La poesia Haiku in lingua italiana....Prefazione La poesia Haiku in lingua italiana. IV NOTA...

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La poesia Haiku in lingua italiana. Pietro Tartamella (versione 2.0)

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La poesia Haiku

in lingua italiana.

Pietro Tartamella

(versione 2.0)

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Manifesto di Cascina Macondo

“La Poesia Haiku in Lingua Italiana”

per una via italiana alla poetica Haiku

Parte I L’Haiku italiano e la poetica Haiku.

Parte II Sillabe e metrica nell’Haiku in lingua italiana.

Allegati Universo Haiku e dintorni.

Saijiki italiano.

62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

a cura di

Pietro Tartamella

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La poesia Haiku in lingua italiana. Prefazione

I

PREFAZIONE

Il presente “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana” riassume il pensiero e le concezioni

di Cascina Macondo sull’arte di scrivere Haiku.

Altre esperienze e scuole potrebbero avere opinioni diverse.

Consigliamo di consultare spesso il presente “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana”

specie a coloro che partecipano al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” bandito da

Cascina Macondo.

Concludiamo il “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana” dicendo:

a) conoscere perfettamente il presente Manifesto non sarà sufficiente a scrivere buoni Haiku;

b) ottimi Haiku possono essere scritti da bravi Haijin anche senza aver letto il presente

Manifesto;

c) allora perché scrivere un Manifesto?

per avere un linguaggio comune;

per eliminare dubbi, incertezze, confusioni concettuali;

per tentare di creare una comunità attiva internazionale;

per aumentare le possibilità dell’Haiku moderno, pur mantenendo una certa fedeltà alla

tradizione;

per abbozzare una via dell’Haiku Italiano;

per necessità di chiarezza dettate dal fatto che Cascina Macondo organizza ogni anno un

“Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana”.

Documento in progressione:

Prima stesura del Manifesto – ottobre 2002

Primo aggiornamento del Manifesto – maggio 2006

Secondo aggiornamento del Manifesto – ottobre 2009

Terzo aggiornamento del Manifesto – agosto 2011

Quarto aggiornamento del Manifesto – settembre 2011

Ultimo aggiornamento del Manifesto – ottobre 2012

Invia il tuo contributo e le tue riflessioni a: [email protected]

Spesso gli errori non stanno nelle parole, ma nelle cose.

Bisogna correggere i dettati, ma bisogna soprattutto

correggere il mondo ... Il mondo sarebbe bellissimo

se ci fossero solo i bambini a sbagliare.

Gianni Rodari

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Prefazione La poesia Haiku in lingua italiana.

II

Promotore del “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana”:

Cascina Macondo – Pietro Tartamella

Contributi concettuali e stimoli (qualche volta anche oppositivi) che hanno reso possibile la stesura

del “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana”:

Adriana Scarpa, Alberto Figliolia, Alessandra Gallo, Andrea Anselmino, Andrea Ceccarello,

Andrea Cecon, Anna Maria Ramponi, Anna Maria Verrastro, Anna Tancredi, Annette Seimer,

Antonella Filippi, Antonio Orengo, Arianna Sacerdoti, Ban’ya Natsuishi, Carla De Bellis, Carlo

Bramanti, Cesare Barioli, Clelia Vaudano, Clirim Muca, Cristiana Croce Lavanga, David Cobb,

Diederik De Beir, Doc Drumheller, Domenico Benedetto, Eduard Tara, Elisa Borin Sala, Elisa

Spiga, Emilian Ratis, Emma Bonaguri, Enrico Mario Lazzarin, Fabia Binci, Fabrizio Virgili,

Floriana Porta, Franco Galato, Gabriele Saccavino, Gabriella Maddalena Macidi, Geert Verbeke,

Gianni Borraccino, Giorgio Gazzolo, Giuseppina Clema, Guy Vanden Broeck, Hans-Peter Kraus,

Helga Härle, Jim Kacian, Josef Spencer, Junko Saeki, Katy Maraka, Kornelijus Platelis, Laila

Cresta, Lella Buzzacchi, Lynne Rees, Livia Cesarin, Loredana Garnero, Loredana Savelli, Luuk

Humblet, Marco Morello, Mariam Zouhir, Marilì Deandrea, Marina Bocu, Marlène Buitelaar,

Mattia Chiapino, Mauro Simoni, Max Verhart, Michele Bertolotto, Nataly Levi, Olga Chernyh,

Olga Neagu, Oscar Luparia, Paolo Luino, Paolo Severi, Pasquale Corsaro, Pier Giorgio Manucci,

Rafis Raham, Riccardo Zerbetto, Rita Hokai Piana, Rob Flipse, Sergio Tresin Satalic, Stefano

Maiorino, Terry Olivi, Tini Haartsen, Tome Serge, Toni Piccini, Vanda Scrima, Vasile Moldovan,

Vjsnia Mcmaster, Zinovy Vayman, ...

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La poesia Haiku in lingua italiana. Prefazione

III

NOTA DELL’IMPAGINATORE

Il presente documento è l’impaginazione del contenuto delle pagine Web presenti sul sito di

Cascina Macondo. L’impaginazione è avvenuta nel rispetto ed integrità del testo riportato,

intervenendo solamente nella parte grafica, nella correzione di errori di digitazione, eccetera.

In dettaglio:

<>

“Home Page” di Cascina Macondo

www.cascinamacondo.com

<>

“Parte I – L’Haiku italiano e la poetica Haiku.”

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1023:manifes

to-della-poesia-haiku-in-lingua-italiana&catid=102:news&Itemid=90

<>

“Parte II – Sillabe e metrica nell’Haiku in lingua italiana.”

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1027:manifes

to-della-poesia-haiku-in-lingua-italiana-parte-seconda-sillabe-e-

metrica&catid=102:news&Itemid=90<>

<>

“Allegati – Universo Haiku e dintorni: dizionario – glossario.”

A B C D E F G H I

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1032:dizionar

io-glossario-universo-haiku-e-dintorni&catid=102:news&Itemid=90

J K L M N O P Q R

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1033:dizionar

io-glossario-universo-haiku-e-dintorni-jr&catid=102:news&Itemid=90

S T U V W X Y Z

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1034:dizionar

io-glossario-universo-haiku-e-dintorni-sz&catid=102:news&Itemid=90

<>

“Allegati – Saijiki italiano.”

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1224:saijiki-

italiano&catid=102:news&Itemid=90

<>

“Allegati – 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.”

http://www.cascinamacondo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=297:62-

buoni-motivi-per-insegnare-lhaiku-nelle-scuole&catid=102:news&Itemid=90

Febbraio 2016.

Mario Secco

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Prefazione La poesia Haiku in lingua italiana.

IV

NOTA DELL’IMPAGINATORE

Versione 2.0.

Questa, che vi apprestate a leggere, è la seconda impaginazione del contenuto delle pagine Web

presenti sul sito di Cascina Macondo.

Rispetto alla prima versione del documento (versione 1.0) le novità qui introdotte riguardano:

correzioni di errori di battitura;

estensione del punto 29.12 (Parte I, Capitolo 29), per una migliore comprensione dello

stato d’animo “Futoi”;

precisazione dei punti 34.1 e 34.2 (Parte I, Capitolo 34), relativamente alla lettura ad alta

voce degli Haiku;

introduzione di un prospetto riepilogativo, atto a supportare lo studio della eterogenea

poetica Haiku (Parte I, Capitolo 72);

inserimento di un motivo grafico in quarta di copertina.

Gennaio 2017.

Mario Secco

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La poesia Haiku in lingua italiana. Sommario

V

SOMMARIO

Parte I – L’Haiku italiano e la poetica Haiku. __________________________________________ 1

Premessa I _____________________________________________________________________ 2

1. Definizione di Sekaisan (Haisan o Sekai). ___________________________________________ 3

2. Definizioni dell’Haiku trovate sul Web. ____________________________________________ 4

3. L’Haiku e la pizza napoletana. ____________________________________________________ 6

4 . Definizioni poetiche dell’Haiku. __________________________________________________ 7

5. Definizioni socio-politiche dell’Haiku. ____________________________________________ 10

6. L’Haiku non è. _______________________________________________________________ 11

7. L’Haiku è. __________________________________________________________________ 12

8. L’Haiku su un solo verso. ______________________________________________________ 13

9. Definizione di Haiku di Cascina Macondo. _________________________________________ 14

10. Definizione di Haiku Gestazionale. ______________________________________________ 15

11. Definizione di Haiku Fotogrammatico. ___________________________________________ 16

12. Senza titolo. ________________________________________________________________ 17

13. L’Haiku di lingua inglese. _____________________________________________________ 18

14. Traduzioni e traslazioni. _______________________________________________________ 19

15. Haiku Vocale._______________________________________________________________ 21

16. Haiku Vettoriale. ____________________________________________________________ 23

17. Haiku Derogativo. ___________________________________________________________ 24

17.1. Haiku Derogativo Ipometro. ________________________________________________ 24

17.2. Haiku Derogativo Bipometro. _______________________________________________ 24

17.3. Haiku Derogativo Tripometro. ______________________________________________ 24

17.4. Haiku Derogativo Ipermetro. _______________________________________________ 25

17.5. Haiku Derogativo Bipermetro. ______________________________________________ 25

17.6. Haiku Derogativo Tripermetro. ______________________________________________ 26

17.7. Haiku Derogativo Ipoipermetro. _____________________________________________ 26

17.8. Gli Haiku Derogativi sono in realtà degli Haisan. _______________________________ 26

18. Haiku Interstiziale. ___________________________________________________________ 27

19. Haiku Yoti. _________________________________________________________________ 29

19.1. Haiku Gyoo. ____________________________________________________________ 29

19.2. Haiku Nobasu. ___________________________________________________________ 29

19.3. Haiku Itotu. _____________________________________________________________ 29

19.4. Haiku Takay ____________________________________________________________ 31

19.5. Haiku Hikui. ____________________________________________________________ 31

19.6. Haiku Warusiti. __________________________________________________________ 31

19.7. Haiku Warugo. __________________________________________________________ 31

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Sommario La poesia Haiku in lingua italiana.

VI

19.8. Haiku Warusan. __________________________________________________________ 31

20. Stampa a trìpoge dell’Haiku. ___________________________________________________ 32

21. Kigo. ______________________________________________________________________ 33

22. Piccolo Kigo. _______________________________________________________________ 34

23. Kigo Misuralis.______________________________________________________________ 35

24. Kigo Temporis. _____________________________________________________________ 37

25. Kigo Kimoti. _______________________________________________________________ 38

26. Kigo Zidai. _________________________________________________________________ 39

27. Shinnen. ___________________________________________________________________ 40

28. Mukigo. ___________________________________________________________________ 41

29. Principali stati d’animo presenti nell’Haiku. _______________________________________ 42

29.1. Sabi – Il silenzio. _________________________________________________________ 42

29.2. Wabi – L’inatteso, il risveglio dell’attenzione. __________________________________ 42

29.3. Aware – La nostalgia, la transitorietà. ________________________________________ 43

29.4. Yugen – Il mistero, l’inafferrabile. ___________________________________________ 43

29.5. Hosomi – La delicatezza. __________________________________________________ 43

29.6. Karumi – La leggerezza, l’innocenza. ________________________________________ 43

29.7. Sabishisa – La tristezza. ___________________________________________________ 44

29.8. Shiori – L’ombra. ________________________________________________________ 44

29.9. Hanayaka – L’allegria, la magnificenza. ______________________________________ 44

29.10. Ogosoka – La maestosità. _________________________________________________ 44

29.11. Okashii – Il divertente. ___________________________________________________ 45

29.12. Futoi – La vastità. _______________________________________________________ 46

30. Pregnanza semantica. _________________________________________________________ 47

31. Ribaltamento semantico. ______________________________________________________ 49

31.1. Ribaltamento grammaticale. ________________________________________________ 49

31.2. Ribaltamento del se condizionale. ___________________________________________ 51

31.3. Ribaltamento per compresenza. _____________________________________________ 51

31.4. Ribaltamento modale-posturale. _____________________________________________ 51

31.5. Ribaltamento per contrasto. ________________________________________________ 51

31.6. Ribaltamento per definizione lontana. ________________________________________ 52

31.7. Ribaltamento esortale. _____________________________________________________ 53

31.8. Ribaltamento cassandrico. _________________________________________________ 53

31.9. Ribaltamento per reciprocità. _______________________________________________ 54

31.10. Ribaltamento del ritorno alle origini. ________________________________________ 54

31.11. Ribaltamento a focus. ____________________________________________________ 54

31.12. Ribaltamento a decuplico. _________________________________________________ 56

31.13. Ribaltamento per incremento. ______________________________________________ 56

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La poesia Haiku in lingua italiana. Sommario

VII

31.14. Ribaltamento cartesiano. __________________________________________________ 57

31.15. Ribaltamento a moneta.___________________________________________________ 57

31.16. Ribaltamento per arresto dell’azione. ________________________________________ 58

31.17. Ribaltamento a misurale.__________________________________________________ 58

31.18. Ribaltamento prosale. ____________________________________________________ 59

31.19. Ribaltamento per sostituzione dell’aspettativa. ________________________________ 59

31.20. Ribaltamento per supposizione. ____________________________________________ 60

31.21. Ribaltamento per traslocazione. ____________________________________________ 60

31.22. Ribaltamento triversale. __________________________________________________ 61

31.23. Ribaltamento plurisensoriale. ______________________________________________ 61

31.24. Ribaltamento per similitudine. _____________________________________________ 61

31.25. Ribaltamento per similitudine deduttiva. _____________________________________ 63

31.26. Ribaltamento per metafora. ________________________________________________ 63

31.27. Ribaltamento per metonimia. ______________________________________________ 63

31.28. Ribaltamento sineddoche. _________________________________________________ 64

31.29. Ribaltamento a ipallage (greco ipallaghè = scambio). ___________________________ 64

31.30. Ribaltamento ad anafora. (ripetizione di alcune parole). _________________________ 65

31.31. Ribaltamento per anfibologia. (greco amphibolìa = ambiguità). ___________________ 65

32. Alcuni stili formali dell’Haiku. _________________________________________________ 66

33. Raccolte particolari di Haiku. __________________________________________________ 67

33.1. Raccolta Tawani. _________________________________________________________ 67

33.2. Raccolta Nakanisoto. _____________________________________________________ 68

33.3. Raccolta Hanasanasi. _____________________________________________________ 68

34. Lettura ad alta voce degli Haiku. ________________________________________________ 69

34.1. Stile Zikan (parola giapponese = tempo). ______________________________________ 69

34.2. Stile Sinrai Suru (parola giapponese = affidarsi). ________________________________ 69

35. Ipogenesi. __________________________________________________________________ 70

36. Omogenesi. ________________________________________________________________ 71

37. Estetica Wabi-Sabi. __________________________________________________________ 72

38. Ciò che è assopito. ___________________________________________________________ 73

39. In questo luogo in questo momento. _____________________________________________ 74

40. Qui e ora – Qui e domani? _____________________________________________________ 75

41. Haiku poesia trasversale. ______________________________________________________ 76

42. Svuotamento mentale. ________________________________________________________ 77

43. Esplosione di luce. ___________________________________________________________ 78

44. L’Haiku è letteratura? ________________________________________________________ 79

45. Un valore non solo letterario. ___________________________________________________ 80

46. Scrivere dieci Haiku. _________________________________________________________ 81

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Sommario La poesia Haiku in lingua italiana.

VIII

47. Essere scrittori di Haiku. ______________________________________________________ 82

48. La poesia esiste già. __________________________________________________________ 83

49. Gianuhaiku o Haiku Bifronte. __________________________________________________ 85

50. Rakuhaiku. _________________________________________________________________ 86

51. Shashaijin. _________________________________________________________________ 87

52. Haiku Anarèplico o Haiku Replicante. ___________________________________________ 89

53. Haiku Haisizen (Haiku Natura). _________________________________________________ 90

54. Renga. ____________________________________________________________________ 91

55. Rengay. ___________________________________________________________________ 92

56. Renku. ____________________________________________________________________ 93

57. Kasen. _____________________________________________________________________ 94

58. Hankasen. __________________________________________________________________ 95

59. Nijuin. ____________________________________________________________________ 96

60. Fuci. ______________________________________________________________________ 97

60.1. Struttura formale del Fuci. _________________________________________________ 98

60.2. Struttura formale del Fuci. _________________________________________________ 98

60.3. Cinque percorsi di lettura del Fuci. ___________________________________________ 99

61. Haiku Tombolato. __________________________________________________________ 100

62. Haiku Cartesiano o Ortohaiku. _________________________________________________ 101

63. Haikuhana (Haiku Narrativo o Haiku Correlato). __________________________________ 102

64. Onghaiku Percussivo.________________________________________________________ 104

65. Senryu. ___________________________________________________________________ 105

66. Senryu Gestazionale. ________________________________________________________ 106

67. Senryu Fotogrammatico. _____________________________________________________ 107

68. Haikai. ___________________________________________________________________ 108

69. Tipologie correlate all’Haiku. _________________________________________________ 109

70. Tipologie di Sekaisan. _______________________________________________________ 112

71. Dizionarietto. ______________________________________________________________ 113

72. Prospetto riepilogativo della poetica Haiku. ______________________________________ 115

Parte II – Sillabe e metrica nell’Haiku in lingua italiana. _______________________________ 117

Premessa II ___________________________________________________________________ 118

1. Le sillabe. __________________________________________________________________ 121

2. Monogrammi. _______________________________________________________________ 122

3. Digrammi. _________________________________________________________________ 123

4. Trigrammi. _________________________________________________________________ 124

5. Poligrammi. ________________________________________________________________ 125

6. Sillabe aperte e sillabe chiuse. __________________________________________________ 126

7. Le regole della divisione in sillabe della lingua italiana. ______________________________ 127

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La poesia Haiku in lingua italiana. Sommario

IX

8. Le parole composte. __________________________________________________________ 129

9. Dittongo. __________________________________________________________________ 130

10. Dittonghi ascendenti. ________________________________________________________ 131

11. Dittonghi discendenti. _______________________________________________________ 132

12. I casi in cui si forma un dittongo. _______________________________________________ 133

13. Non tutti gli incontri di due vocali formano dittongo. _______________________________ 135

14. Dittonghi mobili. ___________________________________________________________ 136

15. Schema visivo del dittongo. ___________________________________________________ 137

16. Trittongo. _________________________________________________________________ 138

17. Si ha lo iato. _______________________________________________________________ 139

18. Semiconsonanti. ____________________________________________________________ 140

19. Semivocali. ________________________________________________________________ 141

20. Le vocali doppie. ___________________________________________________________ 142

21. La dieresi. _________________________________________________________________ 143

22. Norme generali per andare a capo. ______________________________________________ 144

23. Accento tonico. ____________________________________________________________ 145

24. Accento fonico. ____________________________________________________________ 146

25. Accento ritmico. ____________________________________________________________ 147

26. Metrica. __________________________________________________________________ 148

27. Prosodia. __________________________________________________________________ 149

28. Leggi metriche. ____________________________________________________________ 150

28.1. In metrica non esistono versi con due sillabe toniche consecutive. _________________ 150

28.2. In metrica non esistono versi con tre sillabe atone consecutive. ___________________ 150

29. I mascheroni. ______________________________________________________________ 151

29.1. Mascherone numerico. ___________________________________________________ 151

29.2. Mascherone ritmico metrico. ______________________________________________ 151

29.3. Mascherone a quantità e sequenza. __________________________________________ 151

30. Principali ritmi metrici. ______________________________________________________ 152

31. Concetto di verso ipèrmetro. __________________________________________________ 153

32. Concetto di verso ipòmetro. ___________________________________________________ 154

33. Sillabe grammaticali – Sillabe metriche. _________________________________________ 155

34. Sinalefe, crasi, episinalefe, anasinalefe. __________________________________________ 156

35. Crasi. ____________________________________________________________________ 157

36. Anasinalefe. _______________________________________________________________ 159

37. Anasinalefe grammaticale. ____________________________________________________ 160

38. Episinalefe. ________________________________________________________________ 161

39. Episinalefe grammaticale. ____________________________________________________ 162

40. Ipernasi. __________________________________________________________________ 163

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Sommario La poesia Haiku in lingua italiana.

X

41. Iponasi. ___________________________________________________________________ 164

42. Parole bisdrucciole e trisdrucciole. _____________________________________________ 165

43. Simipernasi. _______________________________________________________________ 166

44. Ipoplanasi. ________________________________________________________________ 167

45. Simiponasi. ________________________________________________________________ 168

46. Le vocali doppie distintive. ___________________________________________________ 169

47. Kireji – Kana – Trattini – Punteggiatura. _________________________________________ 170

48. L’apostrofo. _______________________________________________________________ 171

49. Compensazione. ____________________________________________________________ 172

50. Ecosillaba. ________________________________________________________________ 173

51. Consocrasi. ________________________________________________________________ 174

52. Consocrasi ecoica. __________________________________________________________ 175

53. Consocrasi grammaticale. ____________________________________________________ 176

54. Consapòcope. ______________________________________________________________ 177

55. Olocrasi. __________________________________________________________________ 178

56. Troncocrasi. _______________________________________________________________ 179

57. Bilocazione. _______________________________________________________________ 180

58. Anacrusi. _________________________________________________________________ 182

59. Ipogenesi. _________________________________________________________________ 183

60. Omogenesi. _______________________________________________________________ 184

Allegati. _____________________________________________________________________ 185

Premessa Allegati ______________________________________________________________ 186

1. Universo Haiku e dintorni. _____________________________________________________ 187

2. Saijiki italiano. ______________________________________________________________ 240

2.1. Kigo. __________________________________________________________________ 240

2.2. Piccolo Kigo. ____________________________________________________________ 261

2.3. Kigo Misuralis. __________________________________________________________ 262

2.4. Kigo Temporis. __________________________________________________________ 264

3. 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole. _________________________________ 267

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La poesia Haiku in lingua italiana. Parte I – L’Haiku italiano e la poetica Haiku.

1

Parte I – L’Haiku italiano e la poetica Haiku.

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Premessa I La poesia Haiku in lingua italiana.

2

Premessa I

Alcuni ci dicono: «Voi di Cascina Macondo avete un modo di dividere le sillabe troppo complicato

e una concezione dell’Haiku troppo complessa.». È vero! Ma l’osservazione è un’osservazione un

po’ da pigri. La divisione in sillabe che pratichiamo è la stessa che tutti abbiamo imparato a scuola,

e che tutti dovrebbero conoscere. Ma in Italia normalmente la gente conosce solo la sillabificazione

grammaticale, quella appunto che si impara a scuola. Nel nostro Manifesto esploriamo la

sillabificazione metrica concludendo che lo scrittore di Haiku ha la libertà di scegliere, secondo

l’occorrenza, di conteggiare le sillabe in modo grammaticale o metrico, vedendo così notevolmente

aumentate le possibilità di giostrare con le parole, pur rimanendo nel rispetto della tradizione delle

5-7-5 sillabe. Non deve stupirci se in italiano incontriamo un verso di 10-11 sillabe (conteggio

grammaticale) che si riducono a 7 sillabe canoniche, se utilizziamo il conteggio metrico. L’unico

atto di “fede”, se così possiamo dire, è l’accettazione di questa libertà che lo scrittore di Haiku

riteniamo debba avere nel conteggiare le sillabe (grammaticalmente o metricamente), in virtù del

fatto che l’Haiku è un “oggetto poetico” particolare, e in virtù del fatto che riteniamo prioritario il

rispetto della tradizione (5-7-5 sillabe), piuttosto che la scelta del “verso libero”, come avviene nei

paesi di lingua inglese. Preferiamo tributare un doveroso rispetto al paese ospite, il Giappone, che

ha prodotto ed esportato in tutto il mondo la poetica Haiku, piuttosto che accettare il “verso libero”

che ci sembra una trasgressione un po’ “invasiva” (chissà forse tipica del mondo occidentale). Se

una trasgressione vogliamo farla, sì, la facciamo, ma alla NOSTRA tradizione, non a quella del

Giappone! Per questo abbiamo scelto la via della libertà, per l’autore, di conteggiare le sillabe sia

metricamente che grammaticalmente. L’altro principio portante del presente Manifesto possiamo

esporlo con queste parole: «Fra diverse opzioni tecniche relative all’Haiku preferiamo scegliere, in

virtù della sua particolarissima natura, quelle che, con le dovute argomentazioni, ampliano il più

possibile i “confini” e le possibilità dell’Haiku.».

Attualmente ci sembra di capire che gli scrittori di Haiku di lingua inglese che usano il verso libero,

e gli scrittori che usano la scansione formale di 5-7-5 sillabe, non stiano giocando allo stesso gioco.

Non ci sono altre spiegazioni per accettare la libertà di poter conteggiare le sillabe in modo

grammaticale e/o metrico. Per questo parliamo di “atto di fede”. Se accettiamo questa libertà, le

conseguenze sono notevoli. È la scelta che Cascina Macondo ha fatto. Molti giudicano comunque la

nostra scelta ancora eccessivamente “tradizionalista”. È vero, abbiamo scelto di essere tradizionali

nel praticare con precisione la struttura formale dell’Haiku, ma questo non ci impedisce, all’interno

di questa scelta apparentemente restrittiva, di essere “trasgressivi”, tanto quanto coloro che hanno

scelto la via del verso libero. Riteniamo infatti che l’introduzione del Piccolo Kigo, del Kigo

Temporis, del Kigo Misuralis, delle raccolte Tawani, Nakanisoto, Hanasanasi, della Lettura Zikan, e

tante altre elaborazioni metriche, formali, estetiche e di contenuto, siano scelte molto trasgressive

che pur rompendo con la tradizione, restano nella tradizione, ampliando però le possibilità e lo

sviluppo moderno della poetica Haiku. Ciò che ricordiamo è che con le sillabe non tutto si può fare.

L’autore però può giostrare e giocare con esse come un saltimbanco, sempre guidato da regole

precise e riconoscibili, avvicinandosi così alla libertà che gli anglosassoni hanno quando utilizzano

il verso libero. Superfluo, davvero superfluo, dire che non sarà la conoscenza a menadito di tutti i

contenuti del presente “Manifesto” a farci scrivere dei buoni Haiku. La sillabificazione è solo uno

“strumento” per far si che il gioco con i paesi di lingua inglese sia il più possibile “alla pari”. La

sensibilità, la profondità, la creatività, la percezione, la capacità di ascolto, l’intelligenza di un

poeta, il buon senso ... nessun manifesto li potrà insegnare.

Buona lettura.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Definizione di Sekaisan (Haisan o Sekai).

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1. Definizione di Sekaisan (Haisan o Sekai).

Ogni pagina Web in cui ci imbattiamo troviamo che la descrizione dell’Haiku comincia più o meno

sempre così: «L’Haiku è un breve componimento poetico di tre versi scanditi in 5-7-5 sillabe ...».

In realtà la parola “verso” in italiano è ambigua, vuol dire: “frase in cui le parole si dispongono

secondo le leggi della metrica” o anche: “una serie di sillabe ritmate secondo un sistema di accenti”;

ma vuol dire anche: “un rigo di poesia”.

La sovrapposizione di più concetti può portare confusione nella comprensione dell’Haiku e in

genere del Sekaisan. Cascina Macondo preferisce dare la seguente definizione strutturale del

Sekaisan (o Haisan o Sekai): “Il Sekaisan è un generico componimento poetico di origine

giapponese, senza titolo; strutturalmente formato da tre stringhe o metri, ciascuno contenente una

quantità libera di sillabe. Può o non contenere un riferimento a una stagione (Kigo) o a una parte del

giorno (Piccolo Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo (Kigo Temporis).”.

Il termine Haisan è composto dall’unione della prima parte della parola Haiku “Hai” e dalla parola

“San” che in giapponese vuol dire “Tre”. Quindi semplicemente “tre versi”.

Sinonimi di Haisan sono i termini Sekaisan e Sekai (Sekai = mondo, universo, insieme di + San =

tre) quindi semplicemente “l’universo dei tre” (sottinteso versi), “componimento poetico di tre

versi”.

Sono gli Haiku liberi, che non rispettano le sillabe, che possono contenere il Kigo e non contenerlo.

I termini suggeriti sono migliori di “pseudo-Haiku” o “quasi-Haiku” o “Haiku impuro” che in

qualche modo esprimono un giudizio negativo, quasi un risolino di scherno, come se si volesse dire

che il poeta voleva scrivere un Haiku, ma non ci è riuscito.

I termini Haisan, Sekaisan, Sekai non hanno connotazioni negative. Rispettano la scelta dei poeti

che vogliono scrivere Haiku moderni, con sillabe libere e senza essere vincolati dalla stagione.

Ci sembra opportuno dare dignità a questa forma di poesia che molti poeti occidentali, ma anche

giapponesi, hanno scelto consapevolmente e che con vigore propugnano. Ma ci sembra anche

opportuno non chiamare questi componimenti Haiku.

I termini che proponiamo ci sembrano dignitosi e appropriati, e rispettano la volontà degli Haijin

che hanno scelto questa via.

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Definizioni dell’Haiku trovate sul Web. La poesia Haiku in lingua italiana.

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2. Definizioni dell’Haiku trovate sul Web.

Per conoscenza riportiamo qui di seguito alcune definizioni e descrizioni dell’Haiku che abbiamo

trovato sul Web:

Componimento poetico di origine giapponese di tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora

cinque sillabe. È una poesia dai toni semplici che elimina i fronzoli lessicali e le congiunzioni e trae

la sua forza dalle suggestioni della natura e le sue stagioni. Per l’estrema brevità richiede una

grande sintesi di pensiero e d’immagine. Tradizionalmente l’ultimo verso è il cosiddetto riferimento

stagionale o Kigo, cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell’anno in cui viene

composta o al quale è dedicata. Soggetto dell’Haiku sono scene rapide ed intense che

rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell’animo dell’Haijin (il poeta).

La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni. Gli Haiku

tradizionali non hanno alcun titolo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Haiku

L’Haiku è un componimento di tre versi di 5-7-5 sillabe, che sostituiscono i metri classici nella

storia della poesia giapponese. Ogni Haiku contiene un Kigo, ossia una parola – fiore, frutto,

festività o altro – che evoca la stagione che lo incornicia.

http://forum.igz.it/

È un tipo di poesia giapponese. Le sue caratteristiche sono: la sua struttura in 17 sillabe (5-7-5); il

modo estremamente conciso in cui vengono espressi i concetti; il contenuto rivolto sempre alla

natura, alla quotidianità e alla semplicità.

http://web.dsc.unibo.it/

Haiku forma poetica nata in Giappone a partire dal grande maestro Matsuo Basho (1644 – 1694). È

una suggestione semplice e profonda, ha una struttura fissa di 5-7-5 sillabe (o corta–lunga–corta)

all’interno della quale vengono eliminati i fronzoli come le congiunzioni e molti altri elementi che

abbondano invece nella poesia a più strofe. L’Haiku è una poesia di cose non di idee. Fa riferimento

attraverso il Kigo alle quattro stagioni: primavera, estate, autunno, inverno; nel quale si

cristallizzano le emozioni sfumate che percorrono una stagione. Vengono quasi dipinti dei lievi

tratti come la pittura impressionistica, i contorni non sono definiti ... ma, proprio per questo,

lasciano lo spazio all’animo e alle sensazioni di passare più rapidamente dal verso, al cuore, ad una

comunicazione interna ... che è libera, quasi come un lieve vento ... che fluisce dai versi appena

accennati, alla nostra interpretazione ... che non è necessariamente mentale.

http://www.aurorablu.it/Haiku/Haiku.htm

L’Haiku è una classica poesia giapponese, formata di soli 4 o 6 versi, di cui i primi due o tre

descrivono un dato visivo, uditivo, sensoriale, cioè una sensazione proveniente dall’ambiente e

dalla natura circostante (per esempio: le foglie gialle di un albero; le stelle che brillano di notte). Gli

altri due o tre versi esprimono invece i sentimenti che tale dato sensoriale provoca nell’animo del

poeta.

http://www.dilloconunfiore.com/poesie/Haiku.htm

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La poesia Haiku in lingua italiana. Definizioni dell’Haiku trovate sul Web.

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Haiku, componimento poetico giapponese che consta di diciassette sillabe distribuite in tre gruppi di

cinque, sette e cinque sillabe. La forma Haiku è dunque una rigorosa interpretazione del soggetto

pensante che, affidandosi alla rapidità del frammento – o alla frammentazione della rapidità

espressiva – racchiude in un esiguo spazio di qualche immagine, una impressione, un sobbalzo del

cuore, un’aritmia.

http://www.meditare.net/?q=Haiku

Haiku, componimento poetico in tre versi sciolti – rispettivamente di cinque, sette e cinque sillabe –

tradizionale nella letteratura giapponese.

http://www.eldalie.com/Haiku/index.html

In giapponese si definisce Haiku una forma poetica di 17 sillabe, costituite da tre brevi strofe,

rispettivamente di 5, 7 e 5 sillabe. Si tratta di una delle forme più importanti, e probabilmente più

conosciute all’estero, di poesia tradizionale. La sua estrema concisione e la difficile scelta dei

vocaboli per esprimere molto più di quello che si potrebbe dire in 17 semplici sillabe, lo rende

misterioso ed affascinante al tempo stesso.

http://www.lifegate.it/essere/articolo.php?id_articolo=391

L’Haiku classico è composto da tre versi di 5, 7 e 5 sillabe. In totale 17 sillabe, che in giapponese

includono anche la punteggiatura.

http://sviluppopersonale.modellidicomunicazione.com/Haiku_pa_100.htm

Haiku: breve componimento poetico tradizionale giapponese, che in lingua originale ha un ritmo di

cinque, sette, cinque sillabe per un totale sillabico di diciassette, scritte in tre righe.

http://www.correnti.org/Tematiche/1_Concisione_Haiku.htm

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L’Haiku e la pizza napoletana. La poesia Haiku in lingua italiana.

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3. L’Haiku e la pizza napoletana.

Alcuni anni fa in Italia i nostri telegiornali diedero una notizia: un Comitato a Napoli si batteva per

il riconoscimento del “Marchio di Origine” della Pizza Napoletana. Il Comitato sosteneva che solo

una ricetta fatta con una serie di ingredienti specifici doveva essere considerata come “la vera

ricetta della pizza napoletana”. A seguito di battaglie legali e ricorsi giuridici il Comitato

Napoletano riuscì infine ad affermare il suo punto di vista.

Allora ci siamo chiesti: se i giapponesi facessero la stessa cosa con l´Haiku? Se volessero

rivendicarne la paternità dettando le regole e gli specifici ingredienti dell’Haiku? Beh, noi crediamo

che vincerebbero la battaglia, come i napoletani hanno vinto la loro con la pizza. Allora tutte le

diatribe e le questioni nel mondo occidentale relative al Kigo, alle 5-7-5 sillabe, al verso libero,

cadrebbero di colpo e non avrebbero più senso.

Cambio di rotta.

Cascina Macondo sosteneva in passato l’idea che occorreva liberare l’Haiku dalle catene troppo

strette delle diciassette sillabe e della stagione. Componevamo Haiku con versi liberi, senza

l’obbligo del riferimento alla stagione.

Grazie a quella notizia data dai telegiornali sulla pizza napoletana abbiamo rivisto le nostre

posizioni che ci hanno condotto a stilare un “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana.”

definendo nella maniera più semplice e più chiara possibile una terminologia funzionale, anche se

non sempre si rifà ai canoni tradizionali. La necessità di stilare un Manifesto è nata anche dai

problemi tecnici che comporta l’organizzazione di un “Concorso Internazionale di Poesia Haiku in

Lingua Italiana” come il nostro.

Abbiamo dunque scelto da alcuni anni di seguire la via tradizionale accettando il limite dei tre versi

scanditi con 5-7-5 sillabe. In verità con qualche deroga rispetto alle sillabe, ma solo entro i limiti

che i fenomeni metrici della sillabificazione consentono. Questa scelta ci ha spinto a studiare e

approfondire la sillabificazione e i fenomeni metrici e i diversi aspetti dell’Haiku fino a stilare il

presente Manifesto che amplia di molto le possibilità dell’Haiku, che rispetta la tradizione, ma apre

nuove strade alla poetica Haiku, in un’ottica moderna e con l’ambizione di trovare almeno una “via

italiana alla poetica Haiku”.

Il principio ispiratore dei contenuti di questo documento, che resta comunque “aperto” in quanto

nuove esperienze e confronti e analisi potrebbero farci scoprire riflessioni inedite e nuovi

approfondimenti, si basa sulla seguente riflessione:

“L’Haiku è un componimento particolare. Diffondendosi anche in occidente e in ogni parte del

mondo è presumibile che si siano già composti centinaia di migliaia di Haiku. A causa della sua

brevità (solo tre versi di 5-7-5 sillabe), se leggessimo migliaia di Haiku in sequenza la percezione di

“ripetizione”, di “già visto” sarebbe inevitabile, e la conclusione sarebbe che l’Haiku è solo una

sciocchezza e una velleità, nonché una noia. Per questa ragione occorre “ampliare” le sue possibilità

in modo da consentire una produzione più variegata dei suoi contenuti. La prima scelta di Cascina

Macondo, la nostra prima importante “trasgressione” è stata quella di accettare l’idea che un autore

di Haiku possa liberamente scegliere, usandoli anche contemporaneamente, il conteggio

grammaticale o il conteggio metrico delle sillabe. Con questa scelta, invece di abdicare al rispetto

della tradizione del Giappone (5-7-5 sillabe) dove l’Haiku è nato, abbiamo spostato la

“trasgressione” verso la tradizione della nostra lingua italiana, che in poesia consente solo il

conteggio metrico. La libertà di utilizzare i due conteggi amplia le possibilità e lo spazio sillabico

entro cui l’Haiku si muove.”.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Definizioni poetiche dell’Haiku.

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4 . Definizioni poetiche dell’Haiku.

Fabrizio Virgili dà dell’Haiku la seguente definizione poetica:

cosa è un Haiku?

un attimo di vita

che si fa verso

Fabrizio Virgili

La vita come un film. Nella vita il tempo, la sequenza di attimi, nel film la sequenza di fotogrammi.

Attimi come fotogrammi. L’Haiku ferma un attimo, ferma un fotogramma della nostra vita. Virgili

ci dice che cosa è un Haiku relativamente al tempo. L’Haiku deve fotografare un istante della nostra

vita, un’immagine, una esperienza, un momento significativo carico di pathos.

<><><>

Pietro Tartamella dà dell’Haiku la seguente definizione poetica:

bianche e rosse

su sponde di biliardo

rimbalza l’Haiku

Pietro Tartamella

Secondo Tartamella l’Haiku deve produrre un ribaltamento, un rimbalzo di immagini, un

capovolgimento, una serie di colpi e movimenti difficili da cogliere, una sorpresa, una

sovrapposizione di contenuti da dipanare, sino a che, come nel gioco del biliardo, non subentra la

quiete della pallina che va in buca o di tutte le palline che si fermano.

<><><>

Emilian Ratis, un bambino della classe 2° A della scuola elementare Tommaseo di Torino, dà la

seguente definizione poetica dell’Haiku:

belli i fiori

di papà in giardino

il mio Haiku

Emilian Ratis

Emilian ci dice la bellezza, la semplicità, l’amore per ciò che lo circonda e, soprattutto, la gioia di

stare con il padre.

<><><>

Hans-Peter Kraus dice: «Un buon Haiku comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre

versi che lo compongono.».

È una considerazione importante. Si riferisce alla capacità dell’Haiku di produrre nel lettore una

“tempesta” di immagini, un insieme di contenuti semantici differenti e contemporanei disposti su

più piani che il lettore, con il suo intervento creativo, dovrà decodificare e condurre a

sedimentazione.

Prendiamo questo Haiku:

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Definizioni poetiche dell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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alberi spogli

sulle sponde del fiume

ora si ignorano

Sono Uchida

è un buon Haiku: produce un rimbalzo nella nostra mente. Riusciamo infatti a decodificare

l’immagine solo dopo che nella nostra mente è apparsa l’immagine opposta a quella descritta; infatti

dobbiamo prima vedere gli alberi carichi di foglie, per poter cogliere il senso del loro

“avvicinamento”. Solo in un secondo momento riusciamo a decodificare il contenuto semantico

dell’“ignorarsi” legato all’“allontanamento” dovuto allo spazio lasciato vuoto dalle foglie cadute.

Prendiamo questo Haiku:

Stanco di sole.

Sulla spalla un tocco

lieve di foglia.

Sergio Tresin Satalic

È un buon Haiku, produce un rimbalzo semantico. Riusciamo infatti a decodificarlo solo quando

nella mente del lettore è apparsa l’immagine di uno spostamento, di uno spazio percorso, il

passaggio da un luogo esposto al sole a un luogo all’ombra, sotto un albero. Solo allora

comprendiamo il significato del tocco leggero della foglia sulla spalla.

Prendiamo questo Haiku:

Antico stagno!

Salta dentro una rana

il suono dell’acqua.

Matsuo Basho

e quest’altro:

Voce di cuculo.

Notte di luna penetra

il bosco di bambù.

Matsuo Basho

Dobbiamo fare una considerazione sulla verità osservata da Hans-Peter Kraus.

Sostenendo egli che «Un buon Haiku comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi

che lo compongono.», sta sostenendo contemporaneamente che un Haiku se non comincia dopo che

il lettore ha finito di leggere i suoi tre versi “non è un buon Haiku!”.

Dunque gli ultimi due Haiku di Matsuo Basho sullo stagno e la voce del cuculo, se prendiamo alla

lettera l’osservazione di Hans-Peter Kraus, non sono buoni Haiku. Ma crediamo che anche Hans-

Peter Kraus giudichi “buoni” questi due Haiku di Matsuo Basho. La conclusione è dunque che

l’affermazione di Hans-Peter Kraus è vera solo a metà. Occorre togliere il concetto di “buono” che

egli ha inserito nella sua osservazione.

Semplicemente riscontriamo che ci sono due tipi di Haiku, “diversi”, e ugualmente “buoni”, di cui

però non abbiamo ancora una definizione.

Cascina Macondo suggerisce di chiamare queste due tipologie di Haiku: “Haiku Gestazionale”

quello che comincia dopo che il lettore ha letto i tre versi che lo compongono; “Haiku

Fotogrammatico” quello che ci mostra un attimo, un evento, un qualcosa che accade qui e ora e che

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La poesia Haiku in lingua italiana. Definizioni poetiche dell’Haiku.

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semplicemente invita il lettore ad una pura contemplazione, restando la sua mente statica, senza la

“tempesta” di immagini che l’Haiku Gestazionale mira a creare.

Scrivere “Haiku Gestazionali” e “Haiku Fotogrammatici” fa emergere due sostanziali stili di

scrittura, due “estetiche” diverse con cui comporre Haiku.

Un Haijin può scegliere la via dell’“Haiku Fotogrammatico” con lo scopo di “ritrarre”, comporre un

“quadro”, una “foto”, ponendo il lettore nel ruolo di “spettatore”, invitandolo a relazionarsi con lui

in una dimensione “contemplativa”.

La vocazione dell’“Haiku Gestazionale” sembra invece essere quella di produrre un ribaltamento,

un sommovimento di pensieri, sensazioni e immagini nella mente di chi lo legge o lo ascolta, un

sommovimento capace di mettere il lettore in una dimensione creativa, in una situazione di “parità”

con l’autore. Compito del poeta, attraverso l’oggetto “Haiku Gestazionale” è proprio quello di farsi

carico di questo suo ruolo, mirato a far sì che questo sommovimento accada nella mente del lettore,

con bellezza, semplicità, essenzialità.

Dunque: Gestazionale = Movimento, Fotogrammatico = Immobilità.

Il “movimento” e l’“immobilità” non si riferiscono a ciò che accade nell’Haiku, ma a ciò che

accade nella mente del lettore!

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Definizioni socio-politiche dell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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5. Definizioni socio-politiche dell’Haiku.

L’Haiku:

un’attività umana,

un gioco,

una via verso la contemplazione,

uno spazio di libertà della nostra mente,

un loci collettivo,

un terzo occhio,

strumento e sfida per far assurgere le cose piccole e apparentemente insignificanti alla

condizione di poesia e di bellezza,

luogo di esplorazione e quindi di avventura,

una pratica semplice di ritualità,

uno strumento di condivisione.

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La poesia Haiku in lingua italiana. L’Haiku non è.

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6. L’Haiku non è.

L’Haiku:

non è una definizione,

non è un insegnamento morale,

non è un pensiero filosofico,

non è una immagine astratta,

non è un gioco di parole,

non è un gioco di rime,

non è un aforisma,

non è una massima,

non è una sentenza,

non è un proverbio,

non è un pensiero,

non è un’idea.

Scopo dell’Haiku non è quello di “stupire” con metafore bizzarre o ardite.

Che cosa rifiuta generalmente l’Haiku:

il giudicare,

la pomposità,

l’orpello,

il compiacimento,

l’autoreferenza,

l’interlocuzione,

l’enjambement,

la personificazione,

l’assonanza,

l’allitterazione,

la consonanza,

la rima,

il titolo,

la metafora,

la similitudine.

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L’Haiku è. La poesia Haiku in lingua italiana.

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7. L’Haiku è.

Un Haiku è tanto più bello quanto più è semplice e pulito.

Intendendo per “pulito” anche il fatto di non avere particelle grammaticali al fondo dei singoli versi

(articoli, preposizioni, congiunzioni, …).

L’Haiku è concentrazione.

L’Haiku è un vero e proprio poema racchiuso in 17 sillabe.

L’Haiku è un poema lirico.

L’Haiku è pura concretezza.

L’Haiku è una poesia di “cose”, di “fatti”. È nuda realtà, semplice realtà.

L’Haiku non è un mezzo, ma il fine. Non fa parte del poema, è il poema.

L’Haiku fotografa nella sua semplicità ed essenzialità un particolare realmente vissuto,

visto, osservato, della nostra vita, della natura, di una esperienza.

Il componimento Haiku deve avere inderogabilmente tre versi (metri).

Il primo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe.

Il secondo verso deve essere composto inderogabilmente da 7 sillabe.

Il terzo verso deve essere composto inderogabilmente da 5 sillabe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. L’Haiku su un solo verso.

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8. L’Haiku su un solo verso.

Se disponiamo il testo di un Haiku su una sola riga spesso lo vediamo trasformarsi in una semplice

frase che è prosa. Da qui possiamo dedurre che è la pausa, il silenzio, il vuoto che produce il verso a

dare una connotazione di “poesia” alla sequenza di parole. Il fenomeno fisico dell’occhio che deve

andare a capo produce nel cervello una pausa, una interruzione (anche se infinitesimale) del tempo.

Disporre su una sola riga un Haiku potrebbe essere una verifica estetica dell’Haiku.

Se abbiamo l’impressione che è una frase semplice e quasi normale forse è un buon Haiku.

Disposto su una riga l’Haiku diventa un Haiku “vocale”: è il lettore che deve trovare le pause giuste

e il ritmo giusto per far emergere la “poesia” che vi si nasconde.

Il tema del silenzio, dello spazio vuoto, della “pausa” tra un verso e l’altro lo si ritrova anche tra un

Haiku e l’altro.

Prendiamo un Haiku di Jim Kacian che, come molti poeti americani, ama disporre i suoi Haiku in

un solo verso:

Inondazione l’acqua filtra tra i sacchi pieni di sabbia.

Jim Kacian

La domanda è: possiamo considerarlo un Haiku o è un’altra cosa?

I lettori saranno già divisi in due fazioni: molti lo considereranno Haiku, molti no. Ed ecco nate due

fazioni pronte a disquisire, e alla fine a scontrarsi.

È buffo: se prendiamo un Haiku disposto su tre versi e lo disponiamo su una riga sola, ci viene il

dubbio se è ancora un Haiku.

Se scriviamo un Haiku su tre versi, ma su un supporto di ceramica e la ceramica casca a terra e si

rompe, i versi dell’Haiku potrebbero disporsi casualmente in cento modi diversi, potrebbero finire

in una riga sola! Anche se rotto e su una sola riga di ceramica, il nostro Haiku lo consideriamo

ancora un Haiku!

Gli Haiku di Jim Kacian disposti su una sola riga sono solo trasgressivi espedienti tipografici o ci

dicono qualcosa di più?

Se facciamo riferimento alla definizione di Haiku “un componimento di tre versi …”, riscontrando

che il componimento di Kacian è in sostanza un solo verso, per logica dovremmo dire che non è un

Haiku. Se non rientra nella definizione vuol dire che “l’oggetto poetico in questione” è un’altra

cosa. Ma non ne siamo così sicuri.

Che sia sbagliata a monte la definizione dell’Haiku! È quello che riteniamo.

Nella lingua italiana, ma anche in molte altre lingue, con il termine “verso” si è finito per intendere

soltanto “riga”, riga tipografica. È questa sovrapposizione di significati, questa imprecisione del

linguaggio e della definizione che crea sbandamento e incertezza. In verità non è corretto far

coincidere il concetto di “verso” con il concetto di “riga”. Per “verso” dovremmo intendere un

“metro”, una “unità metrica”, una “misura”, una “stringa di parole” che contiene un certo numero di

sillabe.

Cascina Macondo ridefinisce quindi l’Haiku introducendo le varianti mirate alla precisione

concettuale. L’Haiku di Jim Kacian è formato da tre misure che graficamente sono disposte su una

sola riga, è vero, ma poiché contiene tre misure, rispettivamente di 5-7-5 sillabe, ha il Kigo ed è

lirico, è un Haiku.

Anche se noi preferiamo la disposizione su tre versi.

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Definizione di Haiku di Cascina Macondo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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9. Definizione di Haiku di Cascina Macondo.

L’Haiku è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma

la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici

stati d’animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo) o a una parte del giorno (Piccolo

Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo (Kigo Temporis); strutturalmente formato da tre

stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento

semantico.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Definizione di Haiku Gestazionale.

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10. Definizione di Haiku Gestazionale.

L’Haiku Gestazionale è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica

la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di

specifici stati d’animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo) o a una parte del giorno

(Piccolo Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo (Kigo Temporis), che in verità inizia

quando il lettore ha finito di leggerlo; strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura

rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico.

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Definizione di Haiku Fotogrammatico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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11. Definizione di Haiku Fotogrammatico.

L’Haiku Fotogrammatico (da alcuni detto anche “descrittivo”) è un componimento lirico di origine

giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento

intenso che accade qui e ora permeato di specifici stati d’animo, che contiene un riferimento a una

stagione (Kigo) o a una parte del giorno (Piccolo Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo

(Kigo Temporis), teso a produrre nel lettore una pura contemplazione; strutturalmente formato da

tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento

semantico.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Senza titolo.

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12. Senza titolo.

Un Haiku deve essere autonomo nel senso che il significato deve capirsi dai tre versi.

Praticamente dunque non ha bisogno di un titolo.

Molti scrivono Haiku il cui significato ci perviene solo se ne leggiamo il titolo. È un’operazione che

non condividiamo. Cascina Macondo afferma il principio che l’Haiku non deve avere titolo.

Riteniamo che l’Haiku debba essere un poema compiuto, il cui significato, la cui bellezza, la cui

comprensione deve trasparire solo dai tre versi che lo compongono.

Solo per motivi puramente pratici, gestionali e di classificazione, i partecipanti alle edizioni del

“Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” di Cascina Macondo inviano i loro

componimenti con un titolo che corrisponde però al primo verso dell’Haiku stesso.

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L’Haiku di lingua inglese. La poesia Haiku in lingua italiana.

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13. L’Haiku di lingua inglese.

Una motivazione che gli autori di lingua inglese adducono a giustificazione dei loro Haiku, che non

rispettano la struttura sillabica, è quella della difficoltà della lingua. Molte parole inglesi sono

monosillabi e l’impressione è quella che usando 5-7-5 sillabe spesso si dicono più cose del

necessario e l’Haiku perde in essenzialità e bellezza.

Dovremmo chiamare questi componimenti, sillabicamente non conformi, semplicemente Sekai.

Usando il verso libero e chiamando il componimento Haiku viene a cadere la definizione dell’Haiku

e permane la confusione.

Ci sarebbe una soluzione sensata: la via della statistica, della proporzione, della definizione secondo

aree linguistiche. La quantità di informazioni che 17 sillabe in lingua italiana possono veicolare

sembra mediamente corrispondere a 17 Onji giapponesi. La lingua italiana si presta particolarmente

a comporre Haiku con 5-7-5 sillabe. Il parallelo “sillaba = Onji” è equilibrato e ragionevole.

Apro una parentesi rivolta a quei puristi e fondamentalisti culturali che ritengono insensato e

impossibile che l’occidente possa misurarsi con l’Haiku in quanto sostengono che esso proviene

dall’oriente, che le culture sono diverse, che gli Haiku giapponesi erano scritti con gli ideogrammi,

che l’Onji non è una sillaba, eccetera. Ritenuto che la sillaba è l’unità fonica più plausibile che

possa equipararsi a un Onji giapponese, si parte e via nasce l’Haiku occidentale, a pieno diritto, con

la sua poetica e le sue regole, tutto qui.

Torniamo alla soluzione statistica, proporzione, area linguistica.

Occorrerebbe fare un censimento di tutte le parole italiane, individuare quante sono le parole

monosillabiche, le parole bisillabe, quadrissilabe, e quante sono quelle di 5, 6, 7, 8, 9 sillabe.

Individuarne le percentuali. Lo stesso lavoro occorrerebbe farlo con la lingua inglese, e con altre

lingue.

Facendo i debiti rapporti potrebbe venirne fuori che la struttura sillabica di 5-7-5 sillabe è

supportabile da tutte le lingue di origine latina e da chissà quanti altri ceppi linguistici. Per alcune

aree linguistiche invece potrebbe risultare, facendo un rapporto delle frequenze sillabiche con quelle

italiane, che una corrispondenza alla struttura italiana di 5-7-5 sillabe potrebbe essere, per la lingua

inglese ad esempio, una struttura di 4-6-4 o chessò io. In questo modo saremmo consapevoli delle

aree linguistiche. L’Haiku avrebbe una definizione che include questa problematica. Tutto sarebbe

più chiaro e si uscirebbe dalle polemiche e dalla confusione attuale.

Uno dei vantaggi di tutto questo immane lavoro, della esatta definizione dei singoli fenomeni

relativi all’Haiku, alla sua forma, alla metrica, al Kigo, sarebbe quello che l’Haiku potrebbe essere

considerato ovunque letteratura.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Traduzioni e traslazioni.

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14. Traduzioni e traslazioni. Quel che si perde e quel che si guadagna.

Tradurre un Haiku da una lingua a un’altra è sempre cosa difficilissima. Le sfumature semantiche

della lingua originale rischiano di essere perdute. È vero, ma non bisogna in assoluto farsi

coinvolgere dal principio che l’Haiku tradotto perde in toto le sue raffinatezze.

Possiamo più verosimilmente sostenere, basandoci sulla pratica e sulla statistica, che l’Haiku

tradotto a volte ci perde, altre volte ci guadagna.

Relativamente alle traduzioni occorre chiedersi: è più importante tradurre un Haiku in modo

letterale restando il più fedele possibile a ciò che ha voluto dire l’autore, rischiando però di dare al

lettore dell’altra lingua un Haiku brutto e scadente, oppure è lecito “aggiustare quel tanto ...”, fare

una “traslazione” dell’Haiku in un’altra lingua dando al lettore comunque un bell’Haiku, ma con il

rischio di spostarsi, anche se di poco, dall’Haiku originale?

È indubbio che tra i lettori già due schieramenti di pro e contro si sono formati, pronti a inveire e a

scontrarsi.

Cascina Macondo è del parere che la fedeltà assoluta all’autore si basa su una concezione “divina”

del poeta, motivata dal diritto d’autore, dalla proprietà letteraria, da interessi economici, di

prestigio, di potere, una concezione egocentrica e individualista che coltiva il desiderio narcisista di

essere al centro dell’universo.

Concezione che non ci sentiamo di condividere.

Preferiamo (ma ammettiamo che è molto difficile e delicato, e che non tutti riescono a farlo con

coscienza e buon senso) che il traduttore scelga di realizzare una traslazione dell’Haiku, restituendo

ai lettori della nuova lingua comunque un bell’Haiku, anche se ha dovuto fare delle leggerissime

modifiche. D’altronde è ciò che riscontriamo continuamente quando confrontiamo le traduzioni di

uno stesso Haiku fatte da traduttori diversi: non ce ne sono due uguali! Proprio perché sappiamo a

priori che con molte probabilità qualcosa si perde nella traduzione e che ogni traduttore ci

restituisce un Haiku “diverso” dall’originale, riteniamo sensato seguire un principio che derivi

almeno da una riflessione e da una scelta a cui diamo una valenza politica e culturale.

Emergono due ruoli distinti: quello del traduttore e quello del traslatore che potrebbero essere due

persone diverse.

Il traduttore si occupa di restituirci al meglio la fedeltà all’originale.

Il traslatore cercherà di restituirci al meglio anche lui la fedeltà all’originale, ma con il tentativo di

traslare quei contenuti nella forma di 5-7-5 che caratterizza l’Haiku.

Solo alla fine, quando l’onesto tentativo di riuscirci fallisce, accettiamo la deroga alla struttura

sillabica e quindi un Haiku tradotto può non rispettare la struttura sillabica. In questo caso

parleremo solo di traduzione e non di traslazione.

Una motivazione che gli autori di lingua inglese adducono a giustificazione dei loro Haiku. che non

rispettano la struttura sillabica, preferendo quindi il verso libero, è quella della difficoltà della

lingua. Molte parole inglesi sono monosillabi e l’impressione è quella che usando 5-7-5 sillabe

spesso si dicono più cose del necessario e l’Haiku perde in essenzialità e bellezza.

Dovremmo chiamare questi componimenti irregolari semplicemente Sekai. Se chiamiamo Haiku un

componimento con versi liberi viene a cadere la definizione dell’Haiku e permane la confusione.

Ci sarebbe una soluzione sensata: la via della statistica, della proporzione, della definizione in aree

linguistiche. La quantità di informazioni che 17 sillabe in lingua italiana possono veicolare sembra

mediamente corrispondere a 17 Onji giapponesi. La lingua italiana si presta particolarmente a

comporre Haiku. Il parallelo “sillaba = Onji” è equilibrato e ragionevole.

Apro una parentesi rivolta a quei puristi e fondamentalisti culturali che ritengono insensato e

impossibile che l’occidente possa misurarsi con l’Haiku in quanto sostengono che proviene

dall’oriente, che le culture sono diverse, che gli Haiku giapponesi erano scritti con gli ideogrammi,

che l’Onji non è una sillaba, eccetera. Ritenuto che la sillaba è l’unità fonica più plausibile che

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Traduzioni e traslazioni. La poesia Haiku in lingua italiana.

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possa equipararsi a un Onji giapponese, si parte e via nasce l’Haiku occidentale, a pieno diritto, e

con la sua poetica, tutto qui.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku vocale.

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15. Haiku Vocale.

Dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane”, edizioni Cascina Macondo.

Tra gli Haiku della 4° Edizione 2006 del nostro “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”

entrati nella rosa dei classificati vi è il seguente di Rob Flipse (Olanda):

mare infinito

pesce viene uccello

sono chiamato

zee zonder einde

vissen worden vogels –

worden geroepen

Rob Flipse

Alla prima lettura appare “spezzato”, non “scorrevole”. È senza punteggiatura.

La Giuria non lo aveva votato. Ma è stato fonte di discussione e confronto. Alla fine è stato

rivalutato; a seguito di una serie di riflessioni è stato inserito nella rosa dei 74 Haiku selezionati.

È come se l’autore ci chiedesse di leggere questo Haiku con una attenzione particolare. Egli ci

chiede di mettere noi le pause giuste per coglierne il ritmo e la cadenza. Ci chiede di “partecipare”

alla comprensione dell’Haiku. Ci chiede un coinvolgimento più profondo, di essere parte “attiva”

della codificazione e quindi della comunicazione.

Abbiamo chiamato questo tipo di Haiku: “Haiku vocale”, in quanto è la lettura misurata che ne fa

scoprire la bellezza.

L’occhio, leggendolo in modo tradizionale, segue dei “canoni estetici” tradizionali, acquisiti

profondamente, consolidati. Questo tipo di Haiku ci propone una trasgressione: rinunciare alla

bellezza della scorrevolezza per scoprirne la bellezza nascosta, se riusciamo a individuare le pause

giuste nella lettura.

Consideriamo il segno di sbarretta “/” come una pausa. Due segni “//” una pausa doppia. Tre segni

“///” una pausa tre volte più lunga.

L’Haiku andrebbe letto così:

mare infinito //

pesce / viene / uccello ///

sono chiamato

Ci troviamo di fronte al mare azzurro infinito.

Ma ecco un pesce affiorare (Wabi). Ma c’è una sorpresa maggiore: un uccello vola in picchiata

verso il pesce. Potrebbe essere un gabbiano. Il fatto di usare il termine generico “uccello” e il

termine generico “pesce” è come se i due termini rappresentassero “gli esseri che vivono nell’aria”

e “gli esseri che vivono nell’acqua”. Quindi il mondo infinito dell’aria e il mondo infinito del mare,

colori uguali ma diversi, che fra un secondo si “toccheranno per un attimo” nel momento in cui

l’uccello prenderà il pesce con il suo becco. Viene compiuta una sorta di operazione algebrica con

le parole. È come se dicesse: viene il pesce, viene l’uccello. Si estrapola il verbo “viene” dandogli

valore anfibologico mettendolo a metà tra i due sostantivi, come se fosse appunto comune a

entrambi, con lo scopo di produrre un’eco nella mente del lettore, un riverbero, una ripetizione

“pesce viene uccello”.

Ma ecco che una voce umana chiama alle spalle. L’autore è distratto da quella voce probabilmente

nel momento preciso in cui, parte cruciale della scena, l’uccello cattura il pesce.

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Haiku Vocale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Quindi tre mondi, in realtà, in una frazione di secondo si incontrano: il mondo degli uomini, il

mondo del mare, il mondo del cielo. Qui e ora.

Ad una lettura normale, (grammaticale, l’Haiku di Rob Flipse suonerebbe così:

mare infinito /

pesce viene uccello /

sono chiamato

*****

Un altro “Haiku vocale” è quello di Fabia Binci (Italia) selezionato al “Concorso Internazionale

Haiku in Lingua Italiana” edizione 2005:

Notte d’agosto:

di stelle un ramo carico

strega la gatta.

Fabia Binci

Valgono le stesse considerazioni fatte per l’Haiku di Rob Flipse: percezione a prima vista di un

ritmo poco orecchiabile, sequenza veloce delle parole.

Fabia ha usato i due punti alla fine del primo verso, dandoci una indicazione più precisa per la

lettura. Ma se non li avesse usati sarebbe stato meglio, in quanto l’Haiku avrebbe avuto una identità

maggiore come “Haiku Vocale” e il lettore sarebbe stato chiamato a giocare di più nella scoperta

del ritmo e della cadenza.

L’Haiku andrebbe letto così:

Notte d’agosto: /

di stelle / un ramo carico /

strega la gatta

La parola “notte” e il sintagma “di stelle” acquistano valore anfibologico.

È come se nella mente del lettore si producesse un’eco, una sequenza di questo tipo: notte d’agosto,

notte di stelle, un ramo carico di stelle, e quindi carico anche della notte, strega la gatta. “Strega”

non solo come verbo, nel senso di “essere stregati dalla bellezza di qualcosa”, ma anche come

sostantivo, la gatta che sembra una strega. I ribaltamenti semantici contenuti in questo Haiku

rimbalzano nella mente in continuazione: compito del lettore è coglierli, farsi pervadere da tutte le

connotazioni semantiche veicolate dalle parole, tenendoli separati e nello stesso tempo uniti in un

unica globale percezione che procura piacere e bellezza.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku vettoriale.

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16. Haiku Vettoriale.

