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La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione Febbraio 2012

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La predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione

Febbraio 2012

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A cura della Commissione “Esecuzioni mobiliari ed immobiliari e custodia giudiziaria”

Presidente

Nicoletta Mazzagardi

Segretario

Mariangela Quatraro

Componenti

Fabiola Beltramini

Fernando Caldiero

Marisa Calvigioni

Elena Colantonio

Manuela Dignani

Edoardo Franceschi

Piergiorgio Mazza

Provvidenza Mirabile Aliquò

Osservatore

Maurizio Tozzi

Esperto

Filippo D’Aquino

Segreteria tecnica

Cristina Bauco

Mandato 2008-2012 Area di delega Funzioni Giudiziarie Consigliere Delegato Felice Ruscetta Consiglieri Co-Delegati Marcello Danisi

Massimo Mellacina Giulia Pusterla

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Indice

1. LA DISCIPLINA DELLA DISTRIBUZIONE: GLI ADEMPIMENTI PRELIMINARI ....................... 5

1.1. Premessa ............................................................................................................................. 5

1.2. La formazione delle singole masse attive ............................................................................. 6

1.3. La formazione delle masse passive ...................................................................................... 7

1.4. I creditori che possono partecipare al riparto ........................................................................ 9

1.5. La sospensione del riparto e la sua riattivazione ................................................................ 11

2. I CREDITI CD. “IN PREDEDUZIONE”: SPESE DI GIUSTIZIA E PRIVILEGIO EX ART. 2770 C.C. .............................................................................................................................................. 12

2.1. Spese in prededuzione ....................................................................................................... 12

2.2. Spese per atti conservativi e di espropriazione ................................................................... 13

3. I PRIVILEGI IMMOBILIARI ....................................................................................................... 14

3.1. I privilegi speciali immobiliari di cui all’art. 2780 c.c. ............................................................ 14

3.2. L’estensione del privilegio agli interessi (art. 2749 c.c.) ...................................................... 15

3.3. Concorso del creditore privilegiato immobiliare con il creditore ipotecario .......................... 15

4. COLLOCAZIONE DEI CREDITI IPOTECARI ........................................................................... 17

4.1. Il capitale e le spese ........................................................................................................... 17

4.2. Gli interessi ......................................................................................................................... 19

4.2.1. Estensione della prelazione ipotecaria agli interessi (art. 2855 c.c.) e tipologia degli

interessi privilegiati (corrispettivi e moratori) .............................................................................. 19

4.2.2. L’individuazione del biennio e dell’anno in corso.............................................................. 22

4.2.3. Esame del titolo. Evoluzione delle questioni in tema di interessi anatocistici, sopravvenuta

usurarietà degli interessi ed eventuale giudicato ....................................................................... 23

5. COLLOCAZIONE SUSSIDIARIA DEI CREDITI PRIVILEGIATI (ART. 2776 C.C.): PRESUPPOSTI ............................................................................................................................ 26

6. LA DISCIPLINA DEL CREDITO FONDIARIO .......................................................................... 27

7. COLLOCAZIONE DEI CREDITORI CHIROGRAFARI TEMPESTIVAMENTE O TARDIVAMENTE PIGNORATI O INTERVENUTI ......................................................................... 30

7.1. Collocazione dei creditori chirografari tempestivamente pignoranti o intervenuti ................ 30

7.2. Collocazione dei creditori chirografari tardivamente intervenuti .......................................... 32

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8. L’APPROVAZIONE DEL PROGETTO DI DISTRIBUZIONE .................................................... 32

9. BREVI NOTE IN TEMA DI INTERFERENZE TRA FALLIMENTO ED ESECUZIONE INDIVIDUALE NELLA FASE DELLA RIPARTIZIONE ................................................................. 34

9.1. Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento ....................................... 34

9.2. Fallimento di uno dei debitori comproprietari ...................................................................... 35

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1. LA DISCIPLINA DELLA DISTRIBUZIONE: GLI ADEMPIMENTI PRELIMINARI

1.1. Premessa

Una volta esaurita la fase della vendita del bene pignorato, occorre procedere alla redazione del

progetto di distribuzione, che il professionista delegato deve formare secondo quanto disposto

dall’art. 591 bis, co. 2, n. 12, c.p.c.

Attività preliminare alla formazione del progetto di distribuzione è la richiesta ai creditori delle note

di precisazione del credito per capitale, interessi e spese (comprese le competenze legali), note

che vanno depositate presso lo studio del delegato ovvero presso la Cancelleria, ed in ogni caso

con le modalità e i termini previsti nell’ordinanza di delega1. Ove le note riepilogative non

pervengano, il delegato, anche al fine di evitare ritardi nella predisposizione del progetto, con

pregiudizio per gli altri creditori, provvederà alla determinazione del credito secondo le risultanze

degli atti di pignoramento ed intervento.

Tuttavia, le note di precisazione del credito eventualmente depositate, pur rappresentando un utile

riferimento, non vincolano il professionista delegato, il quale dovrà comunque verificarne la

rispondenza a quanto previsto dal titolo esecutivo, nonché il rispetto delle disposizioni regolanti la

materia, in particolare per quel che concerne le cause legittime di prelazione.

Ai sensi degli artt. 596 e 598 c.p.c. (formazione e approvazione del progetto di distribuzione), non

più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo (termine pacificamente ritenuto ordinatorio), il

giudice dell’esecuzione (o il professionista delegato) provvede a formare un progetto di

distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in

cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la

loro audizione. Tra la comunicazione dell’invito e l'udienza debbono intercorrere almeno dieci

giorni (art. 596 c.p.c.).

In caso di vendita delegata, le attività del giudice dell’esecuzione relative alla formazione e

approvazione del progetto di distribuzione sono svolte dal professionista. Tuttavia presso alcuni

Tribunali all’approvazione del progetto di distribuzione provvede in via esclusiva il Giudice,

fissando apposita udienza innanzi a sé per il relativo esame2.

La formulazione delle norme citate presuppone la sussistenza di una pluralità di creditori, poiché

ove vi sia il solo creditore pignorante non si fa luogo a “distribuzione” in senso tecnico, ma il G.E.

“dispone il pagamento di quanto gli spetta”, secondo la previsione dell’art. 510 c.p.c., richiamato

1 Prima della richiesta ai creditori delle note di precisazione del credito è opportuno che il professionista delegato verifichi

l’eventuale deposito di ulteriori atti di intervento da parte di creditori, effettuato successivamente al conferimento della

delega alla vendita, nonché eventuali modifiche nel nominativo e negli indirizzi dei legali dei creditori. 2 Per approfondimenti vedasi il successivo § 8.

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dall’art. 596 c.p.c.

In ogni caso, anche in quest’ultima ipotesi, occorre determinare il credito dell’unico creditore nelle

sue componenti (capitale, interessi e spese) e le relative operazioni sono del tutto analoghe a

quelle necessarie per la predisposizione del progetto di distribuzione in caso di pluralità di creditori:

ne consegue che il professionista delegato predisporrà il progetto contenente l’analitica indicazione

della somma, lo trasmetterà poi al G.E., il quale ne disporrà l’assegnazione al creditore procedente

ed eventualmente al debitore, ove residuino somme una volta integralmente soddisfatto il primo.

Venendo alle modalità di predisposizione del progetto, esso si compone di due parti:

1) un progetto di graduazione che tenga conto delle cause di prelazione e del tempo degli

interventi (che possono essere tempestivi o tardivi), e stabilisca l’ordine progressivo in base al

quale devono essere soddisfatti tutti i creditori concorrenti;

2) un progetto di distribuzione nel quale sia specificato l’ammontare delle somme spettanti a

ciascuno dei creditori e sia indicato se le stesse sono attribuite immediatamente (ai creditori

muniti di titolo esecutivo o i cui crediti siano stati riconosciuti dal debitore), ovvero accantonate

in attesa del titolo esecutivo (ai creditori sprovvisti di titolo i cui crediti non siano stati

riconosciuti). Ovviamente, la predetta distinzione concernente i creditori intervenuti vale solo

per gli interventi spiegati dal 1° marzo 2006 in poi, mentre per quelli depositati in epoca

precedente non può distinguersi, ai fini che interessano, tra interventi titolati e non titolati, ai

sensi dell’art. 39 quater D.L. 30.12.2005 n. 273, conv. con modificazioni dalla L. 23.2.2006, n.

51 (“L’intervento dei creditori non muniti di titolo esecutivo conserva efficacia se avvenuto

prima del 1° marzo 2006)”.

1.2. La formazione delle singole masse attive

Completata la graduazione dei crediti, ad essa deve seguire la predisposizione del progetto di

distribuzione vero e proprio.

La formazione del progetto di distribuzione impone, in primo luogo, di individuare l’attivo della

procedura esecutiva che, secondo quanto si ricava dall’art. 509 c.p.c., è costituito:

1) da quanto proviene a titolo di prezzo (in caso di vendita) o di conguaglio in caso di

assegnazione dei beni pignorati;

2) dalla rendita o dal provento delle cose pignorate: per rendita si intendono i frutti civili (canoni di

locazione); per provento il ricavato dalla vendita dei frutti naturali (raccolto dei fondi), cui il

vincolo del pignoramento si estende secondo tale pronuncia ex lege;

3) dalle somme acquisite a titolo di multa, corrispondente alla cauzione versata dall’aggiudicatario

e acquisita in via definitiva alla procedura in caso di inadempimento nel versamento del saldo

prezzo;

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4) dal risarcimento del danno cui l’aggiudicatario inadempiente è condannato ove il ricavato della

nuova vendita sia inferiore al prezzo della precedente aggiudicazione unito alla cauzione;

nonché:

5) dal quinto dei crediti (o dalla maggiore somma) versato dal debitore con l’istanza di

conversione del pignoramento, nell’ipotesi in cui egli non provveda poi al versamento della

somma determinata dal G.E., onde sostituirla, all’esito, ai beni pignorati (art. 495, comma 5,

c.p.c.);

6) dalle somme ricavate dal giudizio di divisione per la parte di spettanza del debitore

esecutato, nel caso in cui la procedura esecutiva abbia avuto ad oggetto beni pignorati per

quota indivisa (art. 601 c.p.c.).

Le voci sub 1), 2), 3), 5) e 6) corrispondono a somme di denaro effettivamente versate, mentre il

risarcimento del danno sub 4) rappresenta, ex art. 177, 2° comma disp. att. c.p.c., un credito che

andrà assegnato in sede di distribuzione ad uno o più creditori, secondo la graduazione.

Quanto al ricavato dalla vendita, occorre tenere presente che l’importo effettivamente distribuibile è

rappresentato dalla somma disponibile senza tenere conto delle imposte sul trasferimento.

Inoltre, sui depositi delle procedure, ove fruttiferi, potrebbero maturare ulteriori interessi

successivamente alla formazione del progetto e sino all’effettuazione dei pagamenti. Tuttavia la

brevità del lasso di tempo intercorrente tra la predisposizione del progetto, la sua approvazione ed

i pagamenti, nonché l’esiguità degli interessi generalmente riconosciuti dagli istituti di credito in

favore della procedura, in genere non si traduce nella maturazione di interessi rilevanti, che

restano solitamente compensati con le spese bancarie di chiusura del libretto o del conto corrente.

In ogni caso, è opportuno che nel progetto sia indicata la destinazione di tali somme, come

eventuali sopravvenienze da distribuire ai creditori non soddisfatti, secondo le rispettive cause di

prelazione.

1.3. La formazione delle masse passive

Se vi sono più immobili nella medesima procedura occorre preliminarmente individuare le singole

masse in cui dovrà essere articolato il progetto di distribuzione, sia in quanto l’attivo ascrivibile a

ciascun bene può essere diverso da quello relativo agli altri beni (al di là del diverso prezzo di

aggiudicazione, si pensi al caso in cui solo alcuni beni abbiano prodotto delle rendite), sia in

ragione del possibile concorso diversificato di gruppi di creditori per ciascuna massa. In genere

ciascun bene corrisponde ad una massa. È però possibile accorpare in un’unica massa quei beni

su cui concorre lo stesso gruppo di creditori.

Ad esempio, se Tizio, Caio e Sempronio concorrono con un privilegio speciale sul bene A e tutti

concorrono inoltre in via chirografaria sul bene B, mentre Tizio e Caio (ma non Sempronio) hanno

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anche un credito chirografario sul bene C, allora le masse potranno essere due: beni A+B e bene

C.

Per individuare quali creditori concorrano sui diversi beni occorre far riferimento al pignoramento e

agli atti di intervento. Mentre il pignoramento indica sempre un determinato bene, molto spesso

l’atto di intervento non contiene alcuna indicazione al riguardo, riportandosi all'atto di pignoramento

o al procedimento. Si potranno così avere le seguenti principali ipotesi:

1) in caso di semplice intervento che non specifichi il bene sul ricavato del quale il creditore

intenda soddisfarsi, si considererà l’intervento come relativo al ricavato di tutti i beni presenti

nella procedura in quel momento, salve le cause legittime di prelazione;

2) in caso di riunione di più procedure, né i pignoramenti né gli interventi presenti al momento

della riunione nelle singole procedure si estendono a beni dell’altra procedura che non siano

comuni alle due esecuzioni. Ciò significa che i creditori pignoranti o intervenuti in una delle due

procedure, per poter concorrere anche sui beni non compresi in quella procedura devono, se lo

ritengono, presentare ulteriore atto di intervento, chiedendo di soddisfarsi sul ricavato di quei

beni, e saranno considerati intervenuti tempestivi o tardivi ai fini del riparto del ricavato degli

stessi, a seconda della fase in cui avranno depositato l’atto (si rinvia a quanto si dirà

successivamente al § 7). Ciò in quanto l'intervento è l’atto con cui il creditore esercita la c.d.

azione satisfattiva (ossia, chiede di partecipare alla distribuzione del ricavato) con riferimento al

bene pignorato in quello specifico procedimento;

3) gli interventi successivi alla riunione, invece, salva diversa indicazione, sono validi per

partecipare alla distribuzione del ricavato di ogni bene presente nelle procedure riunite, poiché

la domanda satisfattiva, ove non contenga restrizioni, è da riferire implicitamente a tutti i beni

costituenti il compendio pignorato.

