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L’ŒIL GOURMAND Un percorso nella natura morta dal Cinquecento al Novecento

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    L’ŒIL GOURMAND

    Un percorso nella natura mortadal Cinquecento al Novecento

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    L’ŒIL GOURMAND

    Un percorso nella natura mortadal Cinquecento al Novecento

    La tavola imbandita da Fede Galizia a Evaristo Baschenis, da Giacomo Cerutia Ennio MorlottiDipinti da una collezione privata

    P a l a z z o C r e d i t o B e r g a m a s c oBergamo, Largo Porta Nuova 2dal 29 settembre al 19 ottobre 2012

    La mostra L’œil gourmand viene realizzata inoccasione della presentazione al pubblico delrestauro - promosso e realizzato dalla FondazioneCredito Bergamasco presso la Sala Consiliaredella Banca - relativo all’imponente dipinto diAlessandro Allori Ultima Cena (1582).

    L’esposizione L’œil gourmand prosegue poi presso:Museo d’Arte e Cultura Sacra - Sala Mons. AlbertiRomano di Lombardia (BG) - Piazza Fiume, 5dal 3 novembre al 9 dicembre 2012

    CuratoriSimone FacchinettiAngelo Piazzoli

    FotografieLidia Patelli

    Progetto graficoDrive Promotion Design

    Art DirectorMarco Valota

  • L’ŒIL GOURMAND

    Un percorso nella natura mortadal Cinquecento al Novecento

    La tavola imbandita da Fede Galizia a Evaristo Baschenis, da Giacomo Ceruti a Ennio Morlotti

  • Immagino già i pensieri e i commenti dichi - inoltrandosi nella lettura dellapresentazione a questo catalogo - si porràil dubbio sulla coerenza di una prefazionededicata a un importante intervento direstauro quando il titolo della pubblicazionee della mostra da recensire richiama benaltro tema, la natura morta, delineando unsuggestivo percorso alla scoperta del soggettodella tavola imbandita nel corso di secolidella storia dell’arte (dal Cinquecento diFede Galizia al secondo Novecento di EnnioMorlotti). Per ragioni di competenza tecnica, benvolentieri lascio che la disamina critica sulpredetto argomento venga svolta da unvalente storico dell’arte quale SimoneFacchinetti, Conservatore del MuseoBernareggi di Bergamo; e di ciò il lettore saràcertamente riconoscente. Mi limito invecead articolare un ragionamento - speroconvincente - sulla genesi di una mostradi eccellenza che non nasce di per sé(impropriamente si potrebbe dire che“non brilla di luce propria”, pur essendodecisamente sfavillante) ponendosi inveceal servizio di un’ importante iniziativa dellaFondazione Creberg nel campo del restauro.

    Intendiamoci; la mostra è di altissimaqualità, le opere eccellenti, gli artisti digrande livello, il percorso suggestivo edaccattivante. Essa rappresenta inoltre unaopportunità unica per ammirare quarantaopere tratte da una importante collezioneprivata la cui visione è in re ipsa privilegiodi pochi, esteso a tutti - solamente nelperiodo della mostra - grazie alla generositàdel mecenate prestatario.Tuttavia l’esposizione è un “collaterale”,la cui genesi va adeguatamente spiegata.Nel corso del tempo il Credito Bergamasco ela sua Fondazione hanno sostenuto centinaiadi restauri. L’elenco degli interventirealizzati grazie ai contributi stanziati è ditutto riguardo e tocca molte opere d’arte enumerosi monumenti architettonicidisseminati sul nostro territorio. Sia museiche parrocchie, sia enti territoriali che comunitàhanno potuto contare sull’appoggio solidalee concreto di Banca e Fondazione.Negli ultimi anni si è apportata unamodifica alle modalità di intervento;tale mutamento ha comportato un radicalecambiamento nella programmazione e,soprattutto, nella fruizione di alcuni restauri.Nel proseguire infatti, con immutata

    Il Cenacolo di Astino: l’ingiusto oblioDa un grande restauro, la riscoperta di un capolavoro dimenticatoAngelo Piazzoli

    Alessandro Allori, Ultima Cena, Bergamo, Palazzo della Ragione

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    convinzione, il sostegno all’ambito dellaconservazione del patrimonio storico/artistico,vi è ora la particolarità che - per progettidi particolare rilevanza, riguardanti operedi significativo pregio - le modalitàoperative si diversificano significativamente. Per queste opere, in passato, i soggetti chevenivano a conoscenza di ciò che stavaaccadendo erano gli operatori del settore ogli appartenenti alla comunità che potevausufruire di un determinato restauro. Ora -anzi da circa quattro anni - uno degliambienti di rappresentanza dell’Istituto dicredito (la Sala Consiliare) è stato parzialmentetrasformato in laboratorio di restauropermanente. Nello stesso luogo del PalazzoStorico del Credito Bergamasco - direi il piùrappresentativo - i visitatori interessatipossono periodicamente seguire da vicinole delicate operazioni di restauro dinumerose opere d’arte. Sul piano della comunicazione questastrada è di particolare importanza e digrande efficacia. Migliaia di persone sonoaccorse a vedere alcuni capolavori dellapittura sottoposti, ultimamente, a interventiconservativi. I vantaggi sono evidenti: chiunquepuò entrare in un luogo generalmente

    riservato (di norma accessibile solo per gliaddetti ai lavori), può conoscere le operazionialle quali l’opera viene sottoposta,può rendersi conto direttamente deirisultati conseguiti.In realtà la formula di ospitare l’opera incorso di restauro, prima di farla tornare nelsuo luogo d’origine, ottiene successo perchénasce in primis come operazione di servizioalla Comunità, la quale risponde concrescente entusiasmo avendo l’opportunitàdi seguire, passo dopo passo, i lavori. Nelleesposizioni il pubblico può interloquire coni restauratori sulle tecniche utilizzate,ammirare le opere da vicino (come mai peresse è stato possibile) e approfondire letematiche storico/artistiche tramite le visiteguidate ovvero per mezzo delle pubblicazioniche la Fondazione periodicamente edita ati tolo divulgativo. I l tutto in modoassolutamente gratuito, in una concezionedi “servizio pubblico”.Negli ultimi tre anni la Fondazione haconcentrato i suoi sforzi su opere di LorenzoLotto. L’occasione è stata determinata dallamirabile esposizione alle Scuderie delQuirinale - tenutasi nella primavera del2010 - che ha potuto contare su un numero

    Presentazione e illustrazione al pubblico di restauri nella Sala Consiliare del Credito Bergamasco

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    davvero significativo di opere eseguite dalpittore durante il suo lungo soggiornobergamasco (1513-1525). Dalle Predelledella Pala Martinengo al Polittico diPonteranica, fino alla straordinaria Pala diSan Bernardino ovvero alla splendidaTrinità: tutte opere giunte a Roma dopoessere state messe in sicurezza in Banca. Ma non solo; dopo i restauri promossi perfar sì che le opere bergamasche pervenisseroal Quirinale in ottime condizioni - oratornate, con soddisfazione di tutti, nelleParrocchie di provenienza (restaurate aregola d’arte e a costo zero per le stesse…) -la Fondazione Credito Bergamasco ha poiconcentrato i propri sforzi su altre opere diLorenzo Lotto, anch’esse bisognose diintervento (quali la smagliante SacraFamiglia con Santa Caterina d’Alessandriadell’Accademia Carrara di Bergamo e lamonumentale Pala di Sedrina), su unsuggestivo dipinto del Moretto La Vergineche adora il Bambino, sull’Assunzionedella Vergine, imponente opera del Figinodi proprietà della Banca.Come dicevamo, tutti questi interventisono stati presentati al pubblico in progressnelle aperture della sede storica inconcomitanza con le esposizioni di arte classicao moderna promosse periodicamente nel

    salone principale della Banca; la scelta dicoinvolgere direttamente il pubblico e direnderlo più consapevole ha riscossogrande successo sia in termini quantitativi(soprattutto nei weekend di apertura,costantemente affollati) sia sul pianosocio/culturale, in quanto è fondamentale -a nostro avviso anche in periodi di crisi -proseguire, per quanto possibile, nellasalvaguardia del patrimonio artistico, cherappresenta per l’Italia una risorsa la cuivalorizzazione autentica comporterebbericadute non solo storico/artistiche maanche economico/occupazionali, se solovenisse percepita e sviluppata come fattorestrategico di sviluppo.Ma ecco l’ultimo intervento. Una grandesorpresa; un quadro monumentale edimenticato; un dipinto dalle dimensionieccezionali, proveniente dal soppressomonastero di Astino; una tela collocatanella sala delle Capriate in Palazzo dellaRagione, realizzata da un grande autorefiorentino, firmata e datata 1582: l’UltimaCena di Alessandro Allori.L’opera è pervenuta nella sede del CreditoBergamasco - dopo un complesso “trasloco”che ha richiesto trasporti eccezionali e