Chiamiamo “Haiku Vettoriale” quell’Haiku che, per essere capito, necessita di una spiegazione, di

una premessa, della conoscenza di un antefatto, in quanto legato a una circostanza troppo specifica,

ad una esperienza particolare, ad un universo specializzato.

Molti Haiku, che in lingua originale sono chiari per i lettori appartenenti a quell’area culturale,

potrebbero risultare incomprensibili per lettori appartenenti ad un’altra cultura. Con la traduzione e

la traslazione diventano Haiku Vettoriali.

Solo in questo caso Cascina Macondo accetta l’Haiku Vettoriale, quando appunto proviene da

un’altra area culturale.

Scrivere con questo stile nella propria lingua diventa farraginoso e viene meno il principio che il

componimento Haiku è “un universo, un poema autonomo”. Deve quindi essere il più possibile

compreso con la lettura dei suoi soli tre versi.

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Haiku derogativo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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17. Haiku Derogativo.

Relativamente alla sillabificazione, l’Haiku Derogativo può contenere in un verso 1-2 sillabe in più,

o in meno, rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta

sillabificazione, quando l’Haiku, nel tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni

tentativo di aggiustamento lo rovina.

Proprio perché consideriamo valido un Haiku che in realtà è una eccezione occorre che rimanga

appunto una eccezione.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte. Il concetto di Haiku Derogativo ha valore nelle raccolte di Haiku

e si colloca in una “trasgressione moderna” alla tradizione. Con l’Haiku Derogativo si sostiene in

sostanza il principio che “la perfezione non esiste”. L’inserimento di tre Haiku Derogativi è infatti

obbligatorio in una raccolta Tawani.

L’Haiku Derogativo non può essere inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”

che Cascina Macondo organizza ogni anno, in quanto esplicitamente il regolamento richiede Haiku

formalmente corretti sillabicamente di 5-7-5 sillabe appunto.

L’Haiku Derogativo può essere:

ipoderogativo, con sillabe in meno;

iperderogativo, con sillabe in più;

misoderogativo, in un verso ha sillabe in più e in un altro ha sillabe in meno.

17.1. Haiku Derogativo Ipometro. È un Haiku che può contenere un verso con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche.

Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

torre in fondo 5 sillabe

l’odore del cavallo 7 sillabe

scacco matto 4 sillabe

Mariam Zouhir (scuola media Croce Morelli 3F – TO – ins. Loredana Garnero)

per avere il 3° verso di 5 sillabe occorrerebbe scrivere “è scacco matto”, oppure “e scacco matto”,

ma l’Haiku perde la sua potenza e la sua immediatezza evocativa.

È un bellissimo Haiku che potrebbe essere inserito in una raccolta Tawani o in una raccolta di cento

Haiku. Non è valido per il “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”.

17.2. Haiku Derogativo Bipometro. È un Haiku che può contenere due versi con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche.

Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

17.3. Haiku Derogativo Tripometro. È un Haiku che può contenere tre versi con 1-2 sillabe in meno rispetto a quelle canoniche.

Lo consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku Derogativo.

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Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

17.4. Haiku Derogativo Ipermetro. È un Haiku che può contenere in un verso 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo

consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

Sembra addolorato 5 sillabe, con la crasi e l’episinalefe

il salice dalle foglie 8 sillabe

piccole piccole 5 sillabe, con parola sdrucciola finale (iponasi)

Mattia Chiapino (10 anni)

È difficile correggere questo Haiku di Mattia senza rovinarlo, senza perdere quella sfumatura di

significati che porta la preposizione “dalle”. All'inizio sembra semplicemente che siano le foglie ad

addolorare il salice, ma subito dopo si scopre che “dalle” ha significato anche di “attributo”, di

“modo di essere” del salice (salice dalle piccole foglie). La giustapposizione dei due significati

realizza un ribaltamento semantico delicatissimo ed efficace.

Ecco un altro Haiku Derogativo Ipermetro:

sotto casa mia 6 sillabe

ci sono gli alberi 7 sillabe, conteggio grammaticale

e le panchine 5 sillabe

Marina Bocu (scuola elementare di Rivalta – TO)

Ecco un altro Haiku Derogativo Ipermetro:

se solo potessi 6 sillabe, verso ipermetro

bisbigliarti l’amore 7 sillabe

di una farfalla 5 sillabe, con crasi

Vjsnia Mcmaster

la versione traslata:

potessi solo 5 sillabe

bisbigliarti l’amore 7 sillabe

di una farfalla 5 sillabe

non rende come la versione ipermetra.

17.5. Haiku Derogativo Bipermetro. È un Haiku che può contenere due versi con 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo

consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

In una raccolta Tawani vi è l’obbligo per l’autore di inserire 3 Haiku Derogativi.

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Haiku derogativo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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17.6. Haiku Derogativo Tripermetro. È un Haiku che può contenere tre versi con 1-2 sillabe in più rispetto a quelle canoniche. Lo

consideriamo valido, facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel

tentativo di traslarlo correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina.

Riteniamo possibile ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi

ricorre una, al massimo due volte.

In una raccolta Tawani vi è l’obbligo per l’autore di inserire 3 Haiku Derogativi.

17.7. Haiku Derogativo Ipoipermetro. È un Haiku irregolare rispetto alla sillabificazione che può avere un verso ipermetro e un altro verso

ipometro, o due versi ipermetri e un verso ipometro, o due versi ipometri e un verso ipermetro

contenenti 1-2 sillabe in meno o in più, rispetto a quelle canoniche. Lo consideriamo valido,

facendo una deroga alla giusta sillabificazione, solo quando l’Haiku, nel tentativo di traslarlo

correttamente, perde in bellezza e ogni tentativo di aggiustamento lo rovina. Riteniamo possibile

ricorrere all’Haiku Derogativo se un autore, in una raccolta di cento Haiku, vi ricorre una, al

massimo due volte.

In una raccolta Tawani vi è l’obbligo per l’autore di inserire 3 Haiku Derogativi.

17.8. Gli Haiku Derogativi sono in realtà degli Haisan. Abbiamo denominato Haiku Derogativi quegli Haiku che derogano alla sillabificazione canonica. In

realtà è solo una questione di comodità per far comprendere il concetto. Ma avendo previsto un

nome preciso per gli Haiku che sono composti con quantità libera di sillabe, gli Haiku Derogativi,

in realtà, non sono che degli Haisan.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku interstiziale.

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18. Haiku Interstiziale. Il piacere della differenza pur nella similitudine.

Spesso alcuni Haiku li riconosciamo come “molto simili” ad un altro Haiku. Spesso ricalcano quelli

di autori famosi, si avvicinano molto alla loro struttura, ne ricalcano l’immagine.

Se consideriamo che in Giappone più di dieci milioni di persone scrivono ogni giorno un Haiku è

presto data l’idea di quanti possono essere i componimenti scritti sino ad oggi e di quanti ancora se

ne possono scrivere in futuro. Ricercare l’originalità assoluta è dunque impresa difficile. Ecco allora

il piacere intellettuale, e poetico, di godere della diversità, della differenza, pur nella similitudine.

Due Haiku possono trattare lo stesso argomento, possono perfino avere la stessa struttura, possono

essere molto simili, ma si differenziano per una particolare visione, per un sentimento diverso di cui

sono pervasi, per una sfumatura originale che riescono a trasmetterci.

Liquidare un Haiku perché parla di grilli o di farfalle (e sono a migliaia gli Haiku che trattano di

grilli e di farfalle) è pura superficialità. Dimentichiamo che l’Haiku classico impone il Kigo e che,

trattando della natura, inevitabilmente parole come: fiore, erba, grillo, farfalla, fiore di pesco,

ciliegio, neve, e mille altre, saranno ripetute un milione di volte. L’Haiku va “vissuto” nel suo

complesso. E proprio perché molti termini sono comuni a migliaia di Haiku la sfida per lo scrittore

di Haiku, e per il lettore, è quella di coglierne le “sfumature”.

Un Haiku come il seguente:

Note di vento

si stendono sull’erba

dalle campane.

Anna Tancredi (Torino)

è simile, nella struttura e nell’immagine, all’Haiku:

È sera ormai.

Tra i fiori si spengono

rintocchi di campana.

Matsuo Basho

L’Haiku di Matsuo Basho è semplice, concreto, immediato.

Il verbo “spengono” è molto appropriato per i rintocchi di campane che vanno scemando. Nello

stesso tempo è appropriato per la sera quando il sole si spegne al tramonto e, in contrapposizione, si

accendono le luci, i lumi nelle case, le stelle, la Luna. Lo “spegnersi” porta con sé l’dea di un

piccolo movimento: il fumo si leva dalla candela quando con le dita ne abbiamo soffocato la

fiammella. Il Sole che tramonta si “spegne” lentamente dando l’idea di un piccolo movimento, di un

passaggio nel tempo dalla luce al buio. Quel leggerissimo contenuto semantico di “lieve

movimento” si riversa sui fiori. E quindi i fiori li vediamo leggermente muoversi come se un

piccolo venticello passasse fra loro, quel piccolo venticello del suono delle campane. Il suono delle

campane sembra un’onda leggera che scorre sui e tra i fiori.

L’Haiku della Tancredi, che riprende l’immagine di Matsuo Basho, gioca sulle note di vento. È una

metafora. Anche se è una bella metafora, l’autrice si è allontanata dalla semplicità e concretezza di

Matsuo Basho. Il verbo “stendono” dà un’idea di piccolo movimento, è vero, ma solo all’inizio:

subito dopo si ha l’idea di staticità. In questo Haiku è il vento che muove leggermente le campane e

il suono che esse producono viene portato via dal vento che si riversa, con quelle note di vento,

sull’erba dei campi.

Pur essendo l’Haiku di Matsuo Basho più bello per la maggiore semplicità usata, non possiamo non

riconoscere nell’Haiku della Tancredi le sfumature interessanti che lo differenziano. Sono due

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Haiku Interstiziale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Haiku molto simili, ma diversi. Notare queste differenze fa parte del piacere del lettore di Haiku. Ed

è un piacere anche dello Haijin.

Ricercare l’originalità ad ogni costo non fa parte del bagaglio culturale e mentale di un buon

scrittore di Haiku.

Quando si sarà trovato un argomento nuovo, o meglio un’immagine inedita, un punto di vista

particolare trattato con i canoni propri della poetica Haiku, non potremo che esserne fieri.

Occasione, lo confessiamo, molto rara. È questo ciò che forse Matsuo Basho intendeva quando

diceva che se uno scrive, in tutta la sua vita, dieci buoni Haiku può essere considerato un maestro di

Haiku.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku yoti.

29

19. Haiku Yoti.

Sono i diversi modi non convenzionali di occupare con un Haiku lo spazio fisico della pagina del

libro su cui sono stampati. Un Haiku può essere scritto su una sola riga, può essere scritto in

verticale con i versi affiancati, può essere disposto in cerchio, a freccia, sparso, eccetera. Sono

espedienti tipografici che esplorano le possibilità estetiche del componimento rispetto allo spazio.

Delle tante possibilità di disporre un Haiku sulla pagina consideriamo:

19.1. Haiku Gyoo. Disposto su una sola riga orizzontale, molto usato dagli Haijin americani.

orologio in piazza a mezzanotte rintocchi alle mie spalle

Pietro Tartamella

19.2. Haiku Nobasu. Messo in verticale su tre righe affiancate.

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19.3. Haiku Itotu. I tre versi messi in verticale su una sola riga.

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Haiku Yoti. La poesia Haiku in lingua italiana.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku yoti.

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19.4. Haiku Takay Quando i primi due versi dell’Haiku sono disposti sulla stessa riga, ma si tratta sempre di tre

“metri” di 5-7-5 sillabe.

orologio in piazza a mezzanotte rintocchi

alle mie spalle

19.5. Haiku Hikui. Quando gli ultimi due versi dell’Haiku sono disposti sulla stessa riga, ma si tratta sempre di tre

“metri” di 5-7-5 sillabe.

orologio in piazza

a mezzanotte rintocchi alle mie spalle

19.6. Haiku Warusiti. 7 spezzato – Quando l’Haiku viene disposto su quattro righe tipografiche spezzando il verso di 7

sillabe, ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.

orologio in piazza

a mezzanotte

rintocchi

alle mie spalle

19.7. Haiku Warugo. 5 spezzato – Quando l’Haiku viene disposto su quattro righe tipografiche spezzando il verso di 5

sillabe (il primo o l’ultimo), ma si tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.

orologio

in piazza

a mezzanotte rintocchi

alle mie spalle

orologio in piazza

a mezzanotte rintocchi

alle mie

spalle

19.8. Haiku Warusan. 3 spezzato – Quando l’Haiku viene disposto su sei righe tipografiche spezzando ogni verso, ma si

tratta sempre di tre “metri” di 5-7-5 sillabe.

orologio

in piazza

a mezzanotte

rintocchi

alle mie

spalle

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Stampa a trìpoge dell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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20. Stampa a trìpoge dell’Haiku.

La lettura di un Haiku, anche quella silenziosa, lascia sempre nella nostra mente una sorta di “eco”.

Leggendo l’Haiku successivo la sua eco va a sovrapporsi a quella del primo Haiku.

È qualcosa che accade automaticamente, indipendentemente dalla nostra volontà; una specie di

fenomeno psico-acustico che ci procura subito una sensazione di “affollamento”. Accade ogni volta

che gli Haiku sono organizzati in una raccolta.

Scrivere un Haiku in ogni pagina è l’espediente formale per ovviare a questo fenomeno, un

tentativo di avvolgere l’Haiku in una bolla di vuoto e di silenzio entro cui possa meglio risuonare.

Ma questo sistema si trascina dietro un inconveniente psicologico, specie nella cultura occidentale,

pragmatica e lontana dalla spiritualità: la sensazione che troppo spazio bianco intorno all’Haiku è

uno “spreco” di carta!

L’Haiku viene percepito allora, da molti occidentali, come “pretenzioso” (è uno dei tanti motivi che

ostacolano la percezione dell’Haiku come letteratura).

Un altro espediente formale è quello di scrivere su ogni pagina un verso dell’Haiku, così da

aumentare fisicamente il tempo, e quindi il vuoto, prima di leggere il verso successivo. Ma in

questo caso la sensazione di “spreco di carta” sarebbe ancora maggiore.

Una via di mezzo, compromesso discreto e funzionale, è quella di stampare su una pagina tre versi

di 5 sillabe con caratteri diversi, che sono ciascuno l’inizio un Haiku diverso. Nella seconda pagina

seguiranno tre versi di 7 sillabe che riprendono i caratteri tipografici dei precedenti e che sono i

secondi versi dei tre Haiku diversi. Nella terza pagina 3 versi di 5 sillabe, rispettivamente gli ultimi

versi dei tre Haiku.

In questo modo l’Haiku verrà letto in senso “orizzontale” pagina dopo pagina.

Leggendo il testo in senso “verticale” ci troviamo di fronte a un Sekaisan che è casuale e può, come

non potrebbe avere, nessun senso. Se scaturisce un senso saremo in grado di apprezzare il “caso”

capace di generare nuovi contenuti non previsti.

Ecco un esempio di tre Haiku di Pietro Tartamella con stampa a trìpoge. Naturalmente un’intera

raccolta Haiku può essere stampata a trìpoge:

prima pagina seconda pagina terza pagina

fa freddo ormai e ancora cammino con scarpe estive

fratello vento i fiori che porti via dalle lapidi

guance di rosa la venditrice d’ambra guarda la pioggia

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La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo.

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21. Kigo.

Quando oggi si sostiene che nell’Haiku il valore del Kigo è quello di educare al rispetto della

natura, diciamo una bugia. Asserviamo ad una necessità nostra di oggi, ad un fenomeno tipicamente

moderno, ad una ideologia, un qualcosa che non apparteneva all’Haiku originale.

Nel 1600, ai tempi di Matsuo Basho, e nel Giappone, non esisteva il problema dell’inquinamento.

Di conseguenza il Kigo non poteva avere la finalità di educare al rispetto della natura.

Il concetto importante nell’Haiku è il “qui” e “ora”. Lo spazio e il tempo. Solo se di queste due

dimensioni abbiamo percezione profonda, possiamo provare l’esperienza della “consapevolezza”.

Nell’Haiku classico, e nelle intenzioni dei grandi maestri, ci sembra di capire che la funzione del

Kigo fosse quella non del rispetto della natura, ma di immergere il poeta in una dimensione

consapevole del tempo “ora” e dello spazio “qui” in cui quel tempo si manifesta.

Le regole classiche della poesia Haiku impongono che all’interno delle 17 sillabe vi sia inserita una

“informazione” che faccia riferimento a una stagione.

Può essere un frutto, una festa, una ricorrenza, un qualcosa che ricordi, evochi, si riferisca a una

stagione (castagna, grano, papavero, farfalla, lucciola, neve, carnevale, melograno in fiore, foglie

cadute, …).

La scelta di Cascina Macondo è che è necessario introdurre il Kigo o il Piccolo Kigo o il Kigo

Misuralis o il Kigo Temporis.

In mancanza della stagione o del Piccolo Kigo, l’Haiku si chiamerà Senryu, così come si chiamerà

Haikai se è un Haiku comico o demenziale.

Condividiamo però il pensiero di Matsuo Basho, dilatandone l’applicazione, quando dice che un

Haiku «coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e ora».

Gli elementi importanti sono dunque per noi il “qui” e “ora”.

Dunque un “luogo” e un “tempo”.

Devono essere contenute entrambe queste informazioni. Sono infatti queste due informazioni,

precise e circostanziate, di luogo e di tempo, che vestono l’Haiku di concretezza.

Probabilmente anche il Kigo aveva in origine questa finalità, ma la sua rigida applicazione, riferita

solo alle stagioni, rischia di incatenare l’Haiku.

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Piccolo Kigo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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22. Piccolo Kigo.

Abbiamo visto che “Kigo” vuol dire “stagione”.

Nell’Haiku classico il Kigo è obbligatorio.

Abbiamo anche visto che la regola del Kigo mira a ricordare al poeta che il suo componimento deve

riferirsi ad una realtà concreta, al “qui” e “ora”.

Il Kigo è circolare. Le stagioni infatti si susseguono ricominciando sempre da capo all’infinito. Esse

contengono l’idea del “Sabi”, del “Wabi”, dell’“Aware”, dello “Yugen”. Le stagioni contengono

una idea lirica.

Cascina Macondo chiama semplicemente Piccolo Kigo un qualcosa che si riferisce al “giorno”.

Intravediamo infatti una plausibile somiglianza tra lo scorrere dei giorni e lo scorrere delle stagioni.

Anche i giorni, nelle loro singole parti, si susseguono e ricominciano sempre da capo, all’infinito,

con moto circolare, come le stagioni appunto. Ma la loro durata è più effimera (aurora, alba,

mattino, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, imbrunire, sera, notte, aurora, alba, …).

Nell’insegnamento di Matsuo Basho «l’Haiku coglie nella sua essenza ciò che semplicemente

accade qui e ora» ci è sembrato di capire che ciò che è veramente importante è appunto il “qui” e

“ora”.

Il Piccolo Kigo è un concetto che riteniamo ammissibile e non stravolge gli insegnamenti di Matsuo

Basho. Un Haiku per noi è dunque valido a tutti gli effetti anche se non contiene il Kigo. Ma deve

contenere il Piccolo Kigo, (riferimento temporale a una parte del giorno) e contemporaneamente un

riferimento a un luogo concreto.

Un Haiku come il seguente:

Notte infame:

nel frigo solo l’eco

d’un uovo sodo.

Gabriele Saccavino

Secondo il criterio classico non è considerato un Haiku, in quanto non contiene la stagione.

Secondo le nostre riflessioni, e la nostra scelta, è un perfetto Haiku. Contiene il “qui” (frigo = luogo

concreto) e contiene l’“ora” (il Piccolo Kigo, riferimento ad un’ora, ad una parte del giorno = la

notte).

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La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo Misuralis.

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23. Kigo Misuralis.

Dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane”, edizioni Cascina Macondo.

tra le parole

ampi spazi la lettera

d’un prigioniero

a prisoner’s letter

the wide spaces

between words

Jim Kacian

L’Haiku di Jim Kacian, inviato alla 4° edizione (anno 2006) del “Concorso Internazionale Haiku in

Lingua Italiana” edito da Cascina Macondo, ha stimolato una importante riflessione.

In questo Haiku non compare infatti il Kigo e nemmeno il Piccolo Kigo. Quindi sarebbe non un

Haiku, ma un Senryu.

Eppure l’impressone di grande bellezza e semplicità e profondità che esso suscita, e il grande

“Sabi” di cui è permeato, ce lo fa intuire come un bellissimo Haiku, anche se non ha un riferimento

alla stagione.

Da dove deriva questa sensazione che tutti i componenti della giuria hanno provato? Ci sembra di

poterla rintracciare in una affermazione dello stesso Matsuo Basho, quando dice: «Non seguire le

orme degli antichi, ma quello che essi cercarono.».

Lo stesso Matsuo Basho più volte ha ribadito il concetto che l’Haiku si riferisce al “qui” e “ora”.

Allo “spazio” e al “tempo presente”. Ma forse il concetto di spazio e tempo vanno intesi in maniera

più complessa, come in effetti sono queste due entità. Forse siamo di fronte ad un Haiku quando

abbiamo una percezione di “spazio” soltanto (distanza, lontananza, vicinanza, percorso, cammino,

salita, discesa, ...). E siamo forse di fronte ad un Haiku quando abbiamo una percezione soltanto di

“tempo” (che scorre, che si ferma, che si accorcia, che si allunga, che è parte del giorno, che è

stagione, che è era geologica, anno, mese, giorno, minuto, attimo, ...).

Tra le parole, nella lettera del prigioniero, ci sono ampi spazi. Una scrittura incerta, da quinta

elementare forse, comunque infantile. E mentre il prigioniero rilegge la sua lettera, anche se gli

spazi sono fermi fisicamente sulla carta, sembrano in realtà muoversi, “scorrere”, mentre l’occhio

prosegue nella lettura.

Sono questi ribaltamenti di percezione che rendono bello e profondo questo Haiku.

Ci viene in mente un altro Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”

nell’edizione 2004 dal napoletano Pasquale Corsaro:

due panchine

nel viale alberato

separazione

Pasquale Corsaro

Anche qui c’è un gran silenzio (“Sabi”), il mistero (“Yugen”) e nostalgia (“Aware”). Ma non c’è

riferimento a una stagione. Non c’è nemmeno il Piccolo Kigo. Ma c’è una idea di “spazio”. Le due

panchine sono separate da una distanza, anche minima, forse affiancate, forse una di fronte all’altra

nel viale alberato. Lui e Lei seduti in silenzio su quelle panchine, forse dopo l’ultima lite, l’ultima

incomprensione. Separazione.

La percezione è che siamo di fronte a un bell’Haiku e non a un Senryu. Come nel componimento di

Jim Kacian.

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Kigo Misuralis. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Prendiamo quest’altro Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”

edizione 2006 dagli alunni della classe 5 A della scuola elementare di Vagli di Sotto di

Camporgiano in provincia di Lucca:

Giù sotto l’acqua

il mio paese ristagna

nel suo silenzio.

Autori Vari

Non c’è il Kigo, non c’è il Piccolo Kigo. Un Senryu dunque? No, un bellissimo Haiku.

C’è una idea di “spazio”, “profondità”. Sotto l’acqua, laggiù, il paese immobile, sommerso, fermo

in quel luogo. Silenzio, nostalgia, affetto.

È labile il confine tra Haiku e Senryu.

Forse occorrerebbe considerare come Haiku anche quei componimenti che contengono un concetto

di “spazio”, “distanza”, “vicinanza”, “percorso”, “cammino”.

Un Kigo speciale che abbiamo chiamato “Kigo Misuralis”.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo Temporis.

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24. Kigo Temporis.

Dalla prefazione al libro “Nell’Armadio del pane”, edizioni Cascina Macondo.

Prendiamo questo bellissimo Haiku inviato al “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”

edizione 2006, scritto da Emma Bonaguri, una bambina della classe 3 B della scuola elementare De

Amicis di Forlì:

Righe di anni

scultura naturale,

albero nonno.

Emma Bonaguri

Non c’è un riferimento alla stagione, non c’è il Piccolo Kigo.

Dovremmo classificarlo come un Senryu.

Ma c’è un riferimento al tempo che è trascorso: i cerchi nel tronco dell’albero sezionato. C’è il

“Sabi” (silenzio), lo “Yugen” (mistero), c’è “Hosomi” (la delicatezza, l’affettuosità). Un bell’Haiku.

Sì, dobbiamo riflettere sulle parole di Matsuo Basho, capirle, farle nostre: “Non seguire le orme

degli antichi, ma quello che essi cercarono”.

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Kigo Kimoti. La poesia Haiku in lingua italiana.

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25. Kigo Kimoti.

Kimoti = stato d’animo, sentimento.

Inserendo in un Haiku per intero il nome di una stagione, o di una “cosa” che appartiene a quella

stagione (una festa, un frutto, un fenomeno atmosferico), non abbiamo dubbi sulla presenza del

Kigo in quell’Haiku. Se non c’è il Kigo classico dobbiamo ricercare la presenza di un Piccolo Kigo

o di un Kigo Misuralis o di un Kigo Temporis, per definire quel componimento un Haiku.

In mancanza o nell’incertezza della presenza di questi “Kigo” ecco che, come il passaggio di un

testimone, il compito di classificare il componimento come Haiku passa al Kigo Kimoti.

Si tratta di individuare quale degli otto stati d’animo principali è presente nel componimento

(“Sabi”, “Wabi”, “Aware”, “Yugen”, “Hosomi”, “Karumi”, “Sabishisa”, “Shiori”) che pure, almeno

uno di essi, per tradizione giapponese, è obbligatorio inserire nell’Haiku.

Il Kigo Kimoti è giustificato dal parallelo che si può fare tra “stato d’animo” e “stagione”:

Wabi (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione) = Primavera;

Aware (nostalgia, transitorietà, rimpianto, caducità delle cose) = Autunno;

Sabi (silenzio, grande quiete, solitudine, distacco) = Inverno;

Yugen (il mistero, l’inafferrabile, magia e complessità della vita) = Estate;

Hosomi (delicatezza, affettuosità) = Piccolo Kigo (giorno);

Karumi (leggerezza, innocenza, piccolo sorriso e piccola ironia) = Piccolo Kigo (giorno);

Sabishisa (tristezza, malinconia, depressione) = Piccolo Kigo (notte);

Shiori (ombra, morte, immobilità) = Piccolo Kigo (notte).

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La poesia Haiku in lingua italiana. Kigo Zidai.

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26. Kigo Zidai.

Zidai = periodo di tempo.

Inserendo in un Haiku per intero il nome di una stagione, o di una “cosa” che appartiene a quella

stagione (una festa, un frutto, un fenomeno atmosferico), non abbiamo dubbi sulla presenza del

Kigo in quell’Haiku. Se non c’è il Kigo classico dobbiamo ricercare la presenza di un Piccolo Kigo

o di un Kigo Temporis o di un Kigo Misuralis o di un Kigo Kimoti per definire quel componimento

un Haiku.

In mancanza o nell’incertezza della presenza di questi “Kigo” ecco che, come il passaggio di un

testimone, il compito di classificare il componimento come Haiku passa al Kigo Zidai.

Si tratta di individuare quale “stagione della vita” (infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia) è

presente nel componimento.

Il Kigo Zidai è giustificato dal parallelo che si può fare tra la “stagione del calendario” e la

“stagione della vita dell’uomo”:

infanzia = primavera,

adolescenza = estate,

maturità = autunno,

vecchiaia = inverno.

Su questo principio, sul parallelo tra “stagione del calendario” e “stagione della vita dell’uomo”, è

stata impostata l’architettura del libro “Quisquiglie di perla – Aforismi, Pensieri, Riflessigli, 17

Haiku e un Corbello” – autore Pietro Tartamella – edizioni Angolo Manzoni (dicembre 2010).

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Shinnen. La poesia Haiku in lingua italiana.

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27. Shinnen.

Shinnen = capodanno.

Considerato come “stagione a sé”, periodo dell’anno che cadeva all’inizio di febbraio.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Mukigo.

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28. Mukigo.

I giapponesi hanno la parola Mukigo che vuol dire”senza stagione” (mu = senza, nulla – kigo =

stagione), per definire un componimento di tre versi con 5-7-5 sillabe che non contiene la stagione.

Il Senryu sarebbe un Mukigo, ma in quanto Senryu significa che tratta specificatamente degli

uomini.

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Principali stati d’animo presenti nell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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29. Principali stati d’animo presenti

nell’Haiku.

Furyu = letteralmente: il vento che scorre, lo spirito poetico.

La lettura, o meglio, la comprensione di un Haiku consente lo svelamento di uno stato d’animo.

L’Haiku stesso ne è permeato. Lo stato d’animo si trasmette al lettore che si ritrova immerso in esso

come in un liquido amniotico.

Molti sono gli stati d’animo che possono trovarsi nell’Haiku. Possono essere presenti

contemporaneamente o singolarmente. Le sfumature sono molteplici, il confine fra uno e l’altro

spesso impercettibile.

29.1. Sabi – Il silenzio. È il sentimento di grande solitudine, di grande quiete, pace, illimitata calma; il sentimento del

distacco, del non possesso. Ma non c’è tristezza in esso, solo contemplazione, solitudine, così

grande e avvolgente da avere la sensazione che la cosa contemplata e il contemplatore siano la

stessa cosa.

il ladro

ha lasciato la luna

alla finestra

Ryôkan

29.2. Wabi – L’inatteso, il risveglio dell’attenzione. È quello stato d’animo prodotto da un qualcosa che si profila alla nostra coscienza all’improvviso. È

l’elemento che ci sveglia dalla tristezza, dal grigiore, dai momenti in cui sembra che la vita non

abbia nessun senso. Ecco, nel momento in cui questa depressione ci invade, nel momento in cui

questa grande malinconia ci assale, nel momento in cui nulla ha significato e tutto appare banale e

triste e assurdamente lontano … ecco profilarsi un qualcosa di inaspettato che si fa “guardare” con

spiccata intensità. Desta la nostra attenzione. E noi lo “riconosciamo” nella sua interezza e

universalità. Quel piccolo evento allora si fa grande e luminoso improvvisamente ai nostri occhi. Ci

riporta alla vita.

sotto i miei passi

solo il fruscìo si sente

di foglie secche

Hisajo

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La poesia Haiku in lingua italiana. Principali stati d’animo presenti nell’Haiku.

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29.3. Aware – La nostalgia, la transitorietà. Un Haiku può essere permeato dal sentimento Aware. Il sentimento della nostalgia, del rimpianto,

del tempo che passa, della caducità delle cose, dell’inutile affannarsi degli uomini, del dileguarsi del

mondo, dello svanire. Ma non c’è sofferenza; non è il sentimento della perdita irreparabile. C’è

invece la comprensione di questa caducità, la consapevolezza matura di appartenere ad essa

semplicemente. L’universo risiede nel dettaglio, nel particolare, nell’evento minuto. Percepire la

cosa minuta, apparentemente insignificante, come contenitore dell’universo stesso. Un’unica cosa.

La voce del fagiano.

Quanta nostalgia

per mio padre e mia madre.

Matsuo Basho

Se ne va la primavera,

tremando, nell’erbe

dei campi.

Kobayashi Issa

29.4. Yugen – Il mistero, l’inafferrabile. È il sentimento del mistero, della bellezza indecifrabile che avvolge le cose, anche le più piccole; è

l’energia del mondo che palpita ovunque; è la meraviglia, lo stupore, lo splendore delle cose; è la

sensazione dell’universale, della magia e complessità della vita. È un po’ come il “Grande Spirito”,

il “Wakan-Tanka” (Grande Mistero) degli Indiani d’America, presente in ogni cosa.

Fra le erbe

un fiore bianco sboccia.

Ignoto il suo nome.

Masaoka Shiki

29.5. Hosomi – La delicatezza. È il sentimento della delicatezza, della visione fine, sottile, delicata, acuta, affettuosa, sentimentale.

accostàti al bar

si baciano manici

curvi di ombrelli

Pietro Tartamella

29.6. Karumi – La leggerezza, l’innocenza. È il sentimento della leggerezza e dell’innocenza; è il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo

umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica.

bimbe sedute

sullo scivolo vanno

coricandosi

Pietro Tartamella

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Principali stati d’animo presenti nell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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29.7. Sabishisa – La tristezza. È lo stato d’animo della tristezza, della malinconia, della nostalgia, della depressione.

mi abbandono

stanco di tuoni e nuvole

mi abbandono

Pietro Tartamella

29.8. Shiori – L’ombra. È il sentimento delle cose ombrose, della morte, del freddo, dell’immobilità, del rorido, dell’umido

che trasuda umori.

l’amico interrano

fra i cipressi l’ombra

di una fontana

Pietro Tartamella

29.9. Hanayaka – L’allegria, la magnificenza. È il sentimento dell’allegria, del sontuoso, del magnifico, quasi del frastuono; è una bellezza felice,

brillante e appariscente, al massimo della sua fioritura.

Un pesco

che sparge i suoi fiori.

La danza del Kabuki.

Kikaku

29.10. Ogosoka – La maestosità. È il sentimento del maestoso, del severo, dell'immane, del grandioso.

Sizukasa ya

Iwa ni shimiru

Semi no koe.

Tranquillità

il verso d’una cicala

penetra nella roccia

Matsuo Basho

Fukitobasu

Ishi wa asama no

Nowaki kama

Pietre spazzate dal vento

tempesta d’autunno

sul monte Asama

Matsuo Basho

Prendiamo in esame due composizioni del grande Matsuo Basho, evidenziandone le differenti basi

di intendimento. Lo stile è simile, ma il risultato finale è assolutamente contrastante, addirittura

stridente.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Principali stati d’animo presenti nell’Haiku.

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Nel primo Haiku troviamo infatti tutta la leggerezza dell’Hosomi, ossia del sottile, del fine, arma

con cui il poeta si immerge nel profondo mistero delle cose. Quando il verso della cicala arriva a

penetrare nelle crepe delle rocce, a risaltare è la finezza del suo udito.

Nel secondo componimento è rappresentato in maniera magistrale l’Ogosoka, cioè il maestoso, il

severo, l’immane.

Uno dei padri del 5-7-5 giapponese ha veramente indicato la via al resto del mondo. L’attitudine

alla meditazione, propria dell’Oriente, ha trovato in Matsuo Basho un interprete stupefacente.

Proponiamo altri due suoi esempi significativi, anch’essi capaci di rappresentare in modo mirabile il

concetto di Furyu (letteralmente: il vento che scorre – lo spirito poetico).

Toridomo mo

neirite iru ka.

Yogo no umi.

Persino gli uccelli

sembrano dormire.

Il lago di Yogo.

Matsuo Basho

Misoka tsuki nashi.

chitose no sugi o

daku arashi.

La fine del mese, la Luna nuova.

Un cedro millenario

abbracciato dalla bufera.

Matsuo Basho

Nel primo Haiku la leggerezza dell’Hosomi pervade l’intero panorama. Ricorda da presso “Il lago

giaceva liscio e piano e sarebbe parso immobile …” di manzoniana memoria. È il Sabi, che si

spande sulla superficie del lago, a colpire l’attenzione, tutto è fermo, anche il tempo. Non c’è il

vuoto, la mancanza, o comunque un quid di negativo, ma ogni cosa è al suo posto e si fa apprezzare

da chi ha la sensibilità per afferrarla.

Nel secondo Haiku c’è il gusto dell’Ogosoka, elevato a livello di filosofia totale di vita. Pare un

dipinto, con i suoi elementi naturali e statici, se non arrivasse la bufera a stravolgere e circondare la

chioma dell’alto cedro. Siamo nella lirica più alta. (Fabrizio Virgili).

29.11. Okashii – Il divertente. È il sentimento relativo alle cose buffe, ridicole, strane.

La faccia

di una rana.

Che pensi all’Astronomia?

Kobayashi Issa

In questo Haiku il mondo della rana viene trasferito in una dimensione umana. Un soggetto piccolo

viene scambiato con uno grande, e viceversa. Così l’Ogosoka si ribalta in Okashii. In parole povere,

l’Ogosoka che si avrebbe dal rapporto tra la rana (un soggetto piccolo) e il cielo (un oggetto grande)

viene trasformato in Okashii mediante il confronto tra un uomo soggetto e una rana oggetto. Il

primo è ovviamente il maggiore dei due termini.

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Principali stati d’animo presenti nell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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È sempre affascinante il penetrare lo spirito degli Haiku, indipendentemente dal loro valore

letterario.

Piccola rana

non ti arrendere

Issa è qui per te.

Kobayashi Issa

Qui si passa da un piano intellettuale ad un piano morale: un piccolo oggetto viene reso grande,

laddove un soggetto grande si fa partecipe di una dimensione più umile. Così dal ridicolo

dell’Okashii si passa alla serietà dell’Ogosoka. Il primo è dato dal confronto tra la piccola rana

oggetto e la grandezza dell’uomo che la osserva. Ma subito dopo l’immagine si converte nella

serietà dell’Ogosoka. È grazie a questo carattere di ribaltamento che il Furyu (letteralmente: il vento

che scorre – lo spirito poetico) è in grado di riconoscere la commedia e la tragedia umana.

Per riassumere: partendo dai rapporti di negazione reciproca delle tre coppie di antagonisti, nella

prima si può cogliere un carattere graduale, nella seconda un carattere statico, nella terza un

carattere di ribaltamento. (Fabrizio Virgili).

29.12. Futoi – La vastità. È il sentimento relativo alle cose grandi, vaste, infinite, larghe, grasse, maestose.

fratello vento

i fiori che porti via

dalle lapidi

Pietro Tartamella

un fuggi fuggi

sulla spiaggia restiamo

io e la pioggia

Pietro Tartamella

In entrambi gli Haiku vi sono elementi che aprono all’immenso, attraverso il movimento del vento

nel primo Haiku (addirittura un movimento nel tempo della vita e della morte, forse!) e, nel

secondo, la spiaggia (cioè il mare) e soprattutto l’ultimo verso (“io e la pioggia”), insieme alla

permanenza, generano aperture al profondo, se non allo sconfinato.

Oh lumaca,

scala il Monte Fuji,

ma piano, piano!

Kobayashi Issa

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La poesia Haiku in lingua italiana. Pregnanza semantica.

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30. Pregnanza semantica.

La “pregnanza semantica” o “riversamento poemico” di un Haiku è la quantità di informazioni che

le 17 sillabe proprie dell’Haiku riescono a contenere e a veicolare.

Più alta è la pregnanza semantica, più è ricco, forte, potente, espressivo l’Haiku. Ma attenzione: non

bisogna allontanarsi dall’altro principio estetico che governa l’Haiku, e che ha maggiore rilevanza

del “riversamento poemico”: la semplicità!

Dovendo scegliere tra un’altissima pregnanza semantica, ma artificiosa e arzigogolata, e una più

bassa pregnanza semantica espressa con semplicità e concretezza, è preferibile scegliere

quest’ultima.

Quando il poeta Matsuo Basho diceva che l’Haiku è un vero poema espresso in 17 sillabe,

riteniamo che si riferisse appunto alla grande mole di contenuti e informazioni che si riversano nella

mente del lettore nel momento in cui “comprende” l’Haiku.

In sostanza la pregnanza semantica è tutto ciò che un Haiku, contemplato da più punti di vista,

riesce a “dire” e, paradossalmente, anche ciò che l’autore non aveva pensato di voler dire.

Prendiamo il seguente Haiku di Elisa Spiga (9 anni – bimba di terza elementare della scuola Parini

– Torino), segnalata alla 3° Edizione del “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana” di

Cascina Macondo:

le coccinelle

nel prato affollato

nere e rosse

Elisa Spiga

La prima, immediata impressione è quella di un bel quadro primaverile, un Haiku fotogrammatico

di estrema semplicità e naturalezza. Viene fotografata la bellezza delle coccinelle in quell’attimo

preciso in cui l’occhio della bimba le coglie, in mezzo all’erba, con le loro macchioline nere e rosse

sul dorso.

Ma il prato è affollato. Intorno alle coccinelle c’è gente; probabilmente anche bambini. “Affollato”

dice qualcosa di più: che la gente è tanta. Forse un pic-nic con tovaglie e cestini sull’erba il giorno

di Pasquetta. Forse tanti bimbi che corrono all’impazzata giocando a pallone o a saltare la corda o a

rincorrersi. O forse un semplice pomeriggio domenicale ai giardini o al parco dietro casa con tanta

gente che passeggia.

La bimba che osserva viene attratta da quei piccoli esseri con macchioline nere e rosse,

dimenticando per un attimo tutto ciò che la circonda. Ma l’Haiku ci racconta molto altro ancora.

L’aggettivo “affollato”, in relazione alle coccinelle, diventa sinonimo di “pericolo”: tanta gente

intorno che cammina o corre o salta o gioca, potrebbe mettere un piede sopra quelle belle creature.

Ed ecco che il colore delle macchioline nere e rosse sul dorso della coccinella si rivestono

immediatamente di altri significati. Se il piede inconsapevole di un bimbo pestasse la coccinella, per

l’animaletto sarebbe la fine, la morte. Il colore nero delle macchioline sul dorso acquista allora

anche il significato di “morte”, “lutto”. E il rosso delle macchioline diventa anche il rosso del

sangue di una coccinella schiacciata.

Se alla prima lettura l’Haiku era permeato dal sentimento Wabi (l’inatteso, il risveglio

dell’attenzione) ora si permea anche di Aware (la nostalgia, la transitorietà) e di Yugen (il mistero,

l’inafferrabile, la bellezza indecifrabile che avvolge le cose).

Affollato potrebbe riferirsi non alla gente, ma in generale a tutta la “vita” che pullula nell’erba,

quindi: coccinelle, formichine, fili d’erba, ragnetti, granelli di sabbia, fiori, petali, trifogli, api,

mosche, zanzare.

Questa interpretazione, più quella precedente, più altre non ancora sviscerate, costituiscono, nel loro

insieme, la “pregnanza semantica”.

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Pregnanza semantica. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Forse Elisa non pensava a questi contenuti quando scrisse il suo Haiku, ma l’Haiku obiettivamente

li contiene.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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31. Ribaltamento semantico.

Kire = ribaltamento semantico, salto dell’immaginazione.

Dobbiamo immaginare che un Haiku sia scritto su tre pagine: un verso in ogni pagina.

Vuol dire che leggendo il primo verso non sappiamo ancora quali parole troveremo nel secondo

verso. La pausa dura quanto dura il tempo di voltare la pagina. Quindi le parole del primo verso,

seguite dalla pausa, restano “sospese” nella nostra mente.

È questo il ritmo che occorre dare all’Haiku per fare in modo che avvenga la sua piccola esplosione

di luce nella mente del lettore.

Se dico soltanto la parola “ribaltamento” nella nostra mente si abbozza l’azione del ribaltare, del

capovolgere, ma rimane appunto come “sospesa” nell’aria questa azione, pronta a prendere

direzioni diverse. Se dico: “ribaltamento ... di una sedia”, ecco che l’azione sospesa del capovolgere

si concretizza con la sedia che si ribalta. Se dico: “ribaltamento … di un’auto”, ecco che vediamo

l’auto ribaltarsi. Se dico: “ribaltamento ... semantico”, ecco che ci aspettiamo un significato che si

capovolge.

È come una partita di pari o dispari. Due giocatori uno di fronte all’altro. Se esce pari vince il

giocatore A, se esce dispari vince il giocatore B. Il pugno chiuso di entrambi è come se fosse il

primo verso dell’Haiku. Non sappiamo quale direzione prenderà, non sappiamo quante dita aperte

mostrerà il giocatore. Ecco che il giocatore A e il giocatore B mostrano le loro dita. L’apertura delle

mani con la quantità delle dita aperte corrisponde al secondo verso dell’Haiku. Ma ora occorre fare

la somma delle dita per determinare se il risultato è pari o dispari, e quindi per determinare il

vincitore. La mente dovrà fare velocemente diverse operazioni: la somma delle dita, prendere atto

della loro natura di “pari” o di “dispari”, abbinare il numero pari al giocatore A, il numero dispari al

giocatore B, ma prima dovrà velocemente ricordare quale dei due giocatori ha scelto il “pari” e

quale il “dispari”.

Tutto questo lavoro mentale, questo movimento di pensieri, è ciò che possiamo definire

“ribaltamento semantico”.

Resta naturalmente inteso che l’Haiku deve contenere un “ribaltamento semantico”.

Il primo verso introduce una situazione, i due versi successivi contengono il ribaltamento

semantico; oppure i primi due versi annunciano una situazione e l’ultimo verso contiene il

ribaltamento semantico. Terza possibilità è che il ribaltamento sia a catena, ovvero che si manifesti

in crescendo lungo i tre versi, risultando ciascuno di essi un ribaltamento dell’altro.

Molte sono le “strutture” del ribaltamento semantico. Alcune spesso coesistono e agiscono in

contemporanea nello stesso Haiku per produrre quel rimbalzo di pensieri e di vuoto mentale che è

caratteristica psico-linguistica davvero importante che si può realizzare con soli tre versi, scoperta e

intuizione di Matsuo Basho.

Ne ricordiamo alcune.

31.1. Ribaltamento grammaticale. Quando una parte grammaticale (preposizione, verbo, articolo, aggettivo, avverbio, congiunzione,

eccetera) assume improvvisamente connotazioni semanticamente diverse. Oppure subisce un

cambiamento: da aggettivo diventa avverbio, da verbo diventa aggettivo, da soggetto diventa

complemento oggetto, e così via. Oppure sottende un’ambiguità relativamente alla sua

connotazione grammaticale.

Se ne va la primavera,

tremando, sull’erba

dei campi.

Kobayashi Issa

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Da un punto di vista grammaticale il soggetto del verbo “tremando” è la primavera. Ma la mente del

lettore sposta l’azione del tremare sull’erba e immancabilmente riusciamo a vedere l’erba dei campi

mossa da un vento leggero.

il vetro

appena lavato lucido

non vedo

Pietro Tartamella (Haisansan)

“lucido” può essere aggettivo o verbo (ambiguità), ma dopo la lettura del terzo verso diventa chiara

la sua connotazione di aggettivo.

mamma e figlia

in bicicletta sfiorano

i papaveri

Pietro Tartamella

“mamma e figlia” sono il soggetto che sfiorano i papaveri, ma contemporaneamente sono

complemento oggetto e sono i papaveri che sfiorano mamma e figlia.

dall’alto guardano

marmotte sulle pietre

soldati in marcia

Pietro Tartamella

sono le marmotte a guardare i soldati? Ma sono anche i soldati che guardano le marmotte, quindi si

guardano a vicenda.

gialli e verdi

campi di grano alternano

i campi di mais

Pietro Tartamella

gialli e verdi appaiono all’inizio aggettivi, ma si rivelano essere alla fine sostantivi.

barche di latta

affondavo nel fiume

con mio fratello

Pietro Tartamella

affondavo nel fiume barche di latta. Ma anche affondavo nel fiume con mio fratello.

ruote rubate

l’auto appoggiata all’alba

quattro mattoni

Pietro Tartamella

l’auto appoggiata all’alba, ma anche all’alba l’auto appoggiata su quattro mattoni.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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appallottolo

con due dita caccola

di naso e schizzo

Pietro Tartamella

appallottolo con due dita caccola di naso, ma contemporaneamente con due dita caccola di naso

schizzo e, contemporaneamente, appallottolo con due dita uno schizzo.

31.2. Ribaltamento del se condizionale.

Se manca il Sake

cosa vale la bellezza

dei fiori di ciliegio?

Anonimo

anche “struttura cassandrica”.

31.3. Ribaltamento per compresenza. Quando due persone, oggetti, cose, idee, concetti, sono contemporaneamente presenti nello stesso

luogo o tempo.

sera d’autunno

nel cestino dei cachi

un grillo morto

Marilì Deandrea

cachi nel cestino, ma anche un grillo morto, ma anche la sera d’autunno è nel cestino dei cachi!

31.4. Ribaltamento modale-posturale. Quando, descrivendo il modo con cui si dipana un evento o un’azione, si mette in risalto un

dettaglio della postura o di un oggetto usato durante l’azione.

A Yoshino

fiori di ciliegio ti mostrerò:

cappelli di cipresso.

Matsuo Basho

31.5. Ribaltamento per contrasto. Quando si pone un’azione, un attributo, una caratteristica, in contrapposizione a caratteristiche

appena citate. Contrasto tra colori, misure, grandezze, pesi, sentimenti, ...

Sere d’inverno

la gatta fa le fusa.

Amore muto.

Gabriella Sorba

il rumore delle fusa in contrapposizione all’amore muto.

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Crepita il fuoco

nel vecchio camino;

cresce il silenzio.

Antonio De Rosa

il crepitio del fuoco in opposizione al silenzio che cresce.

Notte perfetta di luna

rovinata

da liti in famiglia.

Jack Kerouak

la bellezza della luna in contrapposizione alla tristezza della lite.

Elefanti che mangiano

l’erba. Amorose

teste accostate.

Jack Kerouak

le grosse e rozze teste degli elefanti in contrapposizione alla tenerezza che esse esprimono.

Sulle peonie bianche

si vedono chiaramente

formiche di montagna

Yosa Buson

il colore bianco delle peonie in contrato con il nero delle piccole formiche di montagna.

Il cuculo

con un solo grido

segnala l’arrivo dell’estate.

Yoshikawa Ryota

il piccolo grido del cuculo, uno solo grido che dura un attimo, in contrasto con la grande estate

calda e lunga e afosa che sta arrivando.

perfettamente calma

contempla la montagna

una rana

Kobayashi Issa

la grandezza della montagna in contrasto con la rana minuscola. Ma quella calma della rana è simile

alla calma della montagna (ribaltamento per similitudine). È la montagna calma che contempla la

rana? O è la rana calma a contemplare la montagna? (ribaltamento grammaticale).

31.6. Ribaltamento per definizione lontana. Quando un personaggio, un’azione, un oggetto, vengono definiti con attributi inconsueti e lontani,

con immagini e somiglianze inaspettate, producendo uno svelamento insolito. Spesso il verso è

preceduto da una pausa (virgola, punto, due punti, punto e virgola, trattino) a cui segue la

“definizione lontana”.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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Vecchietta curva.

– quant’acqua da versare

ai crisantemi.

Chiara Bertoglio

Uccelli in gabbia:

sguardo invidioso

per le farfalle.

Kobayashi Issa

Casetta del polipo!

Sogno effimero

di una luna d’estate.

Matsuo Basho

31.7. Ribaltamento esortale. Quando qualcuno, o qualcosa, prende le parti o le difese di un altro o di un’altra cosa.

Interessamento, difesa, partecipazione.

Ranocchio magro

non perdere! Io Issa

sto con te.

Kobayashi Issa

Non schiacciarla:

la mosca ti prega

sfregando le zampe.

Kobayashi Issa

il movimento delle zampette della mosca ricorda la posizione delle mani giunte di una persona che

prega, quindi anche ribaltamento per similitudine lontana.

31.8. Ribaltamento cassandrico. Quando viene posta una domanda. Normalmente la struttura interrogazione si accompagna con altre

strutture di ribaltamento.

Buddha di pietra,

chi gli ha offerto

fiori di campo?

Kobayashi Issa

anche “struttura contrasto”: i fiori di campo teneri, piccoli, effimeri, leggeri, producono un contrasto

vicini alla maestosità, alla durezza, alla longevità della statua di pietra del Buddha.

Abbandonato

un guanto sulla neve.

Dov’è la mano?

Pietro Tartamella

anche “struttura misurale” e “struttura focus”.

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Tra grano e riso

è dimagrita per amore?

Una gatta.

Matsuo Basho

31.9. Ribaltamento per reciprocità. Quando un oggetto, una persona, un evento sta facendo una cosa che contemporaneamente può

essere attribuita ad un’altra persona, oggetto o evento.

sulla fessura

il dorso della mano

spinge il vento

Pietro Tartamella

è il vento che spinge la mano, ma anche la mano che spinge il vento.

pittura fresca

il verde sul cancello

sporco col dito

Pietro Tartamella

il dito sporca il verde fresco sul cancello lasciando una impronta, ma contemporaneamente il dito si

sporca di vernice fresca.

contro la forza

del vento di primavera

lottano le allodole

Yasui Oemaru

31.10. Ribaltamento del ritorno alle origini. Quando un oggetto, una cosa, una persona, un evento, tendono a ritornare all’origine.

È primavera

l’armadio che vorrebbe

rigermogliare.

Fernando Liberati

armadio > legno > albero < > rigermogliare

31.11. Ribaltamento a focus. Cambiamento improvviso di prospettiva o focus. Quando viene messo all’improvviso in risalto un

elemento che era poco visibile. L’autore d’un tratto lo rende vivido, destando quasi una “sorpresa”

nel lettore. L’oggetto messo a fuoco poteva essere, nell’immagine descritta dall’Haiku, sullo sfondo

o a destra o a sinistra o in alto o in basso o sopra o sotto, può essere anche in relazione al tempo e

potrebbe prima non comparire affatto. All’improvviso l’attenzione si posa su quel particolare.

L’occhio si comporta come una telecamera.

Divertente!

Le lucciole volano

a destra e a sinistra.

Taiga

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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anche con “ribaltamento per similitudine deduttiva”: il movimento a destra e a sinistra delle lucciole

sottintende la similitudine col movimento delle pupille, o della testa, di chi le sta guardando.

Becca una briciola

la rondine sul tavolo.

Tovaglia in fiore.

Pietro Tartamella

l’elemento principale è la rondine vicino alla briciola, ma la tovaglia a fiori che prima era sullo

sfondo ecco rimbalzare all’improvviso in primo piano.

Piedi limpidi

dentro lo specchio d’acqua

ruvidi scogli.

Pietro Tartamella

i piedi limpidi e puliti dentro lo specchio d’acqua fresca sono il “centro dell’attenzione”, ma ecco

improvvisamente rimbalzare in primo piano gli scogli ruvidi, producendo uno spostamento anche

sensoriale dalla vista al tatto.

Ogni passero

fa sentire la sua voce

in un nido di topi.

Matsuo Basho

Triste

una lucciola si spegne

sulla mia mano.

Mukai Kiorai

Silenziosamente

muove i fiori di loto

la tartaruga del laghetto.

Kikan

Sui salici

passano i pipistrelli

al tramonto.

Kakarai Kikaku

Lampi!

Zampe di ragno

che scappano sul muro.

Kicho

L’uva è matura

assaggio un grappolo

alla mia altezza.

Antonio Orengo (Scuola Elem. Tommaseo – Torino)

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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è il grappolo d’uva che cattura l’attenzione connesso alla voglia di assaggiarlo. Ma subito dopo,

mentre si compie il gesto di cogliere e assaggiare ecco che l’attenzione si sposta repentinamente alla

consapevolezza che l’uva è all’altezza del bambino. I due “fuochi” dell’attenzione coesistono per

una frazione di secondo. L’Haiku coglie la contemporaneità di quelle due consapevolezze, prima

che esse si separino.

canzoni mie

a Capodanno canto

dietro il tavolo

Stefano Maiorino

31.12. Ribaltamento a decuplico. Quando una cosa che appartiene a tutti viene messa in rapporto con un qualcosa che appartiene solo

a una categoria.

nelle vene con

ugual colore scorre

qualunque sangue

Toni Piccini

il colore rosso del sangue, che appartiene a tutti, viene messo in relazione con la pelle, che può

avere colori diversi.

in ogni lingua

sempre parla e risponde

l’eco del monte

Antonella Filippi

l’eco, che appartiene ad ogni voce, viene messo in rapporto con la lingua che ogni voce può parlare.

tazze di latte

il bianco delle mucche

a farci uguali

Pietro Tartamella

il colore bianco del latte delle mucche, uguale in ogni parte del mondo, messo in rapporto con la

diversità del colore della pelle, delle lingue parlate, del ceto sociale.

sto respirando

proprio la stessa aria

di quei passeri

Max Verhart

l’aria e il respiro che appartengono a tutti gli esseri viventi vengono messi in relazione specifica ai

passeri e all’autore come singolo.

31.13. Ribaltamento per incremento. Quando si prosegue con un aumento, una moltiplicazione, un incremento, quando si mette in atto la

ripetizione di un concetto già espresso per sottolinearlo, ma la ripetizione non è fine a se stessa in

quanto aggiunge altri significati.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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il vento soffia

– quasi staccata la foglia –

soffia di nuovo

Valentin Frygin (Nayanova University – Russia)

la ripetizione dell’azione del vento “soffia di nuovo” aggiunge altri significati: infatti la foglia, che

era rimasta in bilico attaccata al ramo, la vediamo adesso staccarsi e cadere e volteggiare. Ma

qualcuno potrebbe vederla ancora attaccata al ramo e il soffiare di nuovo del vento è un semplice

soffiare di nuovo del vento. Ma anche in questo caso si producono altri significati in quanto viene

messa in risalto la tenacia con cui la foglia resta attaccata al ramo.

Una goccia cade

dal triste abete rosso.

Altre due gocce.

Jack Kerouak

prima cade una goccia poi ne cadono due; probabilmente sulla testa o sul naso o davanti agli occhi,

in modo vivido comunque; anche “struttura focus”.

Con quattro passi

la mia stanza misuro.

Quindici il bimbo.

Pietro Tartamella

anche “ribaltamento misurale”.

due case

davanti al grande fiume

nella stagione delle piogge

Yosa Buson

c’è tanta acqua nel fiume in piena. Ad essa si somma l’acqua che sta piovendo dal cielo. Entrambe

le acque sono in movimento. Per contrasto due case immobili davanti al fiume che scorre sotto tutta

quell’acqua. Le case potrebbero essere una di fronte all’altra sulle due sponde, oppure affiancate su

una stessa sponda. Le due case, mute, in silenzio, (solo rumore di acqua che abbraccia tutto) sembra

che si guardino; anche “struttura misurale”: distanza dal fiume/distanza tra le case; anche “struttura

contrasto”: silenzio/rumore d’acqua.

31.14. Ribaltamento cartesiano. Viene giocato sulla contrapposizione di due “direzioni”.

rondini vanno

dietro le ali resta

neve che cade

Giulio Tortorici (Scuola Media Giuseppe Moscati – Roma)

31.15. Ribaltamento a moneta. Ogni moneta ha due facce. Se guardo una faccia, l’altra, nascosta, pur se non la vedo, so che esiste

sul retro.

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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alberi spogli

sulle sponde del fiume

ora s’ignorano

Sono Uchida

vedendo gli alberi senza foglie si percepisce il senso di “distanza” di “allontanamento”. Ma questa

immagine la si vede in modo preciso e netto solo quando la mente è riuscita a vedere l’immagine

parallela/opposta, quella cioè dell’estate, quando gli alberi sono così pieni di foglie e così ingranditi

che le loro fronde si toccano. Si vede quindi l’altra facciata della moneta che era nascosta, ma

l’immagine precedente la richiama obbligatoriamente; “ribaltamento semantico”.

31.16. Ribaltamento per arresto dell’azione. Quando si mette in atto un’idea di “arresto dell’azione”, un “fermarsi” di ogni natura, fisica, ideale,

concettuale.

Polverosa via.

Un tronco schiantato;

qui io mi fermo.

Silvio Marangon

31.17. Ribaltamento a misurale. Quando oggetti, cose, persone, sono messe in relazione tra loro da un’idea di separazione, distanza,

ravvicinamento, spazio, misura, quantità.

due panchine

nel viale alberato

separazione

Pasquale Corsaro

Il profumo e il colore

del glicine

sembrano lontani dalla luna.

Yosa Buson

Glicine lilla

scorta luna e stelle

col suo profumo.

Beatrice Sanalitro

nello stagno si riflette

uno scoiattolo che salta

sul glicine

Takarai Kikaku

Abbandonato

un guanto sulla neve.

Dov’è la mano?

Pietro Tartamella

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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31.18. Ribaltamento prosale. Quando viene descritta la sequenza logica e normale di un’azione o di un evento. È uno dei casi più

difficili di realizzazione del ribaltamento perché esso sembra inesistente, ma in realtà è

piccolissimo, minimo, delicato, sfuggente. L’Haiku resta sino alla fine in una sorta di

“sospensione”, fino a quando viene messo in risalto all’improvviso un dettaglio, uno svelamento

(normalmente nell’ultimo verso). Altre strutture di ribaltamento si trovano normalmente commiste

con quello prosale.

Sulla campana del tempio

posandosi riposa

una farfalla.

Yosa Buson

una farfalla che riposa su una campana è “raro”, “inconsueto”, “non frequente”. Ma c’è anche un

tipo di “ribaltamento per contrasto”: la leggerezza della farfalla/il pesante metallo della campana.

Ma anche un “ribaltamento per similitudine”: (il volo della farfalla/come il “volo” del suono della

campana ed entrambe riposano e sono ferme in questo momento) e anche per similitudine: la

campana = fiore, su cui la farfalla riposa. Una molteplicità di significati si intersecano e intrecciano

producendo il ribaltamento semantico.

nell’antico giardino

l’usignolo canta

durante il giorno

Yosa Buson

l’Haiku procede in modo semplice e consequenziale, descrive come si svolge normalmente

l’evento. Esiste però un piccolo scarto, e questo è il capovolgimento semantico, tra la vivida

presenza dell’usignolo che canta ininterrottamente per tutto il giorno e si pone come “essere che

canta qui e ora” in un tempo che abbraccia tutto il giorno, in opposizione all’“antico giardino” che

richiama il tempo passato con una moltiplicazione di quel “durante il giorno”.

nel cadere al suolo

stilla dalla corolla l’umore

di un fiore di camelia

Matsuo Basho

Un gallo finge

di essere un leone

raddrizzando le piume.

Takarai Kikaku

31.19. Ribaltamento per sostituzione dell’aspettativa. Quello che accade, rispetto a ciò che ci aspettavamo, rispetto a ciò che sarebbe stato ovvio,

consequenziale, atteso, è invece contrario, in contrasto, differente, inaspettato.

gettato un sasso

nello stagno schizzano

rane qui e là

Pietro Tartamella

ci aspettiamo schizzi d’acqua e gocce, invece schizzano rane qui e là.

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

60

Mancato un calcio

allo sportello del frigorifero.

Si è chiuso lo stesso.

Jack Kerouak

ci aspettiamo che lo sportello non si chiuda visto che Jack ha mancato il calcio, ma si chiude lo

stesso per effetto dello spostamento d’aria del calcio.

dal naso

del Grande Buddha

esce una rondine

Kabayashi Issa

che dalla narice di un naso esca una rondine è ciò che uno non si aspetterebbe mai; anche “struttura

contrasto”: la statua è di pietra, la durezza e la maestosità del Buddha in contrasto con la leggerezza

della rondine.

31.20. Ribaltamento per supposizione. È in genere affermativa, e corrisponde a una domanda sottesa. Normalmente espressa con parole

come “forse”, “può darsi” e simili. È una struttura a rischio, difficile, perché si trova sul confine tra

ciò che sta davvero accadendo e ciò che invece è una riflessione dell’autore. L’Haiku predilige

fotografare un momento concreto, fuori di noi, il più oggettivo possibile, cercando di fermarlo nella

sua essenza, così com’è, senza coprirlo di riflessioni, pensieri personali, ipotesi, conclusioni, logica.

L’ora dei pasti

forse ricordano

i passerotti.

Tajo

Vogliono dire qualcosa

i movimenti delle zampe

del gallo.

Anonimo

31.21. Ribaltamento per traslocazione. Spostamento di luogo, oggetti, azioni, nello spazio o nel tempo. Quando vengono poste cose in un

luogo che invece è deputato a contenere normalmente altri soggetti. Quando si sradica da un luogo

un oggetto che gli è proprio e lo si trasferisce in un altro luogo. Struttura di ribaltamento molto

usata nell’Haiku. Richiede discrezione e ponderatezza per non rischiare di essere artificiosi.

