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LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA BARBARA BOTTALICO Familiarità dei caratteri ereditari e diritti individuali: un caso davanti al Tribunale di Milano Estratto: ISSN 1593-7305 N. 9 SETTEMBRE 2009 Anno XXV RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate

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LA NUOVAGIURISPRUDENZA

CIVILECOMMENTATA

barbara bottalico

Familiarità dei caratteri ereditari e diritti individuali: un caso davanti al Tribunale di Milano

Estratto:

ISSN 1593-7305N. 9 SETTEMBRE 2009 • Anno XXVRIVISTA MENSILEde Le Nuove Leggi Civili Commentate

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FAMILIARITÀ DEI CARATTERI EREDITARIE DIRITTI INDIVIDUALI: UN CASO

DAVANTI AL TRIBUNALE DI MILANO (*)

di Barbara Bottalico

Sommario: 1. Il nuovo rilievo giuridico del «grup-po biologico». – 2. Il Caso P. – 3. I precedentigiurisprudenziali. – 4. Confini del gruppo biolo-gico e legittimazione giuridica. – 5. Ereditarietàdei caratteri: dissolvenza biologica e rilevanzagiuridica. – 6. Quale regola per i conflitti internial gruppo biologico? – 7. Quale dimensione perl’individuo?

1. Il nuovo rilievo giuridicodel «grup-po biologico». I recenti sviluppi della geneticahanno fatto emergere a livello giuridico il temadella familiarità dei caratteri ereditari. I concettidi sfera individuale e di privacy di ciascun indivi-duo entrano così in conflitto con i diritti indivi-duali degli altri membri del gruppo biologico diappartenenza.

Della questione, a livello giuridico, ha inizia-to ad occuparsi la Direttiva n. 95/46/CE sullaprotezione dei dati personali: pur non conte-nendo alcun riferimento diretto ai dati geneti-ci, essa si riferisce alla più ampia categoria deidati personali, definiti come «qualsiasi infor-mazione concernente una persona fisica identi-ficata o identificabile» (art. 1) (1). Viene infattisottolineata la necessità del rispetto, nel tratta-mento dei dati personali, delle libertà e dei di-ritti fondamentali delle persone fisiche, ed inparticolare della vita privata, specificando inol-tre che il trattamento dei dati personali debba

comunque essere considerato lecito quando ef-fettuato per tutelare un interesse essenziale allavita della persona interessata.

Alcuni anni dopo, il Documento di Lavoroeuropeo sui dati genetici del 17 marzo 2004,nella premessa così afferma: «I progressi tecni-ci compiuti recentemente dalla scienza nel set-tore della ricerca genetica hanno fatto sorgerenuove domande sulla protezione dei dati epreoccupazioni per quanto riguarda l’impor-tanza e l’impatto dei test genetici e il tratta-mento dei dati genetici. Un’efficace protezionedei dati genetici può essere considerata oggi unpresupposto per garantire il rispetto del princi-pio di eguaglianza e per fare del diritto alla sa-lute una realtà» (2).

All’interno di questo campo, obiettivamentetravagliato, un caso di recente deciso dal Tri-bunale di Milano (24.12.2008, supra, Parte pri-ma, 924) coglie un aspetto di particolare inte-resse. Il Giudice accoglie la richiesta di effet-tuare un prelievo di campione biologico da undefunto (il dott. P.), con finalità di ricerca ge-netica, sulla base di una richiesta avanzata dallamoglie e dai suoi due figli. In questo lavoro, ilcaso verrà analizzato sotto un duplice profilo:da un lato, gli elementi di fatto e di diritto checaratterizzano la richiesta dei ricorrenti e chesono stati valutati dal Giudice nella decisionedi autorizzare il prelievo dal corpo del defunto;dall’altro lato, si indagherà sulla reale estensio-ne dei diritti in gioco, e sui principi che ne co-stituiscono il fondamento, riflettendo sul bilan-ciamento che si rende necessario nel momentoin cui essi risultino configgenti.

Nella seconda parte, si vedrà poi come nei

(*) Il lavoro è stato presentato al Forum di Biodi-ritto svoltosi a Trento il 21-22.5.2009 e verrà succes-sivamente pubblicato in Forum di Biodiritto 2009. Iltrattamento dei dati genetici, a cura di Piciocchi-Veronesi-Casonato, Cedam.

(1) Direttiva n. 95/46/CE del Parlamento Euro-peo e del Consiglio relativa alla tutela delle personefisiche con riguardo alla tutela del trattamento deidati personali, nonché alla libera circolazione di talidati, adottata il 24.10.1995, in: http://www.garante-privacy.it/garante/document?ID=432175 (visitato il:30.4.2009).

(2) Documento di Lavoro sui Dati Genetici,adottato a Bruxelles il 17.3.2004 dal Gruppo di La-voro per la tutela dei dati personali, in: http://www-.garanteprivacy.it/garante/document?ID=1337087 (vi-sitato il: 30.4.2009).

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precedenti casi in materia, decisi da corti italia-ne ed europee, il diritto alla privacy del defuntosia risultato in conflitto con i diritti vantati dal-le persone in vita che richiedevano l’effettua-zione di tali prelievi, in primo luogo al fine ditutelare la propria salute. Nel caso del dott. P.,non vengono riscontrati elementi che lascinopresumere la contrarietà dello stesso allo svol-gimento di indagini genetiche sulla sua perso-na, e il Giudice, considerata la non invasivitàdell’attività richiesta sulla base di tale conside-razione, autorizza il prelievo.

Si analizzerà inoltre la rilevanza assunta dallaquestione della legittimazione giuridica dei ri-correnti, sulla base dell’ipotesi che altri appar-tenenti al «gruppo biologico» del dott. P po-trebbero vantare un diritto ad agire o a pren-dere parte al giudizio in forza dei dati biologicicondivisi.

Verranno infine prese in considerazione leattuali indicazioni legislative e regolamentari,sia italiane che europee, in materia di dati ge-netici ed estensione del gruppo biologico, non-ché di regolamentazione dei conflitti interni atale gruppo (cfr. par. 5), cercando anche di evi-denziare se sia possibile tracciare una linea diconfine rispetto all’estensione della sfera per-sonale di ogni individuo, e secondo quali crite-ri. Tutto ciò dovrà necessariamente tenere con-to della correlazione genetica di tutti gli esseriumani ma, allo stesso tempo, della necessità diproteggere la sfera individuale e i diritti fonda-mentali di ogni soggetto.

2. Il Caso P. Nel mese di novembre 2008,la famiglia del defunto dott. F.P., compostadalla moglie G.P., dal figlio R.P. e dalla figliaM.P., richiede al Comune di Milano la sospen-sione della cremazione della salma, rivolgendo-si poi alla magistratura ordinaria per ottenerel’autorizzazione ad effettuare un prelievo dicampione biologico con finalità di accertamen-to genetico. Nel ricorso presentato al Tribuna-le di Milano si chiede infatti l’emissione di undecreto di autorizzazione affinché il corpo deldefunto sia trasportato all’Obitorio Comunalee collocato in una cella frigorifera per il succes-sivo prelievo di tessuto muscolare, da cui si sa-rebbe ottenuto il campione di DNA.