    Illustrazione al pubblico dei lavori da parte delrestauratore

    Visita guidata riservata a scolaresche

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    una particolare attenzione - nel marzo 2012ed è stata collocata nella Sala Consiliareove operano quotidianamente gli specialistidel restauro. Nel maggio 2012 è statapresentata alla parziale visione del pubblicomediante l’esibizione di un ampio campionedi pulitura. È stato un grande successo; laporzione del dipinto soggetta al delicatointervento di restauro ha fatto presagire ilrisultato finale, di sicuro interesse per glistorici dell’arte e per il pubblico deivisitatori in vista della globale presentazionedel dipinto in tutta la sua eccezionalità.Pertanto, nell’ambito delle attività espositivepromosse dalla Fondazione Creberg perl’autunno 2012, l’attenzione del visitatoresarà precipuamente richiamata - tramiteuna scenografia creata appositamente nellaSala Consiliare del Palazzo Storico delCredito Bergamasco - proprio sull’UltimaCena del pittore fiorentino Alessandro Alloridetto Il Bronzino. Il celebre cenacolo, dipintoper il refettorio del monastero di Astino, èstato poi allocato presso il Palazzo dellaRagione di Bergamo a seguito delle soppressioninapoleoniche e lì dimenticato. La visione deldipinto rappresenterà per il pubblico unascoperta sorprendente: per le dimensioni

    grandiose del quadro (2,15 per 7,50 m) eper l’esito eccellente stesso del restauropromosso e finanziato dalla FondazioneCreberg.In cosa consista l’intervento, viene spiegatosinteticamente dai Maestri restauratori,Minerva Tramonti Maggi e Alberto Sangalli.“Il restauro di un’opera di grandi dimensioni(m 2,15x7,50) rappresenta certamente unavvenimento importante, ancor più sel’autore di questo grande cenacolo è:ALEXANDER BRONZINUS ALLORIUSCIVIS FLOR. PINGEBAT A.S. MDLXXXIID.C. ABATE, come si firma e data sulla basea sinistra del grande tavolo toscano.Accendere i riflettori su un’opera quasisconosciuta è entusiasmante, poterneriportare alla luce l’aspetto originale peraver cancellato, attraverso la pulitura totaledella superficie, la falsa percezione che siaveva dei colori coperti da vernici moltoalterate, patine ottocentesche, ridipintureantiche estese e molto tenaci da rimuovere.L’intervento di restauro che si sta effettuandoricopre un aspetto radicale e non solo “visivo”che coinvolge tutta l’opera, dalla cornice altelaio di supporto, alla tela originale, alconsolidamento dei materiali costruttivi,

    I restauratori, Minerva Tramonti Maggi e Alberto Sangalli, al lavoro sull’Ultima Cena di Alessandro Allori, nella Sala Consiliare del Credito Bergamasco

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    al ripristino del colore.In questo momento di esposizione dell’operasi assiste alla pulitura quasi completa dellasuperficie, salvo un grande campioneancora da pulire che rimane, per ora, cometestimonianza di un’opera certamentetrascurata. La pulitura della superficie offreora alla vista aspetti figurativi e coloristiciprima sconosciuti ed una qualità pittoricamolto alta. L’autore rivela anche unaprofonda conoscenza del mondo vegetale, diquel naturalismo toscano studiato e resomirabile nelle miniature del contemporaneoJacopo Ligozzi(1547-1626). Come auspicato dalla competenteSoprintendenza, il lavoro sarà corredato,oltre alla consueta ampia documentazionefotografica a luce visibile, da ricerchescientifiche appropriate che approfondirannomolti aspetti del dipinto mai indagati e ciaiuteranno in modo significativo a conosceremeglio e a saper conservare opere storichee preziose come questa”.Il restauro del dipinto dell’Allori consenteora di coglierne appieno le precipue qualità -precedentemente velate dalla patina del

    tempo e dell’incuria - permettendo in primis“la riscoperta di quei “finissimi colori”segnalati in una testimonianza manoscrittacoeva al dipinto, essendo caratteristicaimportante dell’Allori l’uso di una brillantecromia, che in questo dipinto è stata snaturatada secoli di trascuratezza”. In forza di ciòla tavola si è illuminata - svelando particolariinusitati e affascinanti - e le figure hannoriacquisito la loro originaria imponenzaassumendo potenza e profondità.In secondo luogo è noto che, dal punto divista compositivo, l’artista si orienta su unprecedente celebre esempio fiorentino:l’affresco dell’Ultima Cena dipinto da Andreadel Sarto nel 1525, per il refettorio delConvento di San Salvi. Risulta di tuttaevidenza che “lo schema è praticamenteidentico, soprattutto nelle pose delle figuresul versante destro della tavolata, mentre èdiverso lo sfondo che prevede solo gli scrannilignei per gli apostoli - come nel vero refettoriobergamasco - permettendo così di concentrarel’attenzione sul soggetto principale”.Di grande suggestione e di straordinariabellezza si appalesa la decorazione della

    Andrea del Sarto, Ultima Cena (particolare), Firenze, Convento di San Salvi

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    tavolata che in Andrea del Sarto è essenziale(praticamente spoglia), “mentre in Allori -unica eccezione ad un’opera altrimentimisurata - è intenzionalmente raffinatanella scelta del servizio di maioliche,fittamente ornato a “strumenti musicali”(secondo gli stilemi prodotti dalle coevebotteghe artigiane di Urbino) e nei bicchieridi manifattura veneziana; ma soprattuttoprofondamente simbolica nella variegataserie di alimenti disposti sulla mensa”. Gli esiti felici dell’iniziativa ci hanno indottoa completare la presentazione al pubblicodel restauro programmando - sempre perl’autunno 2012 - alcune iniziative collateraliquali una conferenza tematica nell’ambito diBergamoScienza - che si soffermerà sugliaspetti tecnici del ripristino e sui risultatidelle ricerche scientifiche compiute suldipinto (indagini microchimiche e stratigrafiche)- e un filmato (che scorrerà in una postazioneallestita in Sala Consiliare) che illustrerà aivisitatori il tema del Cenacolo nella tradizionefiorentina del Quattrocento e Cinquecento. Ma soprattutto da quel la summa displendide nature morte che si è appalesata -

    già dopo la prima sommaria pulitura - latavolata dell’Ultima Cena di Allori, ci èsorta l’idea di presentare al pubblico il temadella tavola imbandita nei suoi sviluppinella storia dell’arte attingendo da unaimportante collezione privata, con le finalitàgià delineate in premessa, e approfondendoil tema - così brillantemente affrontato dalgrande fiorentino in un’opera religiosa -durante i secoli successivi (dal Cinquecentodi Vincenzo Campi, al Seicento di Baschenis,al Settecento di Giacomo Ceruti, all’Ottocentodi Tallone, al Novecento di Depero, Testorie Morlotti). L’oeil gourmand. Letteralmente, L’occhio ghiotto; liberamente,Gustare con gli occhi.

    Bergamo, giugno 2012

    Angelo PiazzoliSegretario Generale Credito Bergamasco

    e Fondazione Creberg

    Alessandro Allori, Ultima Cena (particolare), Bergamo, Palazzo della Ragione

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    PretestoQuesta mostra nasce da un pretesto: ilrestauro dell’Ultima Cena di Alessandro Allori,dipinta nel 1582 per i monaci Vallombrosanidi Astino, a Bergamo. L’assetto espositivo è obbligato a correrelungo un binario fisso, determinato dallaprovenienza delle opere da un’unica collezione.Perciò la mostra non ha ambizioni dicompletezza, al contrario è parziale e risentedei gusti e delle occasioni di due generosicollezionisti: un uomo e una donna chepreferiscono rimanere anonimi, amanti dellabuona tavola e della sua rappresentazione infigura, quindi “L’œil gourmand”.Forse non è un caso che il tavolo imbanditodell’Ultima Cena di Alessandro Allori si siarivelato una sorpresa inattesa (provocandol’idea di dargli un seguito nel progetto cheora vede la luce), con tutte quelle stoviglieminutamente dipinte, ricolme di cibarievarie. Infatti di lì a pochi anni si sarebberovisti, in Europa, gli esordi della natura mortacome genere autonomo, dalla Lombardiaalla Spagna, ai Paesi Bassi. Basta fare un confronto tra il citato quadroche ornava il refettorio del monastero diAstino e il suo modello (cioè l’Ultima Cenadi Andrea del Sarto in San Michele a SanSalvi a Firenze) per verificare il nuovo ruoloassunto da questo genere. Si è passati da unatavola sgombra e quasi disadorna a una incui non c’è più spazio per posare le mani, ameno di non voler correre il rischio di farcadere a terra qualche piatto o bicchiere o fiore. Se l’osservatore dell’affresco di Andrea delSarto non poteva distrarsi dal tema principale,quello dell’Allori era chiamato a perdersinel contorno delle vettovaglie.