Fetta di luna

sull’orlo del bicchiere.

Limone in cielo.

Elisabetta Bovo

conduce pian piano il cavallo

sul suo dorso

la luna di primavera

Waisujin

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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Acqua nella vaschetta

una pellicola di ghiaccio

copre la luna.

Jack Kerouak

Pigra calura

dal cavo delle mani

bevo la luna.

Fabrizio Virgili

Guizza la trota

sul fondale scorrono

le nuvole.

Onitsura

saltella il sasso

sul lago dove affonda

tocca la luna

Pietro Tartamella

montagne lontane

si riflettono negli occhi

di una libellula

Kobayashi Issa

anche “struttura contrasto”: montagne grandi che stanno dentro i piccoli occhi della libellula.

31.22. Ribaltamento triversale. Si ha il ribaltamento triversale quando esso si verifica in ogni verso. Struttura difficile, rischiosa,

perché il ribaltamento deve procedere in ogni verso con un certo coordinamento, altrimenti si

rischia di farlo diventare soltanto un elenco.

Si spegne l’eco della campana

persiste il profumo dei fiori

è sera!

Matsuo Basho

31.23. Ribaltamento plurisensoriale. Quando più sensi (udito, tatto, odorato, ascolto, ...) sono contemporaneamente coinvolti.

Viene dal fiume

verde odore di canne

mosse dal vento.

Pietro Tartamella

anche “struttura a ipallage”: verde non è il colore dell’odore, ma delle canne.

31.24. Ribaltamento per similitudine. Quando viene compiuto un paragone, viene espressa un’idea di somiglianza, di affinità, anche

lontana. Spesso si usa “come”, “simile”, “sembra”, ma non necessariamente. La similitudine può

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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essere esplicita o velata, sottintesa. In ogni modo è un tipo di ribaltamento da usare con cautela; può

spingere a diventare artificiosi.

La voce del fagiano.

Quanta nostalgia

per mio padre e mia madre.

Matsuo Basho

bello vedere

una mucca dimagrita

nel campo estivo

Nozawa Boncho

il campo è secco per il caldo estivo, l’erba bruciata, il campo senza erba appare “magro”, spoglio,

come la mucca dimagrita perché mangia di meno. La mucca è bella nella sua magrezza, forse

perché l’immagine di mucche troppo grasse ricorda la macellazione, gli animali messi all’ingrasso

per poi abbatterli.

Penso, penso:

passa davanti a me

una lumaca.

Anonimo

è un pensare lento, tranquillo, riflessivo (seduto sull’erba, forse davanti a uno stagno o a un fiume).

I pensieri scorrono lentamente, come la lumaca che in quel momento attira l’attenzione.

L’ora dei pasti

forse ricordano

i passerotti.

Tajo

Cadendo dall’albero

striscia il serpente

sulla terra calda.

Shikyu

la caduta dal ramo del serpente e il vederlo muovere a terra sembra lo sforzo di una persona che

cerca di rimettersi in piedi. Contemporaneamente vi è la similitudine con il muovere dei piedi di

una persona finita su una superficie caldissima; il serpente sembra che strisci, quasi con saltelli, per

sentire meno il calore rovente della terra; mista alla “struttura dubitazione”.

Vecchio maestro

storto e luminoso

come l’ulivo.

Carla Crivello

Il sole ride

coi cento denti d’oro

della pannocchia.

Fabrizio Virgili

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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mondo di ombre

così come le nubi

anche le foglie

Antonella Filippi

vecchio albero

lungo la strada spoglio

come mio padre

Pietro Tartamella

31.25. Ribaltamento per similitudine deduttiva. Quando due immagini contenute nell’Haiku rimandano ad una somiglianza che trova il lettore. Pur

trattandosi nella sostanza di una similitudine, non viene espressa con la particella “come”. L’autore

non usa direttamente una similitudine, ma affiancando due immagini induce il lettore a trovare

l’elemento comune.

Sulle frittelle

polvere di zucchero.

Fuori nevica.

Livia Cesarin (Padova)

Raggio di sole

nel buio della stanza.

Polvere in festa.

Paolo Severi (Pavia)

31.26. Ribaltamento per metafora. Struttura basata su una relazione di somiglianza. Usata nell’Haiku è una struttura difficile, a rischio,

da usarsi con moderazione e ponderatamente perché facilmente induce a perdere “la semplicità”, a

diventare artificiosi, ricercati, eccessivamente compiacenti.

mare di primavera

per tutto il giorno

ci abbraccia tiepidamente

Yosa Buson

31.27. Ribaltamento per metonimia. Struttura basata su una relazione di dipendenza. Si ha quando si usa: il nome invece dell’opera

(lesse tutto il Leopardi); la causa invece dell’effetto (di meraviglia credo mi dipinsi – Dante);

l’effetto invece della causa (vive con il suo sudore); la materia di cui è fatto l’oggetto invece

dell’oggetto stesso (fatto segretamente un legno armare – Boccaccio); lo strumento invece di chi lo

adopera (quel che fe poi ch’elli uscì di Ravenna e saltò Rubicon, fu di tal volo che nol seguiteria

lingua né penna – Dante); l’astratto per il concreto (Fiorenza si stava in pace sobria e pudica –

Dante); il concreto al posto dell’astratto (messagger che porta olivo – Dante); il nome del Dio per

indicare la guerra (Né strepito di Marte ancor turbò questa remota parte – Tasso); il contenitore

invece del contenuto (cittadino Mastai bevi un bicchiere – Carducci). Da usare nell’Haiku con

moderazione e attenzione per non rischiare di risultare artificiosi.

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Ribaltamento semantico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Pioggia primaverile

conversando passano

un mantello e un ombrello.

Yosa Buson

non conversano le persone che passano, ma un mantello e un ombrello che quelle persone portano;

anche “struttura focus”.

Breve notte d’estate:

scorrono tra le canne

le bollicine dei granchi.

Yosa Buson

sono i granchi che scorrono, ma l’attenzione si sposta sulle bollicine.

31.28. Ribaltamento sineddoche. Figura basata su una relazione di quantità.

La parte per il tutto (arma la prora e salpa verso il mondo – D’Annunzio). Il tutto invece della parte

(il mondo è cieco). Il singolare invece del plurale (anche l’occhio vuole la sua parte). Il plurale al

posto del singolare (quel dolce pome oggi porrà in pace le tue fami – Dante). Il genere al posto della

specie (animal grazioso e benigno – Dante; “animal” sta per “uomo”). L’individuo per la specie

(ecco stridendo l’orribil procella che il repentino furor di Borea spinge – Ariosto; “Borea” sta per

“vento”). Un numero determinato per un numero indeterminato (da cento scudi fu, da cento spade

appugnato – Tasso), (facciamo quattro passi), (abbiamo fatto una pedalata).

scheggia nell’occhio

con la palpebra aperta

il mondo a metà

Pietro Tartamella

anche “struttura misurale” e “struttura zoom”.

31.29. Ribaltamento a ipallage (greco ipallaghè = scambio). Quando si attribuisce ad alcune parole della frase ciò che conviene ad altre parole della stessa frase.

Quando un’azione, un attributo, una connotazione, un gesto vengono attribuiti a un soggetto diverso

da quello cui logicamente spetterebbero.

Se ne va la primavera,

tremando, sull’erba

dei campi.

Kobayashi Issa

Viene dal fiume

verde odore di canne

mosse dal vento.

Pietro Tartamella

verde non è il colore dell’odore, ma delle canne. Ma verde potrebbe essere anche il colore delle

acque del fiume; anche “struttura sinestetica”.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ribaltamento semantico.

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fitta la nebbia

lo strillone sventola

voce tremante

Pietro Tartamella

lo strillone sventola i giornali, non la voce tremante; anche “struttura metafora”.

31.30. Ribaltamento ad anafora. (ripetizione di alcune parole). Quando un termine grammaticale (verbo, aggettivo, sostantivo, esclamazione, congiunzione,

eccetera) viene ripetuto più volte. In poesia l’anafora è una ripetizione all’inizio di ogni verso. Negli

Haiku la intendiamo come ripetizione in una qualsiasi parte del verso.

velocemente si illuminano

velocemente spariscono

le lucciole

Chine

31.31. Ribaltamento per anfibologia. (greco amphibolìa = ambiguità). Molto usata nell’Haiku. Si realizza quando una parola (verbo, sostantivo, attributo o altro) può

contemporaneamente essere riferita a parole precedenti e a parole successive.

festa d’autunno

nelle piazze si gusta

la nostra terra

Giuseppina Clema

“nelle piazze si gusta” può essere riferito sia a “la nostra terra” sia a “festa d’autunno”.

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Alcuni stili formali dell’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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32. Alcuni stili formali dell’Haiku.

Stile interpuntivo.

È quello stile che usa spesso il punto interrogativo (domanda) o il punto esclamativo (meraviglia,

stupore ...) e in genere le virgole, i punti, i due puntini e i vari segni d’interpunzione.

Stile nacked (nudo).

È lo stile nudo che non usa interpunzione, che usa sempre le lettere minuscole e chiede al lettore

un’attenzione maggiore per la sua comprensione (è lo stile proposto da Cascina Macondo).

Stile esortativo.

È quello stile che usa frequentemente esortazioni rivolte agli esseri umani, ad elementi della natura,

agli animali, rivolgendosi ad essi direttamente.

Stile sinestetico.

È quell’Haiku che usa immagini iconografiche ricorrendo a uno dei cinque sensi (udito, tatto, vista,

olfatto, gusto). Ricorre ad immagini onomatopeiche, agli odori, ai sapori. ai suoni, ai rumori, alle

sensazioni tattili.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Raccolte particolari di Haiku.

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33. Raccolte particolari di Haiku. L’oggetto libro come veicolo e testimonianza di una visione.

Il libro come “oggetto”, quando si parla di raccolte Haiku, può esprimere esso stesso una

concezione filosofica ed esserne testimonianza concreta. Sono le diverse architetture, quasi giardini

Zen, con cui si dispongono i componimenti Haiku all’interno di una raccolta che rendono manifesta

la visione.

Al di là dei significati di ogni singolo Haiku, al di là della loro bellezza, è la loro organizzazione

all’interno della raccolta che può produrre una forma in grado di veicolare significati altri.

La condivisione di quelle architetture può concorrere alla creazione di una comunità internazionale

profondamente accomunata dai valori dell’Haiku e dalle sue straordinarie potenzialità.

Cascina Macondo ha proposto, ad oggi, diversi tipi di raccolte Haiku:

la raccolta Tawani,

la raccolta Nakanisoto,

la raccolta Hanasanasi.

33.1. Raccolta Tawani. Il termine Tawani deriva da un cut-up di sillabe tratte da due parole Lakota: “zapetan” (numero 5),

“waniyetu” (anno).

Nella raccolta Tawani 171 componimenti: 160 Haiku, 10 Senryu, 1 Tanka.

Le quattro stagioni si ripetono per cinque anni.

Ogni ciclo annuale ha un titolo tratto da un Haiku della raccolta.

I cinque titoli dei cinque anni in sequenza formano il Tanka di chiusura (5-7-5-7-7 sillabe).

Il titolo di una raccolta Tawani è un verso della stessa raccolta.

Ogni anno inizia con un Senryu e termina con un Senryu.

Ogni stagione contiene otto Haiku.

Ogni anno è composto dunque di 32 Haiku e 2 Senryu, a inizio e fine di ogni anno.

Per definirsi Tawani una raccolta deve ancora avere i seguenti requisiti:

Ogni 57 componimenti deve essere obbligatoriamente inserito un Haiku Derogativo, non

perfetto sillabicamente. Quindi, in tutto, 3 Haiku derogativi contenuti nella raccolta. Questa

scelta vuole concretamente ricordarci che la perfezione non esiste e non è da perseguire.

In una raccolta Tawani è obbligatorio inserire 3 Haiku non propri, ma di tre di amici verso

cui si prova stima e fiducia. Verranno inseriti negli anni dispari (1-3-5). Quest’obbligo vuole

semplicemente onorare l’amicizia.

L’autore di una raccolta Tawani si impegna a non leggere personalmente in pubblico gli

Haiku contenuti nella raccolta. L’obbligo impegna l’autore a praticare un atto concreto di

umiltà affidando i propri Haiku alla voce narrante degli amici.

La prima raccolta Tawani è stata pubblicata da Pietro Tartamella “Ciao Maestro” anno 2007 –

edizione DeArt.

Curiosità:

“Tanka” in giapponese vuol dire “poesia breve”, detta anche “Waka” (che significa tout-

court “poesia giapponese”). È curioso notare che nella lingua Lakota “waka(n)tanka”

significa: “Grande Spirito”!

Un’altra coincidenza che ci ha sorpreso, dopo la scelta della parola “Tawani” che ha origini

Lakota, è l’aver notato che in giapponese “Taiwa” vuol dire “dialogo”, “Ni” vuol dire “due”.

Quindi “taiwani” potrebbe voler dire “dialogo a due”. Ci sorprende come i suoni “taiwani” e

“tawani” siano pressoché identici!

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Raccolte particolari di Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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I Nativi Americani non hanno nulla a che fare con il Giappone e l’Haiku. La scelta di suoni

tratti dalla lingua Lakota per definire un “oggetto” che comunque proviene dal Giappone

vuole semplicemente onorare il principio positivo delle buone contaminazioni.

33.2. Raccolta Nakanisoto. naka ni = dentro – soto ni = fuori

Breve raccolta di 96 Haiku.

L’autore parla di sé e del mondo esterno.

24 Haiku su di sé, 72 Haiku sul mondo esterno.

1 Haiku Naka Ni (parla di sé) seguito da 3 Haiku Soto Ni (che parlano del mondo).

8 Haiku per ogni stagione.

32 Haiku in un anno.

La sequenza si ripete per tre anni.

S’incomincia con l’autunno.

La raccolta Nakanisoto è un percorso che aiuta a staccarsi da sé per guardare il mondo esterno,

senza dimenticarsi di sé. Un atto di umiltà che ci ricorda quanto è lungo il cammino che ci porta a

guardare le cose per quello che veramente sono.

La prima raccolta Nakanisoto è stata pubblicata da Antonella Filippi (Fukurò): “Rosa d’autunno” –

prefazione di Junko Saeki e Pietro Tartamella, sumi-e in copertina di Domenico Benedetto –

edizioni Alba Libri – agosto 2010.

33.3. Raccolta Hanasanasi. (Hana = fiore – San = tre – Asi = piede) = fiore su tre piedi.

Brevissima raccolta di soli 17 Haiku.

4 Haiku per ogni stagione più 1 Haiku, l’ultimo, di nuovo autunno.

Obbligo di leggerli in modalità Zikan; ogni Haiku viene letto in tre modi diversi: stile

Sizuka Na (senza rumore–silenzio), stile Tanzi Suru (esporre le sillabe), stile Wabi Sabi

(intonazioni vocali che legano il tutto).

Il percorso rituale di crescita di un Haijin potrebbe cominciare dapprima con la pubblicazione di

una raccolta Hanasanasi. Quindi una raccolta Nakanisoto. Infine una raccolta Tawani.

Le prime raccolte Hanasanasi sono state pubblicate sul web di Cascina Macondo:

Antonella Filippi – marzo 2011 – Le parole dell’acqua

Oscar Luparia – marzo 2011 – Nuvole in viaggio

Pietro Tartamella – marzo 2011 – Sulla cima del salice

Ambrogina Vigezzi – maggio 2011 – La luna si riposa

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La poesia Haiku in lingua italiana. Lettura ad alta voce degli Haiku.

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34. Lettura ad alta voce degli Haiku. Stile Zikan e stile Sinrai Suru.

Cascina Macondo a seguito della sua ventennale esperienza di lettura ad alta voce propone uno stile

particolare, e rituale, di lettura ad alta voce degli Haiku.

Lo stile Zikan (in giapponese = “tempo”) è uno stile rituale di lettura degli Haiku secondo cui un

Haiku si legge sempre tre volte e in tre modalità diversi.

34.1. Stile Zikan (parola giapponese = tempo). La prima lettura avviene in modalità Sizuka Na (parola giapponese = senza rumori, silenzio);

consiste nel mettere un lungo silenzio alla fine di ciascun verso

La seconda lettura avviene in modalità Tenzi Suru (parola giapponese = esporre); si mostrano e si

“leggono” il contenuto sillabico e gli accorgimenti metrici ben distintamente. Si ottiene una lettura

strana e particolare che caratterizza e rende distintiva la lettura degli Haiku.

La terza lettura avviene in modalità Wabi-Sabi; si cuce tutto in una lettura morbida, aggiungendo

intonazioni e sobri effetti di voce. Wabi = l’inatteso, il risveglio dell’attenzione. Sabi = il silenzio,

la solitudine, il distacco, la contemplazione.

34.2. Stile Sinrai Suru (parola giapponese = affidarsi). È la stessa lettura dello stile Zikan, ma viene chiamata Sinrai Suru per indicare quell’occasione di

lettura ad alta voce in cui l’autore, pur presente ad una cerimonia, delega e affida la lettura dei

propri Haiku ad una voce scelta tra quelle degli amici. In onore al principio che un autore non deve

leggere personalmente i propri Haiku. Regola vincolante della lettura di una raccolta Tawani.

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Ipogenesi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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35. Ipogenesi.

È una deroga particolare al conteggio delle sillabe. Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che

supera le sillabe canoniche:

se contiene un nome proprio di persona, di cosa, di animale, di città, fiume, mare, montagna,

la cui menzione risulta davvero indispensabile;

se contiene un numero;

se contiene un termine con valore di “titolo sociale” (gentilissimo, signor, illustrissimo,

egregio, ...).

In questi casi l’autore è libero di considerare quel nome proprio o quel numero o quel titolo come

composto da un minimo di una sillaba sino ad un massimo di sillabe uguali al numero che quelle

parole effettivamente contengono.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Omogenesi.

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36. Omogenesi.

È una deroga particolare al conteggio delle sillabe. Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che

supera le sillabe canoniche se un sostantivo, che normalmente è di genere maschile, viene

trasformato in genere femminile, o viceversa, a patto che il termine trasformato non abbia già un

significato suo proprio.

In questi casi l’autore è libero di considerare quel sostantivo trasformato di genere come composto

da un minimo di una sillaba sino ad un massimo di sillabe uguali al numero che quelle parole

effettivamente contengono.

Esempio di Haiku di Pietro Tartamella con omogenesi:

fine agosto in giardina

le uova strapazzate

già si raffreddano

Pietro Tartamella

il primo verso, conteggiando le crasi, ha 7 sillabe. Ma il sostantivo maschile “giardino” è stato

trasformato in genere femminile “giardina” che in italiano non ha significato. Potendolo conteggiare

per osmosi come una sola sillaba, il verso risulta di 5 sillabe.

Esempio di sostantivi che possono essere soggetti ad omogenesi:

albero > albera

farfalla > farfallo

matita > matito

libro > libra

penna > penno

Esempio di sostantivi che non possono essere soggetti ad omogenesi in quanto in italiano hanno un

loro autonomo significato:

caso > casa

sole > sola

moto > mota

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Estetica Wabi-Sabi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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37. Estetica Wabi-Sabi.

Il Wabi e il Sabi sono concetti che riguardano la poesia Haiku.

Il Wabi è l’inatteso, il risveglio dell’attenzione. È quello stato d’animo prodotto da un qualcosa che

si profila alla nostra coscienza all’improvviso.

Il Sabi è il silenzio. È il sentimento di grande solitudine, di grande quiete, pace, illimitata calma; il

sentimento del distacco, del non possesso.

Leonard Koren è un architetto. Ha scritto un libro: “Wabi-Sabi, per artisti, designer, poeti e

filosofi”.

Facciamo nostro il suo pensiero.

Il Wabi-Sabi è la bellezza delle cose imperfette, temporanee, incompiute. È la bellezza delle cose

umili e modeste. È la bellezza delle cose insolite. Il fango, la carta, il bambù sono Wabi-Sabi e le

loro qualità intrinseche sono superiori all’oro, all’argento, ai diamanti. Nel Wabi-Sabi non esiste il

concetto di “prezioso”. Un oggetto raggiunge la concezione di Wabi-Sabi solo nel momento in cui

viene apprezzato per quello che è. Koren parla anche di “intimità”. Dice che le cose Wabi-Sabi sono

piccole e compatte, sobrie e raccolte. Come se ci facessero segno di avvicinarci, di toccarle. Ci

fanno percepire una distanza psicologica ridotta fra noi e le cose. I luoghi Wabi-Sabi sono ambienti

piccoli, appartati, intimi, che facilitano la riflessione.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ciò che è assopito.

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38. Ciò che è assopito.

L’Haiku coglie ciò che è assopito, ciò che è coperto da un velo, ciò che è avvolto dalla nebbia della

quotidianità, dalla banalità, dalla ripetizione, e lo risveglia.

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In questo luogo in questo momento. La poesia Haiku in lingua italiana.

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39. In questo luogo in questo momento.

Il poeta Matsuo Basho, per farci comprendere che cosa è l’Haiku, dice: «L’Haiku è semplicemente

ciò che sta succedendo in questo luogo, in questo momento.».

Non dimentichiamo che l’Haiku è una poesia strettamente in relazione con la meditazione Zen. La

percezione, il lampo di illuminazione dello Zen si riflettono nell’Haiku.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Qui e ora – Qui e domani?

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40. Qui e ora – Qui e domani?

Della vita di un uomo possiamo fermare un attimo, come se fosse una foto.

Ma in realtà quell’attimo della vita di un uomo non è “statico” come la foto. È qualcosa di fermo sì,

ma contemporaneamente contiene un movimento verso il futuro e un movimento che viene dal

passato, come l’acqua che scorre in un fiume, come i pezzi di un’anguilla che tagliata continuano a

muoversi anche dopo ore.

La vita dell’uomo possiamo concepirla come una retta in movimento, quindi il “qui e ora” non è

statico. Dovremmo allora dire, forse, “qui e domani” in quanto ogni attimo della nostra vita è fatto

di passato, presente e futuro “contemporaneamente”. Essere “qui e domani” vuol dire avere la

percezione di queste tre dimensioni riunite in un unico attimo, ma nel contempo separate.

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Haiku poesia trasversale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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41. Haiku poesia trasversale.

Molti Haiku scritti dai bambini e dalle persone con disabilità o handicap sono spesso superiori in

bellezza a quelli scritti dagli adulti.

Questo dimostra che l’Haiku è un tipo di poesia così particolare che può definirsi davvero

“trasversale”. Trasversale in seno alla stato sociale, alla razza, all’istruzione, all’età e ad altri

parametri con cui gli uomini amano spesso dividersi.

Per scrivere un bellissimo Haiku in sostanza non occorre essere laureati, né avere un diploma, non

occorre essere ricco, non occorre aver studiato. Solo la sensibilità morale, sonora, linguistica, la

semplicità, la concretezza, la compassione, la profondità di animo e di pensiero, il profondo

rapporto con le cose e il mondo producono un bell’Haiku.

Virtù che possono appartenere a chiunque, al contadino come all’operaio, allo studente come al

bambino, all’analfabeta come al laureato, al disabile come al politico.

L’Haiku è il tipo di poesia a cui tutti possono accedere, ma è così difficile che solo chi possiede

quelle virtù potrà scriverne di belli.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Svuotamento mentale.

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42. Svuotamento mentale.

Per cogliere l’essenza dell’Haiku, e per poter cominciare a scriverne di belli, occorre essere capaci

di realizzare uno svuotamento mentale.

Abbandonarsi, spogliarsi dei pensieri, delle idee, dei preconcetti. Saper guardare le cose per quello

che realmente sono. “Sonomama” è la parola giapponese per indicare questo concetto.

Se non ci sono sovrastrutture mentali e ideologiche, se c’è fluidità e semplicità, se siamo in uno

stato di “grazia”, che dallo svuotamento mentale deriva, se siamo davvero in “ascolto”, solo allora

riusciamo a vedere le cose nella loro essenza. Questo stato di grazia produce intorno a noi un

“grande silenzio”. Il vuoto mentale e fisico si dilatano. In quel vuoto e in quel silenzio straordinario

la percezione profonda della realtà si staglia con tutta la sua nitidezza, producendo quella

“esplosione di luce” che è il fine ultimo dell’Haiku.

Nel momento in cui l’Haiku viene “compreso” un intero poema si riversa su di noi. In quel preciso

momento ci sentiamo permeati da una grande lucidità e una grande consapevolezza. Un grande

senso di compassione ci avvolge.

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Esplosione di luce. La poesia Haiku in lingua italiana.

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43. Esplosione di luce.

Anche la lettura ad alta voce dell’Haiku riteniamo debba essere fatta col tentativo di creare le stesse

condizioni di vuoto mentale e fisico.

Silenzio rituale, scansione, lentezza, per facilitare, consentire, raggiungere, attraverso l’Haiku,

quella esplosione di luce.

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La poesia Haiku in lingua italiana. L’Haiku è letteratura?

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44. L’Haiku è letteratura?

La letteratura è l’insieme della produzione in prosa e in poesia basata su canoni estetici prodotta da

un popolo, da una cultura, in un certo momento storico. In molti paesi del mondo si riscontra la

difficoltà per l’Haiku di essere considerato letteratura.

Forse perché:

manca ancora un’articolazione e descrizione dettagliata dei suoi canoni estetici;

pochi sono ancora gli ottimi Haijin;

poca è ancora la produzione di ottimi Haiku;

scarsa qualità negli Haiku diffusi in Internet composti da principianti;

migliaia di persone deridono la precisione e i canoni estetici dell’Haiku in nome di una

ambigua libertà di espressione;

la sua collocazione nel mondo Internet come un puro gioco e passatempo;

la facilità con cui un così breve componimento può essere rubato, riciclato, ripetuto, da

renderlo in breve banale;

la mancanza di raccolte Haiku che possano aiutare a definire l’Haiku una produzione

“letteraria”.

Forse occorre prendere in considerazione l’Haiku Narrativo (vedi la raccolta “40 Haiku per una

Fiaba”, di Pietro Tartamella, che racconta in 40 Haiku la storia di Hansel e Gretel).

Forse, pur restando l’Haiku un componimento il cui significato è tutto racchiuso in se stesso,

componimento autonomo e autosufficiente, un vero poema racchiuso in soli tre versi, forse occorre

percorrere la strada narrativa, il raccontare storie utilizzando catene di Haiku.

Una sperimentazione e una produzione di opere particolari che potrebbero aiutare l’Haiku ad

entrare a pieno diritto nella letteratura.

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Un valore non solo letterario. La poesia Haiku in lingua italiana.

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45. Un valore non solo letterario.

Riteniamo che avvicinarsi all’Haiku, impegnarsi a comprenderlo, a capirne profondamente la

struttura, il valore, l’approccio mentale che occorre avere per comporne di veramente belli, significa

affrontare una sfida, cimentarsi in un gran lavoro di autodisciplina.

Soprattutto una palestra straordinaria per apprendere a separare l’essenziale dal superficiale, la

concretezza dall’inutile e dal superfluo. Raggiungere la semplicità ed esplicitare la sostanza di una

esperienza è ciò che caratterizza un Haiku. È un valore non solo letterario.

Per questo proponiamo ogni anno un “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”.

Per questo invitiamo chiunque a cimentarsi in questo genere letterario.

Per questo lo insegniamo nelle scuole, ai bambini, agli adolescenti, ai disabili.

Per questo programmiamo iniziative per diffonderlo.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Scrivere dieci Haiku.

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46. Scrivere dieci Haiku.

Il poeta Matsuo Basho diceva: «Chi in tutta la propria vita riesce a scrivere cinque buoni Haiku può

considerarsi uno scrittore di Haiku. Se riesce a scriverne dieci è un maestro di Haiku.».

È un pensiero-iperbole, ma ne condividiamo la sostanza.

Diffidiamo di coloro che scrivono migliaia di Haiku.

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Essere scrittori di Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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47. Essere scrittori di Haiku.

Il termine “Haiku” è quello che si è diffuso in tutto il mondo e che sempre di più, ogni anno, viene

conosciuto in tutto il mondo.

Si può prevedere che nel giro dei prossimi vent’anni diventerà popolarissimo; potrebbe diventare la

poesia del futuro. Ma dopo il periodo della moda: o cadrà in disuso per la produzione banalissima

che potrebbe verificarsi o assurgerà a vera letteratura.

Sono pochissimi coloro che conoscono la parola “Senryu”.

ncora di meno sono coloro che conoscono la parola “Haikai”.

Nessuno conosce la parola “Haisan” o “Sekaisan” o “Sekai”.

Da qui deriva che gli autori, sapendo che la parola conosciuta nel mondo, è la parola Haiku,

tendono a definirsi scrittori di Haiku, anche se in realtà scrivono Senryu o Sekaisan. In verità si

vuole sfruttare la popolarità dell’Haiku e fregiarsi per così dire del suo “marchio” per essere più

“riconoscibili” come autori e poter entrare con più facilità nel mondo dell’Haiku. Non solo, nel loro

immaginario l’Haiku viene considerato più prestigioso del Senryu e dell’Haikai.

Riteniamo che la strada per salvare l’Haiku da una possibile banalizzazione futura, e per farlo

entrare nella letteratura, è quella dell’esatta definizione e strutturazione della sua poetica, della

precisa definizione dei diversi prodotti simili all’Haiku, ma che Haiku non sono, oltre,

naturalmente, alla produzione di buoni Haiku.

Occorre inoltre lavorare perché si diffonda la terminologia precisa degli altri oggetti simili

all’Haiku e che ciascuno di essi abbia la propria dignità e il proprio valore. Il Senryu, l’Haikai,

l’Haiku devono avere pari dignità e di conseguenza anche i loro autori.

È difficile scrivere un buon Haiku quanto è difficile scrivere un buon Senryu e un buon Haikai.

Strategie per fare in modo che l’Haiku sia considerato letteratura:

scrivere buoni Haiku;

elaborare una poetica e una terminologia ampia, precisa, circostanziale dei fenomeni relativi

all’Haiku (contenuti e sillabe).

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La poesia Haiku in lingua italiana. La poesia esiste già.

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48. La poesia esiste già.

Condividiamo il pensiero di Jan Skachel quando dice: «La poesia esiste già, essa giace nascosta da

qualche parte da tempo immemorabile; il poeta non crea e non inventa nulla, egli semplicemente

scopre la poesia e la porta alla luce.».

I bambini, l’handicap, l’Haiku tombolato, il cut-up sembrano dimostrarci questa verità che un po’ ci

spaventa, poiché può mettere in crisi la nostra identità di “autori”.

Ecco alcuni Haiku di bambini, e di ragazzi con handicap, composti nei nostri laboratori di poesia

Haiku e affabulazione:

Ha il cappello

un pupazzo di neve.

Gocciola il naso.

Marcello (7 anni)

belli i fiori

di papà in giardino

il mio Haiku

Emilian Ratis (7 anni)

cibo nascosto

nell’armadio del pane

formiche nere

Rafis Raham (8 anni)

salta la rana

dalla foglia all’acqua

fiori che sbocciano

Carmela Dragotta – Area Handicap – Torino

emozionata

spegnere la candela

e il cielo azzurro

Germana Gottero – Area Handicap – Torino

due parole per questo ultimo Haiku. Per coglierne i molti significati occorre scandirlo con pause

diverse. Se lo leggiamo:

emozionata pausa

spegnere la candela lunga pausa

e il cielo azzurro

significa che l’autrice, in una qualche occasione di festa, probabilmente un compleanno, è

emozionata mentre spegne la candela. Uno suo sguardo va al cielo e semplicemente si rende conto

di quanto azzurro e vivo è quel cielo.

Ma se lo leggiamo con un altro ritmo:

emozionata pausa

spegnere la candela nessuna pausa

e il cielo azzurro

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La poesia esiste già. La poesia Haiku in lingua italiana.

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significa che l´autrice è emozionata mentre spegne la candela e il cielo azzurro. Cioè spegne la

candela e spegne anche, contemporaneamente, il cielo azzurro.

La domanda è: come si fa a spegnere un cielo azzurro mentre si spegne una candela con cui sto

festeggiando il mio compleanno?

C’è un solo modo sensato per spegnere un cielo azzurro in questa circostanza. Chiudere gli occhi

per l’emozione! Con gli occhi chiusi per l’emozione il cielo azzurro, per un attimo, scompare!

Come se per un attimo lo avesse spento!

Un buon Haiku, come sostiene Hans-Peter Kraus, comincia dopo che il lettore ha finito di leggere i

suoi tre versi che lo compongono.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Gianuhaiku o Haiku bifronte.

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49. Gianuhaiku o Haiku Bifronte.

Definizione di Cascina Macondo: è un componimento poetico, proposto negli anni ’70 da Pietro

Tartamella, formato da una coppia di Haiku o Senryu o Haikai strettamente connessi.

Il primo Haiku della coppia è detto “principale”, il secondo Haiku è detto “frontale”.

L’Haiku principale è formato da 5-7-5 sillabe. Caratteristica dell’Haiku frontale è quella di essere

composto con le stesse identiche lettere alfabetiche, non sillabe, che compongono l’Haiku

principale. L’Haiku frontale può non avere più la scansione di 5-7-5 sillabe.

Il secondo Haiku, quello frontale, esplora i contenuti semantici trasversali, i significati subliminali

nascosti nella sostanza sonora di cui è composto l’Haiku principale.

Ecco due Gianuhaiku di Pietro Tartamella:

Haiku principale Haiku frontale

abbandonato un tabù: Eva

un guanto sulla neve bada al mondo.

dov’è la mano? Sete allungavo, nonno.

Pietro Tartamella

già abbozzato Ogni lite schiocca

tra le ginocchia il cesto giù draghi, cigni.

raggi di giunchi A bozze ora battagli.

Pietro Tartamella

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Rakuhaiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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50. Rakuhaiku.

Dal 1997 nei laboratori di Cascina Macondo sperimentiamo la ceramica Raku.

Tre ciotole Raku, cotte il giorno della premiazione, sono il riconoscimento promesso ai primi tre

classificati del nostro “Concorso Internazionale Haiku in Lingua Italiana”.

Il Rakuhaiku è un manufatto tipico di Cascina Macondo, risultato di una sperimentazione

strettamente connessa con la poetica Haiku.

È una ciotola Raku che poggia su una mattonella o una sorta di piatto. Un Haiku interpretato con

l’arte della ceramica Raku.

Le ciotole Rakuhaiku prodotte a Cascina Macondo sono l’interpretazione di un Haiku o,

direttamente, un Haiku esse stesse, senza l’abbinamento con un testo poetico.

Se un testo esiste viene inciso sulla mattonella che accoglie la ciotola.

Il Rakuhaiku è in sostanza una particolarissima forma di Haiga tridimensionale.

Sono coinvolti i canoni estetici della poesia Haiku: semplicità, essenzialità, concentrazione, ... e i

canoni estetici del Raku: unicità, colore, forma, manufatto, ...

Haiku e Raku sono di origine giapponese.

L’artigiano entra in comunicazione ideale e profonda con l’Haijin per trasformare l’Haiku da lui

prodotto in un piccolo oggetto d’arte unico e irripetibile. È un passaggio: un testo reinterpretato,

rivisitato dalla libertà, visione, sensibilità del vasaio che lo trasforma in oggetto, forma, colore.

Un Haiku che gioisce al giorno.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Shashaijin.

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51. Shashaijin. Gioco rituale di composizione incrociata di Haiku.

Shashaijin è una cerimonia. Un incontro di poeti. Più specificamente un incontro di scrittori di

Haiku o, meglio ancora, un incontro di scrittori di Haiku Bifronte.

I primi esperimenti di Haiku Bifronte, condotti da Pietro Tartamella, risalgono agli anni ’70. Un

Haiku Bifronte, detto anche Gianuhaiku, è in sostanza un Haiku formato da una coppia di Haiku.

Prendiamo questo Haiku Bifronte di Tartamella:

Accostàti al bar Amica in bianco

si baciano manici bevi crolli di Rum.

curvi di ombrelli. Così statica.

Il primo Haiku, a sinistra, è detto Principale. È un Haiku classico, formato da tre versi

rispettivamente di 5, 7, 5 sillabe. Segue i canoni classici dell’Haiku.

Il secondo Haiku, a destra, detto Frontale, è un Haiku sempre formato da tre versi, ma le sillabe

possono non seguire più la regola classica. Caratteristica dell’Haiku Frontale è che è composto con

le stesse lettere alfabetiche del Principale, sia come quantità che come qualità. In sostanza è un

anagramma.

In qualche modo l’Haiku Frontale è legato al Principale. Ne è una conseguenza, può ampliarne o

perfezionarne il significato, può essere in contrapposizione, può costituirne una sfumatura

particolare, può contenere un ribaltamento anche sottilissimo. Uno è riflesso o specchio dell’altro.

Vengono proposti sempre insieme formando appunto il genere specifico detto Haiku Bifronte.

Shashaijin è appunto un incontro di poeti che, in forma rituale, si incontrano per comporre Haiku

Bifronte. Lo fanno in un modo particolare, sotto forma di gioco appassionato, seguendo le precise

regole della Shashaijin. “Haijin” è parola giapponese che significa “poeta”, “scrittore di Haiku”.

“Sha” è parola Dakota che significa “rosso”. Ripetuta due volte significa dunque “rosso rosso”. Ma

gli Indiani d’America, le tribù Dakota delle Grandi Pianure, per dire “molto bello” usavano dire

“Sha-Sha” = “rosso-rosso”.

Gli indiani d’America non c’entrano nulla con il Giappone. Ma quando abbiamo trovato la parola

“Shashaijin”, per definire gli incontri a Cascina Macondo di scrittori di Haiku Bifronte, abbiamo

pensato semplicemente che siamo grandi appassionati di Haiku e di Indiani d’America e i due

termini, pur appartenenti a culture così diverse, potevano benissimo coesistere per definire un gioco

nuovo. In fondo amiamo le contaminazioni. Quelle forti, profonde, quelle che ci fanno cambiare

davvero, che travalicano i confini geografici e uniscono gli uomini, tutto qui.

Un incontro di Shashaijin.

<>

Composizione degli Haiku – I partecipanti alla giornata di Shashaijin, dopo aver bevuto un caffè o

un thè, troveranno, tra gli spazi del luogo che li ospita, un angolo dove sistemarsi. Se lo desiderano,

per ispirarsi, possono anche passeggiare nel cortile, dal salice piangente al fico, dal melograno al

kiwi. Un’ora di tempo più o meno. Dovranno comporre almeno un Haiku classico. Chiameremo

questo Haiku: Principale.

<>

Trascrizione degli Haiku – Tutti i partecipanti, che hanno ormai composto uno o più Haiku

Principali classici, dovranno ora trascriverli su apposite strisce di cartoncino colorato. Sulle strisce,

linee verticali delimitano una serie di piccoli quadrati. In ogni quadrato si scriverà una sola lettera

dell’alfabeto. Tutte le lettere che costituiscono l’Haiku verranno riportate nei quadrati. Alla fine

ogni partecipante scriverà in un quadratino il proprio nome. Se qualcuno ha composto più Haiku

userà più strisce colorate, trascrivendo le relative lettere di tutti gli Haiku negli appositi quadrettini.

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Shashaijin. La poesia Haiku in lingua italiana.

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<>

Taglio del cartoncino – Ora che tutti i partecipanti alla Shashaijin hanno trascritto i loro Haiku

Principali sulle strisce di cartoncino colorato, ciascuno con un paio di forbici taglierà i quadrettini

che contengono ovviamente ciascuno una lettera. Tutti i quadrettini relativi a un Haiku vengono

mescolati e deposti in una ciotola.

<>

Nomi su un biglietto bianco – Ogni partecipante alla Shashaijin scrive su un biglietto bianco il

proprio nome. Tutti i nomi vengono raccolti in una ciotola e mescolati.

<>

Estrazione a sorte – Dalla ciotola contenente i bigliettini bianchi si estrae a sorte il nome di uno dei

partecipanti. Prima però si sarà definito a quale ciotola, contenente l’Haiku tagliuzzato, dovrà

abbinarsi il partecipante estratto. Si prosegue alla estrazione, finché ogni partecipante non è stato

abbinato a una ciotola contenente un Haiku Principale tagliuzzato.

<>

Alla ricerca dell’Haiku Frontale – Ogni partecipante dovrà ora trovare almeno un nuovo Haiku

nascosto in quelle lettere (sappiamo che quelle lettere mescolate e confuse, almeno un Haiku lo

contengono già). Ogni partecipante, trovato un Haiku Frontale, se ha ancora tempo a disposizione,

può trovarne un secondo e un terzo. Oppure può prendere un’altra ciotola contenente un altro Haiku

tagliuzzato e trovare un Frontale per quell’Haiku. Tutto il tempo a disposizione lo si trascorre

componendo.

<>

Lettura rituale degli Haiku Principali e degli Haiku Frontali – Scaduto il tempo si effettua la lettura

rituale degli Haiku Principali e quelli Frontali, che ciascuno ha trovato, in modalità Zikan.

<>

Cerimonia dell’accettazione – Seduti in cerchio l’autore dell’Haiku Principale sceglierà uno, e uno

solo, degli Haiku Frontali trovati dal compagno. Quell’Haiku sarà il Frontale del suo Haiku

Bifronte. Gli Haiku Bifronte, o Gianuhaiku, è un componimento concepito come “coppia di Haiku”

e verrà accompagnato dai nomi dell’Autore Principale e dell’Autore Frontale.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku Anarèplico o Haiku Replicante.

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52. Haiku Anarèplico o Haiku Replicante.

Sono Haiku classici formati da tre versi di 5-7-5 sillabe. Il secondo verso di sette sillabe è come se

fosse il ripieno di un sendwich. Le due fette di pane del sendwich sono i due versi uguali, 1° e 3°

verso, di 5 sillabe che lo racchiudono. Il terzo verso infatti è uguale al primo, ma è un suo

anagramma.

Gli Haiku o i Senryu Anarèplici devono essere classici: 3 versi, di 5-7-5 sillabe; devono contenere il

Kigo o il piccolo Kigo o altriKigo; devono avere il ribaltamento semantico:

a) il primo verso di un Haiku Anarèplico ha 5 sillabe;

b) il secondo verso ha 7 sillabe;

c) il terzo verso deve contenere, anagrammate, tutte le lettere alfabetiche del primo verso, ma

può avere, all’inizio, una o due sillabe in più estranee all’anagramma, o facenti parte

dell’anagramma, a patto che, per un qualsiasi fenomeno metrico, possano essere assimilate

dal verso precedente.

Il seguente Haiku Anarèplico di Pietro Tartamella:

cade la neve

sui campi che si posano

cane la vede

sarebbe stato formalmente corretto anche così:

cade la neve

sui campi che si posano

il cane la vede

l’articolo “il” viene infatti assorbito per anasinalefe dal verso precedente che termina per vocale e,

di fatto, è come se non ci fosse nel terzo verso.

Alcuni esempi di Haiku Anarèplici di Pietro Tartamella:

Meraviglioso

mare e femmine estive.

Virgole siamo.

rosso di sera

all’angolo l’ubriaco

sa dire sorso

vento d’autunno

hai quest’anno i cipressi

veduto tu nonna

ramo carico

di neve notturna porta

caro ricamo

i convolvoli

si aprono a primavera

voli col vino

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Haiku Haisizen (Haiku Natura). La poesia Haiku in lingua italiana.

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53. Haiku Haisizen (Haiku Natura).

L’Haisizen è un Haiku Fotografico (senza testo) composto da una sequenza di tre immagini

complementari (foto, quadro, dipinto, disegno).

Mitu Issyoni (tre cose insieme).

È la prima immagine.

Formata appunto da un insieme di tre elementi che si riscontrano in natura o che sono prodotti

dall’uomo.

Può essere:

Uni-Forme che contiene tre elementi uguali; esempio un trifoglio (le tre foglioline del

trifoglio), un’elica (le tre pale dell’elica).

Bi-Forme che contiene due elementi uguali: una parete con due finestre e una porta.

Tri-Forme che contiene tre elementi diversi; esempio piattino–tazzina–cucchiaino.

Kurikaesu (ripetere).

È la seconda immagine.

Contiene gli stessi elementi della prima foto, ma ripresi con una prospettiva diversa.

Kuwaeru (aggiungere).

È la terza immagine.

Viene abbinata alle prime due immagini seguendo un criterio di relazione o di opposizione che in

qualche modo acquista valore di ribaltamento semantico (esempio: trifoglio/stivale,

trifoglio/coperta, eccetera).

L’Haiku Haisizen è una elaborazione di Cascina Macondo di un’idea incontrata al Congresso

Internazionale Haiku di Vilnius (Lituania, ottobre 2009).

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La poesia Haiku in lingua italiana. Renga.

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54. Renga.

Letteralmente “Poesia a catena” o “Poesia collaborativa”.

Genere che si sviluppò a partire dal XII secolo, in un primo tempo come passatempo e

successivamente come arte.

Più poeti (in genere tre, ma poteva anche verificarsi il caso di un unico autore) componevano a

turno il “Kami No Ku” (o emistichio superiore, 5-7-5 sillabe) e lo “Shimo No Ku” (o emistichio

inferiore, 7-7 sillabe), fino a formare un Renga di anche cento “Ku”.

La prima stanza del Renga, l’Hokku, è l’antesignano del moderno Haiku.

L’ultimo verso, l’Ageku, ha qualche riferimento o ha un legame con l’Hokku.

L’Hokku fu rinominato Haiku nel periodo Meiji dal grande poeta e critico giapponese Masaoka

Shiki, che propose Haiku come abbreviazione della frase “Haikai No Ku”, che significa “verso di

Haikai”.

Nel Renga non c’è un ordine cronologico o narrativo; è come una conversazione accennata tra più

persone collegate; lo scopo è mostrare cosa succede tra le connessioni.

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Rengay. La poesia Haiku in lingua italiana.

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55. Rengay.

Il “Rengay” è la variante nordamericana del Renga o Renku, la classica poesia a catena; inventato

nel 1992 da Garry Gay, consiste di sei stanze scritte da due o tre poeti usando uno schema di Haiku

a tre e due righe (5-7-5 / 7-7 sillabe).

A differenza del Renga o Renku tutte e sei le stanze sviluppano un unico tema e considerano solo

una stagione.

Nel caso della partecipazione di due poeti la struttura sarà: A3-B2-A3-B3-A2-B3; con tre poeti la

struttura sarà: A3-B2-C3-A2-B3-C2.

Per la sua brevità, il Rengay si ricorda più facilmente ed è più agevolmente pubblicabile.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Renku.

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56. Renku.

Renga moderno nello stile di Matsuo Basho.

“Renku” significa “versi collegati”; è la forma giapponese di poesia popolare collaborativa e

collegata, nota come “Haikai No Renga”; deriva dall’antica forma poetica tradizionale dell’“Ushin

Renga” o verso collegato collaborativo ortodosso.

Il Renga tradizionale era un’attività di gruppo in cui ogni partecipante mostrava il proprio spirito

componendo un verso in risposta al verso precedente e più la relazione tra i due versi era

interessante più l’abilità del poeta era tenuta in riguardo; nell’“Haikai No Renga” lo spirito

umoristico che nasce dalla combinazione di elementi disparati si combina con elementi poetici

tradizionali.

I formati sono diversi dal Renga, che può arrivare a 100 stanze; nel Renku si arriva al massimo a 36

stanze. Come nel Renga vi è una stanza introduttiva, Hokku, e una finale, Ageku.

Renku e Renga tradizionalmente si riferiscono alla stagione in cui vengono scritti, al luogo e alle

circostanze della composizione; si possono avere altri riferimenti (esempio: luna, fiori, ...). Non

hanno un tema esplicito, come nel Rengay.

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Kasen. La poesia Haiku in lingua italiana.

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57. Kasen.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 36 strofe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Hankasen.

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58. Hankasen.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 16 strofe.

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Nijuin. La poesia Haiku in lingua italiana.

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59. Nijuin.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku, proposto dai poeti contemporanei Higashi

Meiga e Shimobachi Kiyoko, formato da 20 strofe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Fuci.

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60. Fuci.

Componimento collettivo moderno, proposto da Pietro Tartamella di Cascina Macondo, formato da

22 Haiku.

Il Fuci è un particolare componimento poetico formato da 22 Haiku.

Il suo nome viene da “fuco”, il maschio delle api, che ha dimensioni più tozze e occhi più grandi

delle api femmine. Il termine è stato “genitivizzato” in modo da conservare lo stesso suono al

singolare e al plurale. La genitivizzazione rende il nome più morbido, lo ingentilisce, lo

femminilizza, dandogli una reminiscenza giapponese.

In Giappone scrivere poesie collettive è sempre stata una pratica diffusa e ricercata. I poeti si

incontravano, e si incontrano, in riunioni e ritiri per scrivere componimenti collettivi formati da più

strofe. Il Renga tradizionale era formato normalmente da 100 strofe (ma anche di più) connesse tra

loro da una unità drammatica, non da una unità narrativa.

Il poeta Matsuo Basho (1644 – 1694), fissando le regole del Renga, lo aveva circoscritto a 36 strofe.

Il poeta Masaoka Shiki (1867 – 1902), iniziatore della poesia moderna giapponese, sostenne che il

Renga era antiquato. Propose di scrivere solo singoli Hokku chiamati Haiku. Negli anni trenta, poco

prima della guerra, un movimento di poeti, opponendosi al pensiero di Masaoka Shiki, ripropone il

Renga, con il nome di Renku, apportando modifiche e nuove sensibilità.

Il Renku moderno può avere lunghezze differenti: Kasen formato da 36 strofe, Hankasen formato

da18 strofe. Poeti contemporanei come Higashi Meiga e Shimobachi Kiyoko, hanno proposto il

Nijuin componimento di 20 strofe. Pietro Tartamella e i poeti Haijin che frequentano Cascina

Macondo propongono, dal mese di maggio dell’anno 2005, il Fuci, un componimento di 22 Haiku.

Se si collegano tra loro i 22 Haiku che compongono il Fuci seguendo il loro percorso generativo si

ottiene una “figura” che ricorda la struttura della molecola, i cristalli, il fiocco di neve, l’atomo,

l’occhio e il favo delle api. Graficamente il Fuci è un poligono con dodici lati.

Il Fuci è diverso dall’Haiku Correlato. Nell’Haiku Correlato vi è un filo conduttore narrativo,

logico-sequenziale. Nel Fuci la connessione fra i 22 Haiku non è narrativa, ma solo tassellare. I 22

Haiku sono “tasselli di esperienza a catena” partite dal primo Haiku, detto Hokku, o dal Prèprimo. Il

primo Haiku genera il secondo e il terzo Haiku. Dal secondo Haiku verranno generati altri due

Haiku i quali a loro volta ne genereranno ciascuno altri due e così di nuovo a partire dal terzo Haiku

che genererà altri due Haiku che a loro volta stimoleranno la composizione ciascuno di altri due

Haiku, fino a raggiungere 22 Haiku. Il percorso, raggiunto l’apice, con la stessa struttura comincia a

chiudersi, finché non si scriverà l’ultimo Haiku, detto Ageku, che chiude il Fuci.

L’ottavo Haiku deve essere un Senryu (Haiku senza stagione)

Il quindicesimo Haiku deve essere un Senryu (Haiku senza stagione)

Il dodicesimo Haiku deve contenere lo stato d’animo Karumi (leggerezza, tenerezza, piccolo

sorriso, piccola ironia, innocenza).

Il primo Haiku (Hokku) viene scritto normalmente dal Sabaki (il Gran Cerimoniere, conduttore del

gioco), ma può essere affidato dal Sabaki a un ospite anziano o comunque ritenuto importante e

degno di stima (Waki).

A seconda della stagione che comparirà nel primo Haiku gli autori partecipanti dovranno far seguire

le altre stagioni secondo l’ordine con cui si alternano in natura.

Gli Haiku numeri 1, 2, 3 (meridiano dell’Hokku) devono contenere lo stesso Kigo (stagione).

Gli Haiku numeri 4, 5, 6, 7 (meridiano moschettiere istrolobale) avranno la stessa stagione (quella

che segue in natura).

L’Haiku numero 8 (meridiano interlobale) sarà un Senryu (senza stagione).

Gli Haiku numeri 9, 10, 11, 12, 13, 14, (meridiano interlobale) avranno la stessa stagione (sempre

seguendo l’ordine naturale).

L’Haiku numero 12 avrà lo stato d’animo Karumi (la leggerezza).

L’Haiku numero 15 (meridiano interlobale) sarà un Senryu (senza stagione).

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Fuci. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Gli Haiku numeri 16, 17, 18, 19 (meridiano moschettiere estrolobale) avranno la stessa stagione.

Gli Haiku numeri 20, 21, 22 (meridiano dell’Ageku) avranno la stessa stagione degli Haiku 1, 2, 3

con cui è iniziato il Fuci.

Ecco la struttura formale del Fuci:

60.1. Struttura formale del Fuci.

Rappresentazione grafica della struttura del Fuci.

Si passerà da un Haiku all’altro seguendo una suggestione contenuta nell’Haiku precedente. Un

colore, un sentimento, un oggetto, un’atmosfera verranno ripresi, per similitudine o per

opposizione, dipanando un “discorso” o meglio un “viaggio” non basato sulla logica, ma su una

sequenza di immagini tassellati che sono state evocate da immagini precedenti.

Il punto di partenza del Fuci può essere il primo Haiku stesso, ma anche una fotografia, un luogo,

un paesaggio, una fontana, un albero, una pietra preziosa, un oggetto particolare. In questo caso

l’oggetto si chiamerà Prèprimo. In mancanza di un oggetto il primo Haiku, detto Hokku,

corrisponderà al Prèprimo.

Il Fuci racconterà il “viaggio”, per accostamento di immagini e suggestioni, che il punto di partenza

avrà suscitato negli autori partecipanti alla sessione creativa di scrittura del Fuci. Il Fuci è un

componimento collettivo, rituale. I poeti partecipanti formano una vera “squadra”. A ciascuno di

essi il Sabaki (gran cerimoniere, il conduttore del gioco) attribuirà le postazioni degli Haiku che

dovranno essere composti con precise avvertenze. I poeti conoscono solo gli Haiku da cui dovranno

generare il proprio. Solo alla fine del gioco tutti i partecipanti conosceranno l’intero componimento

nell’ordinata sequenza dei cinque percorsi di lettura tipici del Fuci. Quando il componimento verrà

stampato sarà composto da una sequenza di 50 Haiku alcuni dei quali vengono ripetuti più volte.

60.2. Struttura formale del Fuci. Cinque sono i tipi di Fuci a seconda di quanti Haiku scrive ogni singolo partecipante:

Fuci Autorale – Haiku scritti da ogni autore: 22 – autori partecipanti: 1. Poco usato, perché

l’essenza del Fuci è quella di essere un componimento collettivo e rituale

Fuci Monale – Haiku scritti da ogni autore: 1 – autori partecipanti: 22. È il Fuci che

coinvolge nel rituale il maggior numero di poeti.

Fuci Àmbico – Haiku scritti da ogni autore: 2 – autori partecipanti: 11.

Fuci Ternale – Haiku scritti da ogni autore: 3 – autori partecipanti: 7. È quello in cui si

realizza al meglio lo spirito del Fuci. Sette autori entrano con tre Haiku ciascuno nel gioco

del Fuci potendolo così penetrare in modo globale e profondo. Un autore, il Sabaki, scrive

quattro Haiku (l’Hokku e l’Ageku). Il Sabaki, gran cerimoniere e conduttore del gioco, può

riservare a se stesso l’Haiku di apertura (Hokku) e quello di chiusura (Ageku) e decidere il

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La poesia Haiku in lingua italiana. Fuci.

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Prèprimo. Il Sabaki può affidare l’onore dell’apertura del Fuci o la chiusura o la scelta del

Prèprimo a un Waki, un poeta anziano, qualcuno tenuto in particolare considerazione o

all’ospite.

Fuci settenale – Haiku scritti da ogni autore: 7 – autori partecipanti: 3. Tre autori scrivono

ciascuno sette Haiku. Un autore ne scriverà otto, di solito il Sabaki che chiuderà il Fuci con

il 22° Haiku. Il Sabaki, gran cerimoniere e conduttore del gioco, può riservare a se stesso

l’Haiku di apertura (Hokku) e quello di chiusura (Ageku) e decidere il Prèprimo. Il Sabaki

può affidare l’onore dell’apertura del Fuci o la chiusura o la scelta del Prèprimo a un Waki,

un poeta anziano, qualcuno tenuto in particolare considerazione o all’ospite.

60.3. Cinque percorsi di lettura del Fuci. Cinque sono i percorsi di lettura del Fuci che seguono il seguente ordine:

1° percorso Periferico Nord – vengono letti 7 Haiku corrispondenti ai numeri 1-2-4-8-16-20-

22;

2° percorso Periferico Sud – vengono letti 7 Haiku corrispondenti ai numeri 1-3-7-15-19-21-

22;

3° percorso Saettale Nord – vengono letti 7 Haiku corrispondenti ai numeri 1-2-5-10-17-20-

22;

4° percorso Saettale Sud – vengono letti 7 Haiku corrispondenti ai numeri 1-3-6-13-18-21-

22;

5° percorso Generativo – vengono letti in sequenza i 22 Haiku corrispondenti ai numeri 1-2-

3-4-5-6-7-8-9-10-11-12-13-14-15-16-17-18-19-20-21-22.

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Haiku Tombolato. La poesia Haiku in lingua italiana.

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61. Haiku Tombolato.

Haiku generato per cut-up, dove la casualità seleziona i tre versi del componimento pescandoli a

caso da un elenco, nascosto o visibile, di versi a disposizione.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haiku Cartesiano o Ortohaiku.

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62. Haiku Cartesiano o Ortohaiku.

Haiga particolare che mostra di un Haiku la propria specifica anima interna, producendo un

disegno, un grafico cartesiano unico e autoreferente, una sorta di “traslazione grafica del

componimento”, uno “spettro euclideo” che lo rappresenta visivamente.

Haiku Cartesiano o Ortohaiku.

Sugli assi cartesiani sono riportate le lettere dell’alfabeto. Si riportano le lettere alfabetiche

dell’Haiku sulla griglia.

Unendo i punti si ottiene una delimitazione dello spazio, un disegno, una “forma” sempre diversa

per ciascun Haiku. Un Haiga particolare che rappresenta l’Haiku.

L’occhio che legge Haiku stampati tende a correre. Intravedendo l’Haiku successivo già lo decifra.

Svanisce così la pausa necessaria ad ogni Haiku. Ogni Haiku ha bisogno di uno spazio intorno, di

un vuoto, in cui stagliarsi. Sono immagini concentrate pronte ad esplodere, ora con un balzo, ora

con un tuffo di luce. Piccoli suoni per dilatare il tempo e per fermarlo un po’.

L’Ortohaiku è un esperimento suggerito dalla necessità della “lentezza”, un tentativo di risolvere il

meccanismo dell’accelerazione durante l’atto della lettura. Con l’Ortohaiku gli occhi devono

decodificare non parola per parola, ma addirittura lettera per lettera. In questo modo nella mente va

costruendosi lentamente il significato, la sequenza delle immagini contenute nel testo, con la

percezione contemporanea della sua forma geometrica haigale.

(Per citare una curiosità ricordiamo che gli studi sulla poesia cartesiana e sull’Hortohaiku costarono

a Tartamella, negli anni ’70, il licenziamento dall’ufficio tecnico in cui aveva da poco trovato

lavoro. Al tempo in cui era ancora studente all’università si occupava di calcoli sul riscaldamento

degli edifici presso lo studio di un noto ingegnere di Torino. A Tartamella non sembrava vero poter

avere a disposizione un tecnigrafo! L’ingegnere gli aveva dato con piacere il permesso di fermarsi

in ufficio dopo l’orario di lavoro per fare i suoi esperimenti cartesiani. Un giorno Tartamella invitò

Anna, allora sua fidanzata e oggi sua moglie, a salire al terzo piano per mostrarle i suoi esperimenti.

La cosa non fu apprezzata dall’ingegnere in quanto Tartamella «aveva portato nello studio una

persona estranea». E fu licenziato.

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Haikuhana (Haiku Narrativo o Haiku Correlato). La poesia Haiku in lingua italiana.

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63. Haikuhana (Haiku Narrativo o Haiku

Correlato). Una storia narrata con una serie di Haiku messi in sequenza.

Già i poeti Matsuo Basho, Kobayashi Issa, Masaoka Shiki sostenevano che l’Haiku non fa parte del

poema, ma è il poema stesso; con ciò intendendo che l’Haiku esprime un universo semantico

concentrato in tre versi ed è autonomo, concluso, un poema finito. «Non fa parte del poema, non è

un mezzo, ma un fine, è il poema stesso.».

Siamo d’accordo su questo concetto. Ma alcune riflessioni ci aprono una strada nuova. Ci portano a

sperimentare l’Haiku Correlato o Haiku Narrativo.

Prendiamo questo Haiku di Matsuo Basho:

Sul ramo spoglio

un corvo che si posa.

Sera d’autunno.

È un vero e proprio poema, un intero universo autonomo.

Prendiamo un altro Haiku di Matsuo Basho:

Nel vecchio stagno

una rana si tuffa.

Rumore d’acqua.

Anche questo Haiku ha le stesse caratteristiche di finitezza e completezza, un poema intero

autonomo.

Ma se leggiamo questi due Haiku di Matsuo Basho di seguito essi diventano:

Sul ramo spoglio

un corvo che si posa.

Sera d’autunno.

Nel vecchio stagno

una rana si tuffa.

Rumore d’acqua.

In sequenza essi descrivono un qualcosa che accade. In qualche modo diventano correlati, come

facenti parte di un tutto. Non appaiono più “assolutamente finiti”, ma “relativamente finiti”. Sono

singoli poemi che in sequenza “raccontano”. Diventano narrativi.

Così come sulla retina dell’occhio permane per un certo periodo di tempo una immagine, potremmo

supporre analogamente l’esistenza di una “retina mentale”. Un pensiero rimane per un certo periodo

di tempo nella nostra memoria. Se ad esso si fa seguire un altro pensiero la nostra mente trova delle

connessioni e delle sequenzialità.

Questo accade ogni volta che leggiamo un libro di Haiku, in quanto gli Haiku sono disposti

fisicamente sulla pagina uno dietro l’altro. La possibilità che diventino, anche involontariamente,

parte di un tutto è più che normale. È quasi automatico. È un processo della nostra mente.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Haikuhana (Haiku Narrativo o Haiku Correlato).

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Dovremmo pubblicare libri di Haiku che contengono un solo Haiku, e leggerne uno all’anno, per

poter sottrarre l’Haiku a questo processo mentale di correlazione. Ma allora si può pensare

all’ipotesi di “raccontare una storia” attraverso una sequenza intenzionale di Haiku.

È una operazione che effettivamente sminuisce il valore e la potenza espressiva dell’Haiku in

quanto da “poema” viene ridotto a “parte del poema”. Ma è un esperimento, perché non provare?

Ecco allora una storia sperimentale: la storia di Hansel e Gretel, raccontata da Pietro Tartamella con

una sequenza di 40 Haiku.

Riportiamo l’inizio:

una famiglia

nel fitto bosco sola

di notte ombre

non c’è più pane

il padre curvo piange

rami piegati

sente la madre

i morsi della fame

oscurità

donna che sbrani

con l’ombre, non puoi farlo!

duro il cuore

i bimbi hanno

origliato l’inganno

il lume spento

abbandonati

i figli alla morte

raggi di luna

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Onghaiku Percussivo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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64. Onghaiku Percussivo.

Haiku sonoro con metodologia solo percussiva.

Un Haiga particolare. Un insieme di oggetti della vita quotidiana (pentole, posate, campane delle

mucche, coperchi, falci, bicchieri, ...) che emettono suoni diversi. A ciascun suono corrisponde una

lettera dell’alfabeto. L’Haiku può essere decodificato in base ai suoni.

