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La percezione A cura di Eleonora Bilotta

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La percezioneA cura di Eleonora Bilotta

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La percezione

La percezione è il processo mediante il quale il cervello elabora informazioni sensoriali provenienti dal mondo esterno e le traduce in informazioni più complesse che sono messe a disposizione delle funzioni cognitive superiori.

Solo in condizioni particolari, come le percezioni mutanti, possiamo renderci conto che il processo percettivo non è automatico.

Per cui la percezione, non è una risposta passiva e frammentata, ma un’organizzazione immediata, dinamica dei dati della realtà.

Essa conduce a segmentare il flusso continuo dell’esperienza in unità distinte (singoli oggetti, frasi, suoni, ecc.) con le loro proprietà e relazioni immediatamente evidenti.

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Psicologia ingenua e Psicologia scientifica

Secondo la psicologia del senso comune, le immagini percettive (o percetti) corrisponderebbero fedelmente alla realtà fisica, come una fotografia. – Questa teoria, detta “realismo ingenuo”, postula l’esistenza

di una perfetta corrispondenza fra realtà fisica e vissuto percettivo.

Per la psicologia scientifica le cose stanno diversamente, in quanto il mondo percettivo non è la copia esatta dell’ambiente che ci circonda, ma il risultato di una serie d’elaborazioni e d’attività svolte dall’organismo.

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Le principali teorie: la teoria empirista

Secondo la teoria empirista di von Ferdinand Ludwing Herman Helmholtz (1821-1894), le ripetute esperienze con la realtà fisica e l’apprendimento conseguente fornisce un contributo essenziale alla percezione degli oggetti.

Presi a sé i dati sensoriali sono frammentari e danno origine ad un enorme canovaccio di sensazioni elementari.

Le sensazioni sono integrate con altre informazioni e sintetizzate nella percezione dell’oggetto grazie a meccanismi d’associazione sulla base dell’esperienza passata.

Per cui l’individuo, in base all’esperienza passata, compie una sorta di ragionamento inconsapevole, in virtù del quale corregge e integra le sensazioni elementari che sta in quel momento sperimentando.

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Le principali teorie: la scuola della Gestalt Secondo Kurt Koffka (1886 – 1941) la percezione non è

preceduta da sensazioni, ma è un fatto primitivo e immediato, non è causata da fattori estranei al processo stesso (come le associazioni, le inferenze o i giudizi), ma è il risultato della dinamica interna delle forze che si vengono a creare fra le diverse parti di uno stimolo.

Il campo percettivo si auto-organizza attraverso la distribuzione

dinamica delle forze percettive.

Gestalt vuol dire struttura

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Le principali teorie: la scuola della Gestalt

In virtù di questi fattori, le parti di un campo percettivo costituiscono totalità coerenti e configurazioni strutturate (o Gestalten), come figure sullo sfondo, come oggetti distinti con le loro proprietà immediatamente evidenti.

Secondo i teorici della Gestalt, l’esperienza passata non influisce direttamente sui processi d’organizzazione del campo fenomenico, ma influenza in qualche modo il loro orientamento in condizioni particolari.

Il triangolo di Kanitza

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Le principali teorie: il movimento del New Look

L’organizzazione del mondo percettivo dipende, oltre che da fattori strettamente inerenti allo stimolo, anche da altri elementi, come:– i bisogni, – gli stati emotivi, – le aspettative, – le motivazioni del soggetto che percepisce.

Il soggetto, quando percepisce uno stimolo, compie un’azione di categorizzazione, in quanto, a partire da alcuni indizi, provvede all’identificazione e alla classificazione dello stimolo stesso.

In quest’ottica, la percezione si fonda su un sistema di categorie appropriate, idonee per codificare la realtà ambientale sulla base delle relazioni rilevate fra le proprietà degli oggetti e degli eventi.