La suddivisione dei beni in masse potrà anche avvenire sotto il profilo soggettivo, ove nella

procedura vi siano uno o più co-esecutati e vi siano creditori particolari di ogni singolo debitore.

Questi concorreranno esclusivamente sulla massa attiva del loro debitore, restando eventualmente

insoddisfatti in tutto o in parte, ove il ricavato della vendita del bene di pertinenza (anche pro-

quota) di ciascun debitore non sia sufficiente a consentirne l’integrale pagamento.

Infine un cenno merita la distribuzione del ricavato della vendita dell’immobile in comproprietà,

ovvero oggetto di comunione legale fra coniugi, nell’ipotesi di vendita dell’intero ex artt. 599 e ss.

c.p.c.3.

3 Per un approfondimento della tematica si rinvia a VIGORITO, L’espropriazione dei beni indivisi consultabile all’indirizzo

http://www.Judicium.it; TISCINI, L’espropriazione forzata di beni facenti parte della comunione legale per debiti personali

di un solo coniuge alla prova del procedimento di espropriazione di beni indivisi, consultabile all’indirizzo

http://www.Judicium.it.

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In quest’ultimo caso, trattandosi di comunione senza quote, può procedersi alla vendita dell’intero

bene, con il limite, in sede di progetto di distribuzione, della soddisfazione dei creditori sulla “quota”

pari al 50% del prezzo di vendita dell’immobile (pari alla “quota” del comproprietario o coniuge

debitore) e successiva attribuzione all’altro comproprietario non debitore, o alla comunione (art.

189, co. 2, c.c.), del prezzo corrispondente alla loro quota.

Secondo altre prassi, la comunione legale viene equiparata ad una comunione ordinaria, il che

comporta che il pignoramento non può che colpire la quota del debitore esecutato, ex artt. 599 e

ss., c.p.c., procedendosi successivamente al giudizio di divisione ex art. 601, c.p.c.

Ove l’esecuzione riguardi entrambi i coniugi, ovvero entrambi i comproprietari (coniugi in

separazione legale di beni ovvero al ricorrere dell’ipotesi della cd. comunione ordinaria), può

verificarsi l’ipotesi in cui entrambe le quote siano assoggettate alla medesima ipoteca; in questi

casi opera il principio dell’indivisibilità dell’ipoteca, secondo cui essa “sussiste per intero sopra tutti

i beni vincolati, sopra ciascuno di essi e sopra ogni loro parte” (art. 2809, comma 2, c.c.).

L’indivisibilità opera in relazione all’oggetto della garanzia e consente la realizzazione del credito

anche per l’intero su una delle quote ipotecate. Il creditore può, quindi, scegliere su quale bene

soddisfarsi, senza vincolo di proporzionalità tra credito e valore della quota ipotecata (4). Per far

questo occorre una specifica imputazione del proprio credito nella nota di precisazione, in assenza

della quale il credito ipotecario sarà imputato proporzionalmente a ciascuna quota su cui grava

l’ipoteca.

Si segnala che l’imputazione del credito su una determinata sottomassa potrebbe essere causa di

abuso del diritto, nel caso in cui il creditore ipotecario, imputando il proprio credito su una

sottomassa gravata da ulteriori crediti con rango successivo al proprio, potrebbe pregiudicarne le

relative ragioni, laddove invece, imputando il proprio credito sulla sottomassa priva di ulteriori

creditori, consentirebbe la più ampia soddisfazione dei creditori in pregiudizio del quotista meno

gravato.

1.4. I creditori che possono partecipare al riparto

Altra operazione preliminare che il delegato, il custode o il consulente nominato per la

predisposizione del progetto di distribuzione devono compiere prima di procedere alla

predisposizione del progetto di graduazione e distribuzione, consiste nell’individuare quali creditori

vi possano partecipare. Infatti, a differenza che in passato, non tutti coloro che siano intervenuti nel

processo di espropriazione potranno partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita.

4 CHIANALE, I diritti reali, in Trattato di Diritto Civile diretto da SACCO, Vol. 6, Milano, 2010, pagg. 68 – 69.

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Il novero dei creditori ammessi alla distribuzione comprende5:

a) il creditore procedente nella procedura principale;

b) il creditore procedente nella o nelle procedure riunite;

c) il creditore c.d. surrogante, ossia colui che è subentrato (in quanto munito di titolo esecutivo) al

pignorante o procedente inerte ed ha provocato i singoli atti esecutivi, generalmente a partire

da una certa fase della procedura in poi (ad es., in caso di rinuncia del primo);

d) i creditori intervenuti, il cui credito si fondi su titolo esecutivo ovvero – nei casi previsti dall’art.

499 c.p.c. – sia stato riconosciuto dal debitore e, in particolare:

d.1) i creditori intervenuti privilegiati, secondo il rango del privilegio di ciascuno e senza che

rilevi il momento dell’intervento (art. 566 cod. proc. civ.), ma solo per la quota privilegiata del

credito;

d.2) i creditori chirografari tempestivi (e quelli privilegiati tempestivi, per la parte non assistita

dal privilegio);

d.3) i creditori chirografari tardivi (e privilegiati tardivi, per la parte non assistita dal privilegio),

se e in quanto siano stati integralmente soddisfatti tutti gli altri.

Ciò premesso, l’ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla vendita del compendio

immobiliare è il seguente:

a) anzitutto le spese di giustizia ex art. 2770 c.c.;

b) poi i crediti assistiti da privilegio, secondo il rango di ciascuno di essi, con la precisazione che

per i crediti privilegiati non assume rilievo la tempestività o la tardività dell’intervento, purchè

avvenga entro l’udienza di fissazione della vendita ex art. 596 c.p.c.;

c) poi, in concorso tra loro sulla massa attiva residua, i crediti privilegiati tempestivi per la parte

non assistita dal privilegio, nonché i crediti chirografari, purché tempestivi;

d) infine, se c’è capienza e sempre tra loro in concorso sulla massa attiva residua, i crediti

privilegiati tardivi per la parte non assistita dal privilegio, nonché i crediti chirografari tardivi.

In caso di integrale soddisfacimento di tutti costoro, le somme che eventualmente residuino sono

restituite al debitore o ai debitori in rapporto a ciascuna massa attiva.

5 Secondo una classificazione di DE STEFANO, La predisposizione del progetto di distribuzione, relazione tenuta al

convegno “La delega delle operazioni di vendita ai professionisti nelle procedure esecutive immobiliari”, Bari, novembre

2007.

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1.5. La sospensione del riparto e la sua riattivazione

L’art. 510 c.p.c. suddivide i creditori partecipanti al riparto tra quelli muniti di titolo esecutivo e quelli

intervenuti che ne siano privi ed equipara ai primi quelli, tra i secondi, i cui crediti siano stati in tutto

o in parte riconosciuti dal debitore. Questi ultimi dunque partecipano senz’altro al riparto6.

In presenza, però, di creditori non muniti di titolo (e sempre che non si tratti di interventi depositati

prima dell’1.3.2006, v. supra, § 1.1), i cui crediti non siano stati riconosciuti, la norma prevede

l’accantonamento delle somme che in astratto spetterebbero loro, limitando tuttavia nel tempo

l’accantonamento e rimettendo al giudice la fissazione del termine finale, in ogni caso non

superiore a tre anni e decorrente dall’ordinanza di riparto in favore dei creditori muniti di titolo o

equiparati.

Per opinione maggioritaria, tale termine non sarebbe prorogabile, essendo legato al principio della

ragionevole durata del processo.

Tuttavia, si è ritenuto che la decadenza dal diritto all’apprensione delle somme accantonate si

verificherebbe solamente ove il ritardo nell’ottenimento del titolo esecutivo sia addebitabile a colpa

del creditore7. Altra opinione ritiene, sul medesimo presupposto, che il decorso del termine

provocherebbe la perdita del diritto all’accantonamento disposto ai sensi dell’art. 510, comma 3,

c.p.c., ma sarebbe consentito al G.E. fare uso del potere di sospensione di cui all’art. 512, comma

3, c.p.c. in attesa della definizione del giudizio di merito incardinato dal creditore non titolato8.

ll nuovo comma 2 dell’art. 510 c.p.c. prevede anche le modalità della riattivazione del riparto

sospeso in attesa che i creditori non muniti di titolo, ed i cui crediti non siano stati riconosciuti,

possano conseguirlo.

La riattivazione può avere luogo decorso il termine fissato dal giudice (in ogni caso), ovvero anche

prima di tale termine quando lo richieda uno dei creditori e non ve ne siano altri che ancora

debbano munirsi di titolo. A seguito dell’istanza il G.E. fissa un’udienza di comparizione dinanzi a

sè riservata: a) al debitore; b) al creditore procedente; c) ai creditori intervenuti, eccetto quelli che

siano stati già integralmente soddisfatti.

All’esito di tale comparizione, il giudice distribuisce la somma accantonata anche ai creditori che

nel frattempo si sono muniti di titolo, se del caso previa predisposizione di un progetto di

distribuzione supplementare, escludendo comunque i creditori che ancora non si siano muniti di

titolo, a prescindere dalla circostanza che il termine fissato dal G.E. sia inutilmente decorso per

causa ad essi non imputabile.

6 Sulla sospensione del riparto e riattivazione, cfr. DE STEFANO, La predisposizione del progetto di distribuzione, cit.

7 DEMARCHI, Il nuovo rito civile. Le esecuzioni, Milano, 2006, 203 ss., 212, secondo cui la irragionevole durata del

processo non può danneggiare la parte potenzialmente vittoriosa. 8 CAPPONI, L’opposizione distributiva dopo la riforma dell’espropriazione forzata, in Corr. Giur., 2006, 1760, 1761.

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Poiché si riapre la fase di distribuzione, devono ritenersi ripristinate le facoltà di contestazione ex

art. 512 c.p.c.

Qualora, infine, decorso il termine finale dell’accantonamento ed effettuata la distribuzione

conseguente, residuino ulteriori somme, queste sono restituite al debitore.

2. I CREDITI CD. “IN PREDEDUZIONE”: SPESE DI GIUSTIZIA E PRIVILEGIO EX ART.

2770 C.C.

2.1. Spese in prededuzione

Determinato l’attivo ripartibile si può predisporre il progetto di graduazione dei crediti per avviare la

fase distributiva vera e propria.

Sebbene dal punto di vista normativo nell’esecuzione individuale sia inesistente il concetto di

“prededuzione”, che individua la posizione di coloro che vanno soddisfatti prima della vera e

propria graduazione dei crediti, si ritiene (v. Cass. n. 8634/03) che le “spese di procedura”

debbano avere priorità sugli altri crediti, dal momento che rappresentano gli oneri sostenuti

nell’interesse di tutti i creditori per giungere alla fase liquidativa9.

Rientrano in questa categoria:

1. le spese per la stima dell’immobile, compreso l’onorario dell’esperto;

2. le spese di custodia10 e l’onorario del custode le spese di pubblicità;

3. le imposte collegate agli atti della procedura11;

4. le spese sostenute per la manutenzione e conservazione del bene pignorato12;

5. le spese e l’onorario del professionista delegato alla vendita, nel caso sia stato nominato;

6. l’onorario del consulente eventualmente nominato per la redazione del progetto di

distribuzione;

9 La liquidazione operata dal G.E. in ordine al rimborso delle spese sopportate dal creditore pignorante e dagli intervenuti

costituisce un accertamento strumentale alla distribuzione, insuscettibile di acquisire forza di giudicato al di fuori del

processo in cui è fatta (v. Cass.18 Marzo 2003, n. 3985). Sul punto, cfr. ARIETA - DE SANTIS, L’esecuzione forzata,

Padova, 2007. 10

Le spese di custodia sono sempre collocate in prededuzione se autorizzate dal G.E. In caso contrario potrebbe

sorgere in sede distributiva un conflitto in ordine alla prededucibilità astratta di tali anticipazioni, per es. per la stipula di

una polizza assicurativa dell’immobile, per il cambio di serrature o porte, per l’installazione di mezzi di vigilanza. In

assenza di provvedimento autorizzatorio, sarà valutato in sede di distribuzione il vantaggio arrecato ai creditori. Sul

punto, D’AQUINO, La distribuzione nella espropriazione immobiliare, in La nuova esecuzione forzata, Dottrina Casi e

Sistemi, Bologna, 2009, 1065). 11

Ad esempio l’imposta di bollo sugli atti della procedura, mentre le imposte sul trasferimento, quali l’IVA e l’imposta di

Registro sono a carico dell’aggiudicatario. 12

Tra le suddette spese non rientrano quelle condominiali, per le quali, salvo diversa prassi, occorre un intervento

autonomo da parte del legittimato.

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7. le spese sostenute presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari per la cancellazione delle

trascrizioni e delle iscrizioni pregiudizievoli13.