    Visita guidata (con soste)Il tema della tavola imbandita è un sottogeneredella categoria della natura morta.L’argomento allude al rituale del pasto, allasua preparazione o al suo avvenuto consumo.In alcuni casi confina con il tema simbolicodella Vanitas. Tuttavia è sempre bene tenerepresente che la natura morta aveva, nellamaggior parte dei casi, una funzioneesclusivamente decorativa, slegata dasignificati nascosti. Forse sta proprio inquesto motivo la sua forza e allo stessotempo la sua debolezza. La forza di unsoggetto che si rappresenta solo tramitela sua forma e il suo stile, la debolezzadi un soggetto senza contenuto, se nonquello materiale che è chiamato a illustrare. Il sottotitolo della mostra - “La tavolaimbandita da Fede Galizia a EvaristoBaschenis, da Giacomo Ceruti a EnnioMorlotti” - semplifica il contenuto del percorsoespositivo. La materia indagata è più riccadi quella allusa nell’intestazione, poiché isoggetti rappresentati non si esauriscononel solo argomento della tavola imbanditama si articolano nei temi dell’angolo dicucina, del piano di lavoro e della colazione.Negli inventari seicenteschi queste opereerano citate con il titolo più semplice chesi possa immaginare, come ad esempio:“tavole con il mangiar sopra”.L’ordinamento tiene conto il più possibiledella suddivisione per scuole e aree geografiche(dalla Lombardia alla Spagna, dallaRoma caravaggesca ai Paesi Bassi),semplificando alcuni snodi troppoframmentati (come è il caso del percorsodel Novecento) tramite la sola scansionediacronica.

    Non per sola fameSimone Facchinetti

    “Dipinger tutt’il dì Zucche, e Presciutti, Rami, Padelle, Pentole e Tappeti, Uccelli, Pesci, Erbaggi, e Fiori, e Frutti”.Salvator Rosa, Satire, Amsterdam [1664]

    “Beh! Volete del virtuosismo, lo so: volete che vi dipinga le verdure ed i frutti, come fossi un Luca Giordano, che ha delle nature morte di due metri per quattro: piene di zucche, di verze e di peperoni incredibili”.Carlo Emilio Gadda, Gli anni, Firenze [1943]

    Fig.1

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    Il visitatore incontra una sequenza di dipinticollocati alle pareti, senza soluzione dicontinuità. Solo alcuni di essi sono stati isolati,a rimarcarne l’importanza. Qui l’osservatore è sollecitato a fare unasosta maggiore. La visita può iniziare dallaprima di queste soste.Tra gli incunaboli della natura mortalombarda figurano due opere che hannoun’ampia letteratura alle spalle. La primacostituisce uno dei tanti casi irrisolti nellastoria del genere, senza perdere l’importanzache continua a occupare tra le testimonianzeche stanno alla sua origine (Fig.1 e Tav. 1).Non esiste il dipinto che segna il passaggiotra la pittura di storia e l’invenzione dellanatura morta come genere autonomo. Ma seesistesse avrebbe proprio questa faccia (cosìalmeno è stato immaginato fin’ora). Credoche tale intuizione risieda nel fatto chel’opera ha un’aria primitiva e moderna allostesso tempo.Non a caso intorno al gruppo con cui è stataassociata ogni tanto spunta il nome delcremonese Vincenzo Campi, uno deicapostipiti della materia. Ma non dareitroppo peso a questa attribuzione che spiegapiù i meccanismi del mercato contemporaneopiuttosto che l’argomento storico che ciinteressa. Rimane il fatto che rispetto alleprime nature morte di Fede Galizia, tutteimpaginate con un taglio più concentrato erivestite da ombre dense e profonde, quisiamo di fronte a un’opera luminosa, quasimetafisica. Ecco l’aspetto che non si puòtrovare nella Galizia, di cui risentiamo neiquadri persino il movimento contristato dellamessa in posa degli oggetti della sua solitariarappresentazione. Non si trova quell’ariatersa e luminosa che dà corpo ai colori freddie di ghiaccio (da Nuova Oggettività) delnostro anonimo. In genere si ripete che ilprimo che avrebbe riferito il quadro allascuola del bresciano Alessandro Bonvicinodetto il Moretto (cioè al suo allievo LucaMombello) è stato Stefano Bottari nel 1963.In realtà il riferimento - acuto e scaltro allostesso tempo - risale a Giovanni Testori e da

    allora la vicenda non ha fatto molti progressi.Con il quadro di Fede Galizia entriamo in unambito che comincia a prendere dei contornipiù precisi (Tav. 2). L’opera è dipinta su tela(rispetto alla precedente su tela), un supportoche rende più smaltate le trasparenze deicolori, intuibili a un’osservazione ravvicinata(che è quella imposta dalle caratteristiche deldipinto). Non nasce da sola ma aveva uncompagno. Molti di questi quadri in origineerano infatti dipinti in coppia. È stato dettoche il nostro quadro sarebbe di una faseavanzata, forse estrema, nella carriera dellaGalizia. Tuttavia i punti fermi nella storiadella pittrice sono talmente rari da suggerirepiù cautela: esiste un’unica natura mortafirmata e datata 1602. Troppo poco per faredei ragionamenti cronologici interni, sapendoche l’artista morirà a Milano verso il 1630.Per capire qualcosa sul senso del dipinto diFede Galizia è utile rifarsi a un altro celebreincunabolo della natura morta lombarda,ovvero alle Pesche, foglie di vite e piattoargentato di Giovanni Ambrogio Figino,dipinto tra il 1591 e il 1594 e illustrato daun madrigale di Gregorio Comanini che haper titolo Sopra la Pittura di alcuni persichinaturalissimi.“Madre a noi fu Natura in su’l secondo ramo:/ Hor figli a la Pittura, / Frutti in legnoinfrutifero qui siamo / E pur s’al color credi,/ Spira odor ciò che vedi: / E molli, e dolci,e morbidetti ogn’hora / L’occhio tuo ne divora./ O’ gentil accortezza, / De la man ch’eternòfragil bellezza”. Il concetto è abbastanzachiaro e mette in seria crisi l’idea che dietrole opere della Galizia si nascondano contortisignificati religiosi. Siamo ancora, comediceva Roberto Longhi, “sulla soglia dellavera natura morta”. Per il grande storicodell’arte il punto che segnava simbolicamenteil discrimine della soglia era rappresentatodalle opere di Caravaggio e dalla suadichiarazione d’intenti (riferita, intorno al1617-1618, da Vincenzo Giustiniani) cherompeva ogni tentativo di gerarchizzazionedei generi: “Caravaggio disse, che tantamanifattura gli era a fare un quadro buono

    Fig. 2

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    di fiori, come di figure”. Tra le opere del giro caravaggesco figuranoqui alcune testimonianze singolari, per lamaggior parte ancora in cerca d’autore.La prima è stata presentata per la primavolta da Carlo Volpe alla mostra napoletanadella Natura morta italiana del 1964 (Tav. 8).Per lo studioso il dipinto andava consideratotra i “più importanti ritrovamenti recentidi nature morte della più antica cerchiacaravaggesca”. Il riferimento secco aBartolomeo Manfredi significava dargli unadatazione nel secondo decennio del Seicentoe, di conseguenza, uno statuto di granderilievo. Volpe rimarcava l’essenzialità dellarappresentazione, tutta giocata in un risentitogorgo chiaroscurale. L’unico confrontopossibile era stabilito con l’Allegoria dellequattro stagioni di Bartolomeo Manfredi,nota in due versioni, oggi considerateentrambe autografe. Fino a qualche tempo fa il pendant con iTavoli da cucina (Fig. 2 e Tavv. 10-11)sarebbe stato schedato sotto il nomeconvenzionale del Maestro della fiascafiorita, l’autore dell’omonimo dipinto aiMusei Civici di Forlì (almeno per chi credevaall’integrità di quel gruppo strampalato).Oggi tutto il raggruppamento (fuso con ilcorpus del Maestro del vaso a grottesche)è confluito, temporaneamente, nel catalogodi Tommaso Salini.Mao, com’era chiamato all’epoca, eraparticolarmente disprezzato da Caravaggio(“può essere che se diletti e che impiastri luiancora”) anche se le fonti lo ricordanocome uno specialista del genere: “si mise afar de’ fiori, e de’ frutti e d’altre cose dalnaturale ben’espresse; e fù il primo, chepingesse, & accomodasse i fiori con le fogliene’ vasi, con diverse inventioni moltocapricciose, e bizzarre, li quali a tutti arrecanogusto, e con gran genio sì bravamente lifaceva, che ne trasse buonissimo guadagno”.La prima testimonianza risale al processo del1603 intentato da Giovanni Baglione, perdiffamazione, contro Caravaggio; la secondaè del medesimo Baglione, contenuta nel volume

