fermi

• guasti

• attrezzaggi e regolazioni

2) perdite per microfermate e velocità

• funzionamento a vuoto e microfermate

• riduzione di velocità

3) perdite per difetti

• difetti e riparazioni

• resa all’avviamento.

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La manutenzione autonoma

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La manutenzione autonoma è l’attività

attraverso cui gli operatori, oltre a

utilizzare le macchine, si occupano

anche di monitorarne lo stato,

ripararne le anomalie e ripristinarne le

condizioni iniziali.

Gli operatori, che meglio di tutti

conoscono la funzione e la struttura

delle macchine, acquisiscono così le

competenze utili a scoprire le

anomalie e imparano a compiere

attività di manutenzione e facili

riparazioni.

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I sette passi della manutenzione autonoma

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Manutenzione programmata

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La manutenzione programmata mira a ridurre i guasti attraverso interventi di

prevenzione che, in questo caso, richiedono la competenza specializzata dei

manutentori.

In particolare occorre prevenire il deterioramento dei componenti, prolungarne

la vita utile e regolarizzarne la manutenzione.

Per dare visibilità a questo sistema, si imposta un piano di manutenzione che

definisce le azioni periodiche necessarie, specificando per ognuna diversi

aspetti: i componenti e le parti della macchina su cui intervenire, i contenuti e le

modalità di intervento (metodi, attrezzi, parametri, ecc), l’operatore

responsabile, la frequenza.

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Set-up rapido

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Il principio del set-up rapido, noto anche con gli acronimi SMED (Single

Minute Exchange of Die) e RTS (Rapid Tool Setting), è quello di ridurre

al minimo i tempi di attrezzaggio delle macchine.

I tempi di attrezzaggio rappresentano uno spreco, in quanto costringono le

macchine a stare ferme quindi a non produrre valore.

Lo SMED è un’attività semplice, che tuttavia richiede rigore metodologico e

attenta analisi. Esso consiste, anzitutto, nell’individuare e separare le

attività “interne” dalle attività “esterne”:

• Attività “interne”: azioni che necessariamente si devono fare a

macchina ferma (inserimento stampo, staffaggio, ecc),

• Attività “esterne”: azioni che si possono eseguire anche a macchina in

movimento (ricerca materiale, ricerca utensili, riposizionamento strumenti,

registrazione intervento, ecc).

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Una volta che le attività “esterne”

vengono ad essere “spostate” al di

fuori del tempo di attrezzaggio, la

tecnica SMED suggerisce di ridurre

al minimo le attività “interne”, in

modo da limitare ulteriormente il

tempo in cui la macchina è ferma. Si

tratta quindi di interventi di

miglioramento, ad esempio la

sostituzione dei dispositivi “non

rapidi” (centraggi, staffe, barre

filettate, dadi non standard, ecc) con

altri “rapidi” (guide, attacchi a

baionetta, viti a mezzo giro, ecc).

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4. PERSONE: ZERO INEFFICIENZE ORGANIZZZAZIONE DEL POSTO DI LAVORO

(WORKPLACE ORGANIZATION)

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L’organizzazione del posto di lavoro (Workplace

Organization WO) è uno degli strumenti fondamentali

per migliorare l’efficienza, la qualità e la sicurezza dei

processi.

Permette di facilitare il fluire del lavoro e di eliminare gli

sprechi relativi a:

Spazi occupati

Tempi di ricerca

Movimenti e spostamenti

Rilavorazioni e controlli

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Metodo delle 5S

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One Point Lesson (OPL)

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Semplice

strumento atto a

focalizzare in un

unico punto (one

poin) un elemento

di formazione

(lesson).

Generaòmente

l’0intero oggetto di

formazione è

cintenuto in un

foglio A4 ed è

costituito da brevi

concetti di

immediata

comprensione,

fotografie, schizzi,

disegni.

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5. STANDARDIZZAZIONE

(STANDARD WORK)

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La standardizzazione consiste nell’attività di

definizione, mantenimento e miglioramento

degli standard ossia delle procedure di lavoro

che guidano ogni operatore in un processo

produttivo.

Costituisce la base di un miglioramento

continuo

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6. MIGLIORAMENTO

CONTINUO (KAIZEN)

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KAIZEN

KAI (cambiamento) ZEN (bene)

“cambiamento verso il meglio”

Il Kaizen è una strategia di management

giapponese che significa "cambiare in meglio" o

"miglioramento lento e continuo": un credo che si

basa sulla convinzione che tutti gli aspetti della

vita possano essere costantemente migliorati.

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• Questo metodo giapponese incoraggia e caldeggia piccoli miglioramenti da

farsi giorno dopo giorno, in maniera continua. Il kaizen, presentato

inizialmente da Toyota e applicato sempre più in tutto il mondo, si basa sul

principio che l'energia viene dal basso, ovvero sulla comprensione che il

risultato in un'impresa non viene raggiunto dal management, ma dal lavoro

diretto sul prodotto.

• L'aspetto più importante del Kaizen è proprio il processo di miglioramento

continuo che c'è alla base. Si tratta di un metodo soft e graduale che si

oppone alle abitudini occidentali di eliminare ogni cosa che sembra non

funzionare bene per rifarla da capo.

In Giappone, tra l'altro, dove ha avuto origine il concetto di Kaizen, questo

strumento si applica a tutti gli aspetti della vita, non solo al posto di lavoro.

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Problem solving

Gli strumenti dicui si avvale il processo di

risoluzione dei problemi (problem solving)

sono:

5 Perchè (5 Whys)

5 W+1H

3 Gen

4 M+A

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5 Perchè (5 Whys)

Questa tecnica porta a

identificare la causa

“radice” di un problema

non fermandosi alla

soluzione apparente ma

ponendosi una serie

consecutiva di “perché?”

simbolicamente almeno

5.