Se tali spese sono state anticipate dal creditore procedente vanno riconosciute allo stesso in

prededuzione, con il privilegio di cui all’art. 2770 c.c.

2.2. Spese per atti conservativi e di espropriazione

Soddisfatti i crediti di cui sopra vanno poi collocati, prima di ogni altro credito anche pignoratizio o

ipotecario, i crediti per le spese di giustizia sostenute per atti conservativi o per l’espropriazione di

beni immobili nell’interesse comune di tutti i creditori (artt. 2770 e 2777, comma 1, c.c.). Tra queste

rientrano in primo luogo le spese sostenute per l’intimazione dell’atto di precetto14, nonché per il

primo15 pignoramento e per eventuali atti successivi, necessari e prodromici al compimento della

vendita forzata (ad esempio per il deposito della documentazione ipocatastale), compreso il

compenso (diritti ed onorari) del difensore del creditore procedente, come liquidato dal G.E.

Tali spese, normalmente anticipate ex art. 95 c.p.c. dal creditore pignorante, devono essere

riconosciute con lo stesso privilegio anche ad altro creditore munito di titolo esecutivo, che ne

chieda il rimborso e dimostri di averle effettivamente sopportate in luogo del creditore procedente.

Sono inoltre compresi tra i crediti da soddisfare al privilegio quelli per spese relative ad atti

conservativi del bene, diretti a conservare la garanzia patrimoniale dello stesso, come l’azione

surrogatoria (art. 2900 c.c.), la separazione dei beni del defunto da quelli degli eredi (art. 512 c.c.),

il giudizio di divisione (art. 713 c.c. e art. 600 c.p.c.), il sequestro conservativo (art. 671 c.p.c.),

salvo che il bene sia indisponibile per altri motivi16 o il procedimento di conversione del sequestro

in pignoramento non sia portato a termine17.

Non rientrano invece nella suddetta categoria (in quanto le relative spese non sono sostenute

nell’interesse di tutti i creditori ma solo di colui che effettivamente le ha sostenute), i crediti per

l’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) o per il sequestro giudiziario (art. 670 c.p.c.) .

13

Le spese sostenute presso la Conservatoria possono essere poste nell’Ordinanza di vendita anche a carico

dell’aggiudicatario (v. Cass. 25.7.2002 n.10909). In tal caso si ritiene che questi non possa chiederne il rimborso. 14

Relativamente alle spese dell’atto di precetto, D’AQUINO, op. cit, riporta: “… la dottrina è divisa tra l’opinione secondo

cui il precetto non crea alcun vincolo giuridico sui beni della successiva espropriazione – per cui le relative spese non

potrebbero godere di alcuna collocazione privilegiata (Bozza e Schiavon) e quella secondo cui il precetto costituisce

attività propedeutica all’azione esecutiva, per cui le relative spese dovrebbero ricevere collocazione privilegiata in virtù

del nesso teleologico che avvince l’atto di precetto alla successiva espropriazione (Del Vecchio), salvo che non sia stata

effettuata rinuncia del primo pignorante”. 15

Non sono assistite dal privilegio ex art. 2770 c.c. le spese sostenute per i pignoramenti successivi al primo. 16

V. Cass. 26.10. 1959, n. 3038. 17

Cfr. DEL VECCHIO, I privilegi nella legislazione civile fallimentare e speciale, Milano 1994,173.

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14

Ancora, non sono privilegiate le spese dei giudizi di opposizione, a meno che non riguardino la

contestazione della proprietà o della pignorabilità dell’immobile, nel qual caso si tratta di attività

svolta nell’interesse di tutti i creditori.

In definitiva, se il criterio guida per la determinazione del privilegio di cui all’art. 2770 c.c., è quello

dell’interesse comune di tutti i creditori, non saranno assistite le spese sostenute dal creditore

procedente o intervenuto non necessarie o non propedeutiche all’attivazione della procedura

esecutiva (ad es. le spese sostenute dal creditore per ottenere il titolo giudiziale prima dell’inizio

della procedura espropriativa). Tali spese seguono la graduazione del credito fatto valere dal

creditore che le ha sopportate.

Godono, invece, della prelazione di cui all’art. 2770 c.c. le spese sostenute dall’Erario per

l’ammissione del creditore al gratuito patrocinio, ai sensi dell’art. 135, comma 2, D.P.R. 30 Maggio

2002 n.115 (T.U. in materia di spese di giustizia).

Qualora nella fase di ripartizione del ricavato non vi sia sufficiente capienza, le spese assistite dal

privilegio ex art. 2770 c.c. andranno rimborsate in proporzione (art. 2782 c.c.).

3. I PRIVILEGI IMMOBILIARI

3.1. I privilegi speciali immobiliari di cui all’art. 2780 c.c.

Dopo le spese di giustizia, la distribuzione avviene tenendo conto delle “cause legittime di

prelazione”, ovvero, ai sensi dell’art. 2741 c.c., dei privilegi e delle ipoteche.

In primo luogo devono essere collocati i privilegi speciali immobiliari che sono preferiti ai crediti

ipotecari se la legge non dispone diversamente (art. 2748, comma 2, c.c.).

I privilegi speciali immobiliari sono elencati all’art. 2780 c.c., e, tenuto conto delle recenti

modifiche apportate dall’art. 23 del D.l. n. 98/2011 convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1,

comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111, devono essere posti in graduazione secondo il seguente

ordine18:

- crediti per contributi relativi ad opere di bonifica e di miglioramento (art. 2775 c.c);

- crediti dello Stato per concessioni di acque (art. 2774 c.c.)19;

- crediti per tributi indiretti ex art. 2772 c.c. (imposta di registro, imposta di successione, imposte

18

L’art. 2771 c.c. “Crediti per le imposte sui redditi immobiliari” è stato abrogato dall’art. 23, comma 38 del menzionato

D.L. n. 98/2011. 19

Il privilegio grava sugli impianti relativi alla concessione indicati agli artt. 25, 28 e 30 del R.D. 11 dicembre 1933 n.

1175 (T.U. acque pubbliche) e comprende i crediti dello Stato per canoni dovuti dai concessionari di acque pubbliche o

acque derivate dei canoni demaniali ovvero per il corrispettivo di lavori eseguiti d'ufficio. Sono esclusi gli altri crediti in

materia di acque pubbliche che riguardano enti o persone diverse dallo Stato.

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15

catastali e ipotecarie, IVA relativa alla cessione dell’immobile in caso di responsabilità solidale

del cessionario);

- crediti del promissario acquirente per mancata esecuzione di contratti preliminari trascritti (art.

2775 bis c.c.)20.

In generale, i crediti che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito sono comunque

da posporre al credito per spese di giustizia, stante quanto disposto all’art. 2770, comma 3, c.c.,

mentre ai sensi dell’art. 2783 c.c. “quando dalla legge non risulta il grado di preferenza di un

determinato privilegio speciale, esso prende grado dopo ogni altro privilegio speciale regolato nel

codice”

Infine, nel caso più creditori vantino crediti assistiti da privilegio sullo stesso bene immobile in pari

grado, detti crediti concorrono in proporzione agli importi rispettivamente fatti valere (art. 2782

c.c.).

3.2. L’estensione del privilegio agli interessi (art. 2749 c.c.)

Ai sensi dell’art. 2749 c.c., il privilegio accordato al credito si estende alle spese sostenute dal

creditore per l’intervento nella procedura esecutiva (compresi gli onorari di avvocato), nonché agli

interessi per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quelli maturati nell’anno precedente

(diversamente per l’ipoteca, in cui si prevedono i due anni anteriori e l’anno in corso), mentre gli

interessi maturati successivamente sono ammessi in privilegio solo nella misura legale e fino alla

data della vendita.

3.3. Concorso del creditore privilegiato immobiliare con il creditore ipotecario

I privilegi immobiliari prevalgono sui crediti ipotecari (art. 2748, comma 2, c.c.), se la legge non

dispone diversamente.

Sono, quindi, postergati al creditore ipotecario i privilegi di cui agli artt. 2772 c.c. (crediti per tributi

indiretti per la quota immobiliare, quali IVA e imposta di successione) e 2774 c.c.(crediti dello Stato

nei confronti dei concessionari di acque pubbliche esecutati), in quanto sono fatti salvi i diritti

acquisiti dai terzi, ed inoltre il privilegio ex art. 8, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, in materia di

imposta ipotecaria.

Gli altri privilegi speciali immobiliari non sono, invece, postergati al creditore ipotecario e vanno

20

I crediti del promissario acquirente di immobile riguardano la restituzione delle somme versate, il pagamento del

doppio della caparra o per risarcimento danni, le spese giudiziali conseguenti alla necessità di far valere

l’inadempimento. Inoltre i crediti privilegiati del promissario acquirente cedono di fronte ai crediti garantiti da ipoteca per

mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del bene (art. 2775 bis, comma 2, c.c. ) e di fronte ai crediti fondiari

per il finanziamento dell’intervento edilizio (anche art. 2825 bis c.c.).

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16

soddisfatti secondo l’ordine di cui all’art. 2780 c.c. (ossia dopo il pagamento delle spese di giustizia

ex art. 2770 c.c.).

È opportuno soffermarsi sulla questione relativa alla prevalenza del privilegio speciale immobiliare

ex art. 2775 bis c.c. rispetto all’ipoteca. Si è già detto (cfr. nota 17) che tale privilegio è postergato,

sia all’ipoteca derivante da mutuo fondiario iscritta sull’edificio o sul complesso condominiale a

garanzia di finanziamento dell'intervento edilizio, sia all’ipoteca iscritta a garanzia di mutui erogati

al promissario acquirente.

Quanto invece ai rapporti con l’ipoteca “ordinaria”, è da registrare un significativo mutamento della

giurisprudenza. Ad un primo orientamento inaugurato da Cass. 14.11.2003, n. 1719721, secondo

cui il credito del promissario acquirente, privilegiato ai sensi dell’art. 2775 bis, c.c., prevale sul

credito dell’ipotecario anche nell’ipotesi in cui l’ipoteca sia stata iscritta anteriormente alla

trascrizione del contratto preliminare, è seguita Cass. Sez. Un.,1.10.2009, n. 21045, che ha

affermato il principio opposto22.

In definitiva, tali crediti possono prevalere sull’ipoteca solo se il contratto preliminare sia stato

trascritto nei registri immobiliari in epoca precedente rispetto alla relativa iscrizione.

Quanto alla sua natura, può osservarsi che si tratta in realtà di un privilegio “temporaneo”, la cui

efficacia è limitata ad un determinato periodo di tempo dalla trascrizione e condizionata, ai fini del

perdurare del privilegio oltre tale periodo, al verificarsi di vari presupposti.

In primo luogo, gli effetti del privilegio sussistono a condizione che nel triennio dalla trascrizione del

preliminare (ovvero non oltre l’anno dalla data prevista dalle parti per la stipulazione del contratto

definitivo) si sia verificato uno dei seguenti eventi: 1) la risoluzione del contratto risultante da atto

avente data certa (art. 2704 c.c.); 2) la proposizione (notificazione) di domanda giudiziale di

risoluzione del contratto o di condanna al pagamento; 3) la trascrizione del pignoramento

(presumibilmente da parte del promissario acquirente); 4) l’intervento nell’esecuzione promossa da

terzi (diversi dal promissario acquirente).

In altri termini, secondo quanto prevede il combinato disposto degli artt. 2645 bis, comma 3, e

2775 bis, c.c., il promissario acquirente che abbia trascritto il contratto preliminare, ha diritto al

privilegio:

a) nel caso in cui intervenga nella procedura promossa da terzi entro il termine di vigenza del

privilegio (massimo tre anni dalla trascrizione o entro un anno dalla data convenuta per la

21

In, Contratti, 2004, 545. 22

“Il privilegio speciale sul bene immobile, che assiste, ai sensi dell'art. 2775 bis c.c., i crediti del promissario acquirente

conseguenti alla mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi dell'art. 2645 bis c.c., siccome

subordinato ad una particolare forma di pubblicità costitutiva, come previsto dall'ultima parte dell'art. 2745 c.c., resta

sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio sull'ipoteca, sancita, se non diversamente disposto, dal comma

2 dell'art. 2748 c.c. e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità degli atti”.

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17

conclusione del contratto definitivo);

b) ovvero, anche ove intervenga successivamente e fino alla distribuzione, purchè nel periodo di

vigenza del privilegio si verifichi una delle seguenti circostanze:

b1) abbia ottenuto la sentenza di risoluzione giudiziale del contratto ovvero abbia ottenuto la

risoluzione con altro atto avente data certa;

b2) abbia proposto azione di risoluzione ex art. 1453 c.c.;

b3) abbia egli stesso provveduto a eseguire il pignoramento, avendo ottenuto il relativo titolo

(sentenza di risoluzione).

4. COLLOCAZIONE DEI CREDITI IPOTECARI

4.1. Il capitale e le spese

Dopo i privilegi immobiliari (salvo quanto s’è detto) trovano collocazione i crediti ipotecari, per i

quali il diritto di prelazione è indipendente dalla tipologia dell’ipoteca (legale, giudiziale o

volontaria), e prendono grado dal momento della loro iscrizione nei registri immobiliari in relazione

al numero d’ordine dell’iscrizione.

Quando sullo stesso immobile sono iscritte più ipoteche, i crediti saranno soddisfatti in base al

grado ipotecario di iscrizione di ciascuna di esse, mentre nell’ipotesi in cui vari crediti siano

garantiti da ipoteche aventi il medesimo grado, la distribuzione dovrà essere operata in

proporzione tenuto conto dei rispettivi importi (ad esempio quando nello stesso atto siano previste

più iscrizioni ipotecarie a favore di differenti creditori, ex art. 2854 c.c.).