Le motivazioni di tale domanda sono princi-palmente due.

In primo luogo, la richiesta trae origine dalfatto che un raro deficit del metabolismo ener-getico dei muscoli scheletrici (deficit di mioade-nilato deaminasi) era stato diagnosticato a R.P.,figlio del defunto: deficit molto probabilmentedi carattere ereditario, per il quale allo statomancano farmaci efficaci. Al fine di consentireuna utile evoluzione della ricerca medica nelcampo, viene prospettata la necessità diun’analisi approfondita delle risultanze di unconfronto genetico. La seconda motivazioneattiene al fatto che il dott. P. fosse affetto daadenocarcinoma con profilo immunoistochimicocompatibile con primitività polmonare e che, inpassato, fosse stato colpito da una neoplasia al-la prostata; anche la madre e la sorella del de-funto avevano curato diverse tipologie di tu-mori e neoplasie. Tali circostanze inducono aconsiderare la possibile ereditarietà di similimalattie di cui, pertanto, potrebbero essere af-fetti anche i figli del dott. P.

Lo scopo dell’indagine genetica è quindil’individuazione di un difetto genetico eredita-rio, la sua possibile trasmissione ai discendenti,nonché la suscettività familiare allo sviluppo ditumori. Nel ricorso viene indicato il nominati-vo di un medico specialista di fiducia che effet-tuerebbe, con l’eventuale partecipazione di unrappresentante della ASL competente, il pre-lievo richiesto, seguendo due diverse tipologiedi indagine: l’analisi di associazione genica,svolta attraverso l’identificazione del tratto ge-nomico trasmesso nella famiglia con il fenoti-po, e l’analisi mutazionale, ovvero la ricerca dieventuali mutazioni del marcatore genico delfenotipo.

Il Comune di Milano, costituitosi in causa,ha chiesto il rigetto del ricorso per insussisten-za di una situazione giuridica qualificabile co-me diritto soggettivo; il Tribunale ha inveceautorizzato il prelievo, accogliendo nel meritoil ricorso.

Quali sono stati gli elementi di diritto consi-derati dal Giudice e quali le valutazioni su uncaso di prelievo di DNA da defunto con finali-tà predittive e diagnostiche? Le motivazioniaddotte dal Giudice attengono in primo luogoalla qualificazione giuridica del bene tutelan-do. Tale bene è la salute, intesa nel più ampiosenso del diritto all’indagine genetica e alla cu-ra, eventuale e futura, della patologia di R.P.,

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nonché alla conoscenza della incidenza e tra-smissibilità della malattia. Avendo la tutela del-la salute rango costituzionale (art. 32 Cost.),l’interpretazione di tale diritto si estende sia al-le finalità diagnostiche sia a quelle potenzial-mente predittive dei test che saranno effettuati.Per tale ragione, si sostiene l’esistenza di un ve-ro e proprio diritto soggettivo della famiglia adeffettuare il prelievo di campioni biologici dalcorpo del defunto. Un secondo profilo di ana-lisi della Corte riguarda la possibile invasivitàdel prelievo: trattasi nel caso di specie di attivi-tà qualificata come non invasiva e rispettosadella salma del defunto, nonché coerente conle scelte operate e le idee espresse dal dott. P.in vita, dalle quali si può presumere la noncontrarietà dello stesso al prelievo autorizzato.

3. I precedenti giurisprudenziali. LaCorte, nel qualificare il prelievo di tessuto dadefunto come non invasivo, si richiama espres-samente a due precedenti, il primo riguardanteun caso discusso davanti alla Corte Europeadei Diritti dell’Uomo e l’altro, recentissimo,della Corte di Cassazione italiana.

Nel caso Jaggi v. Svizzera (2006) (3), la CorteEuropea analizza la portata e gli obiettivi del-l’art. 8 della Carta Europea dei Diritti dell’Uo-mo (4), con riferimento specifico all’ipotesi diprelievo di campioni di DNA da persona de-funta, finalizzato all’accertamento di paternità.Viene stabilito che la norma in questione ha es-senzialmente l’obiettivo di proteggere l’indivi-duo contro le arbitrarie ingerenze dei poteripubblici, anche se a questo potrebbero aggiun-gersi obblighi positivi inerenti all’effettivo ri-

spetto della vita privata; tali obblighi possonocomportare l’applicazione di misure che miri-no al rispetto della vita privata, fino a ricom-prendere le relazioni tra i singoli. Il prelievo diDNA da persona deceduta non viola il suo di-ritto al rispetto della vita privata e costituiscemisura poco invasiva.

Anche la sentenza della Corte di Cassazione(5) qualifica il prelievo di campione biologicoalla stregua di attività poco invasiva, riferendo-si a un caso simile, in fatto, al precedente e spe-cificando come il diritto a conoscere la propriadiscendenza sia ricompreso nel più ampio di-ritto all’identità personale.

I precedenti ora citati sono interessanti siada un punto di vista sostanziale, per quanto ri-guarda la tutela assicurata a coloro che hannorichiesto l’effettuazione di indagini genetichesu persone defunte, sia da un punto di vistametodologico-concettuale. Le corti vengonoinfatti chiamate a decidere su leading cases, casistrettamente connessi all’avanzamento della ri-cerca scientifica che non hanno precedentispecifici e richiedono quindi l’elaborazione dinuove regole ricavabili da superiori principi dirango sovranazionale, costituzionale o, dovepossibile, legislativo e applicabili alle singolequestioni.

Nei casi visti finora, i giudici italiani ed eu-ropei hanno dato fondamentale rilievo ad unconcetto, come quello dell’invasività del pre-lievo di campioni biologici, ampiamente ana-lizzato e dibattuto con riferimento ai prelievicoattivi su persone imputate nel corso di pro-cessi penali, interpretandolo secondo unachiave di lettura sensibilmente differente. Sela dottrina ritiene più o meno concordementeche il «prelievo invasivo» consista nell’acquisi-zione di un campione biologico da persona vi-vente o defunta con il contestuale superamen-to del limite fisico dell’individuo (6), nei casicitati il limite dell’invasività si assesta su ungradino diverso. È infatti un dato certo che il

(3) Corte Eur. Dir. Uomo, 13.7.2006, Jaggi c.Svizzera (ric. n. 58757/00).

(4) CEDU, Art. 8 – Diritto al rispetto della vitaprivata e familiare: 1. Ogni persona ha diritto al ri-spetto della sua vita privata e familiare, del suo do-micilio e della sua corrispondenza. 2. Non può es-servi ingerenza della pubblica autorità nell’eserciziodi tale diritto se non in quanto tale ingerenza siaprevista dalla legge e in quanto costituisca una misu-ra che, in una società democratica, è necessaria perla sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, il benesse-re economico del paese, la prevenzione dei reati, laprotezione della salute o della morale, o la protezio-ne dei diritti e delle libertà altrui.