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Cosa (What): definisci qual’è il problema che vuoi affrontare. Cosa

vuoi migliorare? Quale aspetto crea problemi? Cosa funziona?

Perchè (Why): cerca di capire o immaginare i motivi che causano

un problema, o generano una situazione, così come perché si usano

già certe soluzioni. Perchè si è sempre fatto così? Perchè succede

A dopo B? Perchè questo funziona in certe situazioni e in altre no?

Chi (Who): definisci chi si può occupare del problema. Tu? Un tuo

socio? Qualcuno che conosci a cui proporre una collaborazione? Se

stai valutando 2 idee alternative, chi fa cosa?

Dove (Where): considera il luogo dove si colloca il tuo problema.

Dove accade quella situazione che vuoi risolvere? Dove la si può

risolvere?

Quando (When): considera anche le variabili temporali. Quando

succede quello che osservi? Quando può essere risolto? Quando si

creano determinate condizioni?

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5 W+1H

What (che cosa9?

When (quando)?

Where (dove)?

Who (chi)?

Which (quale)?

How (come)?

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Lo strumento 5W1H fa parte di quel bagaglio di conoscenze che

ogni professionista della Qualità dovrebbe padroneggiare perché

può aiutarlo a fare un'analisi strutturata di un lavoro o di un'attività e,

quindi, di un intero processo.

Costruire una checklist impostata sul famoso strumento 5W1H ci

aiuta ad utilizzare a livello operativo una tecnica di miglioramento

che spesso viene sottovalutata perché considerata semplice e quasi

infantile ma che è davvero fantastica se viene compresa fino in

fondo e utilizzata bene dai gruppi di lavoro che si occupino di BPR

(Business Process Reengineering: strumento utilissimo per tutte

quelle organizzazioni che vogliono diventare più efficienti e

moderne perché è in grado di trasformarle, influenzandone

direttamente le prestazioni.

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Per costruire la nostra lista di riscontro iniziamo a chiederci:

La prima "W": chi?

Chi fa questa cosa abitualmente?

Chi la sta facendo in questo momento/periodo?

Chi dovrebbe farla?

Chi altro potrebbe farla?

Chi altro dovrebbe farla?

La seconda "W": cosa?

Cosa prevede questa attività?

Cosa viene fatto in realtà?

Cos'altro si potrebbe fare?

Cos'altro si dovrebbe fare?

La terza "W": dove?

Dove si dovrebbe svolgere l'attività?

Dove viene svolta effettivamente?

Dove altro si potrebbe svolgere?

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La quarta "W": quando?

Quando deve essere svolta l'attività?

Quando viene effettivamente svolta?

Quando potrebbe essere svolta in alternativa?

La quinta "W": perché?

Perché viene svolta questa attività?

Perché viene svolta da una certa persona?

Perché si dovrebbe svolgere questa attività in un certo modo?

Perché viene svolta in un altro modo?

Perché si svolge in un certo posto?

Perché si svolge in un certo momento?

L'"H": come?

Come dovrebbe essere svolta questa attività?

Come viene svolta in realtà?

Come potrebbe essere svolta l'attività se decidessimo di prendere in

considerazione un approccio differente?

Come potremmo utilizzare in altre attività questo modo di procedere?

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5 W + 1 H What? Quale pezzo sto producendo? Di che materiale è fatto?

When? In quale fase della produzione dìsi è verificato il problema?

Where? Su quale parte del pezzo si è verificato il problema?

Who? Questo problema è capitato solo a me o anche ad altri?

Which? C’è una correlazione tra il problema e qualche evento specifico?

How? Come si è manifestato il fenomeno?

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3 Gen Il metodo fornisce alcune indicazioni per facilitare la risoluzione di un

problema esaminando anche cause correlate

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4 M + A (metodo di Ishikawa) Il metododi Ishikawa è una tecnica manageriale utilizzata nel

settore industriale e nei servizi per individuare la/le causa/e più probabile/i di

un effetto (o problema). È anche chiamato diagramma causa-

effetto o diagramma a lisca di pesce.

Nel campo manifatturiero, le cause o i fattori che influenzano un processo

produttivo sono spesso organizzate in quattro macrogruppi, che sono:

manodopera

macchine (compresa l'energia impiegata, gli strumenti di lavoro e di misura)

materiali (materie prime e ausiliarie)

metodi (procedure o prassi operative).

A queste quattro poi se ne è aggiunta una quinta: l'ambiente, per cui si parla di

“4 M + A” o "5M". Poiché però ambiente non inizia per "m", si è scelta la

lingua francese: il quinto fattore diventa così il Milieu

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PDCA

Noto anche come ciclo di Deming, la sigla PDCA è formata dalle iniziali delle seguenti parole inglesi: Plan (pianificare), Do (fare), Check (controllare) e Act (agire).

E' un ciclo che si applica a tutti i processi e ne consente la realizzazione e la gestione (verifica dei risultati e miglioramento continuo)

Plan (Pianificare): Decidere Cosa fare, come farlo, in che tempi. Stabilire gli obiettivi ed i processi necessari per fornire risultati conformi ai requisiti del cliente ed alle politiche dell'organizzazione

Do (Fare): Fare quanto pianificato. Dare attuazione ai processi;

Check (Controllare): verificare se si è fatto quanto pianificato attraverso dati oggetivi (misurazioni). Monitorare e misurare i processi ed i prodotti a fronte delle politiche, degli obiettivi e dei requisiti relativi ai prodotti e riportarne i risultati;

Act (Agire): adottare azioni per migliorare in modo continuativo le prestazioni dei processi;

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