È simile all’Ortohaiku che viene però decodificato in base alla posizione delle lettere nello spazio

cartesiano.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Senryu.

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65. Senryu.

Il Senryu è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà,

ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici

stati d’animo, che non contiene il riferimento a una stagione (Kigo) o a una parte del giorno

(Piccolo Kigo), che generalmente parla degli uomini e dei rapporti sociali; strutturalmente formato

da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un

ribaltamento semantico.

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Senryu Gestazionale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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66. Senryu Gestazionale.

Il Senryu Gestazionale è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non

giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora

permeato di specifici stati d’animo, che non contiene il riferimento a una stagione o a una parte del

giorno, che generalmente parla degli uomini e dei rapporti sociali, che in verità inizia quando il

lettore ha finito di leggerlo; strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura

rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Senryu Fotogrammatico.

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67. Senryu Fotogrammatico.

Il Senryu Fotogrammatico è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non

giudica la realtà, ma la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora

permeato di specifici stati d’animo, che non contiene il riferimento a una stagione o a una parte del

giorno, che parla generalmente degli uomini e dei rapporti sociali, teso a produrre nel lettore una

pura contemplazione; strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di

5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento semantico.

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Haikai. La poesia Haiku in lingua italiana.

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68. Haikai.

L’Haikai è un componimento di origine giapponese, senza titolo, che fotografa un attimo, un

momento intenso della realtà permeato da evidente umorismo, comicità, demenzialità, non-sense;

strutturalmente formato da tre stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro

cui si verifica un ribaltamento semantico. Può o non contenere un riferimento a una stagione (Kigo)

o a una parte del giorno (Piccolo Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo (Kigo Temporis).

Non bisogna confonderlo con l’Haiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la

leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera,

fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica).

Nell’Haikai la connotazione umoristica è decisamente marcata.

Il seguente componimento è un Senryu pervaso dal sentimento Karumi:

mio malgrado

ho pisciato qualche volta

nel lavandino

Pietro Tartamella

Il seguente componimento è invece un Haikai con connotazione decisamente comica:

Mordo la mela

e subito me ne accorgo:

c’è mezzo verme!

Pietro Tartamella

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La poesia Haiku in lingua italiana. Tipologie correlate all’Haiku.

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69. Tipologie correlate all’Haiku.

Haibun.

È un componimento poetico costituito da parti in prosa intercalati da Haiku o Senryu. In genere è il

resoconto di un viaggio. Il testo in prosa è asciutto, essenziale, semplice. Gli Haiku che lo

intercalano non sono il riassunto di ciò che è stato scritto in prosa, ma aggiungono altri significati e

lo completano. Famosi gli Haibun del poeta Matsuo Basho.

Haiga.

È ogni composizione poetica (Haiku, Senryu, Haikai) abbinata ad una immagine. L’immagine può

essere una fotografia, un disegno, una pittura, un pittogramma, un frattale, un film e qualsiasi altro

genere di “immagine”.

Senryuhana (Senryu Narrativo).

È una storia narrata da una serie di Senryu messi in sequenza.

Hanahaikai (Haikai Narrativo).

È una storia narrata da una serie di Haikai messi in sequenza.

Hanahaisan (Haisan Narrativo).

È una storia narrata da una serie di componimenti messi in sequenza, ciascuno di tre versi con

quantità libera di sillabe.

Sekaisanhana.

È una storia narrata da una serie di componimenti messi in sequenza, formati genericamente di tre

versi di ogni tipo (Sekaisan).

Haibunsekai.

È genericamente il resoconto di un viaggio con prosa intercalata da Sekaisan (componimenti

generici di tre versi).

Haibunsen.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da Senryu.

Haibunkai.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da Haikai (comici).

Haibunsan.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da Haisan.

Haibunsakaisan.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da Sekaisan (componimenti di 3 versi di ogni

tipo).

Haibunhaigo.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di Haigo (5-5-5 sillabe).

Haibunhaigananatu.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di Hainanatu (7-7-7 sillabe).

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Tipologie correlate all’Haiku. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Haibunsansan.

È un resoconto di un viaggio con prosa intercalata da ogni tipo di Haisansan (3-7-3 sillabe).

Haikaisen.

È un componimento decisamente umoristico di tre versi di 5-7-5 sillabe, non contiene il Kigo o il

Piccolo Kigo.

Haisan.

È un componimento lirico di tre versi con quantità libera di sillabe, può contenere il Kigo o il

Piccolo Kigo e può non contenerli.

Haisansen.

È un componimento lirico di tre versi con quantità libera di sillabe, non contiene il Kigo o il Piccolo

Kigo.

Haikaisanha.

È un componimento decisamente umoristico di tre versi con quantità libera di sillabe, contiene il

Kigo o il Piccolo Kigo.

Haikaisansen.

È un componimento decisamente umoristico di tre versi con quantità libera di sillabe, non contiene

il Kigo o il Piccolo Kigo.

Haiga.

È una immagine abbinata ad un componimento lirico di tre versi di 5-7-5 sillabe, contiene il Kigo o

il Piccolo Kigo (immagine + Haiku).

Haigasekai.

È una immagine abbinata ad un componimento generico di tre versi.

Haigasen.

È una immagine abbinata ad un componimento lirico di tre versi di 5-7-5 sillabe, non contiene il

Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + Senryu).

Haigakai.

È una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico di tre versi di 5-7-5 sillabe,

contiene il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + Haikai).

Haigakaisen.

È una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico di tre versi di 5-7-5 sillabe,

non contiene il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + Haikaisen).

Haigasanha.

È una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico di tre versi con quantità

libera di sillabe, contiene il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + Haikaisanha).

Haigakaisansen.

È una immagine abbinata ad un componimento decisamente umoristico di tre versi con quantità

libera di sillabe, non contiene il Kigo o il Piccolo Kigo (immagine + Haikaisansen).

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La poesia Haiku in lingua italiana. Tipologie correlate all’Haiku.

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Haigasansan.

È una immagine abbinata a un Haisansan (3-7-3 sillabe).

Haigago.

È una immagine abbinata a un Haigo (5-5-5 sillabe).

Haigananatu.

È una immagine abbinata a un Hananatu (7-5-7 sillabe).

Haiganagai.

È una immagine abbinata a un Hainagai (7-7-7 sillabe).

Hanasi Sekaisan.

È una storia narrata con una sequenza di componimenti, genericamente formati da tre versi.

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Tipologie di Sekaisan. La poesia Haiku in lingua italiana.

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70. Tipologie di Sekaisan.

Haisansan.

Componimento di tre versi con 3-7-3 sillabe; può avere il Kigo o il Piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico, comico, demenziale.

Haigo.

Componimento di tre versi con 5-5-5 sillabe; può avere il Kigo o il Piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico o comico o demenziale.

Hainigo.

Componimento di tre versi con 5-5-7 sillabe; può avere il Kigo o il Piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico o comico o demenziale.

Hainisiti.

Componimento di tre versi con 5-7-7 sillabe; può avere il Kigo o il Piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico o comico o demenziale.

Hainanatu.

Componimento di tre versi con 7-5-7 sillabe; può avere il Kigo o il Piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico o comico o demenziale.

Hainagai.

Componimento di tre versi con 7-7-7 sillabe; può avere il Kigo o il piccolo Kigo, può non averlo;

può essere lirico o comico o demenziale.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Dizionarietto.

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71. Dizionarietto.

Kessha.

Anche dopo la nascita dell’Haiku, la tradizione di fare un circolo con un maestro-poeta o una

maestra-poetessa è proseguita. Questi circoli si chiamano Kessha.

«In Giappone, definiamo l’Haiku “una letteratura delle riunioni” o “la letteratura delle riunioni” e

dello spirito solitario.» (Junko Saeko).

Tanka.

Forma poetica giapponese di 31 morae (unità di suono, in italiano assimilabili alla sillaba) disposte

in 5 versi di 5-7-5-7-7 morae ognuno.

Questo tipo di Waka (“poesia giapponese”) nasce nel V secolo d.C.; il Man‘yōshū (“Raccolta di

10.000 foglie”), la prima vera raccolta di poesie che data VIII secolo d.C., ne contiene 4200.

In epoca moderna, Tanka fu il termine per Waka, per distinguerla dalle poesie in stile cinese

(Kanshi) e dalle poesie lunghe (Chôka: 5757...577 morae).

Dopo il Man‘yōshū, Tanka e Waka divennero sinonimi. A partire dal XIII secolo le prime tre righe

del Tanka (composto da: “Kami no ku” = “strofa superiore” e “Shimo no ku” = “strofa inferiore”)

vengono usate dai poeti per comporre Haikai e nel XVII secolo Haiku.

Sekaisanjin (o semplicemente Sekaijin).

Scrittore di poesie di soli tre versi.

Haijin.

Scrittore di Haiku.

Senryujin.

Scrittore di Senryu.

Haikaijin.

Scrittore di Haikai.

Haigaijin.

Produttore di Haiga.

Kireji – Kana.

Il Kireji e il Kana nell’uso giapponese sono una manciata di sillabe che si mettono nell’Haiku al

solo scopo di creare una pausa, una vaga attesa (Kireji = esclamazione di stacco; Kana =

esclamazione conclusiva che crea un’atmosfera). Sono parole senza un vero significato, quasi segni

di interpunzione con aspetto fonico che a volte sono portatori di una emozione. Una sospensione

suggestiva che crea un vuoto nella percezione. Nella lingua italiana non esiste una corrispondenza

con il Kireji e il Kana. Una vaga somiglianza possono essere i nostri segni di interpunzione, come il

trattino. Vedasi il seguente Haiku di Fabrizio Virgili:

Sazia di grano

– un ramo la nasconde –

ride la lepre.

Fabrizio Virgili

Kireji significa letteralmente “il termine che taglia”, ossia che sospende il discorso poetico, creando

una pausa. In inglese, l’espressione tradotta corrispondente è “cutting-word”. Non esiste un

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Dizionarietto. La poesia Haiku in lingua italiana.

114

equivalente preciso e comune nelle lingue occidentali. Noi lo abbiamo risolto, e anche in seguito lo

renderemo, con un trattino, che ha la funzione di invitare il lettore a trovare un legame tra le due

parti del poemetto. “Ya” è il “Kireji” più usato a metà verso, mentre, in posizione di chiusura, si

possono trovare “Kana”, “Kamo” e “Yo”.

Kuyu.

Amico, simpatizzante dei componimenti Haiku.

Kyōkai.

“Associazione”, “Società”.

Kaitei.

Periodico giapponese di Haiku, fondato nel 1962 da Kaneko Tohta (1919 – ) presidente onorario

della Modern Haiku Association, in opposizione a Masaoka Shiki e al Renga, può avere la forma

del Kasen o dell’Hankasen.

Inui.

Masayuki Inui, il cui “nom-de-plume” è Ban’ya Natsuishi. Masayuki Inui, nato ad Aioi (Giappone)

nel 1955, si è laureato a Tokyo e lavora come docente alla Meiji University. Nel 1998 ha fondato la

rivista “Ginyu” con Sayumi Kamakura. Nel 2000 ha fondato la World Haiku Association con Jim

Kacian e Dimitar Anakiev. Ha partecipato a molti convegni internazionali Haiku e organizzato

conferenze WHA e il Tokyo Poetry Festival nel 2008. È direttore della Modern Haiku Association

(Giappone). Ha pubblicato molte raccolte di Haiku e diversi testi relativi a questa forma poetica.

Vive a Fujimi, presso Tokyo.

Sayumi.

Sayumi Kamakura, nata nel 1953 nella prefettura di Kochi, in Giappone. Ha iniziato a scrivere

Haiku all’università e ha studiato sotto la guida di Toshiro Nomura e Sho Hayashi. Nel 1988 ha

vinto l’Oki Sango Prize per lo stile lirico dei suoi Haiku. Nel 1998 ha fondato la rivista “Ginyu” con

Ban’ya Natsuishi. Nel 2001 ha vinto il Modern Haiku Association Prize. Ha pubblicato cinque

raccolte di Haiku e curato tre antologie. I suoi Haiku sono stati tradotti in Inglese, Greco, Russo,

Bulgaro, Portoghese e Coreano. È membro e tesoriere della World Haiku Association.

semi d’erba

in volo per scoprire

il cielo chiaro

appena il cielo

lo richiede i boccioli

fioriscono

vieni, Maggio!

senza insudiciare

il nostro mondo

la sua voce

rubata dal chiar di luna

il gatto bianco

Saijiki.

Dizionario dei termini relativi ai Kigo.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Parte II – Sillabe e metrica nell’Haiku in lingua italiana.

115

72. Prospetto riepilogativo della poetica Haiku.

Il prospetto seguente intende raggruppare, in un’unica visione d’insieme, tutte le tipologie della

poetica Haiku, in relazione alle diverse caratteristiche.

Tipologie della poetica Haiku.

Tipologia

Numero

dei

versi

3

Sillabazione

5-7-5

Presenza

del

Kigo

Presenza

del

ribaltamento

semantico

Presenza

degli

stati

d’animo

principali

Nota

Haiku Sì Sì Sì Sì Sì -

Mukigo

Senryu Sì Sì No Sì No

Se tratta degli uomini:

allora Senryu,

altrimenti Mukigo.

Haikai Sì Sì Sì/No Sì No Connotazione

umoristica.

Haisan

Sekai

Sekaisan

Sì No Sì/No No No -

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La poesia Haiku in lingua italiana. Parte II – Sillabe e metrica nell’Haiku in lingua italiana.

117

Parte II – Sillabe e metrica nell’Haiku in

lingua italiana.

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Premessa II La poesia Haiku in lingua italiana.

118

Premessa II

Bisogna dire che consultando diversi libri di linguistica, enciclopedie, grammatiche, libri di

ortoepia, dizionari, vocabolari, siti internet abbiamo trovato informazioni discordanti sulla divisione

in sillabe delle parole in lingua italiana. Sono molte infatti le teorie della sillaba e della

sillabificazione.

La sillaba come unità linguistica è ritenuta importante dai fonologi del Ritmo e dell’Intonazione

(Nespor e Vogel), i quali sostengono che la sillaba è l’elemento centrale dei principali fenomeni

prosodici. Gli psicolinguisti (Cutler) sostengono che la sillaba può essere considerata, con buona

probabilità, l’unità linguistica minima capace di attivare il processo di accesso al lessico mentale e

di essere il punto di riferimento nel processo di segmentazione della catena parlata. Gli “ingegneri

del parlato” (Greenberg) rilevano la difficoltà di riconoscere nella sillaba l’unità minima linguistica,

in quanto nel “continuum parlato e recitativo” è molto condizionata dagli effetti della

coarticolazione.

La sillaba viene definita da molti ricercatori sulla base delle proprietà specifiche della respirazione,

dei vincoli cinetici dell’apparato fonatorio e della necessità di rispettare i principi di economia e

massima distinguibilità anche in termini funzionali. La sillaba sarebbe individuata dalla successione

di movimenti articolatori; i suoi confini si determinerebbero al passaggio da un movimento

muscolare di rilascio ad un movimento muscolare di tensione.

Saussure Trubeckoj descrive la sillaba come possibile verità prosodica sostenendo che le

caratteristiche prosodiche non sono proprie delle vocali in quanto tali, ma delle sillabe. O’ Connor e

Trim propongono, per la definizione dei confini sillabici, un criterio statistico. Ma ogni possibile

definizione di sillaba fondata su norme biologiche, respiratorie, articolatorie, incontra esempi che

possono contraddirla.

L’analisi acustica mostra che ci sono, in tutte le lingue, picchi di intensità sonora in porzioni di

segnali che coincidono sempre con il centro delle vocali e picchi minimi, anche se con minore

regolarità, che tendono a coincidere con le consonanti. L’analisi acustica sembra suggerire una

definizione di sillaba corrispondente a una porzione di segnale che comprende un picco d’intensità

delimitato, nel tempo, a destra e a sinistra, da due minimi d’intensità.

Uno studio sperimentale di analisi acustica per la progettazione di un algoritmo volto alla

realizzazione di un programma di segmentazione automatica, condotto da Cutugno-Passaro-Petrillo,

ha rivelato per esempio, in contraddizione con le regole grammaticali della sillabificazione italiana,

che molte sono le occorrenze in cui il picco di intensità sonora (la sillaba) composta da geminate,

indipendentemente dal tipo di consonante, non viene divisa, ma si colloca in testa di sillaba (te-tto,

ca-se-tta, pa-lla, ga-lo-ppo). Molte sono anche le occorrenze in cui il nesso S + Consonante risulta

essere eterosillabico (tes-to, res-to, cos-par-ge-re, as-tio).

Per orientarci in questo fitto labirinto di informazioni ed opinioni diverse siamo stati costretti a fare

delle scelte, a volte anche ardite, al fine di dare indicazioni univoche sul conteggio delle sillabe

negli Haiku, Corbelli, Haibun, Senryu, Haiga, Haikay, Tanka, Fuci, Nijuin, Renga, Rengay, Sijo,

Ljodahattur e in genere nelle poesie e nei componimenti che hanno una piccola quantità di sillabe a

disposizione, di cui normalmente ci occupiamo.

Le 17 sillabe dell’Haiku ci è sembrato opportuno poterle conteggiare con molta elasticità al fine di

avere un più ampio margine di possibilità e soluzioni tecniche, sempre motivate, per l’Haiku. Il

presente “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana”, redatto da Cascina Macondo,

rappresenta il nostro documento “ufficiale” cui fare riferimento per la composizione di Haiku in

lingua italiana. Alcune regole e sfumature contenute in questo documento potrebbero essere diverse

da quelle conosciute dal lettore che ha consultato altre fonti, così come alcune soluzioni possono

differire da quelle suggerite da fonti, pur ufficiali e prestigiose, che noi stessi abbiamo consultato.

Cascina Macondo, bandendo ogni anno un “Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua

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La poesia Haiku in lingua italiana. Premessa II

119

Italiana”, ritiene indispensabile avere un documento univoco cui fare riferimento per evitare

incertezze e contestazioni tra coloro che si accingono a inviare i propri Haiku al Concorso.

Nella stesura di questo documento abbiamo comunque tenuto conto di alcuni principi ispiratori:

1) È preferibile per il conteggio delle sillabe seguire il sistema metrico che tiene conto della crasi,

dell’anasinalefe, della episinalefe, della compensazione, dell’ecosillaba, della parola sdrucciola o

tronca a fine verso, della consocrasi (descritti dettagliatamente nel presente “Manifesto della Poesia

Haiku in Lingua Italiana”).

2) Per l’esigua quantità di sillabe a disposizione nell’Haiku e nel Corbello si ritiene tuttavia

possibile ricorrere al conteggio sillabico grammaticale, lasciando all’autore la libertà di scegliere tra

questo o quello metrico o di utilizzarli contemporaneamente.

3) Un programma di divisione in sillabe per computer avrebbe difficoltà a riconoscere i prefissi.

Ragione per cui riteniamo che l’autore di Haiku sia libero di scegliere la suddivisione che tiene

conto del prefisso o quella che segue le regole normali della suddivisione in sillabe.

4) I labili confini del dittongo e dello iato ci consigliano di poter ricorrere, o meno, a scelta

dell’autore, all’utilizzo della bilocazione, al concetto di semivocale e semiconsonante delle vocali i,

u, alle vocali i, u propriamente dette.

5) Poiché la dieresi è caduta in disuso in epoca moderna, e sempre più pensiamo cadrà in disuso in

futuro con la diffusione del computer, riteniamo possibile considerare elastica la regola che

consiglia di dividere in sillabe una parola “derivata” con il criterio usato nella parola base da cui il

termine proviene. Per esempio la parola “vìa” è composta da due sillabe: “vì-a”. La regola consiglia

che la parola “viàle”, che deriva da vìa, sia divisa in 3 sillabe: “vi-à-le”. Anche la parola “viaggio” è

composta da 3 sillabe: “vi-àg-gio”. “Viaggiatóre” è composto da 5 sillabe: “vi-ag-gia-tó-re”.

Cascina Macondo ritiene che l’autore ha la libertà di considerare queste parole di 3 e 5 sillabe, ma

anche di conteggiarle con una sillaba in meno, se una necessità del verso lo richiede, poiché si fa

riferimento alla regola del dittongo. Quindi “vià-le” (2 sillabe), “viàg-gio” (2 sillabe), “viag-gia-tó-

re” (4 sillabe) sono soluzioni anche corrette, tanto più che nel “continuum parlato” esiste il

fenomeno della bilocazione. Le due possibili scelte sono anche giustificate dal fatto che nella poesia

classica esisteva l’uso della dieresi, due puntini sopra la vocale, con cui l’autore esprimeva la

precisa volontà di considerare la vocale con dieresi come sillaba autonoma. Infatti la parola “viale”

veniva scritta: “vï-à-le”. Allo stesso modo: “vï-àg-gio”, “vï-an-dàn-te”, “vï-à-ti-co”. Non usandosi

più la dieresi, che esprimeva questa volontà, non siamo più in grado di capire l’intenzione del poeta.

Ragione per cui riteniamo possibile conteggiare le sillabe nei due modi. I poeti classici che usavano

la dieresi ci confermano in modo indiretto, attraverso l’intenzione di considerare quella “i” una

sillaba indipendente, che il gruppo “ia” (vocale molle atona + vocale dura atona: “viag-gia-tó-re”) e

il gruppo “ià” (vocale molle atona + vocale dura tonica: “vià-le”) erano nella norma considerati

dittongo. Lo stesso ragionamento vale per i prefissi le cui vocali nella poesia classica venivano

rivestite della dieresi per comunicare la scelta di una sillaba in più in quel verso. Lo stesso discorso

vale per quei dittonghi in cui la vocale i/u ha un suono allungato e distinto che si vuole separare,

formando uno iato, dalla vocale che l’affianca:

pï-ò-lo ma anche piò-lo

sü-ì-no ma anche suì-no

re-dar-gü-ì-re ma anche re-dar-guì-re

o-rï-èn-te ma anche o-rièn-te

glà-ü-co ma anche glàu-co

spï-ó-ne ma anche spió -ne

chï-ùn-que ma anche chiùn-que

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Premessa II La poesia Haiku in lingua italiana.

120

in-flü-èn-te ma anche in-fluèn-te

lù-ï ma anche lui

Lo studio della sillaba comunque continua.

Con gli anni il presente documento potrà subire modifiche e aggiornamenti, come già ne ha subiti,

che rispecchieranno i risultati di ulteriori confronti, approfondimenti, analisi, scoperte. Riteniamolo

dunque il presente “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana” un documento “in divenire” e

chi lo desidera può, anzi è invitato, a inviare suggerimenti, idee, approfondimenti, consigli al fine di

approdare negli anni a un documento condiviso, esaustivo, che possa essere in Italia punto

importante di riferimento per gli scrittori di Haiku in lingua italiana.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Le sillabe.

121

1. Le sillabe.

Il dizionario Palazzi definisce la sillaba: «Suono compiuto e perfetto pronunciato con una sola

emissione di voce e rappresentato graficamente da una o più lettere di cui almeno una è vocale. È

l’unità fonica della lingua ed elemento costitutivo della parola.».

Dalla definizione si evince che la sillaba contiene, sempre, almeno una vocale. Una sillaba può

dunque essere composta da una sola vocale, da due o più vocali, da una vocale preceduta da una o

più consonanti, da una vocale seguita da una o più consonanti.

Elemento comune di tutte le sillabe è che sono pronunciate con un’unica emissione di fiato.

Sillaba deriva dal greco “syllabé”, che vuol dire “preso insieme”. Il concetto di “prendere insieme”

è appunto, come si legge nella definizione del Palazzi, quel «con una sola emissione di suono». Si

prende in sostanza, con un’unica emissione di suono, un insieme di fonemi. Nel “continuum

parlato” quelle quantità di suono che il nostro fiato e le nostre corde vocali producono in una sola

emissione sono le sillabe.

La metrica (dal greco métron = misura) è lo studio dell’intima struttura dei versi. Essa studia le

sillabe all’interno del verso, la loro quantità, le loro interrelazioni e connessioni, il loro

comportamento nel prosieguo dell’emissione vocale, gli effetti e i cambiamenti che tale emissione

vocale produce nelle sillabe.

La metrica definisce il verso, a seconda della quantità di sillabe contenute, in: monosillabi (1

sillaba), bisillabi (2 sillabe), trisillabi (3 sillabe), quadrisillabi (4 sillabe), pentasillabi (5 sillabe),

esasillabi (6 sillabe), eptasillabi (7 sillabe), ottasillabi (8 sillabe), ennasillabi (9 sillabe), decasillabi

(10 sillabe), endecasillabi (11 sillabe), dodecasillabi (12 sillabe), eccetera.

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Monogrammi. La poesia Haiku in lingua italiana.

122

2. Monogrammi.

Sono le sillabe formate da un solo segno alfabetico, in genere una vocale, ma a volte anche una

consonante come nella frase: «A me occorreva una x.».

I grafemi “A” e “X” vengono conteggiati come monosillabi.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Digrammi.

123

3. Digrammi.

Il digramma è un gruppo di due grafemi che rappresenta un unico fonema.

I due grafemi che li formano sono diacritici (dal greco diakrìnein = distinguere); sono segni che non

corrispondono ad una entità fonetica, ma servono, combinandosi con altre lettere, ad esprimere un

suono non rappresentabile nella nostra lingua con un solo grafema.

Nella divisione in sillabe sono inscindibili e si legano solitamente ad una vocale che li segue: ch,

gh, gl, gn, sc, ci, gi.

ch + e, i che-la, che-mio, po-chi, chi-lo, chio-do, gran-chio, chi-glia;

gh + e, i al-ghe, pa-ghe, da-gher-ro-ti-po, luo-ghi, la-ghi, pa-ghi, ghiot-to;

gl + i fi-gli, in-tru-gli, fo-gli, mo-gli;

gn + a, e, i, o, u ca-gna, mon-ta-gne, sog-ghi-gni, ra-gni, so-gno, a-gno-sti-co, sta-gno,

gno-mo, gnu;

sc + i, e la-sci, a-scia, co-scia, sci-vo-lo, an-go-scia, sce-na, a-scel-la, ma-scel-la,

scel-le-ra-to, a-sce-sa, a-scen-so-re;

ci + a, o, u cia-o, cioc-ca, pan-ciu-to;

gi + a, o, u giar-di-no, man-gio, giù, giu-di-zio.

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Trigrammi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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4. Trigrammi.

Il trigramma è un gruppo di tre grafemi che rappresenta un unico fonema.

I tre grafemi che li formano servono ad esprimere un suono non rappresentabile nella nostra lingua

con un solo grafema.

Nella divisione in sillabe sono inscindibili: sci, gli.

sci + a, o, u scia-me, la-scio, sciu-pa-re;

gli + a, e, o, u ma-glia, mo-glie, pi-glio, fo-gliu-to.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Poligrammi.

125

5. Poligrammi.

È il termine con cui si indicano in generale le sillabe formate da tre o più grafemi:

sol-tan-to, con-ten-to, stra-di-va-ri, a-stro-la-bio, con-tor-sio-ni-sta.

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Sillabe aperte e sillabe chiuse. La poesia Haiku in lingua italiana.

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6. Sillabe aperte e sillabe chiuse.

La sillaba aperta è quella che termina per vocale:

co-ro-na, ce-ri-no, pi-pa.

La sillaba chiusa è quella che termina per consonante:

al-chèr-mes, mar-tel-lo.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Le regole della divisione in sillabe della lingua italiana.

127

7. Le regole della divisione in sillabe della

lingua italiana.

Si separano le consonanti del gruppo MP, andando la M con la sillaba precedente e la P con quella

successiva:

im-pa-rà-re, im-pa-ren-tà-re, im-pèr-vio, ìm-pa-ri.

Si separano le consonanti del gruppo MB, andando la M con la sillaba precedente e la B con quella

successiva:

im-brat-tà-re, im-ba-va-glià-re, im-bù-to, èm-bo-lo.

Si separano le consonanti doppie, andando a far parte una della sillaba precedente e l’altra della

sillaba successiva:

BB, CC, DD, FF, GG, LL, MM, NN, PP, RR, SS, TT, VV, ZZ.

Viene considerato doppio anche il gruppo CQ.

(frase mnemonica: BiCi Di FiGi LiMa in aCQua NoVe ToPi a ZeRo Sì).

ab-ba-ià-re, rac-cò-glie-re, ad-dòb-bo, af-fà-re, zòl-la, mam-ma, pan-no, rat-tòp-po, às-so, tét-to, ac-

qua, ac-qua-ti-co.

Si separano i gruppi costituiti da due qualsiasi altre consonanti, anche nelle parole di origine

straniera:

pal-ma, ar-co, ec-ze-ma, rab-do-man-te, Ed-vi-ge.

Si separano normalmente i gruppi di tre o più consonanti. La separazione avviene, quasi sempre, tra

la prima e la seconda consonante:

sem-pre, al-tro, sol- sti-zio.

Nel caso in cui l’incontro tra la seconda e la terza consonante, ed eventualmente anche la quarta,

dia luogo ad un nesso non tollerato (nel senso che non esistono parole italiane che iniziano con quel

nesso consonantico) la divisione in sillabe avviene tra la seconda e la terza consonante:

lamb-da-ci-smo, tung-ste-no, feld-spa-to.

È sbagliata la seguente divisione: lam-bda-ci-smo, in quanto il nesso “bda” non è tollerato in

italiano. Potremmo essere tratti in inganno dalla regola che ci dice che il gruppo consonantico MB

viene sempre diviso. Nella parola lamb-da-ci-smo, corretta divisione in sillabe, il gruppo MB non

viene diviso perché la sillaba successiva conterebbe un nesso consonantico “bda” con cui nessuna

parola italiana inizia. Lo stesso errore si avrebbe se dividessimo: tun-gste-no, fel-dspa-to.

Si separano le vocali iniziali di parola se sono seguite da una consonante, formando da sole una

sillaba:

a-ti-pi-co, a-li-ce, e-li-ca, e-nor-me, i-per-te-sto, i-ni-zio, i-ta-lia, o-dio, o-do-re, u-mo-re, u-go-la, u-

te-ro.

Non si separano le consonanti del gruppo GL che resta compatto in una stessa sillaba:

à-glio, ghe- rì-glio, gliòz-zi.

Non si separano le consonanti del gruppo PL che resta compatto in una stessa sillaba:

ap-pli-cà-to, plèt-tro, àm-plio, pa-no-plia.

Non si separano le consonanti del gruppo STR che resta compatto in una stessa sillaba:

à-stro, fi-nè-stra, strìn-ge-re, stri-to-là-re.

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Le regole della divisione in sillabe della lingua italiana. La poesia Haiku in lingua italiana.

128

Non si separano le consonanti del gruppo ST che resta compatto in una stessa sillaba:

cà-sto, pó-sto, con-tè-sto, co-pi-ste-rì-a.

Non si separa il gruppo ZIÓ che resta compatto in una stessa sillaba:

di-zió-ne, at-ten-zió-ne, con-di-zió-ne.

Non si separano i gruppi consonantici costituiti da B, C, D, F, G, P, T, V seguiti da L, R (frase

mnemonica: BiCi Di FuGa PoTeVi dar LoRo). Essi formano un’unica sillaba unendosi alla vocale

che segue:

BL ble-so, bla-so-na-to, a-bla-ti-vo;

CL clo-ro, re-cla-mo, ri-ci-cla-re, oc-clu-si-vo, in-cli-na-to;

DL dlin-dlin *, dlo-me-da-rio **;

FL flac-ci-do, flem-ma, af-flit-to;

GL gli-ci-ne, glos-sa-rio, in-gle-se, glu-ti-ne, an-gli-ca-no.

PL ple-to-ra, pla-sti-co, a-e-re-o-pla-no, im-plu-me.

TL a-tlàn-tico, a-tlè-ta.

VL vla-di-mir;

BR bro-do, ob-bro-brio, a-bra-si-vo, ab-bru-sto-li-re, bre-ve, brin-di-si;

CR cro-mo, cre-pa, a-cre-di-ne, crib-bio, sa-cri-fi-cio;

DR dro-ne-ro, dro-me-da-rio, i-dro-me-le, an-dro-me-da;

FR fro-si-no-ne, a-fro-re, a-fri-ca, fra-cas-so;

GR gre-to, gra-no, in-gru-gni-to, in-gros-sa-to;

PR pra-to, le-pre, pre-te, in-ter-pre-te, pre-vi-sio-ne;

TR tre-sca, con-tri-to, con-tro, tri-pu-dio;

VR do-vrà, a-vreb-be.

* Suono onomatopeico di un campanello.

** Come pronuncerebbe un cinese la parola dromedario. In diverse grammatiche abbiamo trovato

menzionato il gruppo DL considerato inscindibile, ma non abbiamo trovato una parola italiana che

cominci per DL.

Non si separano i gruppi consonantici formati dalla S seguita da un’altra consonante o da più

consonanti:

na-sco, ra-spa, ca-schi, no-stro, in-chio-stro, spac-co, spe-sa, stru-del, a-sdru-ba-le, sden-ta-to, cor-

ri-spo-sto, sta-ti-sti-ca.

Non si separa una consonante semplice seguita da vocale; insieme danno luogo a una sillaba aperta:

ma-re, ca-sa, mi-la-no, tu-bo, ca-pi-re, ve-de-re, lu-pi-no, xi-lo-fo-no, ta-xi.

Anche la x è considerata una consonante semplice.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Le parole composte.

129

8. Le parole composte.

Per le parole composte è sempre consigliabile seguire le regole che valgono per le parole semplici.

La parola “sublunare” verrà divisa in sillabe così: “su-blu-na-re”, come “su-bli-me”, seguendo la

regola del gruppo consonantico BL che non può essere separato.

Un’altra considerazione che avalla questa scelta è il fatto che un programma di divisione in sillabe

fatto col computer avrebbe moltissime difficoltà a cogliere in una sillaba la sua valenza di prefisso.

Tuttavia è possibile separare il prefisso dalla base. È quindi corretto dividere “sublunare” anche

così: “sub-lu-na-re”, cioè che è sotto la Luna. Ma la corretta divisione in sillabe della parola

“suburbio” è: “su-bur-bio”. Dividere in: “sub-ur-bio”, considerando il poligramma “sub” come un

prefisso, sarebbe sbagliato perché solo in latino, non in italiano, si coglie il rapporto tra “sub”,

nell’accezione di “vicino”, “presso” e “urbs urbis” “città”.

In rapporto ai componimenti Haiku e ai Corbelli, e in genere alle poesie che hanno una piccola

quantità di sillabe a disposizione, Cascina Macondo fa la scelta di poter dividere liberamente le

parole composte, seguendo ora la regola delle parole semplici, ora la regola del prefisso.

Una lettura ad alta voce dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata.

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Dittongo. La poesia Haiku in lingua italiana.

130

9. Dittongo.

Il dittongo è una sillaba formata da due vocali:

iù-ta, àu-ra, stuò-lo, fià-to, piè-tra.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Dittonghi ascendenti.

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10. Dittonghi ascendenti.

Si dice ascendente un dittongo formato da due vocali quando la sonorità aumenta, passando dal

primo fono al secondo fono, cioè semiconsonante + vocale:

piè-de, in-siè-me, piè-no, fiè-no, fuò-ri, cuò-re, suò-no, piò-ve, muò-re, suò-ra.

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Dittonghi discendenti. La poesia Haiku in lingua italiana.

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11. Dittonghi discendenti.

Si dice discendente un dittongo formato da due vocali quando l’intensità del suono diminuisce,

passando dal primo fono al secondo fono, cioè vocale + semivocale:

an-drèi, vor-rèi, nói, bon-sài, fòi-ba, in-tròi-to, fàu-no, sàu-na.

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La poesia Haiku in lingua italiana. I casi in cui si forma un dittongo.

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12. I casi in cui si forma un dittongo.

“Il piumàto liùto di Nausìca spòglia la fièra Enèide”.

Un dittongo è sempre formato da due vocali, una delle quali deve essere la “i” oppure la “u”. Ma

non tutte le combinazioni di due vocali che contengono una “i” o una “u” formano dittongo.

* Si forma sempre un dittongo quando c’è l’unione di due vocali molli (“i”, “u”) e sono entrambe

atone, ossia prive di accento:

Lui-sèl-la, Giu-sèp-pe, giu-dì-zio, ag-giu-stà-re;

a meno che le due vocali molli atone (“i”, “u”) non vengano pronunciate con un suono abbastanza

marcato, sufficientemente autonomo e leggermente separato uno dall’altro:

su-in-di-cà-to;

in questo caso è evidente che “su” è un prefisso. Ma consideriamo corretta anche la divisione in

“suin-di-ca-to” per il fatto che nella metrica italiana non si possono avere tre sillabe atone

consecutive. In verità nella parola “suindicato” abbiamo un accento tonico secondario proprio sulla

“u” di “su” che di fatto trasforma la “i” di “in” in semivocale trasformando il gruppo in dittongo.

Nella parola “ri-u-ni-re” il grafema “ri” è un prefisso (unire di nuovo) quindi nella divisione in

sillabe le due vocali vengono separate. Ma riteniamo corretta anche la divisione in “riu-ni-re”.

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare le vocali “i”,

“u” propriamente dette, che si articolano in modo distinto con un sorta di “allungamento” e che

fanno parte di un prefisso, sia come dittongo che come iato. Una lettura ad alta voce dell’Haiku

terrà conto della scelta effettuata.

* Si forma sempre un dittongo quando c’è l’unione di due vocali molli (“i”, “u”) e l’accento tonico

cade sulla seconda vocale:

guì-da, quìn-di-ci, quìn-to, più-ma, giù-sto, giùn-co, giù-bi-lo, giùb-ba;

a meno che la vocale molle atona (“i”, “u”) non venga pronunciata con un suono abbastanza

marcato, sufficientemente autonomo e leggermente separato dal suono della vocale molle tonica che

la segue:

su-ì-no, re-dar-gu-ì-re.

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare le vocali di

questa combinazione (due vocali molli, di cui la seconda tonica), che si articolano in modo distinto

con un sorta di “allungamento”, sia come dittongo che come iato. Una lettura ad alta voce

dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata. La parola “suino” potrà dunque essere conteggiata,

secondo la necessità del verso, come:

su-ì-no (3 sillabe) (“u” propriamente detta con suono allungato)

ma anche:

sui-no (2 sillabe) (seguendo la regola generale);

re-dar-gu-ì-re (5 sillabe) (u propriamente detta con suono allungato)

ma anche:

re-dar-guì-re (4 sillabe) (seguendo la regola generale).

* Si forma sempre un dittongo quando c’è l’unione di una vocale dura (“a”, “e”, “o”) con una

vocale molle (“i”, “u”) se entrambe sono atone:

pio-và-no, au-rò-ra, gua-dà-gno, dei-tà;

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I casi in cui si forma un dittongo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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a meno che la vocale molle (“i”, “u”) non venga pronunciata con un suono abbastanza marcato,

sufficientemente autonomo e leggermente separato dal suono dell’altra vocale dura atona che

l’affianca:

pi-o-niè-re (“i” propriamente detta con suono allungato),

bi-o-gra-fì-a (“i” propriamente detta con suono allungato).

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere nelle

poesie che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare le

vocali di questa combinazione (una vocale dura + una vocale molle, entrambe atone), che si

articolano in modo distinto con un sorta di “allungamento”, sia come dittongo che come iato. Le

parole suindicate potranno dunque essere conteggiate, secondo la necessità del verso, come:

pi-o-niè-re (“i” propriamente detta con suono allungato)

ma anche:

pio-niè-re (seguendo la regola generale),

bi-o-gra-fì-a (“i” propriamente detta con suono allungato)

ma anche:

bio-gra-fì-a (seguendo la regola generale).

* Si forma sempre un dittongo quando c’è l’unione di una vocale dura (“a”, “e”, “o”) con una

vocale molle (“i”, “u”) se l’accento tonico cade sulla vocale dura:

fià-to, guà-do, suò-no, liè-to, àu-ra, co-rèu-ti-ca, lài-co;

a meno che la vocale molle (“i”, “u”) non venga pronunciata con un suono abbastanza marcato,

sufficientemente autonomo e leggermente separato dal suono della vocale dura tonica:

in-flu-èn-te (“u” propriamente detta con suono allungato),

pi-ò-lo (“i” propriamente detta con suono allungato),

pi-àt-to (“i” propriamente detta con suono allungato, oggetto su cui si mangia)

(piàt-to = aggettivo).

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare questa

combinazione (vocale dura tonica + vocale molle atona), che si articolano in modo distinto con un

sorta di “allungamento”, come dittongo o iato a seconda delle necessità del verso. Una lettura ad

alta voce dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata.

La parola influente potrà quindi essere, secondo la nostra scelta, suddivisa in:

in-flu-èn-te (4 sillabe) (“u” propriamente detta con suono allungato)

oppure:

in-fluèn-te (3 sillabe) (seguendo la regola generale),

pi-ò-lo (3 sillabe) (“i” propriamente detta con suono allungato)

oppure:

piò-lo (2 sillabe) (seguendo la regola generale),

pi-àt-to (3 sillabe) (“i” propriamente detta con suono allungato)

oppure:

piàt-to (2 sillabe) (seguendo la regola generale).

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La poesia Haiku in lingua italiana. Non tutti gli incontri di due vocali formano dittongo.

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13. Non tutti gli incontri di due vocali formano

dittongo.

Alcuni dittonghi sono solo apparenti. Si tratta di quei casi in cui per indicare il particolare suono di

una consonante si ricorre all’aggiunta di una vocale, diventando così la vocale espediente “grafico”

per la produzione di un suono.

Sono i gruppi:

qua (quà-dro), qui (quìn-di), que (qué-sto), quo (quò-rum, li-quó-re);

gua (guà-da-gno), gui (guì-da, làn-gui-do), gue (guèr-ra), guo (lan-guó-re);

cia (cia-bàt-ta), cie (ciè-lo), cio (car-ciò-fo), ciu (ac-ciù-ga);

gia (giàc-ca), gie (ci-liè-gie), gio (gió-va-ne), giu (giù-sto, ag-giu-stà-re);

scia (scià-me, sci-à-re), scie (co-scièn-za), scio (sciò-pe-ro), sciu (sciù-pa-to);

glia (te-nà-glia), glie (con-chì-glie), glio (ab-bà-glio), gliu (a-gliù-to).

In questi casi la “i” e la “u” sono semplici segni grafici utilizzati per dare alla “c”, “g”, “sc”, “gl” un

valore palatale (cielo, giusto, sciare, figlio) e per dare a “q” e “g” un valore labiovelare (quadro,

guìda, quacquero, quinto).

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare questa

combinazione alla stregua di un vero e proprio dittongo, lasciando la libertà all’autore di

trasformare in dittongo anche quei suoni che in realtà non lo sono, come ad esempio la parola “sci-

a-re” formata da 3 sillabe che può rientrare in due sillabe: “scià-re”. Una lettura ad alta voce

dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata.

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Dittonghi mobili. La poesia Haiku in lingua italiana.

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14. Dittonghi mobili.

I dittonghi “ie”, “uo” si dicono mobili perché si riducono rispettivamente alle vocali “e”, “o”

quando, dalla sillaba tonica in cui erano, vengono a trovarsi in sillaba atona o, pur restando in

sillaba tonica, la sillaba si trasforma in una sillaba chiusa, cioè finisce per consonante:

piè-de / pe-dè-stre, suò-no / so-nò-ro, tiè-ne / tèn-go, muò-vo / mòs-so, viè-ne / vèn-go, cuò-ce-re /

còt-to.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Schema visivo del dittongo.

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15. Schema visivo del dittongo.

Indicando con:

M le vocali molli atone (“I” – “U”),

M le vocali molli toniche (“Ì” – “Ù”),

D le vocali dure atone (“A” – “E” – “O”),

D le vocali dure toniche (“À” – “È” – “Ò”),

le combinazioni possibili che generano il dittongo sono:

MM unione di due vocali molli atone (“i” – “u”)

Lui-sèl-la, Giu-sèp-pe;

MM unione di due vocali molli (“i” – “u”), dove la seconda è accentata

guì-da, più-ma;

DM unione di una vocale dura con una vocale molle, entrambe atone

au-rò-ra, dei-tà;

MD unione di una vocale molle con una vocale dura, entrambe atone

pio-và-no, gua-dà-gno;

DM unione di una vocale dura con una molle, dove la vocale dura è accentata

àu-ra, co-rèu-ti-ca, lài-co;

MD unione di una vocale molle con una dura, dove la vocale dura è accentata

fià-to, guà-do, suò-no, liè-to.

Queste regole generali possono avere le eccezioni viste precedentemente relative alla bilocazione,

alle semivocali (“i”, “u”), alle semiconsonanti (“i”, “u”), ai prefissi.

Tutte le combinazioni di sole vocali dure formano sempre iato:

a-e-re-o.

Tutte le combinazioni di sole vocali molli formano dittongo, tranne il caso in cui la prima

vocale è accentata, nel qual caso formano iato:

Lui-sèl-la, Giu-sèp-pe, giù-sto, al-truì-sta, flù-i-do, drù-i-do, in-tù-i-to.

Tutte le combinazioni di vocali molli e dure formano dittongo, tranne il caso in cui la vocale

molle è tonica, nel qual caso formano iato:

au-rò-ra, dei-tà, pio-và-no, gua-dà-gno, àu-ra, co-rèu-ti-ca, lài-co, gua-dà-gno, fià-to, guà-

do, suò-no, liè-to, in-siè-me, cuò-co, in-fuò-ca-to, a-nar-chì-a, gua-ì-to, pì-e-tas.

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Trittongo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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16. Trittongo.

I trittongo è una sillaba formata da tre vocali:

a-iuò-la, tuòi, mièi, fi-gliuò-lo.

Il trittongo si ha soltanto nella combinazione di una vocale dura + due vocali molli, con accento

tonico solo sulla vocale dura.

Le vocali molli (o deboli, o dolci) sono: “I” – “U”.

Le vocali dure (o forti, o aspre) sono: “À” – “È” – “Ò”.

Indicando con:

M le vocali molli (“I” – “U”),

D le vocali dure (“A” – “E” – “O”),

le combinazioni possibili che generano il trittongo sono:

DMM,

MDM,

MMD.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Si ha lo iato.

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17. Si ha lo iato.

“Lùi, gladìolo, moìna di realtà, aèrea metèora”.

Ogni altra successione di due vocali non è dittongo, ma iato in quanto vengono pronunciate con due

emissioni di fiato e formano due sillabe diverse.

Si ha lo iato:

quando si incontrano due vocali molli e l’accento cade sulla prima di esse:

lù-i, zì-i, flù-i-do;

quando si incontrano una vocale dura e una molle tonica, ossia accentata:

ron-zì-o, pa-ù-ra, Ma-rì-a, fa-ì-na, ci-go-lì-o, sù-o, dù-e, mì-o;

sempre quando si incontrano due vocali dure:

pa-è-se, re-à-me, le-ó-ne, cre-o-li-na, ge-o-gra-fì-a;

di norma nelle parole composte quando si avverta il rapporto tra prefisso e base:

ri-a-ve-re (avere di nuovo) (i con suono allungato),

ri-u-ni-to (unito di nuovo) (i con suono allungato),

ri-ec-co (ecco di nuovo) (i con suono allungato),

di-ar-chì-a (comando di due) (i con suono allungato),

tri-an-go-lo (tre angoli) (i con suono allungato),

tri-en-nio (tre anni) (i con suono allungato),

su-e-spo-sto (esposto sopra) (u con suono allungato),

su-in-di-ca-to (indicato sopra) (u con suono allungato).

Indicando con:

M le vocali molli atone (“I” – “U”),

M le vocali molli toniche (“Ì” – “Ù”),

D le vocali dure atone (“A” – “E” – “O”),

D le vocali dure toniche (“À” – “È” – “Ò”),

le combinazioni possibili che danno origine allo iato sono:

MM,

MD,

DM,

DD,

DD,

DD.

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Semiconsonanti. La poesia Haiku in lingua italiana.

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18. Semiconsonanti.

Col termine di semiconsonante ci si riferisce alle vocali “i” e “u” non accentate quando precedono

un elemento vocalico tonico o atono (caviàle, piède, piadìna, buòno, quìndici, infuocàto). Esse non

sono mai articolabili da sole e formano sempre dittongo. Sono foni (palatale j detta Jod – velare w

detta uau) che si impostano rispettivamente come le vocali “i” e “u”, ma che hanno una durata più

breve. L’articolazione infatti passa immediatamente alla vocale tonica o atona successiva. In realtà

quando si parla di dittonghi che contengono la “i”/”u” essi sono possibili solo quando questi due

suoni sono semiconsonanti. Quando invece le vocali “i”/”u” si articolano in modo distinto, con un

sorta di “allungamento” ci troviamo di fronte alle vocali “i”/”u” propriamente dette, le quali però

non formano dittongo, ma iato! (spi-àn-ti, flu-èn-te, su-ìno).

al-le-vià-mo da allevare i semiconsonante

al-le-vi-à-mo da alleviare i con suono allungato

spiàn-ti da spiantare i semiconsonante

spi-àn-ti participio presente di spiare i con suono allungato

qui u semiconsonante

cu-i u pronunciata con suono allungato

la quàle u semiconsonante

lacuale u pronunciata con suono allungato

Dittonghi formati con “j” semiconsonante:

ia ia-to, a-ia, piaz-za;

ie iet-ta-to-re, a-ie, fiè-no, in-siè-me;

io io-ni-o, cor-ri-do-io, piog-gia;

iu iu-go-sla-vo, a-iu-to, schiu-ma.

In molti casi la pronuncia può oscillare tra “i” e “j”. Come nelle parole vi-a-le, vi-ag-gio per

influsso di vì-a da cui palesemente derivano. Ma in un “continuum parlato” rapido si può passare

facilmente a viag-gio, via-le rientrando nel fenomeno del dittongo.

Dittonghi formati con “w” semiconsonante:

ua qua-si, lin-gua;

ue que-ru-lo, que-sto, quel-lo, san-gue;

ui quin-di-ci, an-guil-la, qui-squi-glia, quin-to, quin-di;

uo cuo-re, li-quo-re, lan-guo-re.

I dittonghi che hanno “w” come primo elemento possono trovarsi in posizione iniziale assoluta (uò-

mo, uà-di, oppure no. Quando sono preceduti da una occlusiva velare sorda (qua-si, cuo-re) o

sonora (lin-gua) costituiscono un nesso che prende il nome di labiovelare perché risultante da una

consonante velare e dalla semiconsonante, qui denominata labiale.

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare le vocali “i” e

“u” propriamente dette che precedono una vocale tonica o atona e che si articolano in modo distinto

con un sorta di “allungamento”, sia come dittongo che come iato. Le parole su-ì-no e flu-èn-te

potranno quindi essere conteggiate dall’autore indifferentemente come trisillabi o come bisillabi:

suì-no, fluèn-te. Una lettura ad alta voce dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Semivocali.

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19. Semivocali.

Col termine di semivocale ci si riferisce alle vocali “i” e “u” non accentate quando seguono un

elemento vocalico tonico o atono (al-trùi, fa-rài, càu-sa, rèu-ma, cai-mà-no, lau-re-à-to). Sono foni

che si impostano rispettivamente come le vocali “i” e”u”, ma che hanno una durata più breve.

L’articolazione infatti passa immediatamente dalla vocale tonica o atona che la precede alla

semivocale “i”/”u” che ha durata più breve. In realtà quando si parla di dittonghi che contengono la

“i”/”u” atone essi sono possibili solo perché questi due suoni sono semivocali.

Dittonghi formati con semivocale “i”:

ai fa-rai, cai-ma-no;

ei lei, dei-scen-te;

oi poi, coi-ben-te;

ui alt-trui, sui-ci-dio.

Dittonghi formati con la semivocale “u”:

au cau-sa, lau-re-a-to;

eu reu-ma, neu-ro-lo-gì-a.

Quando invece le vocali “i”/”u” atone si articolano in modo distinto, con un sorta di “allungamento”

ci troviamo di fronte alle vocali “i”/”u” propriamente dette, le quali allora non formano dittongo,

ma iato! La condizione più comune si verifica con i prefissi:

su-in-di-cà-to, po-li-u-re-tà-no, in-tra-u-te-rì-no, co-in-qui-lì-no, co-in-te-stà-re, co-in-vol-gèn-te.

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di poter considerare le vocali “i” e

“u” propriamente dette che seguono una vocale tonica o atona e che si articolano in modo distinto

con un sorta di “allungamento”, sia come dittongo che come iato. Riteniamo quindi ammissibile il

conteggio sillabico delle stesse parole in:

suin-di-cà-to, po-liu-re-tà-no, in-trau-te-rì-no, coin-qui-lì-no, coin-te-stà-re, coin-vol-gèn-te.

Soluzione che per effetto della bilocazione consente all’autore di sottrarre una sillaba in caso di

necessità. Una lettura ad alta voce dell’Haiku terrà conto della scelta effettuata.

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Le vocali doppie. La poesia Haiku in lingua italiana.

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20. Le vocali doppie.

Un verso come: “mare e terra” considerando la crasi tra la “e” finale di “mare” e la “e”

congiunzione può considerarsi di 4 sillabe: ma-re^e-ter-ra. La parola “maree” (plurale di marea) è di

3 sillabe: ma-re-e. Le due “e” finali sono da considerarsi, senza deroghe, come sillabe separate

(seguono la regola dello iato relativa all’incontro di due vocali dure). Ma anche perché la seconda

“e” ha valore distintivo (indica il plurale). Il loro accostamento non può essere considerato crasi!

Cascina Macondo considera sillabe separate, quindi iato, ogni accostamento di due vocali doppie:

pur-pù-re-e, co-rià-ce-e, e-gè-e, fèr-re-e, a-za-lè-e, con-tè-e, or-chi-dè-e, e-brè-e, e-tè-re-e, dè-e,

rò-se-e, li-vrè-e, zì-i, pi-go-lì-i, ci-go-lì-i, cin-guet-tì-i, fru-scì-i, ri-u-scì-i, cu-cì-i, squit-tì-i.

La parola pur-pù-re-e ha 4 sillabe. Solo se si trova a fine verso può essere conteggiata come

trisillabo in quanto parola sdrucciola.

La parola ma-rè-e ha 3 sillabe. Se si trova a fine verso resta di 3 sillabe, perché è una parola piana.

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La poesia Haiku in lingua italiana. La dieresi.

143

21. La dieresi.

La dieresi è il segno ortografico (due puntini) che si appone su una vocale per lo più molle (“i”,

“u”), ma qualche volta anche dura (“a”, “e”, “o”) del dittongo per indicare la divisione in due sillabe

del dittongo stesso:

ar-gü-i-re, o-rï-èn-te, glà-ü-co.

Ecco un elenco delle parole le cui vocali contenute nel dittongo vengono scisse in due sillabe

apponendo la dieresi su una di esse:

adïànto, aïtàre, arguïre, avvïàre, chïùnque, desïàre, fïàta, insufficïènte, orïènte, païsà, pazïènte,

pïetìsmo, pïonière, prescïènza, prospicïènte, religïóne, scïàre, scïènte, scïovìa, scïènza, spïóne,

spïonàggio, stòïco, sufficïènte, svïàre, taccuïno, vïàggio, vïàle, vïandànte, vïàtico, vïòla, vïolàre,

vïoloncèllo, vïoloncellìsta, vïòttolo.

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Norme generali per andare a capo. La poesia Haiku in lingua italiana.

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22. Norme generali per andare a capo.

Fissate dall’UNI nel 1969 (Ente Nazionale Italiano di Unificazione, con sede a Milano).

Le seguenti indicazioni generali sono relative esclusivamente al problema dell’andare a capo a fine

riga. Non sono da confondere con le regole della divisone in sillabe dal punto di vista grammaticale

o metrico.

Prima regola.

Non bisogna, a fine riga, andare a capo con una sillaba che inizia per vocale. Ciò significa che la

parola a-e-re-o (quattro sillabe) non dovrò spezzarla a fine riga: a-e-re/o. E nemmeno a/e re-o.

Invece potrò: a-e/re-o.

Seconda regola.

Non bisogna, a fine riga, spezzare una parola in modo tale che la sillaba portata a capo costituisca

un nesso che non esiste nel lessico corrente della lingua italiana: lm, rc, cz, bd, dv.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Accento tonico.

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23. Accento tonico.

Relativamente alla posizione dell’accento tonico sulla sillaba, le parole italiane si dividono in:

tronche, piane, sdrùcciole, bisdrùcciole, trisdrùcciole.

carità parola tronca l’accento cade sull’ultima sillaba,

potére parola piana l’accento cade sulla penultima sillaba,

pòvero parola sdrucciola l’accento cade sulla terzultima sillaba,

càpitano parola bisdrucciola l’accento cade sulla quartultima sillaba,

comùnicamelo parola trisdrucciola l’accento cade sulla quintultima sillaba.

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Accento fonico. La poesia Haiku in lingua italiana.

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24. Accento fonico.

Nella lingua italiana esistono vocali (la “O” e la “E”) che possono avere suono aperto (“Ò” – “È”) o

suono chiuso (“Ó” – “È”).

L’accento che su di esse si pone per identificarle come suono aperto

in-siè-me, con-tènto, for-mò, cuò-re,

si chiama accento grave.

Il segno grafico che invece si pone per identificarle come suono chiuso si dice accento acuto

per-ché, tor-mén-to, Ró-ma, tór-do.

L’accento fonico corrisponde alla sillaba tonica.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Accento tonico.

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25. Accento ritmico.

È l’accento della poesia, quello che ci dà la cadenza del verso.

Si differenzia dall’accento grammaticale in quanto fotografa tutte le sillabe su cui va a poggiarsi la

voce, al di là dell’accento tonico principale.

La parola “indiscutibilmente” da un punto di vista ortografico e grammaticale è un ettasillabo piano:

in-di-scu-ti-bil-mén-te, ma da un punto di vista ritmico è un ettasillabo (o settenario, se fosse il

verso di una poesia) con accenti anche sulla seconda e quarta sillaba. È un verso che con il

mascherone “a quantità e sequenza” descriveremo con:

7/2-4-6 in-dì-scu-tì-bil-mén-te.

Il verso ha dunque un accento tonico principale che è sulla penultima sillaba e due accenti secondari

sulla seconda e quarta sillaba.

La metrica latina chiama “arsi” le sillabe toniche (arsi significa “posa della voce”). Chiama “tesi” le

sillabe atone.

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Metrica. La poesia Haiku in lingua italiana.

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26. Metrica.

È l’insieme delle leggi che governano la composizione e la struttura dei versi.

La metrica quantitativa è tipica della poesia classica in cui il ritmo è prodotto dall’alternanza di

sillabe lunghe e sillabe brevi.

La metrica accentuativa è tipica della poesia moderna in cui il ritmo è dato dagli accenti tonici.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Prosodia.

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27. Prosodia.

È lo studio delle caratteristiche sonore di una lingua.

Si occupa più generalmente del tono, degli accenti, dell’intonazione, della lunghezza, eccetera.

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Leggi metriche. La poesia Haiku in lingua italiana.

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28. Leggi metriche. Teoria ritmica dei consecutivi.

28.1. In metrica non esistono versi con due sillabe toniche consecutive. La frase “Marco è buono” sarebbe, da un punto di vista grammaticale, composta da 5 sillabe: Màr-

co-è-buò-no, con accenti sulla prima, terza e quarta sillaba. Ma da un punto di vista ritmico non

possono esistere due sillabe toniche consecutive. Pertanto nell’emissione del suono questa frase

diventa un quadrisillabo con accenti sulla prima e terza sillaba: Màr-coe-buò-no, con crasi tra la

sillaba “co” è il verbo “è”.

La sequenza: “per-ché-sì” è un trisillabo con due accenti tonici consecutivi. Ma due sillabe toniche

consecutive non esistono in metrica. È per questo motivo infatti che pronunciamo in realtà la stessa

sequenza spostando l’accento principale sulla prima sillaba: pér-che-sì.

28.2. In metrica non esistono versi con tre sillabe atone consecutive. La parola oc-cul-ta-bi-li-tà da un punto di vista grammaticale è un esasillabo tronco. Quindi le

cinque sillabe precedenti sono atone. Ma da un punto di vista metrico esistono invece due accenti

secondari lungo la parola, che cadono sulla prima e sulla terza sillaba a cominciare da sinistra. Noi

pronunciamo la parola esattamente così: òc-cul-tà-bi-li-tà. Se la parola fosse il verso di una poesia

sarebbe indicata: 6/1-3-6 (esasillabo tronco con accenti sulla prima, terza e sesta sillaba,

corrispondenti a trocheo + dattilo + trocheo catalettico).

La realtà concreta del “continuum parlato e recitativo” fa sì che non sia possibile incontrare una

sequenza di tre sillabe atone consecutive.

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La poesia Haiku in lingua italiana. I mascheroni.

151

29. I mascheroni. Sistemi di scrittura del ritmo poetico.

29.1. Mascherone numerico. Si sostituiscono dei numeri al posto delle parole, i quali però hanno lo stesso ritmo e gli stessi

accenti tonici delle parole rappresentate:

cà-sa bisillabo piano = quàt-tro,

nél-la cà-sa due bisillabi piani = quàt-tro quàt-tro.

29.2. Mascherone ritmico metrico. Detto anche a sbarra-punti, consiste nel segnare le sillabe toniche e quelle atone.

È il più sicuro, quello che non ammette equivoci:

. / . / . / . . lo-sài-che-ì-pa-pà-ve-ri.

29.3. Mascherone a quantità e sequenza. n/n-n: un verso poetico si indica anche con un numero seguito da una sbarra e da una sequenza di

altri numeri.

Il primo numero, prima della sbarra, indica il metro del verso, cioè di quante sillabe esso è

composto. I numeri successivi indicano le diverse posizioni degli accenti tonici dislocati nel verso.

6/2-5 È un senario con accenti sulla seconda e quinta sillaba.

7/2-4-6 È un settenario (piano) con accenti sulla seconda, quarta e sesta sillaba.

6/2-5 tu - vì-vi ir-re-quiè-to (con crasi tra le sillabe “vi” e “ir” che diventano una sola sillaba,

in quanto nel “continuum parlato” vengono pronunciate con un’unica emissione di fiato).

Il mascherone a quantità e sequenza consente di decodificare subito, visivamente, altre informazioni

relative al verso in esame. Se, per esempio, l’ultimo numero della sequenza è uguale al numero che

sta prima della sbarra (che indica la quantità delle sillabe) ciò significa che il verso è tronco:

6/2-4-6 in-siè-me - a - tè - ver-rò (con crasi).

Se la sequenza dopo la sbarra mostra dei numeri pari con salti di due unità, ciò significa che il verso

ha un ritmo giambico:

6/2-4-6 in-siè-me - a - tè - ver-rò,

6/2-4-6 las-sù - sa-lì per-ché.

Se la sequenza dopo la sbarra mostra dei numeri dispari con salti di due unità, ciò significa che

siamo di fronte a un ritmo trocheo:

6/1-3-5 só-no - só-lo - pé-re.

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Principali ritmi metrici. La poesia Haiku in lingua italiana.

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30. Principali ritmi metrici.

Ritmo giambico bisillabo tronco:

sa-rà, be-bè, par-tì, can-tò, las-su.

Ritmo trocheo bisillabo piano:

cà-sa, mé-la, mì-to, mò-to, sù-go.

Ritmo anapesto trisillabo tronco:

par-ti-rà, co-sic-ché, par-to-rì, vo-le-rò, par-ve-nù.

Ritmo molosso trisillabo piano:

par-là-re, vo-lé-re, sen-tì-re, pol-tró-na, fes-sù-ra.

Ritmo dattilo trisillabo sdrucciolo:

àl-ber-ro, pèr-ti-ca, bì-li-co, cò-mi-co, bùs-so-la.

Ritmo coriambo quadrisillabo tronco (trocheo + giambico):

àd-dol-ci-rà, àr-ros-ti-rò.