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La teoria ecologica di Gibson

Jerome James Gibson (1904-1979) sostiene che il processo di percezione non è un progressivo arricchimento degli stati sensoriali attraverso processi eterogenei (esperienza passata, inferenze, schemi, ecc.),ma le informazioni percettive sono già contenute nella stimolazione così come si presenta al soggetto.

Gibson ha chiamato affordances queste disponibilità già presenti nella stimolazione. Il soggetto deve solo riuscire a cogliere queste informazioni percettive già esistenti nell’ambiente che lo circonda (approccio ecologico alla percezione).

Sulla scia di Gibson e continuando il suo lavoro di ricerca, Marr (1982) è approdato ad una concezione computazionale della percezione, proponendo un modello complesso per spiegare la rappresentazione e l’elaborazione dell’informazione visiva.

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L’organizzazione percettiva: la percezione delle figure

Guardando intorno riusciamo a distinguere scene complesse che sono dislocate nell’ambiente circostante.

Tali scene sono composte da figure messe insieme e ordinate per mezzo di precisi rapporti reciproci.

La figura è dunque l’unità elementare della percezione visiva. Può essere considerata figura qualsiasi entità visiva che abbia un aspetto (forma e colori) proprio. Il processo di percezione ci consente di individuare le figure, non di riconoscerle.

Nel processo di riconoscimento, agiscono altri meccanismi superiori, fra i quali il pensiero e la memoria.

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L’organizzazione percettiva: la percezione delle figure

Riconoscerla vuol dire arrivare a stabilire cosa rappresenta. Percepire e riconoscere una figura è per i soggetti umani un processo unitario, del quale ci rendiamo conto solo quando l’ambiente percettivo è disturbato (presenza di poca luce, suono molto debole, ecc.). Per cui, riusciamo a percepire la presenza di un’entità figurale, senza riconoscere che cosa sia.

Per individuare una figura bisogna staccarla dal fondo. Gli umani percepiscono le figure come entità che possiedono tratti distintivi molto individuati e che per tali caratteristiche si differenziano sia dal resto delle altre figure che dallo sfondo. L’operazione d’individuazione delle figure è automatica ed inconsapevole. Ci rendiamo conto di attivare tali meccanismi dei quali normalmente non siamo coscienti, solo in situazioni particolari.

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Come si estraggono le due immagini

Guardando tale immagine, ad una prima occhiata rileviamo un calice.

Guardando ancora ci accorgiamo che si possono notare due profili di volti umani che si guadano.

Questo è un tipo di percezioni fluttuanti in quanto, in tali situazioni, oscilla il rapporto percettivo figura-sfondo.

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Come si estraggono le due immagini

Percepiamo una figura nera su uno sfondo colorato, finché vediamo un calice. Non appena scorgiamo i visi, percepiamo il colore di sfondo del calice.

In questo caso il cervello si chiede qual è la figura e quale lo sfondo, anche se non ha un’ipotesi vincente e più plausibile delle altre. Dispone di due ipotesi entrambe funzionali. Di conseguenza, la percezione figura-sfondo resta in bilico e fluttua.

Quali sono i criteri che il cervello adotta per risolvere questi problemi? Su quale base arriva alla conclusione che un dato insieme di sensazioni è una figura, mentre il resto è uno sfondo? Questo processo, ancora in parte sconosciuto, necessita d’alcuni elementi, indispensabili per l’individuazione delle figure.

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Cos’è necessario per compiere l’estrazione

Individuazione del bordo o del contorno della figura. – E’ possibile staccare una figura dallo sfondo solo se ha un

contorno che la racchiude. Non è necessario vedere tutto il contorno, né che quest’ultimo sia completo. Basta semplicemente che tale contorno dia l’impressione della chiusura e che sia abbastanza netto. Se i margini sono sfumati, la figura non è individuata. Se sono solo un po’ sfumati, l’occhio riesce ad individuare la figura, anche se dopo un po’ svanisce. Il nostro apparato visivo è specializzato nell’individuazione e nella percezione dei contorni. La retina contiene un meccanismo capace di catturare il confine tra luce e ombra e trascurando il resto.