    sulle Vite de’ pittori del 1642. Sono entrambifonti molto orientate, nei due sensi opposti. Ancora più problematico il caso dell’autoredella Cesta di zucche (Fig. 3 e Tav. 12), unquadro d’intensità e qualità non comuni,tanto che ha fatto venire in mente unagirandola di nomi, da Orazio Borgianni aBattistello Caracciolo, fino al MaestroS.B. (Pseudo-Salini). I nomi di Borgiannie Battistello sono stati avanzati con l’ideache l’autore del quadro sia da ricercare tra iseguaci di Caravaggio e che l’opera rappresentiuna sorta di unicum, un’incursionenell’ambito della natura morta fatta da unpittore di figura. Il Maestro S.B. (Pseudo-Salini) è il nome convenzionale che si dà aun gruppo di opere di scuola centro-italianadi metà Seicento, in passato riferite aTommaso Salini (ecco perché Pseudo-Salini)e che si legherebbero a un dipinto che porta lasigla S.B. (ecco perché Maestro S.B.). Laquestione, come si intuisce, è molto intricata,tuttavia bisognerà forse riflettere sul “grado”di caravaggismo del quadro. Mi chiedo cioèse era ancora possibile, a Roma, dipingereun’opera con così alta carica vitale intornoalla metà del secolo? La domanda puòrisultare oziosa ma forse serve a mettere inluce la perspicuità della regia luministica cheè alla base della costruzione dell’immagine.L’idea, cioè, di oscurare completamenteil fondale, di rialzare la cesta e di animarela danza delle zucche a trombetta comefossero dei serpenti che rispondono a unsuono incantatorio. Con Evaristo Baschenis ci muoviamo su unterreno più solido e sicuro. Ne sappiamoabbastanza per dare un’interpretazionein chiave di Vanitas del suo Piatto di melee stelo di rosa (Tav. 17): un quadro doveil tema simbolico risulta misurabile per ivistosi segni della frutta bacata e perl’inconsueta presenza della rosa, destinataa sfiorire rapidamente. Il dipinto, da quando è apparso per la primavolta, è sempre stato considerato tra i numeripiù antichi del catalogo del pittore e collocatone g l i a n n i q u a r a n t a d e l S e i c e n t o .

    Fig. 3

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    La successiva coppia di opere di Baschenismostra due aspetti tra loro intrecciati, soloapparentemente in antitesi (Tavv. 18-19).Il primo riguarda l’originalità dell’invenzione,la scelta di scrutare angoli di cucina in unacostante frontalità del piano d’appoggio,sempre inserito in ambienti spaziosi dove sidispongono i cibi e gli strumenti necessari perla loro preparazione. La restituzione calibratadegli oggetti e degli animali morti, la loromessa in scena secondo una deliberataorganizzazione spaziale, non sono il risultatodi un’osservazione diretta della realtà. Cosìcome succedeva per le sue più celebri naturemorte di strumenti musicali anche nel casodelle cucine il pittore disponeva di disegni ecartoni, di volta in volta replicati per lecomposizioni più gradite al mercatocollezionistico di allora. Questo fatto, chesembra contraddire la verità che sta sotto inostri occhi, ingannati dalla verosimiglianza,è provato dai documenti: cartacei e figurativi.Nel primo codicillo al testamento del 1677,scritto pochi mesi prima della morte, Baschenisdecide di tramandare all’apprendista GiovanBattista Cavallino il materiale più preziosodella bottega: “tutti li disegni di pittura incarta”. Assieme ai disegni di “rilievo”costituivano i modelli per le sue fortunateinvenzioni pittoriche. I disegni erano cioèporzioni di realtà messe in posa e dipinte,utilizzate infinite volte in combinazioni dimontaggio diverse.Il pittore originario di Fano Carlo Magini(1720-1806) è una scoperta relativamenterecente degli studi. In passato le sue operesono state interpretate come testimonianzemolto più antiche, rispetto al tempo della lororeale esecuzione. Si pensava fossero seicentesche,alcune riferite per errore al fratello minoredel Guercino, Paolo Antonio Barbieri. I pastipoveri del Magini rispondono alle ristrettezzeeconomiche della sua condizione materiale,dipinti secondo i ricordi e gli schemiimpaginativi della natura morta delle origini(Fig. 4 e Tav. 25). Il fatto controcorrente è cheil pittore li ha eseguiti nel secolo delle imperantifollie rococò, sovvertendo qualsiasi regola

    stilistica dei suoi tempi. Le nature mortedi Magini seguono uno schema fisso, alteratoda pochissime varianti. Tornano gli stessioggetti quotidiani, le stesse vettovaglie, lestesse pietanze e bevande, a restituire unasorta di diario intimo. Forse proprio perquesto reiterato uso di oggetti domestici e privati,a un certo punto è scattata un’associazione conGiorgio Morandi, tanto che nel 1962 èstata allestita a Milano una mostra dovescorrevano in parallelo opere di Magini e delpittore bolognese. Il nome di Morandi sta alla base della Naturamorta di Ennio Morlotti, dipinta intorno al1941 (Tav. 34). Il rapporto è apertamentedichiarato dalla scelta del motivo (le trebottiglie) e dalla sua impaginazione. Siallontana dai più celebri modelli diMorandi nella stesura pittorica (densa estratificata) e nella gamma cromatica (quasimonocroma). Chissà se tra i quadri diMorlotti visti da Roberto Longhi nellevetrine della Galleria del Milione, intornoal 1941, c’era anche il nostro (il fatto èriferito da Cesare Garboli nel 1990,all’interno del catalogo della mostraEnnio Morlotti. Antologica).“Si racconta che Longhi, tanti anni fa, piùdi mezzo secolo fa, passando un giorno aMilano davanti al “Milione”, dove eranoesposti dei quadri di Morlotti allora esordiente(Morlotti ha cominciato tardi), si fermò echiese chi fosse quel bel “morandiano”.Morandi era allora un passaggio obbligato,e Longhi aveva probabilmente sott’occhiocerte bottiglie molto giovanili, dove unapennellata untuosa e grassa è stesa acontornare accuratamente le forme. Ma èstrano che Longhi, davanti a quella vetrina,fossero nature morte o certi paesaggetti,chissà, che oggi sono d’antiquariato, nonintuisse una vocazione o un pensiero diversi:non degli accordi di tono, dei valori, ma unarelazione di forze, non la musica ma ildinamismo, non Morandi ma più indietro,Cézanne rivisitato da un espressionismospontaneo, ribelle, anarchico, Soutine nonmeno dei tedeschi, e dal Picasso di Guernica”.

    Fig. 4

  • O P E R E I N M O ST R A

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    1. Pittore lombardo dell’ultimo quarto del XVI secoloCrespina con uva, fichi e pesche, piatto con mela cotogna, mele e melone

  • 20

    2. Attribuito a Vincenzo CampiCrespina di pesche e fiori di gelsomino

  • 21

    3. Fede Galizia Pere e cesto di ceramica con uva e prugne

  • 22

    4. Attribuito a Panfilo Nuvolone Alzata di metallo con fichi, tulipani, aquilegia e altro fiore

  • 23

    5. Attribuito a Panfilo Nuvolone Cesto di pesche, zucche e uva

  • 24

    6. Blas De Ledesma Cesto di frutta e ortaggi, e uccelli appesi

  • 25

    7. Pittore spagnolo dell’inizio del XVII secolo Cesta di pesche e fichi, e mele su uno stipo

  • 26

    8. Attribuito a Bartolomeo Manfredi Mensa con uva, zucca, ciliegie, melograni, fico e cetriolo

  • 27

    9. Attribuito a Agostino Verrocchi Tavola imbandita

  • 28

    10. Attribuito a Tommaso Salini Vaso di fiori, cesto d’uva, selvaggina in un piatto, fichi, cesto con frutta e uccelli in volo

    11. Attribuito a Tommaso Salini Vaso di fiori, cesto con selvaggina, alzata con prugne, gambero, piatto con pesci, farfalla e uccelli in volo

  • 29

    12. Maestro S.B. (Pseudo-Salini)Cesta di zucche striate e a trombetta

  • 30

    13. Osias Bert il Vecchio Piatti di more, fragole, uva, prugne, pesche e pere, bicchieri e ciliegie

  • 31

    14. Andrea Benedetti Tavola imbandita con astice, ostriche, frutti, bicchieri e un liuto

  • 32

    15. Gillis van Berleborch Römer, bottiglia, pesche e pipa

  • 33

    17. Evaristo Baschenis Piatto di mele, stelo di rosa e una mela su uno stipo

    16. Abraham Mignon Natura morta con frutta, nido, ostriche, prosciutto, fiori e farfalle

  • 34

    18. Evaristo Baschenis Pollame, tagliere con pesci, cassetta, cavoli, lumache

  • 35

    19. Evaristo Baschenis Pollo, fagiano, uccellame, padella, brocca con piatto di lumache

  • 36

    20. Monogrammista DG (Domenico Gargiulo?)Cesta di fichi, frutti e fiori di gelsomino

  • 37

    21. Giacomo Ceruti Granchio, rinfrescatoio, vasetto sigillato, cipolle, funghi, verza e coltello

  • 38

    22. Giacomo Nani Salsicce, caciotta, tacchino e costate

  • 39

    23. Giacomo Nani Ventresca, piatto di acciughe e peperoni, olive, finocchi e pesci

  • 40

    24. Pittore spagnolo del XVIII secoloCesto di cipolle, fondina di formaggio e salsiccia, carciofi, teste d’aglio e mortaio