Ritmo ditrocheo quadrisillabo piano (troche + trocheo):

cà-pi-tà-no, cà-te-rì-na.

Ritmo Antispasto quadrisillabo sdrucciolo:

mi-rà-co-lo, a-crè-di-ne, cen-tì-me-tro.

Ritmo peone quadrisillabo bisdrucciolo:

bràn-co-la-no, crè-pi-ta-no, crì-ti-ca-no, rò-to-la-no.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Concetto di verso ipèrmetro.

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31. Concetto di verso ipèrmetro.

Si dice ipèrmetro un verso che contiene una sillaba in più rispetto a quelle che dovrebbe contenere.

La regola classica dice che il primo verso di un Haiku deve contenere 5 sillabe.

Un verso come il seguente:

“vedendo morire” è un verso di 6 sillabe:

ve-den-do - mo-ri-re

1 2 3 4 5 6

Relativamente a come dovrebbe essere il primo verso di un Haiku, secondo la regola classica di 5

sillabe, questo verso risulta ipèrmetro, ovvero con una sillaba in più.

Cascina Macondo ritiene che in un Haiku non debbano esserci versi ipèrmetri, a meno che, per

effetto di precisi fenomeni metrici, non venga ricondotto alla “normalità”.

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Concetto di verso ipòmetro. La poesia Haiku in lingua italiana.

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32. Concetto di verso ipòmetro.

Si dice ipòmetro un verso che contiene una sillaba in meno rispetto a quelle che dovrebbe

contenere.

La regola classica dice che il secondo verso di un Haiku deve contenere 7 sillabe.

Un verso come il seguente:

“lontana la sera” è un verso di 6 sillabe:

lon-ta-na - la - se-ra

1 2 3 4 5 6

Relativamente a come dovrebbe essere il secondo verso di un Haiku, secondo la regola classica di 7

sillabe, questo verso risulta ipòmetro, ovvero con una sillaba in meno.

Cascina Macondo ritiene che in un Haiku non debbano esserci versi ipòmetri, a meno che, per

effetto di precisi fenomeni metrici, non venga ricondotto alla “normalità”.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Sillabe grammaticali – Sillabe metriche.

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33. Sillabe grammaticali – Sillabe metriche.

Per il conteggio delle sillabe distinguiamo un conteggio grammaticale-ortografico (numero reale

delle sillabe di ciascuna parola) e un conteggio metrico (che tiene conto dei versi tronchi, dei versi

sdruccioli, delle sinalefi interversali, della crasi, dello iato, eccetera).

Riteniamo che, nella composizione di Haiku, l’autore ha la libertà di conteggiare a piacere le

sillabe: con il criterio grammaticale o con quello metrico.

Il criterio metrico è quello che riteniamo si debba preferire.

La possibilità di usare anche il criterio ortografico ci sembra opportuna per salvare Haiku bellissimi

che a volte per una sola sillaba potrebbero non rientrare nello schema classico.

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Sinalefe, crasi, episinalefe, anasinalefe. La poesia Haiku in lingua italiana.

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34. Sinalefe, crasi, episinalefe, anasinalefe.

Sinalefe è il termine tecnico per indicare genericamente il fenomeno della fusione di due sillabe

consecutive che diventano una sola sillaba. Avviene quando una parola termina per vocale e la

parola successiva inizia per vocale.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Crasi.

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35. Crasi.

“la casa amica”

la - ca-sa - a-mi-ca

1 2 3 4 5 6

conteggiando grammaticalmente, il verso risulta di 6 sillabe, ma la parola “casa” termina per vocale

e la parola “amica” inizia per vocale. Le due sillabe, per effetto della sinalefe (crasi, se avviene

all’interno del verso) si fondono in una sola sillaba, riducendo il verso a 5 sillabe:

la - ca-sa^a-mi-ca

1 2 3 4 5

Le sillabe possono essere conteggiate grammaticalmente o metricamente (la lettura ad alta voce nei

due casi darebbe al verso una scansione e un ritmo leggermente diverso).

Per chiarire il concetto prendiamo il verso:

“lasciami andare”

se conteggiamo le sillabe grammaticalmente, esse sono 6:

la-scia-mi - an-da-re

1 2 3 4 5 6

se le conteggiamo secondo le regole della metrica, formandosi una crasi tra le sillabe “mi^an”, che

diventano una sola, il verso risulta di 5 sillabe:

la-scia-mi^an-da-re

1 2 3 4 5

Quando il fenomeno della sinalefe viene localizzato all’interno del verso, esso viene chiamato con il

termine più preciso e circostanziato: “crasi”. C’è un altro tipo di crasi, chiamata “crasi interversale”

o “sinalefe interversale” che avviene tra due parole situate una a fine verso e l’altra all’inizio del

verso successivo:

la casa amica 5 sillabe (conteggio metrico, con la crasi)

ancora col tetto rotto 8 sillabe

tre anni dopo 5 sillabe (conteggio grammaticale)

ma il primo verso termina con la parola “amica” la cui ultima sillaba finisce con vocale. Il secondo

verso inizia con la parola “ancora”. Le due sillabe, per effetto della crasi interversale (anasinalefe)

si fondono e “an” passa sopra, in coda alla fine del primo verso: “a-mi-ca^an”. Nel secondo verso

restano:

co-ra - col - tet-to - rot-to che ora è di 7 sillabe

Questo tipo di sinalefe ha un termine tecnico più preciso: anasinalefe. Il termine “anasinalefe” ci

indica il “luogo” in cui avviene la fusione delle sillabe (a fine verso), ma anche la “direzione del

movimento” (la sillaba iniziale del secondo verso “passa sopra” posizionandosi in coda al primo

verso che a sé la ingloba). Nel verso seguente:

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Crasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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finita la pioggia 6 sillabe

esce un bimbo a giocare 9 sillabe (conteggio grammaticale)

7 sillabe (conteggio metrico con 2 crasi)

nelle pozzanghere 6 sillabe (conteggio grammaticale)

5 sillabe (conteggio metrico, con sdrucciola a fine verso)

la parola “pioggia” finisce per vocale. La parola “esce” inizia per vocale. Si forma una crasi

interversale. Il luogo in cui avviene il fenomeno è sempre lo stesso (a fine verso), ma cambia la

“direzione del movimento”: la sillaba finale del primo verso si sposta, “passa sotto” al verso

successivo che la ingloba. Per indicare questo fenomeno c’è un termine tecnico preciso e

circostanziato: episinalefe. Sono sempre crasi interversali, sempre sinalefi, ma ci indicano dove

esattamente avviene il fenomeno metrico, e nel caso dell’anasinalefe e dell’episinalefe, anche la

direzione!

Dobbiamo riscontrare che questa precisione del linguaggio non esiste nell’ambito dell’universo

Haiku. Forse è questa la ragione per cui molta confusione esiste fra gli haijin che alzano tra loro

barriere e chiusure ideologiche ingiustificate.

Cascina Macondo ha preferito affrontare un lavoro di analisi e di precisa terminologia relativa ai

diversi fenomeni che riguardano l’Haiku.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Anasinalefe.

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36. Anasinalefe. Sinalefe interversale regressiva.

La sillaba con cui inizia un verso ipèrmetro viene assorbita, formando crasi, dalla sillaba finale del

verso precedente. In questo caso il verso che prima era ipèrmetro ora non lo è più.

Consideriamo i seguenti versi che potrebbero essere il secondo e il terzo di un Haiku:

mille cose la sera 7 sillabe

ancora da fare 6 sillabe

Conteggiando le sillabe non grammaticalmente, ma metricamente, abbiamo il fenomeno della

anasinalefe, per cui l’ultima sillaba della parola “se-ra” forma crasi con la sillaba iniziale del verso

successivo, “an-co-ra”, e a sé l’assimila, togliendola al conteggio dell’ultimo verso; che risulta così

rientrante nella regola:

mil-le - co-se - la - se-ra^an 7 sillabe

co-ra - da - fa-re 5 sillabe

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Anasinalefe grammaticale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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37. Anasinalefe grammaticale.

Fenomeno metrico secondo cui una parola a fine verso, che termina per vocale, ingloba a sé la

sillaba iniziale del verso successivo, che inizia per vocale. Ma invece di fondersi insieme formando

una sola sillaba, come avviene nell’anasinalefe, resta sillaba separata, da conteggiarsi, una volta

spostatasi nel verso superiore, con il criterio grammaticale.

Prendiamo il seguente Haiku di Helga Härle:

frozen bay

still the sound

of the sea

Helga Härle

traslazione in italiano:

baia ghiacciata 5 sillabe

ancora si sente 6 sillabe

il suono del mare 6 sillabe

baia ghiacciata 5 sillabe

ancora si sen-te^il 6 sillabe

suono del mare 5 sillabe per anasinalefe

Il secondo verso resta ancora di 6 sillabe. Ma ora che l’articolo “il” si è spostato per anasinalfefe in

coda al secondo verso, possiamo applicare il conteggio grammaticale che trasforma il verso in 7

sillabe:

an-co-ra - si - sen-te - il 7 sillabe

1 2 3 4 5 6 7

Helga Härle avrebbe potuto scrivere l’Haiku semplicemente così:

baia ghiacciata 5 sillabe

ancora si sente il 7 sillabe

suono del mare 5 sillabe

Cascina Macondo sostiene che l’Haiku non ama a fine verso le piccole particelle grammaticali

come gli articoli, le congiunzioni, le preposizioni che “sporcano” l’Haiku.

Con il ricorso all’anasinalefe grammaticale si ottiene lo stesso risultato formalmente corretto, ma

l’Haiku è decisamente più bello!

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La poesia Haiku in lingua italiana. Episinalefe.

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38. Episinalefe. Sinalefe interversale progressiva.

La sillaba finale di un verso ipèrmetro si fonde con la sillaba iniziale del verso successivo e da

questa si fa inglobare. Il verso che prima risultava ipèrmetro ora verrà conteggiato con una sillaba in

meno.

Prendiamo questi versi di Tartamella:

un canto qui

mille farfalle piccole

alzano al cielo

Pietro Tartamella

un conteggio grammaticale delle sillabe darebbe:

un - can-to – qui 4 sillabe

mil-le - far-fal-le - pic-co-le 8 sillabe

al-za-no - al - cie-lo 6 sillabe

Non sarebbe quindi un Haiku classico. Ma se conteggiamo le sillabe metricamente abbiamo:

un - can-to - qui 5 sillabe

(la parola a fine verso è tronca e si può quindi conteggiare come

avente una sillaba in più)

mil-le - far-fal-le - pic-co-le 8 sillabe

al-za-no^al - cie-lo 5 sillabe

(in quanto per effetto di crasi le sillabe “no^al” si fondono in

una sola)

Sembrerebbe ancora un Haiku non classico in quanto il secondo verso ha 8 sillabe. È solo

un’apparenza. Per effetto della episinalefe infatti la sillaba finale “le” della parola sdrucciola del

secondo verso “pic-co-le” va a fondersi con la sillaba iniziale “al” dell’ultimo verso, “al-za-no”, e

da questa inglobata.

È come se fosse:

mil-le - far-fal-le - pic-co- 7 sillabe

le^al-za-no^al - cie-lo 5 sillabe

È un Haiku classico perfettamente valido. In questo Haiku, terminando il secondo verso con parola

sdrucciola, sarebbe stato sufficiente ricordarsi che le parole sdrucciole a fine verso possono

conteggiarsi con una sillaba in meno. L’Haiku rientra nello schema classico anche senza supporre

l’episinalefe. L’episinalefe consente di spostare la sillaba al verso successivo anche se la parola non

è sdrucciola.

Se Tartamella avesse scritto “mille piccole farfalle” (parola finale piana) sarebbe stato possibile

spostare la sillaba “le”, della parola “far-fal-le”, al verso successivo.

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Episinalefe grammaticale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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39. Episinalefe grammaticale.

Fenomeno metrico secondo cui una parola posta all’inizio del verso, che comincia con una vocale,

ingloba a sé la sillaba finale del verso precedente, che finisce per vocale. Ma invece di fondersi

insieme, formando una sola sillaba, come avviene nell’episinalefe normale, resta sillaba separata,

che può conteggiarsi grammaticalmente.

Vedi il seguente Haiku di Tartamella:

conteggio grammaticale

notte di luna 5 sillabe

una lunga nuvola taglia 9 sillabe

a metà 3 sillabe

Pietro Tartamella

conteggio metrico a)

not-te - di - lu-na^u 5 sillabe (con anasinalefe)

na - lun-ga - nu-vo-la - ta-glia 8 sillabe (per effetto della anasinalefe)

a - me-tà - (...) 4 sillabe (per ipernasi - tronca a fine verso)

conteggio metrico b)

not-te - di - lu-na^u 5 sillabe (con anasinalefe)

1 2 3 4 5

na - lun-ga - nu-vo-la - ta 7 sillabe (episinalefe)

1 2 3 4 5 6 7

glia - a - me-tà - (...) 5 sillabe (con episinalefe grammaticale + ipernasi)

1 2 3 4 5

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ipernasi.

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40. Ipernasi.

Tutte le parole tronche che si trovano a fine verso possono considerarsi, metricamente, come

composte da una sillaba in più.

La ragione del fenomeno risiede nell’origine latina delle parole italiane che contenevano un tempo

una sillaba in più (“verità” deriva da “veritade”, “bontà” deriva da “bontade”). Ma un’altra ragione

risiede nell’intima natura fonetica della sillaba accentata. È come se quella piccola esplosione di

suono accentato lasciasse una sorta di spazio vuoto, una coda, un’eco, un riverbero entro cui una

sillaba atona, in realtà assente, può essere contenuta:

ve-ri-tà 3 sillabe con il conteggio grammaticale, ma 4 sillabe con il conteggio metrico

(se la parola tronca si trova a fine verso)

at-tua-li-tà 4 sillabe con il conteggio grammaticale, ma 5 sillabe con il conteggio metrico

(se la parola tronca si trova a fine verso)

Si ricorda che se a fine verso ci sono due parole tronche consecutive, solo l’ultima parola tronca

posta a fine verso può essere conteggiata con una sillaba in più:

mi - por-tò - las-su 5 sillabe se conteggiamo grammaticalmente

1 2 3 4 5

mi - por-tò - las-su ... 6 sillabe se conteggiamo metricamente

1 2 3 4 5 6

in quanto a fine verso c’è una parola tronca. Il verso non può essere considerato di 7 sillabe,

adducendo come motivo che c’è una sequenza di due parole tronche consecutive.

In italiano non c’è un termine specifico per indicare il fenomeno metrico della parola tronca che a

fine verso aggiunge una sillaba e ogni volta bisogna usare molte parole per indicarlo. Da qui la

necessità di individuare un termine specifico che indichi il fenomeno. Cascina Macondo propone:

ipernasi, cioè “aggiungo una sillaba”.

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Iponasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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41. Iponasi.

Tutte le parole sdrùcciole che si trovano a fine verso possono considerarsi, metricamente, come

composte da una sillaba in meno.

La ragione del fenomeno risiede nell’origine latina delle parole italiane che contenevano un tempo

una sillaba in meno (“cèlere” deriva da “cèler”). Ma un’altra ragione risiede nell’intima natura

fonetica di una sequenza di tre sillabe di cui la prima è tonica e le altre due atone. È come se le due

sillabe atone, dopo la piccola esplosione di suono della tonica, si avvicinassero a tal punto da

occupare lo stesso spazio temporale.

pè-ta-li 3 sillabe con il conteggio grammaticale, ma 2 sillabe con il conteggio metrico

(solo se la parola sdrucciola si trova a fine verso)

pa-rà-bo-la 4 sillabe con il conteggio grammaticale, ma 3 sillabe con il conteggio metrico

(solo se la parola sdrucciola si trova a fine verso)

Si ricorda che se a fine verso ci sono due parole sdrucciole consecutive, solo l’ultima parola

sdrucciola posta a fine verso può essere conteggiata con una sillaba in meno.

Un verso del tipo:

“come le soffici nuvole”

è composto, grammaticalmente, da 9 sillabe:

co-me - le - sof-fi-ci - nu-vo-le

1 2 3 4 5 6 7 8 9

diventano 8 sillabe se conteggiamo metricamente, in quanto l’ultima parola, essendo sdrucciola,

può considerarsi con una sillaba in meno.

Non condividiamo il pensiero di quegli autori che vorrebbero considerare il suddetto verso

composto da 7 sillabe, ritenendo possibile togliere un’altra sillaba per il fatto che la parola “sòffice”

è sdrucciola anch’essa.

co-me - le - sof-fi-ci - nu-vo-le

1 2 3 4 5 6 7 8

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La poesia Haiku in lingua italiana. Parole bisdrucciole e trisdrucciole.

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42. Parole bisdrucciole e trisdrucciole.

Nn abbiamo trovato in nessuna grammatica, e in nessun manuale di metrica, indicazioni precise su

come debbano essere trattate, da un punto di vista della divisione in sillabe, le parole bisdrucciole e

trisdrucciole che si trovano a fine verso.

Cascina Macondo ritiene di doverle considerare alla stregua delle parole sdrucciole e quindi di

conteggiarle, se occorre, solo con una sillaba in meno.

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Simipernasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

166

43. Simipernasi. Ripetizione di parole tronche uguali a fine verso.

Abbiamo visto che, se a fine verso ci sono due parole tronche, solo la parola tronca a fine verso può

essere aumentata di una sillaba.

Eccezione a questa regola è il caso in cui si trovino a fine verso due parole tronche perfettamente

uguali, quando cioè una stessa parola viene ripetuta.

Un verso del tipo:

can-tò - can-tò è un verso di 4 sillabe, se conteggiamo grammaticalmente

1 2 3 4

can-tò - can-tò … è un verso di 5 sillabe, se conteggiamo metricamente,

1 2 3 4 5 in quanto l’ultima parola è tronca

ma può essere considerato anche di 6 sillabe conteggiando, ad entrambe le parole tronche, una

sillaba in più.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ipoplanasi.

167

44. Ipoplanasi. Ripetizione di parole piane uguali a fine verso.

Un verso che nella sua parte finale contiene consecutivamente una sequenza di due parole piane

perfettamente identiche può considerarsi con una sillaba in meno.

par-la-re - par-la-re è un verso di 6 sillabe

ma essendo una ripetizione di parole piane perfettamente uguali è come se nel “continuum parlato”

avessimo la seguente scansione:

par-là-repar - là-re

La seconda sillaba “par” ripetuta alla fine della prima parola diminuisce così tanto di intensità, in

virtù anche del fatto che tutte le sillabe ripetute sono perfettamente uguali, che il verso può

considerarsi composto di una sillaba in meno, di 5 sillabe appunto.

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Simiponasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

168

45. Simiponasi. Ripetizione di parole sdrucciole uguali a fine verso.

Abbiamo visto che se a fine verso ci sono due parole sdrucciole, solo la parola sdrucciola a fine

verso può essere decurtata di una sillaba.

Eccezione a questa regola è il caso in cui si trovano a fine verso due parole sdrucciole perfettamente

uguali, quando cioè una stessa parola viene ripetuta.

nu-vo-le - nu-vo-le è un verso di 6 sillabe

1 2 3 4 5 6

nu-vo-le - nu-vo-le diventa di 5 sillabe considerando

1 2 3 4 5 che termina con una parola sdrucciola

nu-vo-le - nu-vo-le diventa di 4 sillabe in quanto la stessa

1 2 3 4 parola sdrucciola è ripetuta due volte.

In questo caso si recupera spazio per l’aggiunta di ben tre sillabe nel verso, che potrebbero essere

utili all’Haiku.

Si potrebbe allora scrivere:

le mie nuvole nuvole considerando il verso di 7 sillabe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Le vocali doppie distintive.

169

46. Le vocali doppie distintive.

Un verso come: “mare e terra” ha 5 sillabe, se contiamo grammaticalmente. Considerando la crasi,

tra la “e” finale di “mare” e la “e” congiunzione, può considerarsi di 4 sillabe:

ma-re^e - ter-ra ha 4 sillabe, se contiamo metricamente (con la crasi)

1 2 3 4

La parola “maree” (plurale di marea) è di 3 sillabe

ma-re-e

1 2 3

Le due “e” finali sono da considerarsi, senza deroghe, come sillabe separate: seguono la regola

dello iato relativa all’incontro di due vocali dure. Anche perché la seconda “e” ha valore distintivo,

indica il plurale. Il loro accostamento non può essere considerato crasi!

Cascina Macondo considera sillabe separate, quindi iato, ogni accostamento di due vocali doppie,

molli o dure, contenute nel corpo della parola:

pur-pù-re-e 4 sillabe,

co-rià-ce-e 4 sillabe,

e-gè-e 3 sillabe,

fèr-re-e 3 sillabe,

a-za-lè-e 4 sillabe,

con-tè-e 3 sillabe,

or-chi-dè-e 4 sillabe,

e-brè-e 3 sillabe,

e-tè-re-e 4 sillabe,

dè-e 2 sillabe,

rò-se-e 3 sillabe,

li-vrè-e 3 sillabe,

zì-i 2 sillabe,

pi-go-lì-i 4 sillabe,

ci-go-lì-i 4 sillabe,

cin-guet-tì-i 4 sillabe,

fru-scì-i 3 sillabe,

ri-u-scì-i 4 sillabe,

cu-cì-i 3 sillabe,

squit-tì-i 3 sillabe.

La parola “pur-pù-re-e” ha 4 sillabe. Solo se si trova a fine verso può essere conteggiata come

trisillabo in quanto parola sdrucciola.

La parola “ma-rè-e” ha 3 sillabe. Se si trova a fine verso resta di 3 sillabe, perché è una parola

piana.

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Kireji – Kana – Trattini – Punteggiatura. La poesia Haiku in lingua italiana.

170

47. Kireji – Kana – Trattini – Punteggiatura.

Il Kireji e il Kana nell’uso giapponese sono una manciata di sillabe che si mettono nell’Haiku al

solo scopo di creare una pausa, una vaga attesa (Kireji = esclamazione di stacco, Kana =

esclamazione conclusiva che crea un’atmosfera).

Sono parole senza un vero significato, quasi segni di interpunzione con aspetto fonico che a volte

sono portatrici di una emozione. Una sospensione suggestiva che crea un vuoto nella percezione.

Nella lingua italiana non esiste una corrispondenza con il Kireji e il Kana.

Una vaga somiglianza possono essere i nostri segni di interpunzione, come il trattino.

Vedasi il seguente Haiku di Fabrizio Virgili:

Sazia di grano

– un ramo la nasconde –

ride la lepre

Fabrizio Virgili

Nell’Haiku in lingua italiana Cascina Macondo ritiene, in contrapposizione ad alcuni autori che

pensano diversamente, che i trattini, le virgole, i punti, i punti e virgola, i due punti, le parentesi

tonde o quadre, i puntini di sospensione, i punti esclamativi e quelli interrogativi, l’apostrofo, e ogni

altro segno di interpunzione non possono essere considerati sillabe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. L’apostrofo.

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48. L’apostrofo.

L’apostrofo non può essere considerato sillaba.

Un verso come:

sta - l’a-qui-la è composto da 4 sillabe

Alcuni autori sostengono che può essere considerato quinario, in quanto l’apostrofo, sostituendo la

vocale “a” dell’articolo “la”, viene considerato sillaba; come se l’articolo fosse interamente

espresso. Come se il verso fosse scritto:

sta - la - a-qui-la

Per poterlo considerare quinario Cascina Macondo sostiene che il verso deve essere scritto

esattamente, senza apostrofo, con l’articolo completo:

sta - la -a-qui-la

In questo modo si fa strada la possibilità di considerarlo indifferentemente quinario (se conto le

sillabe grammaticalmente) o quaternario (se conteggio le sillabe metricamente, considerando la

crasi tra l’articolo “la” e la vocale “a” di “aquila”: “la^a”).

Se fosse il primo verso di un Haiku, e quindi ci serve un quinario, sarebbe sufficiente invertire

l’ordine delle parole e scrivere:

l’a-qui-la - sta verso di 5 sillabe,

considerando il monosillabo “sta” come parola tronca a fine verso.

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Compensazione. La poesia Haiku in lingua italiana.

172

49. Compensazione.

È quel fenomeno metrico secondo cui la sillaba finale di un verso che termina con parola sdrucciola

può essere conteggiata come appartenente al verso successivo, anche se non forma crasi.

Prendiamo questi versi:

Dopo i fulmini restano

cirri d’oro

Do-po - i - ful-mi-ni - re-sta-no 9 sillabe

cir-ri - d’o-ro 4 sillabe

Ma poiché il primo verso termina con una parola sdrucciola, la sua ultima sillaba può essere

conteggiata come appartenente al verso successivo.

Come se fosse:

Do-po - i - ful-mi-ni - re-sta- 8 sillabe

no - cir-ri - d’o-ro 5 sillabe

Il primo verso, per effetto della crasi tra “po^i”, risulta di 7 sillabe, come canonicamente richiede il

secondo verso di un Haiku. La differenza tra episinalefe e compensazione è minima: entrambi

consentono la trasposizione di una sillaba al verso successivo, ma l’episinalefe può agire anche in

un verso che non termini con parola sdrucciola, a patto che il verso successivo inizi con vocale,

dovendosi realizzare una crasi. La compensazione invece consente lo spostamento della sillaba solo

se la parola finale del verso è sdrucciola, anche se la sillaba iniziale del secondo verso non inizia per

vocale.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ecosillaba.

173

50. Ecosillaba.

Le parole tronche, come abbiamo visto, da un punto di vista metrico, se si trovano a fine verso,

possono essere considerate con una sillaba in più.

egli mi portò

lontano lontano

e-gli - mi - por-tò 5 sillabe da un punto di vista grammaticale

lon-ta-no - lon-ta-no 6 sillabe da un punto di vista grammaticale

e-gli - mi - por-tò 6 sillabe da un punto di vista metrico

(in quanto la parola finale è tronca)

lon-ta-no - lon-ta-no 6 sillabe da un punto di vista grammaticale

e-gli - mi - por-tò 5 sillabe da un punto di vista grammaticale

(...) - lon-ta-no - lon-ta-no 7 sillabe da un punto di vista metrico

(in quanto si considera la sillaba invisibile che segue

la parola tronca come appartenente al verso successivo).

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Consocrasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

174

51. Consocrasi.

Se un verso termina con una parola piana o sdrucciola può attrarre a sé, da un punto di vista metrico

e nel “continuum parlato”, la sillaba iniziale del verso successivo, specie se questa è un monosillabo

aperto (che termina per vocale: “chi”, “che”, “ci”, “di”, “da”, “do”, “le”, “la”, “lo”, “mi”, “ma”,

“me”, “si”, “se”, “so”, “sa”, “te”, “ti”, “vi”, ecetera) oppure se è una sillaba aperta, ma anche

chiusa, iniziale di parola.

La consocrasi consente, pur senza fenomeno di sinalefe, di spostare la sillaba iniziale di un verso al

verso precedente, accodandola all’ultima parola, come se la parola del verso precedente si

trasformasse da piana in sdrucciola o da sdrucciola in bisdrucciola.

Prendiamo il seguente Senryu di Tartamella:

schizzo improvviso

di birra dalla lattina

teste all’indietro

Pietro Tartamella

schiz-zo^im-prov-vi-so 5 sillabe con crasi. Il verso termina con parola piana

di - bir-ra - dal-la - lat-ti-na 8 sillabe

te-ste^al-l’in-die-tro 5 sillabe

Non sarebbe un Haiku sillabicamente conforme. Ma la sillaba della preposizione “di” all’inizio del

secondo verso si sposta al verso superiore e mettendosi in coda alla parola “improvvìso”, che è

piana, la trasforma in parola sdrucciola, come se fosse “improvvìsodi”.

Quindi avremo:

schiz-zo^im-prov-vì-so-di 5 sillabe con crasi e consocrasi

bir-ra - dal-la - lat-ti-na 7 sillabe

te-ste^al-l’in-die-tro 5 sillabe

Il Senryu risulta ora regolare con 5, 7, 5 sillabe.

La consocrasi è simile all’anasinalefe e alla compensazione. La differenza è che l’anasinalefe sposta

la sillaba iniziale del verso al verso precedente formando una crasi tra le vocali. La consocrasi

sposta la sillaba iniziale di un verso al verso precedente anche se non c’è incontro di vocali, ma in

virtù del fatto che la parola piana della fine del verso precedente si comporta come se fosse

sdrucciola.

La consocrasi è fenomeno inverso della compensazione.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Consocrasi ecoica.

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52. Consocrasi ecoica.

Vediamo il seguente Haiku di Franco Galato (MI):

passi nel 3 sillabe (4 sillabe con parola tronca)

silenzio della montagna 8 sillabe

neve si scioglie 5 sillabe

Franco Galato

Diciamo subito che Cascina Macondo non ama a fine verso le particelle grammaticali come le

preposizioni, le congiunzioni, gli articoli. Ciò detto, osserviamo che il monosillabo “nel”, anche se

monosillabo, possiamo considerarlo parola tronca. Quindi la si può conteggiare, per effetto

dell’ipernasi, con una sillaba in più in quanto è a fine verso.

pas-si - nel - (...)

1 2 3 4

Ma la preposizione “nel” a fine verso, diventando virtualmente bisillabo (con una sillaba in coda

invisibile) è come se diventasse parola piana! Anche se trattasi di strana parola piana. Allora si può

applicare la regola della consocrasi. Infatti la sillaba “si” della parola seguente “si-len-zio” può

spostarsi in coda al verso precedente che diventerebbe regolare. In questo modo il secondo verso,

che era di 8 sillabe, si riduce a 7 sillabe. Quindi un verso di un Haiku può avere 2 sillabe in meno,

ed essere perfettamente regolare, se si verificano queste condizioni!

pas-si - nel - (...) – si 5 sillabe (con ipernasi e consocrasi ecoica)

len-zio - del-la - mon-ta-gna 7 sillabe

ne-ve - si - scio-glie 5 sillabe

Lo stesso discorso può farsi se a fine verso c’è una parola sdrucciola (che può conteggiarsi con una

sillaba in meno, ma togliendola la parola diviene virtualmente piana e quindi può attrarre una sillaba

successiva)!

<><><><><>

osserviamo il seguente Haiku di Andrea Ceccarello, terza elementare (Arè di Caluso - TO):

Il sole splende 5 sillabe

nel cielo azzurro 6 sillabe (conteggio grammaticale senza crasi)

è primavera 5 sillabe

Andrea Ceccarello

“azzurro” finisce per vocale e produce un’anasinalefe con la “è” (verbo) iniziale del terzo verso.

Spostandosi la “è” alla fine di azzurro la parola diventa “azzurroè” cioè una parola tronca! Essendo

tronca si può conteggiare, per effetto di ipernasi, con una sillaba in più. Verrebbe a mancare una

sillaba nel terzo verso che, riducendosi a 4 sillabe, non sarebbe più regolare. Solo apparentemente.

Infatti la parola “azzuroè”, diventata tronca, produce il fenomeno dell’ecosillaba. Una sillaba

invisibile si sposta sotto ridando al terzo verso le sue 5 sillabe canoniche

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Consocrasi grammaticale. La poesia Haiku in lingua italiana.

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53. Consocrasi grammaticale.

Fenomeno metrico secondo cui una parola piana o sdrucciola che si trova a fine verso attira a sé, per

effetto della consocrasi, la sillaba iniziale del verso successivo, qualunque essa sia (aperta o chiusa).

La parola piana che ha attratto a sé la sillaba, per effetto del “continuum parlato”, è come se

diventasse sdrucciola. Se la parola a fine verso fosse stata sdrucciola è come se diventasse

bisdrucciola. Ma una volta che la sillaba si è spostata sopra, applichiamo il conteggio grammaticale.

Prendiamo ad esempio il seguente Haiku del poeta belga Guy Vanden Broeck:

rim-pa-tri-a-ta 5 sillabe

nel - cor-ti-le - un - an-go-lo 8 sillabe

di - fo-glie - sec-che 5 sillabe

Guy Vanden Broeck

La parola “rimpatriata”, incontro di amici che non si vedono da molto tempo, è un sostantivo di 5

sillabe: “rim-pa-tri-a-ta”, in quanto la “i” contenuta nella penultima sillaba “tria” ha un suono

allungato, come se sopra avesse una dieresi. Ma potrebbe essere anche una parola di 4 sillabe: “rim-

pa-tria-ta”. In ogni caso il verso può considerarsi di 5 sillabe per effetto della consocrasi

grammaticale. Infatti, se consideriamo la parola formata da 4 sillabe, sarebbe una parola piana

(accento tonico sulla penultima sillaba). Nel “continuum parlato” è come se attraesse a sé la sillaba

successiva, iniziale del secondo verso, diventando virtualmente una parola sdrucciola:

rim- pa-trià-ta - nel 5 sillabe

cor-ti-le - un - an-go-lo 7 sillabe

di - fo-glie - sec-che 5 sillabe

In questo modo il secondo verso, che prima era di 8 sillabe, si riduce a 7 sillabe. Sono ricorso alla

“consocrasi grammaticale” per spiegare la sua natura di fenomeno metrico. In verità in questo caso

non ce ne sarebbe stato bisogno. Bastava scorgere la crasi presente nel secondo verso per rendersi

conto che l’Haiku era formalmente corretto fin dall’inizio:

nel - cor-ti-le^un - an-go-lo 7 sillabe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Consapòcope.

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54. Consapòcope. Caduta di consonante finale.

È quel fenomeno metrico per cui una consonante finale di parola, preceduta da vocale e seguita da

una parola che inizia per vocale seguita dalla stessa consonante, cade producendo l’unione delle due

sillabe.

Rare sono le parole italiane che finiscono per consonante, ma parecchie sono quelle straniere in uso

nella lingua italiana.

camion in sosta

ca-mion - in - so-sta 5 sillabe

1 2 3 4 5

ca-mio(n) - in - so-sta 4 sillabe (per effetto di consapòcope)

1 2 3 4

Lenin in cielo

Le-nin - in - cie-lo 5 sillabe

1 2 3 4 5

Le-ni(n) in - cie-lo 4 sillabe (per effetto di consapòcope).

1 2 3 4

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Olocrasi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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55. Olocrasi.

Fenomeno metrico per cui una parola sdrucciola a fine verso perde una sillaba, ma se quello che

resta è una sillaba che finisce per vocale e il verso successivo inizia per vocale si può conteggiare

anche la crasi.

Esempio:

bu-sti-na - di - zùc-che-ro 7 – 1 sdrucciola, ma resta “zucche” che attrae la “e” di “e-sce”

e-sce - dal - ce-sti-no 6 sillabe.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Troncocrasi.

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56. Troncocrasi.

La parola tronca si può conteggiare con una sillaba in più e, se serve, può attrarre per crasi anche la

sillaba del verso successivo, se inizia per vocale.

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Bilocazione. La poesia Haiku in lingua italiana.

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57. Bilocazione.

L’aggettivo “mio” è composto da due sillabe: “ mì-o”.

La regola grammaticale della lingua italiana dice che l’incontro di una vocale molle (molli sono le

vocali “i” e “u”) con una vocale dura (dure sono le vocali “a”, “e” e “o”) produce uno iato (sillabe

distinte) se la vocale molle è tonica.

Infatti l’accento tonico nell’aggettivo “mio” cade sulla “ì”.

Se invece l’accento tonico cade sulla vocale dura, la regola dice che si produce un dittongo (le due

vocali restano unite formando una sola sillaba) come nella parola “piò-ve”.

Ma nel “continuum parlato”, per esempio nella sequenza “mio padre”, l’accento tonico sulla “ì” di

“mìo” tende a scomparire, trasformando le due vocali “i” e “o” in vocali atone. È come se ci

trovassimo di fronte ad un’unica parola: “miopàdre” con accento tonico sulla vocale “à” di “pà-

dre”. Il suono è diverso da “mìo pàdre”.

Un verso di questo tipo possiamo quindi considerarlo, seguendo la scelta della bilocazione

effettuata da Cascina Macondo, indifferentemente composto da 3 sillabe o da 4 sillabe.

Il pronome “lui” è composto da due sillabe: “lù-i”.

La regola grammaticale italiana dice che l’incontro di due vocali molli (“i” e “u”) produce uno iato

(sillabe distinte) se la prima vocale è tonica. Se invece le due vocali molli sono atone si produce un

ditongo: “Lui-sèl-la” è infatti composto da tre sillabe. L’aggettivo “drùido” è composto da tre

sillabe: “drù-i-do”.

Se invece le due vocali molli sono entrambe atone si produce un dittongo.

“Drui-do-so” è composto da tre sillabe (ammesso che si possa trasformare in aggettivo il sostantivo

druido).

Nel “continuum parlato” il confine è molto labile.

Il passato remoto del verbo essere: “fui”, preso singolarmente, conta due sillabe “fu-i”. Ma se dico

“fui preso” la sequenza è come se rientrasse nello schema della parola “Lui-sel-la”. È come se ci

trovassimo di fronte a una sola parola con accento tonico sulla “é” di “pré-so”: “fuipréso”. Parola

che può essere considerata come contenente tre sillabe.

Il pronome “io” contiene due sillabe “ì-o”. Ma la sequenza “io dico” può considerarsi anche un

trisillabo: “io-di-co” anziché quadrisillabo: “ì-o - di-co”. È come se ci trovassimo di fronte a

un’unica parola con accento tonico sulla “ì” di “dì-co”: “iodìco”. Ciò che cambia nel recitativo e nel

“continuum parlato” è una leggera differenza del ritmo.

Il principio della bilocazione si applica quando le parole si trovano all’interno del verso. A fine

verso seguono la regola generale.

Un verso come:

“nella mia casa” può essere conteggiato:

nel-la - mì-a - ca-sa 6 sillabe

nel-la - mia - ca-sa 5 sillabe per effetto della bilocazione

Se invece l’aggettivo “mìa” fosse a fine verso:

“nella casa mìa” la bilocazione non sarebbe applicabile

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La poesia Haiku in lingua italiana. Bilocazione.

181

il verso avrebbe inderogabilmente 6 sillabe

nel-la - ca-sa - mì-a

La scelta di Cascina Macondo nella composizione di Haiku, Tanka, Corbelli, e in genere di poesie

che hanno una piccola quantità di sillabe a disposizione, è quella di considerare possibile, in casi

come questi (specie con parole bisillabiche come “mio”, “tuo”, “suo”, “due”, “lui”, “via”, “dio”,

“dia”, “zio”, “zia”, “pio”, “pia”, “bio”, “bue”, “bua”, “lia”, “brio”, “trio”, eccetera) la divisione in

sillabe in due modi diversi, a seconda delle necessità del verso. Una lettura ad alta voce dell’Haiku

terrà conto della scelta effettuata.

con - mi-o - padre 5 sillabe

can-to - mio - pa-dre 5 sillabe

tu-e - le - lau-di 5 sillabe

al-le - tue - lau-di 5 sillabe

il - su-o - pa-ne 5 sillabe

con - il - suo - pa-ne 5 sillabe

da - mi-o - zi-o 5 sillabe

ve-do - mio - zi-o 5 sillabe.

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Anacrusi. La poesia Haiku in lingua italiana.

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58. Anacrusi.

Nella metrica l’anacrusi consente di escludere dal conteggio sillabico una o due sillabe aritmiche

iniziali di un verso.

Avviene quando le sillabe successive del verso si organizzano in una cadenza ritmica precisa

(trocheo, giambo, dàttilo, molosso, eccetera). In questo caso non si conteggiano una o due sillabe

iniziali del verso.

Questo verso per esempio:

Il sole risplende e i suoi raggi d’amore ti parlano

è un verso di 18 sillabe, se contiamo grammaticalmente:

Il - so-le - ri-splen-de - e - i - suoi - rag-gi - d’a-mo-re - ti - par-la-no

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18

se contiamo invece metricamente, considerando la crasi che si forma tra “de^e^i”, si tratta di un

verso di 16 sillabe:

Il - so-le - ri-splen-de^e^i - suoi - rag-gi - d’a-mo-re - ti - par-la-no

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16

Le sillabe scendono a 15, se teniamo conto che il verso termina con parola sdrucciola:

Il - so-le - ri-splen-de^e^i - suoi - rag-gi - d’a-mo-re - ti - par-la-(no)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15

Dal punto di vista del “continuum parlato” ( o meglio, cantato e recitato) le sillabe si organizzano

secondo sequenze di dàttili (gruppi di tre sillabe con accento sulla terzultima sillaba, parole

sdrucciole):

(Il) sóleri - splèndeeisuoi - ràggida - móreti - pàrlano

Le sillabe per potersi organizzare in queste sequenze hanno bisogno della esclusione della sillaba

iniziale costituita dall’articolo “Il”. In questo caso, per effetto dell’anacrusi, quella sillaba iniziale

non viene conteggiata. Il verso risulta allora di 14 sillabe.

Riteniamo che nella composizione di Haiku, anche se raramente e in casi particolari, si possa

considerare praticabile l’uso dell’anacrusi.

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La poesia Haiku in lingua italiana. Ipogenesi.

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59. Ipogenesi.

È una deroga particolare al conteggio delle sillabe.

Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che supera le sillabe canoniche, se contiene:

un nome proprio di persona, di cosa, di animale, di città, fiume, mare, montagna, la cui

menzione risulta davvero indispensabile;

se contiene un numero;

se contiene un termine con valore di “titolo sociale” (Gentilissimo, Signor, Illustrissimo,

Egregio, eccetera).

In questi casi l’autore è libero di considerare quel nome proprio o quel numero o quel titolo, come

composto da un minimo di 1 sillaba sino ad un massimo di sillabe uguali al numero che quelle

parole effettivamente contengono.

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Omogenesi. La poesia Haiku in lingua italiana.

184

60. Omogenesi.

È una deroga particolare al conteggio delle sillabe.

Nell’Haiku accettiamo infatti un verso che supera le sillabe canoniche se un sostantivo, che

normalmente è di genere maschile, viene trasformato in genere femminile, o viceversa, a patto che

il termine trasformato non abbia già un significato suo proprio.

In questi casi l’autore è libero di considerare quel sostantivo trasformato come composto da un

minimo di 1 sillaba sino ad un massimo di sillabe uguali al numero che esso effettivamente

contiene.

Esempio di Haiku di Pietro Tartamella con omogenesi:

fine agosto in giardina

le uova strapazzate

già si raffreddano

Pietro Tartamella

Il primo verso, conteggiando le crasi, ha 7 sillabe. Ma il sostantivo maschile “giardino” è stato

trasformato in genere femminile “giardina” che in italiano non ha significato. Potendolo conteggiare

per osmosi come una sola sillaba il verso risulta di 5 sillabe.

Esempio di sostantivi che possono essere soggetti ad omogenesi:

albero > albera

farfalla > farfallo

matita > matito

libro > libra

penna > penno

Esempio di sostantivi che non possono essere soggeti ad omogenesi, in quanto in taliano hanno un

loro autonomo significato:

caso > casa

sole > sola

moto > mota

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La poesia Haiku in lingua italiana. Allegati.

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Allegati.

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Premessa Allegati La poesia Haiku in lingua italiana.

186

Premessa Allegati

Per completare al meglio il “Manifesto della Poesia Haiku in Lingua Italiana” di Cascina Macondo

ho ritenuto necessario aggiungere, come allegati, le seguenti argomentazioni:

Universo Haiku e dintorni: dizionario – glossario.

Saijiki italiano.

62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

Come il Manifesto, anche gli allegati sono accessibili su Internet.

Vedere quanto specificato alla “Nota dell’impaginatore” all’inizio del presente documento.

Mario Secco

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La poesia Haiku in lingua italiana. Universo Haiku e dintorni.

187

1. Universo Haiku e dintorni. Dizionario – Glossario.

Aki Autunno.

Prima dell’adozione del calendario solare, avvenuta nel 1873, in Giappone le stagioni avevano un

corso diverso. L’autunno comprendeva i mesi di agosto, settembre, ottobre.

Akikusa Erbe d’autunno.

O ame no

ato akikusa o

kiri ni dete

Dopo lo scroscio

vorrei tagliare i fiori

vaghi nell’erba

Momoko Kuroda

Aki no cho Farfalla d’autunno.

Aki no kaze Vento autunnale.

Aki no kure Tardo autunno.

Aki no semi Cicala d’autunno.

Tonde kite

ha ni burasagari

aki no semi

Vola alla foglia

la cicala d’autunno

pendula resta

Momoko Kuroda

Aki no tsuki Luna d’autunno, la più bella dell’anno.

Aki samushi I primi freddi.

Ama no gawa La Via Lattea.

Letteralmente: “fiume del paradiso”.

Amaterasu.

È la dea di cui la religione Shinto dice che ha dato origine agli imperatori del Giappone.

Amida.

“Buddha della luce infinita” che simboleggia la tenerezza.

Ao Verde.

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Universo Haiku e dintorni. La poesia Haiku in lingua italiana.

188

Aogaeru Ranocchia.

Kigo dell’estate.

Ara Intensamente.

Arakida Moritake.

(1473 – 1549) Bonzo di alto rango al famoso tempio shintoista di Ise (nella zona sud della regione

Mie in Honshu, nota anche per la raccolta delle perle), viene ricordato per essere stato uno dei

fondatori dello Haikai.

Arô.

(1879 – 1951).

Hiyodori no

sorekiri nakazu

yuki no kure

Un uccello ha cantato

poi di nuovo silenzio

nel tramonto nevoso

Arô.

sorekiri: letteralmente “non più di quello”, “poi non più”; hiyodori: inglese bulbul.

Asagochi Vento mattutino di levante.

Asagochi ya

isoganu shigoto

bakarinite

Trovo al mattino

il vento di levante

nulla di urgente

Momoko Kuroda

Asagao Campanella.

Aware Nostalgia, transitorietà.

Un Haiku può essere permeato dal sentimento aware. Il sentimento della nostalgia, del rimpianto,

del tempo che passa, della caducità delle cose, dell’inutile affannarsi degli uomini, del dileguarsi del

mondo, dello svanire. Ma non c’è sofferenza; non è il sentimento della perdita irreparabile. C’è

invece la comprensione di questa caducità, la consapevolezza matura di appartenere ad essa

semplicemente. L’universo risiede nel dettaglio, nel particolare, nell’evento minuto. Percepire la

cosa minuta, apparentemente insignificante, come contenitore dell’universo stesso. Un’unica cosa.

La voce del fagiano.

Quanta nostalgia

per mio padre e mia madre.

Matsuo Basho

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La poesia Haiku in lingua italiana. Universo Haiku e dintorni.

189

Se ne va la primavera,

tremando, nell’erbe

dei campi.

Kobayashi Issa

Azayaka naru Crisantemi d’autunno.

Zangiku no

azayaka naru o

kiri tabane

smaglianti

gli ultimi crisantemi d’autunno

lego in un mazzo

Momoko Kuroda

Azuki Fagioli rossi bolliti e mescolati al riso.

Li mangiavano il 16 Gennaio, (giorno chiamato yabuiri). Era il giorno in cui i servi e i domestici

venivano autorizzati a tornare alle proprie case. Tali ritorni erano festeggiati in casa con piatti

particolari, come gli azuki.

Azuma uta Canti delle province orientali.

Bakufu.

Bakufu è sinonimo di “shogunato” e significa “governo della tenda”, in omaggio alle tende in cui

vivevano i militari durante le campagne.

Banryoku.

Scuola di Haiku di Kusatao Nakamura (1901 – 1983) che curava una rivista mensile: Banryoku “il

mondo coperto di verde”.

Basho Banano.

Pseudonimo preso da Matsuo Basho.

Benzaiten o Benten.

Originariamente personificazione del fiume indiano Sarasvati. Attraverso la Cina, nel VII secolo, si

è diffusa in Giappone, divenendo una delle sette dee della felicità oltre a tutelare il matrimonio, la

letteratura e la musica.

Bon Odori.

Danza in Kimono, che si ballava solo una volta l’anno, nel giorno in cui si festeggia l’Obon, la festa

dei defunti. Anticamente il giorno dell’Obon era la notte di luna piena di luglio e grazie ad essa si

poteva danzare tutta la notte insieme ai cari defunti.

Bunjin.

I bunjin erano letterati estremamente colti che si dedicavano alla pittura e alla poesia, si riunivano in

circoli esclusivi. Gli ideali dei bunjin erano edonismo e raffinatezza. Il bunjin è anche uno stile per

coltivare bonsai, il più elegante fra tutti e simula un albero nato in un luogo scomodo, soffocato da

altri alberi o in una zona spesso colpita da fulmini o da eventi atmosferici.

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Universo Haiku e dintorni. La poesia Haiku in lingua italiana.

190

Bunraku.

Teatro professionale di marionette. Nato in forma embrionale agli inizi del XVII secolo, si sviluppò

rapidamente raggiungendo la piena maturità nel secolo successivo. Il termine è di formazione

recente.

Bussoku-seki no uta.

È una forma di poesia composta da 38 sillabe in sei versi, secondo lo schema 5-7-5-7-7-7. Il nome

(poesia della pietra dei piedi di Buddha) deriva dalle presunte orme dei piedi del Buddha scolpite su

una pietra nel tempio Yakushiji, a Nara, su cui sarebbero state incise poesie di questo tipo con

caratteri cinesi, di contenuto religioso, che presentavano un’allusione all’orma dei piedi.

Chiyojo.

(1703 – 1775) Le notizie biografiche sono scarse e contrastanti. Alla comune tesi che fosse

diventata monaca buddista dopo la perdita del marito e della figlia, si oppone un’altra figura di

Chiyojo nubile. È concorde però il giudizio che fa della poetessa una delle massime personalità

femminili del mondo dello Haikai classico.

Chô Farfalla.

Choka.

È un genere poetico “lungo” contrariamente al Tanka (poesia “corta”).

Chonin Abitanti della città, ossia mercanti.

L’ideale estetico dei chonin era il colore, il ritmo vivace, il brio.

Edo.

Nome antico dell’odierna Tokyo, capitale del Giappone.

Furyu Gusto dello Zen.

Dentro il kata (la via) dell’Haiku c’è il naturalismo lirico dell’animo giapponese, ma anche il furyu,

ovvero “il gusto proprio dello Zen nella sua percezione dei momenti senza calcolo della vita”.

Fuyu Inverno.

Prima dell’adozione del calendario solare avvenuta nel 1873 in Giappone le stagioni avevano un

corso diverso. L’inverno comprendeva i mesi di novembre, dicembre, gennaio.

Fusei.

(1885 – 1979) Tomiyasu Fusei. Fu avviato alla poesia dal nonno e dal fratello maggiore. Dopo la

laurea in legge, lavorò al Ministero delle Comunicazioni. Con alcuni colleghi fondò la rivista di

Haiku “Giovani foglie”. Nel 1937 si ritirò dagli incarichi governativi per viaggiare e continuare a

scrivere. Ha pubblicato dodici volumi di Haiku, tra cui “Fiori d’erba” (1933) e “Gelida sera”

(1955).

Yoroboeru ga mo

Rinchuu no

Shizukasa ni

Anche la falena –

vacilla al silenzio

del fondo del bosco

Tomiyasu Fusei

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La poesia Haiku in lingua italiana. Universo Haiku e dintorni.

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Chichi no goto

Mata haha no goto

Ooonatsu ki

Come un padre,

e più come una madre –

il grande albero d’estate

Tomiyasu Fusei

Hanakuzu ni

Kuchi aku koi ya

Natsu mekite

A briciole di fiore

apre la bocca la carpa –

è giunta l’estate

Tomiyasu Fusei

Gan-jitsu Inizio d’anno.

Gianuhaiku.

Componimento poetico, proposto negli anni ’70 da Pietro Tartamella, formato da una coppia di

Haiku o Senryu o Haikai strettamente connessi. Il primo Haiku della coppia è detto “principale”, il

secondo Haiku è detto “frontale”. L’Haiku principale è formato da 5-7-5 sillabe. Caratteristica

dell’Haiku frontale è quella di essere composto con le stesse identiche lettere alfabetiche (non

sillabe) che compongono l’Haiku principale. L’Haiku frontale può non avere più la scansione di 5-

7-5 sillabe. Il secondo Haiku, quello frontale, esplora i contenuti semantici trasversali, i significati

subliminali nascosti nella sostanza sonora di cui è composto l’Haiku principale. Ecco due

Gianuhaiku di Pietro Tartamella:

Haiku principale Haiku frontale

abbandonato un tabù: Eva

un guanto sulla neve bada al mondo.

dov’è la mano? Sete allungavo, nonno.

Pietro Tartamella

già abbozzato Ogni lite schiocca

tra le ginocchia il cesto giù draghi, cigni.

raggi di giunchi A bozze ora battagli.

Pietro Tartamella

Giuseppe Ungaretti.

(1888 – 1970) Poeta italiano nato ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi. Il padre, operaio allo

scavo del Canale di Suez, morì due anni dopo la nascita del poeta in un incidente sul lavoro, nel

1890. La madre, Maria Lunardini, mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale

garantì gli studi al figlio, che si poté iscrivere in una delle più prestigiose scuole di Alessandria, la

Svizzera École Suisse Jacot. L’amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico e si

intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni

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Universo Haiku e dintorni. La poesia Haiku in lingua italiana.

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come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo;

Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata ed una badante

argentina. In questi anni, attraverso la rivista “Mercure de France”, il giovane si avvicinò alla

letteratura francese e, grazie all’abbonamento a “La Voce”, alla letteratura italiana: inizia così a

leggere le opere, tra gli altri, di Rimbaud, Mallarmé, Leopardi, Nietzsche, Baudelaire, quest’ultimo

grazie all’amico Moammed Sceab. Ebbe anche uno scambio di lettere con Giuseppe Prezzolini. Nel

1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza

della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso che divenne sede di

incontri per anarchici e socialisti. Lavorò per qualche tempo come corrispondente commerciale, ma

realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari. In

Italia raggiunse una certa notorietà presso il grande pubblico nel 1968, grazie alle sue intense letture

televisive di versi dell’Odissea (che precedevano la nota versione italiana del poema omerico per il

piccolo schermo, a cura del regista Franco Rossi). I critici parlano soprattutto di un legame tra la

poetica ungarettiana e gli Haiku, grazie alla grande forza evocativa che li accomuna.

Hachiban nikki.

Opera di Kobayashi Issa (1821; “Il diario numero otto”).

Haibun.

Componimento poetico costituito da parti in prosa intercalati da Haiku o Senryu. In genere è il

resoconto di un viaggio. Il testo in prosa è asciutto, essenziale, semplice. Gli Haiku che lo

intercalano non sono il riassunto di ciò che è stato scritto in prosa, ma aggiungono altri significati e

lo completano. Famosi gli Haibun del poeta Matsuo Basho.

Haiga.

Ogni composizione poetica (Haiku, Senryu, Haikai) abbinata ad una immagine. L’immagine può

essere una fotografia, un disegno, una pittura, un pittogramma, un frattale, un film, e qualsiasi altro

genere di “immagine”.

Haijin.

È “colui che compone Haiku” di professione, sia uomo che donna.

Haikai.

Componimento poetico rigorosamente composto di tre versi rispettivamente di 5-7-5 sillabe con

connotazione decisamente umoristica, comica, demenziale. Può o no contenere il Kigo o il Piccolo

Kigo. Non bisogna confonderlo con l’Haiku pervaso dallo stato d’animo Karumi (la delicatezza, la

leggerezza, l’innocenza, il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo umorismo, la visione leggera,

fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica). Nell’Haikai la connotazione umoristica è

decisamente marcata.

Il seguente componimento è un Senryu pervaso dal sentimento Karumi:

mio malgrado

ho pisciato qualche volta

nel lavandino

Pietro Tartamella

Il seguente componimento è invece un Haikai con connotazione decisamente comica:

Mordo la mela

e subito me ne accorgo:

c’è mezzo verme!

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La poesia Haiku in lingua italiana. Universo Haiku e dintorni.

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Pietro Tartamella

Haikai.

È un poema di 36, 50 o 100 versi di varia ispirazione composti da un gruppo di poeti che si

riunivano insieme in un ambiente che oggi potremmo definire tradizionale. Le stanze avevano

infatti un pavimento a tatami, con porte di legno scorrevoli, e la loro nudità, ovvero l’assenza di un

mobilio inteso all’occidentale, si confaceva allo spirito di tali riunioni. (Prima di questa forma,

esisteva il Renga, poesia a catena in cui ogni poeta declamava un verso che si legava al precedente.

Una sorta di Renga sopravvive oggi da noi soprattutto nelle sagre e nelle dispute vernacolari). Le

riunioni sui tatami avevano tutte le stesso iter: il poeta “maestro”, o chi veniva designato quale

iniziatore, cominciava con lo scrivere un verso detto Hokku, in tre righe di 5-7-5 sillabe, che

rimaneva comunque il più importante e indipendente in quanto “tema”. Un secondo poeta

aggiungeva in successione una strofa composta, questa volta, di 7-7 sillabe. Si continuava così con

alternata e simmetrica regolarità fino alla fine del poema. Le singole composizioni non venivano

firmate, all’inizio, ma lette ad alta voce. Poi se ne facevano un’analisi e un commento.

Haikai Shichibunshû.

Le sette antologie poetiche di Matsuo Bashô chiamate complessivamente Haikai Shichibunshû (Le

sette raccolte di Haikai) che riuniscono il meglio delle poesie di Bashô e dei suoi allievi.

Haiku.

L’Haiku è un componimento lirico di origine giapponese, senza titolo, che non giudica la realtà, ma

la fotografa fermando un attimo, un momento intenso che accade qui e ora permeato di specifici

stati d’animo, che contiene un riferimento a una stagione (Kigo) o a una parte del giorno (Piccolo

Kigo) o allo spazio (Kigo Misuralis) o al tempo (Kigo Temporis), strutturalmente formato da tre

stringhe o metri della misura rispettivamente di 5-7-5 sillabe entro cui si verifica un ribaltamento

semantico. (Definizione di Cascina Macondo.)

Haisan.

È un componimento poetico formato da tre versi. Il termine è composto dall’unione della prima

parte della parola Haiku: HAI e dalla parola SAN che in giapponese vuol dire TRE. Quindi

semplicemente “tre versi”. Sono gli Haiku liberi, che non rispettano le sillabe, che non rispettano il

Kigo. È un termine migliore di “pseudo-haiku” o “quasi-haiku” o “haiku impuro” che in qualche

modo esprimono un giudizio negativo, quasi definendo con un risolino l’intenzione del poeta che

voleva scrivere un Haiku ma non ci è riuscito. La parola che proponiamo non ha connotazione

negativa. Rispetta la scelta dei poeti che vogliono scrivere Haiku moderni, con sillabe libere e senza

essere vincolati dalla stagione. Ci sembra opportuno dare dignità a questa forma di poesia che molti

poeti occidentali, ma anche giapponesi, hanno scelto consapevolmente e che con vigore

propugnano. Ma ci sembra anche opportuno non chiamare questi componimenti Haiku. Il termine

Haisan, che proponiamo, ci sembra dignitoso e appropriato, e rispecchia la volontà degli Haijin che

hanno scelto questa via. (Definizione di Cascina Macondo.)

Hana Fior di ciliegio.

Kigo della primavera.

Hanabi Fuoco artificiale.

Letteralmente: “fiore di fuoco”.

Hana tsubaki Fior di camelia.

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Universo Haiku e dintorni. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Hanami.

Abitudine, molto diffusa in Giappone, di andare ad ammirare in gruppo la fioritura dei ciliegi nei

parchi e nei giardini pubblici, dove i giapponesi mangiano, danzano e bevono sakè, la bevanda

nazionale distillata dal riso fermentato.

Hankasen.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 16 strofe.

Harete “senza nubi”, “aperto”.

Haru Primavera.

Prima dell’adozione del calendario solare, avvenuta nel 1873, in Giappone le stagioni avevano un

corso diverso. La primavera comprendeva i mesi di febbraio, marzo e aprile.

Haru-gasami Nebbia di primavera.

Kigo della primavera.

Haru kaze Zefiro.

Haru no hi Giorno di primavera.

Kigo della primavera.

Haru no mizu Acque di primavera.

Kigo della primavera.

Haru no shimo Brina di primavera.

Kigo della primavera.

Haru no umi Il mare a primavera.

Kigo della primavera.

Haru-gasumi Brume di primavera.

Kigo della primavera.

Harusame Pioggerella primaverile.

Kigo della primavera

Hattori Ransetsu.

(1654 - 1707) Samurai prima di dedicarsi allo Haikai. È forse il più originale fra i dieci allievi

prediletti di Matsuo Basho. Nell’ultimo periodo della sua vita venne fortemente influenzato dal

pensiero Zen.

Hi.

Rivista letteraria giapponese.

Hi no nagai Lunghi giorni.

Hina Bambola (di Hinamatsuri).

Kigo della primavera (inizio primavera). Hina sono le bambole usate nella festa di Hinamatsuri, la

tradizionale festa delle bambine, che cade il 3 Marzo. Per l’occasione quindici bambole, di cui le

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più importanti sono la coppia del principe e della principessa, vengono disposte a piramide in ogni

casa in cui abiti una bambina.

Hinamatsuri.

Festa delle bambine. Tradizionale festa delle bambine, che cade il 3 Marzo. Per l’occasione quindici

bambole, di cui le più importanti sono la coppia del principe e della principessa, vengono disposte a

piramide in ogni casa in cui abiti una bambina.

Hiragama.

Uno dei due sistemi di scrittura ideogrammatica giapponese (l’altro sistema è il Katakana). Lo

Hiragana è una scrittura che indica soltanto la pronuncia di un termine. Derivata all’origine dagli

ideogrammi cinesi, ne è una semplificazione grafica, che non reca in sé un significato preciso

sempre legato, invece, a ogni singolo carattere cinese. Lo Hiragana entrò in uso dal periodo Heian

(794 – 1185) e per lungo tempo, data la facilità con cui si può apprendere, venne definito onnade (la

scrittura per le donne). Il Katakana, invece, è una vera e propria riproduzione parziale di certi

caratteri cinesi. Entrò nell’uso corrente per indicare termini stranieri, tuttora subito individuabili

perché, appunto, scritti secondo questa particolare forma di trascrizione fonetica.

Hito Fili.

Hokku.

Primo verso nella poesia Renga. Il poeta “maestro”, o chi veniva designato quale iniziatore,

cominciava con lo scrivere un verso detto Hokku, in tre righe di 5-7-5 sillabe, che rimaneva

comunque il più importante e indipendente in quanto “tema”.

Hosomi.

È il sentimento della delicatezza, della visione fine, sottile, delicata, acuta, affettuosa, sentimentale.

accostàti al bar

si baciano manici

curvi di ombrelli

Pietro Tartamella

Hototogisu.

Cuculus poliocefalus, uccello della specie del cuculo. Rivista giapponese di Haiku.

Iamatologo.

Studioso della cultura e della storia giapponese.

Iida Dakotsu.

(1885 – 1962) Si dedicò fin da giovane all’Haiku, divenuto poi il centro della sua attività, grazie

alle non scarse possibilità finanziarie. Creatore di immagini originali che risentono talora

dell’influsso della poesia occidentale.

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Yama-gumo ni

Kaesu kodama ya

Kera-tsutsuki

Battere del picchio –

le nuvole, dai monti,

rimandano l’eco

Iida Dakotsu.

Oku-yama no

Ten o utsuroo

Natsu hibari

Allodole d’estate –

dalle gole dei monti

balzano in cielo

Iida Dakotsu.

Iki.

Seduzione, grazia, raffinatezza. Uno dei sentimenti che può essere contenuto nell’Haiku, come il

Sabi, Wabi, Aware, Yugen, eccetera.

Inui.