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Cos’è necessario per compiere l’estrazione

Estraibilità della figura. Noi riusciamo a staccare una figura dallo sfondo in quanto è possibile estrarla da eventuali figure più complesse in cui essa è inserita. Non sempre quest’operazione riesce molto bene. Tutta la mimetica militare utilizza questo principio per confondere la percezione. Esistono individui più capaci di altri di estrarre una figura inglobata in una struttura complessa. Tale abilità, detta indipendenza dal campo, è utile nello svolgimento di compiti pratici e intellettivi.

Esplorazione della figura. Dopo aver estratto la figura dallo sfondo, il compito successivo è quello di esplorarla, in quanto

per riconoscerla non ci basta una semplice occhiata.

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Il movimento oculare

E’ possibile misurare il moto oculare di un osservatore che guarda gli oggetti con sistemi che consentono di registrare i movimenti oculari.

Gli occhi alternano movimenti involontari, piccoli e molto rapidi detti saccadi (che durano secondo l’ampiezza del movimento da due a dieci centesimi di secondo)con soste di 15-20 centesimi di secondo, dette fissazioni.

Durante le saccadi non si percepisce nulla, non solo in quanto il tempo è molto breve, ma anche perché gli occhi diventano meno capaci di vedere. Durante ogni fissazione si vede solo una parte della figura.

In generale, si può affermare che l’esplorazione visiva di un oggetto da parte di un soggetto umano proceda a scatti. In ogni scatto s’inquadra un particolare e solo alla fine di tutto il processo si coglie l’insieme.

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I principi gestaltici per il raggruppamento delle figure

Secondo gli psicologi della Gestalt, che hanno a lungo lavorato sulla percezione, esistono alcune leggi generali in base alle quali gli umani tendono ad operare dei raggruppamenti sugli oggetti percepiti.

Tali leggi sono le seguenti:– Vicinanza. Di solito tendiamo a raggruppare le figure meno

distanti fra loro.– Somiglianza. Le figure uguali o simili sono percepite come

appartenenti ad uno stesso gruppo.– Chiusura. Se due o più figure possono essere percepite

come una forma chiusa, tendiamo a percepirle come un complesso unitario.

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I principi gestaltici per il raggruppamento delle figure

Continuità. Di solito mettiamo insieme gli elementi figurali che sembrano avere la stessa direzione percependoli come una configurazione che continua bene (la buona forma).

Moto comune. Tendiamo ad unificare gli elementi che si muovono contemporaneamente mentre gli altri sono fermi o si muovono in modo simile.

Simmetria. Tendiamo ad accoppiare visivamente figure simmetriche come se fossero un tutt’uno.

Significato. Se più figure, messe insieme, ci ricordano un oggetto noto, un simbolo o un certo non so che di familiare, li percepiamo come un gruppo unitario.

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Le costanze percettive

Forma, grandezza e colore degli oggetti, entro certi limiti, restano invariati nel processo percettivo (Costanza di forma, grandezza e colore). Il movimento delle immagini che si determina sulla retina quando ci spostiamo o spostiamo gli occhi non viene avvertito come spostamento della scena (costanza della posizione).

Tali costanze percettive ci aiutano ad avere una visione più efficace della realtà, limando possibili errori dovuti al meccanismo del nostro sistema visivo.

Il mantenimento di tale costanza nella percezione richiede un lavoro suppletivo del nostro cervello che, di volta in volta, deve correggere i dati sensoriali in arrivo in base ad altre informazioni o stivate in memoria o anch’esse portate dai sensi (come nel caso della costanza di posizione) oppure fornite dai centri cerebrali.

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La percezione della distanza e della profondità

La percezione della distanza e della profondità è legata ad indicatori binoculari, che richiedono l’uso simultaneo dei due occhi, e ad altri fattori monoculari.

Dei due indicatori binoculari, quello basato sulla convergenza ci permette di valutare la distanza di un oggetto alla volta, mentre quello basato sulla disparità binoculare ci fornisce una visione tridimensionale dell’intera scena, almeno fino a centro metri di distanza.