(5) Cass., 16.4.2008, n. 10007, in Guida al dir.,2008, fasc. 26, 79.

(6) Felicioni, Accertamenti sulla persona e pro-cesso penale. Il prelievo di materiale biologico, Ipsoa– Wolters Kluver Italia, 2008, 144; Aa.Vv., La provadel DNA per la ricerca della verità. Aspetti giuridici,biologici, statistici, Giuffrè, 2006, 120.

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prelievo del campione biologico da defuntocomporti il superamento del «limite fisico»dello stesso, operandosi, nel caso in analisi, at-traverso un prelievo di tessuto muscolare dellagamba. Ciò che viene in rilievo, e che porta igiudici a qualificare comunque come non in-vasiva l’attività, è il non superamento del limi-te del rispetto del defunto e della salma. Que-sto anche grazie alla valutazione del rispettodelle precedenti credenze e volontà del defun-to, effettuata dal Tribunale di Milano nel casoP. attraverso le testimonianze dei familiari e lamancanza di espresse dichiarazioni contrariead indagini di tipo genetico.

Quello che conta in definitiva, pertanto, nonè il confine biologico della persona ma il limiteche, in relazione alle convinzioni ed alle ideeespresse (e non espresse), quella persona hamostrato di avere; il rispetto del defunto e del-la sua salma diventa un concetto fluido e nonrigidamente predefinito, che richiede quindiuna procedura di indagine e accertamento, perogni caso specifico, circa le inclinazioni in vitadel defunto grazie anche alle testimonianze deifamiliari. Una conferma di tale ordine di idee siritrova nell’Autorizzazione al trattamento deidati genetici del 22.2.2007, in cui il Garanteper la protezione dei dati personali afferma: «Irisultati delle ricerche, qualora comportino unbeneficio concreto e diretto in termini di tera-pia, prevenzione o consapevolezza delle scelteriproduttive, anche per gli appartenenti allastessa linea genetica dell’interessato, possonoessere comunicati a questi ultimi, qualora nefacciano richiesta e l’interessato vi abbiaespressamente acconsentito, o sia deceduto e,in vita, non abbia espressamente fornito indi-cazioni contrarie».

Il Garante dà rilievo e definisce l’impattodella riservatezza non tanto in relazione al datobiologico, ma alla sfera individuale come defi-nita dalle volontà espresse o non espresse.Questo riporta, segnandone un passo in avantifondamentale, alla recente questione su chi de-tenga la legittimazione a tracciare la «linea diconfine» dell’individuo umano: fino a che pun-to un soggetto può decidere dell’estensionedella propria sfera personale? Si può tracciareuna «linea» oltre la quale è definibile la sferaindividuale di tutti gli individui, o tale determi-nazione è rimessa di volta in volta alle cono-

scenze scientifiche, al diritto o, ancora, alla re-ligione (7)?

Queste nuove problematiche sono sorte pro-prio in seguito al recente sviluppo della geneti-ca umana e all’estensiva applicazione dellenuove biotecnologie: se da un lato si può pen-sare ad una gestione autoritaria («dall’alto») diquelle che sono le possibili applicazioni medi-co-scientifiche e la conseguente delineazionedei relativi confini della libertà individuale, daun altro lato si può valorizzare maggiormentela sfera di volontà del singolo, basandosi sul di-ritto di autodeterminazione e del rispetto delladignità umana. Quest’ultima ipotesi è certa-mente più rispettosa della libertà individuale inquanto, alla luce della nostra Costituzione, ilsemplice dato biologico non è sufficiente perstabilire una categoria precisa di azioni (e rela-tivi limiti) eseguibili sul corpo umano, senzache sia contestualmente valutato l’elemento vo-lontaristico dal soggetto interessato (8).

Questo discorso, relativo a diverse tipologiedi interventi/trattamenti sul corpo che non silimitano ai prelievi di campioni biologici ma ri-guardano ad esempio anche le decisioni di finevita, la fecondazione assistita, la libertà di ricer-ca sulle cellule staminali, deve necessariamentefare i conti con i diversi framework giuridicinazionali.

Nel caso in analisi, la volontà del defunto(anche se non espressa) assume primaria im-portanza nella decisione del Giudice, che la va-luta in relazione allo specifico intervento da ef-fettuare sulla salma, nonché ai futuri effetti delprelievo sulla salute dei suoi familiari.

Facendo un passo in avanti, e muovendocidal piano della libertà individuale a quello deldiritto alla privacy, notiamo che sicuramentela situazione del defunto e della presenza diuna sua sfera di riservatezza è particolare. IlT.U. Privacy del 2003, all’art. 9, comma 3o,

(7) Santosuosso-Sellaroli-Pavone, Drawingthe boundary lines of humans: in whose bailiwick?,in Derecho y Religiòn, II, 2007, 11 ss.

(8) Cfr. artt. 13 e 32 Cost., nonché la sentenzaCorte Cost., 23.12.2008, n. 438, in Giur. cost.,2008, 4945, in cui si afferma che, sulla base dell’art.32 Cost., «il consenso informato deve essere conside-rato un principio fondamentale in materia di tuteladella salute».

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afferma che «i diritti di cui all’art. 7 riferiti adati personali concernenti persone decedutepossono essere esercitati da chi ha un interes-se proprio, o agisce a tutela dell’interessato oper ragioni familiari meritevoli di protezio-ne», rendendo quindi attivamente tutelabile ildiritto alla privacy del defunto solo nel caso incui ci sia una persona, in vita, che abbia inciò un interesse.

A tal proposito, un importante caso di bi-lanciamento tra il diritto alla riservatezza deldefunto e il diritto alla salute dei parenti invita è quello effettuato dal Tribunale Ammi-nistrativo Regionale del Veneto con sentenzan. 1674/2003: la sig.ra G.S. chiedeva l’esamediretto della cartella clinica (in possesso dellaASL locale) della sorella, deceduta per tumo-re al seno, al fine di verificare l’ereditarietàdella patologia, invocando la tutela del dirittoalla salute, situazione oggettiva di rilievo co-stituzionale non sacrificabile rispetto al segre-to professionale e/o al diritto alla riservatezza.La Corte operava in quel caso un raffrontotra il diritto di accesso (ai dati medici) e il di-ritto alla privacy, richiamandosi alla preceden-te sentenza del T.A.R. Veneto n. 1294/2000 eall’art. 16, d. legis. 11.5.1999, n. 135 (Tratta-mento di dati sensibili da parte dei soggettipubblici) il quale enuncia che «quando il trat-tamento concerne dati idonei a rivelare lo sta-to di salute o la vita sessuale, il trattamento èconsentito se il diritto da far valere o difende-re, di cui alla lett. b) del comma 1o, è di ran-go almeno pari a quello dell’interessato»: sta-bilito che tale rango si valuti attraverso la co-noscenza degli atti cui si chiede l’accesso, laCorte evidenziava come l’interesse ad appron-tare terapie preventive a protezione del pro-prio stato di salute fosse alla base di un dirit-to da considerarsi primario e, nel confrontocon quello alla riservatezza di dati sanitari af-ferenti a un defunto parente stretto, di rangosuperiore a quest’ultimo (a maggior ragione,se in mancanza di altro modo di acquisire si-mili dati e informazioni) (9).