A norma dell’art. 2847 c.c. l’iscrizione ipotecaria perde efficacia se non viene rinnovata nel termine

di venti anni dall’iscrizione, senza che abbia rilevanza l’avvio della procedura esecutiva da parte

del creditore23.

Non danno luogo alla prelazione le ipoteche iscritte in epoca successiva alla trascrizione del

pignoramento (art. 2916 c.c.), in quanto inopponibili alla procedura, con la conseguenza che, in

sede di riparto, il credito andrà collocato in via chirografaria.

Ciò premesso, per quanto attiene all’estensione della prelazione, oltre al capitale sono garantite da

privilegio ipotecario anche le spese accessorie (art. 2855, c.c.).

Il capitale è sempre quello risultante dal titolo, senza che rilevino pattuizioni in deroga, né

23

In termini, Cass. civ, I sez., 1.4.2011, n. 7570. Con riferimento alla necessità della rinnovazione dell’iscrizione

ipotecaria, in pendenza del processo espropriativo,alcuni sostengono che la rinnovazione non sia più necessaria dal

momento del versamento del prezzo atteso che a decorrere da tale fase l’aggiudicazione diviene definitiva e sorge il

diritto alla distribuzione del ricavato della vendita. Secondo altra interpretazione, invece, l’onere di rinnovazione viene

meno alla data di emissione del decreto di trasferimento che non a caso reca l’ordine di cancellazione delle iscrizioni

ipotecarie pregiudizievoli. In tale secondo senso cfr. Trib. Ragusa, 21.6.02, in Giur. merito, 2002, I, 1189.

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18

l’iscrizione effettuata dal creditore per capitale ed interessi24.

Circa l’estensione dell’ipoteca alle spese accessorie (costituzione di ipoteca, di iscrizione e

rinnovazione e quelle ordinarie occorrenti nel processo di esecuzione), esse sono da ritenersi

assistite dalla causa di prelazione nei limiti del totale iscritto, nel senso che non si aggiungono al

totale dell’iscrizione, consentendo di superarlo, ma sono da ritenere in esso incluse (se dunque

alcune spese eccedono il totale restano al chirografo).

Sono assistite da prelazione ipotecaria:

- e spese per l’atto di costituzione di ipoteca volontaria (non però quelle dell’eventuale mutuo

contestuale: in tal caso si dovrà determinare la parte di spese imputabile alla concessione di

ipoteca);

- le spese di iscrizione (imposta ipotecaria, spese per copie ecc.) e rinnovazione;

- le spese ordinarie per l’intervento nel processo di esecuzione (e cioè le spese legali del

processo esecutivo liquidate dal giudice o determinate dal professionista delegato in sede di

predisposizione del progetto di distribuzione).

Non sono comprese:

- le spese relative alla formazione dell’atto costitutivo del credito (es. contratto di concessione

di mutuo), salvo patto espresso contrario e autonoma iscrizione;

- le spese per l’emissione e la registrazione del decreto ingiuntivo o della sentenza (trattasi di

spese di accertamento del credito), salvo che vi sia specifica iscrizione per esse;

- le spese per l’atto da cui sia derivata l’eventuale ipoteca legale (es. compravendita).

24

“I limiti posti dalla disciplina di cui all'art. 2855 cod. civ. all'estensione degli effetti dell'iscrizione ipotecaria operano

anche quando l'importo degli interessi sia già ricompreso nella somma per la quale l'iscrizione ipotecaria è presa,

mediante l'indicazione di un importo globale comprensivo di capitale ed interessi. In tal caso, quindi, occorre scindere,

nell'ambito del credito conglobato, le componenti relative al capitale e quelle relative agli interessi, riconoscendo al

credito per capitale rango ipotecario, e a quello per interessi rango ipotecario o prelatizio sulla base della disciplina

dettata dal citato art. 2855 cod. civ.“ (Cass., Sez. I, 29.8.1998, 8657); “Ai sensi dell'art. 2855, secondo comma, del

codice civile, l'estensione degli effetti dell'iscrizione ipotecaria agli interessi maturati sulla somma iscritta presuppone

che l'ammontare di quest'ultima corrisponda al netto capitale ed è condizionata all'enunciazione, nell'iscrizione, della

misura degli interessi convenzionali” (Cass.,Sez. I, 28.6.2002, 9497). Ne consegue che nel caso di ipoteca giudiziale

iscritta sulla base di debiti da conto corrente sarà considerato capitale l’intero importo del decreto ingiuntivo o della

sentenza, salvo che dal decreto si possa distinguere tra capitale e interessi, e solo su tale capitale matureranno gli

interessi privilegiati.

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19

4.2. Gli interessi

4.2.1. Estensione della prelazione ipotecaria agli interessi (art. 2855 c.c.) e tipologia degli

interessi privilegiati (corrispettivi e moratori)

Secondo il dettato dell’art. 2855 c.c., sono coperti dallo stesso grado di privilegio, oltre al capitale,

anche gli accessori, nei limiti e con le modalità di determinazione ivi descritti, anche se il loro

cumulo con la sorte capitale superi l’importo per il quale l’ipoteca è stata iscritta (a differenza di

quanto avviene per le spese), purché la misura degli interessi sia indicata nell’iscrizione.

Secondo la giurisprudenza in materia, sono coperti dalla garanzia ipotecaria:

- il capitale residuo25 al momento del precetto26;

- gli interessi convenzionali, ossia previsti nel contratto, al tasso enunciato nella nota di

iscrizione ipotecaria27, per l’anno in corso e per le due annate precedenti la data del

pignoramento28, anche se sia stato pattuito il privilegio per un numero superiore di

annualità29 e qualunque sia il loro ammontare complessivo30;

25

Per i contratti di mutuo, il capitale erogato meno la somma di tutte le frazioni delle rate di ammortamento imputate a

capitale, venute a scadenza e pagate. 26

In tema di mutuo fondiario, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 21.10.2005 n. 20449 e, da ultimo, Cass. SS.UU.,

15.5.2008, n. 12639) ha precisato che “la notificazione di un atto di precetto al mutuatario inadempiente per il pagamento

del credito vantato anche residuo comporta la risoluzione del contratto”. 27

L’enunciazione nella iscrizione ipotecaria della misura degli interessi è condizione indefettibile per il riconoscimento

della prelazione sugli stessi, anche solo nella misura legale (Cass. 28.11.2001 n. 15111, Cass. 28.6.2002 n. 9497). La

giurisprudenza ritiene che l’enunciazione della misura ultra-legale del saggio di interesse nella nota di iscrizione non

esige necessariamente di essere tradotta in un dato numerico percentuale, essendo sufficiente l’indicazione di elementi

oggettivi ed univoci che consentano di pervenire alla determinazione del saggio percentuale attraverso un procedimento

di mero calcolo matematico; in tal senso, App. Genova, 28.4.1990, in Banca, borsa ecc., 1991, II, 746. Al tempo stesso,

il creditore può iscrivere ipoteca per una somma globale per gli interessi convenzionali “triennali”, lasciando invece che

gli interessi legali successivi al triennio, che ugualmente godono della collocazione nello stesso grado del capitale,

vengano collocati solo quando siano accertate le variabili del tasso degli interessi legali e del tempo tra l’anno

successivo al pignoramento e la data della vendita, sul punto Cass. 18.2.2000 n. 1869. 28

Con riguardo al contratto di mutuo si è precisato che gli interessi convenzionali precedenti alla risoluzione del contratto

e, quindi, al precetto sono costituiti dalla frazione imputata ad interessi delle rate di ammortamento scadute nel biennio

precedente alla risoluzione. Cfr,,Cass. 8.7.1998 n. 6668; Cass. 17.9.1999 n. 10070. 29

Nel caso in cui il creditore abbia iscritto a garanzia del proprio credito per la restituzione di un mutuo in rate di importo

conglobante unitariamente capitale ed interessi, un’ipoteca per un importo globale comprensivo di capitale ed interessi,

dopo aver stipulato un patto di iscrizione preventiva relativo ad un numero di annualità di interessi maggiore rispetto a

quello di due, ai fini dell’ammissione del rango prelatizio occorre scindere, nell’ambito del credito conglobato, le

componenti relative al capitale ed agli interessi, e, per quanto attiene al credito per capitale, ammetterlo in via di

prelazione ipotecaria, e, quanto a quello per interessi, ammetterlo al rango prelatizio solo per la parte corrispondente alla

somma di tutte le frazioni imputate ad interessi nelle rate venute a scadenza, e non pagate, nelle due annate anteriori a

quella in corso all’atto del pignoramento o della dichiarazione di fallimento: Cass., sez. I, 17.9.1999, n. 10070. 30

Cass., sez. I, 7.4.1995, n. 4069, in Giust. civ., 1995, I, 3011: vanno collocati in via ipotecaria nei limiti temporali previsti

dall’art. 2855 c.c. gli interessi prodotti da capitale anche se il loro ammontare eccede la somma per cui è stata presa

l’iscrizione, purché ne sia indicata nella nota la misura da intendersi come tasso. Contra Trib. Reggio Emilia, 20.6.1988,

in Fall., 1989, 537.

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20

- gli interessi legali dalla fine dell’anno in corso alla data del pignoramento, sino - per

opinione maggioritaria - alla data di deposito del decreto di trasferimento31.

Dopo la scadenza del triennio è in facoltà del creditore iscrivere una nuova ipoteca per gli interessi

maturati successivamente, così superando il limite dei tre anni. Ciò è espressamente consentito

dallo stesso art. 2855, comma 2, c.c., in quanto la successiva iscrizione degli interessi scaduti

prenderebbe non il grado dell’ipoteca originaria, ma quello riferito al momento della nuova

iscrizione. Tuttavia, nella pratica, accade molto raramente che il creditore si avvalga di tale facoltà.

Considerato il tenore eccezionale della norma, il privilegio non si estende agli altri accessori del

credito che non possono qualificarsi come interessi, quali ad esempio:

- i costi per la polizza antincendio stipulata dal creditore ipotecario, per i quali lo stesso

esercita il regresso verso il debitore;

- i costi per la commissione di estinzione anticipata del mutuo.

Per quanto concerne la tipologia di interessi cui può essere riconosciuto il rango prelatizio, si

discute se siano solo quelli corrispettivi, ovvero anche quelli moratori (ossia pattuiti per le

obbligazioni pecuniarie quale liquidazione forfettaria ed anticipata del danno ex art. 1224 c.c.,

decorrenti dalla data della mora).

Secondo un primo orientamento, la prelazione ipotecaria si estenderebbe a tutti gli interessi, anche

moratori, dal momento che la norma non distingue tra le varie categorie (interessi moratori,

corrispettivi e compensativi); diversamente, infatti, non si comprenderebbe perché il terzo comma

dell’art. 2855 attribuisca il privilegio (sebbene nei limiti del tasso legale e sino alla data della

vendita), agli interessi “maturati dopo il compimento dell'annata in corso alla data del

pignoramento”, i quali non possono che essere moratori 32.

Altra opinione sostiene invece che la norma si riferisca ai soli interessi “prodotti” da capitale, e

31

Sulla collocazione ipotecaria degli interessi legali, Cass. 29.8.1998 n. 8657; sul computo degli interessi legali fino al

decreto di trasferimento, Cass. 8.9.1983 n. 5526. 32

Trib. Firenze, 25.2.1998, in Foro toscano, 1999, 55; Trib. Pistoia, 7.9.1995, in Toscana giur., 1996, 362; Trib.

Cosenza, 20.7.1995, in Banca, borsa ecc., 1997, II, 365; App. Brescia, 8.1. 1988, in Banca, borsa ecc., 1990, II, 744.

Cass. civ., 8 luglio 1998, n. 6668, secondo cui “ … la tesi per la quale la prelazione riguarda soltanto gli interessi

corrispettivi e che trae argomento dalla lettera dell'art. 2855 c.c., nel senso che la norma, facendo riferimento al "capitale

che produce interessi", non comprenderebbe nella sua sfera di operatività gli interessi moratori, ma riguarderebbe

soltanto i primi, sul presupposto che questi sono dovuti in considerazione della naturale fecondità del danaro, laddove i

secondi adempiono ad una funzione risarcitoria, …… non può essere condivisa. Ed anzitutto, l'argomento desunto dalla

letteralità della norma è resistito dal dato, anche esso rilevabile dalla formula legislativa, la quale non pone alcuna

distinzione fra le diversi categorie di interessi. Si è, poi, fondatamente rilevato che il principio in essa contenuto si applica

a qualunque specie di ipoteca, e, quindi, anche a quella giudiziale, che può garantire una condanna al pagamento di una

somma di danaro e degli interessi moratori eventualmente dovuti sicché, appare del tutto conseguente ritenere che la

formula "capitale produttivo di interessi" debba essere riferita non soltanto crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro

di cui è menzione nell'art. 1282 c.c., ma anche alle somme che siano oggetto di obbligazione ai sensi dell'art. 1224 c.c.,

con l'ulteriore corollario che la prelazione ipotecaria compete a tutti gli interessi, purché iscritti”.

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dunque agli interessi corrispettivi derivanti dal godimento di un capitale altrui, ma non già agli

interessi moratori, la cui funzione è di natura sanzionatoria rispetto al ritardo nell’adempimento.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, sembra preferibile tale seconda tesi33.

