La peste bianca. L'Ospedale Sanatorio di Vialba

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La Peste Bianca L’Ospedale Sanatorio di Vialba Maurizio De Filippis Ruggero Samarani

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La Peste Bianca

L’Ospedale Sanatorio di Vialba

Maurizio De FilippisRuggero Samarani

Luigi Sacco (1769-1836), nasce a Varese. Si laurea in medicina a Pavia nel 1792, con Lazzaro Spallanzani, Antonio Scarpa e Pietro Frank. Ammiratore di Edward Jenner, diviene fautore della vaccinazione contro il vaiolo in tutto il Lombardo-Veneto.

Si occupa anche della lotta contro la malaria. Tra le sue opere: “Osservazioni pratiche sull’uso del vaiuolo vaccino come preservazione del vaiuolo umano”, Milano, 1800 e il “Trattato della vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vaiuolo pecorino”, Milano, 1809. Luigi Sacco muore a Milano nel 1836.

I propositi di tutela della salute dei cittadini emersi nel secondo dopoguerra, l’istituzione del “servizio sanitario nazionale” negli anni settanta, l’avvio del processo di aziendalizzazione e la nascita delle odierne ASST, hanno permesso una trasformazione radicale del tradizionale assetto delle istituzioni ospedaliere e delle funzioni della sanità pubblica.

Alla prassi diagnostico-terapeutica si è aggiunta un’intensa attività di prevenzione e riabilitazione, in stretto collegamento con le necessità e i bisogni del territorio. L’interesse nei confronti della “sanità” fisica e psichica della popolazione ha riportato al centro dell’attenzione generale la condizione individuale del malato e il suo rapporto con l’istituto di cura che lo ospita.

La realtà ospedaliera dunque, oltre a rappresentare un momento di cura e di speranza per tutti coloro che vivono l’esperienza della malattia, costituisce anche un punto di riferimento per la comunità cittadina dove è inserita.

L’ospedale di Vialba, ad esempio, ha alle spalle una lunga storia forse non molto conosciuta ma profondamente radicata nella tradizione assistenziale di Milano e della sua provincia.

Riappropriarsi del proprio passato ripercorrendo le tappe più significative di un cammino che ha avuto inizio negli anni trenta del XX secolo, costituisce oggi una questione di grande importanza per chi si occupa di salute e sanità.

I momenti fondamentali che hanno determinato l’evoluzione di Vialba da sanatorio ad azienda socio-sanitaria territoriale (ASST), consentono di individuare le tracce di un percorso istituzionale capace di conservare intatta quella vocazione assistenziale che ne aveva caratterizzato gli esordi.

Inaugurato nel 1931, il Sanatorio di Vialba è rimasto tale sino a quando fu convertito nel 1971 in Ospedale generale provinciale per effetto della riforma ospedaliera del 1968.

Grazie al progressivo miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione e all’introduzione di nuove terapie farmacologiche la tubercolosi in Italia poteva, infatti, considerarsi una malattia del passato.

Il declino delle principali malattie infettive e l’ascesa delle malattie metabolico-degenerative portarono ad un radicale rinnovamento delle istituzioni nosocomiali.

Nel 1975 l’Ospedale “Agostino Bassi” e l’Ospedale “ANEA” furono accorpati con il “Luigi Sacco”, a seguito della soppressione degli istituti di ricovero monospecialistici prevista dal piano ospedaliero regionale lombardo 1974-1978.

Lo sviluppo cui è andato incontro l’Ospedale “Luigi Sacco” negli ultimi decenni, ha risentito profondamente delle croniche difficoltà del sistema sanitario italiano.

Queste ultime hanno spesso influito sulle vicende storiche dell’ospedale rendendo più instabile il suo rapporto con il territorio circostante.

La conversione in ente ospedaliero e l’accorpamento con gli ospedali “Bassi” e “ANEA” non si verificarono al termine di un percorso lineare, ma al culmine di un periodo di grandi trasformazioni che si concluse alla fine degli anni settanta.

Nonostante la presenza dell’Università, il connubio tra “Sacco” e “Bassi”, voluto dalla Regione Lombardia nel 1975, rimase inefficace per molti anni.

Costruiti a più di trent’anni di distanza uno dall’altro, i due nosocomi avevano alle spalle una storia e una tradizione clinica completamente differenti.

Il Sanatorio di Vialba faceva parte di una rete sanatoriale estesa su tutto il territorio nazionale per combattere la tubercolosi.

L’Ospedale “Bassi”, situato in via Livigno nel quartiere di Dergano, era sorto nel 1896 per sostituire la Rotonda della Besana nel ricovero degli ammalati contagiosi.

Le terapie sanatoriali tradizionali comportavano lente guarigioni, lunghe convalescenze e momenti di vita comunitaria.

Negli ospedali pei contagiosi invece, tra il momento della guarigione e quello delle dimissioni, l’intervallo era molto più breve, i reparti erano maggiormente isolati e le occasioni d’incontro ridotte all’essenziale.

Alle difficoltà di conciliare i due diversi indirizzi terapeutici si aggiunsero anche i problemi legati alla formazione del personale sanitario proveniente da variegate esperienze professionali e i lavori di ristrutturazione necessari per adeguare i vecchi padiglioni alle nuove esigenze ospedaliere.