In conclusione, dalla casistica oggi presenteemerge come l’indagine genetica su un familia-

re deceduto venga ricompresa nel diritto allasalute, e pertanto tutelata a livello costituziona-le (art. 32 Cost.). Nel momento in cui tale dirit-to entra in conflitto con il diritto alla riserva-tezza di una persona deceduta, il giudice effet-tua infatti un bilanciamento tra essi, conside-rando la salute, in quanto bene fondamentale,di rango superiore al diritto alla privacy. Il con-cetto di rispetto del defunto, inoltre, viene de-lineato secondo criteri particolari, che non ten-gono conto solamente del confine biologicodella persona interessata, bensì prevedono chevenga effettuata una specifica indagine sullapassata volontà della persona da cui si intendaeffettuare prelievi di campioni biologici e chetale ricostruzione avvenga sulla base di dichia-razioni espresse o presunte della persona, gra-zie anche all’ammissione della prova testimo-niale. Se nel nostro ordinamento la privacy diun defunto diventa un diritto soggettivo (quin-di tutelabile attivamente) solo nel momento incui vi sono persone viventi con un interesse inmerito, il diritto alla salute dei familiari si asse-sta invece su un piano superiore, godendoquindi di rafforzata tutela.

4. Confini del gruppo biologico e le-

gittimazione giuridica. Il caso del dott. P.,e in particolare l’effettuazione da parte dei pa-renti di un prelievo di campione biologico dadefunto con finalità di ricerca genetica, faemergere alcune problematiche attinenti allacreazione di quella che potrebbe essere defini-ta una «biobanca familiare», e alla sua regola-zione (interna ed esterna). Nel caso di specie,infatti, i ricorrenti sono la moglie e i due figlidel dott. P.: il Giudice non sembra aver presoin considerazione l’ipotesi di notificare il ricor-so ad altri familiari del defunto e rileva nelladecisione come l’unica opposizione alla do-manda provenga dal Comune di Milano. Comeviene indicato nel ricorso, tuttavia, il defuntoaveva due sorelle, di cui una deceduta a causadi neoplasia al pancreas, l’altra invece ancorain vita e madre di una ragazza (nipote del dott.P) a sua volta affetta da carcinoma al seno. Ta-le specifica circostanza viene riportata dai ri-correnti per sottolineare la necessità di proce-dere alla ricerca dell’alterazione genetica even-tualmente responsabile della comparsa dellasuscettibilità ereditaria ai tumori, sul presup-

(9) T.A.R. Veneto, 30.1.2003, n. 1674, in www.giustizia-amministrativa.it (visitato il 30.4.2009).

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posto che la definizione di cancro come malat-tia genetica si possa applicare a tutte le formetumorali e che, per alcuni tumori, il concetto di«genetico» assuma anche il significato di «ere-ditario».

I ricorrenti, nell’elaborazione concettualedella questione, si riferiscono alle sorelle e allanipote del defunto quali portatrici della muta-zione genetica di cui indagare la responsabilitànello sviluppo delle sopracitate malattie: ciò èuna chiara indicazione del fatto che le stessevengano considerate parti non solo della «fa-miglia» del dott. P, come intesa nel senso piùtradizionale, ma anche del gruppo biologicodello stesso. Se tale premessa è vera, tuttavia, cisi domanda per quale ragione il ricorso non siastato notificato anche alla sorella e alla nipotedel defunto, per quale ragione il Comune nullaabbia rilevato in proposito e perché la Cortenon abbia valutato tale circostanza.

I ricorrenti, infatti, affermano: «Non è pre-visto il caso di estumulazione ai fini che quiinteressano, ma è costante il rinvio all’ordinedell’Autorità Giudiziaria per operazioni simi-li, nelle quali urge la tutela di diritti soggettiviin assenza di esplicita previsione normativa».Il decreto del Tribunale di Milano sostieneinoltre che: «considerato che avuto riguardo atale posizione i ricorrenti si trovano in una si-tuazione di diritto soggettivo ad espletare inprimo luogo il prelievo del tessuto muscolare e,successivamente tutti gli accertamenti sul DNAche possano, eventualmente in considerazionedella evoluzione delle conoscenze scientifiche,consentire una maggiore conoscenza della ma-lattia [...]». Il riconoscimento alla madre e aifigli del dott. P. della titolarità del diritto sog-gettivo al prelievo di campione biologico daldefunto, finalizzato alla tutela del bene dellasalute, a sua volta comporta che il Giudiceadito abbia valutato quale circostanza fonda-mentale la connessione «familiare» esistentetra il defunto e i ricorrenti, delimitando impli-citamente il gruppo familiare agli stessi tre ri-correnti.

Su quale base scientifica, tuttavia, si fonda ildiritto soggettivo riconosciuto alla moglie deldott. P.? Quale beneficio alla salute potrà ellatrarre dalle indagini genetiche che verranno ef-fettuate? E, soprattutto, quale fondamento hala mancata chiamata in giudizio della sorella e

della nipote del defunto, le quali hanno inveceuna diretta connessione biologica con lo stes-so?

Il nostro Codice di procedura civile, nel re-golare la disciplina del litisconsorzio necessario(art. 102 cod. proc. civ.), ovvero della necessitàdella presenza di più parti nel processo, appli-ca e sviluppa la regola generale della legittima-zione ad agire, determinata dalla contitolaritàdi rapporti sostanziali. Nel caso siano fatti vale-re nel processo diritti inerenti a tali situazioni,dovranno necessariamente parteciparvi tutticoloro che vi siano interessati, e tale partecipa-zione diventa condizione del legittimo eserci-zio del potere-dovere del giudice di pronun-ciarsi sul merito della causa. La prevalente giu-risprudenza e la dottrina affermano che la sen-tenza nei confronti dei litisconsorti pretermessisia inutiler data (10), affetta da nullità, e che neicasi non previsti dalla legge il litisconsorziopossa essere considerato necessario non soloquando il provvedimento del giudice abbia ef-fetti costitutivi, ma anche di mero accertamen-to o di condanna. Nella disciplina del litiscon-sorzio facoltativo, invece, la partecipazionecongiunta di più soggetti al medesimo proces-so è dettata da semplici ragioni di opportunità:l’art. 103 cod. proc. civ. ammette infatti chepiù persone possano agire o essere convenutenello stesso processo quando vi sia connessio-ne tra le controversie instaurate, per il provve-dimento richiesto o per il titolo e il legame trapiù cause renda consigliabile la loro trattazionecongiunta. Secondo l’art. 107 cod. proc. civ.,inoltre, il giudice può reputare opportuno cheil processo si svolga anche nei confronti di unterzo al quale la causa è comune, ordinandonel’intervento.