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Gli indicatori monoculari

Gli indicatori monoculari sono particolarmente importanti quando guardiamo la profondità in una scena complessa e distante.

La percezione del movimento è stata al centro di processi evolutivi della visione dagli animali inferiori all’uomo.

Si è passati da occhi sensibili solo al movimento e capaci solo di visione molto vaga, ad occhi in grado di percepire anche gli oggetti fermi e capaci di cogliere con esattezza il moto, vedendo la traiettoria e calcolando la velocità di tale moto.

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Percezione del movimento

Due sono i sistemi che attualmente si conoscono per la percezione del movimento.

Il sistema immagine retina si basa sugli spostamenti che le figure degli oggetti hanno sullo schermo retineo. Se un oggetto si muove e i nostri occhi non lo seguono, la sua immagine sulla retina si sposta. Poiché la retina è come un tessuto molto fitto di recettori, quando l’immagine si muove, tali recettori sono sollecitati uno dopo l’altro. Al cervello arrivano in successione segnali da punti adiacenti della retina. Tali dati sono sufficienti per ricavare la traiettoria, l’aspetto dell’oggetto che si muove e anche la velocità del moto.

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Percezione del movimento

Il sistema occhio testa integra le informazioni sui movimenti degli occhi con quelle relative agli spostamenti delle immagini sulla retina. In questo caso il cervello dispone di due tipi di dati. E’ al corrente delle informazioni che invia agli occhi per farli spostare. Dalla retina gli arrivano altre informazioni. Infatti, nonostante gli occhi, obbedendo al comando si siano mossi, l’immagine dell’oggetto sulla retina non si è spostata. Ciò vuol dire che gli occhi hanno seguito una immagine in movimento. Come conseguenza, il cervello attribuisce all’oggetto il movimento che si sarebbe dovuto registrare sulla retina a causa dello spostamento comandato agli occhi.

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Le illusioni percettive

Il processo percettivo, non è semplice né lineare. Il cervello si trova a dover formulare ipotesi e a decidere quali ritenere valide e quali invece scartare.

Nel caso delle percezioni fluttuanti resta indeciso tra ipotesi ugualmente plausibili. Per cui, in alcune situazioni viene tratto in inganno. E’ il caso delle illusioni percettive.

Esistono diversi tipi d’illusioni percettive. Le illusioni ottico-geometriche, la stanza di Ames e i

movimenti indotti (movimento indotto, apparente, fenomeno autocinetico).

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Esempi di illusioni

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I meccanismi percettivi

I meccanismi delle illusioni percettive sono vari e vanno esaminati caso per caso.

Il più delle volte si tratta di errori o disfunzioni nei meccanismi correttivi che il cervello mette in atto (come ad esempio nelle costanze) e che di solito hanno l’effetto di migliorare il processo percettivo.

Nel caso del movimento apparente, invece, abbiamo a che fare con situazioni esterne che vanno oltre i limiti delle capacità percettive del sistema nervoso.

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Percezione della lettura

La lettura è una complessa attività in cui entra in gioco la percezione, delle singole lettere, delle parole e delle frasi, ma la parte principale spetta alle funzioni superiori, in particolare al linguaggio.

Il testo è esplorato a scatti, come l’immagine.– In ogni fissazione si vede bene solo un piccolo tratto di riga (span

percettivo).

– La percezione del testo è discontinua (l’esplorazione è a salti), selettiva (non tutto il materiale di una riga viene visto) e guidata dal cervello che si basa soprattutto sull’esigenza di acquisire significati.

– Il cervello integra i dati frammentari raccolti nell’esplorazione del testo basandosi essenzialmente sui significati.

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Processamento umano dell’informazione

Nel processamento delle informazioni, possiamo identificare almeno sei importanti unità che sono attive mentre un individuo umano osserva un oggetto: – recettori sensoriali, registri sensoriali, memoria permanente,

processi di riconoscimento di configurazioni, attenzione e memoria di servizio.