  • 41

    25. Carlo Magini Tavola imbandita con fiasco di vino, pagnotta e affettati

  • 42

    26. Cesare Tallone Piatto con affettati e formaggi

    27. Renato Paresce Natura morta con pere e coltello

  • 43

    28. Piero Marussig Piatto con pesca, coltello e fetta di melone, bicchiere e bottiglia di vino

  • 44

    30. Arturo Tosi Natura morta con piatto, coltello, bicchiere e brocca

    29. Fortunato Depero Natura morta con brocca, lanterna e bottiglia

  • 45

    31. Contardo Barbieri Natura morta con fiasco di vino, bicchiere e frutta

    32. Antonio Atanasio Soldati Natura morta

  • 46

    33. Gino Severini Natura morta con uova e clarinetto

  • 47

    34. Ennio Morlotti Natura morta con bottiglie

  • 48

    35. Alberto Vitali Natura morta con candela, alzata sbeccata, bottiglie e fiori secchi

  • 49

    36. Achille Funi Natura morta con piatto di frutta e canovaccio

  • 50

    37. Alessandro Pinetti Natura morta con uova

  • 51

    38. Giovanni Testori Due mele

  • 52

    39. Gianriccardo Piccoli Luccio

  • 53

    40. Anton Zoran Music Frutti di mare

  • A P PA R AT I

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    1. Pittore lombardo dell’ultimo quarto del XVI secoloCrespina con uva, fichi e pesche, piatto con melacotogna, mele e meloneolio su tela, 47,5 x 64,5 cm

    Mostre: Das Italianische Stilleben, Zürich,Kunsthaus (dicembre 1964 - febbraio 1965), n. 7;Het Italiaanse Stilleven, Rotterdam, MuseumBoymans-van Beuningen (marzo - aprile 1965),n. 7; Natura in posa. Aspetti dell’antica naturamorta Italiana, Bergamo, Galleria Lorenzelli(settembre - ottobre 1968), n. 2; Lombardia1620 circa. Natura morta delle origini, Bergamo,Galleria Lorenzelli (novembre - dicembre 1989),n. 2; La natura morta lombarda, Milano, PalazzoReale (1 dicembre 1999 - 2 aprile 2000), n. 5;Vanitas, Bergamo, Palazzo Credito Bergamasco(6 - 14 ottobre 2007), s.n.

    Bibliografia: S. Bottari, Fede Galizia, in‘Arte Antica e Moderna’, 1963, p. 314 (LucaMombelli ?); R. Roli, in La natura morta italiana,catalogo della mostra, Milano 1964, p. 25, n.7 (Anonimo lombardo secolo XVI); S. Bottari,Fede Galizia pittrice (1578-1630), Trento1965, pp. 18, 59 (Anonimo lombardo); F.Bologna, in Natura in posa. Aspetti dell’anticanatura morta Italiana, catalogo della mostra,Bergamo 1968, n. 2 (Maestro bresciano delsecolo XVI); L. Salerno, Natura morta italiana,catalogo della mostra, Firenze 1984, p. 26(Vincenzo Campi); A. Veca, in Lombardia 1620circa. Natura morta delle origini, catalogodella mostra, a cura di J. Lorenzelli e A. Veca,Bergamo 1989, s.n.p., n. 2 (Lombardia, fineXVI secolo); A. Veca, in La natura mortalombarda, catalogo della mostra, a cura diA. Veca, Milano 1999, p. 70, n. 5 (Anonimobresciano fine XVI secolo); F. Paliaga, VincenzoCampi tra realismo grottesco e natura morta:la nascita di un genere e l’eredità della pitturacremonese, in Vincenzo Campi: scene delquotidiano, catalogo della mostra, a cura diF. Paliaga, Milano 2000, pp. 29-30 (Anonimodel XVI secolo); F. Paliaga, Da VincenzoCampi e Bartolomeo Passerotti a Fede Galiziae Panfilo Nuvolone, in La natura morta italianada Caravaggio al Settecento, catalogo dellamostra, a cura di M. Gregori, Milano 2003,p. 82 (Maestro dell’alzata Lorenzelli); L. Ravelli,in Vanitas, catalogo della mostra, Bergamo2007, p. 10 (Anonimo lombardo della secondametà del XVI secolo).

    2.Attribuito a Vincenzo Campi (Cremona, ante 1536 - 1591)Crespina di pesche e fiori di gelsominoolio su tavola, 40 x 66 cm

    Mostre: Vanitas, Bergamo, Palazzo CreditoBergamasco (6 - 14 ottobre 2007), s.n.

    Bibliografia: M. Gregori, Due partenze inLombardia per la natura morta, in La naturamorta italiana da Caravaggio al Settecento,catalogo della mostra, a cura di M. Gregori,Milano 2003, p. 22 (Attribuita a VincenzoCampi); L. Ravelli, in Vanitas, catalogo dellamostra, Bergamo 2007, p. 10 (Vincenzo Campi).

    3.Fede Galizia (Milano, 1574 circa - 1630 circa)Pere e cesto di ceramica con uva e prugne olio su tavola, 27,5 x 38 cm

    Mostre: Forma vera. Contributi a una storiadella natura morta italiana, Bergamo, GalleriaLorenzelli (ottobre 1985), n. 22; Lombardia1620 circa. Natura morta delle origini,Bergamo, Galleria Lorenzelli (novembre -dicembre 1989), n. 8; The Lure of Still Life,Bergamo, Galleria Lorenzelli e Düsseldorf,Galerie Lingenauber (1995), n. 2; La naturamorta lombarda, Milano, Palazzo Reale (1dicembre 1999 - 2 aprile 2000), n. 9; Vanitas,Bergamo, Palazzo Credito Bergamasco (6 - 14ottobre 2007), s.n.

    Bibliografia: A. Veca, Forma vera. Contributi auna storia della natura morta italiana, catalogodella mostra, Bergamo 1985, p. 142 (Fede Galizia);M. Bona Castellotti, La pittura lombarda del’600, Milano 1985, tav. 306 (Fede Galizia);A. Veca, La parabola della merce, in Commercioin Lombardia, Milano 1986, p. 210 (Fede Galizia);F. Caroli, Fede Galizia, Torino 1989, p. 88, n. 34(Fede Galizia); A. Veca, in Lombardia 1620circa. Natura morta delle origini, catalogodella mostra, a cura di J. Lorenzelli e A. Veca,Bergamo 1989, s.n.p., n. 8 (Fede Galizia);F. Caroli, Aggiunte a Sofonisba Anguissola eFede Galizia, in ‘Notizie da Palazzo Albani’, XX,1-2, 1991, p. 148 (Fede Galizia); E. Fumagalli,in La natura morta al tempo di Caravaggio,catalogo della mostra, a cura di A. Cottino, Salerno

    Opere in mostra

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    1995, p. 86, n. 2 (Fede Galizia); F. Frangi, inThe Lure of Still Life, catalogo della mostra,Bergamo 1995, pp. 50-55 (Fede Galizia);A. Magnani, in La natura morta lombarda,catalogo della mostra, a cura di A. Veca, Milano1999, p. 80, n. 9 (Fede Galizia); A. Veca, Daysand Works: Reflections on Still-Life Painting inLombardy, in The Still Lifes of Evaristo Baschenis.The Music of Silence, catalogo della mostra, acura di A. Bayer, Truccazzano (Milano) 2000,p. 26 (Fede Galizia); L. Ravelli, in Vanitas,catalogo della mostra, Bergamo 2007, p. 22(Fede Galizia).

    4.Attribuito a Panfilo Nuvolone (Cremona, 1578 circa - Milano, 1651)Alzata di metallo con fichi, tulipani, aquilegiae altro fioreolio su tavola, 38 x 54 cm

    Mostre: Simposio. Cerimonie e apparati,Bergamo, Galleria Lorenzelli (ottobre 1983), n.XXIX; Lombardia 1620 circa. Natura morta delleorigini, Bergamo, Galleria Lorenzelli (novembre -dicembre 1989), n. 12; Vanitas, Bergamo, PalazzoCredito Bergamasco (6 - 14 ottobre 2007), s.n.

    Bibliografia: A. Veca, Simposio. Cerimonie eapparati, catalogo della mostra, Bergamo 1983,p. 344, n. XXIX (Fede Galizia); A. Veca, Formavera. Contributi a una storia della natura mortaitaliana, catalogo della mostra, Bergamo 1985,pp. 142-143 (Fede Galizia); A. Morandotti, FedeGalizia, in La natura morta in Italia, Milano1989, I, p. 222 (Anonimo lombardo); F. Caroli,Fede Galizia, Torino 1989, pp. 91-92, n. 48 (Areafrancese del secolo XVII); A. Veca, in Lombardia1620 circa. Natura morta delle origini, catalogodella mostra, a cura di J. Lorenzelli e A. Veca,Bergamo 1989, s.n.p., n. 12 (Fede Galizia); L.Ravelli, in Vanitas, catalogo della mostra,Bergamo 2007, p. 32 (Panfilo Nuvolone, cerchia).