Ebbene, a seconda di come venga qualificatala posizione soggettiva della sorella e della ni-pote del defunto, si possono astrattamenteconsiderare applicabili l’una o l’altra ipotesi diintegrazione del contraddittorio contemplatedalla legge. Abbiamo visto che il giudice deli-mita automaticamente la rilevanza degli effettidella futura indagine genetica al gruppo dei ri-correnti, «familiari» in senso tradizionale del

(10) Comoglio-Ferri-Taruffo, Lezioni sul pro-cesso civile, Il Mulino, 2006.

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dott. P (moglie e figli), escludendo coloro che,invece, possono vantare una familiarità di tipobiologico con il defunto e che quindi potreb-bero rimanere esclusi dagli effetti (positivi)delle risultanze dello studio genetico e che,inoltre, non hanno potuto manifestare la loroeventuale contrarietà all’effettuazione del pre-lievo. Come si vedrà di seguito (cfr. par. 5), lerisultanze dei test fornirebbero infatti informa-zioni genetiche in qualche modo attinenti al-l’intero gruppo biologico del defunto, con par-ticolare rilevanza e certezza per i familiari bio-logicamente più «vicini», quindi i figli, ma an-che la sorella e la nipote di primo grado deldott. P.

Quali e quante sono, pertanto, le personeche si devono includere nel gruppo biologicodel defunto? La scienza ci indica i criteri gene-rali per delineare e per determinare l’estensio-ne di un gruppo biologico? Nel paragrafo suc-cessivo si cercherà di capire se sia possibile da-re una risposta a tali domande, analizzando ildato scientifico attualmente disponibile.

5. Ereditarietà dei caratteri: dissol-

venza biologica e rilevanza giuridica.

Gli esseri umani rappresentano una specie re-lativamente omogenea che ha subìto una incre-dibile espansione durante la sua evoluzionestorica più recente. A differenza di altre specie,gli umani hanno un basso livello di variazionegenetica e due individui, scelti casualmente, so-no caratterizzati da un DNA identico per il99,9%: come risultato del processo mutaziona-le, infatti, nel genoma umano ci sono sequenzeche differiscono da individuo a individuo erappresentano circa lo 0,1% dell’intero DNA.

Ogni individuo eredita in modo casuale daisuoi genitori una serie di 23 cromosomi (11)presenti nei gameti, cellule specializzate situatenegli organi sessuali riproduttivi; questi 23 cro-mosomi, costituiti da un filamento a doppiaelica di DNA e da proteine (attorno alle qualilo stesso filamento si avvolge), sono spesso pre-senti in coppie e contengono la metà del pro-

gramma genetico dell’individuo (e le relativevariazioni genetiche). Nell’uomo si hanno 23coppie di cromosomi, di cui 22 sono cromoso-mi omologhi non sessuali (autosomi) e unacoppia composta da cromosomi diversi, i cro-mosomi sessuali (eterosomi). Le cellule chehanno coppie di cromosomi omologhi sonodette diploidi, mentre sono definite aploidiquelle che possiedono solo un cromosoma pertipo. Avendo l’individuo due genitori, ognicoppia è composta da un cromosoma ereditatodalla madre e da uno ereditato dal padre, ledue porzioni della coppia di cromosomi con-tengono le informazioni genetiche relative aglistessi caratteri fenotipici e per tale ragione ven-gono definiti cromosomi omologhi. Il numerodi 46 cromosomi tipico della nostra specie vie-ne poi ristabilito con la formazione dello zigotedopo la fecondazione di un gamete maturo ma-terno (o uovo) da un gamete maturo paterno(o spermatozoo) e la derivata fusione dei duecorredi di 23 cromosomi causalmente assem-brati presenti in questi gameti. Visto che i dueomologhi derivano da diversi individui (i geni-tori), il loro contenuto genetico non è identico;le istruzioni genetiche contenute nelle due co-pie dello stesso gene sono in alcuni punti diffe-renti dai due cromosomi omologhi.

Ci sono milioni di combinazioni teoricamen-te possibili nel risultato del processo di genera-zione del corredo di 23 cromosomi da ogni ga-mete genitoriale, che per questa ragione è uni-co; nei 23 cromosomi casualmente «seleziona-ti», inoltre, c’è anche una sorta di rimpasto trai cromosomi ereditati dalla precedente genera-zione grazie a un processo conosciuto come«ricombinazione», che determina un ulterioreincremento di variabilità e contribuisce a ren-dere ogni gamete unico. Questi processi spie-gano il perché due individui, anche se fratelli(con l’eccezione dei gemelli monozigoti, chesono il risultato della fecondazione di un uovoda parte di due spermatozoi) non possono es-sere geneticamente identici. È pertanto eviden-te che la variazione tra individui è il risultatocumulativo dei processi passati avvenuti primae dopo l’apparizione della nostra specie: noiabbiamo un sorprendente numero di progeni-tori che hanno trasmesso ad ogni generazionemetà del loro patrimonio di DNA e riferitocambiamenti distintivi ai loro discendenti.

(11) Il cromosoma è il corpuscolo che appare nelnucleo di una cellula eucariota durante la mitosi o lameiosi e porta su di sé l’informazione genica, cioè icaratteri ereditari.

Familiarità di caratteri ereditari e diritti individuali

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È chiaro come, indipendentemente dalla po-polazione di origine, il DNA di individui legatida parentela sia più simile del DNA di indivi-dui non correlati: i genitori devono infatti perforza trasmettere metà della loro intera se-quenza di DNA ai figli e questo significa chegenitore e figlio condividono il 50% del loroDNA al di sopra del valore base del 99,9%condiviso da tutti gli individui della nostra spe-cie. Due fratelli tendono a condividere, in me-dia, il 50% della porzione variabile del loro ge-noma: la natura stocastica del cromosoma cheguida la formazione della metà del corredo dicromosomi nei gameti, infatti, rende possibileper due fratelli condividere più o meno cromo-somi e quindi più o meno geni rispetto alla me-dia del 50%. Nipoti e nonni o nipoti e zii ten-dono a condividere il 25% della porzione va-riabile del loro genoma. Parimenti, cugini diprimo grado condividono tra loro il 12,5% e,procedendo oltre nella relazione genetica, cu-gini di secondo grado solo il 3,1% della por-zione variabile del loro genoma. Significativa-mente, due individui strettamente imparentatinon solo sono geneticamente più simili l’unoall’altro, ma hanno anche una più alta probabi-lità di comparsa simultanea di varianti geneti-che (incluse quelle rare) rispetto a persone nonimparentate. In altre parole, con l’incrementodella distanza di relazione parentale si verificauna riduzione lineare nell’ereditabilità delle va-rianti di DNA (12).