33

Per tutte, Cass., Sez. I, sent. n. 11033 dell’8.11.1997: “… d'altro canto, nessun argomento a favore della collocazione

ipotecaria degli interessi di mora maturati prima della dichiarazione di fallimento può essere tratto dalla circostanza che

l'art. 2855, secondo comma, c.c. non distingue tra interessi corrispettivi e moratori: se, infatti, il legislatore si fosse riferito

a tutti i capitali (anche, cioè, a quelli infruttiferi), gli "interessi dovuti" non avrebbero potuto essere altro che quelli

moratori; ma, avendo precisato di riferirsi ai soli capitali fruttiferi, gli interessi dovuti devono ritenersi quelli prodotti dal

capitale e non dalla mora. Con tale conclusione non contrasta l'avvenuta iscrizione ipotecaria anche per gli interessi

moratori, essendo evidente che dall'iscrizione medesima non possono farsi discendere ragioni di prelazione ulteriori

rispetto a quelle che sono attribuibili per legge nell'ambito del principio della "par condicio creditorum". È, questo, il

motivo fondamentale per il quale la giurisprudenza di questa Corte, pur riguardando il problema sotto il profilo del

rapporto tra la normativa fallimentare e quella sui mutui fondiari, è da tempo nel senso che, dovendosi equiparare la

dichiarazione di fallimento al pignoramento, l'iscrizione di un credito per capitali al passivo concorsuale fa, sì, collocare

nello stesso grado anche il credito per interessi maturato dopo il compimento dell'annata in corso alla data del

pignoramento (fallimento), ma soltanto nella misura legale e fino alla data della vendita, senza che a tale principio

possano derogare le norme sul credito fondiario, che non riguardano la misura degli interessi, la scadenza degli stessi,

né l'estensione del diritto di prelazione ai c.d. fattori accessori, quali gli interessi di mora, i diritti di commissione, le

provvigioni speciali e simili ("ex plurimis", Cass., 2196/88, 7148/86 cit., 5944/81, 2734/73). Quanto all'argomento in

senso contrario che la società ricorrente pretende di trarre dalla sentenza di questa Corte n. 7025 del 1994, va rilevato

che detta sentenza non ha in alcun modo, neppure implicitamente, affermato che nell'ambito fallimentare agli interessi di

mora va estesa la prelazione ipotecaria, essendosi limitata a precisare che l'art. 2839, n. 5, c.c., nel disporre che la nota

per l'iscrizione ipotecaria deve contenere l'indicazione degli "interessi e le annualità che il credito produce", si riferisce ad

interessi distinti dalla somma capitale che li produce, secondo la normativa generale sugli interessi corrispettivi o

moratori (ma non quelli compensativi, che non sono prodotti dal credito, costituendo una componente del danno). È di

tutta evidenza, allora, che una cosa è che l'ipoteca possa garantire, in via generale, anche gli interessi di mora, altra

l'esclusione di detta prelazione per effetto del combinato disposto dell'art. 2855 c.c. e dell'art. 54 della legge fallimentare,

dovendosi contenere entro tali limiti la deroga al principio della "par condicio creditorum". Non è un caso, poi, che anche

quella dottrina la quale propende per l'estensione della prelazione agli interessi moratori, oltre che a quelli corrispettivi,

dopo aver ribadito che dopo il fallimento non può esserci mora colpevole e che la collocazione privilegiata riguarda gli

interessi moratori anteriori alla dichiarazione di fallimento, tuttavia precisa che non può esservi cumulo tra interessi

corrispettivi e moratori per il periodo in cui potrebbe discutersi di operatività di entrambi (ossia, quello anteriore al

fallimento). Sotto un profilo più generale, non sembra superfluo rilevare come il Giudice delle leggi, con la sentenza n.

350 del 1993 (che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54 della legge fallimentare,

nella parte in cui non prevede l'estensione della prelazione agli interessi garantiti da privilegio nei limiti stabiliti dall'art.

2749 c.c.), abbia chiaramente mostrato di condividere l'opzione interpretativa secondo la quale anche il credito per

interessi prefallimentari sui crediti privilegiati ha natura chirografaria, al pari di quello per il periodo successivo alla

dichiarazione di fallimento, comunque ponendo in evidenza l'opportunità di una lettura unitaria dell'art. 54, 3º comma,

della legge fallimentare, valevole per gli interessi sia precedenti che successivi al fallimento, nel senso, appunto, della

collocazione chirografaria degli interessi relativi ai vari crediti (cfr. anche Cass., 5020/95, sia pure con riferimento agli

interessi maturati prima della dichiarazione di fallimento, prodotti da crediti assistiti da privilegio generale o speciale).

Infine, non possono essere condivise le critiche mosse dalla società ricorrente all'esatta osservazione del giudice di

merito, secondo cui, diversamente opinando, si perverrebbe ad una duplicazione della garanzia ipotecaria, atteso che

quest'ultima è già accordata agli interessi corrispettivi inglobati nella rata di mutuo. Come ha rilevato la curatela

controricorrente, la tesi dell'unicità giuridica della rata di mutuo è stata disattesa da questa Corte, non soltanto perché lo

stesso art. 55 del T.U. n. 646 del 1905 distingue tra capitale, accessori e spese, ma anche con la considerazione che "la

formazione delle varie rate... attiene ad una modalità dell'adempimento del debitore finalizzata alla graduale estinzione

del mutuo e non può eliminare ... la realtà del relativo contratto, che ha pur sempre ad oggetto un capitale, produttivo di

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22

Un’opinione intermedia distingue infine nell’interesse moratorio la quota pari all’originario interesse

corrispettivo maturato34 e la quota ulteriore (c.d. spread di mora), la quale, trovando la propria

causa nel ritardo nell’adempimento e non essendo dunque connessa alla naturale fecondità del

denaro, non può godere del rango prelatizio.

In questo caso possono essere collocati al privilegio ipotecario gli interessi maturati nel triennio,

“qualunque sia la specie di ipoteca” (art. 2855, comma 2, c.c.), anche per rapporti negoziali oramai

risolti, nella misura in cui tale interesse era originariamente dovuto. Per gli interessi maturati nel

triennio la collocazione al privilegio è limitata alla maturazione dell’originaria misura degli interessi

prevista in contratto depurata dell’eventuale spread di mora. Per quelli successivi maturati sino alla

vendita, la collocazione privilegiata è ulteriormente limitata alla quota dell’interesse legale.

Se si segue questa interpretazione è, peraltro, necessario – in caso di ipoteche giudiziali -

integrare la nota di iscrizione ipotecaria relativa agli interessi iscritti – comprensivi dello spread di

mora - con la documentazione relativa al rapporto negoziale sottostante, dal quale inferire la minor

misura dell’interesse corrispettivo originariamente pattuito.

Altra questione attiene al caso del credito dell’intervenuto.

In questo caso al pignoramento si equiparerà il deposito del ricorso per intervento, di tal chè

spetteranno in privilegio all’intervenuto gli interessi convenzionali per le due annate anteriori e

quella in corso al momento dell’intervento e, successivamente al compimento dell’annata in corso

al momento dell’intervento, quelli legali fino alla data della vendita.

4.2.2. L’individuazione del biennio e dell’anno in corso

Per “anno in corso” si intende l’anno contrattuale, ossia l’anno che inizia con il debito di interessi,

per cui dal giorno del pignoramento si retrocede al momento della stipula del contratto di mutuo

(per le ipoteche volontarie) ovvero all’epoca della notificazione del decreto ingiuntivo o della

interessi", di talché non può essere eliminata, nell'ambito della stessa rata, l'autonomia delle sue componenti (così, tra le

altre, Cass. 2196/88 cit.). Quanto alla tesi secondo cui, in ogni caso, una duplicazione della garanzia sarebbe legittima,

avuto riguardo alla prassi bancaria (con l'esempio dell'iscrizione di ipoteca giudiziale in forza di decreto ingiuntivo per

saldo di conto corrente, costituito dal capitale e da interessi "capitalizzati"), si deve ribadire che, in tema di procedura

concorsuale, la situazione è profondamente diversa, atteso che l'estensione della prelazione può avvenire solo nei limiti

del combinato disposto degli artt. 2788 e 2855 c.c. e dell'art. 54 della legge fallimentare”.

Conformi anche Cass. 17.9.1999, n. 10070; Cass., sez. I, 29.8.1998, n. 8657, in Fall., 1999, 777; Cass., sez. I,

8.11.1997, n. 11033, in Foro it., 1998, I, 1935; App. Roma, 27.11.1990, in Giust. civ., 1991, I, 200; Trib. Firenze,

10.1.1993, in Arch. civ., 1994, 702; Trib. Palermo, 20.08.1991, in Dir. fallim., 1992, II, 309, nonché la prassi seguita. 34

Prassi fatta propria dal Tribunale di Monza, sent. 12.3.2005, n. 776, inedita. Pertanto, se l’interesse moratorio è pari

all’interesse corrispettivo o al tasso debitore, esso si limita ad estendere per il periodo successivo all’insorgenza della

mora “la medesima obbligazione prima vigente per gli interessi corrispettivi”, con la conseguenza che secondo la

summenzionata pronuncia, sarà interamente collocabile al privilegio in quanto “perpetuazione, dopo la scadenza del

termine, del regime di interessi prima vigente”.

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sentenza (per le ipoteche giudiziali), e dopo si calcolano gli interessi per i due anni precedenti e

per l’anno successivo 35.

L’annata in corso alla data del pignoramento va quindi determinata con il seguente procedimento:

“- individuare la data di decorrenza degli interessi del debito che è: a) nel caso di debiti da mutuo:

la data contrattualmente prevista; b) nel caso di debiti accertati giudizialmente: la data della mora

indicata in sentenza o, in mancanza, la data di pubblicazione del provvedimento (decreto ingiuntivo

o sentenza); - aggiungere alla data di decorrenza del debito un anno per tante volte sino a che sia

superata la data del pignoramento: il risultato è una data che chiameremo C; -sottrarre un anno

dalla data C: da questo momento inizia l’annata in corso (chiameremo B questa seconda data); -

sottrarre due anni alla data B: chiameremo A la data risultante. Gli interessi maturati

successivamente alla data A e sino alla data C sono da collocarsi al privilegio, al tasso

convenzionale; gli interessi maturati anteriormente a questa data sono al chirografo, al tasso

convenzionale.

Esempio n.1: pignoramento del 15.10.99; mutuo con rate semestrali, decorrenza contrattuale

10.1.95. Si aggiunge 1 anno al 10.1.95 sino ad arrivare al 10.1.2000 (prima scadenza annuale

successiva al pignoramento); l’anno in corso va dal 10.1.99 al 10.1.2000; il biennio va dal 10.1.97

al 10.1.99.

Esempio n. 2: pignoramento del 15.10.99; decreto ingiuntivo 15.1.96; ipoteca iscritta 15.5.97. La

prima scadenza coincide con la data di iscrizione ipotecaria; l’anno in corso è quello dal 15.5.99 al

15.5.2000 Il biennio va dal 15.5.97 al 15.5.99”36.

4.2.3. Esame del titolo. Evoluzione delle questioni in tema di interessi anatocistici,

sopravvenuta usurarietà degli interessi ed eventuale giudicato

Va premesso che, in linea generale, l’esistenza di un titolo esecutivo giudiziale rende incontestabili

le componenti del credito azionato per capitale, interessi ed accessori, secondo i principi che

regolano la cosa giudicata formale. Nel caso in cui invece il titolo posto a base dell’esecuzione non

abbia natura giudiziaria, ma negoziale (es. contratto di mutuo, titolo di credito, ecc.), restano aperte

tutte le questioni relative all’esatta determinazione degli importi dovuti. È cioè possibile che il

debitore o altro concorrente creditore sollevino opposizioni mirate a far ridurre la pretesa azionata.

Solo la sentenza che conclude il giudizio di opposizione renderà incontestabile il credito accertato.

35

NARDECCHIA, Problematiche diverse riguardanti al domanda di ammissione al passivo del creditore ipotecario, in Dir.

Fall., 2004, I, 280 e ss., 285, con ampi riferimenti giurisprudenziali. V. anche Cass, Sez. I, sent. n. 4124, del 26.4.1999. 36

Tribunale di Pescara, Ufficio delle esecuzioni immobiliari, Linee guida dell’Ufficio per la formazione dei piani di riparto

nelle espropriazioni immobiliari, gennaio 2004;Tribunale di Monza “Indicazioni in tema di piani di riparto”, Monza, 18

luglio 2000.

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24

Il professionista, pertanto, nell’ambito delle necessarie verifiche sull’esistenza ed ammontare del

credito, dovrà prestare attenzione all’acquisizione degli elementi necessari per la quantificazione

stessa prendendo a base il precetto e/o l’atto di intervento.

Ciò premesso, una prima verifica che va condotta sul titolo concerne la pattuizione per iscritto degli

interessi. L’art. 1284, comma 3, c.c. dispone infatti che “gli interessi superiori a quelli legali devono

essere determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale”, con la conseguenza che

la misura di interessi passivi ad un tasso superiore a quello legale deve essere stabilita a pena di

nullità per iscritto. In mancanza sono dovuti esclusivamente gli interessi legali.

Si osservi che una tipica clausola di rinvio agli usi rinvenibile nei contratti di conto corrente è la c.d.

clausola “uso piazza”37.

Controversa è invece la questione della compatibilità degli interessi convenzionali nei contratti

bancari con la disciplina antiusura, in particolar modo per quanto attiene ai contratti stipulati in

epoca anteriore all’entrata in vigore della Legge 7 marzo 1996, n. 10838 e alla prima rilevazione del

37 La giurisprudenza della Suprema Corte è ormai pacifica nel ritenere che l’applicazione di interessi passivi ultralegali

determinati con riferimento agli “usi piazza” non soddisfa il requisito della forma scritta previsto a pena di nullità dall’a rt.