    5.Attribuito a Panfilo Nuvolone (Cremona, 1578 circa - Milano, 1651)Cesto di pesche, zucche e uvaolio su tela, 47 x 61,5 cm

    6.Blas De Ledesma (Granada, documentato dal 1602 al 1614)Cesto di frutta e ortaggi, e uccelli appesiolio su tela, 60 x 96 cm

    7.Pittore spagnolo dell’inizio del XVII secolo Cesta di pesche e fichi, e mele su uno stipoolio su tela, 48,5 x 73

    8.Attribuito a Bartolomeo Manfredi (Ostiano, 1582 - Roma, 1622)Mensa con uva, zucca, ciliegie, melograni, fico ecetrioloolio su tela, 35 x 56,5 cm

    Mostre: La natura morta italiana, Napoli,Palazzo Reale (ottobre - novembre 1964), n. 33;Das Italianische Stilleben, Zürich, Kunsthaus(dicembre 1964 - febbraio 1965), n. 33; HetItaliaanse Stilleven, Rotterdam, MuseumBoymans-van Beuningen (marzo - aprile1965), n. 33.

    Bibliografia: C. Volpe, in La natura mortaitaliana, catalogo della mostra, Milano 1964,pp. 33-34, n. 33 (Bartolomeo Manfredi);A. Cottino, “Dipinger fiori e frutti sì benecontrafatti…”: la natura morta caravaggesca aRoma, in La natura morta al tempo di Caravaggio,catalogo della mostra, a cura di A. Cottino,Salerno 1995, p. 64 (Anonimo).

    9.Attribuito a Agostino Verrocchi (Roma, documentato dal 1619 al 1636)Tavola imbanditaolio su tela, 39 x 89 cm

    10.Attribuito a Tommaso Salini (Roma, 1575 circa - 1625)Vaso di fiori, cesto d’uva, selvaggina in unpiatto, fichi, cesto con frutta e uccelli in voloolio su tela, 60 x 93 cm

    Bibliografia: F. Moro, Tanti maestri un solonome: Tommaso Salini. Gli inizi a Roma del vasodi fiori, in ‘Studi di Storia dell’Arte’, 22, 2011,p. 133 (Tommaso Salini).

    11.Attribuito a Tommaso Salini (Roma, 1575 circa - 1625)Vaso di fiori, cesto con selvaggina, alzata conprugne, gambero, piatto con pesci, farfalla euccelli in voloolio su tela, 60 x 93 cm

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    Bibliografia: F. Moro, Tanti maestri un solonome: Tommaso Salini. Gli inizi a Roma del vasodi fiori, in ‘Studi di Storia dell’Arte’, 22, 2011,p. 133 (Tommaso Salini).

    12.Maestro S.B. (Pseudo-Salini)Cesta di zucche striate e a trombettaolio su tela, 76 x 97 cm

    Mostre: Il ritratto delle cose. Nature morteitaliane da collezioni private, Padova, Fiera diPadovantiquaria (26 gennaio - 6 febbraio2000), n. VI; Stille Welt. Italianische Stilleben.Arcimboldo - Caravaggio - Strozzi…, München,Kunsthalle der Hypo, Kulturstiftung (6 dicembre2002 - 8 marzo 2003), s.n.; La natura mortaitaliana da Caravaggio al Settecento, Firenze,Palazzo Strozzi (23 giugno - 12 ottobre 2003), s.n.

    Bibliografia: J. Stoppa, in Il ritratto delle cose.Nature morte italiane da collezioni private,catalogo della mostra, Padova 2000, n. VI (Pittorecaravaggesco); A. Cottino, in Welt. ItalianischeStilleben. Arcimboldo - Caravaggio - Strozzi…,catalogo della mostra, a cura di M. Gregori eJ. G. von Hohenzollern, Milano 2002, p. 179(Anonimo romano ?); A. Cottino, in La naturamorta italiana da Caravaggio al Settecento,catalogo della mostra, a cura di M. Gregori, Milano2003, p. 183 (Maestro S.B. (Pseudo-Salini));L. Ravelli, La zucca nella natura morta dalCinquecento al Novecento, Atti del II convegnosulla zucca (Rocca di Reggiolo, 14 settembre2003), a cura di R. Signorini, Mantova 2004,p. 26 (Anonimo dei primi anni del XVII secolo).

    13.Osias Bert il Vecchio (Anversa, 1580 circa - 1624)Piatti di more, fragole, uva, prugne, pesche epere, bicchieri e ciliegieolio su tela, 50 x 77 cm

    14.Andrea Benedetti (Parma ?, 1615 circa - documentato fino al 1649)Tavola imbandita con astice, ostriche, frutti,bicchieri e un liutoolio su tela, 60 x 85,5 cm

    15.Gillis van Berleborch (documentato dal 1646 al 1655)

    Römer, bottiglia, pesche e pipaolio su tela, 57 x 48 cm

    16.Abraham Mignon (Francoforte, 1640 - Utrecht, 1679)Natura morta con frutta, nido, ostriche,prosciutto, fiori e farfalleolio su tela, 57 x 88 cm

    17.Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617 - 1677)Piatto di mele, stelo di rosa e una mela su uno stipoolio su tela, 41 x 50 cm

    Mostre: Un incontro bergamasco. Ceresa -Baschenis, Bergamo, Galleria Lorenzelli (ottobre1972), n. XXII; Vanitas. Il simbolismo del tempo,Bergamo, Galleria Lorenzelli (settembre 1981),n. XXIX; Evaristo Baschenis e la natura morta inEuropa, Bergamo, Galleria d’Arte Moderna eContemporanea (4 ottobre 1996 - 12 gennaio1997), n. 1; Omaggio a Baschenis, Bergamo,Palazzo Credito Bergamasco (7 - 13 ottobre2006), s.n.

    Bibliografia: M. Valsecchi, in Un incontrobergamasco. Ceresa - Baschenis, catalogo dellamostra, Bergamo 1972, n. XXII (EvaristoBaschenis); A. Veca, in Vanitas. Il simbolismo deltempo, catalogo della mostra, Bergamo 1981, n.XXIX (Evaristo Baschenis); M. Rosci, EvaristoBaschenis, in I pittori bergamaschi dal XIII alXIX secolo, Il Seicento, III, Bergamo 1985, p. 78,n. 10 (Evaristo Baschenis); E. De Pascale, inEvaristo Baschenis e la natura morta inEuropa, catalogo della mostra, Milano 1996,p. 134, n. 1 (Evaristo Baschenis); L. Ravelli,in Omaggio a Baschenis, catalogo della mostra,Bergamo 2006, p. 20 (Evaristo Baschenis).

    18.Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617 - 1677)Pollame, tagliere con pesci, cassetta, cavoli,lumacheolio su tela, 82 x 100 cm

    Mostre: Un incontro bergamasco. Ceresa -Baschenis, Bergamo, Galleria Lorenzelli (ottobre1972), n. XXIV; In Proscenio III. Nature morteeuropee tra Seicento e Settecento, Roma, Regine’sGallery (novembre - dicembre 1991), n. XIII;Evaristo Baschenis e la natura morta in Europa,

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    Bergamo, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea(4 ottobre 1996 - 12 gennaio 1997), n. 18;Omaggio a Baschenis, Bergamo, Palazzo CreditoBergamasco (7 - 13 ottobre 2006), s.n.

    Bibliografia: L. Angelini, I Baschenis pittoribergamaschi, Bergamo 1943, p. 84, n. 7(Evaristo Baschenis); M. Rosci, Baschenis,Bettera & Co., Milano 1971, pp. 50, 112(Evaristo Baschenis); G. Grandi, BaschenisEvaristo, in Dizionario enciclopedico Bolaffidei pittori e degli incisori italiani, I, Torino1972, p. 393 (Evaristo Baschenis); M. Valsecchi,Un incontro bergamasco. Ceresa - Baschenis,catalogo della mostra, Bergamo 1972, n. XXIV(Evaristo Baschenis); F. Arisi, Felice Bosellipittore di natura morta, Roma 1973, p. 34 e fig.10 (Evaristo Baschenis); M. Rosci, EvaristoBaschenis, in I pittori bergamaschi dal XIII alXIX secolo, Il Seicento, III, Bergamo 1985, p. 79,n. 28 (Evaristo Baschenis); P. Tosini, in InProscenio III. Nature morte europee traSeicento e Settecento, catalogo della mostra, acura di M. Di Veroli, Roma 1991, p. 44, n. XIII(Evaristo Baschenis); F. Arisi, Natura morta traMilano e Parma in età barocca, Piacenza 1995,pp. 16, 46, 65, 81 (Evaristo Baschenis);E. De Pascale, in Evaristo Baschenis e lanatura morta in Europa, catalogo della mostra,Milano 1996, p. 172, n 18 (Evaristo Baschenis);L. Ravelli, in Omaggio a Baschenis, catalogodella mostra, Bergamo 2006, pp. 24-25(Evaristo Baschenis).

    19.Evaristo Baschenis (Bergamo, 1617 - 1677)Pollo, fagiano, uccellame, padella, brocca conpiatto di lumacheolio su tela, 82 x 100 cm

    Mostre: Simposio. Cerimonie e apparati, Bergamo,Galleria Lorenzelli (ottobre 1983), n. XXX;Evaristo Baschenis e la natura morta in Europa,Bergamo, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea(4 ottobre 1996 - 12 gennaio 1997), n. 19; Omaggioa Baschenis, Bergamo, Palazzo Credito Bergamasco(7 - 13 ottobre 2006), s.n.