Da questa breve, e certamente non esaustiva,introduzione all’aspetto scientifico sotteso allaquestione della trasmissione del patrimonio ge-netico tra diverse generazioni, si può intuire in-nanzitutto come il rapporto di parentela pre-sente tra soggetti sia cruciale nella percentualedi condivisione delle informazioni genetiche.Partendo dal presupposto che tutti gli indivi-dui condividono la quasi totalità del patrimo-nio genetico e che, come spiegato sopra, sola-mente lo 0,1% del DNA subisce mutazioni in-fragenerazionali, più ci si distanzia nella linea

di collegamento parentale tra soggetti, minoreè la percentuale relativa di informazione gene-tica condivisa.

Questo comporta che presumibilmente l’in-dagine di un figlio sul DNA del padre (o dellamadre) possa portare a informazioni molto ri-levanti per la salute del figlio stesso e che, inve-ce, l’indagine su un parente di quarto o quintogrado si possa limitare solamente a una vagaformulazione di ipotesi.

I risultati dei test genetici non sono tuttavialineari e l’ereditarietà delle malattie può esseredistinta in relazione alle diverse tipologie dimutazioni costitutive (13). Si può quindi, da unpunto di vista scientifico, tracciare una linea ol-tre la quale le informazioni genetiche diventinocosi difficili da reperire o a tal punto vaghe danon essere più attendibili? O, al contrario, sipuò stabilire con certezza che, in caso di stret-tissima parentela (es. padre-figlio, sorella-fra-tello), l’informazione desumibile dall’indaginegenetica sia del tutto attendibile? Come già vi-sto, la scienza risponde in modo contrario aquest’ultima domanda, tuttavia sembra altret-tanto difficile tracciare una linea certa che se-pari una generazione e le precedenti, definen-do così un gruppo biologico «chiuso» all’inter-no del quale sia riscontrabile una omogeneitàgenetica non più presente oltre tale confine.

Gli esseri umani sono tutti discendenti di uncommon ancestor e, in virtù di questo, sono tut-ti in un qualche modo geneticamente correla-bili. Ciò può portare ad affermare l’esistenza diun’unica e grande famiglia umana o, al contra-rio, spingere alla ricerca di limiti «convenzio-nali» che delimitino la famiglia, su base preva-lentemente giuridico-sociale o biologica.

Il diritto italiano, con riferimento ad esem-pio alla materia delle successioni, pone il limiteconvenzionale del sesto grado, oltre il qualenon riconosce il vincolo di parentela tra indivi-dui (art. 77 cod. civ.): si potrebbe assumere ta-

(12) Le informazioni scientifiche riportate sonotratte dal contributo scientifico di Cucca , in Sella-roli-Cucca-Santosuosso, Shared genetic data andthe rights of involved people, in Law and the HumanGenome Review, n. 26 January-June 2007, 201 ss.

(13) Nello specifico, si parla di ereditarietà mono-genica, quando vi siano mutazioni costitutive in unsolo gene, e di ereditarietà poligenica quando le mu-tazioni costitutive siano presenti in più geni e fre-quentemente in associazione con fattori ambientali:queste associazioni comportano l’incertezza di mol-te diagnosi basate esclusivamente sull’analisi genicaspecifica.

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le limite anche al fine di regolare l’accesso aidati genetici o l’inclusione in una biobanca fa-miliare?

Un primo tentativo in questo senso è statofatto dalle Linee Guida italiane per l’Attività diGenetica Medica del 2004 (14) il cui art. 7«Aspetti etici e riservatezza» così riporta: «I ri-sultati di un test genetico, proprio perché il ge-noma collega tra loro le generazioni e da que-sto è condiviso, possono essere eventualmentecomunicati ad altri componenti la famiglia, seconsiderati a rischio. Ovviamente devono esse-re usate tutte le possibili cautele e devono esse-re fatti tutti i possibili tentativi per evitare con-trasti e incomprensioni familiari.

Occorre in particolare, da parte dell’equipe,ottenere il consenso dell’interessato alla comu-nicazione dei dati ai suoi familiari, così comedisposto dall’art. 5 della Convenzione sui dirit-ti dell’uomo e la biomedicina, definendo conprecisione l’ambito della parentela entro laquale effettuare la comunicazione (eventual-mente solo entro il terzo grado)».

Secondo tali indicazioni, pertanto, dovrebbeessere considerato un limite prestabilito («conprecisione») per la comunicazione di risultatieventualmente utili alla salute e alla cura deiparenti di colui che ha effettuato il test.

Si può valutare la tracciabilità di tale linea diconfine scientificamente accreditabile oppureci si deve arrendere ad una necessaria condivi-sione delle informazioni da parte dell’intera li-nea genetica di un soggetto, senza conoscernepreventivamente l’estensione? E si può quindiaffermare che, correlativamente, lo stesso sog-getto possa vantare un diritto alla riservatezzasui dati genetici di tutti gli appartenenti a talelinea genetica?

È stata recentemente affermata l’emersionedel «gruppo biologico» come nuova tipologiadi gruppo sociale, non più vincolata alla defini-zione legale di famiglia ma ancorata ad un lega-me biologico e composto da consanguinei,compresi soggetti quali ad esempio il genitore

che non ha riconosciuto il proprio figlio o ildonatore di gameti. Ne verranno esclusi tutticoloro che, nonostante siano considerati dallostato e dall’ordinamento giuridico appartenen-ti alla «famiglia» di un individuo, come adesempio un genitore adottivo, in realtà non ab-biamo un legame di tipo biologico e quindinon rientrino tra coloro i cui dati genetici pos-sano essere condivisi.

Ecco che, quindi, la moglie del dott. P. ri-marrebbe esclusa dal gruppo biologico e la so-rella e la nipote, invece, vi entrerebbero a pie-no titolo, in quanto strettamente connesse, daun punto di vista biologico, con il defunto.

6. Quale regola per i conflitti internial gruppo biologico? Nel caso del dott. P.,il gruppo familiare composto dalla moglie e daidue figli richiede l’accesso alle informazionicontenute nei dati genetici del defunto con fi-nalità diagnostiche e predittive. Questo signifi-ca che le risultanze delle analisi, una volta otte-nuta l’autorizzazione a procedere, sarebbero li-beramente utilizzabili dai suddetti soggetti confinalità mediche e di cura. Ma cosa sarebbesuccesso se il ricorso fosse stato presentato dauno solo dei due figli? Come avrebbe potutoessere risolto il caso concreto nell’ipotesi diconflitti infrafamiliari e quindi se un soggetto,ad esempio la sorella o la nipote del defuntoche non hanno preso parte al processo, si fosseopposto al prelievo di DNA dal corpo del pa-rente defunto? Avrebbe avuto rilevanzaun’eventuale opposizione della moglie, perso-na non biologicamente collegata con il dott. P,rispetto a quella dei figli, che con il defuntocondividono, come abbiamo visto, il 50% delpatrimonio genetico? Tutte queste domandeattengono al più generico problema della pro-tezione dei dati genetici all’interno di una fami-glia/gruppo biologico e al rilievo che si assegnaalla volontà del singolo rispetto alle finalità delprelievo di campione genetico.