1284 c.c., che deve essere inteso nel senso che vi deve essere nel contratto l’indicazione numerica percentuale del

tasso debitore. Per i contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992 (c.d. Legge sulla trasparenza

bancaria) e del D.Lgs. 1.9.1993, n. 385, la sanzione di nullità è espressamente prevista, essendo vietato il rinvio agli usi.

Salvo che la legge disponga diversamente, ogni contratto resta regolato per tutta la sua durata dalla legge vigente

all’epoca della sua conclusione. Sicché, in caso di declaratoria di nullità della clausola “uso piazza”, gli interessi

andranno parametrati come segue: a) per i contratti di c/c stipulati ante 8.7.92: tasso legale, ex art. 1284 comma , c.c.; b)

per i contratti conclusi dal 9.7.92 al 31.12.1993: tasso minimo BOT, ex art. 5 co. 1 lett. a) L. n. 154/92; c) per i contratti

dal 1.1.94 in poi: tasso minimo BOT ex art. 117 T.U.B.

38 D’Aquino, La predisposizione del progetto di distribuzione: questioni in materia di privilegi, relazione tenuta al

convegno La riforma delle procedure esecutive - La delega delle operazioni di vendita ai professionisti, Bari, gennaio

2006, con indicazione della seguente ampia bibliografia in argomento: CAMERANO, L’usurarietà sopravvenuta, in

Contratto e Impresa, 2003, 1062 e ss.; PANDOLFINI, L’usura sopravvenuta sopravvive ancora?, in Giur. It., 2003, I, 92;

VETTORI (a cura di), Squilibrio e usura nei contratti, Padova, 2002; FERRONI, Jus superveniens, rapporti in corso e

usurarietà sopravvenuta, in Rass. dir. civ., 1999, 483; ID., La nuova disciplina civilistica del contratto di mutuo ad

interessi usurari, Napoli, 1997; GENTILI, I contratti usurari: tipologie e rimedi, in Riv. Dir. civ., 1999, I, 533 e ss.;

GAZZONI, Usura sopravvenuta e tutela del debitore, in Riv. notar., 2000, II, 1454 ss.; DOLMETTA, Le prime sentenze

della cassazione civile in tema di usura ex lege n. 108/1996, in Banca Borsa ecc., 2000, II, 630 ss.; DI MARZIO, Il

trattamento dell'usura sopravvenuta tra validità, illiceità e inefficacia della clausola interessi, in Giust. civ., 2000, I, 3103;

INZITARI, Il mutuo con riguardo al tasso “soglia” della disciplina antiusura e al divieto dell’anatocismo, in Banca borsa

ecc., 1999, I, 257 e ss.; ZORZOLI, Interessi usurari e mutui stipulati anteriormente alla l. 108/1996, in Contratti, 1999,

589; LANDOLFI, Brevi note in tema di interessi usurari «sopravvenuti» ai sensi della l. n. 108 del 1996, in Dir. fallim.,

1999, II, 916; GIOVANNONI, Contratto di mutuo con interessi usurari e l. n. 108/96, in Foro toscano, 1999, 13;

MOLITERNI, PALMIERI, Tassi usurari e razionamento: repressione e prevenzione degli abusi nel mercato del credito, in

Corriere giur., 1999, 1022; BELLI, MAZZINI, Legge antiusura, tasso-soglia e problemi relativi ai contratti in corso, in Dir.

banc., 1998, I, 621; GIOIA, Interessi usurari: rapporti in corso e ius superveniens, in Corriere giur., 1998, 192;

CARBONE V., Interessi usurari dopo la L. n. 108/1996, in Corriere giur., 1998, 435; ID., Usura civile: individuato il

«tasso-soglia», in Corriere giur., 1997, 505; SFORZA, Il nuovo delitto di usura e la sua applicabilità ai mutui stipulati

prima dell'entrata in vigore della L. n. 108/1996, in Nuovo dir., 1998, 545; VALENZA, Legge n. 108/1996 - Effetti

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c.d. “tasso soglia” (1° luglio 1997).

Per i contratti a tasso variabile, infatti, la L. n.108/1996 cit., ha istituito il c.d. “tasso soglia”, quale

limite imperativo massimo del tasso di interesse passivo, con conseguente nullità degli interessi

superiori, ovvero quale limite di esigibilità degli interessi originariamente e validamente pattuiti.

Pertanto, nei periodi (in genere trimestre) in cui il tasso di interesse passivo originariamente

pattuito supera quello risultante dalla rilevazione del tasso soglia, l’interesse maturato diviene

usurario e come tale illecito (anche sotto il profilo penale) e non dovuto.

Senza addentrarsi nella trattazione delle evoluzioni normative e giurisprudenziali in argomento, cui

si rimanda per approfondimenti in nota39, si segnala che la disciplina del tasso soglia deve essere

retroattivi, in Impresa, 1998, 1005; MORERA, Interessi pattuiti, interessi corrisposti, tasso «soglia» e... usuraio

sopravvenuto, in Banca, borsa ecc., 1998, II, 517; GIANFELICI E. e GIANFELICI F., La legge sull'usura ed i vecchi

mutui, in Impresa, 1998, 460; QUADRI, La nuova legge sull’usura: profili civilistici, in Nuova giur. civ., 1997, II, 62 e ss.;

TETI, Profili civilistici della nuova legge sull’usura, in Riv. dir. priv., 1997, 483; MASUCCI, Disposizioni in materia di usura

- La modificazione del codice civile in tema di mutuo ad interesse (art. 4 l. 7 marzo 1996 n. 108), commento, in Nuove

leggi civ., 1997, 1328; ALPA, Usura: un problema millenario, questioni attuali, in I contratti, 1996, 11, 191; BONILINI, La

sanzione civile dell’usura, ibid., 223 e ss.; QUADRI, Indicizzazione, interessi e usura (nuove prospettive per un vecchio

problema), in Rass. dir. civ., 1982, 507. 39

D’AQUINO, op.ult.cit., riporta un primo orientamento della Suprema Corte (sentenze 22.4.2000, n. 5286 e 17.11.2000,

n. 14899, in Foro it., 2000, I, 2180, in Contratti, 2000, 688, con Nota di MANIACI e in Foro it., 2001, I, 80, con nota di

PALMIERI), secondo cui tale tasso è stato applicato retroattivamente ai rapporti in corso, valorizzandosi il momento della

dazione (ossia dell’esigibilità) rispetto a quello della stipula del contratto. Successivamente il D.l. 29.12.000 n. 394,

convertito nella L. n. 24/01 ha introdotto con l’art. 1, comma 1, una norma di interpretazione autentica degli artt. 1815,

comma 2, c.c. e 644 c.p., sancendo che “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel

momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro

pagamento”.

L’opinione maggioritaria ritiene, pertanto, che gli interessi dovuti “a qualunque titolo” (moratori, corrispettivi o

compensativi) pattuiti prima della l. 108/96 o prima della rilevazione del tasso soglia non sono usurari anche se richiesti

successivamente all’1.44.1997 (in tal senso Trib. Roma, 16.11.2001, in Corr. Giur., 2002, 510, con Nota di DI VITO,

Usura sopravvenuta e inesigibilità della prestazione, 514 e ss.; Cass. 26.6.2001, n. 8742, in Giust. Civ., 2002, I, 116,

sentenze che fanno leva sulla natura interpretativa e retroattiva della L. n.24/01. In senso analogo cfr., Cass.,

24.09.2002, n. 13868; Cass., 25.03.2003, n. 4380) e vanno inseriti nel progetto di distribuzione al tasso convenzionale.

Parte della giurisprudenza ha inteso che la L. n. 24/01 operi unicamente in relazione ai contratti di mutuo, che rimangono

validi ove stipulati prima della l. 108/96 (App. Milano 10.05.2002, in Giur. It., 2003, I, 502; App. Milano 6.03.2002, ibid.,

2003, 92, con Nota di PANDOLFINI); diversamente, per i contratti diversi dal contratto di mutuo (es. apertura di credito),

il superamento del tasso soglia comporta la nullità parziale della prestazione, con conseguente inserimento ex art. 1339

c.c. di un tasso diverso, da individuarsi nel tasso soglia (App. Milano, 10.05.2002, cit.).

Secondo altra opinione ancora, più radicale, l’interpretazione autentica della L. n. 24/01 è circoscritta alla sola

applicazione delle sanzioni civili (art. 1815 c.c.) e penali (art. 644 c.p.) connesse all’emersione del fenomeno usurario.

Diversamente, la disciplina interpretativa non opera “ad altri fini” diversi dall’irrogazione delle predette sanzioni. Questo

comporta che, ove in un contratto di finanziamento il tasso soglia venga superato, benché non possa farsi applicazione

della sanzione civile della nullità della pattuizione degli interessi, il tasso soglia mantiene la sua portata normativa “ad

altri fini”, quali la possibilità, per l’obbligato, di risolvere il contratto per impossibilità parziale della prestazione ex art.

1464 c.c. e di estinguere in ogni caso l’obbligazione mediante la prestazione di interessi nei limiti del tasso soglia ex art.

1258 c.c., costituendo il tasso soglia limite imperativo di possibilità giuridica della prestazione (PASSAGNOLI, op. cit., 83

e ss., 85. Diversamente CAMERANO, op. cit., 1083, individua nella previsione del tasso soglia una perdurante nullità

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applicata nel senso che qualsiasi contratto di finanziamento dovrebbe comportare la riduzione

degli interessi richiesti successivamente all’1.4.1997, nei limiti del tasso soglia.

Altra questione si pone nel caso in cui il credito sia portato da un titolo passato in giudicato (ad es.

decreto ingiuntivo). Ci si chiede se occorra conformarsi a quanto risulta dal titolo, ovvero se si

possa o si debba applicare il tasso soglia ove la formazione del giudicato sia precedente all’entrata

in vigore della L. n.108/96, cit.

Parte della dottrina ha sostenuto che il giudicato ceda alla disciplina sopravvenuta ove siano

intervenuti mutamenti della legge sostanziale rilevante40, con la conseguenza che, con riferimento

alla materia degli interessi, l’applicazione della disciplina sopravvenuta (L. n. 108/96) fa “ritenere

non più esigibile ed esecutabile una pretesa che è divenuta contraria a una norma imperativa”,

ossia la dazione degli interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge41. In

particolare, tenuto conto del fatto che l’obbligazione di interessi non si esaurisce in una sola

prestazione ma si snoda in una serie continua di sub-prestazioni per effetto del decorso del tempo.

Pertanto, la disciplina imperativa sopravvenuta non può non applicarsi ai rapporti in corso, quanto

meno a quelli ricadenti nel periodo di vigenza dello ius superveniens, con applicazione del tasso

soglia anche in presenza di un precedente giudicato42.

Resta aperta la questione relativa alla possibilità di disapplicare il giudicato qualora sia previsto in

un provvedimento (ad es. in un decreto ingiuntivo), emesso precedentemente alla prima

rilevazione del tasso soglia, un tasso di interesse superiore .

5. COLLOCAZIONE SUSSIDIARIA DEI CREDITI PRIVILEGIATI (ART. 2776 C.C.):

PRESUPPOSTI

La collocazione sussidiaria operante per i privilegi generali mobiliari ex art. 2776 c.c., è estesa ai

crediti privilegiati di lavoro (art. 2751 bis, c.c.), ai (rarissimi) privilegi generali di cui all’art. 2751 c.c.

nonché, nell’ordine, ai c.d. crediti previdenziali IVS (art. 2753 c.c.) e IVA (art. 2752, comma 2, c.c.)

e, a seguito della modifica di cui all’art. 23, comma 39, D.L. n. 98/2011, ai crediti per le imposte e

“virtuale” parziale del contratto, con conseguente tasso giudiziale di sostituzione o inefficacia sopravvenuta della

prestazione di interessi). L’applicazione del tasso soglia conseguirebbe a una lettura costituzionalmente orientata della

disciplina antiusura, che comporta l’applicazione del tasso fissato dal legislatore alla stregua di norma imperativa ex art.

1339 (Trib. Bologna, 19.06.2001, in Corriere giur., 2001, 1347), ovvero, sulla scorta di un orientamento dottrinale invalso

prima dell’entrata in vigore della “sanatoria” del 2001 (INZITARI, Il mutuo, op. cit.), quale limite di esigibilità per la

prestazione in punto interessi. Sicché qualsiasi contratto di finanziamento dovrebbe comportare la riduzione degli

interessi richiesti successivamente all’1.4.1997 al tasso soglia, divenendo il tasso soglia per i contratti di finanziamento a

tasso variabile quello che il tasso di cui all’art. 1, comma 3, L. n. 24/01 è per i contratti di mutuo a tasso fisso. 40

MENCHINI, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987. 41

Trib. Padova, 10.08.2001. 42

Trib. Reggio Calabria, 18.2.2003, Trib. Reggio Calabria, 4.2.2004.

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le sanzioni dovute secondo le norme in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, di

imposta sul reddito delle persone giuridiche, di imposte sul reddito delle società, IRAP ed ILOR,

solitamente azionati dai concessionari per la riscossione. Sono, quindi, esclusi dalla collocazione

sussidiaria i soli crediti tributari locali e previdenziali assistiti da privilegio generale mobiliare ( ex

art. 2752, comma 3, c.c., contributi non IVS, art. 2754 c.c.).