La comparsa dell’AIDS costituì l’occasione per effettuare la svolta tanto attesa e programmare una riqualificazione terapeutica che avrebbe permesso all’Ospedale di Vialba di diventare un centro di riferimento fondamentale nella lotta contro questo tipo di patologia.

Tubercolosi e AIDS, malattie infettive e “sociali”, hanno influenzato profondamente la storia passata e recente del “Sacco”, contribuendo al recupero di un’identità rimasta a lungo in bilico durante i profondi cambiamenti strutturali degli anni settanta.

L’attribuzione nel 1995 della qualifica di Azienda ospedaliera dotata di personalità giuridica pubblica e autonomia amministrativa, in attuazione del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, coincise con l’avvio di un ulteriore processo di crescita e integrazione con il territorio culminato con l’inaugurazione nel 1998 del nuovo dipartimento di emergenza e accettazione.

L’evoluzione di Vialba da sanatorio ad azienda ospedaliera, un percorso spesso accidentato e comunque non sempre lineare, è stata caratterizzata dalle “svolte epidemiologiche” di cui abbiamo cercato di mettere in evidenza le dinamiche storiche e i riflessi in campo scientifico, istituzionale e assistenziale.

L'ospedale "Luigi Sacco" è divenuto nel tempo un centro di riferimento per le emergenze epidemiologiche (SARS e bioterrorismo) e per importanti patologie infettive (HIV/AIDS), oltre che per patologie di natura oncologica e cardiologica.

Negli ultimi anni l'ospedale, divenuto una delle realtà ospedaliere milanesi più conosciute a livello nazionale, è cresciuto anche nelle aree della reumatologia, della gastroenterologia, oculistica, pediatria, riabilitazione e nella diagnosi e cura delle malattie psichiatriche. Il polo cardiologico e cardiochirurgico è tra i più apprezzati della città di Milano. Il “Sacco”, infine, è all'avanguardia nel campo della farmacologia clinica e nella ricerca biomedica.

Monumento a Luigi Sacco dei fratelli Pandiani (Ospedale Maggiore di Milano, 1858)

La recente trasformazione delle Aziende ospedaliere lombarde in ASST (Aziende Socio-Sanitarie Territoriali) ha comportato l’accorpamento all’interno della stessa struttura assistenziale di ospedali moto diversi tra loro: “Luigi Sacco”, “Fatebenfratelli”, “Vittore Buzzi” e “Macedonio Melloni”.

La ASST Fatebenefratelli-Sacco si è costituita il 1 gennaio 2016 in attuazione della Legge Regionale n. 23 dell’ 11 agosto 2015 denominata “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo”.

Il bacino d’utenza naturale dell’Ospedale “Luigi Sacco” è costituito da quell’area di territorio milanese che sino agli anni venti del XX secolo apparteneva al Comune di Musocco.

Quarto Oggiaro, Vialba e Roserio per molti anni hanno rappresentato “una città nella città e separata dalla città, nata come sacca di margine e rimasta come un’appendice irrisolta al limite estremo dell’agglomerato urbano”.

Se nell’immaginario collettivo degli anni settanta del XX secolo il quartiere ha in passato assunto le sembianze di una “riserva indiana” dove “la separazione e l’emarginazione erano effettive e reali”, il processo d’involuzione cui è andata incontro l’intera zona ha origini recenti.

Fino al 1923 Musocco era riuscito a conservare un’ampia autonomia amministrativa tanto da consentire agli abitanti del piccolo Comune di perseguire un costante miglioramento delle proprie condizioni di vita.

La presenza di cooperative d’ispirazione socialista gestite direttamente da esponenti del movimento sindacale locale e un’efficiente Amministrazione comunale costituivano il naturale supporto delle aspirazioni di gran parte della popolazione.

La “socialista isola” di Musocco, caratterizzata da un vivace fermento economico e culturale, fu spazzata via dall’avvento del fascismo e dall’aggregazione del territorio comunale alla “grande Milano”.

I timidi tentativi di riprendere le fila di uno sviluppo così bruscamente interrotto fallirono negli anni cinquanta di fronte alla tumultuosa espansione della metropoli, in cerca di nuovi terreni edificabili dove collocare le migliaia di

lavoratori immigrati nel dopoguerra.

La riqualificazione urbana legata al recupero delle aree industriali dismesse e i progetti di trasformazione ambientale tutt’ora in corso rappresentano per il Municipio “8” una grande opportunità per recuperare una parte consistente delle proprie prerogative storiche e culturali all’interno di un territorio urbano ricco di presenze e di fermenti culturali.

Milano, Municipio 8

Bibliografia M. De Filippis, L'Ospedale "Luigi Sacco" nella Milano del

Novecento, Milano, Franco Angeli, 2003,ISBN 88-464-5152-X.

G. Cosmacini, M. De Filippis, P. Sanseverino, La Peste Bianca. Milano e la lotta antitubercolare (1882-1945), Milano, Franco Angeli, 2004, ISBN 88-464-5505-3.

G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1994.

F. Introini, A. Josa, I luoghi della cultura nella Milano globalizzata, Circolo culturale C. Perini, Milano, 2003.