Masayuki Inui, il cui “nom-de-plume” è Ban’ya Natsuishi. Masayuki Inui, nato ad Aioi (Giappone)

nel 1955, si è laureato a Tokyo e lavora come docente alla Meiji University. Nel 1998 ha fondato la

rivista “Ginyu” con Sayumi Kamakura. Nel 2000 ha fondato la World Haiku Association con Jim

Kacian e Dimitar Anakiev. Ha partecipato a molti convegni internazionali Haiku e organizzato

conferenze WHA e il Tokyo Poetry Festival nel 2008. È direttore della Modern Haiku Association

(Giappone). Ha pubblicato molte raccolte di Haiku e diversi testi relativi a questa forma poetica.

Vive a Fujimi, presso Tokyo.

Ishida Hakyo.

(1913 – 1969) Era nato a Matsuyama, la città situata in Shikoku, resa famosa da moltissimi haijin. È

autore di ben sette raccolte di Haiku.

Jack Kerouac.

(1922 – 1969) Jean-Louis Kerouac (soprannominato Ti Jean) nacque da genitori franco-canadesi

nella città industriale di Lowell, Massachussets. Suo padre, Leo Keroack (1889-1946) (modificò il

suo nome in “Kerouac” al suo arrivo negli Stati Uniti), era imparentato con Conrad Kirouac,

scrittore e botanico, mentre la madre, Gabrielle-Ange Lévesque (1895-1972), chiamata “Mémère”

dallo scrittore, era cugina del primo ministro del Québec dal 1976 al 1985, René Lévesque. La sua

infanzia, come egli stesso scrisse, fu serena malgrado la morte prematura del fratello maggiore

Gerard, avvenuta nel 1926, quando egli aveva soltanto quattro anni, lo avesse colpito fortemente.

Considerato uno dei maggiori e più importanti scrittori americani del proprio secolo, nonché “papa

dei beatnik”, il suo stile ritmato e immediato, chiamato dallo stesso Kerouac “prosa spontanea”, ha

ispirato numerosi artisti e scrittori, come il cantautore americano Bob Dylan. Le opere più

conosciute sono “I sotterranei”, “Sulla strada”, considerata il manifesto beat generation, “I

vagabondi del Dharma e Big Sur” che narrano dei suoi viaggi attraverso gli Stati Uniti. Jack

Kerouac è stato influenzato dalla scoperta degli Haiku, e questi, a loro volta, si sono trasformati

nelle sue mani. Tanto queste piccole poesie quanto lo scrittore si sono contaminati a vicenda,

creando reciprocamente una nuova immagine dell’altro, inusuale ma comunque fedele. Negli Stati

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La poesia Haiku in lingua italiana. Universo Haiku e dintorni.

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Uniti, prima di Jack Kerouac, hanno già contatto con l’Haiku Ezra Pound, William Carlos Williams,

Amy Lowell e Wallace Stevens. Dopo la seconda guerra mondiale cresce un concreto interesse per

questo genere; nel 1949 risale la pubblicazione del primo volume degli Haiku di R. H. Blyth e

l’Haiku entra ufficialmente in occidente. L’interesse di Kerouac per il buddismo inizia a

manifestarsi dopo il periodo road, tra il ’53 e il ’56, quando ancora non è celebre (“On the road” era

già stato scritto nel ’52, ma sarà pubblicato nel ’57). Da questi anni inizia a redigere una

grandissima quantità di testi ispirati al buddismo, riflessioni spirituali, meditazioni ed Haiku; questi

sono spessissimo incastonati in opere di prosa ed appunti. Kerouac si rende conto di non poter

rendere in inglese (ma questo principio vale in generale per tutte le lingue occidentali) la fluidità

delle sillabe giapponesi, ed ha così cercato di ridefinire l’Haiku, dando maggior rilievo in questa sua

riflessione al contenuto piuttosto che all’aspetto formale: «Lo Haiku occidentale deve proporsi

semplicemente di dire molto in tre versi, in qualsiasi lingua esso sia scritto. Innanzitutto un Haiku

dev’essere estremamente semplice, libero dagli artifici propri della poesia, e in grado di rendere

un’immagine lieve e graziosa […].».

L’Haiku per Kerouac, come per altri, ha quasi l’essenza di un genere figurativo. La scena o

l’oggetto devono essere guardati, anzi, fissati, e poi raffigurati, tanto da adottare questo principio

nella composizione: «Tieni l’occhio fisso sull’oggetto. Scrivi degli Haiku, poi dipingi la scena che

hai davanti agli occhi!». Un Haiku diviene davvero un ritratto e può essere talmente intenso da

comunicargli «la stessa sensazione che si prova guardando un dipinto di Van Gogh. È lì e tu non

puoi fare o dire niente fuorché guardare e restare sgomento di fronte all’intensità di ciò che stai

guardando.».

Jisei Addio al mondo.

Jōsō.

(1661 – 1704) Naitō Jōsō. Fu dapprima samurai, poi divenne monaco buddhista e si unì al gruppo di

amici poeti che faceva capo a Matsuo Bashô. Quando il maestro morì, portò il lutto per tre anni.

Matsu-kaze wo

uchikoshite kiku

kawazu kana

Odo la brezza

correr tra i pini

fra canti di rane

Naitō Jōsō

kigo: kawazu “rana/e”; uchi-koshite <utsu [3c2.3] (“colpire”) + kosu (“attraversare”); kawazu:

letteralmente “rane” (s’intende sottinteso naku, “cantano”, oppure no koe “delle … la voce”).

Jorge Luis Borges.

(1899 – 1986) Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo, (Buenos Aires, 24 agosto 1899 –

Ginevra, 14 giugno 1986), noto come Jorge Luis Borges, è stato uno scrittore, filosofo, poeta e

traduttore argentino. È ritenuto uno dei più importanti e influenti scrittori del XX secolo, ispirato tra

gli altri da Macedonio Fernández, Rafael Cansinos Assens, dalla letteratura inglese (Chesterton,

Shaw), da Franz Kafka, Emanuel Swedenborg e dal pensiero taoista. Narratore, poeta e saggista è

famoso sia per i suoi racconti fantastici, in cui ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche

con i classici temi del fantastico (quali: il doppio, le realtà parallele del sogno, i libri misteriosi e

magici, gli slittamenti temporali), sia per la sua più ampia produzione poetica, dove, come afferma

Claudio Magris, si manifesta: «l’incanto di un attimo in cui le cose sembra stiano per dirci il loro

segreto». Della vasta produzione letteraria di Borges fanno anche parte diciassette Haiku.

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198

La vasta noche

no es ahora otra cosa

que una fragrancia.

La vasta notte

non è ora altra cosa

che una fragranza.

Jorge Luis Borges

Lejos un trino.

El ruiseñor no sabe

que te consuela.

Lontano un trillo.

L’usignolo non sa

che ti consola.

Jorge Luis Borges

La vieja mano

sigue trazando versos

para el olvido.

La vecchia mano

continua a tracciare versi

per l’oblio.

Jorge Luis Borges

(traduzione di Anna Lisa Somma)

Kabuki.

Forma di teatro spettacolare, nata nel Seicento come espressione della nuova “cultura popolare” che

andava affermandosi e acquistando autonomia rispetto a quella classica. Anche se oggi si tende a

farlo derivare dall’aggregazione di una serie di forme di spettacolo, tradizionalmente esso avrebbe

origine dalle danze di Okuni, sacerdotessa di Izumi, che si esibiva vestita da uomo, in

rappresentazioni molto realistiche, a Kyoto. A causa degli scandali creati dalle attrici, nel 1629 il

governo diffidò le donne dal comparire sul palcoscenico e queste vennero sostituite da giovani

attori, dando così origine al “wakashu kabuki”. I tafferugli sorti per i favori di questi giovinetti non

erano inferiori ai precedenti e anche costoro, nel 1652, furono banditi. Da allora il Kabuki divenne

sempre più professionale, ma sempre esclusivo appannaggio di attori maschi.

Kaitei.

Periodico giapponese di Haiku, fondato nel 1962 da Kaneko Tohta (1919 – ) presidente onorario

della Modern Haiku Association, in opposizione a Shiki e al Renga, può avere la forma del Kasen o

del Hankasen.

Kami Significa anche “divino”.

Kami no kao Il volto del dio.

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199

Kamo.

Tipo di “kireji” che si trova a fine verso (si possono trovare anche “kana”, “keri” e “yo”). Si tratta

di parole alla soglia tra il livello semantico e quello puramente musicale-sonoro; di segni cui

sarebbe andata tutta la simpatia di Barthes, se il semiologo ne avesse parlato. In poche parole,

rappresentano una “pausa” o battuta d’arresto, di sospensione del significato. La funzione di questo

particolare genere di pausa è di aprire, a metà o alla fine di un verso, un intervallo (proprio della

musica tradizionale nipponica e chiamato “ma”, “pausa” appunto), ossia di creare una risonanza o

un effetto simile all’eco. In uno spazio, interiore o esterno. E in un tempo. Intraducibile, si dice.

Intraducibile solo sul piano del significato, ma, come significante, assolutamente non da ignorare.

Rappresentabile, è il nostro caso, con un trattino lungo di valore analogo. Un valore giustificato ed

esaltato, in giapponese s’intende, da una lettura soprattutto ad alta voce, secondo gli usi dell’epoca

che diede vita all’Haiku come genere poetico.

Kana.

Tipo di “kireji” che si trova a fine verso (si possono trovare anche “kamo”, “keri” e “yo”). Si tratta

di parole alla soglia tra il livello semantico e quello puramente musicale-sonoro; di segni cui

sarebbe andata tutta la simpatia di Barthes, se il semiologo ne avesse parlato. In poche parole,

rappresentano una “pausa” o battuta d’arresto, di sospensione del significato. La funzione di questo

particolare genere di pausa è di aprire, a metà o alla fine di un verso, un intervallo (proprio della

musica tradizionale nipponica e chiamato “ma”, “pausa” appunto), ossia di creare una risonanza o

un effetto simile all’eco. In uno spazio, interiore o esterno. E in un tempo. Intraducibile, si dice.

Intraducibile solo sul piano del significato, ma, come significante, assolutamente non da ignorare.

Rappresentabile, è il nostro caso, con un trattino lungo di valore analogo. Un valore giustificato ed

esaltato, in giapponese s’intende, da una lettura soprattutto ad alta voce, secondo gli usi dell’epoca

che diede vita all’Haiku come genere poetico.

Kana.

È l’espressione abbreviata per indicare i due sistemi sillabici fonetici Hiragana e Katakana. Lo

Hiragana è una scrittura che indica soltanto la pronuncia di un termine. Derivata all’origine dagli

ideogrammi cinesi, ne è una semplificazione grafica, che non reca in sé un significato preciso

sempre legato, invece, a ogni singolo carattere cinese. Lo Hiragana entrò in uso dal periodo Heian

(794 – 1185) e per lungo tempo, data la facilità con cui si può apprendere, venne definito onnade (la

scrittura per le donne). Il Katakana, invece, è una vera e propria riproduzione parziale di certi

caratteri cinesi. Entrò nell’uso corrente per indicare termini stranieri, tuttora subito individuabili

perché, appunto, scritti secondo questa particolare forma di trascrizione fonetica.

Kanbun.

Prosa cinese.

Kanjaku.

Quiete, attitudine mentale, un’attitudine di “quiete” (kanjaku) e di modestia volta a cogliere

l’intima, lineare bellezza delle cose semplici.

Kari Oca selvatica.

Karumi.

È il sentimento della leggerezza e dell’innocenza, è il piccolo sorriso, la piccola ironia, il piccolo

umorismo, la visione leggera, fanciullesca, libera dal peso della cultura e della tecnica.

bimbe sedute

sullo scìvolo vanno

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200

coricandosi

Pietro Tartamella

Kasen.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku formato da 36 strofe.

Kata Via.

L’Haiku è un kata, cioè una via, con propri percorsi e specifiche caratteristiche.

Katakana.

Uno dei due sistemi di scrittura ideogrammatica giapponese (l’altro sistema e lo “Hiragama”). Il

Katakana, invece, è una vera e propria riproduzione parziale di certi caratteri cinesi. Entrò nell’uso

corrente per indicare termini stranieri, tuttora subito individuabili perché, appunto, scritti secondo

questa particolare forma di trascrizione fonetica. Lo Hiragana è una scrittura che indica soltanto la

pronuncia di un termine. Derivata all’origine dagli ideogrammi cinesi, ne è una semplificazione

grafica, che non reca in sé un significato preciso sempre legato, invece, a ogni singolo carattere

cinese. Lo Hiragana entrò in uso dal periodo Heian (794 – 1185) e per lungo tempo, data la facilità

con cui si può apprendere, venne definito onnade (la scrittura per le donne).

Kato Kyotai.

(1732 – 1792) Di Nagoya, entrò nel mondo dell’Haikai fin dal 1759. Lo accomuna a Buson l’attenta

osservazione, più che della natura in sé, di quel complesso di emozioni e di reazioni che

caratterizzano l’essere umano.

Kawabata Bosha.

(1900 – 1941) Dedito alla pittura e alla meditazione Zen, trascorse vari anni in un monastero Zen a

Kyoto, finché la salute cagionevole e una malattia alle ossa non lo costrinsero all’immobilità. La

pubblicazione di tutti i suoi Haiku è postuma. Collaborò alla rivista Hototogisu.

Hotaru-bi no

Yooraku tareshi

Migiwa kana

Ai bordi dell’acqua –

il lume delle lucciole

sgocciola perle

Kawabata Bosha

Maimai no

Minawa ni kane no

Hibiki kana

Nei circoli sull’acqua

che disegna il ragno –

l’eco della campana

Kawabata Bosha

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201

Suishoo no

Nenju ni utsuru

Wakaba kana

Nel mio rosario

di cristallo – si specchiano

giovani foglie

Kawabata Bosha

Kawazu Rana.

Kigo dell’estate.

Ke-mushi Vello dorato di un bruco.

Keri.

Tipo di “kireji” che si trova a fine verso (si possono trovare anche “kamo”, “kana” e “yo”). Si tratta

di parole alla soglia tra il livello semantico e quello puramente musicale-sonoro; di segni cui

sarebbe andata tutta la simpatia di Barthes, se il semiologo ne avesse parlato. In poche parole,

rappresentano una “pausa” o battuta d’arresto, di sospensione del significato. La funzione di questo

particolare genere di pausa è di aprire, a metà o alla fine di un verso, un intervallo (proprio della

musica tradizionale nipponica e chiamato “ma”, “pausa” appunto), ossia di creare una risonanza o

un effetto simile all’eco. In uno spazio, interiore o esterno. E in un tempo. Intraducibile, si dice.

Intraducibile solo sul piano del significato, ma, come significante, assolutamente non da ignorare.

Rappresentabile, è il nostro caso, con un trattino lungo di valore analogo. Un valore giustificato ed

esaltato, in giapponese s’intende, da una lettura soprattutto ad alta voce, secondo gli usi dell’epoca

che diede vita all’Haiku come genere poetico.

Kessha.

Anche dopo la nascita dell’Haiku, la tradizione di fare un circolo con un maestro-poeta o una

maestra-poetessa è proseguita. Questi circoli si chiamano Kessha. «In Giappone, definiamo l’Haiku

“una letteratura delle riunioni” o “la letteratura delle riunioni e dello spirito solitario”.» (Junko

Saeko).

Ki.

(in cinese: qi) Concetto intraducibile che indica lo spirito, l’energia vitale, l’essenza vitale. È uno

dei concetti più alti e indefinibili del pensiero orientale.

Kigo.

Termine riguardante la flora, la fauna, avvenimenti religiosi o popolari giapponesi, cibi, che sta ad

indicare una precisa stagione. L’antologia che raccoglie ogni tipo di Kigo, descrivendolo nei

dettagli, è Saijiki o “Antologia delle quattro stagioni”, tuttora indispensabile per uno haijin o uno

iamatologo. Le regole classiche della poesia Haiku impongono che all’interno delle 17 sillabe vi sia

inserita una “informazione” che faccia riferimento a una stagione. Può essere un frutto, una festa,

una ricorrenza, un qualcosa che ricordi, evochi, si riferisca a una stagione (castagna, grano,

papavero, farfalla, lucciola, neve, carnevale, melograno in fiore, foglie cadute, …).

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202

Kikaku.

(1660 – 1707).

Inazuma ya

kinô wa higashi

kyô wa nishi

Ah, i lampi!

ieri ad oriente

oggi a occidente

Kikaku

kigo: inazuma “lampi”; kinô ... kyô: “ieri ... oggi”; higashi ... nishi: “oriente ... occidente”

Kimono.

Abito cerimoniale.

Kireji – Kana.

Il Kireji e il Kana nell’uso giapponese sono una manciata di sillabe che si mettono nell’Haiku al

solo scopo di creare una pausa, una vaga attesa (Kireji = esclamazione di stacco, Kana =

esclamazione conclusiva che crea un’atmosfera). Sono parole senza un vero significato, quasi segni

di interpunzione con aspetto fonico che a volte sono portatrici di una emozione. Una sospensione

suggestiva che crea un vuoto nella percezione. Nella lingua italiana non esiste una corrispondenza

con il Kireji e il Kana. Una vaga somiglianza possono essere i nostri segni di interpunzione, come il

trattino. Vedasi il seguente Haiku di Fabrizio Virgili:

sazia di grano

– un ramo la nasconde –

ride la lepre

Fabrizio Virgili

Kireji significa letteralmente “il termine che taglia”, ossia che sospende il discorso poetico, creando

una pausa. In inglese, l’espressione tradotta corrispondente è cutting-word. Non esiste un

equivalente preciso e comune nelle lingue occidentali. Noi lo abbiamo risolto, e anche in seguito lo

renderemo, con un trattino, che ha la funzione di invitare il lettore a trovare un legame tra le due

parti del poemetto. “ya” è il kireji più usato a metà verso, mentre, in posizione di chiusura, si

possono trovare “kama”, “kano”, “keri” e “yo”.

Kiri-shigure Nebbia-piovasco primaverile.

Kiru o kubi Tagliare il collo.

Kobayashi Issa.

(1763 – 1828) Issa nacque a Kashiwabara, attuale Shinano, nel 1763; il suo vero nome era

Nobuyuki. La sua vita fu attraversata da una serie di vicissitudini alquanto dolorose. La madre morì

quando Issa era ancora un bambino ed il padre si risposò una seconda volta. I forti dissapori con la

matrigna lo costrinsero ad abbandonare la casa paterna all’età di 13 anni. Si recò a Edo, attuale

Tokio, dove, per molti anni, condusse una vita di stenti e di miseria. Nel 1787 iniziò a frequentare la

scuola di Haiku “Katsushika” ed a scrivere componimenti. Nel 1791, alla morte del suo maestro, fu

designato a succedergli. Ben presto, però, Issa abbandonò l’incarico per intraprendere un viaggio

nelle regioni del sud-est del Giappone. Alla morte del padre, nel 1801, benché il poeta fosse il suo

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203

erede principale, la matrigna riuscì per oltre 13 anni a tenerlo lontano dalle proprietà ereditate. Solo

nel 1814 egli poté stabilirsi nella casa paterna. Si sposò con una giovane donna del luogo, dalla

quale ebbe 4 figli. Sfortunatamente, dopo pochi anni morirono sia la moglie che i bambini; anche la

casa fu distrutta in un incendio. Issa si sposò una seconda volta, e da questa unione nacque una

bambina. Issa morì all’età di 65 anni. Gli eventi della vita hanno lasciato un segno profondo nei

suoi Haiku, che di frequente parlano di sentimenti relativi alle sue vicende personali. Sentimenti

che, pur rivolti ad aspetti anche tragici della vita, sono evocati con uno spirito lieve e

compassionevole o ironico ed umoristico, ma mai rabbioso o aggressivo. Issa infatti, spinto

fermamente dalla devozione per la dottrina Buddista, mantenne sempre intatti l’animo fanciullesco

e l’amore per ogni manifestazione della vita. Accanto a Basho e a Buson è considerato un haijin di

tutto rilievo. Si distingue per la profonda, bonaria umanità e per la ricca varietà di registri, così

come, nella vita privata, per la straordinaria serenità con cui seppe accettare non poche sventure. È

apprezzato autore di Haikai e soprattutto di Haibun, componimenti in prosa costellati di Haikai.

L’infanzia infelice e le numerose difficoltà incontrate durante la vita sono alla base delle sue

composizioni, caratterizzate dalla diretta manifestazione dell’io dell’autore e dalla simpatia per tutto

ciò che è debole e vulnerabile nel mondo umano o animale. L’uso del linguaggio quotidiano,

l’abbondanza delle onomatopee e il ricorso a forme dialettali danno alle sue poesie, talvolta ricche

di umorismo e ironia, una freschezza particolare. Fra i suoi Haibun si ricordano: “Shichiban nikki”

(1810 – 18; “Il diario numero sette”), “Hachiban nikki” (1821; “Il diario numero otto”) e (1819; “Le

mie primavere”).

Tada oreba

Oru tote yuki no

Furi ni keri

C’ero soltanto.

C’ero.

Intorno mi cadeva la neve.

Kobayashi Issa

Kiru ki tomo mo

Shirade ya tori no

Su o tsukuru

Non sa che taglieranno l’albero

l’uccellino:

prepara il nido.

Kobayashi Issa

Tsuyu no yo wa

Tsuyu no yo nagara

Sari-nagara

Mondo di rugiada

solo un mondo di rugiada

che svapora.

Kobayashi Issa

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204

Akebono no

Sora iro koromo

Kae ni keri

Il giorno irrompe

il colore del cielo

si cambia d’abito.

Kobayashi Issa

Uguisu ya

gozen e detemo

onaji koe

L’usignolo canta

dinanzi a sua maestà

lo stesso canto

Kobayashi Issa

go-zen: go- prefisso che indica trattarsi di persona onorevole; zen = mae: “dinanzi”; dete <deru:

“andare”, “apparire”; onaji: “lo stesso”.

Asagao no

hana de fuitaru

iori kana

La mia capanna

è ricoperta

da convolvoli in fiore

Kobayashi Issa

fuitaru < fu(eru) che esprime l’idea di crescere abbondantemente in altezza.

Yû-zakura

kyô mo mukashi ni

nari ni keri

Ciliegi in fiore sul far della sera

anche quest’oggi

è diventato ieri

Kobayashi Issa

mukashi: letteralmente “tempo passato”.

Furusato ya

hotoke no kao no

katatsumuri

Ah, il mio luogo natio

il volto della lumaca

è quello del Buddha

Kobayashi Issa

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205

kigo: katatsumuri “chiocciola di terra”.

Shiratsuyu no

tama fungaku na

kirigirisu

Grillo

non calpestare le gocce

di bianca rugiada

Kobayashi Issa

kigo: kirigirisu, “grillo”; shira ... tama: “bianche … gocce”, forse perché illuminate dal plenilunio,

“gocce” (tama); fungaku na: “non calpestare”.

Kojiki.

Annali di eventi antichi (del secolo ottavo). È il più antico libro giapponese.

Kotatsu.

Tavolino molto basso, con sottostante braciere, e piano dotato di una trapunta sotto cui infilare le

gambe per riscaldarsi.

Kubi o Kiru Tagliare il collo.

Kuyu Amante dell’Haiku, appassionato.

Kwatz.

È un’esclamazione Zen volutamente priva di senso, come totsu!

Kyorai.

(1651 – 1704) Mukay Kyorai. Altro discepolo di Matsuo Bashô, versato nelle arti marziali e nel tiro

con l’arco. Le sue poesie riaccentuano il distacco emotivo dalle cose, già tematizzato dal maestro.

La sua opera più interessante (“Kyoraishô”, “Conversazioni con Kyorai”) tratta dei principi poetici

degli haijin dell’epoca, offrendo quindi uno spaccato dall’interno della loro attività.

Suzushisa no

noyama ni mitsuru

nembutsu kana

Cantando la glora del Buddha

la frescura riempie

i campi ed i monti

Mukay Kyorai

kigo: suzushisa “frescura”; no (“campi”) yama (“monti”); mitsuru < mi(tasu) [3a9.25]: “riempire”.

Kyoroku.

(1655 – 1715) Morikawa Kyoroku. Samurai della provincia di Ômi nonché tardivo ma validissimo

discepolo di Matsuo Bashô, del quale, forse, fu a sua volta insegnante di pittura. È ricordato anche

come curatore della prima raccolta di Haibun (antologia di prose poetiche), che comprendeva brani

del maestro e della sua scuola.

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Imo wo niru

nabe no naka made

tsukiyo kana

Pur nella pentola

dove bollo patate

la notte di luna!

Morikawa Kyoroku

letteralmente “Persino (made) dentro la pentola (kabe no naka) che bolle (niru: 4d8.9) le patate (imo

wo) la notte (yo) di luna (tsuki)! (kana)”.

Kyôshi.

(1874 – 1959) Takahama Kyôshi.

Saezuri

takamari owari

shizumarinu

Un canto d’uccello

s’innalza svanisce

silenzio

Takahama Kyôshi

kigo: saezuri, “gorgheggio”; takamaru: “innalzarsi”; owaru: “finire”.

Letteratura giapponese.

La letteratura giapponese è tra le più ricche che esistono, sia per la vastità di produzione, sia per la

raffinatezza delle ricerche estetiche. La sua evoluzione è in stretto rapporto con lo sviluppo storico

del paese: nata dal folclore – che è tuttora ricco e vario – essa acquistò coscienza di sé di fronte

all’influsso della cultura cinese, divenne patrimonio di una aristocrazia, per raggiungere infine il

popolo soprattutto con il romanzo e il teatro, diffondendo nuove dottrine sociali e, a partire dall’era

Meiji, le idee occidentali. Caratteristiche fondamentali della letteratura giapponese sono state in

ogni epoca il profondo senso della natura e la sottile indagine psicologica. La letteratura e la poesia

in particolare furono sempre oggetto di un vero culto e vennero coltivate con passione da persone di

ogni classe sociale. Ancora oggi alle giurie dei concorsi annuali di poesia vengono sottoposte varie

decine di migliaia di componimenti. La prosa giapponese nacque nell’VIII secolo col Kojiki,

compilazione di testi mitico-storici tramandati sino allora oralmente: parallelamente veniva usata

anche, in opere analoghe, come il Nihongi la lingua cinese. Già in questi testi appaiono raccolti

anche componimenti poetici, che più tardi formarono una vasta antologia, il Manyoshu, che mostra

ormai fissate le forme metriche che rimarranno canoniche: versi di cinque e sette sillabe alternati,

non rimati, che formano Nagauta, Tanka di 5-7-5-7-7 sillabe, Haiku di 5-7-5. Nell’epoca classica di

Heian (794 – 1185), i letterati preferirono coltivare la lingua e lo stile cinesi, mentre un gruppo di

dame di corte dava grande dignità letteraria alla prosa in lingua giapponese, creando i due generi del

diario (Nikki) e del racconto romanzesco (Monogatari). Nel 905, per ordine imperiale, Ki no

Tsurayuki compilò l’antologia poetica “Kokin-Waka Shu”, ma per scrivere il proprio diario (“Tosa

nikki”) preferì nascondersi sotto uno pseudonimo femminile. Il romanzo “Genji monogatari” (inizi

dell’XI secolo) di Murasaki Shikibu, e il diario “Makura no soshi”, della sua rivale Sei Shonagon,

costituiscono le massime vette di questa produzione, che conosce tutte le raffinatezze dello

psicologismo e dell’introspezione, e insieme, due capolavori della letteratura mondiale. Nell’epoca

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207

Kamakura (secoli XII – XIV) le arti della guerra tendono a eclissare l’arte letteraria. Kenko (1283 –

1350) esprime, in “Tsurezure-gusa”, la sua malinconia nell’assistere alla decadenza degli usi del

passato, mentre il monaco Kamo no Chomei (1154 – 1216) dava un’impronta definitiva all’estetica

e all’arte giapponese, ispirandosi al buddhismo Zen nel suo “Hojoki”, ove sono rievocate le vicende

tragiche del suo tempo. Nel clima militaresco dell’epoca, il romanzo assume i tratti dell’epopea

guerresca o gunki (“Heike monogatari”, Taiheiki). Queste opere saranno una miniera di soggetti per

il teatro: dapprima per il “No”, che sorge in epoca Muromachi (1338 – 1573), e soprattutto, in

seguito per il “Bunraku” (teatro di marionette) e per il “Kabuki” Zeami (1363 – 1443), attore e

autore di molti celebri “No”, espone la sua estetica teatrale nel “Kadensho”. Gli altri due generi, in

cui si distinsero Chikamatsu (1653 – 1724), Mokuami (1816 – 1893) e molti altri, avranno il loro

pieno sviluppo nel periodo Yedo (1603 – 1868). A partire dal XVII secolo, la letteratura giapponese

ampliò straordinariamente la propria tematica e non vi fu aspetto della realtà che essa non

affrontasse. Ciò è vero soprattutto per il romanzo: le opere di Ihara (1641 – 1693), acuto descrittore

dei costumi del suo tempo, si affiancano ai romanzi-fiume di Kyokutei Bakin (1767 – 1848) e ai

romanzi umoristici e licenziosi di Jippensha Ikku (1765 – 1831) e di Santo Kyoden (1761 – 1816).

Queste opere sono spesso ambientate nei quartieri del vizio e i protagonisti sono mercanti o soldati.

Massimo poeta dell’epoca è Matsuo Basho (1643 – 1694), fondatore di una scuola originale di

Haiku. La disputa, nata intorno al 1670, tra i Wagakusha, cioè i propugnatori di una cultura

propriamente giapponese, e i Kangakusha, fedeli alle lettere cinesi, si risolse a vantaggio dei primi

con Motoori Norinaga (1730 – 1801), i cui lavori storici e filologici contribuirono a preparare la

caduta dello shogunato. La lingua scritta si identifica con la lingua parlata intorno al 1880 e nel

1887 Futabatei Shimei pubblica il primo romanzo in lingua parlata “Nuvole fluttuanti”

(“Ukigumo”). Ma il vero sviluppo della letteratura moderna, guidato da Shoyo Tsubouchi (1859 –

1935), si ebbe soltanto dopo la guerra russo-giapponese e con la massiccia influenza delle

letterature occidentali. Le dottrine del Romanticismo vennero raccolte da Kunikida Doppo, che

ebbe come continuatore Soseki Natsume, mentre già altri scrittori si volgevano al naturalismo

(Shimazaki Toson), all’antinaturalismo (Mori Ogai) e alla problematica sociale (Arishima Takeo).

Nel periodo della “lotta delle scuole” (1908 – 1930) il romanzo è l’arma preferita degli scrittori,

così come è il genere preferito dai lettori. Con la fondazione del circolo Shirakaba (“Betulla

bianca”, 1910) da parte di Mushakoji Saneatsu, e del circolo Richi (“Intellettualismo”), una

sfumatura di idealismo viene a temperare il realismo dei grandi scrittori contemporanei, Junichiro

Tanizaki, Nagai Kafu e Shiga Naoya. Anche il saggio (zuihitsu) e il racconto, in cui si è distinto

soprattutto Ryunosuke Akutagawa, godono di notevole favore tra gli scrittori e tra il pubblico. Nel

teatro, dove è ancora sensibile l’influsso di Shoyo Tsubouchi e delle sue traduzioni di Shakespeare,

vari movimenti hanno cercato di creare un’arte drammatica sciolta dalla tradizione, ma senza

particolare successo, sino a Junji Kinoshita (Yuzuzu, 1949). Invece il Kabuki è ancora molto

popolare e non esita a rappresentare adattamenti di drammi europei. Fra il 1930 e il 1945

l’atteggiamento politico dominante e poi la guerra non permisero di avere grande influenza a un

movimento d’avanguardia che prese il nome di Shinkankakuha. I suoi membri rivendicarono la

propria indipendenza tra gli scrittori del Sengoha o “gruppo del dopoguerra”, la cui produzione,

delusa e violenta, fa ampiamente posto ai racconti sugli orrori della guerra e le ingiustizie sociali;

sono da ricordare Yasunari Kawabata (1899 – 1972), che nel 1968 venne insignito del premio

Nobel, Hiroshi Noma (n. 1915), Taijun Takeda (1912 – 1976) e, più noti in Occidente, Junichiro

Tanizaki (1886 – 1965), Naoya Shiga (1883 – 1971) e Yukio Mishima (1925 – 1970), che morì

suicida come Yasunari Kawabata. La generazione successiva si assunse il compito di “spianare la

terra sconvolta” e costituì il “secondo gruppo degli uomini nuovi”, al quale si contrapposero i

rappresentanti del “terzo gruppo degli uomini nuovi” (“Daisan no Shinnin”), di cui fu animatore

Shotaro Yasuoka, che alla raffinatezza della tecnica letteraria associano un’acuta sensibilità per i

problemi della realtà attuale: sono da ricordare Kobo Abe (n. 1924), Shintaro Ishihara (n. 1932) e

Kenzaburo Oe (n. 1935), lucido interprete della crisi giovanile del periodo postbellico. Attiva e

fervida di impegno è inoltre la corrente degli scrittori proletari raccolti nel gruppo “Shin Nippon

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Bungaku Kai” (“Nuova associazione letteraria giapponese”), che pubblica la rivista “Shin Nippon

Bungaku” (“La letteratura del nuovo Giappone”): ne sono emersi oltre a Hizabayashi Taiko e

Hayama Yoshiki, Shiina Rinzo (1911 – 1973), che esprime un’inquieta problematica esistenziale,

Hiroshi Noma (n. 1915), autore di un romanzo altamente antimilitarista, “La zona del vuoto”

(“Shinku chitai”) ambientato in una caserma giapponese, e Hauro Umezaki (1915-1965), di cui

hanno avuto buon successo racconti di guerra come “Fuoco” (“Hi”, 1965). Memoria critica della

guerra si trova anche nei romanzi del popolare Shohei Ooka (n. 1909), “Fuochi sulla pianura”

(“Nobi”) e “Memorie di guerra di Leyte”. Quasi esclusivamente dediti alla saggistica sono, oltre a

Sei Ito (n. 1905), Ken Hirano, Mitsmo Nakamura, Jun Eto. Anche la poesia ha avuto, a partire dal

secondo dopoguerra, una notevole fioritura, come attestano le numerose riviste, di ispirazione per lo

più occidentalizzante, sorte a esprimere tendenze e problemi nuovi: da “Shin Nippn Shijin” (“Nuovi

poeti giapponesi”), organo della scuola proletaria, a “Nippon-mirai-ha” (“La scuola futurista

giapponese”), a “Jikan” (“Il tempo”), di orientamento neorealista, a “Shigaku” (“Arte poetica”),

portavoce della cultura ufficiale. La Tanka e lo Haiku, forme tipiche della poesia giapponese, hanno

mantenuto ancora numerosi cultori mentre più sottile se ne va facendo, da parte della critica, la

valutazione storica e strutturale. Nel panorama della più recente produzione giapponese si vedono

affiorare motivi di inquietudine che si uniscono a temi e filoni più tradizionali. Talvolta la crisi si

proietta su una tematica apocalittica: si veda ad esempio il successo di “Il Giappone affonda”

(1973) di Sakyo Komatsu; e ancora “Corrente nera” (1975) di Agawa Hiroyuki, “L’isola della

morte” (1972) di Sata Ineko che invece si rivolgono al recente passato, essendo ambientate negli

anni della guerra. In altri casi la ricerca prende una direzione interiore, sulle orme di Yasunari

Kawabata, come nelle opere di Kaiko Takeshi, Kenzaburo Oe, e nella tematica cattolica di Shusaku

Endo, il cui “Silenzio” è stato tradotto in italiano (1973), come pure “Vita di Gesù”. Gli ultimi anni

vedono anche introdursi in modo sempre più insistente il tema del sesso; ciò si può collegare

all’invasione dell’industria della pornografia, specie nel settore del cinema. Particolare rilievo

merita l’opera di Murakatami Ryu “Quasi di un blu trasparente” (1976). La forma del racconto

rimane senz’altro la più coltivata e in questo campo possiamo citare Akiyuki Nozaka, già autore de

“I pornografi”, Yumiko Kurahashi e Mitsuharu Inoue che sviluppano tecniche narrative

d’avanguardia. Negli anni Ottanta si è sviluppata una letteratura preoccupata della propria funzione

nella società, in un tentativo di giudicare e superare la fase introspettiva della generazione degli anni

Settanta. L’amara constatazione di esiti fallimentari delle due tendenze ha spostato l’attenzione su

nuovi tipi di sperimentazione, piuttosto che su intenti di carattere più strettamente contenutistico e

valutativo. La letteratura è venuta quindi esprimendosi in fantasie favoleggianti o utopistiche (anche

in opere di ambientazione storica) o in crude e vive descrizioni dell’attuale realtà giovanile.

Rappresentative della prima tendenza sono opere come: “Quando soffiava il vento forte” (1980) di

Jun Ishikawa; “La commedia divina” (1980) di Kyojin Onishi, ambientata durante la seconda guerra

mondiale a Tsushima; “La gente di Kiriki” (1981) di Hisashi Inoue; “Hongo” (1982) di Junji

Kinoshita e “Ogikubo Fudoki” (1982) di Masuji Ibuse, entrambe opere biografiche. Alla seconda

tendenza appartengono le opere di scrittori più giovani come: “Coin Locker Babies” (1980) di Ryu

Murakami; “Complesso ebraico sperimentale” (1980) di So Aono; “L’epoca dei peli di gatto”

(1982) di Satoshi Aono. È evidente il salto generazionale tra gli scrittori più anziani e quelli

cresciuti dopo la seconda guerra mondiale, i primi più lenti e restii ad accettare i cambiamenti della

società contemporanea, i secondi più pronti nel reagire alle innovazioni e meno legati a vecchi

schemi. Anche nel campo della sperimentazione di nuove formule il mondo giovanile presenta

proposte più avveniristiche, influenzato, più che dalla parola stampata, dalla cultura di immagini

grafiche imposta dall’industria dei mass-media. Per quel che riguarda il romanzo più recente, alla

fine degli anni Ottanta si sviluppa una produzione particolarmente ricca cui la critica ha

concordemente attribuito un elevato grado qualitativo. Sono da ricordare i romanzi storici:

“Confucio” ultima opera del fecondo Inoue Yasushi (1907 – 1991) e “Tradimento” di Endo

Shusaku e i romanzi di genere diverso: “Il notes del canguro”, di A. Kobo, “Canto di gloria” di N.

Kenji, “Vita tranquilla” di Oe Kenzaburo e “Il nome del paese” di T. Noboru, tutti editi nel 1990.

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La letteratura femminile ha presentato forme e tematiche peculiari. La critica dello stile di vita

tradizionale ha accomunato autrici come E. Fumiko (1905 – 1986) e A. Sawako (1931 – 1984); di

grande rilievo pure l’opera di un’altra scrittrice, anch’essa recentemente scomparsa, Nogami Yaeko

(1885 – 1985). Tra le opere più significative: “La persona arrabbiata” di T. Takako (1985), “Il robot

della notte” (1987) di M. Mizuko e “Dentro la pentola” di M. Kyoko (1987). Nella saggistica molte

opere critiche si rivolgono all’interpretazione di temi tradizionali, con una rivalutazione dei periodi

più recenti e del concetto di modernità. Eventi di peso sono stati la scomparsa di Hideo Kobayashi

(1902 – 1983), caposcuola ideale della critica giapponese più recente, e la nascita di nuove riviste di

critica della letteratura; negli anni Novanta saranno soprattutto opere politiche e sociali a

rappresentare questo genere: “Il Giappone che deve dire di no” di I. Shintaro e M. Akio (1990) e,

nel 1990, a vent’anni dalla scomparsa di M. Yukio, molte saranno le pubblicazioni di saggi a lui

dedicati. La poesia rispecchia la situazione letteraria in genere e sembra vivere un momento di

riflessione e di paziente meditazione, con alternanza di pause e di significative produzioni. In tempi

più vicini a noi, invece, la poesia ha cominciato a rifuggire da rigide costruzioni poetiche e nella pur

difficile ricerca di un connubio tra tradizione e innovazione ha mostrato spesso gli esiti più fecondi.

Particolare rilievo letterario e ampio consenso di pubblico ha avuto nel 1987 la pubblicazione di “Il

giorno del ricordo di Sarada”, raccolta di poesie brevi composte da T. Machi. I generi letterari

tradizionali sono rimasti presenti nel teatro accanto a forme di ispirazione moderna o ibride, come

mostra l’opera di Junij Kinoshita (n. 1914), che fonde il Kabuki con le strutture del teatro

occidentale o del teatro d’avanguardia di Shuji Terayama (1934 – 1983). Quest’ultimo ha

proseguito le tendenze del movimento Shingeki con le sperimentazioni nell’ambito della città che

diventa palcoscenico vivente. Di chiaro interesse mondiale le proposte “sincretistiche” di giovani

registi e attori e di gruppi impegnati in Giappone e all’estero, che fondono forme di spettacolo

tradizionali giapponesi con espressioni della cultura postmoderna.

Ma.

È proprio della musica tradizionale nipponica, corrisponde a una “pausa”.

Machi Città.

Made Persino.

Makoto.

È la sincerità e la fedeltà alla propria natura ed alla natura delle cose.

Manyoshu “Raccolta di diecimila foglie”.

È la più grande e antica fra le antologie di poesia giapponese, monumento unico e insuperato per

sincerità d’espressione e freschezza d’ispirazione.

Masaoka Shiki.

(1869 – 1902) Non ha solo scritto straordinari versi, ma si è occupato anche della struttura

dell’Haiku. È stato fautore di un ritorno all’autentico spirito del componimento; quello spirito

realistico con i dovuti riferimenti alla natura e alle stagioni. Venne chiamato anche “il riformatore”.

Shiki è l’ultimo dei grandi innovatori del genere Haiku. Nacque a Matsuyama, nello Shikoku

settentrionale, nel 1869. Il suo vero nome era Tsunenori e da bambino veniva chiamato Noboru.

Suo padre era un samurai di basso rango; morì quando Shiki aveva 5 anni. Sua madre era figlia di

un maestro di scuola, Kanzan, che istruì il nipote ai classici giapponesi. Nel 1883 Shiki si recò a

Tokio per completare gli studi e si iscrisse all’Università Imperiale. Molto attivo culturalmente,

attirò ben presto l’attenzione su di sé per la sua grinta da vero leader e per i suoi interessi nel campo

della politica, della filosofia e della letteratura. A 20 anni si ammalò di tubercolosi. Quando, per la

prima volta, il giovane poeta vide uscire del sangue dalla sua bocca, manifestazione tipica della

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grave malattia, decise di adottare lo pseudonimo di “Shiki”, mutuandolo dal nome del cuculo che,

secondo una leggenda, canta fino a farsi uscire il sangue dal becco. A 22 anni si ritirò

dall’Università per dedicarsi esclusivamente alla prosa e alla composizione di poesie. Lavorò preso

il giornale “Nippon”, dove pubblicò numerosi articoli molto critici contro i rigidi canoni della

tradizionale letteratura giapponese e degli Haiku. In particolare, Shiki rimproverò a Matsuo Basho

di aver rivolto la sua attenzione solo agli elementi della natura, trascurando le tematiche della vita

dell’uomo. Shiki introdusse il termine “shasei”, che vuol dire scene di vita, ritenendo che

nell’Haiku, come nelle altre forme letterarie, si dovesse ritrarre qualsiasi aspetto della vita umana in

tutta la complessità. Inoltre, influenzato dalla letteratura occidentale, inserì nel tradizionale

linguaggio dello Haiku termini stranieri, purché in armonia con il componimento poetico. I suoi

versi sono realistici, vibranti, ricchi di sfumature e talvolta di non facile comprensione. Morì nel

1902, a causa della malattia che lo affliggeva da anni. Nonostante la breve vita, Shiki pubblicò

moltissimi articoli, saggi, novelle e poesie. Egli di fatto risollevò l’Haiku dal declino in cui era

avviato, dandogli nuovo vigore, ed influenzò enormemente tutta la successiva letteratura moderna

giapponese.

Suzushisa no

Hate yori detari

Umi no tsuki

Da lontananze

di freschezza sul mare

s’alza la luna.

Masaoka Shiki

Yuku ware ni

Todomaru nare ni

Aki futatsu

Nel mio andarmene,

nel tuo restare

due autunni.

Masaoka Shiki

Odoroku ya

Yugao ochishi

Yowa no oto

Stupore:

una margherita si frange,

suono di mezzanotte.

Masaoka Shiki

Ko no kage ya

Waga kage ugoku

Fuyu no tsuki

Ombre d’alberi:

la mia ondeggia

nella luna invernale.

Masaoka Shiki

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Nashi muku ya

amaki shizuku no

ha wo taruru

Sbuccio una pera

dalla lama dolce

stilla una goccia

Masaoka Shiki

kigo: nashi, “pera”.

Matsu-kaze Vento tra i pini.

Matsuo Basho.

(1644 – 1694) Basho è ritenuto all’unanimità il grande maestro dell’Haiku, colui che elevò questa

forma poetica da frivolo passatempo a genere maggiore della poesia giapponese. Nacque nel 1644 a

Weno, nella provincia di Iga, da una famiglia di samurai. Il suo vero nome era Matsuo Kinsaku;

prese più tardi lo pseudonimo di “Basho”, cioè banano, dal tipo di pianta che cresceva nel giardino

della sua casa a Edo, oggi Tokio. Molto giovane iniziò a studiare e a lavorare presso la casa di un

amico di famiglia. In seguito alla morte dell’amico e maestro, Basho decise di interrompere la

carriera di samurai. Abbandonò tutti i suoi averi e vestito come un monaco si recò a Edo, dove

intraprese lo studio della dottrina Zen e del Taoismo. A 40 anni, dopo un incendio che gli aveva

distrutto la casa, iniziò un pellegrinaggio attraverso il Giappone, alla ricerca di sé. Questi viaggi,

che Basho affrontava in completa povertà ed armonia con la natura, gli forniranno l’ispirazione per

le sue poesie. La natura, l’abbandono alla purezza degli elementi naturali (sole, acqua, animali e

piante) diventano la sua filosofia di vita, insieme al sentimento di compassione per l’umanità che

Basho mutua dal Buddhismo-Zen. I suoi Haiku riflettono questi contenuti. Attraverso semplici

immagini di vita quotidiana egli tentò di esprimere i grandi temi universali. Morì a Edo nel 1694,

circondato dai suoi discepoli, che nutrivano per lui un sincero affetto e una profonda devozione.

Secondo Basho la poesia non doveva assolutamente essere un mezzo per sfoggiare la propria

capacità di vena umoristica o semplicemente la propria abilità di comporre versi. La poesia è arte e

vita allo stesso tempo. Egli introduce il concetto di “fûga”, ossia nobiltà, raffinatezza della poesia.

Inoltre la poesia deve esprimere verità eterne che però possono trovarsi anche nel semplice mondo

della natura, quelle verità che la poesia da sempre ha espresso. La poesia di Basho si pone in

naturale continuità con la tradizione, ma allo stesso tempo inserisce quelle verità eterne nella società

in cui la poesia stessa viene composta, in modo tale che essa risulti comprensibile alla gente del suo

tempo. Nella sua poesia, l’anima si abbandona all’infinito, nel senso di eternità che è proprio del

misticismo. Tuttavia, secondo Basho, l’infinito è presente anche nell’estremamente finito, ossia

anche nel dettaglio più insignificante della vita comune, considerato con gli occhi di chi sa

coglierne l’intimità e la bellezza interiore. Questo concetto si esprime bene con il termine

giapponese “hosomi” (“sottigliezza”) che è in genere affiancato dalla parola “karumi”

(“leggerezza”): la verità e la bellezza più profonde presenti nella semplicità. Matsuo Basho morì ad

Ôsaka, durante uno dei suoi numerosi viaggi, nel 1694. Ma la sua poesia continuò anche dopo la sua

morte con i suoi numerosi allievi. Esistono infatti sette antologie poetiche chiamate

complessivamente “Haikai Shichibunshû” (“Le sette raccolte di Haikai”) che riuniscono il meglio

delle poesie di Basho e dei suoi allievi.

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Saki midasu

momo no naka yori

hatsu-zakura

Tra fiori di pesco

che sbocciano ovunque

il primo fior di ciliegio

Matsuo Basho

kigo: hatsu-zakura “primo (hatsu) fior di ciliegio”; saki midasu < saki midareru: “sbocciare / fiorire

a profusione”; momo: “pesco”.

Fuku tabi ni

chô no inaoru

yanagi kana

A ogni soffio di vento

volteggiar di farfalle

tra rami di salice

Matsuo Basho

kigo: chô, “farfalla”; inaoru < iru (“essere”) + naoru [2k6.2]: “cambiare d’atteggiamento”, “alzarsi

di scatto”, eccetera.

Nao mitashi

hana ni akeyuku

kami no kao

Ancora vorrei vedere

tra i fiori all’alba vagare

il volto del dio

Matsuo Basho

nao: “ancora una volta”; mitashi (mitai): forma ottativa < miru.

Hototogisu

kieyuku kata e

shima hitotsu

Il canto del cuculo

si perde lontano

verso un’isola sola

Matsuo Basho

kieyuku: < kieru, “svanire” + yuku, “andare”; kata e: “verso”.

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Kiri-shigure

Fuji wo minu hi zo

Omoshiroki

C’è nebbia e piove

il Fuji non si vede

oggi è un buon giorno

Matsuo Basho

kigo: kiri-shigure, “nebbia-piovasco primaverile”.

Hasu-ike ya

orade sono mama

tama-matsuri

Laghetto dei loti

così come sono non colti

per la festa dei morti

Matsuo Basho

kigo: tama-matsuri, letteralmente “festa (matsuri) degli spiriti (tama)”; tama-matsuri: indica il

compimento dei doveri rituali (matsuri) nei confronti degli spiriti (tama) degli antenati; tama

significa “anima” e “gioiello”; hasu: “loto”; sono mama: “proprio così”.

Tsuki hayashi

kozue wa ame wo

mochinagara

Tra rami

bagnati di pioggia

fuggevole luna

Matsuo Basho

kigo: tsuki hayashi, “luna veloce”; letteralmente: “luna (tsuki) veloce (hayashi) mentre (-nagara) i

rami (kozue) trattengono (mochi) la pioggia (ame)”.

Yo no naka wa

inekaru koro ka

kusa no io

Là fuori

è già tempo di mietere il riso?

capanna di fronde

Matsuo Basho

kigo: inekaru, “mietitura del riso”; yo no naka ni: letteralmente “nel mondo”; letteralmente “(è)

tempo (koro) di mietere (karu) le piante di riso (ine)? (ka)”.

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Furuike ya

Kawazu tobikomu

Mizu no oto

Antico stagno!

Salta dentro una rana

il suono dell’acqua.

Matsuo Basho

Hara naka ya

Mono ni mo tsukazu

Naku hibari

Sui verdi prati

Libera dalle cose

canta l’allodola.

Matsuo Basho

Ume ga ka ni

Notto hi no deru

Yamaji kana

Al profumo del pruno

sbuca improvviso il sole

Sentiero tra i monti.

Matsuo Basho

Fuyugare ya

Yo wa hito-iro ni

Kaze no oto

Inverno desolato –

nel mondo d’un solo colore

il suono del vento.

Matsuo Basho

Miyuru Puoi vedere.

Mokudo.

(1666 – 1723).

Harukaze ya

mugi no naka yuku

mizu no oto

Vento di primavera

corre fra campi d’orzo

murmure d’acque

Mokudo

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kigo: haru-kaze, “vento di primavera”; mugi no naka: letteralmente “fra l”orzo”; mizu no oto:

letteralmente “suono (oto) d”acqua”.

Momo Pesco.

Momotaro.

Fiaba popolare di “Momotaro” (come la “Mignolina” di Andersen). Secondo la storia, un’anziana

coppia desiderava avere un figlio. Un giorno, mentre l’uomo era a tagliare legna, la moglie si recò a

lavare i panni in riva al fiume. Lì, la corrente fece arrivare un’enorme pesca. Dentro, i due

trovarono un bimbo vivacissimo, a cui diedero il nome di Momotaro.

Mu Nulla, nullità, senza.

Messo davanti a una parola ha valore di negazione.

Mukashi Tanto tempo fa.

Mukigo Senza stagione.

Mura Villaggio.

Naga-iki sureba haji oshi.

«Una vita lunga porta con sé non poco rammarico e vergogna.», proverbio giapponese.

Nagaki-hi Un lungo giorno.

Variante di osoki hi.

Namasu.

Piatto a base di pesce e verdure sotto aceto.

Namuamidabutsu.

Nella recitazione della formula (Namuamidabutsu “Gloria al Buddha della Terra Pura”, giapponese

nembutsu) la mente s”acquieta..

Nani-mo are Tutto c’è.

Nani-mo naki Nulla.

Nao Ancora una volta.

Natsu Estate.

Prima dell’adozione del calendario solare, avvenuta nel 1873, in Giappone le stagioni avevano un

corso diverso. L’estate comprendeva i mesi di maggio, giugno, luglio.

Natsu mahiru Mezzogiorno di piena estate.

Natsu-kusa Erba estiva.

Natsume Kinnosuke (Souseki).

(1867 – 1916). In arte Souseki (Soseki). Romanziere, ma anche noto studioso di letteratura inglese.

Nato a Tokyo, ottavo e ultimo figlio di Natsume Kohyoe Naonatsu e sua moglie Chie, Souseki fu

dato in adozione immediatamente dopo la nascita e trascorse l’adolescenza in continui spostamenti

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dalla casa adottiva a quella paterna. La morte della madre nel 1881, quando aveva solo 14 anni, e

dei due fratelli maggiori nel 1887 aumentò in maniera considerevole il suo senso di insicurezza.

L’educazione ricevuta in giovane età comprendeva studi intensivi di cinese classico. Nel momento

in cui entrava a far parte del Dipartimento di Inglese della Tokyo Daigaku, aveva già deciso di

diventare uno studioso di letteratura inglese. Qui cominciò a comporre poesia Haiku sotto

l’influenza di Masaoka Shiki. Nel 1895 insegnò in una scuola media della prefettura di Ehime e

l’anno seguente in una scuola superiore della prefettura di Kumamoto. Durante la prima fase della

sua attività, egli prese in esame le contraddizioni del Giappone, un paese arretrato in un’età ormai

moderna. Lo stile, al principio appariscente e pedante, unisce il metodo tradizionale Haibun

(componimento proprio dei poeti Haiku) con il Kanbun (prosa cinese). Il tutto filtrato da una

sensibilità di tipo europeo. In seguito, nella sua scrittura, svilupperà un approccio più flessibile e

colloquiale, maggiormente indicato per l’esplorazione e l’approfondimento della psicologia umana.

Natsume Souseki, insieme a Mori Ogai, è considerato una figura di estremo rilievo nella letteratura

giapponese. Si trasferì in Inghilterra nel 1900 come studente. Qui, come risultato della povertà e

della solitudine, soffrì di violenti attacchi di depressione che però divennero di lì a poco le basi sulle

quali costruì l’intera opera intitolata Bungakuron (1907, “Teorie letterarie”). Al suo ritorno a casa

nel 1903, rimpiazzò Lafcadio Hearn alla scuola superiore di Kumamoto e alla Tokyo Daigaku, dove

tenne varie conferenze sulla teoria e critica letteraria. Durante tale periodo, Natsume continuò a

collaborare al periodico di poesia Haiku Hototogisu (fondato dall’amico Masaoka Shiki e in seguito

diretto da Takahama Kyoshi), componendo poesie e bozzetti letterari. Nel frattempo, la prima parte

del romanzo “Wagahai wa neko de aru” (1905-06, “Io sono un gatto”) fu completata nel dicembre

1904 e fu ben accetta dai membri della testata Hototogisu e pubblicato nell’edizione di gennaio.

Scrisse anche piccole storie, tra cui “Rondon to” (1905, “La torre di Londra”). Le due seguenti

opere del 1906, “Botchan” (“Signorino”) e “Kusamakura” (“Il guanciale d’erba”) confermano la

sua reputazione di romanziere. Nel 1907 lasciò tutti gli incarichi da insegnante per collaborare

stabilmente al quotidiano “Asahi Shinbun”. Nel periodo trascorso presso l’Asahi, scrisse quasi un

intero romanzo all’anno. Nell’estate 1910 vomitò sangue a causa di un ulcera gastrica e fu quindi

costretto a letto fino all’anno seguente. Durante la malattia, scrisse “Omoidasu koto nado” (“Le

cose che ricordo”), testo introspettivo sul tema della morte. Si interessò molto anche alle nuove

generazioni letterarie, collaborando attivamente con i membri della “Scuola Shirakaba” e del

“Gruppo Shinshicho”. In tempi più recenti Akutagawa Ryonosuke, Kume Masao, Matsuoka Yuzuru

ed altri ancora diventarono fedeli seguaci delle sue teorie letterarie e crearono quel circolo letterario

che venne in seguito denominato “The Souseki Mountain Range” (“Le vette di Souseki”). “Io sono

un gatto”, divertente resoconto scritto dal punto di vista di un gatto, contiene una satira critica nei

confronti della vita degli esseri umani deformata dalla civiltà. Mentre l’opera veniva pubblicato a

dispense, Natsume scriveva i sette piccoli aneddoti poi riuniti in volume nel 1906; si tratta

principalmente di fantasie vergate con stile misurato ed elegante. “Uzurakago” (1906, “Il nodo della

quaglia”), nuova raccolta di opere romanzate dopo “Yokyoshu”, include “Botchan”, “Kusamakura”

e “Nihyakutoka” (“210 giorni”). Viaggi e persone idealiste sono motivi ricorrenti in queste opere. I

maggiori interessi letterari di Natsume cominciarono a evolversi e svilupparsi nelle opere uscite a

dispense con l’“Asahi Shinbun”, la prima delle quali, “Gubijinso” (1907, “Papavero rosso”),

censura la civiltà moderna attraverso i ritratti delle varie espressioni della gioventù. Simili temi

vengono ripresi sia in “Sanshirou” (1908) che in “Sorekara” (1909, “Inoltre”). “Sanshirou” è il

pretesto per utilizzare la tecnica del “monologo interiore” che aveva già sperimentato in “Kofu”

(1908, “Il minatore”). Qui descrive lo stato psicologico fluttuante del personaggio principale,

Sanshirou, e i suoi rapporti con intellettuali di epoche differenti in una città moderna. L’amarezza

dell’amore perduto che pervade il giovane moderno Sanshiro contrasta con l’assurdità delle

esperienze giovanili raccontate dal suo mentore Hirota e riflette le intuizioni e la partecipazione di

Natsume per i tempi che cambiano. Tra i lavori di questo periodo sono da ricordare “Mon” (1908,

“Dieci notti di sogni”) e “Eijitsu Shohin” (1910, “Piccoli frammenti delle giornate di primavera”),

in cui lo stile narrativo diventa sempre più raffinato e versatile. La grave malattia segna il principio

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dell’ultimo periodo creativo di Natsume Souseki, nelle cui opere si snoda la condizione febbrile di

una mente appassionata, solitaria e occasionalmente demente. L’opera seguente, “Michikusa”

(1915, “Erba sul sentiero”), contiene elementi autobiografici impressionanti e sviluppa

ulteriormente il tema delle sofferenze di un intellettuale in un contesto di relazioni umane in

continuo cambiamento. In “Meian” (1916, “Luci e oscurità”), ultima e incompiuta opera, si penetra

una visione a cavallo tra oggettività e soggettività esasperata. Con la sua forte visione, “Meian”

afferma il potenziale del romanzo del periodo Meiji (1868 – 1912) nell’approfondire l’analisi della

società. Durante la stesura di quest’ultima opera, Natsume compose ogni giorno una poesia in

cinese classico. Si dice che tali poesie esprimessero il concetto così ardentemente desiderato in

quegli anni chiamato “sokuten kyoshi” (“seguire il cielo e lasciare l’io”).

Nota. La traduzione è di Takeshita Toshiaki. Il senso di questo motto va trovato nella letteratura di

Natsume Souseki. Egli era in polemica con il romanzo dell’io, “shisousetsu”, che era e sarà tanto in

voga in Giappone. Natsume desiderava una letteratura universale e non piegata su se stessa. Questo

appare chiaro in “Kokoro”, dove i conflitti dell’io si risolvono in un connubio spirituale fra

discepolo e maestro che non termina nemmeno con la morte (soluzione che supera il consueto

pensiero giapponese che considera la morte un termine inevitabile). Il cielo di cui si parla (ten) è il

cielo delle regole universali, così come lo pensano i confuciani (non dimenticate gli studi classici

cinesi dello scrittore). Il cielo di cui parla è il cielo degli ideali dell’uomo. Ideali universali e

immortali.

Nawashiro Specchi d’acqua della risaia.

Nembutsu.

Nella recitazione della formula (Namuamidabutsu “Gloria al Buddha della Terra Pura”, giapponese

nembutsu) la mente s’acquieta.

Nijuin.

Componimento collettivo moderno, una forma di Renku proposto Higashi Meiga e Shimobachi

Kiyoko, formato da 20 strofe.

No.

Forma classica del teatro giapponese, sorta a cavallo tra il XIV e il XV secolo. Deriva da forme di

danze popolari e sacre rappresentazioni, ma contiene anche elementi musicali e di danza di

derivazione continentale. Si tratta di una forma teatrale molto complessa dalle profonde

implicazioni filosofiche e simboliche.

Notari notari Si leva, si leva.

Notto All’improvviso.

Ô ashita (Ôashita) Grande giorno.

Il capodanno, Kigo che indica il primo mattino dell’anno.

Ochi-kochi Lontano e vicino.

Ogiwara Seisensui.

(1884 – 1976) Studioso di linguistica e di letteratura occidentale, si è affiancato a Kawahigashi

Hekigod (1873 – 1937) nel rifiuto degli schemi tradizionali dello Haiku e nel propugnarne la libertà

nella forma e nella scrittura.

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Oku no hosomichi Lo stretto sentiero per Oku.

Opera di Matsuo Bashô del 1689, scritto al termine di un viaggio durato 160 giorni che lo aveva

portato a conoscere le province settentrionali.

Okuni.

Sacerdotessa di Izumi che a Kyoto si esibiva vestita da uomo.

Onitsura.

vedi: Uejima Onitsura.

Onji.

Segni grafici dell’alfabeto giapponese. Il conteggio delle sillabe in giapponese corrisponde al

numero degli onji (segni grafici dell’alfabeto giapponese). La “n” costituisce un onji a se stante,

mentre a noi potrebbe sembrare chiusura di sillaba. Non esistono dittonghi, quindi vocali vicine si

considerano come singoli onji; le vocali lunghe equivalgono a due onji. Un Haiku è quindi

costituito metricamente da 17 onji.

Onnade.

La scrittura per le donne fu anche chiamata così il sistema Hiragana, una scrittura che indica

soltanto la pronuncia di un termine. Derivata all’origine dagli ideogrammi cinesi, ne è una

semplificazione grafica, che non reca in sé un significato preciso sempre legato, invece, a ogni

singolo carattere cinese. Lo Hiragana entrò in uso dal periodo Heian (794 – 1185) e per lungo

tempo, data la facilità con cui si può apprendere, venne definito onnade (la scrittura per le donne).

Oraga haru.

Opera di Kobayashi Issa (1819; “Le mie primavere”).

Origami.

È l’arte di piegare la carta (dal giapponese, “ori” = “piegare” e “kami” = “carta”). Oltre che nel Sol

Levante, l’arte della piegatura della carta fu conosciuta e apprezzata anche dagli Arabi. La tecnica

dell’origami usa solo pochi tipi di piegature, che però possono essere combinate in una infinita

varietà di modi per creare modelli estremamente complicati. In genere, questi modelli cominciano

da un foglio quadrato, i cui lati possono essere di colore differente e continua senza fare tagli alla

carta. Contrariamente a quanto si crede, l’origami tradizionale giapponese, che è stato praticato fin

dall’epoca Edo (1603 – 1867), è stato spesso non troppo severo riguardo a tali convenzioni,

tagliando la carta durante la creazione dei modelli e partendo da fogli di forma rettangolare,

circolare o di forme diverse dal quadrato. L’origine dell’origami giapponese è probabilmente la

piegatura cerimoniale della carta, il noshi, che iniziò in epoca Muromachi (1392 – 1573), quella

dell’origami europeo è rappresentato da un piccolo uccello (Pajarita in spagnolo, Cocotte in

francese) probabilmente nel sedicesimo secolo. Un origami può essere semplice come un cappellino

da festa o un aeroplanino di carta o complesso come il modello della Torre Eiffel o di una gazzella

che salta. A volte gli origami più complessi sono piegati nella velina invece che in carta semplice,

perché questo consente più strati di piegatura prima di diventare impraticabilmente spesso. I

giapponesi non considerano l’origami una forma d’arte quanto una parte integrante della loro

cultura e tradizione.