I recettori sensoriali nel processo visivo sono composti da milioni di cellule specializzate che rispondono per prime agli input ambientali. Essi rappresentano il primo gradino nel processamento di tutte le immagini provenienti dal mondo esterno.

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I processi più importanti

Sono molti i processi che devono essere condotti sugli stimoli ambientali, per poterne derivare un significato.

Ogni processo richiede del tempo. Poiché l’ambiente può cambiare rapidamente, e dato

che uno stimolo può terminare prima del completamento del processo percettivo, potremmo attenderci che l'analisi di molti stimoli termini a metà, prima che ne sia determinato il significato.

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I processi più importanti

Nei fatti la cosa non è frequente, in quanto noi siamo dotati di sistemi che trattengono per breve tempo una rappresentazione abbastanza completa degli stimoli, e così l’analisi percettiva può essere condotta a termine.

Sono questi sistemi che costituiscono i registri sensoriali e sono la seconda componente importante di processamento delle informazioni (immagini).

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Pattern recognition

Dire che la percezione implica la determinazione del significato degli stimoli implica che gli individui abbiano un repertorio permanente di conoscenze sul loro mondo. E’ questo deposito che va consultato per determinare il senso di un dato evento. Nel modello presentato tale componente ha preso il nome di memoria permanente. E’ improbabile che gli stimoli esistenti nel nostro ambiente abbiano esattamente la stessa forma della conoscenza che possediamo del mondo e che abbiamo immagazzinato nella memoria permanente.

Entrano allora in gioco numerosi processi di riconoscimento di configurazioni (pattern recognition).

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Pattern recognition

Le ricerche su questo tema indagano su come l’individuo riesce a determinare che un particolare insieme di linee e d’angoli è, per esempio, la lettera A, o un particolare insieme di linee curve rappresenti una certa immagine. In sostanza, il riconoscimento di configurazioni si occupa di come gli stimoli ambientali sono identificati con qualcosa già immagazzinato nella memoria dell’individuo. Per capire in poche parole cosa accade bisogna specificare cosa s’intende per concetto o schema. Questi termini si riferiscono a strutture mentali, ad unità organizzate delle conoscenze che l’individuo ha del mondo. Noi possediamo un ampio numero di schemi di questo tipo, per quel che sappiamo sui libri, fiori, gli alberi, ecc. Essi possono avere vari livelli di generalità, e possono essere legati ad altri schemi.

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La memoria di servizio

Il numero di stimolazioni ambientali ai quali un individuo potrebbe prestare attenzione è illimitato. Per esempio, abbiamo visto che vi sono milioni di sfumature di colore, d’effetti di contrasto, di forme che egli potrebbe analizzare e percepire. Ma poiché l’individuo ha limitate capacità di processamento allora egli deve decidere come distribuirle tra i vari compiti che potrebbe seguire. E’ questo il processo dell’attenzione.

Un aspetto cruciale della capacità di processare informazioni risiede nella capacità dell’individuo di porre in una memoria di servizio alcuni aspetti delle funzioni cognitive.

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La memoria di servizio

Questo tipo di memoria è legato a quel che comunemente è detto consapevolezza. L’individuo diventa così capace di controllare o modificare alcuni processamenti che sta compiendo. Quest’aspetto consente anche di pianificare o di generare delle condizioni uniche d’informazioni in cui non si è mai imbattuto in precedenza (Moates & Schumacher, 1983).

Le sei componenti costituiscono il fondamento in base al quale si può spiegare come un individuo faccia a trarre significati dalle immagini visive, a prestar loro attenzione ed a ricordarle.

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La Computer vision

La vista è il più importante sistema sensoriale dell’uomo, dal quale otteniamo il maggior numero d’informazioni sull’ambiente che ci circonda. Lo studio di questo settore rappresenta uno degli argomenti più importanti delle Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale in quanto, per poter costruire macchine artificiali capaci di eseguire compiti adattivi complessi, in ambienti in continuo mutamento, sicuramente devono essere dotate di capacità visive. Il sistema visivo umano è molto complesso dal punto di vista neurofisiologico (Oatley, 1982), anche se il comportamento visivo è attuato in modo completamente automatico nei soggetti umani.