Deve in ogni caso trattarsi di crediti sorti in epoca anteriore alla data di trascrizione del

pignoramento, posto che, ai fini della distribuzione, non si tiene conto dei privilegi relativi a crediti

sorti dopo il pignoramento (art. 2916, n. 3, c.c.). La collocazione dei crediti ex art. 2776 c.c. è

antergata ai creditori chirografari, ma postergata ai creditori ipotecari ex art. 2808 c.c.43, nonché ai

creditori aventi privilegio immobiliare postergato ai creditori ipotecari (artt. 2772, 2774 c.c.), atteso

che la collocazione sussidiaria opera con preferenza rispetto ai soli creditori chirografari.

Tutti gli altri crediti, anche se dotati di altro privilegio, sono equiparati ai crediti chirografari.

Con riferimento all’onere della prova, il creditore che chieda la collocazione sussidiaria sul ricavato

della vendita degli immobili deve dimostrare di aver proceduto infruttuosamente al pignoramento

mobiliare in danno del debitore. Tuttavia il creditore può anche solamente provare di non aver

potuto spiegare intervento in precedenti esecuzioni mobiliari già avviate, o perché il suo credito

non era ancora certo, liquido ed esigibile, ovvero anche ove dimostrasse l’esiguità del patrimonio

mobiliare del debitore a soddisfare il proprio credito44.

6. LA DISCIPLINA DEL CREDITO FONDIARIO

L’attuale disciplina dell’esecuzione per credito fondiario è contenuta nell’art. 41 T.U.B. (Decreto

Legislativo 1° settembre 1993 n. 385 recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e

creditizia)45.

Ai sensi del quarto comma della norma citata “con il provvedimento che dispone la vendita o

l’assegnazione, il giudice dell’esecuzione prevede, indicando il termine, che l’aggiudicatario o

l’assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di

finanziamento prevista dal co. 5, versino direttamente alla banca la parte del prezzo

corrispondente al complessivo credito della stessa”. L’aggiudicatario o l’assegnatario che non

43

Cass., sez. I, 10.8.1992, n. 9429, in Dir. fallim., 1993, II, 34. È stata dichiarata inammissibile la questione di legittimità

costituzionale dell’art. 2776 c.c. per presunto contrasto con l’art. 36 Cost. nella parte in cui prevede la postergazione dei

creditori di cui all’art. 2751 bis nn. 1 e 2 c.c. rispetto ai creditori ipotecari da Corte Cost., 18.6.1991, n. 287, in Foro it.,

1992, I, 1369. 44

Cass. 1.3.1968, n. 673, in Giust. Civ., 1968, I, 798. Cfr. anche Trib. Monza, 14.12.1981, in Giust. Civ., 1982, I, 1650. 45

Ai sensi dell'art. 161, sesto comma, TUB., i procedimenti esecutivi in corso alla entrata in vigore del decreto (1°

gennaio 1994) restano regolati dalle norme anteriormente vigenti.

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28

provvedano al versamento nel termine stabilito sono considerati inadempienti ai sensi dell’art. 587

c.p.c.

Inoltre il custode dei beni pignorati, l’amministratore giudiziario e il curatore del fallimento devono

versare alla banca le rendite degli immobili ipotecati, dedotte le spese di amministrazione e i tributi,

sino al soddisfacimento del credito vantato (art. 41, co. 3).

Sotto il profilo operativo, attese le disposizioni di cui sopra, è ben possibile che al momento del

riparto l’intera massa attiva, o anche solo una sua ragguardevole parte, sia stata già attribuita al

creditore fondiario.

La giurisprudenza della Suprema Corte è ormai orientata nel ritenere che l’art. 41 del TUB

attribuisca al creditore fondiario un privilegio meramente processuale, avente ad oggetto non solo

la facoltà di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale in pendenza di fallimento, ma

anche quella di conseguire l’assegnazione della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del

debitore nei limiti del proprio credito.

Tuttavia tali disposizioni concernono solo la fase di liquidazione dei beni, ma non derogano alle

norme generali sul controllo del giudice dell’esecuzione in merito alla corrispondenza delle somme

erogate rispetto a quanto il creditore avrebbe avuto diritto di conseguire all’esito dell’approvazione

del progetto di distribuzione46.

Sotto questo profilo, vale precisare che la somma che l’aggiudicatario deve versare al creditore

fondiario è pari al solo credito ipotecario, ivi comprese le spese di intervento nel processo di

esecuzione (art. 2855, c.c.), mentre per la parte di credito chirografario lo stesso creditore dovrà

attendere l’approvazione del progetto di distribuzione. L’ammontare del credito dovrà essere

comunicato dal creditore mediante deposito presso il professionista delegato di una nota

riepilogativa del credito entro, naturalmente, il termine assegnato dal G.E. per il versamento del

saldo prezzo.

46

In tali espressi termini, benché con riferimento alla materia del fallimento, v. Cass. 17.12.2004 n. 23572.

Quanto ai rapporti tra esecuzione individuale e fallimento, rimane aperta – non essendo questa la sede per affrontarla –

la questione della necessità della previa insinuazione al passivo fallimentare del creditore fondiario che prosegua o inizi

l’azione esecutiva individuale. Per un’ampia illustrazione della problematica, con riferimenti alla giurisprudenza sia di

merito che di legittimità, VIGORITO, op. cit., p. 417.

Nell’ambito dei medesimi rapporti, basti ad altri fini qui ricordare solo che la Suprema Corte ha pure statuito (Cass.

28.5.98 n. 5267) che, nell’ipotesi in cui una banca inizi l’esecuzione immobiliare in relazione ad un credito fondiario e la

prosegua dopo il fallimento del debitore, il giudice dell’esecuzione individuale non può sostituirsi a quello del fallimento

nella determinazione della definitiva spettanza del credito secondo la disciplina della procedura fallimentare, ma deve

accertare, per poter procedere all’assegnazione, che la medesima spettanza sia divenuta definitiva nella procedura

fallimentare. La prova di tale definitività può derivare, in via positiva, o dall’attestazione del giudice fallimentare (da

chiunque esibita) o dall’ammissione del curatore, mentre il giudice non può procedere alla definitiva assegnazione in

base al mero rilievo che la prova della ricorrenza di quella condizione (la definitività in sede fallimentare) non sia stata

data.

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29

In mancanza di tempestiva comunicazione l’aggiudicatario verserà il saldo prezzo nelle mani del

professionista delegato, al fine di non risultare inadempiente, e il pagamento delle somme in favore

del creditore fondiario sarà disposto direttamente dal delegato non appena depositata la nota

riepilogativa del credito, ovvero sulla base del credito ipotecario dedotto nell’atto di pignoramento o

di intervento.

Si precisa che, in questa fase il professionista delegato non può rideterminare il credito ipotecario,

la cui verifica è rinviata alla formazione e approvazione del progetto di distribuzione. Ne consegue

che il versamento al creditore fondiario ha natura provvisoria ed è effettuato salvo conguaglio in

sede di riparto, con l’ulteriore conseguenza che, ove il creditore fondiario abbia ricevuto somme

maggiori rispetto a quelle definitivamente determinate nel piano di riparto dichiarato esecutivo,

l’eccedenza dovrà essere restituita alla procedura e ripartita in favore degli altri creditori47.

Si esclude che il giudice dell’esecuzione possa emettere un ordine di restituzione (in favore della

procedura ovvero dei singoli creditori) delle somme percepite in eccesso dal creditore fondiario. In

questo caso il progetto di distribuzione costituisce titolo in favore di ciascun singolo creditore per

ottenere un decreto ingiuntivo48.

Nella fase di predisposizione del progetto il professionista delegato dovrà quindi partire

dall’indicazione della massa attiva lorda derivante dalla vendita, inserire il credito del creditore

fondiario insieme agli altri che partecipano alla graduazione ed indicare nella sezione relativa alla

distribuzione le somme che sarebbero spettate al creditore ipotecario, con indicazione di quanto

già dal medesimo percepito.

Complessa è la questione inerente al procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari e

alla trasmissibilità dei privilegi processuali ex art. 41 TUB, per un approfondimento della quale si

rinvia alla nota49.

48

Tuttavia presso alcuni Tribunali (ad es. Roma) il professionista delegato predispone l’ordine di restituzione che viene

sottoscritto dal G.E. 49

Sul punto cfr. PALUCHOWSKI, Le interferenze della procedura esecutiva concorsuale su quella individuale, in Rivista

dell’esecuzione forzata, 1/2011, 57 e ss., 75 – 76. Si riporta in argomento uno stralcio della “circolare sul progetto di

distribuzione” emanata dal Tribunale di Rieti (disponibile sul sito www.tribunale.rieti.it): “Credito fondiario: a) ambito di

applicazione. Le disposizioni di cui al r.d. n. 646/1905 hanno natura di norme eccezionali (Cass. n. 1395/1999; Cass. n.

10017/1998; Cass. n. 5806/1994), in quanto creano una situazione di privilegio a favore degli istituti di credito fondiario.

Ciò comporta che i c.d. privilegi processuali previsti dapprima dal r.d. n. 646/1905 e oggi dall’art. 41 TUB sono

strettamente legati sia alla natura del credito che alla natura del creditore, che deve necessariamente essere un istituto

di credito fondiario, poiché la ratio di essi è la tutela, con finalità pubblicistiche, del sistema di formazione e di

funzionamento del credito fondiario. Segnatamente, oggi ai sensi del citato art. 41 i privilegi processuali continuano a

spettare solamente al soggetto banca, atteso che l’art. 38 del citato TUB (in adempimento della delega di cui all’art. 25

legge 19.2.1992, n. 142 per l’attuazione della direttiva del Consiglio 89/646/CEE) ha esteso a tutte le banche la

possibilità di concedere crediti fondiari. Trattasi in particolare delle banche che erogano finanziamenti a medio e lungo

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7. COLLOCAZIONE DEI CREDITORI CHIROGRAFARI TEMPESTIVAMENTE O

TARDIVAMENTE PIGNORATI O INTERVENUTI

7.1. Collocazione dei creditori chirografari tempestivamente pignoranti o intervenuti

Ove residuino, dopo la distribuzione ai privilegiati, altre somme, queste vanno attribuite ai creditori

chirografari in proporzione dei rispettivi crediti. Sono creditori chirografari, sia coloro che non

possono vantare alcuna causa di prelazione, sia i creditori privilegiati o ipotecari per l’eventuale

eccedenza rispetto alla somma loro riconosciuta a tale titolo (ad. es. per la somma corrispondente

alla differenza tra gli interessi convenzionali e quelli legali maturati dopo il triennio di cui all’art.

2855 c.c. e sino alla data della vendita, nonché per gli interessi convenzionali successivi), sia i

creditori privilegiati il cui titolo sia inopponibile al creditore procedente (art. 2916 c.c.) 50

termine (tali sono quelli con durata superiore ai 18 mesi) garantiti da ipoteca di primo grado (salvi i casi particolari di cui

agli artt. 42 e 43 TUB).

b) Cessione di rapporti giuridici in blocco.

In base all’art. 58 d.lgs. 385/93 possono essere ceduti in blocco i rapporti giuridici di una banca e la cessione va

pubblicizzata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque

prestati o comunque esistenti a favore del cedente conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario,

senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere

processuale, previste per i crediti ceduti. Le disposizioni dell’articolo citato si applicano anche alle cessioni in favore dei

soggetti diversi dalle banche inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi dell’articolo 65 del TUB e in favore

degli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del TUB.

In base all’art. 4, comma 1 della legge del 30 aprile 1999 n. 130 (recante disposizioni in tema di cartolarizzazione dei

crediti), che richiama l’art. 58, comma 3 del D.lgs. 385/98, la società cessionaria ha diritto di avvalersi delle facilitazioni

processuali previste per i crediti ceduti. Quindi le società cessionarie di crediti cartolarizzati ex lege n.130/99 gli

intermediari finanziari iscritti nell’elenco dell’art. 107 TUB e le società soggette a vigilanza consolidata ex art. 65 TUB che

si siano resi cessionari di crediti con le modalità della cessione in blocco di cui all’art. 58 di crediti che in precedenza

godevano della disciplina fondiaria potranno avvalersi delle disposizioni sostanziali e delle forme esecutive speciali di cui

agli artt. 38-41 TUB e i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo (…) conservano la loro validità e il loro grado a favore della

banca cessionaria senza bisogno di alcuna formalità o annotazione, e ciò in deroga al regime della cessione ordinaria

del credito, sancito dall’art. 2843 c.c. (cfr. per questa ultima ipotesi Cass. n.1400/2004).

c) Cessione ordinaria di credito fondiario a privati.

In ipotesi di cessione ordinaria di credito (anche fondiario) – al di fuori delle operazioni di cartolarizzazione e di cessione

di crediti in blocco - non si ha la trasmissione anche dei privilegi processuali se il cessionario sia un soggetto non

abilitato ad erogare mutuo fondiario, cioè non sia una banca.

Perché poi il credito fondiario possa godere della prelazione ipotecaria è necessario che venga annotata, con efficacia

costitutiva, la cessione dell’ipoteca ex art. 2843 c.c.: infatti non si giustifica rispetto al privato il mantenimento di privilegi

processuali (Cass. n.14003/2004 e Cass. n.23572/2004).

Ne consegue che il trasferimento dell’ipoteca a favore del creditore che abbia soddisfatto il credito munito di prelazione è

inefficace nei confronti dei creditori concorrenti, ove non sia stata effettuata l’annotazione della surrogazione (Cass.