Joseph Albers, il padre della teoria moderna dei colori e della corrente minimalista, insegnò l’arte

della piegatura degli origami tra il 1920 ed il 1930. I suoi metodi che prevedevano l’uso di fogli

circolari che si piegavano in spirali e forme ricurve, influenzarono gli artisti di origami moderni

come Kunihiko Kasahara. Anche il pedagogista Friedrich Fröbel (1782 – 1852) riconobbe il

potenziale educativo degli origami e lo introdusse come strumento nel suo “kindergarten system”

nei primi anni del 1800.

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L’opera del giapponese Akira Yoshizawa, un creatore prolifico di origami e scrittore di libri

sull’argomento, ha ispirato un moderno rinascimento di questa pratica. L’origami moderno ha

attirato un seguito mondiale, con modelli sempre più intricati e nuove tecniche come il wet-folding,

la pratica di inumidire il foglio durante la piegatura in modo che il prodotto finito mantenga meglio

la forma, o il soft-folding, in cui la carta viene piegata in modo più deciso o più morbido per creare

effetti particolari. Una variazione dell’origami semplice è l’origami modulare, in cui molti modelli

sono assemblati per formare un unico insieme decorativo.

Una delle forme origami più famose è la gru giapponese.

Istruzioni di base.

Il procedimento per la maggior parte degli origami si può suddividere in passi piú semplici. Una

lista di tecniche origami si può trovare in Tecniche origami.

Matematica degli origami.

La pratica e lo studio degli origami comprende molti soggetti di interesse matematico. Ad esempio

il problema della “piegabilità piana” (ovvero se un modello origami si possa appiattire) è stato

oggetto di considerevoli studi matematici.

Kusudama.

Autori.

Makoto Yamaguchi.

Akira Yoshizawa: il creatore delle moderne Tecniche di origami.

Tomoko Fusé: famosa per le scatole.

Peter Engel: influente artista e teorico dell’origami.

John Montroll: uno degli artisti occidentali piú prolifici.

Kunihiko Kasahara: ha sviluppato un metodo standard per la creazioni di qualsiasi poliedro.

Robert Harbin: famoso origamista britannico.

Robert J. Lang: origamista e famoso studioso della tecnica di progetto degli origami.

Ôsaka.

Città del Giappone dove Matsuo Bashô morì durante uno dei suoi numerosi viaggi, nel 1694. Ma la

sua poesia continuò anche dopo la sua morte con i suoi numerosi allievi.

Osoki hi Un lungo giorno.

Variante di nagaki-hi.

Patto All’improvviso.

Cui corrisponde il termine antico “notto”.

Periodo Jomon.

(10.000 a.C. – 300 a.C. circa) Gli uomini del periodo Jomon non furono mai molto numerosi:

costituirono piccole comunità di cacciatori, pescatori, raccoglitori. Praticavano la caccia del cervo e

del cinghiale, anche se la loro alimentazione era costituita principalmente da pesce costiero,

molluschi, crostacei e mammiferi marini. Nella fase intermedia questi uomini si spostarono dalle

coste alle zone interne. La tarda età Jomon, che ebbe inizio più o meno nel 2000 a.C., fu

caratterizzata da una notevole ripresa della pesca sulle coste dell’Oceano Pacifico. In parecchie

stazioni archeologiche sono state ritrovate, insieme ad altri oggetti, delle ceramiche d’un tipo

abbastanza primitivo, decorate per lo più da impressioni di cordicelle sulla creta fresca, da cui il

termine “Jomon”, termine che significa appunto ceramiche “con ornati a cordicelle”. Alcuni vasi

del medio Jomon, pur essendo tecnicamente poco curati, sono delle opere d’arte ceramica di

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notevole spicco e rivelano doti straordinarie di vigore e fantasia negli anonimi autori; non è

improbabile che simili vasi servissero per cerimonie religiose o in solennità della vita associata.

Periodo Yayoi.

(300 a.C. – 300 d.C. circa)* Durante il periodo Yayoi la coltivazione del riso venne introdotta in

Giappone. Con l’introduzione dell’agricoltura le classi sociali cominciarono ad evolversi e parti del

paese cominciarono ad unirsi sotto potenti proprietari terrieri. In questo periodo le aree

sudoccidentali del Giappone non ricevettero stimoli da altre regioni, mentre Kyushu e le regioni

occidentali di Honshu furono notevolmente influenzate da genti più progredite della penisola

coreana. Nel Giappone del nord, invece, la cultura Jomon perdurà fino agli inizi dell’età storica del

paese. Viaggiatori cinesi durante le dinastie Han e Wei riferirono che a quel tempo una regina

chiamata Himiko (o Pimiku) regnava sul Giappone.

Periodo Kofun o Yamato.

(300 d.C. – 552 d.C. circa) All’inizio del periodo Kofun si era sviluppato un centro di potere nella

fertile piana Kinai ed entro il 400 d.C. il paese viene unito sotto la stirpe di Yamato, con il centro di

potere situato nella piana di Yamato (corrispondente all’odierna prefettura di Nara). Il nome di

questo periodo deriva dalle grandi tombe che venivano costruite per i leader politici d’allora. Nelle

tombe di questo tipo possiamo trovare statuette d’argilla vuote chiamate “haniwa”, che forse

fungevano da sentinelle del sepolcro, oppure furono introdotte per sostituire i servitori che prima

venivano sepolti vivi insieme al nobile o al capo defunto. L’imperatore governava il Giappone

dell’era Yamato e risiedeva in una capitale che veniva spesso trasferita da una città all’altra. Il clan

Soga acquisì presto il vero potere politico e di conseguenza molti imperatori erano ridotti a simboli

dello stato ed eseguivano i rituali Shinto.

Periodo Asuka.

(550 d.C. – 710 d.C.) Grazie alle amichevoli relazioni con il regno coreano di Paekche (o Kudara),

aumentò l’influenza del continente. Il Buddismo giunse in Giappone nel VI secolo e viene accettato

dalla classe dominante. L’aggressivo clan dei Soga propugnò l’accettazione del Buddismo come

religione ufficiale di stato; prima della conclusione del secolo la capitale venne trasferita più volte.

Si dice che il principe Shotoku abbia avuto un ruolo importante nella promozione di idee

provenienti dalla Cina. Scrisse la “Costituzione dei Diciassette Articoli”, contenente princìpi morali

e politici. Durante questo periodo vennero introdotti in Giappone anche il Confucianesimo, il

Taoismo e il sistema di scrittura cinese. Nel 645 Nakatomi no Kamatari diede inizio all’era del clan

Fujiwara che durò fino all’undicesimo secolo. Nello stesso anno vennero attuate le riforme Taika:

venne stabilito un nuovo sistema governativo e amministrativo sul modello cinese. Tutta la terra

venne comprata dallo stato e ridistribuita in modo equo in una grande riforma terriera per introdurre

il nuovo sistema di tasse adottato dalla Cina.

Periodo Nara.

(710 d.C. – 794 d.C.) Nel 710 la prima capitale stabile del Giappone fu stabilita a Nara, una città

costruita sul modello della capitale cinese. L’imperatore Gemmei edificò la nuova capitale nella

zona nordoccidentale della pianura Yamato e la chiamò Heijiokyo (l’attuale città di Nara). Il paese

era suddiviso politicamente in provincie, distretti e villaggi. Nella nuova capitale vennero costruiti

grandi monasteri buddhisti.

Piccolo Kigo.

Termine e concetto coniato da Cascina Macondo. Abbiamo visto che “Kigo” vuol dire “stagione”.

Nell’Haiklu classico il Kigo è obbligatorio. Abbiamo anche visto che la regola del Kigo mira a

ricordare al poeta che il suo componimento deve riferirsi ad una realtà concreta, al qui e ora. Il Kigo

è circolare. Le stagioni infatti si susseguono ricominciando sempre da capo all’infinito. Esse

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contengono l’idea del sabi, del wabi, dell’aware, dello yugen. Le stagioni contengono una idea

lirica. Cascina Macondo chiama semplicemente Piccolo Kigo un qualcosa che si riferisce al

“giorno”. Intravediamo infatti una plausibile somiglianza tra lo scorrere dei giorni e lo scorrere

delle stagioni. Anche i giorni, nelle loro singole parti, si susseguono e ricominciano sempre da capo,

all’infinito, con moto circolare, come le stagioni appunto. Ma la loro durata è più effimera (aurora,

alba, mattino, mezzogiorno, pomeriggio, tramonto, imbrunire, sera, notte, aurora, alba, …).

Nell’insegnamento di Basho («l’Haiku coglie nella sua essenza ciò che semplicemente accade qui e

ora») ci è sembrato di capire che ciò che è veramente importante è appunto il qui e ora. Il Piccolo

Kigo è un concetto che riteniamo ammissibile e non stravolge gli insegnamenti di Basho. Un Haiku

per noi è dunque valido anche se non contiene il Kigo. Ma deve contenere il Piccolo Kigo

(riferimento temporale a una parte del giorno) e contemporaneamente un riferimento a un luogo

concreto. Un Haiku come il seguente di Gabriele Saccavino:

Notte infame:

nel frigo solo l’eco

d’un uovo sodo.

Gabriele Saccavino

Secondo il criterio classico non è considerato un Haiku, in quanto non contiene la stagione.

Secondo le nostre riflessioni, e la nostra scelta, è un perfetto Haiku. Contiene il qui (frigo = luogo

concreto) e contiene l’ora (il Piccolo Kigo, riferimento ad un’ora, ad una parte del giorno = la

notte).

Raizan.

(1653 – 1716) Konishi Raizan fu dotato di grande talento, cominciò a studiare Haikai giovanissimo,

rivelando subito notevolissime qualità. La sua educazione poetica, informata ai principi della scuola

Danrin, lasciò ben presto il posto a contenuti più profondi, resi in uno stile di grande immediatezza.

Aoshi aoshi

Wakana wa aoshi

Yuki no hara

Nei campi di neve

verdissimo il verde

delle erbe nuove

Konishi Raizan

Saotome ya

Yogorenu mono wa

Uta bakari

Piantatrici di riso:

non è infangato solo

il loro canto

Konishi Raizan

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Ransetsu.

(1653 – 1707). Hattori Ransetsu.

Ganjitsu ya

harete suzume no

monogatari

Inizio d’anno

storie di passeri

sotto un cielo sereno

Hattori Ransetsu.

kigo: gan-jitsu, “inizio d’anno”; harete: “senza nubi”, “aperto”; suzume no: “di passeri”;

monogatari: “racconti”. I passeri che cinguettano sembrano narrare racconti. L’inizio dell’anno, nel

Giappone tradizionale, coincide con gli inizi della primavera evocata dal cinguettare dei passeri e

dal limpido cielo che si stende sul mondo come una promessa.

Hito ha chiru

totsu hito ha chiru

kaze no ue

Un foglia cade

totsu! solo una foglia

sulle ali del vento

Hattori Ransetsu.

letteralmente: “sul vento (kaze no ue)”.

Ganjitsu ya

Harete suzume no

Monogatari

Capodanno:

nel cielo sereno si parlano

i passeri

Hattori Ransetsu.

Nanimo oto nashi

Ine uchikûte

Kemushi kana

Senza far rumore,

nella pianta del riso,

s’insinua il bruco

Hattori Ransetsu.

Renga.

Genere poetico con versi “a catena” di cui si annoverano i primi esempi già nel XII secolo. Unico

nel suo genere, è costituito da più emistichi concatenati creati da poeti diversi, che si alternavano

nella composizione. Se agli inizi il Renga era considerato una sorta di passatempo a cui si

dedicavano i poeti di Corte, successivamente entrò a far parte dei generi poetici ufficiali. Ne

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vennero infatti canonizzate le regole compositive, fondamentali per mantenere l’armonia dell’intera

poesia e al contempo l’indipendenza delle singole stanze. Poesia a catena in cui ogni poeta

declamava un verso che si legava al precedente. Una sorta di Renga sopravvive oggi da noi

soprattutto nelle sagre e nelle dispute vernacolari.

Risshun.

I primi giorni di Febbraio, secondo l’antico calendario cinese, è primavera; tuttora annualmente

festeggiata in Giappone.

Ryôkan.

(1756 – 1831) Figlio di un importante capo villaggio e sacerdote shintoista, a diciotto anni Ryôkan

(vero nome Yamamoto Eizô) si rifiutò di seguire la carriera paterna per abbracciare la filosofia Zen

e vivere in un monastero sino al 1791. Successivamente, dopo un pellegrinaggio per il Giappone

della durata di cinque anni, si ritirò nell’eremo montano di Gogôan (il “Padiglione delle cinque

razioni di riso”). Negli ultimi anni della sua vita trovò dimora nel villaggio di Shimazaki, dove

incontrò una giovane monaca cui dedicò diverse poesie. Nel vasto corpus della sua opera, che

comprende componimenti anche in cinese, emerge, inconfondibile, il senso di una gratuità

felicemente nutrita di abbandono alle occasioni e al tempo, di innocenza e di ebbrezza: dolce e

liberatoria consapevolezza del carattere effimero delle cose.

Nusubito ni

torinokosaresh i

mado no tsuki

Il ladro

ha lasciato la luna

nella finestra

Ryôkan

nusubito ni tori no: letteralmente “di ciò che è stato preso (tori no) dal ladro (nusu-hito ni) è rimasta

kosareshi (<kosu: 3b9.18) la luna (tsuki) della finestra (mado no)”.

Ryokuin Ombra del fogliame verde.

Ryota.

(1718 – 1787) Oshima Ryota. Sebbene caratterizzato da uno stile talvolta artificioso, si adoperò per

un ritorno della poesia del diciottesimo secolo ai canoni estetici di Bashô. Compositore prolifico,

nonché curatore di numerose pubblicazioni, è ricordato come un maestro di fascino eccezionale:

ebbe fino a duemila discepoli.

Owarete wa

tsuki ni kakururu

hotaru kana

Quando l’insegui

la lucciola s’occulta

nel plenilunio

Oshima Ryota

kigo: hotaru “lucciola”.

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Ryuho.

(1594 – 1669)

Tsukikage wo

kumi-koboshikeri

chôzubachi

Attingo e travaso

limpida luce di luna

dal lavatoio

Ryuho

kigo: tsuki-kage: letteralmente, “luce (kage) di luna (tsuki)”; kumi <kumu [3a3.7] “attingere” +

koboshi (<kobosu [3a10.19]) “travasare” + keri che indica il compimento dell’azione.

Sabi Silenzio.

È il sentimento di grande solitudine, di grande quiete, pace, illimitata calma; il sentimento del

distacco, del non possesso. Ma non c’è tristezza in esso, solo contemplazione, solitudine, così

grande e avvolgente da avere la sensazione che la cosa contemplata e il contemplatore siano la

stessa cosa.

Il ladro

ha lasciato la luna

nella finestra

Ryôkan

Sabi è un concetto estetico che trovò espressione nell’alta poesia di corte di autori medio-classici,

quali Shunzei e Saigyo, e divenne un elemento essenziale da Basho in poi. Linguisticamente è un

aggettivo derivato dal verbo “sabiru”, ma il concetto sfugge a una definizione in una singola parola.

Approssimativamente gli iamatologi americani, da Miner in poi, l’hanno indicato col termine

“loneliness”. Lo stesso Kyorai, il massimo teorico classico nel campo dell’Haiku, all’esplicita

domanda di un seguace di Basho, Yamei, su che cosa fosse “sabi”, rispose: «Sabi wa ku no iro de

ari» («È il colore del verso»). Alludeva a un elemento equilibratore dell’atmosfera dell’Haiku, che

non deve essere troppo grigia, né troppo chiassosa, eppure immersa in una sorta di natura

monocromatica, donde il tono di lirica quasi “malinconica”

Sabishisa.

È lo stato d’animo della tristezza, della malinconia, della nostalgia, della depressione.

mi abbandono

stanco di tuoni e nuvole

mi abbandono

Pietro Tartamella

Sadako Sasaki.

La leggenda dice che chiunque pieghi mille gru avrà i desideri del proprio cuore esauditi. A causa di

questa legenda e di una piccola ragazza giapponese chiamata Sadako Sasaki, la gru giapponese è

diventata un simbolo di pace. Sadako fu esposta alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima

quando era una bambina e questo minò inesorabilmente la sua salute. Era una hibakusha, una

sopravvissuta alla bomba atomica. Nel 1955, aveva 12 anni e stava morendo di leucemia. Sentendo

questa leggenda decise di piegare mille gru in modo che si avverasse il suo desiderio di poter

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continuare a vivere. Il suo sforzo non riuscì ad allungare la sua vita, ma spinse i suoi amici ad

erigerle una statua nel Parco della Pace di Hiroshima: una ragazza in piedi con le mani aperte ed

una gru che spicca il volo dalla punta delle sue dita. Ogni anno la statua è adornata con migliaia di

corone di un mille gru (“oridzuru” in giapponese). La storia di Sadako è diventata soggetto di molti

libri e film. In una versione, Sadako scrive un Haiku che tradotto in italiano suona così:

Scriverò pace sulle tue ali

intorno al mondo volerai

perché i bambini non muoiano più così

Sadako Sasaki

In un’altra versione Sadako muore prima di completare il suo compito ed un suo compagno di

classe piega il numero restante di modelli in modo che lei possa essere sepolta con mille gru. Ad

esempio nel libro “Il gran sole di Hiroshima”.

Sado.

Cerimonia del tè.

Sahi wa ku no iro de ari Il colore del verso.

Kyorai, il massimo teorico classico nel campo dello Haiku, all’esplicita domanda di un seguace di

Basho, Yamei, su che cosa fosse “sabi”, rispose: «Sahi wa ku no iro de ari» («È il colore del

verso»).

Saijiki Antologia delle Quattro stagioni.

Raccoglie ogni tipo di Kigo, descrivendolo nei dettagli, indispensabile per uno haijin o uno

iamatologo.

Saijiki italiano.

Antologia delle Quattro stagioni e altri tipi di Kigo, a cura di Cascina Macondo.

Sake.

Bevanda nazionale giapponese distillata dal riso fermentato.

Sakura Ciliegio in fiore.

Kigo della primavera.

Seifu.

(1650 – 1721) Era una monaca buddista. Scrittrice di Haiku.

Seisei.

(1869 – 1937) Matsuse Seisei.

Chikurin ni

shigure fukikomu

yûbe kana

Nel bosco di bambù

soffi di gelida pioggia

sul far della sera

Matsuse Seisei

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chiku: cinese “bambù” (giapponese take); rin: cinese “bosco” (giapponese hayashi); fukikomu:

letteralmente “soffia dentro”.

Seisensui.

(1884 – 1976) Ogiwara Seisensui, nato a Tokyo, già a quindici anni pubblicò un saggio sulla

riforma della lingua, mentre un altro suo interesse fu la letteratura tedesca (tradusse in giapponese

alcuni lavori di Goethe). Fu a fianco di Hekigodo nell’intento comune di rinnovare l’Haiku, che egli

stesso compose in “stile libero”. Dopo la morte, in rapida successione, della madre, del figlio e della

moglie, visse come un pellegrino buddhista. Pubblicò quasi quattrocento volumi.

Mizu areba ta ni

Aozora ga fukaku

Sukare aru

Come si stende l’acqua

nella risaia sprofonda

il cielo blu

Ogiwara Seisensui

Nichiyoo no tsuribito

Yo kangoku no hei ga

Utsuru mizu

Pescatore domenicale –

le mura della prigione

specchiate nell’acqua

Ogiwara Seisensui

Seishi.

(1901 – 1994) Yamaguchi Seishi. Dopo essersi laureato in legge e impiegato in una ditta

commerciale, dovette abbandonare il lavoro per la malferma salute. Ha pubblicato una decina di

volumi di Haiku e alcuni libri di saggistica. Nell’ambito della letteratura giapponese è considerato,

insieme a Sojo e Shuoshi, tra gli innovatori dell’Haiku.

Mizugame ni

Ukaberu ari no

Kage wa naku

Nella giara d’acqua –

non c’è l’ombra della formica

che galleggia

Yamaguchi Seishi

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Hiru mitaru

Ari o anya ni

Omoiizu

Ho visto di giorno

una formica – mi ritorna

nel buio della notte

Yamaguchi Seishi

Shinikereba

Yami tachikomuru

Hotaru kago

Da quando son morte –

il buio ha occupato

la gabbia delle lucciole

Yamaguchi Seishi

Semi Cicala.

Kigo dell’estate.

Senryu.

Componimento poetico composto di tre versi rispettivamente di 5-7-5 sillabe che non contiene il

Kigo, né il Piccolo Kigo e parla generalmente degli “uomini”.

Shasei Scene di vita.

Termine introdotto da Masaoka Shiki (1869 – 1902) ritenendo che nell’Haiku, come nelle altre

forme letterarie, si dovesse ritrarre qualsiasi aspetto della vita umana in tutta la complessità.

Shichiban nikki.

Opera di Kobayashi Issa (1810 – 1818; “Il diario numero sette”).

Shiki.

Vedi Masaoka Shiki.

Shinnen Stagione Capodanno.

Cadeva all’inizio di febbraio ed era associato all’inizio della Primavera. Tenetene conto soprattutto

per stabilire la corretta collocazione temporale di alcuni Haiku proposti.

Shinto.

Religione primigenia del Giappone secondo la quale l’imperatore, diretto discendente della dea

Amaterasu, sarebbe di stirpe divina. Si basa essenzialmente su un culto animistico e su riti di

purificazione, che hanno la funzione di garantire un rapporto armonico dell’uomo con le forze

cosmiche. L’imperatore ne è il supremo sacerdote.

Shintoku.

(1634 – 1698) Ito Shintoku. Esponente della nuova borghesia mercantile che nel Seicento viene a

occupare in molti campi, compreso quello artistico, un ruolo chiave, Shintoku si spostò spesso per

affari e, proprio durante i suoi viaggi a Edo, entrò in contatto con la scuola poetica Danrin. Insieme

a Bashô e Sodô compose uno haikai-no-renga ancora molto legato allo stile di quest’ultima, da cui

si affrancò decisamente con la raccolta “Shichihyakugojuin” (“750 versi”), pubblicata nel 1681.

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228

Meigetsu ya

koyoi umaruru

Ko mo aran

Plenilunio d’autunno:

illuminerà anche

delle nascite

Ito Shintoku

Shiori.

È il sentimento delle cose ombrose, della morte, del freddo, dell’immobilità, del rorido, dell’umido

che trasuda umori.

l’amico interrano

fra i cipressi l’ombra

di una fontana.

Pietro Tartamella

Shôji.

Pannelli scorrevoli di carta sostenuta da una sottile intelaiatura, tradizionalmente in uso nelle case

giapponesi.

Shoryaku Omissione.

Secondo il significato letterale indica la tecnica del salto, sul piano grammaticale o logico, di

termini altrimenti necessari in un linguaggio in prosa, per stimolare la fantasia e le reazioni del

lettore. Quella pausa in cui ogni lettore può inserire a piacimento “ciò che gli detta” la lettura dei

versi (è come la nebbia nei dipinti).

Shuson.

(1905-1993) Kato Shuson. Nacque a Tokyo da genitori cristiani. Nel 1940 fondò la rivisita di Haiku

“Tuono a mezzo inverno”, che è anche il titolo della sua prima raccolta di versi (1939), cui

seguirono altri sette volumi. Kato appartiene alla cerchia dei poeti definiti “umanisti”.

Tooro ni

Tooro no gotoku

Waga te o tatsu

Verso la mantide

sollevo la mia mano –

come una mantide

Kato Shuson

Ochiba chi ni

Todoku wa jikan

Yurumikeri

Foglia che cade –

l’istante che tocca il suolo

s’allenta il tempo

Kato Shuson

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Kigi kasumi

Toohikaru mono

Sagi to narinu

Alberi nella nebbia – qualcosa,

un barlume lontano,

diventa airone

Kato Shuson

Sodo.

(1641 – 1716).

Yado no haru

nanimo naki koso

nanimo are

Primavera

nella mia capanna

non c’è nulla e c’è tutto

Sodo

kigo: yado no haru: letteralmente “primavera della mia capanna”, yado: “alloggio”; nani-mo naki ...

nani-mo are: “nulla” ... “tutto c’è”.

Sonomama Svuotamento mentale.

Per cogliere l’essenza dell’Haiku, e per poter cominciare a scriverne di belli, occorre essere capaci

di realizzare uno svuotamento mentale. Abbandonarsi, spogliarsi dei pensieri, delle idee, dei

preconcetti. Saper guardare le cose per quello che realmente sono. Sonomama è la parola

giapponese per indicare questo concetto. Se non ci sono sovrastrutture mentali e ideologiche, se c’è

fluidità e semplicità, se siamo in uno stato di “grazia”, che dallo svuotamento mentale deriva, se

siamo davvero in “ascolto”, solo allora riusciamo a vedere le cose nella loro essenza. Questo stato

di grazia produce intorno a noi un “grande silenzio”. Il vuoto mentale e fisico si dilatano. In quel

vuoto e in quel silenzio straordinario la percezione profonda della realtà si staglia con tutta la sua

nitidezza, producendo quella “esplosione di luce” che è il fine ultimo dell’Haiku. Nel momento in

cui l’Haiku viene “compreso” un intero poema si riversa su di noi. In quel preciso momento ci

sentiamo permeati da una grande lucidità e una grande consapevolezza. Un grande senso di

compassione ci avvolge. (Pietro Tartamella).

Souseki (Soseki).

Vedi: Natsume Kinnosuke.

Sumida.

Ampio fiume di Tokyo.

Sumire Violetta.

Suzume no monogatari Racconti di passeri.

Monogatari = racconti.

Suzume-go Passerotto.

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230

Taigi.

(1709-1772) Tan Taigi.

Hakikeru ga

tsui ni wa hakazu

ochiba kana

Spazzarle via

e poi non spazzar più

le foglie cadute

Tan Taigi

tsui ni: “finalmente”; haki-keru ... hakazu <haku: “spazzare”.

Yamaji kite

Mukô jôka ya

Tako no kazu

Oltre il valico in fondo

una città fortificata,

e stormi di aquiloni

Tan Taigi

Kochi fuku to

Katari mozo yuku

Shû to zusa

«Soffia il vento dell’est»

dicono andando insieme

padrone e servitore

Tan Taigi

Nagaki hi ya

Me no tsukeretaru

Umi no ue

Lungo il giorno:

si sfiniscono gli occhi

sul mare

Tan Taigi

Takai Kito.

(1741 – 1789) Nato a Kyoto, cominciò ad interessarsi allo Haiku su influsso del padre Kikei.

Insieme, dal 1770, divennero allievi di Yosa Buson.

Takarai Kikaku.

(1661 – 1707) Uno dei dieci allievi prediletti di Matsuo Basho, sin dall’età di quindici anni

raggiunse una tecnica elevatissima e una originalità di stile assai apprezzate da Buson.

Tako Aquilone.

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Tan Breve.

Prefisso per indicare brevità (tanka = poesia breve, di 5-7-5-7-7 sillabe).

Tanka.

Prima forma di poesia breve (“tan”) di Corte. Il Tanka è formato da 31 sillabe, distribuite in 5 versi

secondo lo schema 5-7-5-7-7, e costituisce un piccolo poema, e questa sua brevità già di per sé

costituisce un elemento di bellezza (poiché, secondo Sei Shonagon, «Tutte le cose piccole sono

belle.»). La fortuna del Tanka raggiunse tali livelli da essere assunto come mezzo privilegiato di

comunicazione alla corte. I primi tre versi del Tanka costituiscono il kami-no-ku (letteralmente

“parte superiore”) e gli ultimi due il shimo-no-ku (“parte inferiore”). Le due parti devono risultare

contrapposte.

Tatami.

Sorta di pesante stuoia di paglia assai finemente intrecciata, della grandezza standard di m. 1,80 per

0,90. L’ampiezza delle stanze si calcola ancora oggi con il numero dei tatami.

The Souseki Mountain Range Le vette di Souseki.

Circolo letterario creato da Akutagawa Ryonosuke, Kume Masao, Matsuoka Yuzuru ed altri ancora

che diventarono fedeli seguaci delle teorie letterarie di Natsume Kinnosuke.

Tombo Libellula.

Totsu.

È un’esclamazione Zen volutamente priva di senso, come kwatz!

Tsuki Luna.

Uejima Onitsura.

(1660 – 1738) Era un bonzo (= Monaco buddista, deriva dal giapponese “bozu”). Fu allievo del

grande Basho e si distinse per uno stile dal tono spesso colloquiale e moderno. Fu in un certo senso

anche un “controcorrente” e un riformatore: scrisse infatti diversi Haiku senza Kigo.

Ô–ashita

mukashi fukinishi

matsu no kaze

Primo giorno dell’anno

un vento di mille anni fa

soffia tra i pini

Uejima Onitsura

kigo: ô ashita: letteralmente “grande giorno”, il capodanno; mukashi: letteralmente “(di) tanto

tempo fa”: si noti l’effetto onomatopeico delle due terminazioni in “-shi” che suggeriscono il

sibilare del vento.

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Ara ao no

yanagi no ito ya

mizu no nagare

Come sono verdi

i penduli rami del salice

sull’acqua che corre

Uejima Onitsura

kigo: yanagi hito “i fili (hito) del salice (yanagi)”; ara ao no: letteralmente “del (no) [salice]

intensamente (ara) verde (ao)”.

Uguisu.

“Cettia diphone cantans” uccello simile all’usignolo, è per tradizione associato al prugno già in

fiore quando la neve ricopre ancora il suolo. Il piccolo volatile ha un canto bitonale, molto

particolare, da cui deriva il suo nome scientifico.

Umazume Donna di pietra, sterile.

Ume Fiori di prugno.

Umi Mare.

Vuoto nell’Haiku.

I. Vuoto oggettivo e vuoto soggettivo

Prendiamo ancora una volta come esempio il più noto Haiku di Matsuo Bashō, nella traduzione

ripresa dal libro Estetica del vuoto di Pasqualotto:

Fure ike ya

kawazu tobikomu

mizu no oto

Vecchio stagno

tonfo di una rana

suono d’acqua

Matsuo Bashō

Tentiamo d’individuare il vuoto che agisce in questa poesia e, soprattutto, il suo ruolo. A colpo

d’occhio, si nota subito un vuoto rappresentato dalla mancanza del soggetto. L’haijin non è

presente, ma si limita a descrivere, a riprendere la scena, senza fare alcun commento. Questo è

dovuto anche al fatto che Bashō praticasse lo Zen.

Andiamo avanti. Ora, dopo aver individuato la presenza di un vuoto soggettivo, vediamo se ce n’è

anche uno oggettivo. Anche l’evento non ha un soggetto unico; apparentemente, potrebbe sembrare

il suono dell’acqua, quale conseguenza del salto della rana. In verità, si tratta di tre scene

contemporanee ed equivalenti: nessuna funge infatti da vero soggetto dell’Haiku e ciascuna è

necessaria per il senso delle rimanenti. Ecco quindi dispiegarsi il vuoto oggettivo.

Il professor Pasqualotto, per farci meglio comprendere la presenza e l’efficacia del vuoto, ricorre a

due espressioni giapponesi, “fūga no makoto” e “zōta no makoto”, tradotti rispettivamente con

“genuinità del gusto” e “genuinità della natura delle cose”. Nell’Haiku analizzato vi è l’incontro di

queste due genuinità, quella “soggettiva” dell’autore e quella “oggettiva” dell’evento. Questo

significa che il soggetto, o poeta, per poter captare e accogliere la genuinità della scena si rende

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vuoto di ogni intenzionalità intellettuale e sentimentale, divenendo equivalente all’evento. A questo

punto, non si può più parlare di due vuoti, vuoto del poeta e vuoto dell’evento, ma di un unico

vuoto poesia ed evento.

Questo vuoto accomunante, per dispiegamento delle diverse qualità specifiche. Potremmo dire che

la genuinità del poeta che lo rende in grado di cogliere la natura delle cose altro non è che

un’accezione, un modo particolare della genuinità della natura delle cose. Quindi il poeta,

liberandosi da memorie, intenzioni e quant’altro, rendendosi insomma vuoto per accogliere

pienamente l’evento oggettivo, rende vuoti i suoi versi, rendendoli equivalenti all’evento che

descrive, inserendoli quindi.

La stessa capacità di Basho di rendersi vuoto gli deriva dal fatto che, al pari dell’evento, anch’egli è

una determinazione particolare della genuinità della natura delle cose. Riassumendo: la genuinità

del gusto è un caso particolare della genuinità della natura delle cose.

II. Le parole del vuoto.

Il ruolo fondamentale del vuoto emerge ancora più chiaramente da un’analisi degli aspetti formali e

linguistici. A questo proposito, è bene ricordare lo “shōryaku”, ossia la qualità di parole come

“kana”, “kamo” e “ya” che in giapponese indicano pausa o sospensione. L’impiego di “Parole del

vuoto”, prima ancora che negli Haiku, è presente nella poesia giapponese.

Prendiamo come esempio altri due Haiku di Basho:

haru nare ya

namo naki yama no

usugasumi

È primavera ...

anche la montagna senza nome

per la nebbia sottile

Matsuo Bashō

ume ga ka ni

notto hi no deru

yamaji kana

Fiori di pruno nell’aria profumata

improvviso sorge il sole

sentiero di montagna ...

Matsuo Bashō

I termini “ya” e “kana” sono spesso resi in italiano coi punti di sospensione ed introducono una

pausa, tanto a livello metrico e sonoro, quanto a livello di dinamica delle immagini. Nel primo

Haiku abbiamo una panoramica generale che si stacca, grazie allo stacco determinato da “ya”, dalle

due focalizzazioni sulla montagna e la nebbia, così come nel secondo Haiku le scene sono spaziate.

A questo punto, fermandoci solo a livello formale e linguistico, potrebbe venite il dubbio che queste

particolari parole servano soltanto a distinguere le diverse scene. A livello di significato, invece, si

verifica tutto il contrario: abbiamo una compenetrazione degli elementi e l’apertura della struttura.

Riprendiamo il primo Haiku: “ya” crea uno sfondo, uno scenario in cui la montagna può

confondersi con la nebbia, tanto da diventare irriconoscibile (“senza nome”); al tempo stesso, però,

“ya” dilata questo sfondo, rappresentato dalla primavera, per renderlo ulteriormente determinabile,

lasciandolo quindi come libero spazio che il lettore può riempire a piacimento con la sua

immaginazione (ad esempio può immaginarsi la primavera come un campo fiorito, una rondine nel

cielo, un ramo di pesco coi boccioli, ...).

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234

Così, nel secondo Haiku, la funzione immaginativa è stimolata da “kana”, che serve a far

immaginare il sentiero sospeso tra la luce del sole e l’aria profumata, ed “apre” l’immagine,

suggerendo ad esempio le infinite possibilità circa la direzione del sentiero.

“Ya” e “kana” sono “parole del vuoto” sia perché rendono evidente il carattere “anattā” (ossia il

vuoto di consistenza propria, in giapponese: muga) degli elementi, sia perché esplicitano il carattere

“yugen” (indefinito e, quindi, infinitamente definibile) della struttura in cui sono inseriti questi

elementi.

In realtà, “ya” generalmente indica un salto, spesso reso nelle lingue occidentali con un punto

esclamativo.

III. La dimensione del vuoto.

La funzione delle “parole del vuoto” si connette al fenomeno dello “yohaku” (“dimensione vuota”)

prodotto dall’Haiku nel suo insieme. Ogni Haiku, infatti, risulta da un processo di concentrazione e

da uno di rarefazione: concentrazione dell’attenzione su alcuni elementi e rarefazione di quelli

esclusi dalla messa a fuoco. Nel caso degli Haiku a cui abbiamo fatto riferimento nelle parti

precedenti, la concentrazione sul tonfo, sulla montagna e sui fiori esige una contemporanea

rarefazione, la manifestazione del vuoto che li circonda; in questo senso, l’Haiku può essere

accostato a un “sumie” (la pittura a inchiostro) o a un “kanji”, ossia ad un carattere, dove l’efficacia

dei singoli tratti è strettamente legata allo spazio bianco che li circonda. Se nella calligrafia e nella

pittura “sumie” il rapporto pieno-vuoto è comunicabile direttamente attraverso sapienti contrasti tra

bianco e nero, nella poesia la comunicazione risulta più mediata, poiché più elementi suggeriscono

la presenza del vuoto, come lo “shōryaku” ela riduzione al minimo della quantità delle parole,

affinché il senso di vuoto non si mostri solo a livello contenutistico, ma anche sonoro e formale.

Quel che conta di più è però forse l’uso di una certa qualità di parole, capaci di suggerire lo

“yohaku” come sfondo agli elementi che ne emergono; nei nostri esempi, le parole dotate di questa

qualità sono “vecchio stagno”, “primavera”, “senza nome”, “nebbia sottile” e “aria profumata”.

Un ultimo esempio davvero esemplare, questa volta tratto da Ogiwara Seisensui, dove il vuoto è

dato da “una sera”, “bianco” e “silenzio”:

yoru ha hyōnō no

shiroi

chinmoku de omae to watashi

Una sera, borsa di ghiaccio

bianco

silenzio tra me e te

Ogiwara Seisensui

La potenza del vuoto che circonda l’oggetto dell’attenzione (la borsa del ghiaccio) è evidenziata

facendo riferimento all’indeterminatezza temporale (una sera), a quella cromatica (bianco) e a

quella sonora (silenzio). Nell’Haiku, quindi, possiamo dire che è presente un doppio movimento,

centripeto e centrifugo al tempo stesso, associati rispettivamente alla concentrazione e alla

rarefazione. L’immagine del vuoto infatti non costituisce solo il punto di partenza di ogni

determinazione, ma è anche il luogo in cui ogni determinazione si dilegua.

L’Haiku, però, non si limita ad esplicitare il proprio vuoto: rendendo manifesto il vuoto che lo rende

possibile, evoca il vuoto che rende possibile ogni parola ed ogni suono, e, più universalmente, ogni

cosa e ogni evento. Anche per questo l’Haiku non può apparire solo determinato da un movimento

centripeto: difatti la concentrazione che produce non è fine a se stessa, ma funzionale al suo

dissolvimento, aperta al vuoto. Vuoto, però, non assoluto: ma vuoto della pienezza delle infinite

possibilità.

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Wabi L’inatteso, il risveglio dell’attenzione.

È quello stato d’animo prodotto da un qualcosa che si profila alla nostra coscienza all’improvviso. È

l’elemento che ci sveglia dalla tristezza, dal grigiore, dai momenti in cui sembra che la vita non

abbia nessun senso. Ecco, nel momento in cui questa depressione ci invade, nel momento in cui

questa grande malinconia ci assale, nel momento in cui nulla ha significato e tutto appare banale e

triste e assurdamente lontano ... ecco profilarsi un qualcosa di inaspettato che si fa “guardare” con

spiccata intensità. Desta la nostra attenzione. E noi lo “riconosciamo” nella sua interezza e

universalità. Quel piccolo evento allora si fa grande e luminoso improvvisamente ai nostri occhi. Ci

riporta alla vita.

Sotto i miei passi

solo il fruscìo si sente

di foglie secche.

Hisajo Sugita

Wabi.

È un altro dei concetti chiave dell’estetica giapponese, legato alla radice, a “sabi”. Linguisticamente

è un aggettivo derivato dal verbo “wabu”, ed è intraducibile con un solo termine. Già presente

nell’antica raccolta di poemi “Manyoshu”, trovò espressione compiuta nel mondo della “Cerimonia

del tè” (“Sado”). Sta ad indicare una ricchezza spirituale opposta ad un atteggiamento

materialistico, una fuga dall’appariscente, un’attitudine di “quiete” (“kanjaku”) e di modestia, volta

a cogliere l’intima, lineare bellezza delle cose semplici.

Waka.

Significa letteralmente “poesia giapponese” e sta ad indicare i generi poetici “Choka”, o “poema

lungo”, e “Tanka”, o “poema breve”.

Wakashu kabuki.

Forma di spettacolo teatrale dove gli attori sono uomini. Venne di moda dopo il 1629 sino al 1652.

Washi.

tipo di carta usata per scrivere, di colore madreperlaceo.

Ya.

Tipo di “kireji”, il più usato, che si trova a metà verso. Si tratta di parole alla soglia tra il livello

semantico e quello puramente musicale-sonoro; di segni cui sarebbe andata tutta la simpatia di

Barthes, se il semiologo ne avesse parlato. In poche parole, rappresentano una “pausa” o battuta

d’arresto, di sospensione del significato. La funzione di questo particolare genere di pausa è di

aprire, a metà o alla fine di un verso, un intervallo (proprio nella musica tradizionale nipponica e

chiamato “ma”, “pausa” appunto), ossia di creare una risonanza o un effetto simile all’eco. In uno

spazio, interiore o esterno. E in un tempo. Intraducibile, si dice. Intraducibile solo sul piano del

significato, ma, come significante, assolutamente non da ignorare. Rappresentabile, è il nostro caso,

con un trattino lungo di valore analogo. Un valore giustificato ed esaltato, in giapponese s’intende,

da una lettura soprattutto ad alta voce, secondo gli usi dell’epoca che diede vita all’Haiku come

genere poetico.

Yabuiri.

Era il 16 Gennaio, giorno in cui i servi e i domestici dell’epoca venivano autorizzati a tornare alle

proprie case. Tali ritorni erano festeggiati in casa con piatti particolari, come gli “azuki”, fagioli

rossi bolliti e mescolati al riso.

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Yado Alloggio.

Yado no haru Primavera della mia capanna.

Yanagi Salice piengente.

Yase-gaeru Ranocchio magro che fa la lotta.

Kigo dell’estate.

Yo.

Tipo di “kireji” che si trova a fine verso (si possono trovare anche “kamo”, “kana” e “keri”). Si

tratta di parole alla soglia tra il livello semantico e quello puramente musicale-sonoro; di segni cui

sarebbe andata tutta la simpatia di Barthes, se il semiologo ne avesse parlato. In poche parole,

rappresentano una “pausa” o battuta d’arresto, di sospensione del significato. La funzione di questo

particolare genere di pausa è di aprire, a metà o alla fine di un verso, un intervallo (proprio della

musica tradizionale nipponica e chiamato “ma”, “pausa” appunto), ossia di creare una risonanza o

un effetto simile all’eco. In uno spazio, interiore o esterno. E in un tempo. Intraducibile, si dice.

Intraducibile solo sul piano del significato, ma, come significante, assolutamente non da ignorare.

Rappresentabile, è il nostro caso, con un trattino lungo di valore analogo. Un valore giustificato ed

esaltato, in giapponese s’intende, da una lettura soprattutto ad alta voce, secondo gli usi dell’epoca

che diede vita all’Haiku come genere poetico.

Yohaku.

Qualità dell’essenziale, da intendersi come qualità che connota ogni forma di riduzione

all’essenziale: la riduzione al minimo delle parole impiegate così da ottenere che, a livello

semantico, la realtà e l’evento rappresentato non vengono accompagnati da alcuna allusione al

soggetto che li percepisce né tanto meno da una sua riflessione o da un suo commento

sentimentale.

Yosa Buson.

(1715 – 1783) Yosa Buson, il cui vero nome era Taniguchi Buson, nacque in un sobborgo di Osaka

nel 1715. Rimasto orfano di entrambi i genitori, a 21 anni si recò ad Edo, attuale Tokio, per studiare

pittura e poesia. Nel 1742 intraprese un lungo viaggio nelle regioni del nord-ovest del Giappone.

Nel 1751 si stabilì a Kyoto; nel 1760 si sposò e si ha notizie di una felice vita matrimoniale. Buson

fu un eccellente pittore e i suoi Haiku riflettono la sua abilità descrittiva ed il suo occhio pittorico.

Egli si ispira a Basho, ma, a differenza del suo maestro, non è guidato da alcuna filosofia. Il suo

stile è complesso e raffinato: ineguagliabili sono la bellezza linguistica e la sensibilità compositiva

dei suoi versi. Buson morì nel 1783.

Yoru no ran

Ka ni kakurete ya

Hana shiroshi

L’orchidea,

di notte nasconde nel profumo

lo splendore del fiore.

Yosa Buson

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Ashi yowa no

Watarite nigoru

Haru no miz

Acqua di primavera

leggero piede che passa

la intorbida.

Yosa Buson

Machibito no

Ashioto tooki

Ochiba kana

Di colui che aspetto

lontano suono di passi

su foglie cadute.

Yosa Buson

Hana chirite

Ko-no-ma no tera to

Nari ni keri

Caduti i fiori

tra i rami degli alberi

il tempio appare.

Yosa Buson

Kusa kasumi

mizu ni koe naki

higure kana

Erbe nebbia

fra acque silenti

il tramonto

Yosa Buson

kigo: kasumi “nebbia”; mizu ni koe naki: letteralmente “fra (ni) acque (mizu) senza suono (koe

naki)”; higure (hi-kure): “tramonto”.

Hashi nakute

hi bossen to suru

haru no mizu

Non c’è ponte

il giorno è finito

acqua di primavera

Yosa Buson

nakute: “manca” (<nakusu); bo (cin.): “farsi sera” (giapponese kureru).

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238

Mijikayo ya

kemushi no ue ni

tsuyu no tama

Breve notte d’estate

sulla peluria del bruco

stille di rugiada

Yosa Buson

kigo: mijikayo, “breve notte (d’estate)”; kemushi no ue ni: letteralmente “sul (ue ni) bruco

(kemushi)”; tsuyu (“rugiada”) tama (“gocce”, ma anche “perle”).

Yamabata wo

kosame hareyuku

wakaba kana

Sui campi montani

la pioggia leggera svanisce

fra tenere foglie

Yosa Buson

kigo: wakaba, letteralmente “giovani (waka) foglie (ha)”; yama-bata: “campi coltivati (bata) in

montagna (yama)”; hare-yuku <hareru “schiarire”, “rasserenarsi” (del tempo) e yuku, “andare”; ko-

same: letteralmente “piccola (ko) pioggia”.

Akikaze no

ugokashite yuku

kakashi kana

Il vento d’autunno

scuote lo spaventapasseri

e va

kigo: akikaze, “vento d’autunno”; ugokashite yuku: letteralmente. “scuotendo (<ugokasu) va

(yuku)”.

Suisen ni

kitsune asobu ya

yoi tsukiyo

Fra i narcisi

giocano le volpi

bella notte di luna

Yosa Buson

kigo: suisen, “narcisi”; kitsune (“le volpi”) asobu (“giocano”); yoi (“bella”) tsuki (“di luna”) yo

(“notte”).

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Furuike no

oshidori ni yuki furu

yûbe kana

Vecchio stagno

sulle anatre cade la neve

sul far della sera

Yosa Buson

kigo: yuki furu, “cade (furu) la neve”; oshidori: “anatre mandarine”; yûbe: “sera”.

Hatsu yuki no

soko no tatakeba

take no tsuki

Luna di Bambù

mentre accarezza il suolo

della prima neve

Yosa Buson

Yû-gen (Yugen) Quieto + nascosto.

Il sentimento che si prova dinanzi al subitaneo balenare del mistero nascosto dietro l’apparenza

delle cose. “Yû” significa, in cinese, “quieto”, “profondo” e “gen” significa “nero”, “misterioso”,

“nascosto”.

Yuki tokete Sciogliersi della neve.

Zenrinkushu I pensieri svaniscono.

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

240

2. Saijiki italiano.

2.1. Kigo. <>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Stagione.

<>

Stagione – Autunno – Aki.

Arrivo dell’autunno

Autunno

Autunno che se ne va

Autunno inizia

Autunno termina

Brividi mattutini

Brividi notturni

Calore autunnale

Crepuscolo d’autunno

Cuore dell’autunno

Equinozio d’autunno

Fa già freddo

Fine dell’autunno

Freddo a fior di pelle

Freddo del mattino

Freddo della sera

Freschezza d’autunno

Inizio dell’autunno

Inverno che s’avvicina

Lunga notte

Natura in declino

Nel mezzo dell’autunno

Notte d’autunno

Ottobre

Pomeriggio autunnale

Primi brividi

Primi freddi

Primi giorni di fresco

Sera d’autunno

Settembre

Stagione stanca

Ultimi caldi

<>

Stagione – Inverno – Fuyu.

Alba nel freddo

Anno si conclude

Arrivo dell’inverno

Capodanno

Crepuscolo d’inverno

Cuore dell’inverno

Dicembre

Dolcezza invernale

Estate Indiana (estate di S. Martino)

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

241

Fine dell’anno

Freddo

Freddo glaciale

Gelo

Gennaio

Giorni brevi

Giorni s’allungano

Grandi freddi

Inverno

Inverno che inizia

Inverno dolce

Inverno luminoso

Inverno si conclude

Mattino d’inverno

Mese della brina

Notte d’inverno

Notte di brina

Novembre

Prima settimana (del nuovo anno)

Primavera vicina

Primi giorni dell’anno

Primi mesi dell’anno

Primo giorno dell’anno

<>

Stagione – Primavera – Haru.

Alba di primavera

Aprile

Aprile o il mese dei fiori

Cuore di primavera

Dolcezza

Equinozio (di primavera)

Febbraio

Fine del freddo

Giornate lunghe

Inizio primavera

Maggio

Marzo

Nostalgia (della primavera)

Notte primaverile

Pomeriggi lunghi

Primavera

Primavera che nasce

Primavera giunge

Primavera se ne va

Primi tepori

Radioso

Risveglio degli insetti

Ritorno del freddo

Sera primaverile

Sereno

Ultimi freddi

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242

<>

Stagione – Estate – Natsu.

Afa

Agosto

Arrivo dell’estate

Aurora estiva

Caldo

Caldo torrido

Calura

Canicola

Crepuscolo estivo

Cuore dell’estate

Estate

Estate che finisce

Estate è finita

Fine dell’estate

Fresco

Giornate lunghe

Giugno

Gran caldo

Inizio dell’estate

Luglio

Maggio

Mattino estivo

Mietitura

Nel mezzo dell’estate

Notte d’estate

Notti brevi

Piena estate

Pomeriggi cocenti

Primi caldi

Rimpianto d’estate

Sera d’estate

Solstizio d’estate

Tiepida notte

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><> Fenomeni atmosferici, fenomeni meteo e celesti.

<>

Fenomeni atmosferici, fenomeni meteo e celesti – Autunno – Aki.

Acquazzone d’autunno

Acquerugiola

Autunno radioso

Brezza autunnale

Brina autunnale

Bruma autunnale

Cielo d’autunno

Cielo immenso

La nebbia

Luce autunnale

Luna

Luna d’autunno

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243

Luna piena in settembre

Luna sotto la pioggia

Luna velata

Nubi a fiocchi

Nubi d’autunno

Pioggerella

Pioggia d’autunno

Prime tempeste

Rugiada

Rugiada ghiacciata

Schiarite autunnali

Sole d’autunno

Tempeste d’autunno

Vento d’autunno

Vento impietoso

Via Lattea

<>

Fenomeni atmosferici, fenomeni meteo e celesti – Inverno – Fuyu.

Aria pungente

Brina

Bufera invernale

Cielo invernale

Galaverna

Ghiaccio

Luna d’inverno

Neve

Nevischio

Nubi invernali

Pioggia d’inverno

Prima neve

Vento d’inverno

Vento sferzante

Via Lattea

<>

Fenomeni atmosferici, fenomeni meteo e celesti – Primavera – Haru.

Arcobaleno (in primavera) o Primo arcobaleno

Brina primaverile

Bruma di primavera

Cielo di primavera

Fiori sotto le nubi

Fosco

Grandine in primavera

Luce di primavera

Luna di primavera

Neve primaverile

Neve si dissolve

Nubi primaverili

Orizzonte che vacilla

Petali di neve

Pioggia di primavera

Saetta di primavera

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244

Scrosci primaverili

Sole di primavera

Stelle di primavera

Ultima neve

Ultime gelate

Vento dell’est

Vento di primavera

<>

Fenomeni atmosferici, fenomeni meteo e celesti – Estate – Natsu.

Acquazzone

Acquazzone serale

Arcobaleno

Calar del sole

Calma piatta

Cielo cocente

Cielo d’estate

Cielo estivo

Cielo in fiamme (mattino e sera)

Cumuli

Fulmine

Grandine

Luna d’estate

Nubi estive

Pieno sole

Pioggia estiva

Siccità

Sole cocente

stelle cadenti

Tempesta estiva

Tramonto

Tuono

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Paesaggio.

<>

Paesaggio – Autunno – Aki.

Campi in autunno

Fiume in autunno

Lago in autunno

Landa in autunno

Mare in autunno

Marea autunnale

Montagne in autunno

Prati di broccato

Stoppie bruciate

<>

Paesaggio – Inverno – Fuyu.

Baia d’inverno

Bianco che cancella (la neve)

Campi desolati

Ghiaccioli (che pendono da tetti, alberi)

Giardino d’inverno

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

245

Mare d’inverno

Montagna d’inverno

Nidi vuoti

Oceano d’inverno

Panorama invernale

Spiaggia d’inverno

Torrente d’inverno

<>

Paesaggio – Primavera – Haru.

Disgelo

Fiume in primavera

Fiumi s’ingrossano

Fonte delle nevi

Lago in primavera

Landa in primavera

Mare in primavera

Marea di primavera

Montagna che sorride

Onde in primavera

Risaie a specchio

Torrenti veloci

Valanghe

Verde che germoglia

Verde nuovo

<>

Paesaggio – Estate – Natsu.

Acqua di sorgente

Balconi fioriti

Cascate

Fiume in estate

Fiumi in secca

Lago in estate

Mare in estate

Montagne d’estate

Nevai

Nevi eterne

Oceano in estate

Praterie estive

Praterie in estate

Prati fioriti

Prati inariditi

Ruscello in estate

Sorgenti

Spiagge gremite

Spiagge vocianti

Torrenti asciutti

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Fiori, piante, frutta, cibo, ...

<>

Fiori, piante, frutta, cibo, ... – Autunno – Aki.

Arance acerbe

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

246

Bambù verdeggianti

Cachi

Caldarroste

Canna da zucchero

Canne

Castagne

Chicco di riso

Crisantemi

Edera in autunno

Edera rosseggiante

Erba in autunno

Erba rosseggiante

Fagioli novelli

Fave novelle

Fichi

Fiori di genziana

Foglie che cadono

Foglie gialle

Foglie ingiallite

Foglie multicolori

Foglie sui viali

Foglie vacillanti

Funghi

Genziane

Ghiande

Limoni acerbi

Mandarini acerbi

Mandorle

Melagrane

Mele

Miglio

Nocciole

Noci

Olive

Orchidee

Patate

Patate dolci

Pere

Prime foglie gialle

Riso

Salice che si spoglia

Soia novella

Tartufi

Uva

Zucca

<>

Fiori, piante, frutta, cibo, ... – Inverno – Fuyu.

Agrifoglio

Alberi invernali

Alberi spogli

Arance

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247

Bosco invernale

Bucaneve

Cachi

Carote

Erbe sbiadite

Foglie accartocciate

Foglie che seccano

Foglie morte

Mandarini

Piante avvizzite (alberi, foglie, rami, … )

Piante gelate (alberi, foglie, rami, ...)

Prima fioritura (di alberi da frutto)

Prugne secche

Ravanello

Sedano

<>

Fiori, piante, frutta, cibo, ... – Primavera – Haru.

Alberi in gemma

Alghe verdi

Anemoni

Azalee

Bambù ingialliti

Camelie

Cardi

Ciclamini

Crochi

Denti di leone

Erbe nuove

Fiori

Fiori di ciliegio

Fiori di colza

Fiori di fragola

Fiori di gelso

Fiori di melo

Fiori di pesco

Fiori di pruno

Gelsomini

Gemme di salice

Glicine

Grano acerbo

L’erba rinverdisce

La prima erba

Lilla

Magnolie

Mandorli in fiore

Margherite

Mimose

Prime gemme

Primule

Ranuncoli

Rododendri

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248

Rosai in gemma

Salice

Tenere fronde

Timide gemme

Tulipani

Viole

<>

Fiori, piante, frutta, cibo, ... – Estate – Natsu.

Albicocche

Ananas

Angurie

Arnica

Banane

biancospino

Bosco estivo

Cactus

Campanule

Canapa

Cavoli

Cetrioli

Ciliege

Cocomeri

Dalie

Edera

Erba in estate

Erbe estive

Fiori d’anguria

Fiori d’arancio

Fiori di cactus

Fiori di ippocastano

Fiori di melone

Fiori di patata

Foglie di ciliegio

Foglie verdi

Fragole

Garofano

Genziane

Gerani

Germogli di bambù

Gigli

Giovani foglie

Girasoli

Grano

Ibisco

Iris

Lamponi

Lino

Loto

Malerba

Malvarosa

Melanzane

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249

Meloni

Mirtilli

More

Mughetto

Narcisi

Ninfee

Non ti scordar di me

Ombra delle foglie

Ortensie

Pannocchie

Papaveri

Patate novelle

Paulonia

Peonia

Pesche

Pomodori

Prugne

Ribes

Rose

Sassifraghe

Spighe dorate

Spighe mature

Stelle alpine

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Animali, insetti, pesci, ...

<>

Animali, insetti, pesci, ... – Autunno – Aki.

Beccaccia

Branzino

Canto dei grilli

Cavalli in autunno

Cervi (o periodo del bramito)

Cicale in autunno

Cinciallegre

Cinghiale

Corvo

Cri-cri

Farfalle d’autunno

Libellule

Mantide religiosa

Merli

Mosche d’autunno

Oche selvatiche

Passeri in autunno

Picchio

Prime anatre

Quaglie

Rondini che partono

Rondini d’autunno

Salmone

Sardine

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250

Storni

Tordi

Uccelli migratori

Ultime rondini

Zanzare d’autunno

<>

Animali, insetti, pesci, ... – Inverno – Fuyu.

Anatra selvatica

Balena

Cigno

Coniglio

Donnola

Lupo

Martora

Merluzzo

Oca selvatica

Orso

Ostrica

Passero

Pesce persico

Renna

Sardina

Scricciolo

Uccelli invernali

Volpe

<>

Animali, insetti, pesci, ... – Primavera – Haru.

Allodola

Api

Aringhe

Cervi in muta

Cicale in primavera

Cinguettio d’uccelli

Coccinelle

Fagiano

Farfalle

Gatti in amore

Girini

Mosche in primavera (appena nate)

Nidi d’uccelli

Prime zanzare

Puledri

Rondine

Trote

Uccelli in primavera

Usignolo

Vongole

<>

Animali, insetti, pesci, ... – Estate – Natsu.

Anguille

Cicale

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

251

Cuculo

Falene

Formiche

Gechi

Gracidio

Granchi

Grilli

Libellule

Lombrichi

Lucciole

Lucertole

Lumache

Martin-Pescatore

Meduse

Mosche

Pesci rossi

Pipistrelli

Ragni

Rane

Rondini

Scarafaggi

Serpenti

Sgombri

Tafani

Zanzare

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Oggetti, cibi, ricorrenze, azioni umane, ...

<>

Oggetti, cibi, ricorrenze, azioni umane, ... – Autunno – Aki.

Candele in autunno

Giorno dei defunti

Inizio della caccia

Ognissanti

Primo fumo dai camini

Raccolta del cotone

Raccolta del riso

Ritorno a scuola

Ritorno all’ora solare

Serate di studio

Spaventapasseri

Tristezza autunnale

Vendemmia

Ventaglio d’autunno

<>

Oggetti, cibi, ricorrenze, azioni umane, ... – Inverno – Fuyu.

Albero di Natale

Babbo Natale

Befana

Braciere

Caccia

Caminetto acceso

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

252

Capodanno

Cappotto

Ciaspole (racchette da neve)

Cioccolata calda

Coperta di lana

Corsa di slitte

Dodicesima Notte

Epifania

Fuoco nel camino

Gesù Bambino

Guanti

Il cenone

Influenza

La calza (per la Befana)

Messa di mezzanotte

Palle di neve

Panettone

Piedi caldi

Piumino (per il letto)

Presepio

Pupazzo di neve

Raffreddore

San Silvestro

Santa Lucia

Santo Natale

Scarponi (da sci)

Sciare

Vacanze invernali

Vecchio calendario

Vigilia di Natale

Zuppa di fagioli

<>

Oggetti, cibi, ricorrenze, azioni umane, ... – Primavera – Haru.

Aquiloni

Aratura

Camino in primavera

Candele in primavera

Carnevale

Fine della scuola

Giovedì Santo

Languore in primavera

Merenda sul prato

Passaggio all’ora legale

Pic nic

Prime comunioni

Primo Aprile o il Pesce d’Aprile

Primo Maggio

Quaresima

Sabato Santo

San Valentino

Santa Pasqua

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

253

Semina

Settimana Santa

Sonno di primavera

Venerdì Santo

<>

Oggetti, cibi, ricorrenze, azioni umane, ... – Estate – Natsu.