Alcuni atti di rilievo internazionale hannovalutato la rilevanza dei dati genetici non soloin considerazione dell’individuo a cui si effet-tua il prelievo, ma anche della sua famiglia. LaRaccomandazione n. R(97)5 del Consigliod’Europa, ad esempio, definisce genetici tuttii dati «che riguardano i caratteri ereditari diun individuo o che sono in rapporto con quei

(14) Linee guida per le attività di genetica medica,adottate dalla Conferenza Permanente per i rapportitra lo Stato, le Regioni e le province autonome diTrento e Bolzano il 15.7.2004, pubblicato in G.U.,23.9.2004, n. 224.

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caratteri che formano il patrimonio di ungruppo di individui affini», e anche lo statuni-tense Genetic Information NondiscriminationAct del 2008 (15) (Title II, Sec. 201, (4)a) sta-bilisce che il termine «informazione genetica»si riferisce a test genetici sia della persona in-teressata che dei suoi familiari. Il ComitatoEtico HUGO, nella Dichiarazione sul Cam-pionamento di DNA del febbraio 1998 (16) at-tribuisce particolare importanza al ruolo deiparenti, riportando che: «The family is thenexus of a variety of relationships (legal, moral,social and biological). Irrespective of legal defi-nitions of the family and of its different socialand cultural configurations, genetic researchmay yield genetic information that is importantto immediate relatives. The very fact of partici-pation in research or not, or, the decision torefuse to warn at-risk relatives or to withdraw,or, the failure to provide for access after death,all affect the interests of present and futurerelatives. These shared biological risks createspecial interests and moral obligations with re-spect to access, storage and destruction that mayoccasionally outweigh individual wishes».

Per tale ragione il Comitato Etico raccoman-da particolare attenzione alla richiesta di acces-so ai dati genetici da parte dei parenti: «Specialconsiderations should be made for access by im-mediate relatives. Where there is a high risk ofhaving or transmitting a serious disorder andprevention or treatment is available, immediaterelatives should have access to stored DNA forthe purpose of learning their own status. Theseexceptional circumstances should be made gen-erally known at both the institutional level andin the research relationship. In the absence ofneed for access by immediate relatives, storedsamples may be destroyed at the specific requestof the person. Such destruction is not possiblefor samples already provided to other researchersor if already entered into a research protocol or

used for diagnostic purposes. By their very na-ture, anonymized samples cannot be withdrawnor destroyed».

Nella citata Raccomandazione viene fornitauna possibile soluzione alla questione dell’ap-partenenza esclusiva dei dati genetici all’indivi-duo da cui sono stati raccolti e al fatto che isuoi familiari, fermo restando i dubbi relativiall’estensione del gruppo biologico, abbianodiritto ad accedere ai dati anche senza il con-senso di quella persona.

Il Documento di Lavoro europeo sui dati ge-netici del 17.3.2004 prospetta due diverse ipo-tesi di approccio rispetto all’accesso ai dati ge-netici da parte dei familiari di un soggetto e al-l’eventuale risoluzione di conflitti: un primoscenario vede i familiari considerati alla streguadi «persone interessate» con tutti i diritti che nederivano; il secondo prevede che i familiari ab-biano un diritto ad essere informati di tipo di-verso, basato sul fatto che i loro interessi perso-nali possano essere direttamente coinvolti. Inentrambi i casi viene comunque posta in evi-denza la necessità di un’ulteriore soluzione peri conflitti interni che possano sorgere, come adesempio era già stato fatto, concretamente, dalGarante italiano per la Privacy in un caso del1999, conosciuto come «caso Glaucoma». Unadonna, affetta da glaucoma bilaterale, chiedevache le fosse consentito l’accesso ai dati medico-genetici del padre al fine di assumere una deci-sione informata e consapevole di procreazione,sussistendo il grave rischio di trasmissione allaprole della malattia genetica di cui si suppone-va fosse affetto anche suo padre (che, infatti,aveva precedentemente subito un’operazionechirurgica agli occhi); l’ospedale, vincolato dalsegreto professionale, chiedeva il consenso del-l’interessato alla comunicazione dei dati alla fi-glia, ma inspiegabilmente tale consenso venivanegato. La giovane donna ricorreva quindi alGarante per la Privacy che, senza alcun tipo diindagine o contraddittorio processuale, auto-rizzava la comunicazione dei dati genetici, sta-bilendo che il diritto alla salute della figlia fossedi rango superiore al diritto alla privacy del pa-dre. Alla luce della valutazione del diritto allasalute quale diritto fondamentale, la conoscen-za del possibile sviluppo di malattie genetichecontribuisce al pieno benessere fisico e psicolo-gico di una donna in attesa di avere figli.

(15) Genetic Information Nondiscriminiation Act,Title II, Sec. 201, (4)a, approvato il 21.5.2008 dalCongresso degli Stati Uniti, Pub. L. 110-233, 122Stat. 881.

(16) Statement on DNA sampling: control and ac-cess, Hugo Ethics Committee, 18.2.1998, in ww-w.hugo-international.org/img/dna_1998.pdf (visitatoil: 10.4.2009).

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In questo caso, il contrasto tra soggetti ap-partenenti alla stessa famiglia ed allo stesso«gruppo biologico» è stato risolto con unachiara prevalenza del diritto alla salute rispet-to a quello alla riservatezza dei soggetti.

Anche alla luce del caso del dott. P., si puòavanzare l’ipotesi che l’autorizzazione al prelie-vo di campioni biologici e l’indagine scientificasui dati genetici ricavabili al fine di effettuaretest diagnostici e predittivi per la tutela dellasalute dei figli del defunto costituisca una for-ma di «banca familiare del DNA»: quale tipodi regolamentazione può essere applicata a unasimile biobanca? E cosa accadrebbe se la sorel-la e la nipote del dott. P richiedessero l’accessoai dati genetici conservati?

La tematica della gestione e disciplina dellebiobanche è da alcuni anni sul tavolo di diver-se autorità statali e sovranazionali, che ne han-no fornito varie definizioni ed elaborato sva-riate ipotesi di regolamentazione (17). Perquanto riguarda in particolare le biobancheche abbiamo precedentemente definito «fami-

liari», come nell’ipotesi del caso del dott. P.,la caratterizzazione sarebbe nella quantità deidati raccolti, limitati al gruppo più stretto diparentela (biologica) del defunto. A questopunto, però, riemerge il problema analizzatonel precedente paragrafo: come si può defini-re e con quale grado di connessione, questo«gruppo ristretto di parentela»? Nel caso inesame, la biobanca che si creerebbe sarebbecomposta dai dati della persona defunta e daquelli dei figli, al fine di poter effettuare glistudi necessari relativi alla malattia da cui è af-fetto F.P. e il grado di suscettività genetica deidue figli allo sviluppo di forme tumorali. Lamoglie ne rimarrebbe esclusa, in virtù dellanon connessione biologica col marito, o po-trebbe inserire i propri dati in un secondomomento qualora i figli decidessero di effet-tuare un’analisi completa del patrimonio ge-netico ereditato?