12/09/1997, n. 9023; Cass. n. 5420/1992). 50

Vanno, quindi, collocati al chirografo i crediti ipotecari la cui nota di iscrizione sia successiva alla trascrizione del

pignoramento, ovvero i crediti privilegiati iscrizionali (es. contratti preliminari trascritti) la cui nota di iscrizione sia

successiva al pignoramento, così come i crediti privilegiati sorti dopo la notificazione del pignoramento, quale ad

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Nel caso in cui si giunga quindi a pagare il chirografo, si dovrà previamente controllare, tra i

creditori chirografari, chi è intervenuto tempestivamente e chi tardivamente (v. infra) , anteponendo

i primi rispetto a questi ultimi, posto che il processo esecutivo attribuisce rilevanza, ai fini della

distribuzione, al momento in cui i singoli creditori chirografari intervengono, ovvero, in caso di

riunione di procedure, al momento in cui viene disposta la riunione.

In particolare, se la tardività dell’intervento non nuoce ai creditori il cui credito sia assistito da

ipoteca o privilegio, essa invece pregiudica i creditori chirografari (pignoranti successivi o

intervenuti), i quali, per il solo fatto di essere tardivi, dovranno essere soddisfatti solo dopo

l’integrale pagamento dei creditori chirografari che siano intervenuti tempestivamente.

Per stabilire se un creditore sia da considerarsi tempestivo o tardivo occorre verificare se egli sia

intervenuto prima o dopo la prima udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita (art. 563 c.p.c.),

ossia l’udienza in cui sia stata pronunciata la prima ordinanza di vendita per quel bene, anche se

poi l’asta fissata sia andata deserta e siano state pronunciate successivamente altre ordinanze di

vendita.

Ove sia stata pronunciata ordinanza di vendita solo relativamente ad alcuni dei beni compresi nella

procedura, l’intervento successivo sarà tardivo rispetto ai beni compresi nell’ordinanza, ma

tempestivo per i beni per i quali non sia stata ancora fissata la vendita.

Nel caso di più procedure riunite, la tempestività dovrà essere verificata con riferimento alla prima

ordinanza di vendita pronunciata per quei beni, anche se emessa prima della riunione: in sostanza,

deve procedersi come se la riunione fosse già avvenuta sin dal primo momento.

Ciò posto, anche per quanto riguarda i chirografari tempestivi occorre determinare i singoli crediti

in modo analitico e per singole voci.

Se la somma da distribuire è sufficiente a soddisfarli tutti, nulla quaestio. In caso contrario,

occorrerà procedere ad una ripartizione proporzionale, che può avvenire nel modo seguente:

- si sommano tutti i crediti vantati dai chirografari tempestivi;

- si divide la somma da distribuire per il loro totale, ottenendo il coefficiente di riparto;

- si moltiplicano i singoli crediti per tale coefficiente, ottenendo così gli importi da ripartire

singolarmente, la cui somma dovrà corrispondenti al residuo da ripartire.

Una verifica particolarmente importante che il delegato deve condurre al momento della

predisposizione del progetto di distribuzione, attiene alla presenza di creditori intervenuti non

muniti di titolo esecutivo, i cui crediti siano stati in tutto o in parte disconosciuti dal debitore.

L’art. 499, c.p.c., infatti, prevede un’udienza di verifica dei crediti per i quali ha avuto luogo

esempio il credito dell’avvocato o altro professionista, in sé privilegiato ex art. 2751 bis n. 2, c.c., che abbia assistito

durante la procedura il debitore esecutato.

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l’intervento in assenza di titolo esecutivo, nel corso della quale, se i creditori hanno titolo esecutivo

(ovvero se il credito è riconosciuto dal debitore nelle forme previste dall’art. 499, comma 6, c.p.c.) il

G.E. dispone l’inserimento nel progetto di distribuzione e l’immediata attribuzione delle somme; se,

al contrario, come già precisato, essi non dispongono del titolo esecutivo ed il credito non sia stato

riconosciuto dal debitore, il giudice dispone l’accantonamento delle somme relative, assegnando al

creditore un termine finale, che comunque non può superare i tre anni (dalla data in cui viene

emessa l’ordinanza di riparto delle somme spettanti ai creditori muniti di titolo o equiparati), o un

termine inferiore presumibilmente sufficiente per conseguire un titolo esecutivo.

In presenza dunque di creditori intervenuti non muniti di titolo, i cui crediti siano stati in tutto o in

parte disconosciuti dal debitore, la distribuzione resta sospesa in attesa che i suddetti creditori

ottengano il titolo. Si è già detto (v. § 1.3.a) che la prosecuzione del procedimento la distribuzione

ha luogo decorso il termine fissato dal giudice, in ogni caso, ovvero anche prima ove vi sia istanza

di uno dei creditori e tutti gli altri si siano già muniti di titolo esecutivo (art. 510, c.p.c.).

Diversamente, nel caso in cui solo uno dei creditori che abbia ottenuto l’accantonamento si sia

munito di titolo, il procedimento non può proseguire sino a che l’ultimo dei creditori accantonati

abbia ottenuto il titolo.

Il giudice fissa dinanzi a sé un’udienza di comparizione del debitore, del creditore procedente e dei

creditori intervenuti che non siano stati già integralmente soddisfatti e distribuisce la somma

accantonata anche a coloro che nel frattempo si sono muniti di titolo, se del caso previa

predisposizione di un progetto di distribuzione supplementare (che si ritiene possa essere ancora

rimesso al professionista delegato in precedenza nominato).

I creditori che ancora non si siano muniti di titolo nel termine di legge non hanno più alcuna

possibilità di soddisfacimento all’interno del processo esecutivo.

7.2. Collocazione dei creditori chirografari tardivamente intervenuti

Dopo i creditori chirografari tempestivi dovranno essere inseriti i creditori chirografari intervenuti

tardivamente (nonché i creditori ipotecari intervenuti tardivamente per la parte di credito non

garantita ai sensi dell’articolo 2855 c.c. e quelli privilegiati il cui privilegio è inopponibile al creditore

pignorante ex art. 2916, c.c.).

8. L’APPROVAZIONE DEL PROGETTO DI DISTRIBUZIONE

Ai sensi degli artt. 596 e 598 c.p.c. (formazione e approvazione del progetto di distribuzione), nel

caso in cui l’ordinanza di vendita delegata lo preveda, tutte le attività che il giudice dell’esecuzione

svolge con riferimento alla formazione e approvazione del progetto di distribuzione sono svolte dal

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professionista.

Si è già detto che attività preliminare alla formazione del progetto di distribuzione è la richiesta ai

creditori delle note di precisazione del credito per capitale, interessi e spese (comprese le

competenze legali), note che vanno depositate presso lo studio del delegato entro il termine

assegnato dal medesimo nella relativa comunicazione. Ove le note riepilogative non pervengano, il

delegato provvederà d’ufficio secondo le risultanze degli atti di pignoramento ed intervento.

Per quanto concerne la quantificazione delle spese legali, le stesse (indipendentemente dalla

precisazione, o meno, nella nota) vanno liquidate ai sensi dell’art. 91, c.p.c., equiparandosi

l’ordinanza di esecutività del progetto di distribuzione al provvedimento conclusivo

dell’espropriazione stessa.

Il delegato forma dunque il progetto, lo deposita in cancelleria perché possa essere consultato e

fissa l'udienza di comparizione delle parti, nell'ambito della quale, ove non sorgano contestazioni o

comunque si raggiunga l'accordo fra i creditori, egli darà atto a verbale dell'avvenuta approvazione,

ordinando il pagamento delle quote.

L’udienza di cui sopra non è un’udienza in senso tecnico, ma piuttosto un’audizione delle parti che

il professionista compie da sé solo e che può essere sostituita (secondo la prassi di molti Tribunali)

anche dalla comunicazione a mezzo lettera raccomandata della bozza del progetto, con fissazione

di un termine entro cui far pervenire (sempre al professionista delegato) eventuali osservazioni o

contestazioni.

È qui ravvisabile un difetto di coordinamento fra gli artt. 596 e 598 c.p.c. rispetto all’art. 591bis, n.

12) c.p.c., che potrebbe essere risolto nel seguente modo:

- se non vi sono osservazioni, o comunque risulta l’accordo tra tutte le parti, il delegato disporrà

il pagamento delle quote, trasmettendo alla cancelleria le relative quietanze di pagamento con i

provvedimenti di svincolo delle somme depositate sul libretto (i mandati di pagamento devono

essere comunque sottoscritti dal G.E.);

- se vi sono osservazioni o contestazioni, il delegato, ove ritenuto, apporterà al progetto le

modifiche e procederà ad una nuova comunicazione alle parti con fissazione di un nuovo

termine per le osservazioni;

- se, nonostante le osservazioni, il delegato riterrà di lasciare invariato il progetto originario,

ovvero qualora anche dopo le modifiche permanga il dissenso di alcuna delle parti, il progetto

con le relative osservazioni o contestazioni sarà trasmesso al G.E. per gli opportuni

provvedimenti;

- se il giudice apporterà variazioni al progetto (o inizialmente, o anche in seguito in presenza di

contestazioni) si sostituirà al professionista delegato nelle attività relative alla distribuzione

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della somma ricavata, provvedendo direttamente agli adempimenti prescritti dalla norme citate

(deposito in cancelleria del progetto modificato, fissazione di nuova udienza, disposizione di

pagamento).

9. BREVI NOTE IN TEMA DI INTERFERENZE TRA FALLIMENTO ED ESECUZIONE

INDIVIDUALE NELLA FASE DELLA RIPARTIZIONE

9.1. Fallimento dell’unico debitore successivamente al pignoramento

Se la procedura esecutiva è stata promossa da un creditore fondiario, o vi è un creditore fondiario

tra quelli intervenuti, la stessa può proseguire (o può essere iniziata) dinanzi al G.E., nonostante il

fallimento del proprio debitore (art. 51, l.f., art. 41, co. 2, T.U.B.).

Se, invece, non è presente un creditore fondiario, il giudice dell’esecuzione procede solo previo

intervento del curatore nell’esecuzione e con richiesta di vendita del bene in sede individuale ex

art. 107, co. 6., l.f. Diversamente il G.E. dichiara improcedibile la procedura, ex art. 51, l.f., pena la

inefficacia di ogni atto di esecuzione nei confronti della massa51.

All’esito della vendita, si pone il problema se detta fase debba essere espletata in ogni caso,

ovvero se il ricavato della vendita debba essere versato alla curatela fallimentare, trattandosi di

ricavato derivante da un immobile di pertinenza del fallimento e, quindi, di massa liquida

immobiliare ex art. 111-ter l.f., dichiarandosi improcedibile la procedura all’atto della emanazione

del decreto di trasferimento52, ovvero se persista l’onere per il professionista delegato di procedere

alla redazione del progetto. In questo caso il progetto dovrebbe riguardare unicamente

l’appostazione delle spese prededucibili (in sede fallimentare) sostenute dopo il subentro del

curatore al creditore procedente ex art. 107 l.f. (spese dell’avvocato, pubblicità, aggiornamento

perizia, custodia e vendita delegata), posto che la graduazione delle ulteriori spese deve avvenire

in sede di riparto fallimentare. Premesso che tali spese sono spese prededucibili e che anche le

spese prededucibili vanno collocate in sede di riparto, salva l’ipotesi di cui all’art. 111-bis, comma

3, l.f.,, ed eventualmente insinuate al passivo in caso di contestazione53. Tuttavia si ritiene che la

liquidazione delle stesse spese possa avvenire da parte del G.E.54, senza che in questo caso si

proceda propriamente alla redazione di un progetto di distribuzione. Il professionista delegato

dovrà chiedere, in questo caso, la liquidazione dei suoi compensi e dovrà riversare l’intero ricavato

alla procedura fallimentare, chiedendo l’emissione del decreto di prelievo al Giudice Delegato per il

51

PALUCHOWSKI, op. ult. cit.,72. 52

LICCARDO - FEDERICO, Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2007, II, 1794. 53

Cass., Sez. I, 11.6. 2007, n. 13663. 54

PALUCHOWSKI, op. ult. cit., 73.

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pagamento delle proprie spettanze. Presso alcuni tribunali (ad es. quello di Monza), nel caso in cui

vi sia accordo tra il custode e gli organi della procedura fallimentare, si riscontra la prassi di

consentire al professionista delegato (custode) di prelevare dal conto della procedura esecutiva

l’importo delle spese prededucibili liquidate dal G.E., riversando sul conto corrente del fallimento le

somme residue, affinché la loro ripartizione avvenga in sede fallimentare.

9.2. Fallimento di uno dei debitori comproprietari

Nel caso in cui sia elevato pignoramento in danno di più comproprietari del medesimo bene ed

intervenga il fallimento di uno di essi, il G.E. ordinerà comunque la vendita dell’intero nel caso in

cui per il debitore fallito sia presente un creditore fondiario, ovvero se il curatore del fallimento

abbia chiesto al G.E. di provvedere alla vendita anche della quota di pertinenza del fallimento ex

art. 578 c.p.c.

All’esito della vendita e previa richiesta di liquidazione dei propri compensi, il professionista

delegato provvederà a redigere un progetto di distribuzione parziale, attribuendo alla curatela del

fallimento la quota di ricavato corrispondente alla quota immobiliare per la quale il G.E. è stato

delegato alla vendita, e procedendo alla distribuzione relativamente al ricavato spettante al

quotista non fallito.

Quanto alle spese di giustizia, se le stesse debbano gravare sulla sola quota del quotista non

fallito, ovvero su entrambe le quote, si rinvia al paragrafo precedente.