Abiti estivi

Alberi in fumo

Arrampicata

Ascensione

Assunzione

Bagno in mare

Bagno nel fiume

Bagno nel lago

Barche

Bikini

Birra

Campeggio

Canoe

Cappello da sole

Corpus Domini

Costume da bagno

Cucina estiva

Esami di fine anno

Ferragosto

Fontane

Fuochi d’artificio

Gelato

Ghiaccio

Granita

Incendi nei boschi

Nuoto

Occhiali da sole

Olio solare

Ombrellone

Paglietta

Pasto in estate

Pedalò

Piedi nudi

Pinne

Piscine

Profumo

Residenza estiva

Scoprirsi

Siesta

Sudore

Tintarella

Torso nudo

Vacanze estive

Ventagli

Ventilatori

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

254

Zanzariere

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Santi (quelli del calendario)

<>

Santi (quelli del calendario). – Autunno – Aki (21 settembre ÷ 20 dicembre)

<> Settembre

S. Matteo apostolo

S. Maurizio martire, Silvano, Tazio

S. Lino papa, Libero, Rebecca

S. Pacifico da Sanseverino Marche

S. Aurelia, Sergio

SS. Cosimo e Damiano

S. Vincenzo de’ Paoli

S. Venceslao martire

SS. Michele, Gabriele e Raffaele

S. Girolamo dottore, Rachele, Sofia, Sonia

<> Ottobre

S. Teresa del Bambin Gesù

SS. Angeli Custodi

S. Gerardo abate

S. Francesco d’Assisi

S. Placido martire

S. Bruno abate, Alberta, Beata Vergine Maria del Rosario

S. Pelagia, Brigida, Ivano

S. Dionigi, S. Ferruccio, Sara, Lorenzo

S. Daniele vescovo missionario

S. Firmino vescovo, Bruno, Emanuela

S. Serafino da Montegranaro

S. Edoardo re

S. Callisto I papa, Orlando, Fortunato

S. Teresa d’Avila, Ruggero

S. Edvige, S. Margherita Alacoque del S.C.

S. Ignazio d’A., S. Rodolfo, Marisa, Edda

S. Luca evangelista

S. Isacco martire, S. Laura, Lara

S. Irene, Aurora

S. Orsola, Clementina, Letizia

S. Donato vescovo, Apollo

S. Giovanni da Capestrano sacerdote

S. Antonio Maria Claret vescovo, Luigi

S. Crispino, S. Daria, Gaudenzio

S. Evaristo papa

S. Fiorenzo vescovo, Delia

S. Simone, Simeone, Simonetta, Giuda

S. Ermelinda, S. Massimiliano, Michela

S. Germano vescovo, Benvenuta

S. Lucilla, S. Quintino

<> Novembre

Tutti i santi

Tobia beato

S. Martino, S. Silvia, Giusto

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

255

S. Carlo Borromeo, Rosalia

S. Zaccaria profeta

S. Leonardo abate

S. Ernesto abate, Carina

S. Goffredo vescovo

S. Oreste, S. Ornella, Fausto

S. Leone Magno, Fiorenzio

S. Martino di Tours

S. Renato martire, S. Elsa, Cristiano

S. Diego, S. Omobono

S. Giocondo vescovo

S. Alberto M., S. Arturo

S. Margherita di Scozia, Edmondo

S. Elisabetta, Elda

S. Oddone abate, Alda

S. Fausto martire

S. Benigno, Presentazione Beata Vergine Maria

S. Cecilia martire di Roma

S. Clemente papa, Felicia, Lucrezia, Cristo re e S. Flora

S. Caterina d’Alessandria vergine e martire

S. Corrado vescovo

S. Massimo, S. Virgilio

S. Giacomo della Marca

S. Saturnino martire

S. Andrea apostolo, S. Duccio

<> Dicembre

S. Ansano, Natalia, Mariano

S. Bibiana, S. Savino, Viviana

S. Francesco Saverio, Ilaria

S. Barbara, S. Giovanni Damasceno, Isa

S. Giulio martire

S. Nicola vescovo

S. Ambrogio vescovo, Immacolata, Concetta, Lorenza

S. Siro, Sirio, Cesare, Beata Vergine Maria di Loreto, Lorena, Loredana

S. Damaso papa

S. Giovanna Francesca Frémyot di Chantal

S. Lucia vergine e martire

S. Giovanni della Croce, S. Pompeo

S. Valeriano, Nino

S. Albina

S. Lazzaro, Olimpia

S. Graziano vescovo

S. Fausta, S. Dario

S. Liberato martire

<>

Santi (quelli del calendario) – Inverno Fuyu (21 dicembre ÷ 20 marzo)

<> Dicembre

S. Pietro Canisio

S. Francesca Cabrini

S. Giovanni da Kety (Canzio), S. Vittoria

S. Delfino, Irma, Adele, Natale, Christel

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256

S. Stefano protomartire

S. Giovanni evangelista, Fabiola

SS. Innocenti Martiri, Dorma, Donna

S. Tommaso Becket, Pietro, Davide

S. Eugenio vescovo, S. Ruggero

S. Silvestro papa, Fiore, Melania

<> Gennaio

Maria madre di Dio

S. Basilio vescovo, Modesto

S. Genoveffa

S. Ermete, Fausta, Angela, Elsa, Cristiana

S. Amelia, Nazario

SS. Gaspare, Baldassarre e Melchiorre, Raffaello, Rafaelo

S. Luciano, S. Raimondo

S. Massimo, S. Severino

S. Giuliano martire, Alessia, Alice

S. Aldo Eremita, Domiziano

S. Igino Papa

S. Modesto martire, Probo, Tatiana

S. Ilario, Yvette, Eliana, Vero

S. Felice martire, S. Bianca, Macrina, Benedetta, Moreno

S. Mauro abate, Ida

S. Marcello Papa

S. Antonio abate, Alba, Iole, Nadia, Nada, Iolanda, Jole, Iole, Jolanda, Anteo

S. Liberata, Prisca, Priscilla, Leonardo, Beatrice

S. Mario martire, Pio

S. Sebastiano, Fabiano, Teodorico

S. Agnese, Ines

S. Vincenzo martire, Linda, Esmeralda, Domenico, Teodolinda, Smeralda

S. Emerenziana, Ramona, Armando

S. Francesco di Sales, Vera, Feliciano, Conversione di S. Paolo, Savino, Sabino

SS. Tito e Timoteo, S. Paola

S. Angela Merici, Elvira

S. Tommaso d’Aquino, S. Valerio

S. Costanzo, S. Ciro, Gildo, Sabrina

S. Martina, S. Savina, Serenella

S. Giovanni B., S. Ignazio, Marcella, Lodovico, Geminiano, Nico

<> febbraio

S. Verdiana, Veridiana, Viridiana, Brigida, Presentazione del Signore

S. Sabatino vescovo, Maurizio

S. Biagio, S. Oscar, S. Cinzia, Ofelia

S. Gilberto, Biagio

S. Agata

S. Paolo Miki, Amando, Dorotea, Gastone, Guarino, Guerrino

S. Teodoro martire, Eugenia

S. Girolamo Emiliani, Giacomina, Jacqueline, Onorato

S. Apollonia

SS. Arnaldo e Scolastica, Guglielmo, Wilma

S. Dante, B.V. di Lourdes, Eloisia, Durante

S. Eulalia, Alessio

S. Maura, Esmeralda, Fosca

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

257

S. Valentino martire

S. Faustino, Giorgia , Sigfrido

S. Giuliana Vergine

S. Donato martire, Marianna, Patrizia

S. Simone Vescovo, Cinzia, Claudio

S. Mansueto, S. Tullio, Corrado, Publio

S. Silvano, S. Eleuterio V., Ulrico, Eros

S. Pier Damiani, S. Eleonora, Nora, Leopoldo

S. Margherita, Isabella, Greta

S. Renzo, Livio, Teo, Sereno, Romina, Romana

S. Edilberto re

S. Cesario, S. Vittorino, Costanza

S. Romeo, Nestore

S. Leandro, Onorina

S. Romano abate, Antonietta, Erminio, Romano, Teresio

<>marzo

S. Albino, Alba, Ugo, Ermes, Ermete

S. Basileo martire, Simplicio, Ava, Ave, Ulderico, Uldegigo, Ulrico

S. Cunegonda, Viola, Tiziano

S. Casimiro, S. Lucio, Umberto, Urbano, Nestore

S. Adriano, Foca, Virgilio

S. Giordano, Marziano, Marzio, Colette, Ezio

S. Felicita, S. Perpetua, Augusta, Ermanno

S. Giovanni di Dio, Salvatore

S. Francesca Romana

S. Simplicio papa, Maria Eugenia, Gaio, Emiliano

S. Costantino

S. Massimiliano, S. Simplicio, Zeno, Zenona

S. Arrigo, S. Eufrasia V., Rodrigo, Letizia

S. Matilde regina, Valeriano

S. Longino, S. Luisa, Cesare, Silvia, Lucrezia

S. Eriberto vescovo, Taziano

S. Patrizio, Teodoro, Wanda, Vanda

S. Salvatore, S. Cirillo

S. Giuseppe, S. Quinto, Giuseppina, Pino, Sibilla, Quartilla

S. Alessandra martire, Claudia

<>

Santi (quelli del calendario) – Primavera – Haru (21 marzo ÷ 20 giugno)

<> Marzo

S. Benedetto, Filemone

S. Lea, Benvenuto, Caterina, Lavinia, Nilde, Nilda, Muzio, Onofrio

S. Turibio di Mogrovejo, Fedele, Nora

S. Romolo, Gabriele, Attilio, Didaco, Tiberio, Annunciazione del Signore, Annunziata, Nunzia,

Nunzio

S. Teodoro, S. Romolo, S. Emanuele, Eginardo, Manuel, Quadrato

S. Augusto, Ruperto, Romolo, Oliviero

S. Sisto III Papa

S. Secondo martire

S. Amedeo

S. Beniamino martire

<> Aprile

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

258

S. Ugo vescovo, Dora, Irene e Doriana

S. Francesco di Paola, Isotta, Emilia, Grazia Graziella, Selene, Ginevra, Selenio, Regina

S. Riccardo vescovo, Sisto

S. Isidoro vescovo, Isabelle, Isidora

S. Vincenzo Ferrer, Eva, Cenzo, Geraldo

S. Guglielmo, S. Diogene, Celestina, Filarete

S. Ermanno, Giovanni Battista, Cristiano

S. Alberto Dionigi, S. Walter

S. Maria Cleofe, Hilda, Tancredi

S. Terenzio martire

S. Stanislao vescovo, Gemma, Isacco

S. Giulio papa, Zenone

S. Martino papa, Ermenegildo

S. Abbondio, Ignazio, Lamberto

S. Annibale, Anastasio

S. Lamberto, Bernadette, Grazia, Giuditta

S. Aniceto papa, Arcangelo, Rodolfo

S. Galdino vescovo

S. Ermogene martire, Espedito, Emma

S. Adalgisa vergine, Odette

S. Anselmo, S. Silvio, Corrado

S. Caio, Sotero, Leonida

S. Giorgio martire

S. Fedele, S. Gastone

S. Marco evangelista, Franco

S. Cleto, S. Marcellino martire, Alida, Bianca

S. Zita

S. Valeria, S. Pietro Chanel, Manlio

S. Caterina da Siena, Antonia, Karen, Gomberto

S. Pio V papa, S. Mariano, Lodovico, Sofia, Sonia, Rosamunda

<> Maggio

San Giuseppe artigiano, Brunella

S. Cesare, S. Atanasio, Flaminio, Zoe, Celeste

S. Filippo, S. Giacomo, Alessandro, Viola

SS. Silvano e Nereo, S. Porfirio prete, Ada, Floriano, Tiziano

S. Pellegrino martire, Angelo, Penelope, Tosca, Teodoro, Leo, Pio

S. Giuditta martire, Violante

S. Flavia, S. Fulvio, Augusto, Gisella, Virginia, Stanislao, Villano

S. Desiderato, S. Vittore martire, Geronzio, Egle

S. Gregorio vescovo, S. Duilio, Luminosa

S. Antonino, S. Cataldo, Alfio, Miro, Quarto

S. Fabio martire, Stella, Achille, Fiorenzo

S. Rossana, Nereo, Pancrazio, Imelde, Domitilla

S. Emma, Roberto

S. Mattia Apostolo, Corinna, Gemma, Bonifacio

S. Torquato, S. Achille, Germana

S. Ubaldo vescovo, Margherita, Tiziano, Oderzo, Adamo

S. Pasquale Baylon

S. Giovanni I papa, Erico, Enrico, Veneziano, Venanzio, Luciano

S. Pietro di Morrone, Ivo, Ivonne, Ivette

S. Bernardino da Siena sacerdote, Anastasio - Paolo da Parma

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

259

S. Vittorio martire, Giulia, Angelo

S. Rita da Cascia, Valente

S. Desiderio vescovo, Beata Vergine Maria ausiliatrice, Amalia

S. Beda il Venerabile, S. Erminio, Gregorio, Adelmo

S. Filippo Neri

S. Agostino, Federico, Oliviero

S. Emilio martire, S. Ercole, Priamo

S. Massimino vescovo, Massimo, Ademaro

S. Felice I papa, S. Ferdinando, Giovanni, Angela, Giovanna d’Arco, Petronilla

<> Giugno

S. Giustino martire, Lia, Graziano

S. Marcellino, Emilia, Erasmo, Elmo, Floriano, Fosco

S. Carlo Lwanga, Clotilde, Olivia, Olivana, Oliviana, Oliviera, Olivera, Viera, Ovidio

S. Quirino vescovo, Isabella, Querino

S. Bonifacio vescovo, Ferdinando, Igor, Volfango

S. Norberto vescovo, Paola, Paula, Paulina, Paoletta

S. Roberto vescovo, Sabiniano, Geremia, Landolfo

S. Medardo vescovo

S. Primo, S. Efrem

S. Diana, S. Marcella, Greta, Asterio

S. Barnaba apostolo

S. Guido, S. Onofrio, Basilide

S. Antonio da Padova, Alice

S. Eliseo, Valerio

S. Germana, S. Vito, Enrica, Everardo

S. Aureliano, Giuditta, Ferruccio

S. Gregorio Barbarigo, S. Adolfo, Manuele

S. Marina, Marinella, Marinetta

S. Gervasio, S. Romualdo abate

S. Silverio papa, S. Ettore, Consolata

<>

Santi (quelli del calendario) – Estate – Natsu (21 giugno ÷ 20 settembre)

<> Giugno

S. Luigi Gonzaga, Luisa, Raul, Marzia, Marzina, Marzialina, Marziana

S. Paolino da Nola, Flavio

S. Lanfranco vescovo, Alice, Natività S. Giovanni Battista, Romolo, Gabriele, Zaira, Vanni

S. Guglielmo abate, Orio, Oriella, Orietta, Oride, Oriano, Prospero

S. Vigilio vescovo, Rodolfo, Elisa, Filippo

S. Cirillo D’Alessandria vescovo e dottore, Lelio, Tosco

S. Attilio, Ireneo

SS. Pietro e Paolo, Piero

SS. Primi Martiri

<> Luglio

S. Teobaldo sacerdote eremita, Ester, Carolina

S. Ottone

S. Tommaso apostolo, Leone

S. Elisabetta, S. Rossella, Cristina

S. Antonio Maria Zaccaria sacerdote

S. Maria Goretti, Romola

S. Edda, S. Claudio, Apollino

S. Adriano, S. Priscilla, Elisabetta

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

260

S. Armando, S. Letizia, Clelia, Bianca, Veronica

S. Felicita, S. Silvana, Rufina, Seconda

S. Benedetto, S. Olga, S. Fabrizio, Emanuele

S. Fortunato martire

S. Enrico imperatore

S. Camillo de Lellis

S. Bonaventura, Vladimiro, Giacobbe, Nostra Signora del Monte Carmelo, Elvira, Carmen

S. Alessio di Roma, Tiziano

S. Calogero, S. Federico V.

S. Giusta, S. Simmaco

S. Elia profeta, Severina, Severa

S. Lorenzo da Brindisi sacerdote e dottore, Cesira, Daniele

S. Maria Maddalena, Lena

S. Brigida

S. Cristina, Anita

S. Giacomo apostolo, Tea, Ivo, Ivonne, Ivette, Cristoforo

SS. Anna e Gioacchino, Camilla, Rosanna

S. Liliana, S. Aurelio, Asja, Natalia, Natalina, Natascia, Celeste

S. Nazario, S. Innocenzo

S. Marta, Beatrice, Lucilla

S. Pietro Crisologo vescovo, Donatella

S. Ignazio di Loyola, Fabio

<> Agosto

S. Alfonso

S. Eusebio, S. Gustavo

S. Lidia

S. Nicodemo,

S. Giovanni Maria Vianney sacerdote

S. Osvaldo, Neve, Nevi, Neva, Trasfigurazione Nostro Signore

S. Gaetano da Thiene, Mafalda

S. Domenico, Emiliano

S. Romano, S. Fermo, Livio

S. Lorenzo martire, Renzo

S. Chiara, Susanna, Lelia

S. Giuliano

S. Ippolito, S. Ponziano

S. Alfredo, Assunzione Maria Vergine, Assunta

S. Stefano, S. Rocco, Serena, Gioacchino

S. Giacinto, Carlo

S. Elena «Augusta», Lauro, Tatiana

S. Ludovico, S. Italo

S. Bernardo abate, Samuele

S. Pio X papa

S. Maria regina, Ippolito

S. Rosa da Lima, S. Manlio

S. Bartolomeo apostolo, Michela, Dario

S. Ludovico, Luigi, Erminia, Patrizia

S. Alessandro martire

S. Monica, S. Anita

S. Agostino, Martirio S., Giovanni B., Sabina, Savino

S. Faustina, S. Tecla, Rosa

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

261

S. Aristide martire, Aidano, Aida

<> Settembre

S. Egidio abate

S. Elpidio vescovo, Ingrid

S. Gregorio martire, S. Marino

S. Rosalia, Rosa

S. Vittorino vescovo, Giordano

S. Petronio, S. Umberto, Eva

S. Regina, Guido, Natività Beata Vergine Maria

S. Sergio papa

S. Nicola da Tol., S. Pulcheria, Candida

S. Diomede martire

SS Nome di Maria, S. Guido

S. Maurilio, S. Giovanni Cris, Esaltazione della Santa Croce, Beata Vergine Maria Addolorata,

Ilenia da Reggio Emilia

SS. Cornelio e Cipriano, Edoardo

S. Roberto Bellarmino

S. Sofia martire

S. Gennaro vescovo, Costanzo

S. Eustachio, S. Candida

<>

<><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><><> Vestiario.

<>

Vestiario – Autunno – Aki.

Soprabito

<>

Vestiario – Inverno – Fuyu.

Berretta di lana

Calze di lana

Cappotto

Giacca a vento

Guanti di lana

Maglione

Sciarpa

<>

Vestiario – Primavera – Haru.

Canottiera

Maglietta

<>

Vestiario – Estate – Natsu.

Costume da bagno

Giacca di lino

Sandali

2.2. Piccolo Kigo. Alba

Albeggiare

Aperitivo serale

Apertura dei negozi

Aurora

Bicchiere della staffa

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

262

Buon appetito

Calar del sole

Cena

Colazione

Crepuscolo

Doccia mattutina

Dopo il lavoro

Imbrunire

Mattino

Merenda

Messa vespertina

Mezzanotte

Mezzodì

Notte

Notte che sbianca

Notte in bianco

Ora del tè

Ore d’insonnia

Partenza dei pendolari

Partenza per il lavoro

Pausa caffè

Pausa pranzo

Pomeriggio

Pranzo

Prima luce

Prima sigaretta

Primo buio

Primo sole

Rientro dal lavoro

Rientro dei pendolari

Rugiada

Sera

Siesta

Sole che muore

Spuntar del sole

Spuntino

Spuntino notturno

Stelle vacillano

Tramonto

Tv dei ragazzi

Ultima sigaretta

Ultimo sole

Veglia

Vespro

2.3. Kigo Misuralis. Allontanamento

Alte vie

Andare a picco

Arrampicata

Arrivo

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La poesia Haiku in lingua italiana. Saijiki italiano.

263

Ascesa

Atterraggio

Attracco

Avanzare

Avvicinamento

Avvio

Caduta

Cammino

Centro

Contachilometri

Contapassi

Contiguità

Corsa

Decollo

Deriva

Discesa

Distanza

Estensione

Fuga

Immensità

Impronta

Inabissarsi

Infinito

Inseguire

Limite

Lontananza

Maratona

Marcia

Meta

Misurare

Movimento

Naufragio

Orbita

Orizzonte

Partenza

Passo

Percorso

Precipitare

Retrocedere

Riemergere

Rincorsa

Ritorno

Rotta

Ruotare

Salita

Scalata

Sentiero

Separazione

Sfociare

Sosta

Spazio

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

264

Sprofondare

Stop and go

Strada

Traguardo

Universo

Vagare

Via

Viaggio

Viandante

Vicinanza

Volo

2.4. Kigo Temporis. “zona cesarini”

Accorciarsi

Addio

Agenda

Allungarsi

Alta marea

Anniversario

Anno

Anno luce

Antenati

Antichità

Arrivederci

Assottigliarsi

Attesa

Attimo

Avvenire

Balenio

Big bang

Break

Caducità

Calendario

Cerchi nei tronchi

Cessare

Clessidra

Commemorazione

Compleanno

Consunzione

Contachilometri

Continuità

Crescita

Cronometro

Datario

Decomposizione

Dolce attesa

Durata

Epoca

Era

Estinguersi

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265

Eternità

Fermarsi

Fine

Fine del mondo

Flash

Flash back

Fossile

Fretta

Futuro

Giorno

Gioventù

Immortalità

Infanzia

Istante

Lampo

Lancette

Lavoro straordinario

Lentezza

Letargo

Lustro

Maturità

Memoria

Meridiana

Mese

Metronomo

Millennio

Minuto

Momento

Morte

Nascita

Neonato

Nostalgia

Oblio

Ora

Orologio

Passato

Patina

Presente

Principio

Protrarsi

Puntualità

Rallentare

Rapidità

Ricordo

Ricorrenza

Rimembranza

Rimpianto

Ritardo

Ruga

Ruggine

Sbiadire

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Saijiki italiano. La poesia Haiku in lingua italiana.

266

Scadenza

Scorrere

Secolo

Secondo

Senilità

Sonno eterno

Stagione

Stalattite

Stingere

Sveglia

Tassametro

Tempo

Tempo scaduto

Trasformazione

Vecchiaia

Week end

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La poesia Haiku in lingua italiana. 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

267

3. 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle

scuole.

Haiku Poesia del Futuro – Seconda Conferenza Italiana Haiku.

Domenica 28 giugno 2009, Circolo dei Lettori, Torino – Italy.

L’Haiku e i giovani.

Esplorazione di una didattica dell’Haiku.

62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

intervento di Pietro Tartamella

Premessa n° 1 – “... un bravo scrittore ...”.

Abbiamo sentito dire un milione di volte che per diventare un bravo scrittore non bisogna stancarsi

mai di leggere e rileggere libri scritti da bravi autori.

Per quanto riguarda l’Haiku dovremmo apportare una piccola modifica a questo pensiero e dire che:

«Per diventare un bravo scrittore di Haiku non bisogna stancarsi mai di leggere e rileggere i buoni

Haiku scritti dai bambini.».

Se riconosciamo sinceramente, e convintamente, l’importanza di leggere con attenzione gli Haiku

scritti dai bambini e dall’handicap, stiamo asserendo tre concetti davvero importanti:

1. riconosciamo ai bambini il ruolo inaspettato di essere nostri maestri;

2. riconosciamo il mondo infantile come portatore di una “abilità” che molto può insegnare

all’adulto, inducendoci ad “ascoltare” seriamente i bambini e il loro mondo;

3. ristabiliamo una relazione seria e dimenticata, una sorta di “continuità ciclica educativa” con

il mondo infantile, facendolo di nuovo abitare con dignità e importanza nella nostra

coscienza.

Premessa n° 2 – “... i bambini nostri maestri ...”.

Ma se i bambini possono essere nostri maestri di Haiku, qual è il senso di “insegnare” loro l’Haiku?

Lo insegnamo per tre motivi:

1. perché i bambini lo devono prima scoprire e conoscere, per poterne scrivere e diventare

nostri maestri;

2. perché la pratica dell’Haiku li educa a mille valori e a mille attitudini;

3. perché la pratica dell’Haiku può aiutare i bambini a non perdere alcune loro specifiche

qualità.

In tanti anni di esperienza, come insegnante di Haiku nelle scuole, posso affermare che in prima

media, all’età quindi di circa 12 anni, condizionati dalla cultura dominante, dai valori dei mass-

media, dai problemi tipici dell’adolescenza, dalla muta vocale, dai valori della scuola che non

“educa” (tira fuori), ma “riempie” di nozioni, i bambini hanno già perduto gran parte della loro

spontaneità e della loro creatività; il loro pensiero è già artificioso, contorto, impoverito.

Possiamo riassumere dunque in due filoni le motivazioni che ci inducono a insegnare la poetica

Haiku ai bambini:

1. l’Haiku è una via praticabile per giungere alla scoperta e all’appropriazione di alcune

attitudini particolari; l’haiku diventa la pratica per allenarsi in quelle attitudini;

2. l’Haiku è una via al mantenimento, alla conservazione di attitudini già naturali nel bambino.

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62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole. La poesia Haiku in lingua italiana.

268

Premessa n° 3 – “... contrari all’Haiku ...”.

Noi oggi siamo qui riuniti perché siamo persone attratte in qualche modo, anche se con sfumature

diverse, dalla poetica Haiku. Sostenere che insegnare l’Haiku ai bambini è una cosa buona,

probabilmente incontrerà l’approvazione e il convincimento di tutti. Ma questo convincimento non

deve trarci in inganno. In molti anni di esperienza, come insegnante di Haiku nelle scuole, posso

sostenere che molti sono gli insegnanti ideologicamente contrari all’insegnamento dell’Haiku ai

bambini.

Le maestre che insegnano l’Haiku sono da considerare veramente degli apri-pista che affrontano

difficoltà, boicottaggi, negligenze, indifferenza; ma sono consapevoli di portare avanti una battaglia

perché, se c’è un mondo parallelo che ostacola l’Haiku, di sottile battaglia appunto si tratta.

Quali le motivazioni degli insegnanti contrari all’insegnamento dell’Haiku nelle scuole?

1. Fanno fatica a considerare l’Haiku come letteratura. Lo ritengono per lo più un giochetto.

2. L’Haiku è così breve che non riescono a concepirlo come “opera”, ma solo come cosa

fuggevole, leggera, di poca consistenza, senza “volume”.

3. Fanno fatica a concepire l’imperfezione (il ribaltamento semantico) come “arte”.

4. Sostengono genericamente che l’Haiku è difficile per i bambini (ma noi sappiamo che

l’Haiku è in realtà difficile per gli adulti).

5. Le troppe regole dell’Haiku (le sillabe, il Kigo, il ribaltamento semantico…) vengono

percepite come qualcosa che imprigiona la libertà del bambino, una gabbia troppo stretta per

loro.

6. La concisione che l’Haiku richiede viene percepita in contrapposizione al proprio ruolo di

insegnante che fa lo sforzo di migliorare e ampliare nel bambino la conoscenza del lessico:

mentre l’insegnante “aggiunge parole” , l’Haiku impone di “togliere parole”.

7. L’Haiku di un bambino che ha raccontato con tante parole la sua esperienza a tutta la classe,

se la classe, collaborando, lo aiuta a trasformare il suo racconto in un Haiku, quell’Haiku

viene percepito dall’insegnante come “non scritto da quel bambino”. La sua mente pensa in

termini di “proprietà dell’Haiku”, pensa al binomio “autore = Haiku”; pensa più all’autore

che all’Haiku.

8. Forse una preoccupazione inconfessata dell’insegnante è il conteggio delle sillabe, che

richiede una rivisitazione delle regole grammaticali e delle molte regole metriche.

9. L’insegnante medio italiano ritiene che concetti come “crasi”, “sinalefe”, “episinalefe”,

“anasinalefe”, “anfibologia”, “dàttilo”, eccetera ... siano troppo difficili per i bambini.

10. Gli insegnanti che si oppongono all’insegnamento dell’Haiku nelle scuole hanno ascoltato

solo le proprie motivazioni. Ciò che essi fanno fatica ad ascoltare e a vedere (eppure è sotto i

loro occhi) è il grande piacere che i bambini dimostrano quando si cimentano con l’Haiku,

che sembra proprio fatto apposta per loro!

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La poesia Haiku in lingua italiana. 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

269

Una didattica dell’Haiku.

Vorrei illustrare un percorso ideale di didattica dell’Haiku, immaginando di svolgerlo in 12 incontri

di due ore ciascuno, in una classe di 25 bambini, adatto anche alla prima elementare. Esplorando le

implicazioni positive dell’Haiku, si possono trovare argomentazioni utili da contrapporre a coloro

che rifuggono l’Haiku o lo ostacolano o lo ritengono inadatto ai bambini.

1° – 2° incontro: sillabe e ritmi.

Nei primi due incontri del percorso esploriamo le sillabe col tamburo, le parole tronche, le parole

piane, le parole sdrucciole; la sillaba atona, la sillaba tonica; il ritmo jambico (“cit-tà”), il trocheo

(“cà-sa”), il dàttilo (“fùl-mi-ne”), il molosso (“pal-ló-ne”), l’anapesto (“can-te-rò”). Esercizi di voce

e canto, suoni armonici, blues, giocando e ballando. Uso del Djembè.

3° – 4° incontro: osservazione obiettiva – verità parziale del punto di vista.

Si mette al centro della classe un oggetto e ciascuno descrive quello che può osservare dal suo

punto di vista. Esercizi volti a far comprendere ai bambini come ciascuno di loro è possessore solo

di una “porzione di verità” e che “ascoltare davvero” significa riconoscere le porzioni di verità che

tutti gli altri possiedono e che è questo contributo a consentire l’avvicinamento ad una “verità” più

ampia. I bambini si allenano ad osservare i dettagli, a tenere separata la realtà dall’immaginazione, a

passare dalla realtà all’immaginazione in modo consapevole e sciolto.

5° incontro: geografia – storia – scienze.

Cartina geografica del Giappone, le città, i monti, accenni di storia, foto di piante, fiori,

l’Imperatore, i Samurai, i contadini, ... musica, teatro, origami, bonsai, il Tanka, ...

6° incontro: struttura dell’Haiku – ascolto attentissimo di Haiku – commento degli Haiku

letti.

Vengono spiegate le 5-7-5 sillabe, il Kigo, il ribaltamento semantico. Si ascoltano alcuni Haiku, si

rileggono più volte e si commentano mostrando come gli autori hanno utilizzato il ribaltamento

semantico.

7° – 8° – 9° incontro: i ragazzi scrivono il loro primo Haiku.

A turno i bambini raccontano ai compagni il ricordo di una esperienza che li ha colpiti, emozionati,

coinvolti emotivamente. Tutta la classe aiuta il compagno a trovare il suo Haiku. Strada facendo si

scoprono i fenomeni metrici (crasi, anasinalefe, episinalefe, eccetera). È il lavoro del “togliere

parole”, di trovarne altre migliori, di capire cosa generano le parole nella nostra immaginazione.

Lavoro linguistico, psicolinguistico, esplorazione del lessico, della sintassi, della grammatica, delle

sillabe.

10° incontro: gli stati d’animo fondamentali: Sabi, Wabi, Aware, Yugen.

Rileggendo gli Haiku dei ragazzi e quelli di autori famosi si cerca di comprendere i quattro stati

d’animo fondamentali che ricorrono nell’Haiku e lo caratterizzano. Differenza tra Haiku, Senryu,

Haikai, Haibun, Raccolta Tawani, ...

11° incontro: la lettura Zikan.

I bambini si esercitano in una lettura particolare che li immerge in una dimensione di grande

attenzione e spiritualità. Ogni Haiku viene letto tre volte in modo diverso, mettendo in risalto:

1. le lunghe pause di silenzio alla fine di ogni verso (stile Sizuka Na = senza rumore-silenzio);

2. la struttura sillabica, mostrando con la voce anche i fenomeni metrici (stile Tanzi Suru =

esporre le sillabe);

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62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole. La poesia Haiku in lingua italiana.

270

3. stile Wabi Sabi: delicate intonazioni e colorazioni vocali legano tutte le parole, cercando di

far emergere i ribaltamenti semantici e i diversi significati contenuti nell’Haiku.

12° incontro: lettura pubblica ad alta voce degli Haiku.

A conclusione dell’esperienza, ora che tutti i bambini hanno prodotto il loro primo Haiku, all’ultimo

incontro si invitano in classe genitori e parenti, per l’ascolto della lettura rituale degli Haiku in

modalità Zikan (lentezza, chiarezza verbale, silenzio, ascolto, ...). La lettura è accompagnata da

strumenti musicali e suoni (ciotola tibetana, anelli tibetani, dongu, soffietto di Florian, pentatonico,

bastone della pioggia, canto armonico). Momento pubblico di condivisione carico di tensione

emotiva.

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La poesia Haiku in lingua italiana. 62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole.

271

Valenze didattiche ed educative dell’ Haiku.

62 buoni motivi, in ordine alfabetico,

per insegnare l’Haiku

nelle scuole, ai bambini, agli adolescenti.

1) Arte nell’imperfezione.

È qui che i bambini sono maestri! Le loro piccole imperfezioni linguistiche e grammaticali

producono ribaltamenti semantici di straordinaria bellezza e semplicità, in grado di mostrarci come

l’imperfezione può essere trasformata in arte e come può svelare a volte immagini poetiche potenti.

Avere consapevolezza dell’imperfezione può aiutare i bambini a non desiderare di coltivare

l’immortalità o l’onnipotenza, e a conservare le loro virtù naturali: spontaneità, freschezza,

semplicità, immediatezza.

2) Ascolto.

Allenamento a “vedere” quali “immagini” si formano nella mente ascoltando una sequenza di

“parole” e come si trasforma l’immagine mentale cambiando anche solo un articolo o una virgola o

una preposizione, nel testo.

3) Assenza di giudizio.

Partire con la mente vuota, pronta a cogliere ciò che mi trovo davanti, concretamente o nella

memoria, e andare verso il “centro dell’esperienza” passando in mezzo a tutti i trabocchetti della

mente che tendono a velare la realtà.

4) Bellezza.

Cogliere nella semplicità, nell’imperfezione, nell’immagine dell’Haiku, il senso della bellezza, il

senso dell’arte e provarne piacere. Cogliere nell’autore la bravura con cui ha risolto un problema di

forma, come ha disposto le sue parole all’interno dei tre versi dell’Haiku, apparentemente una

gabbia, ma che invece sollecita una sfida e fa dell’Haiku un gioco serio e importante.

5) Capacità di abbandonarsi.

È lo sforzo di farsi permeare dal ricordo di un evento, dall’osservazione profonda e osmotica della

realtà, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero, di cogliere solo quello che osservo e la

relazione reciproca, vigile, per poter percepire il momento in cui potrebbe scattare e farsi strada un

“pre-giudizio”.

6) Collaborazione.

Èntrare in sintonia con la classe e i compagni, riconoscere l’aiuto che gli altri danno. Il valore della

solidarietà. Sentire quando un Haiku è “ben riuscito” e capire che l’Haiku è più importante

dell’autore e che quindi, come un gioco, può essere fatto in gruppo.

7) Compassione.

Nella grande congerie di fatti e di esperienze della nostra vita, l’Haiku ci insegna a “fotografare”

l’attimo significativo che si staglia da un quotidiano diventato immancabilmente routine, dietro cui

si celano una bellezza e una profondità originaria che restano invisibili alla nostra coscienza. L’arte

dell’Haiku ci riporta a questa “presenza”, all’attenzione necessaria che consente di cogliere il

trascorrere del tempo fatto di mille “avvenimenti”, piccoli e grandi. La consapevolezza di questo

tempo che scorre, dell’alternarsi delle stagioni, del nostro essere immersi in questo fluire cosmico e

ineluttabile, ci riconsegna il sentimento della compassione.

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62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole. La poesia Haiku in lingua italiana.

272

8) Compiacimento NO.

L’Haiku non gradisce il compiacimento, il crogiolarsi in immagini ricercate, in metafore ardite, in

contorcimenti mentali. L’Haiku è essenza e semplicità. Questa regola è per il bambino una

campanella d’allarme e di riflessione che lo induce ad essere vigile, a controllare e riconoscere

quando il suo narcisismo lo fa cadere nel compiacimento. In questo modo l’Haiku diventa una

scuola di vita che restituisce al bambino, come un’eco, le onde emotive che si muovono in lui.

9) Concisione.

Allenamento a riconoscere il superfluo e l’orpello, a rinunciarvi senza rimpianto, a concentrarsi

sull’attimo che l’Haiku deve fermare. Allenamento ad entrare in profondità nello strumento

“lingua” per capire quando ci sono ripetizioni inutili, ridondanze, cose già dette che innacquano o

banalizzano l’Haiku.

10) Condivisione.

Il lavorare con il contributo dei compagni crea un senso di appartenenza, un senso di comunità che

lavora insieme per raggiungere uno scopo: creare un bell’Haiku. Il piacere, una volta approdati

all’Haiku, viene condiviso da tutti e, in fine, anche con i genitori e i parenti nell’incontro finale.

11) Contemplazione.

Osservando un ricordo o la realtà, permeati da una emozione, ci si allena ad entrare nello

svuotamento mentale, nel non giudizio e quindi a godere di un momento contemplativo; anche

quando si ascoltano gli Haiku degli altri compagni.

12) Dislessia.

L’Haiku, che richiede concentrazione, spiritualità, essenzialità, lentezza, ritualità nella lettura,

procura un rilassamento e una calma che i bambini dislessici scoprono e apprezzano

particolarmente, in quanto “sentono” che la pratica dell’Haiku li allontana dalle tensioni di

prestazione e dalla sensazione di inadeguatezza. Relativamente alla lettura, migliora notevolmente il

loro approccio, e il loro piacere, corroborato da piccole, ma intime soddisfazioni, che rafforzano

l’autostima.

13) Distacco – familiarità e consapevolezza.

Non è facile per i bambini affrontare il distacco. Ma è sorprendente notare come in breve tempo,

guidati dalle regole precise dell’Haiku, distratti e attratti dal desiderio di applicarle, distratti e attratti

dal piacere e dalla sfida del gioco matematico delle sillabe, essi affrontano il distacco con coraggio,

consapevolezza, maturità insospettata. È commovente vedere un bambino che di fronte al ricordo di

una esperienza vissuta con il papà, la mamma, i fratellini, la nonna, dovendo togliere molte parole,

perché tutte non ci stanno nelle 17 sillabe dell’Haiku, si mette a ripercorrere pensieroso la sua

esperienza, cercando di cogliere “che cosa” davvero lo ha emozionato o colpito, cercando di

cogliere “l’attimo” che vorrebbe trasferire nel suo Haiku ... e alla fine “accetta di rinunciare” alla

mamma o al papà o ai fratellini o alla nonna consapevole che se vuole scrivere un Haiku, deve farlo.

14) Eco interiore.

L’intenso ascolto degli Haiku e lo sforzo di vedere gli effetti e la meccanica dei ribaltamenti

semantici, produce stimoli senso-motori e psicolinguistici che fanno sperimentare al bambino la

sensazione di una “eco interiore” che le immagini mentali producono.

15) Essenzialità.

Che è diversa dalla concisione. L’essenzialità riguarda il contenuto e mira a rimuovere dalla mente

le cose che “sembrano importanti”, ma che in realtà “nascondono” il centro di una emozione o di

una esperienza.

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16) Esplorazione della diversità.

In una classe molte sono le presenze di bambini stranieri. Il racconto che ogni bambino fa ai

compagni della propria esperienza e del proprio ricordo viene socializzato, reso “pubblico”.

Dovendo raccontare un “attimo della propria vita” che in qualche modo li ha colpiti, si assiste ad

una carrellata di “attimi” narrati da ciascun bimbo, anche da quelli stranieri. I bambini scoprono con

sorpresa quante cose hanno in comune con gli altri bambini, pur se hanno lingua, cultura, pelle

diversa. Si rendono conto di come sono spesso simili gli “attimi” che ci hanno colpito. Le storie

vengono poi, con la collaborazione di tutti, trasformate in Haiku, ridotte all’essenziale, cercando di

capire quali sono le parole importanti che bisogna lasciare e quali quelle a cui si può e si deve

rinunciare.

17) Fotografia.

Fabrizio Virgili definisce l’Haiku: «un attimo di vita che si fa verso». Poiché la vita è tempo che

scorre, un “attimo” è qualcosa di questa vita corrente che viene fermato sulla pagina. Equivale ad

uno “scatto”. Uno scatto “fotografico”. Ma non è solo “documentazione”. L’attimo fermato con

l’Haiku, permeato di Sabi o Wabi o Aware o Yughen, diventa poesia, visione universale, diventa

arte. Il bambino che pratica l’Haiku allena il suo sguardo proprio come fa il fotografo che impara a

cogliere nel flusso del tempo e degli eventi quotidiani gli attimi significativi che contengono

bellezza e poesia. Un vero allenamento ad osservare la realtà da punti di vista nuovi.

18) Haiku: che cosa è, che cosa non è.

L’Haiku non è una definizione , non è un insegnamento morale, non è un pensiero filosofico, non è

una immagine astratta, non è un gioco di parole, non è un gioco di rime, non è un aforisma, non è

una massima, non è una sentenza, non è un proverbio, non è un pensiero, non è un’idea. L’Haiku

non si prefigge di “stupire” con metafore bizzarre o ardite. L’Haiku è concentrazione, è un vero e

proprio poema racchiuso in 17 sillabe, è un poema lirico, è pura concretezza, è una poesia di “cose”

di “fatti”, è nuda realtà, semplice realtà, non è un mezzo, ma il fine, non fa parte del poema, è il

poema. L’Haiku fotografa nella sua semplicità ed essenzialità un particolare realmente vissuto,

visto, osservato, della nostra vita, della natura, di una esperienza. Il bambino naviga in mezzo a tutti

questi concetti e si pone domande e si interroga e, nello sforzo di capire e di applicare,

semplicemente lo accompagniamo nella sua crescita.

19) Handicap e disabilità.

I bambini con handicap o con disabilità o dislessici o con deficit comportamentale o di

apprendimento, riuscendo anche loro ad esprimersi con l’Haiku, vengono ripresi in considerazione

dai compagni di classe che riconoscono la loro bravura di poeti e le loro qualità che non avevano

visto prima.

20) Illuminazione – piccola esplosione di luce.

L’illuminazione è una esperienza molto familiare ai bambini che stanno crescendo, perché il mondo

è per loro ancora tutto da scoprire. I loro giorni trascorrono con continue illuminazioni man mano

che comprendono le cose e ne diventano consapevoli e le fanno proprie. Haiku vuol dire “piccola

esplosione di luce”. Grazie alle mille regole dell’Haiku e ai suoi mille paletti, grazie a questa

“gabbia” che è il componimento Haiku con confini molto delimitati (il conteggio delle sillabe, i

fenomeni metrici, i diversi tipi di ribaltamento semantico, il Kigo, il non giudicare, il non

compiacersi, la semplicità, il “qui e ora”, ...) i bambini vivono e sperimentano continue

“illuminazioni”, comprese quelle che derivano dall’aver compreso e decodificato gli Haiku che

ascoltano.

21) Interculturalità.

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L’Haiku, di origine giapponese, mette in risalto un’altra parte del mondo, un paese orientale diverso

e lontano. I bambini riprendono in considerazione, con un punto di vista nuovo, e con valenza

culturale, l’importanza di qualcos’altro che essi hanno a portata di mano: i compagni di classe che

provengono da altri paesi. Le diverse ricchezze e differeze culturali vengono rivisitate, messe in

risalto, esplicitate, socializzate, condivise.

22) Io e la natura.

L’Haiku richiedendo il Kigo, la stagione, ci allena a restare in osservazione, a cogliere il

cambiamento della natura, il tempo che passa, l’attimo significativo che possiamo fermare e

raccontare e ci tiene all’erta, senza dramma né panico o paura, sulla consapevolezza che la nostra

vita va verso lo spegnimento.

23) Io e l’altro.

Con la pratica dell’Haiku cambia l’atteggiamento mentale. Ci si allena ad osservare gli altri con

occhio nuovo. Insegnando a non giudicare l’Haiku ci fa comprendere la verità parziale posseduta da

ogni essere umano e ci fa comprendere come il “ punto di vista” di ciascuno è davvero una concreta

ricchezza.

24) Internazionalità.

La presenza di etnie diverse all’interno della classe, unita all’informazione che Cascina Macondo

organizza ogni anno un “Concorso Internazionale di Poesia Haiku in Lingua Italiana” a cui

partecipano adulti e bambini di ogni parte del mondo, produce nel bambino una sorta di visione

“globale” dell’interculturalità che mostra il mondo come affratellato, anche se solo intorno ad una

cosa piccola come l’Haiku.

25) Lateralizzazione – coodinazione muscolare-vocale.

Gli esercizi col tamburo e le percussioni, mano destra, mano sinistra, suono alto, suono medio,

suono basso, orlo del tamburo, centro del tamburo, voce, canto ritmico, la ricerca delle parole

sdrucciole contenute nel nostro corpo, l’esplorazione del punto di vista e delle porzioni di “verità”

possedute da ciascun bambino in relazione allo spazio tridimensionale, alla distanza,

all’angolazione, diventano pratica senso-motoria per la lateralizzazione, la coordinazione

muscolare, l’equilibrio.

26) Lettura ad alta voce.

Leggere gli Haiku in modo rituale significa riconoscere che l’Haiku è concentrazione,

contemplazione, silenzio e, nel contempo, significa restituire alla parola il suo valore di sacralità.

Significa ribadire l’importanza dell’ascolto e del punto di vista degli altri esseri umani. La lettura

“Zikan” è una particolare modalità di leggere gli Haiku che riassume i valori suddetti. Ogni Haiku

viene letto tre volte: modalità Sizuka Na (senza rumore-silenzio), modalità Tanzi Suru (esporre le

sillabe), modalità Wabi Sabi (intonazioni vocali che legano il tutto).

27) Lettura – pluralità dei percorsi – assunzione di responsabilità.

Leggendo Haiku di altri autori, compresi quelli scritti dai suoi compagni di classe, il bambino

esplora diverse libertà di lettura, ponendo autonomamente pause, silenzi, intonazioni che nell’Haiku

non sono indicate. La bellezza di un Haiku, e la sua comprensione, richiedono un’assunzione di

responsabilità. Alcuni Haiku sembrano brutti a prima vista: la loro bellezza si svela se si scopre la

modalità e il respiro giusto con cui leggerli.

28) Lingua giapponese.

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Citando termini giapponesi, parlando degli “on-ji” (equivalente della sillaba italiana), dell’accento

tonico (che i giapponesi non hanno), si danno informazioni su come può essere la struttura di

un’altra lingua stimolando l’interesse per il linguaggio come strumento di comunicazione.

29) Materie curriculari: geografia – storia – geometria – matematica – musica – scienze –

educazione all’immagine.

Nel percorso Haiku i bambini affrontano in modo inedito i temi delle materie curriculari con stimoli

all’approfondimento e connessioni interdisciplinari.

30) Obiettività.

Praticare l’obiettività non è facile. Anche provare il piacere dell’obiettività è un’arte. La pratica

dell’Haiku può aiutare il bambino a vedere le cose per quello che sono e a riconoscere i momenti in

cui il “mondo fuori di noi” viene cambiato o ricoperto dai veli delle nostre paure, preoccupazioni,

desideri, che finiscono spesso per ingannarci.

31) Osservazione.

L’Haiku che ferma sulla carta “un attimo” che accade “qui e ora” abitua il bambino a guardare il

dettaglio, le cose minute del presente apparentemente insignificanti, e a riconoscerne la bellezza.

32) Percezione del confine – suo riconoscimento – sua accettazione.

Proprio perché l’Haiku ha tante regole esso risulta alla fine una specie di “gabbia”. Il bambino

prova il piacere di restare in quella “gabbia”. Utilizzando tecnicamente il conteggio delle sillabe e le

possibilità della metrica, impara ad esprimersi con poco, mettendo alla prova la sua percezione, la

sua logica, la sua matematica, la sua creatività. “Gabbia” è un termine che usiamo solo perché lo

usano i detrattori dell’Haiku che con esso intendono dire “prigione”, “contenitore” entro cui si

trovano a disagio. Ad essi ci rivolgiamo quando sosteniamo che il termine “gabbia” ha una

connotazione negativa e non è propriamente adatto. Il termine giusto sarebbe “confine” a indicare

che l’Haiku è un “territorio”, un “universo” entro cui ci si può muovere, ma sino a quei confini.

L’idea del “confine” è percepita con molta chiarezza dal bambino che, praticandola, si allena alla

concretezza della realtà, all’accettazione e al rispetto delle regole, al rifiuto della prevaricazione.

33) Percezione – intuizione.

Praticando l’haiku, scriverne e leggerne, la mente si allena a cogliere quel piacere sottile che deriva

dal rimbalzo delle immagini nella nostra mente, da quell’attimo di “vuoto” che si prova prima di

aver “compreso” l’Haiku, da quella sensazione di “indefinito”, di “incompiuto”, di “non

comprensione totale” che alcuni Haiku producono. Tutto questo stimola la percezione, l’intuizione,

l’immaginazione.

34) Permeanza.

Abbandono totale, svuotamento mentale, sorta di illuminazione, assenza di giudizio così totale, da

sentirsi completamente “permeato” dalla cosa che si sta vivendo o osservando tanto da sentirsi un

tuttuno con essa e a volte sentire di essere quella stessa cosa.

35) Pregnanza semantica.

La pratica dell’Haiku sviluppa conoscenza delle parole, dei vuoti, dei silenzi, delle imperfezioni, del

potere evocativo dei suoni, dell’essenzialità. Un Haiku con sole diciassette sillabe è in grado di

riversare nel lettore o nell’ascoltatore moltissimi contenuti (Basho direbbe «un poema intero»). Il

bambino comprende tutta la molteplicità dei contenuti semantici veicolati con i cambiamenti di

tono, di pausa, di ritmo, di silenzio, di sospensione, ... La sua conoscenza dello strumento “lingua” e

dello strumento “voce” si affina ed egli entra, con la pratica e l’allenamento, sempre più in

profondità.

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36) Presente.

Il componimento Haiku predilige le cose raccontate al “presente”. Rifuggendo dai modi futuri e

passati, il bambino elabora un atteggiamento mentale che guarda le cose “qui e ora”.

37) Profondità.

Il bambino con molta serietà comprende e “sente” quando un Haiku contiene il Sabi (il grande

silenzio, il distacco), il Wabi (l’inatteso, il risveglio dell’attenzione portato da qualcosa che si

profila alla nostra coscienza all’improvviso), lo Aware (la nostalgia, la transitorietà, il tempo che

passa, la caducità delle cose), lo Yughen (il mistero, l’inafferrabile, la bellezza indecifrabile che

avvolge le cose, anche le più piccole). La pratica dell’Haiku lo conduce in questa profondità che

egli già possiede, lo aiuta ad esplorarla meglio, lo aiuta a conservare questa sua capacità di esplorare

la profondità.

38) Pulizia formale.

È ancora l’esplorazione del “confine”, l’aspetto tecnico e sillabico, la comprensione del “cosa”

rende l’Haiku scorrevole, pulito, essenziale e “cosa” invece lo sporca, lo innacqua, lo inquina, lo

indebolisce, lo svuota di forza e di pregnanza semantica. Ancora conoscenza dello strumento lingua,

delle sue possibilità, dei suoi difetti, dei suoi limiti. Ancora la sfida e il mettersi in gioco per

superare gli ostacoli formali con gli strumenti dell’artigiano.

39) Punto di vista.

L’Haiku richiede uno sforzo. Non è facile scrivere Haiku, non è facile leggerli, non è facile

ascoltarli. Richiede sempre uno sforzo, un’attenzione, una concentrazione, una sincera disponibilità

all’ascolto, un azzeramento dei pre-giudizi. Richiede di disporsi con umiltà all’ascolto profondo di

un punto di vista di un altro essere umano. Un punto di vista molto particolare, trattandosi di “un

attimo” fermato sulla carta.

40) “Qui e ora”.

Capire che l’abbandono, la mente vuota, la contemplazione, il silenzio, l’ascolto profondo ci fanno

essere “qui e ora” aprendoci all’esperienza di sentirsi parte del mondo, goccia dell’universo.

41) Ragionamento analitico – ragionamento sintetico.

Man mano che il bambino, cimentandosi con l’Haiku, conosce le regole metriche della

sillabificazione, nel tentativo di approdare ad un componimento di 17 sillabe (5-7-5) la sua mente

entra in un lavoro di logica-creativa e di logica-matematica che stimola contemporaneamente il

ragionamento analitico, quello che esplora a ritroso verso il passato, e il ragionamento sintetico,

quello che esplora in avanti verso il futuro.

42) Relazione.

In una classe il lavoro di comporre Haiku con l’aiuto e il contributo di tutti i compagni genera

un’atmosfera di solidarietà e di condivisione, amalgama il gruppo, attutisce le “differenze” e fa

scoprire talenti che si pensava di non possedere. La relazione con i compagni si fa più matura.

Leggendo nuovi Haiku si impara ad entrare in relazione con i punti di vista degli autori, si impara

non solo a rispettarli, ma ad ascoltarli, a farne tesoro.

43) Respiro.

Allenarsi a riconoscere i pre-giudizi e ad osservare il mondo per quello che è, aiuta ad entrare in

relazione con il proprio respiro e, in modo più consapevole, con il mistero e la bellezza della vita.

44) Ribaltamento semantico.

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È la nozione più difficile dell’Haiku, la più difficile da spiegare, la più difficile da attuare. È la

scoperta importante di Matsuo Basho, la caratteristica fondamentale dell’Haiku. Un ribaltamento

semantico, peculiarità psico-linguistica del linguaggio umano, fa accadere qualcosa di “strano”

nella nostra mente, come se smuovesse dei neuroni, come se facesse rimbalzare “qualcosa” nel

cervello. L’Haiku allena la mente dei bambini a questi rimbalzi e la conserva elastica, perché è una

qualità particolare dei bambini produrre ribaltamenti semantici in modo naturale, qualità che

perdono spesso nell’adolescenza già condizionati dalla cultura e dalle sovrastrutture.

45) Ricerca linguistica.

Il lavoro con l’Haiku mette in moto una ricerca linguistica, sintattica, semantica, molto raffinata

svelando al bambino i cambiamenti sottili delle immagini che le parole formano nella nostra mente.

Territorio di indagine affascinante: una virgola (pausa) che cambia il senso della frase, un articolo

determinativo, invece di un articolo indeterminativo, che svuota o amplia il significato, l’aggiunta o

meno di una congiunzione che sposta i significati verso altre interpretazioni, l’uso di un aggettivo,

di un verbo, i sinonimi che si svelano non più sinonimi, perché modificano, anche se di poco,

l’immagine nella mente.

46) Riconoscimento del pre-giudizio.

Nell’Haiku non bisogna giudicare, ma solo osservare ciò che accade. È un’altra caratteristica

dell’Haiku. È difficile resistere alla pulsione del giudicare. Anche per i bambini è difficile. Spesso

giudichiamo senza che ce ne accorgiamo. Analizzando gli Haiku scritti con i bambini possiamo

individuare quelle particelle grammaticali, anche minime, che denunciano un giudizio. Per i

bambini nasce uno stimolo a guardare meglio le parole e a riconoscere quelle che sono portatrici di

giudizio. Essi allora si rendono conto di quando un “pre-giudizio” ha steso un velo sull’oggetto o

sulla esperienza che stiamno osservando e, di conseguenza, non riusciamo a coglierne la sua

autonoma essenza.

47) Rinuncia.

La rinuncia è diversa dal distacco. Il distacco ha maggiori connotazioni emotive ed affettive. La

rinuncia è un allenamento al non possesso, un fine lavoro di cesello. Il bambino impara a scalpellare

il marmo del suo desiderio di conservare tutto, esercitando la rinuncia ogni volta che deve scegliere,

tra le molte parole a disposizione, quelle più funzionali, più semplici, più adatte ad entrare nel suo

Haiku. Lavoro importante che lo libera dalla prigionia delle sovrastrutture mentali e lo allena

all’essenzialità.

48) Ritmo sillabico.

Il gioco delle sillabe e dei ritmi apre la strada al piacere della lingua, all’ascolto del suono delle

parole, riconfermandole strumento magico in bocca agli uomini. Allena la sensibilità musicale e

l’importanza della lingua come strumento di comunicazione.

49) Scorrevolezza.

Il testo dell’Haiku deve essere semplice e scorrevole. Ricercando la semplicità e la scorrevolezza il

bambino comprende i meccanismi del linguaggio che contorcono la mente ed il pensiero, affina

l’ascolto, si allena alla precisione e all’efficacia, alla comprensione degli effetti psicolinguistici e

sonori, alla comprensione della sintassi e della grammatica.

50) Semplicità.

È nella virtù della semplicità, sia concettuale che di pensiero, sia formale, ma anche in senso etico e

morale, che il bambino esprime il suo talento. Essendo la semplicità una caratteristica

fondamentale dell’Haiku il bambino sente il componimento come “adatto a lui” e viene stimolato

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nel desiderio di cimentarsi e confrontarsi. Praticando l’Haiku forse il bambino conserverà la virtù

della semplicità che negli adulti è raro ritrovare.

51) Senza titolo.

I bambini hanno il pre-concetto che tutte le “opere scritte” (racconti, fiabe, favole, novelle, canzoni,

libri, film, ...) debbano avere un titolo. Quindi anche l’Haiku. Trovarsi di fronte ad un “prodotto

letterario” che non ha titolo, li mette inizialmente in crisi. Quando comprendono che con il titolo

l’Haiku non sarebbe più formato da 17 sillabe, allora superano la sensazione di disagio. Ma

continuando a lavorare con l’Haiku un’altra cosa importante comprendono: il titolo è qualcosa che

“preannuncia” un qualcos’altro che segue. Rinunciare ad avere un “avviso” di ciò che contiene

l’Haiku è un allenamento mentale che li aiuta a capire e ad accettare il fatto che anche le cose della

vita spesso accadono senza nessun preavviso. Li aiuta ad entrare nel “qui e ora”.

52) Socializzazione.

In classe i bambini raccontano le proprie esperienze che desiderano trasformare in Haiku. I racconti

li svelano, mettendo a nudo cose che li accomunano, tristezze e gioie. Il gioco stesso dell’Haiku, la

lettura ad alta voce, il tentativo di cogliere “la verità” della loro emozione, aumentano la

condivisone, la partecipazione, l’ascolto, la collaborazione, la solidarietà, la socializzazione. Le

tensioni derivanti dalle personalità in contrapposizione e dalle dinamiche socio-culturali vanno

quietandosi man mano. La classe progredisce verso un positivo e affettuoso spirito di gruppo.

53) Spiritualità.

Per la sua origine legata allo Zen, per la sua origine giapponese, per la sua origine orientale, per il

suo venire dai luoghi dove nasce il sole, per i suoi stessi contenuti, per il legame con le stagioni, per

le sue regole, per il suo essere piccolo, per la sua essenzialità, l’Haiku apre immancabilmente la

mente alla “spiritualità” che i bambini accarezzano e sanno cogliere e che possiedono già. La

pratica dell’Haiku può aiutarli a conservare la loro comprensione della spiritualità, prima che il

mondo rovinato degli adulti li possa allontanare.

54) Stato d’animo Aware.

Riconoscimento della transitorietà, della caducità delle cose, la consapevolezza che il tempo

trascorre inesorabile, che si vive e che si muore, che siamo puntini nell’universo, può farci meglio

comprendere il valore della comunione, della solidarietà, del percorre insieme ad altri il nostro

cammino verso la fine. È un pre-concetto dell’adulto pensare che queste cose il bambino non possa

capirle. La pratica dell’Haiku affina l’atteggiamento mentale della comprensione di tutte le vite. Il

bambino avrà meno paure e meno angosce perché più profonda e veritiera diventa la sua

conoscenza del mondo.

55) Stato d’animo Sabi.

Riconoscimento del grande silenzio, della solitudine, del distaccoi giapponesi definiscono l’Haiku

“una letteratura delle riunioni” o “la letteratura delle riunioni e dello spirito solitario”. Il lavoro in

classe assomiglia ad una Kessha giapponese, uno di quei circoli dove gli scrittori di Haiku si

confrontano seguiti da un maestro. E i bambini capiscono il valore del silenzio, il valore della

solitudine. E ne hanno meno paura. E quando negli Haiku emergono il Sabi, il Wabi, l’Aware, lo

Yughen, essi comprendono quanto è grande l’universo, quanto piccoli siano gli uomini, quanto

grandi siano i bambini. Un’atmosfera di compassione, di immota nostalgia, di indefinibile

malinconia li avvolge, mentre magari fuori, sui vetri, scivola la pioggia o cade la neve.

56) Stato d’animo Wabi.

Riconoscimento dell’inatteso che risveglia l’attenzioneper il bambino è una esperienza comune.

Egli vive ogni giorno lo stato d’animo Wabi perché per lui il mondo è stracolmo di cose nuove ed

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ogni momento è una sorpresa e una meraviglia: dal leggere, al calcolo, alle scienze, alla tecnica, agli

insetti, al disegno. Ritrovando lo stato d’animo Wabi codificato nell’Haiku egli riconosce le sue

esperienze come universali e non individuali come avrebbe potuto pensare. Questo

“riconoscimento” lo arricchisce di consapevolezza e di compassione.

57) Stato d’animo Yugen.

È il sentimento del mistero, della bellezza indecifrabile che avvolge le cose, anche le più piccole, è

l’energia del mondo che palpita ovunque, è la meraviglia, lo stupore, lo splendore delle cose, è la

sensazione dell’universale, della magia, della complessità della vita. È un po’ come il “Grande

Spirito”, il “Wakan-Tanka” (“Grande Mistero”) degli Indiani d’America, presente in ogni cosa. Il

bambino è il primo ad avere percezione di questo mistero. L’Haiku lo aiuta a restare in questa

percezione, a non perdere la sua capacità di stupirsi e di riconoscere la bellezza del creato.

58) Storia delle religioni.

Parlando dello Zen e della spiritualità si coglie l’occasione per una breve panoramica sulle religioni

(Indiani d’America, Arabi, Ebrei, Cristiani, ...).

59) Svuotare la mente.

C’è una storiella, di un un uomo occidentale, ansioso di apprendere, che fa un lungo viaggio per

andare a trovare un maestro Zen. Gli chiede di insegnargli tutto sullo Zen perché non vede l’ora di

essere un praticante. Il maestro, che lo ospita nella sua umile casa, gli propone di bere prima una

tazza di tè. L’occidentale resta stupito di fronte alla sua tazza quando vede che il maestro continua a

versargli il tè sino a farlo tracimare sul tavolo in copioso rivolo. «La tua mente è come questa tazza

– gli dice il maestro – come posso insegnarti lo Zen se prima non la svuoti e non fai posto nella tua

mente per accogliere quello che mi chiedi di insegnarti?». È il grande sforzo di abbandonare ogni

pensiero pre-costituito, di non attribuire significati, di non giudicare, di non avere aspettative, lo

sforzo di svuotare la mente. Solo così la mente e la coscienza possono accogliere ciò che accade

intorno a noi nella sua pienezza e nella sua essenza. Solo così riusciremo a “vedere” gli altri e le

cose per quello che realmente sono. L’Haiku insegna questa attitudine al bambino.

60) Tradizione e modernità.

Con l’Haiku il bambino si trova di fronte al concetto di tradizione e modernità. Impara ad accettare,

riconoscere, rispettare la tradizione, lasciando però libero uno spazio mentale per poter creare altra

tradizione incidendo sulle origini, ma riconoscendone i valori importanti che conviene

salvaguardare. Con l’Haiku il bambino si trova sempre ad affrontare il concetto di “responsabilità”.

Egli può comprendere il pensiero profondo di Matsuo Basho (1644 – 1694): «Non seguire le orme

degli antichi, ma quello che essi cercarono.».

61) Umanesimo.

La pratica dell’Haiku mantiene costantemente presente una concezione della vita permeata di

spiritualità e umanesimo, dove l’uomo e la natura mirano ad essere in sintonia con semplicità e

umiltà.

62) Umiltà.

Con la ricerca della semplicità, dell’essenzialità, della profondità, con l’osservazione della natura,

con la disciplina delle regole sillabiche, con lo sforzo di non giudicare, di guardare le cose per

quello che realmente sono, con la ricerca della bellezza che alberga nelle piccole cose, l’Haiku

educa ad una dignitosa umiltà che diventa ricchezza e consapevolezza dell’esistere

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62 buoni motivi per insegnare l’Haiku nelle scuole. La poesia Haiku in lingua italiana.

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Conclusioni.

Molti dunque sono i contenuti e i valori che i bambini incontrano in un percorso Haiku. Spesso

l’adulto pensa che siano valori eccessivi e difficili per i bambini, ma questo solo perché gli adulti

hanno difficoltà a considerare i bambini come nostri possibili veri maestri. I bambini hanno la

sensibilità necessaria per affrontare ciò che la poetica Haiku porta con sé.

L’elenco delle motivazioni è frutto di una analisi che ha voluto esplorare nel dettaglio tutte le

minute implicazioni della poetica Haiku. Nella realtà concreta di una lezione i motivi esposti

entrano in gioco e agiscono in modo complesso, spesso molti di essi in sincronia nello stesso

momento.

Naturalmente il percorso di 12 incontri è condotto con una modalità adatta all’età dei bambini, ed

ogni lezione e informazione è improntata e condotta con le modalità della “Didattica Tassellare”.

Vorrete chiedermi ora che cos’è la “Didattica Tassellare”.

Avete ragione. Ma credo che il mio tempo a disposizione sia scaduto.

Eventualmente ne parleremo in una prossima occasione.

Pietro Tartamella

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La poesia Haiku in lingua italiana. Indice delle figure

I

INDICE DELLE FIGURE

Rappresentazione grafica della struttura del Fuci. ______________________________________ 98

Haiku Cartesiano o Ortohaiku. ____________________________________________________ 101

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