7. Quale dimensione per l’individuo? Ilcaso del defunto dott. P. e dell’autorizzazioneconcessa alla moglie e ai figli a prelevare dalsuo corpo un campione biologico per l’effet-tuazione di test genetici diagnostici e predittivi,presenta profili di novità nel panorama giuri-sprudenziale e, allo stesso tempo, solleva nu-merose questioni in merito alla tutela dei dirittidelle persone che presentano un legame biolo-gico con il defunto stesso. Si è visto come laquestione fondamentale, attorno alla qualeruotano tutte le connesse problematiche, siaquella della definizione dei concetti di indivi-duo e di sfera individuale, anche con riferimen-to alla legittimazione a tracciarne una «linea diconfine» per ogni soggetto.

L’art. 1 della Dichiarazione Universale sulGenoma Umano e i Diritti Umani dell’UNE-SCO (1997) afferma che «Il genoma umanosottende la base dell’unità fondamentale di tut-ti i membri della famiglia umana, così come ilriconoscimento della loro dignità e diversità.In senso simbolico, esso è il patrimonio del-l’umanità» (18): partendo da tali presupposti,

(17) La raccolta e conservazione di dati geneticirelativi a svariati individui, fino all’ipotetica inclu-sione di un’intera popolazione, costituisce una for-ma di biobanca genetica. Non sembra tuttavia esi-stere ancora una definizione condivisa di «bioban-ca»: i documenti «Biobanche genetiche-linee gui-da», promosso dalla Società Italiana di GeneticaUmana e da Telethon (in www.sigu.net, visitato il26.4.2009) e «Linee guida per l’istituzione e l’accre-ditamento delle biobanche», elaborato nel 2006 dalComitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotec-nologie (in www.governo.it/biotecnologie/documen-ti/7.biobanche.pdf, visitato il 3.5.2009) fornisconodettagliati orientamenti sulle finalità, istituzione, ge-stione ed accreditamento delle biobanche. La Socie-tà Europea di Genetica Umana ha elaborato alcuneraccomandazioni sulle raccolte di campioni biologi-ci che sono illustrate nel documento «Data storageand DNA banking for biomedical research: techni-cal, social and ethical issues» (in European Journal ofHuman Genetics (2003) 11, Suppl. 2, S8-S10) e, perquanto riguarda l’Italia, nel 2008 il Comitato Nazio-nale per la Biosicurezza e le Biotecnologie e la Scien-za per la Vita, istituito dalla Presidenza del Consi-glio dei Ministri, ha elaborato il documento «Bio-banche e centri per le risorse biologiche di campioniumani, istituiti a fini di ricerca» (in www.governo.it/biotecnologie/documenti/7_biobanche_1.pdf, visitatoil 3.5.2009).

(18) Universal Declaration on the Human Genomeand Human Rights, UNESCO, 11 November 1997,Art. 1: «The human genome underlines the funda-mental unity of all members of the human family, as

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l’essere umano verrebbe necessariamente con-siderato alla stregua di membro dell’intera fa-miglia umana, con la quale condivide parte delproprio patrimonio genetico, non potendo piùdistinguerne, tuttavia, l’aspetto del confine in-dividuale. Allo stesso tempo, tuttavia, risultadifficile immaginare una efficace tutela giuridi-ca dei diritti di ognuno di questi membri sottoil profilo della regolamentazione dell’accesso aidati genetici di altri individui, della definizionedella sfera della riservatezza di ognuno di loroe, ovviamente, della tutela della salute in casodi ricerca genetica.

I casi giurisprudenziali che si sono susseguitinegli ultimi anni ci consentono di avere una pri-ma visione d’insieme di quella che è attualmentela tutela accordata a coloro che abbiano richiestol’accesso ai dati genetici di un familiare defuntoallo scopo di effettuare ricerche scientifiche confinalità diagnostiche e/o predittive. In generale,valutando anche il caso che è stato oggetto dianalisi nel presente contributo, possiamo affer-mare che, allo stato attuale, le corti italiane ed in-ternazionali valutino come preminente la tuteladel fondamentale diritto alla salute di un indivi-duo in vita, effettuando di volta in volta un bilan-ciamento con altri diritti che vi si trovino concre-tamente in conflitto, come ad esempio il dirittoalla riservatezza della persona deceduta da cuiviene effettuato il prelievo di campione biologi-co o di cui si chiede l’accesso a dati già conserva-ti. Tale bilanciamento tiene comunque contodella sfera individuale del defunto, definendolasecondo criteri non biologicamente vincolati,bensì delineati dalla persona stessa e dalle sue di-chiarazioni espresse in vita: non risulta, infatti,che il dott. P. avesse espresso volontà contrarieall’effettuazione di simili ricerche e questo ele-

mento viene considerato fondamentale dal giu-dice adito per la delineazione del grado di inva-sività del prelievo autorizzato e del rispetto del-la sua persona.

In alcuni casi, alle volontà precedenti nonera stata accordata simile tutela, come ad esem-pio nella questione conosciuta come «casoGlaucoma» e decisa dal garante per la Privacynel 1999, ma era stata considerata la preminen-za assoluta del diritto alla salute della donnache richiedeva l’accesso ai dati medici e geneti-ci del padre deceduto, senza concedere spazioall’interno del giudizio alle ragioni del rifiutodel padre. In casi come questo, ci si domandase tutti gli interessi in gioco siano stati corretta-mente valutati ma, soprattutto, come siano sta-te definite le parti e la diversa legittimazione ditutti gli appartenenti ad un gruppo biologico,che, in ipotesi, potrebbero vantare un interessesui dati condivisi. Anche in considerazione del-lo svolgimento del caso P., in cui il giudice si èlimitato a valutare le richieste dei figli del de-funto e della moglie, senza consentire l’intro-duzione nel giudizio della sorella e della nipotedello stesso, si ritiene che a tutti i membri delgruppo biologico di un individuo dovrebbe es-sere data la possibilità di prendere parte al giu-dizio, e di interloquire in relazione ai propri in-teressi in gioco.

Ovviamente, una simile ipotesi dovrà consi-derare la possibile estensione di ogni gruppobiologico e l’opportunità di un eventuale siste-ma di delimitazione dello stesso che tenga con-to del dato scientifico relativo alla condivisionedei dati genetici e al grado di correttezza e pre-cisione dell’analisi effettuata progressivamentesulle informazioni genetiche dei familiari deidiversi gradi.

well as the recognition of their inherent dignity anddiversity. In a simbolic sense, it is the heritage of hu-man family».

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