    Bibliografia: L. Angelini, I Baschenis pittoribergamaschi, Bergamo 1943, p. 84, n. 8 (EvaristoBaschenis); M. Rosci, Baschenis, Bettera & Co.,Milano 1971, pp. 50, 113 (Evaristo Baschenis);G. Grandi, Baschenis Evaristo, in Dizionarioenciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisoriitaliani, I, Torino 1972, p. 393 (Evaristo Baschenis);M. Valsecchi, Un incontro bergamasco. Ceresa -

    Baschenis, catalogo della mostra, Bergamo1972, n. XXV (Evaristo Baschenis); A. Veca,Simposio. Cerimonie e apparati, catalogodella mostra, Bergamo 1983, p. 346, n. XXX(Evaristo Baschenis); M. Rosci, EvaristoBaschenis, in I pittori bergamaschi dal XIIIal XIX secolo, Il Seicento, III, Bergamo 1985,p. 79, n. 28 (Evaristo Baschenis); E. DePascale, in Evaristo Baschenis e la naturamorta in Europa, catalogo della mostra,Milano 1996, p. 174, n. 19 (Evaristo Baschenis);L. Ravelli, in Omaggio a Baschenis, catalogodella mostra, Bergamo 2006, pp. 24-25(Evaristo Baschenis).

    20.Monogrammista DG (Domenico Gargiulo?)(Napoli, 1612 - 1675)Cesta di fichi, frutti e fiori di gelsominoolio su tela, 63 x 73 cm

    Mostre: Scenografie. Natura morta in EuropaXVII-XVIII secolo, Bergamo, Galleria Lorenzelli,1998, s.n.; Stille Welt. Italianische Stilleben.Arcimboldo - Caravaggio - Strozzi…, München,Kunsthalle der Hypo, Kulturstiftung (6 dicembre2002 - 8 marzo 2003), s.n.; La natura mortaitaliana da Caravaggio al Settecento, Firenze,Palazzo Strozzi (23 giugno - 12 ottobre2003), s.n.

    Bibliografia: A. Veca, Scenografie. Naturamorta in Europa XVII-XVIII secolo, catalogodella mostra, a cura di J. Lorenzelli e A. Veca,Bergamo 1998, p. 66 (Monogrammista DG.Napoli, primi XVIII secolo); M. Gregori, inWelt. Italianische Stilleben. Arcimboldo -Caravaggio - Strozzi…, catalogo della mostra,a cura di M. Gregori e J. G. von Hohenzollern,Milano 2002, p. 215 (Monogrammista DG(Domenico Gargiulo?)); M. Gregori, in Lanatura morta italiana da Caravaggio alSettecento, catalogo della mostra, a cura diM. Gregori, Milano 2003, p. 220 (MonogrammistaDG (Domenico Gargiulo?)).

    21.Giacomo Ceruti (Milano, 1698 - 1767)Granchio, rinfrescatoio, vasetto sigillato, cipolle,funghi, verza e coltelloolio su tela, 60 x 83 cm

    Mostre: Giacomo Ceruti. Nature morte, Bergamo,Palazzo Credito Bergamasco (5 - 25 novembre2011), n. 10.

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    Bibliografia: L. Ravelli, Intorno alle naturemorte del Ceruti già nelle collezioni delMaresciallo von Schulenburg, in ‘La Rivista diBergamo’, 57, 2009, p. 44 (Giacomo Ceruti);M. Gregori, Giacomo Ceruti. Nature morte, catalogodella mostra, Bergamo 2011, p. 69, n. 10(Giacomo Ceruti).

    22.Giacomo Nani (Porto Ercole, 1698 - Napoli, 1779)Salsicce, caciotta, tacchino e costatefirmatoolio su tela, 62 x 76 cm

    23.Giacomo Nani (Porto Ercole, 1698 - Napoli, 1779)Ventresca, piatto di acciughe e peperoni, olive,finocchi e pescifirmatoolio su tela, 62 x 76 cm

    24.Pittore spagnolo del XVIII secoloCesto di cipolle, fondina di formaggio e salsiccia,carciofi, teste d’aglio e mortaioolio su tela, 58 x 79 cm

    25.Carlo Magini (Fano, 1720 - 1806)Tavola imbandita con fiasco di vino, pagnotta eaffettatiolio su tela, 57 x 79 cm

    26.Cesare Tallone (Savona, 1853 - Milano, 1919)Piatto con affettati e formaggifirmato, 1910 (?)olio su tela, 41 x 61 cm

    Bibliografia: E. Somaré, Tallone, Milano 1945,tav. 68.

    27.Renato Paresce (Caronge, 1885 - Parigi, 1937)Natura morta con pere e coltellofirmato, 1919olio su tela, 22,5 x 33,5 cm

    28.Piero Marussig (Trieste, 1879 - Pavia, 1937)Piatto con pesca, coltello e fetta di melone,bicchiere e bottiglia di vinofirmato, 1924olio su compensato, 50 x 37,5 cm

    Mostre: La natura morta nell’arte italiana delNovecento, Mesola, Castello Estense (2 agosto -15 ottobre 1987), s.n.

    Bibliografia: V. Sgarbi, in La natura mortanell’arte italiana del Novecento, catalogo dellamostra, Milano 1987, p. 36.

    29.Fortunato Depero (Fondo di Trento, 1892 - Rovereto, 1960)Natura morta con brocca, lanterna e bottigliafirmato, 1926olio su tela, 58 x 68 cm

    30.Arturo Tosi (Busto Arsizio, 1871 - Milano, 1956)Natura morta con piatto, coltello, bicchieree brocca1928olio su tavola, 52 x 54 cm

    Mostre: Arturo Tosi. Antologica 1891-1953, BustoArsizio, Museo delle Arti Palazzo Bandera(27 aprile - 15 luglio 1990), n. 46.

    Bibliografia: Arturo Tosi. Antologica 1891-1953,catalogo della mostra, a cura di C. Occhipinti,Milano 1990, pp. 70, 84.

    31.Contardo Barbieri (Broni, 1900 - Milano, 1966)Natura morta con fiasco di vino, bicchiere e fruttafirmato e datato 1929olio su tela, 50 x 60 cm

    32.Antonio Atanasio Soldati (Parma, 1896 - 1953)Natura mortafirmato e datato 1929olio su compensato, 40 x 39,5 cm

    Mostre: 1° Mostra d’arte del sindacato fascista

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    degli artisti dell’Emilia-Romagna, Bologna,Palazzo Sampieri (novembre - dicembre 1929),s.n.; Mostra retrospettiva di Atanasio Soldati(1929-1953), Ivrea, Centro Culturale Olivetti(giugno 1965), n. 1; Atanasio Soldati, Torino,Galleria Civica d’Arte Moderna (6 novembre -6 gennaio 1970), n. 2.

    Bibliografia: N. Ponente, Atanasio Soldati, in‘Commentari’, 1, V, 1954, p. 57; N. Ponente,Atanasio Soldati, catalogo della mostra, Torino1969, p. 33, n. 2 e tav. I.

    33.Gino Severini (Cortona, 1883 - Parigi, 1966)Natura morta con uova e clarinettofirmato, 1935-1936 circaolio su tavola, 34 x 43,5 cm

    34.Ennio Morlotti (Lecco, 1910 - Milano, 1992)Natura morta con bottiglie1941 circaolio su tela, 50 x 60 cm

    Bibliografia: A.C. Quintavalle, Morlotti strutturae storia, Milano 1982, tav. 10; R. Tassi, C.Pirovano, Morlotti, Milano 1993, p. 52; D.Biasin, in G. Bruno, P.G. Castagnoli, D. Biasin,Ennio Morlotti. Catalgo ragionato dei dipinti,I, Milano 2000, p. 49, n. 44.

    35.Alberto Vitali (Bergamo, 1898 - 1974)Natura morta con candela, alzata sbeccata,bottiglie e fiori secchifirmato e datato 1944olio su tela, 31 x 60 cm

    36.Achille Funi (Ferrara, 1890 - Appiano Gentile, 1972)Natura morta con piatto di frutta e canovacciofirmato, 1948olio su compensato, 40 x 66 cm

    Mostre: A. Funi. Centenario 1890-1990, Ferrara,Studio Melotti (26 maggio - 26 giugno 1990), n. 10.

    Bibliografia: A. Funi. Centenario 1890-1990,catalogo della mostra, Ferrara 1990, n. 10;

    Achille Funi. Catalogo ragionato dei dipinti,a cura di N. Colombo, II, Milano 1996, p. 283,n. II, 441.

    37.Alessandro Pinetti (Ponte Nossa, 1904 - Bergamo, 1988)Natura morta con uovatecnica mista su tela e cartone, 45 x 46 cm

    Mostre: Sandro Pinetti. L’opera e il tempo1904-1987, Bergamo, Galleria d’Arte Modernae Contemporanea (27 novembre 1997 - 6 gennaio1998), n. 86.

    Bibliografia: A. Veca, Natura morta, in SandroPinetti. L’opera e il tempo 1904-1987, catalogodella mostra, Bergamo 1997, p. 87.