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La Computer vision

Infatti, l’azione del vedere non è soltanto una trasduzione di segnale, ma include anche l’interpretazione dell’immagine.

Tale processo presuppone: – l’estrazione d’informazioni parziali che riguardano

l’individuazione di tutti gli oggetti presenti nell’immagine; – la determinazione delle posizioni spaziali degli oggetti e

delle loro dimensioni; – la costruzione di una rappresentazione sintetica della scena

a partire dall’immagine stessa.

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I sistemi di visione artificiale Il processo visivo, sia naturale sia artificiale, gestisce

una rilevante quantità d’informazioni. Tale informazione sono codificate in una matrice bidimensionale, l’immagine, che rappresenta le misure della quantità di luce riflessa nell’occhio, o, per il sistema artificiale nella telecamera, da ogni punto della superficie degli oggetti tridimensionali presenti nella scena. Questo lavoro di registrazione dell’immagine nell’occhio umano è svolto da più di 100 milioni di recettori, presenti nelle due retine. Nel caso del sistema di visione artificiale, nella telecamera il numero d’elementi recettori è cento volte inferiore rispetto all’occhio umano.

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I sistemi di visione artificiale

Tuttavia, poiché ogni punto dell’immagine è codificato con un numero d’otto cifre, la quantità d’informazioni presenti in ogni immagine è veramente imponente. Per imitare l’occhio umano è necessario che il sistema visivo artificiale sia in grado di processare almeno alcune immagini il secondo. Per cui, nella progettazione di tali sistemi è necessario prevedere la disponibilità di calcolatori con enorme capacità computazionale e di dispositivi dedicati per compiere il calcolo ad altissima velocità o in tempo reale. Nonostante tutta l’informazione che un calcolatore può stivare e computare per un’immagine, essa risulta insufficiente per il problema della proiezione del mondo tridimensionale sulla superficie bidimensionale dell’immagine, che determina una perdita d’informazione sulla profondità con la comparsa d’ambiguità interpretative.

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La tridimensionalità

Come si passa dalla realtà tridimensionale della scena al mondo bidimensionale dell’immagine è un argomento che fu affrontato per la prima volta dagli artisti del Rinascimento, che, per superare il problema della realizzazione d’opere pittoriche realistiche, inventarono un modello prospettico di formazione dell’immagine, attualmente utilizzato anche per la visione artificiale (Kruger, 1990). Secondo tale modello, l’immagine di una scena tridimensionale, vista dall’angolazione dell’osservatore, si ottiene come intersezione con un piano dei raggi luminosi congiungenti i punti della scena con il punto di vista scelto (Mangili e Musso, 1992)

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La visione artificiale

Analizzando invece alcuni processi della visione artificiale, ci si rende conto che il compito che deve svolgere la macchina è rovesciato, rispetto agli artisti rinascimentali: mentre l’artista ha l’obiettivo di costruire un’immagine, a partire dal mondo reale, il sistema di visione artificiale deve invece, partendo dall’immagine, ricostruire o interpretare il modello tridimensionale.

Le metodologie studiate per affrontare questo problema sono di due tipi: l’approccio monoculare e quello binoculare.

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La visione artificiale

Il primo approccio analizza le scene basandosi su immagini singole, mentre il secondo seguendo una strategia di tipo umano, sfrutta la cooperazione e la concatenazione di più immagini di una scena ripresa da più punti di vista, per ricostruire la stessa scena.

La differenza tra le due alternative si coglie se si fa il paragone con la visione umana, quando si utilizza un solo occhio e quando si utilizzano due occhi.

Nel primo caso, visione con un solo occhio, sia la profondità sia le proporzioni fra gli oggetti presenti in una scena sono molto difficili da percepire.