    38.Giovanni Testori (Novate Milanese, 1923 - Milano, 1993)Due mele1971tecnica mista su tela, 60 x 50

    Mostre: Giovanni Testori, Torino, GalleriaGalatea (16 novembre - 18 dicembre 1971), s.n.

    Bibliografia: L. Carluccio, Giovanni Testori,catalogo della mostra, Torino 1971, s.n.p.

    39.Gianriccardo Piccoli (Milano, 1941)Lucciofirmato e datato 1976olio su tela, 40 x 60 cm

    40.Anton Zoran Music (Gorizia, 1909 - 2005)Frutti di marefirmato e datato 1986tecnica mista su carta applicata su tavola,28 x 42 cm

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    La letteratura antica ha bollato la naturamorta come un genere inferiore o, addirittura,senza qualità. È una vicenda complessa earticolata, ricca di sfumature e di tranelli,difficilmente riassumibile in poche righe.Tuttavia per renderla un poco più chiara èutile rileggere alcuni brani da antologia,necessari a intuire lo svolgimento di unprocesso riabilitativo che è ancora in corso.Forse il testo più celebre sull’argomento èquello scritto dal collezionista romanoVincenzo Giustiniani intorno al 1617-1618. Si tratta di una lettera inviataall’avvocato e scrittore fiammingo TeodoroAmideni (Dirk van Amayden) in cui compareuna definizione dei gradi di difficoltà dellapittura, suddivisi in dodici categorie, dalpiù facile (lo spolvero, cioè la trasposizionedi un modello tramite un disegno) al piùcomplesso: “il più perfetto di tutti, perchéè più raro, e più difficile, l’unire il mododecimo con l’undecimo già detti, cioèdipignere di maniera, e con l’esempio avantidel naturale”. Nonostante il rivoluzionarioparere espresso da Caravaggio, puntualmenteriportato dal Giustiniani, la natura mortaoccupa una posizione intermedia: “Quinto,il saper ritrarre fiori, ed altre cose minute,nel che due cose principalmente s irichiedono; la prima, che il pittore sappiadi lunga mano maneggiare i colori ,e ch’effetto fanno, per poter arrivare aldisegno vario delle molte posizioni de’piccoli oggetti, ed alla varietà de’ lumi; eriesce cosa assai difficile unire queste duecircostanze e condizioni a chi non possiedebene questo modo di dipignere, e sopra atutto vi si ricerca straordinaria pazienza;ed il Caravaggio disse, che tanta manifattura

    gli era a fare un quadro buono di fiori,come di figure”. Il filosofo Denis Diderot assiste direttamentealla progressiva affermazione del generedella natura morta, con tutti gli strascichiche si portava dietro. Lo si intuisce leggendogli Essais sur la Peinture scritti nel 1765 epubblicati per la prima volta a Parigi,postumi, nel 1795. Il capitolo V, intitolatoParagraphe sur la Composition, où j’espèreque j’en parlerai, mette in luce unacontrapposizione di schieramenti che èormai secolare.“I pittori di genere e i pittori storici nonammettono apertamente il disprezzo chehanno gli uni per gli altri; ma lo si indovinafacilmente. Questi ultimi guardano aiprimi come a cervelli ristretti, privi di idee,di poesia, di grandezza, di nobiltà, digenio, sempre intenti a strisciare in modoservile dietro alla natura, che non osanoperdere di vista un momento. Povericopisti, paragonabili al nostro artigianatodei Gobelins, che va scegliendo uno dopol’altro i fili di lana cercando l’esattasfumatura per i l quadro del sublimepersonaggio che gli sta dietro la schiena. Asentir parlare gli altri, son gente buonasolo per soggetti meschini, per scenettedomestiche colte all’angolo della strada;non gli si può concedere niente più che lapratica del mestiere, e non valgono nullase in questa non han raggiunto il massimodi perfezione. Il pittore di genere, da partesua, considera la pittura storica come ungenere romanzesco, senza verosimiglianzae verità, dove tutto è retorico, dove non c’ènulla in comune con la natura, dove lafalsità traspare in ogni cosa: nei caratteri

    Piccola antologia sul tema della natura morta

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    esagerati, che non sono mai esistiti, negliepisodi che sono tutti immaginari,nell’interesse del soggetto, che l’autore nonha mai visto se non nel suo chimericocervello, nei particolari che ha preso nonsi sa dove, in quello stile cosiddetto grandee sublime, che non ha nessun modello innatura, e nelle azioni e nei movimenti dellefigure, così lontane dalle azioni e daimovimenti reali. Voi vedete bene, amicomio, che è sempre la stessa disputa fra laprosa e la poesia, fra la storia e il poemaepico, fra la tragedia eroica e la tragediaborghese, fra la tragedia borghese e lacommedia gaia”.Nella Desinenza in A di Carlo Dossi,pubblicata a Milano nel 1878, ricorreun’accezione della natura morta estesaagli oggetti di arredamento, connotati diun sorprendente “valore psichico”. MaFreud, in questa stanza, era già entrato?“Oltracciò, vi ha un altro legame piùintimo, che si tentò di celare nel nesso trala natura ambiente, così-detta «morta» dachi non ha fino l’orecchio, e la storia, ilcarattere, il «momento» de gli attori chene son circondati. Chi conosce il segretodei pinti romanzi di Hogarth, comprenderàle mie scritte pitture. Il mobile, la tappezzeria,la pianta, vi aquistano un valore psichico,vi completano l’uomo, e, da sempliciattrezzi teatrali, vengono a far parteintegrante del ruolo dei personaggi. Gli èil coro dell’antica tragedia ridotto a formamoderna. D’ogni intreccio, però, quelloche credo di non aver trascurato e cuitengo massimamente è l’intreccio fra ilmio e l’ànimo de’ lettori; ...alludosempre ai non irosi e non disattenti lettori,cioè ai pochi”.Difficile estorcere dichiarazioni di poeticaa Giorgio Morandi, considerato il suoinvincibile riserbo. Poco prima di compierequarant’anni ha accettato di stendereun profi lo biografico per la rubricaAutobiograf ie di scrittori e di artisti deltempo fascista, pubblicata su ‘L’Assalto’ del1928. Tra le righe c’è già tutto il mondo del

    pittore di via Fondazza: i suoi vasetti diceramica, le bottiglie, la polvere, i segnifatti col gesso sul suolo a f issare laposizione dei piedi per proseguire illavoro il giorno dopo. “Sono nato a Bologna nel 1890.Fin da ragazzo dimostrai grande passioneper la pittura, passione che col crescerdegli anni divenne sempre più forte, sì dafarmi sentire il bisogno di dedicarmiciinteramente.Queste mie idee non erano però condiviseda mio padre. Egli, dedito al commercio,avrebbe preferito che io avessi seguito le sueorme e non lasciò intentato nessun mezzoper piegarmi alla sua volontà; da buonpadre vedeva la via dell’arte incerta e difficileed era preoccupato del mio avvenire. Ma visto che ogni tentativo per smuovermidalla mia idea riusciva vano e molto pressatodalle insistenze di mia madre, egli finì colpermettere che m’iscrivessi all’Accademia diBelle Arti di Bologna.[…] Della mia permanenza all’Accademiadi Belle Arti debbo dire, per la verità, chegli insegnamenti che venivano impartitinon ebbero altro effetto che di porre il miospirito in uno stato di profondo disagio.Ben poco di ciò che ora serve alla mia artevi appresi.[…] Mi ero accorto che ancor meno dellevecchie, le nuove idee estetiche rispondevanoalle esigenze del mio spirito. Sentii chesolo la comprensione di ciò che la pitturaaveva prodotto di più vitale nei secolipassati avrebbe potuto essermi da guida atrovare la mia via.Questi studi, che non nascondo mi feceropure cadere in nuovi errori, mi furonosoprattutto benefici perché mi portaronoa considerare con quanta sincerità esemplicità operarono i vecchi maestri,che costantemente alla realtà s’ispirarono,che appunto da questa risultava quelprofondo fascino poetico emanato dalleloro opere e che dai più antichi ai moderni,chi non era allontanato da questi principiaveva prodotto opere vive e dense di poesia”.

  • Ringraziamenti

    Il Credito Bergamasco manifesta la sua più viva riconoscenza ai due collezionisti che, congenerosità, hanno messo a disposizione le opere in mostra consentendone il pubblicoapprezzamento.

    La Fondazione Credito Bergamasco ringrazia per la preziosa collaborazione le seguentiFunzioni interne del Gruppo Banco Popolare

    - Corporate Affairs - Credito Bergamasco;

    - Segreteria Societaria - Credito Bergamasco;

    - Studi e Relazioni Esterne - Credito Bergamasco;

    - Security / Comparto di Bergamo - SGS BP;

    - Progettazione e Lavori Bergamo - BP Property Management;

    che hanno fattivamente collaborato per la buona riuscita della mostra.

    Largo Porta Nuova, 2 - 24122 Bergamowww.fondazionecreberg.it - www.creberg.it

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    L’ŒIL GOURMAND

    Un percorso nella natura mortadal Cinquecento al Novecento